1. Cosa si intende per DISFAGIA?
La disfagia è la difficoltà di passaggio del cibo, solido e/o
liquido, dalla bocca allo stomaco lungo il tratto faringo
esofageo. Può essere dovuta all’alterazione di una qualsiasi
delle quattro fasi della deglutizione.
Viene definito disfagia qualsiasi disturbo della
progressione del cibo dal cavo orale allo stomaco.
La disfagia viene definita come una difficoltà di propulsione
dei cibi dalla bocca allo stomaco.
Si definisce disfagia la difficoltà a deglutire a causa di una
patologia, che potrà essere di tipo neurologico o tumorale,
che interferisce con il transito del cibo dalla bocca allo
stomaco.
2. DEGLUTIZIONE
E’ un atto assai complesso, in parte
volontario ed in parte riflesso
Richiede proprietà motorie di cui la
principale è la forza oltre alla precisione,
alla velocità e alla coordinazione.
Il normale processo di deglutizione
nell’adulto avviene in diverse fasi.
3. La deglutizione
Il primo tratto “orofaringe” ed “ipofaringe”
è comune
Canale digestivo per il trasporto degli
alimenti
Canale aereo deputato alla respirazione
7. Fase di preparazione extraorale
È il momento che precede l’esecuzione
vera e propria degli atti motori esecutivi
della deglutizione.
Questa fase ha un’importanza non
secondaria in fase riabilitativa e
nell’alimentazione della persona con
difficoltà di deglutizione e riguarda tutti
quegli aspetti relativi al piacere del cibo.
8. Fase di preparazione orale
Perché si esplichi è necessario che siano presenti:
la chiusura delle labbra,
il movimento laterale e rotatorio della
mandibola,
un normale tono bucco - facciale,
i movimenti laterali e rotatori della
lingua,
la protrusione anteriore del palato molle che
impedisce la caduta prematura del cibo in
faringe.
9. Fase orale 1
È la fase di propulsione del bolo in faringe. È
consapevole e volontaria
La lingua si pone in alto all’indietro, fa un movimento di
schiacciamento e di rotolamento sul palato e spinge il
bolo fino al confine posteriore della cavità orale verso la
faringe.
L’azione della lingua non ha solo il fine di raccogliere il
bolo e di spingerlo in faringe, ha anche un ruolo
nell’elicitazione della deglutizione faringea ed
innesca le modificazioni nell’area glottica della fase
successiva.
10. Fase orale 2
Il palato molle, le fauci e la parete
posteriore dell’orofaringe si
avvicinano al fine di chiudere l’apertura
del rinofaringe.
Alla fine di questa fase la bocca è
completamente libera da ogni residuo di
cibo.
11. Fase faringea 1
Si verifica l’atto di trasportare il bolo dal
faringe all’esofago attraverso lo sfintere
dell’esofago superiore.
Le componenti neuromuscolari della deglutizione
faringea sono state chiaramente identificate:
chiusura del velofaringe per prevenire il
passaggio di cibi solidi o liquidi nel naso;
chiusura della laringe per prevenire la
penetrazione di materiale in laringe;
formazione dell’onda peristaltica faringea
per ripulire la faringe con un’onda contrattile
che segue il bolo;
12.
13. Fase faringea 2
elevazione e movimento in senso
antero posteriore della laringe al fine
di posizionarla in alto sotto la lingua,
spostata rispetto alla via percorsa dal
bolo;
rilasciamento e conseguente apertura
dello sfintere esofageo superiore;
bolo in esofago.
Queste azioni faringee sono strettamente
correlate tra di loro.
14. Fase esofagea
Inizia con la comparsa dell’onda
peristaltica e si conclude con
l’apertura dello sfintere esofageo
superiore.
È una fase inconsapevole e sotto
controllo nervoso involontario.
15. FORME DI DISFAGIA
A seconda della fase compromessa si
identificano tre forme di disfagia:
1. DISFAGIA ORALE
2. DISFAGIA FARINGEA
3. DISFAGIA ESOFAGEA intesa come
incapacità a trattenere il bolo nell’esofago
e/o nello stomaco con conseguente
reflusso.
16. QUAL È ILTIPO DI DISFAGIA PIU’ FREQUENTE
NEGLI ANZIANI CON DEMENZA?
più del 70% ha un’alterazione della fase
orale
il 40% presenta alterazione della fase
faringea
il 30% ha una anormalità nel
funzionamento del segmento faringo-
eofageo
17. Cause della disfagia
La disfagia cronica può essere secondaria a:
esiti chirurgici
disturbi neurologici
Sono queste due situazioni ben distinte in termini
di vissuto del paziente, ma non solo.
Dal punto di vista medico abbiamo di fronte due
situazioni organicamente differenti che devono
essere considerate nella scelta delle modalità
d’alimentazione.
18. DISFAGIA DA ESITI CHIRURGICI
o su base meccanica
A causare la disfagia ci sono delle alterazioni
meccaniche che interessano gli organi
deputati alla deglutizione.
Le strutture necessarie a completare
l’atto sono più o meno danneggiate,
ma il controllo neurologico centrale
e, quasi sempre, quello periferico
della deglutizione sono integri.
19. DISFAGIA NEUROGENA
La disfagia neurogena insorge per
una disfunzione sensori motoria delle
fasi orali e faringea, con perdita
dell’azione muscolare propulsiva e
protettiva che normalmente spinge il
bolo dalla cavità orale nell’esofago e
impedisce il passaggio nel rinofaringe
e in laringe.
20. EZIOPATOGENESI DELLA DISFAGIA
NEUROGENA
LESIONI DEL SNC
LESIONI DEI NERVI PERIFERICI
LESIONI NEUROMUSCOLARI (miastenia,
distrofia)
CAUSE IATROGENE: assunzione di
farmaci
21. Caratteristiche della deglutizione
fisiologica senile
La diminuita capacità olfattiva incide
sulla quantità di salivazione prodotta
che risulta più vischiosa…ciò comporta
che..
I boli sono più compatti e meno deglutibili.
Alterazione della sensibilità gustativa
..quindi..
Cambiano le preferenze alimentari in fatto
di gusto
22. Caratteristiche della deglutizione
fisiologica senile 2
I cambiamenti delle strutture dentarie
e la debolezza muscolare incidono
sulla masticazione e preparazione del
bolo… quindi..
L’alimentazione tende a diventare
semisolida.
Aumenta il transito orofaringeo e
diminuiscono gli atti deglutitori.. ne
consegue che..
I tempi di deglutizione si allungano.
24. PATOLOGIA DISFAGICA
NELL’ANZIANO
2. Gli anziani sono maggiormente soggetti a
disturbi come
◦ demenza,
◦ malattia dei motoneuroni,
◦ Morbo di Parkinson,
◦ Morbo di Alzheimer,
◦ Sclerosi Multipla,
◦ cancro,
◦ ictus
condizioni queste che possono provocare
l’indebolimento del processo di deglutizione.
25. PATOLOGIA DISFAGICA
NELL’ANZIANO
3. Inoltre l’anziano è spesso sottoposto a cure
farmacologiche che contribuiscono ad alterare
il controllo muscolare e a far diminuire la
sensibilità nel cavo orale.
26. Turbe della sensibilità oro-faringo-laringea
Ridotta secrezione salivare che comporta la
presenza di boli più asciutti e quindi la necessità
di più atti deglutitori.
Modificazione dell’occlusione dentaria,
diminuzione del numero dei denti ( minor
sminuzzamento del cibo), presenza di protesi
(spesso non adeguate)
Ipotonia linguale ed incoordinazione
muscolare
Sofferenza articolatoria temporo-
mandibolare
Disregolazione neurologica centrale
27. Aumento di durata di tutte le fasi
deglutitorie
Fase anticipatoria (extraorale) meno
efficace per : diminuzione della vista,
dell’olfatto, del gusto e dell’abilità gestuale
Indebolimento accoppiamento tra fase
orale che si presenta più lunga e faringea
ritardata
Tosse meno efficacie
Ipotonia muscolare esofagea
Fattori sistemici: deperimento, motivazione,
relazione.
28. L’anziano inoltre:
Può alternare momenti di maggior o minor vigilanza
È altamente distraibile
Spesso deve essere alimentato in un momento in cui
non è né attento né vigile
Si affatica velocemente (vigilanza e respirazione)
Non collabora ad un lavoro sulla respirazione per
prolungare la durata dell’apnea
Non ha consapevolezza di sé
Il problema di memoria può far sì che si dimentiche che
sta mangiando
La difficoltà a mantenere l’attenzione condivisa rende
difficoltosa l’esecuzione di due compiti insieme
(mandare giù e tenere eretto il capo)
29. Può avere un rallentamento generale e possono
passare diversi secondi prima che riesca ad
eseguire un ordine
Può anche comprendere ordini semplici, ma non
essere in grado di eseguirliVOLONTARIAMENTE
(spesso compaiono solo su riflesso)
Tende ad assumere posture scorrette
Ha disturbi di comportamento che influiscono
sulla capacità ad alimentarsi
Può essere troppo vorace
Può parlare con il cibo in bocca
…..
30. DISFAGIA
La valutazione di disfagia viene fatta
dal medico e dalla logopedista e
può prevedere una parte di
indagini non strumentali e
un’altra di indagini strumentali.
31. Nella valutazione con indagini non
strumentali viene fatta:
la valutazione delle strutture addette alla
deglutizione:
Labbra
Mandibola,guancia Palato molle
Lingua Laringe
L’esame obiettivo deve essere un esame
morfologico e funzionale, in termini di
motilità, forza e coordinazione.
la valutazione specifica della deglutizione
32. INDAGINI STRUMENTALI
La metodica più completa è la
VIDEOFLUOROSCOPIA:
è certamente la tecnica che meglio studia la
morfologia e la funzionalità delle strutture
coinvolte nell’atto deglutitorio. Consiste nella
somministrazione di un bolo di bario
modificato con tre gradi di consistenza (liquido,
semiliquido e solido).
Questa tecnica permette inoltre di valutare la
deglutizione durante facilitazioni e compensi
posturali.
33. Riconoscere precocemente la disfagia
attraverso: Osservazione dell’ospite
Stato di coscienza e condizioni generali
Stato nutrizionale
Denti,lingua,mucose orali
Posture assunte
Voracità eccessiva,sonnolenza,affaticamento
Utilizzo di psicofarmaci
Presenza di tosse,scialorrea,timbro della voce ecc.
Dilatazione dei tempi di consumo del pasto
Perdita di peso
Modifica delle abitudini alimentari
34. SINTOMI DISFAGIA A BREVE
TERMINE
deficit di gestione delle secrezioni salivari: scialorrea
Tendenza del cibo a distribuirsi su tutto il cavo orale (
residui in lingua e guance), residui alimentari in bocca e
fuoriuscita del cibo dal naso/bocca
Sensazione di “lingua grossa”, impastata
Timbro nasale della voce
Rallentamento e affaticamento durante il pasto
Difficoltà ad iniziare il processo deglutitorio
Deficit della masticazione
Deglutizioni ripetute
Febbre
rigurgiti
voce roca, gorgogliante (specie dopo i pasti)
Risveglio notturno per eccesso di tosse
Ma soprattutto:
episodi di tosse e soffocamento durante
l’assunzione di cibo, schiarimenti ripetuti
35. decremento ponderale
disidratazione (ipovolemia …)
deficit nutrizionali fino alla
malnutrizione(esposizione a infezioni,…)
bronchiti, polmoniti ab-ingestis
insufficienza respiratoria
alterazione nella qualità di vita
deterioramento
prognosi clinica
rischio di mortalità
A LUNGOTERMINE
36. EFFETTI DELLA DISFAGIA
Per la maggior parte delle persone
mangiare è un’attività piacevole, che
presenta risvolti di tipo sociale: un buon
pasto infatti non si limita semplicemente a
soddisfare l’appetito. Ciò vale in particolar
modo per le persone che vivono in
istituto, per le quali il momento di pasti è
spesso quello di maggior socializzazione
durante la giornata. Qualsiasi elemento
che disturbi tal rituale sociale può avere
un effetto demoralizzante.
38. DA OSSERVARE DURANTE IL PASTO
LENTEZZA AD INIZIARE LA DEGLUTIZIONE E /
O RITARDO NEL DEGLUTIRE (oltre 5 secondi)
MANCATO COORDINAMENTO TRA
MASTICAZIONE E DEGLUTIZIONE
RIPETUTE DEGLUTIZIONI PER UN PICCOLO
BOCCONE
STASI DEL CIBO NELLE GUANCE
RIGURGITI ORALI O NASALI
TOSSE O STARNUTI DURANTE O DOPO
L’ALIMENTAZIONE
40. PER COMINCIARE:
L’atto di imboccare richiede molta
sensibilità nei confronti dell’ospite.
L’operatore deve saper percepire lo stato
d’animo e aver cura di rispettarlo.
Preservare la dignità personale
dell’ospite è molto importante per cui se è
preoccupato all’idea di dover mangiare nel
trambusto, di tossire o di soffocare, è
opportuno scegliere la posizione più
favorevole nella sala da pranzo.
41. 41
Imparare a gestirla ruolo
dell’OSS
Preparo l’ambiente
Mi preparo
Preparo il paziente
Eseguo
Documento
Somministrazione di farmaci
42. 42
MODALITA’ NELL’IMBOCCARE, consigli pratici
Imparare a gestirla ruolo dell’OSS:
preparo l’ambiente
Se il soggetto deve essere imboccato è importante
fare attenzione a :
* L’AMBIENTE:
Importante verificare che l’ospite si trovi a proprio
agio, che non sia un ambiente rumoroso con
molte fonti di distrazione (televisione, gente che
chiacchera, radio, rumori esterni). Noi stessi
dobbiamo evitare di porgli delle domande e di
conversare mentre sta deglutendo. Lo possiamo
fare quando ha finito.
Mi posiziono davanti a lui e cerco di mantenere il
contatto oculare.
43. 43
Imparare a gestirla ruolo dell’OSS:
mi preparo
È fondamentale il rispetto delle norme
igieniche secondo le indicazioni generali
che devono essere rispettate
dall’operatore.
Uso di adeguate “coperture” ed ausilii.
(Discorso sui guanti)
44. Imparare a gestirla ruolo dell’OSS
preparo il paziente
LA POSTURA
La postura è fondamentale perché il cibo non vada “di
traverso”. Se la persona mantiene una posizione corretta
È importante quindi mangiare a tavola mantenendo la
schiena diritta e il capo leggermente flesso in
avanti, a meno che non vi siano indicazioni specifiche da
parte del logopedista.
Se a causa di un malessere il paziente è costretto a letto,
è necessario mantenere comunque una postura il più
possibile corretta evitando l’iperestensione del capo.
Le braccia devono possibilmente essere appoggiate ai
braccioli della sedia o tenute ferme per impedire che
vengano portate alla bocca.
45. 45
Imparare a gestirla:Ruolo dell’ OSS
preparo il paziente - Modalità di alimentazione
Preparazione
del paziente:
Posture
PAZIENTE
MAI SDRAIATO
49. • assicurarsi che sia vigile e che
deglutisca regolarmente;
rispettare i suoi tempi di
deglutizione e verificare che
abbia ingoiato il boccone
precedente prima di passare
al successivo.
50. PER QUANTO RIGUARDA IL CIBO….
premesse
ASSICURARSI CHE OMOGENEITA’, CONSISTENZA
E TIPO DI CIBO E LIQUIDI SIANO FORNITI COME
PRESCRITTO
ASSICURARSI CHE L’ALIMENTAZIONE VENGA
INIZIATA IN ACCORDO CON LE TECNICHE
SPECIFICHE RACCOMANDATE DALLO SPECIALISTA DI
RIFERIMENTO
MONITORARE L’ASSUNZIONE ORALE
ASSICURASI CHE I FARMACI VENGANO
SOMMINISTRATI IN CONDIZIONI DI SICUREZZA
51. * LA PREPARAZIONE DEL CIBO
Evitare di fare un'unica porzione di cibo
spezzettato, ma mantenere separati i
gusti al fine di lasciare che apprezzi i
colori e i sapori. Lasciare che guardi,
annusi, gusti il cibo, in modo da
stimolare l’appetito e la produzione di
saliva.
Controllare che il cibo non scotti ed
eventualmente provvedere a
raffreddarlo.
52. 52
Imparare a gestirla: Ruolo dell’OSS
alimento il paziente
* COME DARE IL CIBO:
Porgergli il cucchiaio in posizione frontale
e non lateralmente, dando comunque
piccole quantità di cibo. Mettere il cibo al
centro della bocca, sulla parte anteriore
della lingua e spingete la lingua verso il
basso per evitare che si rovesci
all’indietro.
Dare piccole quantità di cibo alla volta.
53. Come ridurre il rischio di aspirazione:
NON LASCIARE MAI L’UTENTE DA SOLO MENTRE
MANGIA O BEVE
EVITARE L’ESTENSIONE DEL COLLO
UTILIZZARE AUSILI ADEGUATI, PER ES.TAZZE CON
COPERCHIO E UNA PICCOLA APERTURA LATERALE
(può aiutare a rallentare l’assunzione di liquidi).
EVITARE L’UTILIZZO DI CANNUCCE O SIRINGHE PER
LA DIFFICOLTA’ DI CONTROLLARE IL FLUSSO DEI
LIQUIDI E SEMI-LIQUIDI
ESSERE PREPARATI ALLE MANOVRE DI EMERGENZA
RELATIVE AL SOFFOCAMENTO
55. 55
Imparare a gestirla: Ruolo dell’OSS
Igiene cavo orale
È importante perché:
Previene l’aspirazione di cibi rimasti in bocca dopo il
pasto
Previene l’ingresso di batteri nelle vie aere superiori e
inferiori
Previene patologie della bocca(gengivite, placca …)
Dà confort al paziente
56. USO DEGLI AUSILI
Utilizzare gli ausili consigliati che favoriscono la
deglutizione del cibo quali:
- bicchiere con il beccuccio e il manico
- piatto con i bordi rialzati o bordi da applicare
- il biberon
- posate speciali per mano destra o sinistra
- la siringa o schizzettone
SOLO QUANDO INDICATI E PRESCRITTI!!!!!!
60. 60
Imparare a gestirla: Ruolo dell’OSS
Collaborazione nella somministrazione
farmaci
Perché non vanno polverizzati:
Non vi è la garanzia del corretto
dosaggio(Sottodosati)
Inattivati
Formano composti dannosi
Creano bocconi pericolosi(acqua-polvere)
61. Imparare a gestirla: Ruolo dell’OSS
Collaborazione nella somministrazione farmaci
Si deve tenere presente che:
Le polveri prodotte dalla frantumazione possono essere
insolubili in acqua restare in sospensione e appiccicarsi alle
pareti della bocca o lungo le prime vie digestive(ridotto
assorbimento)
Molti farmaci hanno un involucro destinato a proteggerli
dell’acidità dello stomaco frantumandoli lo si distrugge e
vengono così inattivati
Alcuni farmaci sono composti da più prodotti incapsulati in
modo separato al fin di venire liberati in parti diverse
polverizzandoli si elimina tale separazione con relativa
perdita di tali caratteristiche.
62. 62
Imparare a gestirla:
Somministrazione farmaci al paz. disfagico
Prima di manipolare un farmaco consultare il medico
Confetti e capsule non vanno mai frantumati (salvo dicitura
divisibile)
Lo stesso principio attivo è spesso prodotto sotto varie forme:
gocce,sciroppi,supposte,pomate,iniezioni,bustine,
sospensioni
Se non è disponibile altra scelta la compressa potrebbe essere
inglobata in un piccolo boccone semi solido piuttosto che venire
somministrata con acqua
Modificare la consistenza di medicine liquide con
addensante(previa consultazione medica)
Utilizzare posizioni,tecniche di alimentazione,consistenze
appropriate
64. 1. CONSISTENZA
- LIQUIDI
LIQUIDI DENSI: Latte,Yogurt da bere e succhi con polpa
SEMILIQUIDI: Necessitano di una modesta preparazione
orale. Sono i gelati, granite,passati di verdure,yogurt, creme,
semolini, frullati e omogeneizzati di frutta (preparati dove prevale
la % liquida)
SEMISOLIDI: Polenta, semolino,crema di riso,passati di verdura
densi, omo di carne o pesce, formaggi cremosi uova alla coque,
budini e mousses. E’ necessario una preparazione orale più
impegnativa della dieta semiliquida ma non è necessaria
masticazione.
SOLIDI: E’ una dieta riservata ai pazienti con compromissione
di bassa entità e con masticazione conservata in parte.
65. LIQUIDI
Sono utili quando la sola difficoltà del
paziente è presentata dalla masticazione;
Sono invece i più difficili da deglutire in caso
di disfagia. L’agente più a rischio è l’acqua,
perché inodore, insapore, incolore.
Ricordiamo però che: L’ACQUA insieme a
THE’eTISANE prive di zucchero presentano
meno rischi di infezioni polmonari.
66. MODIFICATORI DI CONSISTENZA
Si possono usare :
1.Addensanti naturali o artificiali;
2. Diluenti (brodo vegetale o di carne,l’acqua, il latte, la
panna, i succhi di frutta e di verdura);
3. Lubrificanti (Olio vegetale, burro, maionese,
besciamella).
67. 2. GRADO DI COESIONE
Gli alimenti che sono serviti devono garantire
compattezza durante tutto il passaggio del
canale alimentare senza sbriciolarsi o
frammentarsi.
Sono da evitare quindi :
Creakers,grissini,biscotti,pastina in
brodo,riso, frutta secca.
68. 3. OMOGENEITA’
Il cibo deve presentarsi della stessa
consistenza e dimensione
Sono controindicati piatti quali il
minestrone di verdure in pezzi e la
pastina in brodo.
69. 4. VISCOSITA’
Il cibo servito deve presentare un grado di
scivolosità per una deglutizione più facile.
Sono da evitare tutti i cibi secchi.
Consigliato l’uso di lubrificanti quali
vegetali, burro, panna ect.
70. 5. DIMENSIONI
Importante sono:
Porzionamento;
Dimensioni del boccone
Varieranno a seconda del tipo di
alterazione della deglutizione
71. 6. TEMPERATURA
La temperatura simile a quella corporea
non stimola la percezione del boccone
durante le fasi della deglutizione;
Le temperature devono essere più
calde o più fredde di 36-37°
72. 7. COLORE
Il colore del cibo è importante per i pazienti
portatori di cannula tracheale.
Il colore deve essere differente dalle
secrezioni tracheo-bronchiali
73. 8. SAPORE
Importante rispettare i gusti e le preferenze
dell’anziano.
RICORDARE:
Sapore “acido”,“amaro”,”piccante”, possono aumentare
il rischio di aspirazione per scarso controllo linguale,
ipomobilità faringea.
Il sapore “acido”, ha l’effetto di aumentare la secrezione
salivare (quindi da evitare in caso di scialorrea).
75. Riassumendo:
CIBI FACILI DA DEGLUTIRE
Si considerano più facili da deglutire i cibi di
consistenza omogenea come:
yogurt
passato di verdura
semolino
purè
formaggi teneri
Gelato
76. CIBI DIFFICILI DA DEGLUTIRE
Si considerano più difficili da deglutire i cibi che
hanno
due consistenza diverse (solido/liquido):
- pastina di brodo
- minestra di verdura a pezzi o passato di legumi
con scorie degli stessi
frutta fresca con semini
macedonie di frutta
frutta secca e i canditi (e i dolci che li
contengono)
77. CIBI DIFFICILI DA DEGLUTIRE
- cibi friabili:
grissini, fette biscottate, biscotti secchi
formaggi stagionati
uova sode
torte o dolci che si sbriciolano (es. torta
margherita, pasta frolla)
78. CIBI DIFFICILI DA DEGLUTIRE
- cibi che richiedono una lunga
masticazione:
carne asciutta e/o filacciosa, anche tritata
se non è incorporata a purè o sugo denso
verdure filacciose
- riso (perché tende a sparpagliarsi in
bocca)
79. CONSIGLI SULL’IMPIEGO DI AGENTI
ADDENSANTI
Fate attenzione quando aggiungete gli
addensanti ai liquidi. Procedete sempre
gradualmente evitando di aggiungere
grandi quantità in una sola volta in quanto
alcuni agenti hanno un effetto quasi
istantaneo mentre altri possono avere un
effetto graduale che dura vari minuti.
Procedendo con attenzione si evita di far
diventare troppo denso il cibo. La
quantità di addensante varia in
relazione alla marca del prodotto
utilizzato.
80. LA CONCENTRAZIONE
In condizioni di normalità la deglutizione avviene in
maniera automatica. Nei soggetti con difficoltà di
deglutizione però tale atto non avviene più
automaticamente e diventa importante
concentrarsi.
Mentre imbocchiamo quindi dobbiamo evitare di :
parlare; nel rispondere il paziente è costretto ad
utilizzare contemporaneamente la via aerea e la
via digestiva ed aumentano così i rischi di
aspirazione e soffocamento.
accendere la televisione;
costringerlo a mangiare in fretta masticando
poco.
81. Ricapitolando:
LA POSIZIONE CORRETTA E L’EVENTUALE POSTURA
DI COMPENSO DEVE ESSEREVALUTATA IN ACCORDO
CON GLI SPECIALISTI
TRA LE CARATTERISTICHE DEL CIBO LE PIU’
IMPORTANTI: CONSISTENZA E OMOGENEITA’
L’ASSUNZIONE DI ACQUA, QUANDO CONSENTITA
DALLO SPECIALISTA, DEVE AVVENIRE SOLO DOPO
AVER ELIMINATO OGNI RESIDUO DI CIBO DALLA
BOCCA (ES.A FINE PASTO)
LE SCELTE SPECIFICHE DIPENDONO DA TIPO E
GRADO DI SCOMPENSO
83. Guardare negli occhi
Accompagnare l’imboccamento con le
parole
Distrarre con racconti (per le persone
ansiose)
Non parlare (specie con le persone che
tendono a parlare con il cibo in bocca)
Controllare il tono (calmo/sostenuto)
Chiamare per nome
…
85.
a-fasia
“incapacità di FORMULARE
incapacità di CAPIRE”
Incapacità parziale o totale di produrre suoni
linguistici dotati di senso
Incapacità di utilizzare i suoni linguistici dotati di
senso come una forma efficace di
comunicazione
Incapacità di comprendere sia i suoni linguistici
propri che quelli degli altri
87. AFASIE NON FLUENTI
LESIONE AREE ANTERIORI DEL LINGUAGGIO
DEFICIT DI PRODUZIONE SPONTANEA
DISTURBI ARTICOLATORI
DISPROSODIA
DANNO PRINCIPALE:
LA CAPACITA’ DI PRODURRE
88. AFASIE FLUENTI
LESIONE AREE POSTERIORI DEL LINGUAGGIO
PRODUZIONE ABBONDANTE
VELOCITA’, RITMO, MELODIA CONSERVATE
NON DISORDINI ARTICOLATORI
ALTA INCIDENZA DI PARAFASIE E NEOLOGISMI
DANNO PRINCIPALE:
LA CAPACITA’ DI COMPRENDERE
89. AFASIE NON FLUENTI
AFASIA GLOBALE
PRESENTE CON AMPIA LESIONE DELL’EMISFERO
SINISTRO O REGIONE FRONTO-TEMPORO-PARIETALE
BLOCCO ARTICOLATORIO
PESSIMA COMPRENSIONE
ISOLAMENTO DAL MONDO SOCIALE
ANOSOGNOSIA
90. AFASIE NON FLUENTI
AFASIA DI BROCA
COLPITO IL LINGUAGGIO
PROPOSIZIONALE
BLOCCO ARTICOLATORIO
INIBIZIONE ESPRESSIVA
ELOQUIO RIDOTTO E ANARTRICO
PRODUZIONE SCARSA, LENTA, FATICOSA
RELATIVA INTEGRITA’ DELLA COMPRENSIONE
91. AFASIE NON FLUENTI
AFASIA TRANSCORTICALE MOTORIA
NELLE FORME GRAVI:
IMPORTANTE INERZIA ESPRESSIVA (PUO’ SIMULARE UN VERO
MUTISMO); ALTRE MODALITA’ DI LINGUAGGIO SONO
ADEGUATE
NELLE FORME LIEVI:
L’ELOQUIO E’ POSSIBILE MA
RIDOTTO
DISPROSODICO STILE TELEGRAFICO
AGRAMMATICO
92. AFASIE FLUENTI
AFASIA DI WERNICKE
DEFICIT di COMPRENSIONE
UDITIVO-VERBALE
ELOQUIO FLUENTE MA INCOMPRENSIBILE
(gergo), prosodia appropriata, articolazione
scorrevole
RISPOSTE RIFLESSE E ISTINTIVE MA NON
RISPOSTE RAZIONALI
ANOSOGNOSIA
93. AFASIE FLUENTI
AFASIA DI CONDUZIONE
CATTIVA RIPETIZIONE
ELOQUIO FLUENTE (PARAFASIE)
BUONA COMPRENSIONE (auto-correzione)
Intatte le immagini articolatorie
e uditivo-verbali
94. AFASIE FLUENTI
AFASIA AMNESTICA
DISORGANIZZAZIONE
DEI MECCANISMI DI
SELEZIONE DELLE PAROLE
DEFICIT DI ACCESSO AL VOCABOLARIO
ANOMIA: incapacità di trovare la parola
necessaria ad esprimere il proprio pensiero ed
in particolare il nome degli oggetti
95. AFASIE NON FLUENTI
AFASIA TRANSCORTICALE SENSORIALE
“AFASIA DA ISOLAMENTO
DELL’AREA DEL LINGUAGGIO”
INCAPACITA’ DI SCEGLIERE LE PAROLE
ADATTE
DEFICIT DI COMPRENSIONE UDITIVO-VERBALE
E DELLA LETTURA
BUONA CAPACITA’ DI RIPETIZIONE
96. CONSIDERAZIONI
TUTTE LE FORME DI AFASIA SI PRESENTANO
CON
+
DEFICIT DI LETTURA E SCRITTURA
•DEFICIT DI DECODIFICAZIONE
•DEFICIT DI CODIFICAZIONE
99. PROGETTO MIRATO AL
RAGGIUNGIMENTO E MANTENIMETO
DELLA CONDIZIONE OTTIMALE DI
BENESSERE DELLA PERSONA
MIGLIOR ADATTAMENTO ALLA
SOCIETA’
RIEDUCAZIONE
101. ALTERAZIONE DITUTTI GLI ASPETTI DELLA
VITA INDIVIDUALE
PERDITA DELLA CAPACITA’ DI GESTIONE
DEI RAPPORTI INTERPERSONALI
DEFICIT DI COMUNICAZIONE
102. EVITARE CHE UNA FORMA DI
DISABILITA’ DIVENTI UN HANDICAP
RIEDUCAZIONE ASPECIFICA
PAZIENTE AFASICO OPERATORE
CONOSCE ED E’CONSAPEVOLE
DELLA PATOLOGIA
ATTUA UN COMPORTAMENTO
ADEGUATO ANCHE NELLA
COMUNICAZIONE
NON PUO’ ESPRIMERE:
BISOGNI
PREOCCUPAZIONI
INCERTEZZE
O
CHIEDERE INFORMAZIONI
103. CON LA COMUNICAZIONE CERCHIAMO CONFORTO E
RASSICURAZIONE
LA MALATTIA PROVOCA ANSIA E INCERTEZZA
104. APPROCCIO COMUNICATIVO 1
MANTENERE L’INTERAZIONETRA PERSONE ADULTE
ADOTTARE UN APPROCCIO GENTILE, CALMO E
RASSICURANTE: DIMOSTRARE DI CAPIRE LA SUA
DIFFICOLTA’ A PARLARE, STIMOLANDOLO A COMUNICARE
IN MODO DIVERSO (GESTI)
SEMPLIFICARE LA STRUTTURA SINTATTICA DELLA FRASE
(COMUNICAZIONE SEMPLICE MA ADULTA), RIDURRE LA
VELOCITA’ DI ELOQUIO MANTENENDO UN VOLUME DI VOCE
NORMALE E D ENFATIZZANDO I PUNTI CHIAVE
INFORMARSI SUI NOMI DEI FAMILIARI E SULLE ABITUDINI DI
VITA, DEFICIT UDITIVI,VISIVI PREESISTENTI
105. APPROCCIO COMUNICATIVO 2
EVITARE DI ANTICIPARE O CONCLUDERE LA
FRASE; CAPIRE SE PREFERISCE O GLI E’ PIU’
SEMPLICE LA RISPOSTA CHE PREVEDE UN SI’/NO
EVITARE DOMANDE DELTIPO O…O…
TENERE A DISPOSIZIONE CARTA E PENNA
NON CAMBIARE ARGOMENTO REPENTINAMENTE
DURANTE LA CONVERSAZIONE
106. APPROCCIO COMUNICATIVO 3
IN GENERALE:
RIDURRE O ELIMINARE RUMORI DI FONDO DISTRAENTI
VERIFICARE AD INTERVALLI REGOLARI CHE LA PERSONA
COMPRENDA QUANTO GLI VIENE DETTO; RIPETERE SE
NECESSARIO
RIMANERE IL PIU’ POSSIBILE LEGATI AL CONTESTO O
SEGNALARE ENFATICAMENTE CHE SI VUOLE PARLARE
D’ALTRO
DOVE E’ POSSIBILE ACCOMPAGNARE LE AFFERMAZIONI
CON GESTI CHIARI
107. APPROCCIO COMUNICATIVO 4
CON IL PAZIENTE IPERFLUENTE O PERSEVERANTE:
ATTEGGIAMENTO DECISO DI RICHIAMO ED
INTERRUZIONE DELL’ELOQUIO PARAFASICO
CON IL PAZIENTE CONSAPEVOLE CHE REAGISCE CON
PIANTO O ATTEGGIAMENTO DEPRESSO: CAMBIARE
ARGOMENTO, SPOSTARE ATTENZIONE SU ALTRE
ATTIVITA’
NON CEDERE ALLATENTAZIONE DI FAR RIPETERE
PAROLE O FRASI
109. EVITARE CHE UNA FORMA DI
DISABILITA’ DIVENTI UN HANDICAP
RIEDUCAZIONE SPECIFICA
RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA
(potenziamento delle risorse per efficaci
scambi comunicativi)
RUOLO DELLA LOGOPEDISTA
110. EVITARE CHE UNA FORMA DI
DISABILITA’ DIVENTI UN HANDICAP
INTERVENTO
RIABILITATIVO
RI-APPRENDERE
COMPETENZE E ABILITA’
RECUPERO DELLA CAPACITA’
DI COMUNICARE
111. RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA
DURANTE LA DEGENZA CON CONDIZIONI
FISICHE E COLLABORAZIONE ADEGUATE
DOPO CIRCA UN MESE DALL’EVENTO ACUTO
(VERIFICA RECUPERO SPONTANEO)
FREQUENZA BI-TRISETTIMANALE
116. TEMPI
MINIMO 6 MESI CONSECUTIVI POI A CICLI NEL
PRIMO ANNO
VERIFICA DELLE MODIFICAZIONI (TEST)
SOSPENSIONE DOPO DUETEST CONSECUTIVI
INVARIATI.
RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA