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Un progetto come la decrescita è certamente un progetto
affascinante e condiviso da molti sognatori, ma quando si
tratta di passare ai fatti, di concretizzarne i principi, è capace
di spiazzarci, poiché minaccia le nostre comode e consolidate
abitudini di consumatori acritici e pigri. In realtà basterebbero
otto azioni molto semplici per avviare il cammino virtuoso
verso uno sviluppo sostenibile, e per farlo è innanzitutto
necessario “decrescere”, imparare a fare a meno del superfluo
e iniziare a concepire lo spreco delle risorse come la più
stupida e ingiusta delle azioni.
Concetto nato nel 1919 dal discorso del presidente degli
Stati Uniti Truman
Divisione del mondo i paesi del nord e del sud del mondo
ovvero paesi sviluppati e paesi sottosviluppati
Visto inizialmente come aiuto che i paesi del nord
avrebbero dato ai paesi del sud per raggiungere uno
sviluppo economico
È finito per diventare il proseguimento mascherato della
colonizzazione dei paesi di una nuova indipendenza
Teorie economiche: sviluppo=crescita
Nascita dello sviluppismo, secondo il quale è possibile
ottenere la prosperità materiale per tutti
• Nella letteratura lo sviluppo viene definito come
la realizzazione dei desideri e delle aspirazioni di
tutti e di ciascuno, al di la del contesto storico,
economico, sociale e culturale.
• Una condizione del genere non si è mai verificata
in nessuna parte del mondo
• Lo sviluppo reale pare piuttosto un processo che
porta a mercificare i rapporti tra gli uomini e tra
questi e la natura. Troppo spesso sviluppo ha
coinciso con occidentalizzazione del mondo.
• Corrente nata alla fine degli anni ‘60, (primo
decennio dello sviluppo) da una riflessione critica
sul fallimento delle politiche dello sviluppo
• È composta da ricercatori e attori sociale del nord
e sud del mondo
• Ha mantenuto nel volgere degli anni un carattere
quasi sempre confidenziale, tanto che si basa
ancor oggi su legami per lo più informali
• Pone al centro della sua analisi la messa in
discussione del concetto di sviluppo.
• Aggiunta di aggettivi eufemistici per dare un
volto umano alla crescita economica
• Sviluppo sociale
• Sviluppo umano
• Sviluppo locale
• Sviluppo durevole o sostenibile
• Nonostante la ricerca di aggettivi di abbellimento
del concetto di crescita economica, nei fatti si è
continuato a dare importanza solo all’aspetto
economico.
• Necessità di uno sviluppo
alternativo, anzi, un’alternativa allo sviluppo
• Per realizzare un’alternativa allo sviluppo si
dovrebbe avere un’altra economia, un’altra
razionalità, un’altra concezione del tempo e dello
spazio
• Lo sviluppo si basa essenzialmente sulla teoria
dell’effetto sgocciolamento in base alla quale
la ricchezza arriverebbe goccia a goccia anche
agli strati più poveri della popolazione.
• Andiamo a vedere i paradossi del
ragionamento sviluppista
• È attraverso la creazione di tensioni psicologiche
e di frustrazioni che lo sviluppo e la crescita
economica pretendono di soddisfare i bisogni
fondamentali dell’umanità
• L’economia non può realizzarsi se non
appoggiandosi necessariamente alla povertà
• L’immaginario economico inventa la scarsità di
sana pianta e, per di più, la povertà stessa diventa
una condizione di crescita: niente crescita senza
bisogni e niente rimedio alla povertà senza
affondare la popolazione nella miseria
• La crescita viene presentato come il rimedio
miracoloso delle disuguaglianze
• L’idea di fondo è: piuttosto che disputarsi la fetta di una
piccola torta, è meglio mettersi d’accordo per
ingrandire la torta, in modo che ognuno ne abbia una
fetta più grande e che tutti ne abbiano a sufficienza
• Contemporaneamente, però, l’accumulazione non è
possibile senza una grande disuguaglianza dei redditi
• Per rimediare alla disuguaglianza delle condizioni è
necessario cominciare ad aggravarla!!!
• L’ossessione del Pil fa si che vengano considerate
positive tutte le produzioni e tutte le spese
(comprese le produzioni nocive e distruttive)
• Non c’è distinzione tra una produzione effettiva e
una produzione che è volta a neutralizzare gli
effetti di un’altra produzione
• Si continua a produrre qualsiasi cosa, anche a
prezzi elevati, senza tenere conto che man mano
che passa il tempo aumentano anche i costi per
far fronte all’inquinamento ambientale
• Herman Daly e Clifford Cobb hanno costruito un
indicatore sintetico il: Genuine progress indicator
• Il GPI corregge il Pil sulla base delle perdite subite a
causa del degrado e dell’inquinamento ambientale.
• Dai calcoli fatti su questa base risulta che negli USA a
partire dagli anni ’70 il GPI stagna e addirittura si riduce
• A questi dati economici bisognerebbe aggiungere
l’impatto politico e culturale, senza contare che con lo
sviluppo il prezzo che si paga sul piano umano e sociale
è enorme
• Non esiste altro sviluppo oltre quello realmente esistente
• Lo sviluppo realmente esistente è saccheggio senza limiti
della natura, è l’occidentalizzazione del mondo e
l’omologazione del pianeta, è il genocidio di tutte le culture
differenti
• Lo sviluppo e la modernizzazione sono macchine per
affamare i popoli: fino agli anni ‘70 in africa le popolazioni
erano “povere” rispetto ai criteri occidentali, nel senso che
disponevano di pochi beni manufatti, ma nessuno in tempi
normali moriva di fame. Dopo 50 anni di sviluppo morire di
fame è la norma.
• Decrescita conviviale
• Localismo
• Rinunciare all’immaginario economico, cioè alla
credenza che “di più” è uguale a “meglio”
• Uscire dall’ottica della necessità dei bisogni
costruiti
• Bisogna mettere in discussione il domino
dell’economia sulla vita, ma soprattutto il dominio
dell’economia sulle nostre teste
• La decrescita ha come obiettivo quello di sognare
il fondamentale abbandono del perseguimento
della crescita per la crescita
• È veramente possibile ottenere le stesso
numero di pizze diminuendo in continuazione
la quantità di farina ma aumentando il
numero dei forni e dei cuochi
• Rivalutare
• Riconcettualizzare
• Ristrutturare
• Rilocalizzare
• Ridistribuire
• Ridurre
• Riutilizzare
• Riciclare
• Tutto questo è necessariamente
• Antiprogressivo e antiscientifico
• Si tratta di un’altra crescita per il bene comune
• È necessario rivalutare l’economia locale sia nel
nord che nel sud perché anche in un mondo
globalizzato si vive localmente
• Evitare che il “glocale” serva da alibi al
proseguimento della desertificazione del tessuto
sociale
• In quei paesi esclusi dall’economia globale è
riuscita la nascita di una nuova economia: “i
naufraghi dello sviluppo” producono e
riproducono la loro vita al di fuori del circuito
ufficiale, attraverso strategie razionali
La decrescita felice di Serge Latouche
Serge Latouche (Vannes, 12 gennaio1940) è un economista e filosofo francese
È uno degli animatori de La Revue du MAUSS, presidente dell'associazione
«La ligne d'horizon», è professore di Scienze economiche all'Università di
Parigi XI e all'Institut d'études du devoloppement économique et social
(IEDES) di Parigi.
È tra gli avversari più noti dell'occidentalizzazione del pianeta e un sostenitore
della decrescita conviviale e del localismo
Serge Latouche critica concetto di economia intesa in modo formale, ossia
come attività di mera scelta tra mezzi scarsi per poter raggiungere un fine.
Egli mira a proporre nelle sue opere il concetto dell'economico, rifacendosi
alla definizione di economia sostanziale, intesa come attività in grado di
fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni delle persone.
Critica, con argomentazioni teoriche e con un approccio empirico
comprensivo di numerosi esempi, il concetto di sviluppo e le nozioni di
razionalità ed efficacia economica. Queste infatti appartengono ad una
visione del mondo che mette al primo posto il fattore economico; per
Latouche invece si tratta di "far uscire il martello economico dalla testa", cioè
di decolonizzare l'immaginario occidentale, che è stato colonizzato
dall'economicismo sviluppista in questo quadro egli critica anche il cosiddetto
"sviluppo sostenibile", espressione che a prima vista suona bene, ma che in
realtà è profondamente contraddittoria, rappresenta un tentativo estremo di
far sopravvivere lo sviluppo, cioè la crescita economica, facendo credere che
da essa dipenda il benessere dei popoli.
Riconsiderare i valori in cui crediamo e in base ai
quali organizziamo la nostra vita, cambiando quelli che
abbiamo adottato per osmosi, ma che in realtà non ci
appartengono e sono frutto di bisogni indotti dal
mercato e dal martellamento pubblicitario. Un sano
egoismo dovrà prevalere sul finto altruismo, il piacere del
tempo libero sull’ossessione del lavoro, la cura della vita
sociale sul consumo illimitato, il locale sul globale, il bello
e l’efficiente sul degrado e sullo spreco, il razionale
sull’irrazionale.
• La cooperazione sulla concorrenza
• Il piacere del tempo libero sull’ossessione del
lavoro
• Il bello sull’efficiente
Riappropriarsi dei concetti rubati, delle parole distorte ad uso e
consumo pubblicitario e tornare ad usare il pensiero critico,
interrogandosi razionalmente sul senso delle cose. Questo
cambiamento si impone, ad esempio, per i concetti di ricchezza e
di povertà e ancor più urgentemente per scarsità e abbondanza,
la “diabolica coppia” fondatrice dell’immaginario economico. È
più ricco chi possiede più risorse o più denaro? Una buona
teoria del valore dovrebbe considerare che le cose dovrebbero
avere un senso prima ancora di avere un prezzo.
Adattare e convertire in funzione
del cambiamento dei valori le
strutture economico-produttive, i
modelli di consumo, gli stili di
vita, così da orientare la società
verso la decrescita. In senso
Strettamentearchitettonico, anzi
urbanistico, puntare sul riuso e
Sul recupero dell’esistente,
piuttosto che sull’occupazione
di suolo agricolo e sulla
cementificazione selvaggia del
territorio. Quanto più questa
ristrutturazione (in senso
lato) sarà radicale, tanto più
si innesterà un circolo virtuoso
che porterà sempre più
persone ad avviarsi verso la
Decrescita.
Consumare essenzialmente prodotti locali, a km
zero, frutto della biodiversità endemica dei
luoghi. Di conseguenza, ogni decisione di natura
economica dovrà essere presa partendo dalla
scala locale, per uno sviluppo davvero sostenibile.
Inoltre, se è vero che le idee devono ignorare le
frontiere, i movimenti delle merci devono invece
essere ridotti al minimo, abbattendo
drasticamente i costi, i consumi e le ripercussioni
ambientali legate ai trasporti.
Garantire a tutti gli abitanti del pianeta
l’accesso alle risorse naturali e ad un’equa
distribuzione della ricchezza, assicurando un
lavoro soddisfacente e condizioni di vita
dignitose per tutti quei paesi sottosviluppati le
cui ricchezze e risorse sono sfruttate
colonialmente dalle grandi superpotenze
democratiche.
Sia l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e
consumare che gli orari di lavoro. Il consumo di risorse va
ridotto sino a tornare ad un’impronta ecologica pari ad un
pianeta (attualmente servirebbero quattro pianeti Terra
per soddisfare il fabbisogno della moderna società
energivora, ovvero stiamo consumando più di quanto il
nostro pianeta non riesca a rigenerare). La potenza
energetica necessaria ad un tenore di vita decoroso
(riscaldamento, igiene personale, illuminazione, trasporti,
produzione dei beni materiali fondamentali) equivale circa
a quella richiesta da un piccolo radiatore da 1 kW acceso di
continuo. Oggi il Nord America consuma dodici volte tanto,
l’Europa occidentale cinque, mentre un terzo dell’umanità
resta ben sotto questa soglia.
Riparare le apparecchiature e i beni d’uso
anziché gettarli in una discarica, superando
così l’ossessione, funzionale alla società dei
consumi, dell’obsolescenza degli oggetti e la
continua abitudine allo spreco che caratterizza
i paesi ricchi da ormai mezzo secolo.
Recuperare tutti gli scarti non decomponibili
derivanti dalle attività umane, prendendo come
modello i virtuosi paesi scandinavi e i sistemi più
moderni ed efficienti di raccolta differenziata porta
a porta. Va inoltre ricordato che maggiore è la
quantità di rifiuti differenziati, minore è la quantità
di rifiuti che finiscono per essere
“termovalorizzati”.
Queste otto azioni lungimiranti sono a tutti gli effetti
atti rivoluzionari ma, al tempo stesso, sono anche
un ritorno intelligente al passato.
Se la Decrescita è il “cosa”, le Otto R sono il “come”.
Queste, ovviamente, non pretendono di essere LA
risposta, unica ed esauriente, ma UNA risposta;
sufficientemente ragionevole ed efficace per costruire
una base comune da cui (ri)partire per
(ri)trovare la giusta rotta, ovvero uno stile di vita responsabile,
dai ritmi sostenibili tanto per l’Uomo
quanto per il Pianeta che ci ospita.
Tutto ciò comporta una forte presa di coscienza, e non si può
sperare che un simile sforzo possa partire dall’alto delle
istituzioni, è necessario che i singoli inizino da soli tale cammino,
ognuno nel proprio lavoro e nella propria quotidianità.
Una cosa molto simile al downshifting (o simple living), ovvero
quel fenomeno in espansione di origine anglosassone che
riguarda la scelta di vita da parte di diverse figure di lavoratori,
particolarmente i liberi professionisti, di giungere ad una libera,
volontaria e consapevole autoriduzione dei propri ritmi di lavoro
logoranti, preferendo la qualità della vita, l’indipendenza e la
libertà ad una dorata schiavitù moderna che porta all’accumulo
di molti più soldi e beni, ma senza il tempo o le energie necessari
per goderseli.
• La Decrescita dunque è un netto cambiamento
di approccio, un invito a rallentare, ma non
solo: è un invito anche a riprendere il
controllo della nostra vita, scalando la marcia
e chiedendosi se la meta finora perseguita non
sia forse da ripensare.

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La decrescita felice1

  • 1.
  • 2.
  • 3. Un progetto come la decrescita è certamente un progetto affascinante e condiviso da molti sognatori, ma quando si tratta di passare ai fatti, di concretizzarne i principi, è capace di spiazzarci, poiché minaccia le nostre comode e consolidate abitudini di consumatori acritici e pigri. In realtà basterebbero otto azioni molto semplici per avviare il cammino virtuoso verso uno sviluppo sostenibile, e per farlo è innanzitutto necessario “decrescere”, imparare a fare a meno del superfluo e iniziare a concepire lo spreco delle risorse come la più stupida e ingiusta delle azioni.
  • 4. Concetto nato nel 1919 dal discorso del presidente degli Stati Uniti Truman Divisione del mondo i paesi del nord e del sud del mondo ovvero paesi sviluppati e paesi sottosviluppati Visto inizialmente come aiuto che i paesi del nord avrebbero dato ai paesi del sud per raggiungere uno sviluppo economico È finito per diventare il proseguimento mascherato della colonizzazione dei paesi di una nuova indipendenza Teorie economiche: sviluppo=crescita Nascita dello sviluppismo, secondo il quale è possibile ottenere la prosperità materiale per tutti
  • 5. • Nella letteratura lo sviluppo viene definito come la realizzazione dei desideri e delle aspirazioni di tutti e di ciascuno, al di la del contesto storico, economico, sociale e culturale. • Una condizione del genere non si è mai verificata in nessuna parte del mondo • Lo sviluppo reale pare piuttosto un processo che porta a mercificare i rapporti tra gli uomini e tra questi e la natura. Troppo spesso sviluppo ha coinciso con occidentalizzazione del mondo.
  • 6. • Corrente nata alla fine degli anni ‘60, (primo decennio dello sviluppo) da una riflessione critica sul fallimento delle politiche dello sviluppo • È composta da ricercatori e attori sociale del nord e sud del mondo • Ha mantenuto nel volgere degli anni un carattere quasi sempre confidenziale, tanto che si basa ancor oggi su legami per lo più informali • Pone al centro della sua analisi la messa in discussione del concetto di sviluppo.
  • 7. • Aggiunta di aggettivi eufemistici per dare un volto umano alla crescita economica • Sviluppo sociale • Sviluppo umano • Sviluppo locale • Sviluppo durevole o sostenibile
  • 8. • Nonostante la ricerca di aggettivi di abbellimento del concetto di crescita economica, nei fatti si è continuato a dare importanza solo all’aspetto economico. • Necessità di uno sviluppo alternativo, anzi, un’alternativa allo sviluppo • Per realizzare un’alternativa allo sviluppo si dovrebbe avere un’altra economia, un’altra razionalità, un’altra concezione del tempo e dello spazio
  • 9. • Lo sviluppo si basa essenzialmente sulla teoria dell’effetto sgocciolamento in base alla quale la ricchezza arriverebbe goccia a goccia anche agli strati più poveri della popolazione. • Andiamo a vedere i paradossi del ragionamento sviluppista
  • 10. • È attraverso la creazione di tensioni psicologiche e di frustrazioni che lo sviluppo e la crescita economica pretendono di soddisfare i bisogni fondamentali dell’umanità • L’economia non può realizzarsi se non appoggiandosi necessariamente alla povertà • L’immaginario economico inventa la scarsità di sana pianta e, per di più, la povertà stessa diventa una condizione di crescita: niente crescita senza bisogni e niente rimedio alla povertà senza affondare la popolazione nella miseria
  • 11. • La crescita viene presentato come il rimedio miracoloso delle disuguaglianze • L’idea di fondo è: piuttosto che disputarsi la fetta di una piccola torta, è meglio mettersi d’accordo per ingrandire la torta, in modo che ognuno ne abbia una fetta più grande e che tutti ne abbiano a sufficienza • Contemporaneamente, però, l’accumulazione non è possibile senza una grande disuguaglianza dei redditi • Per rimediare alla disuguaglianza delle condizioni è necessario cominciare ad aggravarla!!!
  • 12. • L’ossessione del Pil fa si che vengano considerate positive tutte le produzioni e tutte le spese (comprese le produzioni nocive e distruttive) • Non c’è distinzione tra una produzione effettiva e una produzione che è volta a neutralizzare gli effetti di un’altra produzione • Si continua a produrre qualsiasi cosa, anche a prezzi elevati, senza tenere conto che man mano che passa il tempo aumentano anche i costi per far fronte all’inquinamento ambientale
  • 13. • Herman Daly e Clifford Cobb hanno costruito un indicatore sintetico il: Genuine progress indicator • Il GPI corregge il Pil sulla base delle perdite subite a causa del degrado e dell’inquinamento ambientale. • Dai calcoli fatti su questa base risulta che negli USA a partire dagli anni ’70 il GPI stagna e addirittura si riduce • A questi dati economici bisognerebbe aggiungere l’impatto politico e culturale, senza contare che con lo sviluppo il prezzo che si paga sul piano umano e sociale è enorme
  • 14. • Non esiste altro sviluppo oltre quello realmente esistente • Lo sviluppo realmente esistente è saccheggio senza limiti della natura, è l’occidentalizzazione del mondo e l’omologazione del pianeta, è il genocidio di tutte le culture differenti • Lo sviluppo e la modernizzazione sono macchine per affamare i popoli: fino agli anni ‘70 in africa le popolazioni erano “povere” rispetto ai criteri occidentali, nel senso che disponevano di pochi beni manufatti, ma nessuno in tempi normali moriva di fame. Dopo 50 anni di sviluppo morire di fame è la norma.
  • 16. • Rinunciare all’immaginario economico, cioè alla credenza che “di più” è uguale a “meglio” • Uscire dall’ottica della necessità dei bisogni costruiti • Bisogna mettere in discussione il domino dell’economia sulla vita, ma soprattutto il dominio dell’economia sulle nostre teste • La decrescita ha come obiettivo quello di sognare il fondamentale abbandono del perseguimento della crescita per la crescita
  • 17. • È veramente possibile ottenere le stesso numero di pizze diminuendo in continuazione la quantità di farina ma aumentando il numero dei forni e dei cuochi
  • 18. • Rivalutare • Riconcettualizzare • Ristrutturare • Rilocalizzare • Ridistribuire • Ridurre • Riutilizzare • Riciclare
  • 19. • Tutto questo è necessariamente • Antiprogressivo e antiscientifico • Si tratta di un’altra crescita per il bene comune
  • 20. • È necessario rivalutare l’economia locale sia nel nord che nel sud perché anche in un mondo globalizzato si vive localmente • Evitare che il “glocale” serva da alibi al proseguimento della desertificazione del tessuto sociale • In quei paesi esclusi dall’economia globale è riuscita la nascita di una nuova economia: “i naufraghi dello sviluppo” producono e riproducono la loro vita al di fuori del circuito ufficiale, attraverso strategie razionali
  • 21. La decrescita felice di Serge Latouche Serge Latouche (Vannes, 12 gennaio1940) è un economista e filosofo francese È uno degli animatori de La Revue du MAUSS, presidente dell'associazione «La ligne d'horizon», è professore di Scienze economiche all'Università di Parigi XI e all'Institut d'études du devoloppement économique et social (IEDES) di Parigi. È tra gli avversari più noti dell'occidentalizzazione del pianeta e un sostenitore della decrescita conviviale e del localismo Serge Latouche critica concetto di economia intesa in modo formale, ossia come attività di mera scelta tra mezzi scarsi per poter raggiungere un fine. Egli mira a proporre nelle sue opere il concetto dell'economico, rifacendosi alla definizione di economia sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni delle persone.
  • 22. Critica, con argomentazioni teoriche e con un approccio empirico comprensivo di numerosi esempi, il concetto di sviluppo e le nozioni di razionalità ed efficacia economica. Queste infatti appartengono ad una visione del mondo che mette al primo posto il fattore economico; per Latouche invece si tratta di "far uscire il martello economico dalla testa", cioè di decolonizzare l'immaginario occidentale, che è stato colonizzato dall'economicismo sviluppista in questo quadro egli critica anche il cosiddetto "sviluppo sostenibile", espressione che a prima vista suona bene, ma che in realtà è profondamente contraddittoria, rappresenta un tentativo estremo di far sopravvivere lo sviluppo, cioè la crescita economica, facendo credere che da essa dipenda il benessere dei popoli.
  • 23.
  • 24.
  • 25. Riconsiderare i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita, cambiando quelli che abbiamo adottato per osmosi, ma che in realtà non ci appartengono e sono frutto di bisogni indotti dal mercato e dal martellamento pubblicitario. Un sano egoismo dovrà prevalere sul finto altruismo, il piacere del tempo libero sull’ossessione del lavoro, la cura della vita sociale sul consumo illimitato, il locale sul globale, il bello e l’efficiente sul degrado e sullo spreco, il razionale sull’irrazionale.
  • 26. • La cooperazione sulla concorrenza • Il piacere del tempo libero sull’ossessione del lavoro • Il bello sull’efficiente
  • 27. Riappropriarsi dei concetti rubati, delle parole distorte ad uso e consumo pubblicitario e tornare ad usare il pensiero critico, interrogandosi razionalmente sul senso delle cose. Questo cambiamento si impone, ad esempio, per i concetti di ricchezza e di povertà e ancor più urgentemente per scarsità e abbondanza, la “diabolica coppia” fondatrice dell’immaginario economico. È più ricco chi possiede più risorse o più denaro? Una buona teoria del valore dovrebbe considerare che le cose dovrebbero avere un senso prima ancora di avere un prezzo.
  • 28. Adattare e convertire in funzione del cambiamento dei valori le strutture economico-produttive, i modelli di consumo, gli stili di vita, così da orientare la società verso la decrescita. In senso Strettamentearchitettonico, anzi urbanistico, puntare sul riuso e Sul recupero dell’esistente, piuttosto che sull’occupazione di suolo agricolo e sulla cementificazione selvaggia del territorio. Quanto più questa ristrutturazione (in senso lato) sarà radicale, tanto più si innesterà un circolo virtuoso che porterà sempre più persone ad avviarsi verso la Decrescita.
  • 29. Consumare essenzialmente prodotti locali, a km zero, frutto della biodiversità endemica dei luoghi. Di conseguenza, ogni decisione di natura economica dovrà essere presa partendo dalla scala locale, per uno sviluppo davvero sostenibile. Inoltre, se è vero che le idee devono ignorare le frontiere, i movimenti delle merci devono invece essere ridotti al minimo, abbattendo drasticamente i costi, i consumi e le ripercussioni ambientali legate ai trasporti.
  • 30. Garantire a tutti gli abitanti del pianeta l’accesso alle risorse naturali e ad un’equa distribuzione della ricchezza, assicurando un lavoro soddisfacente e condizioni di vita dignitose per tutti quei paesi sottosviluppati le cui ricchezze e risorse sono sfruttate colonialmente dalle grandi superpotenze democratiche.
  • 31. Sia l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e consumare che gli orari di lavoro. Il consumo di risorse va ridotto sino a tornare ad un’impronta ecologica pari ad un pianeta (attualmente servirebbero quattro pianeti Terra per soddisfare il fabbisogno della moderna società energivora, ovvero stiamo consumando più di quanto il nostro pianeta non riesca a rigenerare). La potenza energetica necessaria ad un tenore di vita decoroso (riscaldamento, igiene personale, illuminazione, trasporti, produzione dei beni materiali fondamentali) equivale circa a quella richiesta da un piccolo radiatore da 1 kW acceso di continuo. Oggi il Nord America consuma dodici volte tanto, l’Europa occidentale cinque, mentre un terzo dell’umanità resta ben sotto questa soglia.
  • 32. Riparare le apparecchiature e i beni d’uso anziché gettarli in una discarica, superando così l’ossessione, funzionale alla società dei consumi, dell’obsolescenza degli oggetti e la continua abitudine allo spreco che caratterizza i paesi ricchi da ormai mezzo secolo.
  • 33. Recuperare tutti gli scarti non decomponibili derivanti dalle attività umane, prendendo come modello i virtuosi paesi scandinavi e i sistemi più moderni ed efficienti di raccolta differenziata porta a porta. Va inoltre ricordato che maggiore è la quantità di rifiuti differenziati, minore è la quantità di rifiuti che finiscono per essere “termovalorizzati”.
  • 34.
  • 35. Queste otto azioni lungimiranti sono a tutti gli effetti atti rivoluzionari ma, al tempo stesso, sono anche un ritorno intelligente al passato. Se la Decrescita è il “cosa”, le Otto R sono il “come”. Queste, ovviamente, non pretendono di essere LA risposta, unica ed esauriente, ma UNA risposta; sufficientemente ragionevole ed efficace per costruire una base comune da cui (ri)partire per (ri)trovare la giusta rotta, ovvero uno stile di vita responsabile, dai ritmi sostenibili tanto per l’Uomo quanto per il Pianeta che ci ospita.
  • 36. Tutto ciò comporta una forte presa di coscienza, e non si può sperare che un simile sforzo possa partire dall’alto delle istituzioni, è necessario che i singoli inizino da soli tale cammino, ognuno nel proprio lavoro e nella propria quotidianità. Una cosa molto simile al downshifting (o simple living), ovvero quel fenomeno in espansione di origine anglosassone che riguarda la scelta di vita da parte di diverse figure di lavoratori, particolarmente i liberi professionisti, di giungere ad una libera, volontaria e consapevole autoriduzione dei propri ritmi di lavoro logoranti, preferendo la qualità della vita, l’indipendenza e la libertà ad una dorata schiavitù moderna che porta all’accumulo di molti più soldi e beni, ma senza il tempo o le energie necessari per goderseli.
  • 37. • La Decrescita dunque è un netto cambiamento di approccio, un invito a rallentare, ma non solo: è un invito anche a riprendere il controllo della nostra vita, scalando la marcia e chiedendosi se la meta finora perseguita non sia forse da ripensare.