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Decisione n. 2 del 5 giugno 2017
ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE
Il Collegio
composto dai signori
Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente
Prof.ssa M. Rispoli Farina – Membro
Dott.ssa D. Morgante – Membro
Prof. Avv. G. Guizzi – Membro
Avv. G. Afferni – Membro
Relatore: Avv. G. Afferni
nella seduta del 5 maggio 2017, in relazione al ricorso n. 18, dopo aver esaminato la
documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione.
FATTO
1.Il ricorrente rappresenta che nel novembre 2015 - nell’ambito di un servizio di
consulenza in abbinamento al servizio di ricezione e trasmissione ordini - un
consulente finanziario dell’intermediario, “dopo avermi rassicurato
sull’opportunità, convenienza e non rischiosità dell’operazione, procedette
all’acquisto” per suo conto di un titolo obbligazionario di emittente estero “…per
un controvalore pari a € 44.599,70…cifra corrispondente alla totalità del mio
portafoglio investito”.
Dopo pochi giorni, il ricorrente veniva a conoscenza, tramite i mezzi di
informazione, di significative oscillazioni nell’andamento del titolo di cui trattasi e
di una conseguente perdita già maturata pari a € 8.000,00. Pur avendo ricevuto
rassicurazioni dal predetto consulente finanziario, il ricorrente medesimo, rilevata
un’ulteriore significativa flessione del corso del titolo ed avendo per altre vie preso
2
consapevolezza dei reali rischi connessi con l’investimento effettuato - in merito al
che veniva paventato, addirittura, un rischio di default dell’emittente - a distanza di
poco più di un mese dall’acquisto procedeva alla vendita in autonomia delle
obbligazioni in questione, registrando una perdita complessiva pari a € 17.712,08
rispetto al valore d’acquisto, del che chiede l’integrale ristoro all’ACF. In merito a
tale operazione, nel ricorso viene segnalato che i documenti relativi al profilo di
rischio del ricorrente (come quelli dei componenti il suo nucleo famigliare) “non
corrispondono assolutamente all’effettiva conoscenza della materia finanziaria…”.
2. L’intermediario, in sede deduttiva, nel ricostruire i quasi ventennali rapporti con
il ricorrente, dichiara che sarebbe stato lo stesso ricorrente a decidere
autonomamente, nel novembre 2015, di investire le proprie disponibilità nel titolo
obbligazionario in questione e, in tale circostanza, il consulente finanziario
dell’intermediario medesimo avrebbe fornito all’investitore “le informazioni circa
la tipologia del titolo dal medesimo scelto, di averne illustrato le caratteristiche ed
il relativo grado di rischio, affinché il cliente potesse ben comprendere
l’operazione di specie”.
Sempre a detta dell’intermediario, “l’investimento proposto dal promotore
finanziario era adeguato al profilo di rischio del cliente e coerente con le
informazioni relative alla conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, alla
situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento dichiarati dal ricorrente nei
Moduli Unici dal medesimo firmati in data 27 marzo 2008 ed in data 16 luglio
2010”. Quale risultante della suddetta “profilatura”, al ricorrente era stato attribuito
un profilo di rischio “evoluto” e, sulla base di esso, il consulente aveva effettuato
una simulazione volta a verificare l’adeguatezza del prodotto di cui trattasi rispetto
al profilo assegnato al cliente, dal che era conseguita l’attribuzione a quest’ultimo
di un Indicatore Sintetico di Rischio (ISR) pari a 59 che, posto a raffronto con un
ISR pari a 14,162 riferito alla predetta proposta di investimento, aveva fatto ritenere
l’operazione d’investimento “nel complesso ADEGUATA”, avendo “superato tutti i
controlli previsti per la valutazione di adeguatezza”.
3. Nelle proprie repliche il ricorrente si sofferma, in particolare, sul profilo di
rischio attribuitogli nel 2010 e sul suo mancato successivo aggiornamento, tanto più
3
prima della sottoscrizione delle obbligazioni in questione, al riguardo segnalando
che il profilo all’epoca assegnatogli - come anche quello attribuito ai componenti
della sua famiglia - non corrispondeva alla realtà dei fatti, essendo essi privi di
un’effettiva conoscenza in materia finanziaria. Inoltre, successivamente al 2010
(anno a cui risaliva l’ultima “profilatura”), la sua situazione finanziaria e personale
era profondamente mutata, il che lo avevo reso “timoroso e…prudente
nell’affrontare qualsivoglia aspetto della propria esistenza”. Tale suo stato
personale avrebbe dovuto indurre il consulente finanziario - a cui era noto - ad
aggiornare il suo profilo di rischio e, soprattutto, ad evitare investimenti, quale
quello poi realizzato, nel quale è stata convogliata l’intera sua liquidità.
4. Nelle repliche finali l’intermediario ha tenuto a ribadire la correttezza del proprio
operato e di quello del consulente finanziario, riaffermando che l’investimento di
cui trattasi era risultato adeguato al profilo di rischio del ricorrente, ampiamente
reso edotto in merito a tipologia, caratteristiche, grado di rischio del titolo, il tutto
senza ingenerare alcun affidamento circa l’andamento del titolo medesimo.
DIRITTO
1.Si ritiene opportuno premettere quanto segue.
Il Regolamento disciplinante l’attività dell’ACF pone in capo all’intermediario non
solo l’onere di provare di aver assolto gli obblighi di diligenza, correttezza,
informazione e trasparenza nella prestazione dei servizi a favore della propria
clientela, ma anche quello di allegazione della documentazione inerente al rapporto
controverso.
Nel caso di specie, l’intermediario ha trasmesso la seguente documentazione:
contabili ordini di acquisto/vendita; report della consulenza prestata; rendiconti
analitici di tutte le operazioni poste in essere dal 29/12/1997 al 14/02/2017 per
conto del ricorrente e di altro soggetto appartenente al nucleo famigliare del
medesimo. Non è stato, invece, trasmesso il contratto quadro sui servizi
d’investimento, come anche il documento di profilatura del cliente; entrambi tali
documenti, tuttavia, sono stati prodotti dal ricorrente.
4
Dall’esame della documentazione prodotta dall’intermediario non si evincono
elementi a supporto del profilo di rischio assegnato all’investitore, né si dà conto
della metodologia applicata. Parimenti, non appare agevolmente valutabile il report
di consulenza, ove è sì effettuata una simulazione circa l’adeguatezza
dell’investimento ma in assenza di elementi a supporto che offrano una chiave
interpretativa, essendo in esso richiamato un indice sintetico di adeguatezza rispetto
al quale non risulta predefinita una scala di riferimento. Né, tantomeno, è stato
prodotto alcun documento circa lo specifico prodotto finanziario proposto,
essendosi limitato l’intermediario a rappresentare, apoditticamente, “di aver
illustrato le caratteristiche ed il relativo grado di rischio del prodotto” e che lo
stesso era risultato adeguato al cliente, non fornendo tuttavia nessun ulteriore
ragguaglio circa le caratteristiche specifiche dello strumento e risultando, pertanto,
omesse le informazioni su: tipologia dello strumento, emittente e rating assegnato;
sede di quotazione/negoziazione; modalità dell’acquisto (mercato primario o
secondario); ecc. Allo stesso modo, non è stato allegato alcun documento
informativo inerente al prodotto.
Non può non osservarsi, a questo proposito, che sugli intermediari grava anche un
obbligo di profilatura dei prodotti, in quanto solo così operando risulta poi possibile
valutare, in concreto, se e quale di essi risulti adeguato avendo riguardo, tra l’altro,
al profilo di rischio di ciascun cliente. Nel caso di specie, l’intermediario non ha
fornito evidenze documentali utili a tali fini.
* * *
2. L’odierna controversia è incentrata sul servizio di consulenza in materia
finanziaria in abbinamento al servizio di ricezione e trasmissione ordini,
relativamente al che il ricorrente ha, in sintesi, rilevato quanto segue:
- mancata informazione circa i rischi del prodotto oggetto di consulenza;
5
- non adeguatezza dello stesso prodotto avuto riguardo al proprio profilo di
rischio;
- mancato aggiornamento del proprio profilo di rischio.
3. Come noto, con riguardo a tale tipologia di servizio d’investimento, oltre agli
obblighi informativi gravanti sull’intermediario in via generale, è previsto uno
specifico presidio a tutela degli investitori, consistente nella valutazione di
adeguatezza del prodotto oggetto di consulenza avuto riguardo al profilo di rischio
di ciascun cliente. A tal fine, l’intermediario deve acquisire da quest’ultimo gli
elementi conoscitivi (c.d. know your customer rule) individuati dalle norme
secondarie (art. 39, Regolamento Intermediari) e così declinati:
1. conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di
strumento o di servizio;
2. situazione finanziaria;
3. obiettivi di investimento.
In ordine al profilo della “conoscenza ed esperienza”, sempre l’art. 39 specifica che
le informazioni da acquisire devono includere: i) i tipi di servizi, operazioni e
strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; ii) la natura, il volume e
la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il
periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; iii) il livello di
istruzione, la professione e, se rilevante, la precedente professione del cliente. Le
informazioni sulla “situazione finanziaria” del cliente includono, ove pertinenti,
dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio
complessivo e dei suoi impegni finanziari. Infine, in ordine agli “obiettivi di
investimento”, è previsto che le informazioni da acquisire devono includere: i) dati
sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento, ii) le
sue preferenze in materia di rischio, iii) il suo profilo di rischio e iv) le finalità
dell’investimento, ove pertinenti.
4.La valutazione di adeguatezza non può prescindere, dunque, dalla profilatura dei
prodotti trattati dall’intermediario, ponendosi ciò come necessario presupposto
logico della valutazione di adeguatezza e potendo l’intermediario solo dopo aver
6
valutato ciascun prodotto e i rischi sottesi esprimere un giudizio avendo riguardo, in
tale contesto, al profilo di rischio del cliente.
5. Nel caso di specie, appare dirimente soffermarsi sulle caratteristiche dei titoli
sottoscritti dal ricorrente.
Le obbligazioni di che trattasi, pur essendo obbligazioni senior e non strutturate,
presentavano rischi specifici sul versante emittente, come testimoniato dal
declassamento del garante del titolo da parte delle maggiori agenzie di rating e
come chiaramente desumibili da studi e ricerche al tempo disponibili sul mercato;
elementi, questi, che non possono non essere considerati al fine di valutare se
l’intermediario potesse legittimamente ignorare, in base alla diligenza professionale
alla quale è tenuto (ex art. 1176, 2° co, c.c.), i rischi legati all’investimento di cui
trattasi. Alla luce di ciò, desta quantomeno perplessità l’ISR di 14,62 attribuito
dall’intermediario al titolo in questione (cfr. “report di consulenza” allegato al
ricorso) che, ipotizzando una scala a 100, si evincerebbe essere prudente. Tale
valutazione stride con la situazione complessiva dell’emittente, nonchè con le
risultanze delle analisi e ricerche disponibili.
6. Inoltre, l’Intermediario risulta non aver fornito il servizio di investimento con la
diligenza richiesta anche sotto un ulteriore e tutt’affatto secondario profilo.
Il Ricorrente nelle deduzioni integrative lamenta che l’investimento gli è stato
consigliato sulla base di una profilatura risalente a cinque anni prima che, come
detto, gli assegnava un profilo di rischio “evoluto”; in merito, egli osserva come dal
momento dell’ultima profilatura fossero profondamente mutate le sue condizioni
patrimoniali e personali, circostanze ben note al consulente finanziario e non
smentite dall’Intermediario.
Quanto al timing di aggiornamento del profilo di rischio del cliente, l’art. 39 del
Regolamento Intermediari stabilisce: “Gli intermediari possono fare affidamento
sulle informazioni fornite dai clienti o potenziali clienti a meno che esse non siano
manifestamente superate”.
Gli “Orientamenti ESMA su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della
direttiva MiFID” del 2012 (recepiti dalla Consob con comunicazione del 25 ottobre
2012) al paragrafo V.VI rubricato “Aggiornamento delle informazioni sui clienti”
7
prevedono, a loro volta, che gli intermediari acquisiscano informazioni aggiornate e
adeguate sul cliente con frequenza diversa a seconda del profilo di rischio del
cliente, stante che “Un profilo di rischio più elevato può richiedere un
aggiornamento più frequente rispetto a un profilo di rischio più basso. Alcuni
eventi, inoltre, possono portare a un processo di aggiornamento come succede, ad
esempio, nel caso di clienti che raggiungono l’età pensionabile”.
Ancor più nel dettaglio risulta sviluppato il tema nelle linee guida ABI (a cui risulta
associato l’Intermediario, v., in particolare, par. 2.4.4.); esse, validate dalla Consob,
prevedono quanto segue: “Rispetto alla frequenza di aggiornamento, gli
intermediari devono definire l’intervallo di tempo con il quale procedere
periodicamente (c.d. frequenza standard) ad aggiornare le informazioni. Essi
possono eventualmente differenziare la periodicità dell’aggiornamento in funzione
dei seguenti elementi:
• classificazione della clientela (le informazioni relative alla clientela al dettaglio
potrebbero essere aggiornate con frequenza maggiore rispetto a quelle relative
alla clientela professionale);
• profilo di rischio assegnato al cliente (in presenza di un profilo di rischio elevato,
maggiore potrebbe essere la frequenza di aggiornamento del profilo);
• specifiche informazioni, preventivamente individuate, raccolte dal cliente (ad
esempio l’intermediario potrebbe decidere di aggiornare con maggior frequenza
gli obiettivi di investimento ovvero la situazione finanziaria).
Nelle stesse linee guida sono valorizzati elementi quali modalità e tempistica di
aggiornamento delle informazioni, con la definizione “di un periodo massimo di
validità del profilo attribuito al cliente”, come anche la possibilità di “prevedere
un blocco del servizio di consulenza rispetto a nuove operazioni fino
all’aggiornamento delle informazioni” e di “identificare nella regolamentazione
interna alcuni eventi di rilievo al verificarsi dei quali procedere comunque
all’aggiornamento (c.d. aggiornamento ad evento). A titolo di esempio si
considerino: i) il raggiungimento di un’età anagrafica del cliente predefinita
dall’intermediario; ii) la sostituzione del legale rappresentante o delegato di una
8
persona giuridica; iii) il raggiungimento dell’età pensionabile o il verificarsi di
variazioni dello stato di famiglia”.
7. Dunque, pur non essendo esplicitato uno specifico vincolo di natura temporale,
da quanto sopra emerge chiaramente come gli intermediari siano comunque tenuti a
definire tempistica e modalità di aggiornamento delle informazioni a tal fine
rilevanti; pertanto, in fattispecie come quella oggetto del presente ricorso, incombe
sull’intermediario quantomeno l’onere di comprovare di aver rispettato le policy
interne all’uopo predisposte, del che non è stata fornita alcuna evidenza.
8. Sempre con riguardo al caso di specie, si deve altresì rilevare come molte
domande del questionario compilato dal ricorrente assumano come periodo di
riferimento il triennio precedente. Si può, quindi, ragionevolmente ritenere che tale
fosse la periodicità di aggiornamento prevista, nel qual caso i dati del ricorrente
sarebbero da ritenere comunque superati al momento della prestazione del servizio
di consulenza.
Trattasi di tematica oggetto di esame anche da parte della Suprema Corte che, con
riferimento alla situazione patrimoniale del cliente (elemento maggiormente
suscettibile di variazioni nel tempo), ha avuto modo così di esprimersi: “l'obbligo
della raccolta di informazioni non poteva esaurirsi nei limiti della situazione
finanziaria del cliente all'atto della stipula del contratto quadro, ma sussisteva
obbligo di continuo aggiornamento all'atto dell'effettuazione degli investimenti”
(Corte Cass., sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21711).
Quanto alla giurisprudenza di merito va richiamata una decisione della Corte di
Appello di Torino, ove si afferma: “Poiché la ricostruzione del profilo
dell'investitore costituisce un dato naturalmente variabile che deve essere fatto
oggetto di verifica prima dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento, le
informazioni ad esso relative non possono essere troppo risalenti nel tempo, per cui
si deve ritenere che rientri negli obblighi di diligenza dell'intermediario, ai sensi
degli articoli 21 lett. a del TUF, 1175 e 1375 del codice civile, provvedere a
rinnovare la richiesta di informazioni qualora i dati in questione non siano
aggiornati.” (sent. 18 marzo 2010).
9
9. Tali principi, applicati al caso di specie, portano a ritenere che l’intermediario
ben avrebbe potuto e dovuto procedere prioritariamente ad aggiornare le
informazioni relative alla situazione patrimoniale ed al profilo di rischio del
ricorrente (soggetto, al tempo, non più attivo sotto il profilo lavorativo e, per di più,
in precarie condizioni di salute) e, sulla base di tali informazioni aggiornate,
elaborare una proposta d’investimento coerente con tali risultanze, tenendo conto
dei rischi sottesi al prodotto, nonché del crescente rischio emittente che lo
caratterizzava, come comprovato dai declassamenti delle agenzie di rating e da
quanto riportato in ricerche ed analisi elaborate da altri intermediari, al tempo
disponibili.
PQM
Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dichiara l’intermediario tenuto a
corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento danni, la somma di euro €
17.712,08 e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della
decisione.
Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di
conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato
dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.
L’Intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi
dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4
maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it,
sezione “Intermediari”.
Il Presidente
Firmato digitalmente da:
Gianpaolo Eduardo Barbuzzi

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Decisione acf 5_giugno_2017_n._2

  • 1. 1 Decisione n. 2 del 5 giugno 2017 ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE Il Collegio composto dai signori Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente Prof.ssa M. Rispoli Farina – Membro Dott.ssa D. Morgante – Membro Prof. Avv. G. Guizzi – Membro Avv. G. Afferni – Membro Relatore: Avv. G. Afferni nella seduta del 5 maggio 2017, in relazione al ricorso n. 18, dopo aver esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione. FATTO 1.Il ricorrente rappresenta che nel novembre 2015 - nell’ambito di un servizio di consulenza in abbinamento al servizio di ricezione e trasmissione ordini - un consulente finanziario dell’intermediario, “dopo avermi rassicurato sull’opportunità, convenienza e non rischiosità dell’operazione, procedette all’acquisto” per suo conto di un titolo obbligazionario di emittente estero “…per un controvalore pari a € 44.599,70…cifra corrispondente alla totalità del mio portafoglio investito”. Dopo pochi giorni, il ricorrente veniva a conoscenza, tramite i mezzi di informazione, di significative oscillazioni nell’andamento del titolo di cui trattasi e di una conseguente perdita già maturata pari a € 8.000,00. Pur avendo ricevuto rassicurazioni dal predetto consulente finanziario, il ricorrente medesimo, rilevata un’ulteriore significativa flessione del corso del titolo ed avendo per altre vie preso
  • 2. 2 consapevolezza dei reali rischi connessi con l’investimento effettuato - in merito al che veniva paventato, addirittura, un rischio di default dell’emittente - a distanza di poco più di un mese dall’acquisto procedeva alla vendita in autonomia delle obbligazioni in questione, registrando una perdita complessiva pari a € 17.712,08 rispetto al valore d’acquisto, del che chiede l’integrale ristoro all’ACF. In merito a tale operazione, nel ricorso viene segnalato che i documenti relativi al profilo di rischio del ricorrente (come quelli dei componenti il suo nucleo famigliare) “non corrispondono assolutamente all’effettiva conoscenza della materia finanziaria…”. 2. L’intermediario, in sede deduttiva, nel ricostruire i quasi ventennali rapporti con il ricorrente, dichiara che sarebbe stato lo stesso ricorrente a decidere autonomamente, nel novembre 2015, di investire le proprie disponibilità nel titolo obbligazionario in questione e, in tale circostanza, il consulente finanziario dell’intermediario medesimo avrebbe fornito all’investitore “le informazioni circa la tipologia del titolo dal medesimo scelto, di averne illustrato le caratteristiche ed il relativo grado di rischio, affinché il cliente potesse ben comprendere l’operazione di specie”. Sempre a detta dell’intermediario, “l’investimento proposto dal promotore finanziario era adeguato al profilo di rischio del cliente e coerente con le informazioni relative alla conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento dichiarati dal ricorrente nei Moduli Unici dal medesimo firmati in data 27 marzo 2008 ed in data 16 luglio 2010”. Quale risultante della suddetta “profilatura”, al ricorrente era stato attribuito un profilo di rischio “evoluto” e, sulla base di esso, il consulente aveva effettuato una simulazione volta a verificare l’adeguatezza del prodotto di cui trattasi rispetto al profilo assegnato al cliente, dal che era conseguita l’attribuzione a quest’ultimo di un Indicatore Sintetico di Rischio (ISR) pari a 59 che, posto a raffronto con un ISR pari a 14,162 riferito alla predetta proposta di investimento, aveva fatto ritenere l’operazione d’investimento “nel complesso ADEGUATA”, avendo “superato tutti i controlli previsti per la valutazione di adeguatezza”. 3. Nelle proprie repliche il ricorrente si sofferma, in particolare, sul profilo di rischio attribuitogli nel 2010 e sul suo mancato successivo aggiornamento, tanto più
  • 3. 3 prima della sottoscrizione delle obbligazioni in questione, al riguardo segnalando che il profilo all’epoca assegnatogli - come anche quello attribuito ai componenti della sua famiglia - non corrispondeva alla realtà dei fatti, essendo essi privi di un’effettiva conoscenza in materia finanziaria. Inoltre, successivamente al 2010 (anno a cui risaliva l’ultima “profilatura”), la sua situazione finanziaria e personale era profondamente mutata, il che lo avevo reso “timoroso e…prudente nell’affrontare qualsivoglia aspetto della propria esistenza”. Tale suo stato personale avrebbe dovuto indurre il consulente finanziario - a cui era noto - ad aggiornare il suo profilo di rischio e, soprattutto, ad evitare investimenti, quale quello poi realizzato, nel quale è stata convogliata l’intera sua liquidità. 4. Nelle repliche finali l’intermediario ha tenuto a ribadire la correttezza del proprio operato e di quello del consulente finanziario, riaffermando che l’investimento di cui trattasi era risultato adeguato al profilo di rischio del ricorrente, ampiamente reso edotto in merito a tipologia, caratteristiche, grado di rischio del titolo, il tutto senza ingenerare alcun affidamento circa l’andamento del titolo medesimo. DIRITTO 1.Si ritiene opportuno premettere quanto segue. Il Regolamento disciplinante l’attività dell’ACF pone in capo all’intermediario non solo l’onere di provare di aver assolto gli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nella prestazione dei servizi a favore della propria clientela, ma anche quello di allegazione della documentazione inerente al rapporto controverso. Nel caso di specie, l’intermediario ha trasmesso la seguente documentazione: contabili ordini di acquisto/vendita; report della consulenza prestata; rendiconti analitici di tutte le operazioni poste in essere dal 29/12/1997 al 14/02/2017 per conto del ricorrente e di altro soggetto appartenente al nucleo famigliare del medesimo. Non è stato, invece, trasmesso il contratto quadro sui servizi d’investimento, come anche il documento di profilatura del cliente; entrambi tali documenti, tuttavia, sono stati prodotti dal ricorrente.
  • 4. 4 Dall’esame della documentazione prodotta dall’intermediario non si evincono elementi a supporto del profilo di rischio assegnato all’investitore, né si dà conto della metodologia applicata. Parimenti, non appare agevolmente valutabile il report di consulenza, ove è sì effettuata una simulazione circa l’adeguatezza dell’investimento ma in assenza di elementi a supporto che offrano una chiave interpretativa, essendo in esso richiamato un indice sintetico di adeguatezza rispetto al quale non risulta predefinita una scala di riferimento. Né, tantomeno, è stato prodotto alcun documento circa lo specifico prodotto finanziario proposto, essendosi limitato l’intermediario a rappresentare, apoditticamente, “di aver illustrato le caratteristiche ed il relativo grado di rischio del prodotto” e che lo stesso era risultato adeguato al cliente, non fornendo tuttavia nessun ulteriore ragguaglio circa le caratteristiche specifiche dello strumento e risultando, pertanto, omesse le informazioni su: tipologia dello strumento, emittente e rating assegnato; sede di quotazione/negoziazione; modalità dell’acquisto (mercato primario o secondario); ecc. Allo stesso modo, non è stato allegato alcun documento informativo inerente al prodotto. Non può non osservarsi, a questo proposito, che sugli intermediari grava anche un obbligo di profilatura dei prodotti, in quanto solo così operando risulta poi possibile valutare, in concreto, se e quale di essi risulti adeguato avendo riguardo, tra l’altro, al profilo di rischio di ciascun cliente. Nel caso di specie, l’intermediario non ha fornito evidenze documentali utili a tali fini. * * * 2. L’odierna controversia è incentrata sul servizio di consulenza in materia finanziaria in abbinamento al servizio di ricezione e trasmissione ordini, relativamente al che il ricorrente ha, in sintesi, rilevato quanto segue: - mancata informazione circa i rischi del prodotto oggetto di consulenza;
  • 5. 5 - non adeguatezza dello stesso prodotto avuto riguardo al proprio profilo di rischio; - mancato aggiornamento del proprio profilo di rischio. 3. Come noto, con riguardo a tale tipologia di servizio d’investimento, oltre agli obblighi informativi gravanti sull’intermediario in via generale, è previsto uno specifico presidio a tutela degli investitori, consistente nella valutazione di adeguatezza del prodotto oggetto di consulenza avuto riguardo al profilo di rischio di ciascun cliente. A tal fine, l’intermediario deve acquisire da quest’ultimo gli elementi conoscitivi (c.d. know your customer rule) individuati dalle norme secondarie (art. 39, Regolamento Intermediari) e così declinati: 1. conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio; 2. situazione finanziaria; 3. obiettivi di investimento. In ordine al profilo della “conoscenza ed esperienza”, sempre l’art. 39 specifica che le informazioni da acquisire devono includere: i) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; ii) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; iii) il livello di istruzione, la professione e, se rilevante, la precedente professione del cliente. Le informazioni sulla “situazione finanziaria” del cliente includono, ove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio complessivo e dei suoi impegni finanziari. Infine, in ordine agli “obiettivi di investimento”, è previsto che le informazioni da acquisire devono includere: i) dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento, ii) le sue preferenze in materia di rischio, iii) il suo profilo di rischio e iv) le finalità dell’investimento, ove pertinenti. 4.La valutazione di adeguatezza non può prescindere, dunque, dalla profilatura dei prodotti trattati dall’intermediario, ponendosi ciò come necessario presupposto logico della valutazione di adeguatezza e potendo l’intermediario solo dopo aver
  • 6. 6 valutato ciascun prodotto e i rischi sottesi esprimere un giudizio avendo riguardo, in tale contesto, al profilo di rischio del cliente. 5. Nel caso di specie, appare dirimente soffermarsi sulle caratteristiche dei titoli sottoscritti dal ricorrente. Le obbligazioni di che trattasi, pur essendo obbligazioni senior e non strutturate, presentavano rischi specifici sul versante emittente, come testimoniato dal declassamento del garante del titolo da parte delle maggiori agenzie di rating e come chiaramente desumibili da studi e ricerche al tempo disponibili sul mercato; elementi, questi, che non possono non essere considerati al fine di valutare se l’intermediario potesse legittimamente ignorare, in base alla diligenza professionale alla quale è tenuto (ex art. 1176, 2° co, c.c.), i rischi legati all’investimento di cui trattasi. Alla luce di ciò, desta quantomeno perplessità l’ISR di 14,62 attribuito dall’intermediario al titolo in questione (cfr. “report di consulenza” allegato al ricorso) che, ipotizzando una scala a 100, si evincerebbe essere prudente. Tale valutazione stride con la situazione complessiva dell’emittente, nonchè con le risultanze delle analisi e ricerche disponibili. 6. Inoltre, l’Intermediario risulta non aver fornito il servizio di investimento con la diligenza richiesta anche sotto un ulteriore e tutt’affatto secondario profilo. Il Ricorrente nelle deduzioni integrative lamenta che l’investimento gli è stato consigliato sulla base di una profilatura risalente a cinque anni prima che, come detto, gli assegnava un profilo di rischio “evoluto”; in merito, egli osserva come dal momento dell’ultima profilatura fossero profondamente mutate le sue condizioni patrimoniali e personali, circostanze ben note al consulente finanziario e non smentite dall’Intermediario. Quanto al timing di aggiornamento del profilo di rischio del cliente, l’art. 39 del Regolamento Intermediari stabilisce: “Gli intermediari possono fare affidamento sulle informazioni fornite dai clienti o potenziali clienti a meno che esse non siano manifestamente superate”. Gli “Orientamenti ESMA su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della direttiva MiFID” del 2012 (recepiti dalla Consob con comunicazione del 25 ottobre 2012) al paragrafo V.VI rubricato “Aggiornamento delle informazioni sui clienti”
  • 7. 7 prevedono, a loro volta, che gli intermediari acquisiscano informazioni aggiornate e adeguate sul cliente con frequenza diversa a seconda del profilo di rischio del cliente, stante che “Un profilo di rischio più elevato può richiedere un aggiornamento più frequente rispetto a un profilo di rischio più basso. Alcuni eventi, inoltre, possono portare a un processo di aggiornamento come succede, ad esempio, nel caso di clienti che raggiungono l’età pensionabile”. Ancor più nel dettaglio risulta sviluppato il tema nelle linee guida ABI (a cui risulta associato l’Intermediario, v., in particolare, par. 2.4.4.); esse, validate dalla Consob, prevedono quanto segue: “Rispetto alla frequenza di aggiornamento, gli intermediari devono definire l’intervallo di tempo con il quale procedere periodicamente (c.d. frequenza standard) ad aggiornare le informazioni. Essi possono eventualmente differenziare la periodicità dell’aggiornamento in funzione dei seguenti elementi: • classificazione della clientela (le informazioni relative alla clientela al dettaglio potrebbero essere aggiornate con frequenza maggiore rispetto a quelle relative alla clientela professionale); • profilo di rischio assegnato al cliente (in presenza di un profilo di rischio elevato, maggiore potrebbe essere la frequenza di aggiornamento del profilo); • specifiche informazioni, preventivamente individuate, raccolte dal cliente (ad esempio l’intermediario potrebbe decidere di aggiornare con maggior frequenza gli obiettivi di investimento ovvero la situazione finanziaria). Nelle stesse linee guida sono valorizzati elementi quali modalità e tempistica di aggiornamento delle informazioni, con la definizione “di un periodo massimo di validità del profilo attribuito al cliente”, come anche la possibilità di “prevedere un blocco del servizio di consulenza rispetto a nuove operazioni fino all’aggiornamento delle informazioni” e di “identificare nella regolamentazione interna alcuni eventi di rilievo al verificarsi dei quali procedere comunque all’aggiornamento (c.d. aggiornamento ad evento). A titolo di esempio si considerino: i) il raggiungimento di un’età anagrafica del cliente predefinita dall’intermediario; ii) la sostituzione del legale rappresentante o delegato di una
  • 8. 8 persona giuridica; iii) il raggiungimento dell’età pensionabile o il verificarsi di variazioni dello stato di famiglia”. 7. Dunque, pur non essendo esplicitato uno specifico vincolo di natura temporale, da quanto sopra emerge chiaramente come gli intermediari siano comunque tenuti a definire tempistica e modalità di aggiornamento delle informazioni a tal fine rilevanti; pertanto, in fattispecie come quella oggetto del presente ricorso, incombe sull’intermediario quantomeno l’onere di comprovare di aver rispettato le policy interne all’uopo predisposte, del che non è stata fornita alcuna evidenza. 8. Sempre con riguardo al caso di specie, si deve altresì rilevare come molte domande del questionario compilato dal ricorrente assumano come periodo di riferimento il triennio precedente. Si può, quindi, ragionevolmente ritenere che tale fosse la periodicità di aggiornamento prevista, nel qual caso i dati del ricorrente sarebbero da ritenere comunque superati al momento della prestazione del servizio di consulenza. Trattasi di tematica oggetto di esame anche da parte della Suprema Corte che, con riferimento alla situazione patrimoniale del cliente (elemento maggiormente suscettibile di variazioni nel tempo), ha avuto modo così di esprimersi: “l'obbligo della raccolta di informazioni non poteva esaurirsi nei limiti della situazione finanziaria del cliente all'atto della stipula del contratto quadro, ma sussisteva obbligo di continuo aggiornamento all'atto dell'effettuazione degli investimenti” (Corte Cass., sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21711). Quanto alla giurisprudenza di merito va richiamata una decisione della Corte di Appello di Torino, ove si afferma: “Poiché la ricostruzione del profilo dell'investitore costituisce un dato naturalmente variabile che deve essere fatto oggetto di verifica prima dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento, le informazioni ad esso relative non possono essere troppo risalenti nel tempo, per cui si deve ritenere che rientri negli obblighi di diligenza dell'intermediario, ai sensi degli articoli 21 lett. a del TUF, 1175 e 1375 del codice civile, provvedere a rinnovare la richiesta di informazioni qualora i dati in questione non siano aggiornati.” (sent. 18 marzo 2010).
  • 9. 9 9. Tali principi, applicati al caso di specie, portano a ritenere che l’intermediario ben avrebbe potuto e dovuto procedere prioritariamente ad aggiornare le informazioni relative alla situazione patrimoniale ed al profilo di rischio del ricorrente (soggetto, al tempo, non più attivo sotto il profilo lavorativo e, per di più, in precarie condizioni di salute) e, sulla base di tali informazioni aggiornate, elaborare una proposta d’investimento coerente con tali risultanze, tenendo conto dei rischi sottesi al prodotto, nonché del crescente rischio emittente che lo caratterizzava, come comprovato dai declassamenti delle agenzie di rating e da quanto riportato in ricerche ed analisi elaborate da altri intermediari, al tempo disponibili. PQM Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dichiara l’intermediario tenuto a corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento danni, la somma di euro € 17.712,08 e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione. Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016. L’Intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it, sezione “Intermediari”. Il Presidente Firmato digitalmente da: Gianpaolo Eduardo Barbuzzi