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News 07/SSL/2017
Lunedì, 13 febbraio 2017
Rspp: l’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole.
Un intervento si sofferma ancora sull’Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016:
l’inquadramento generale, la nuova formazione RSPP/ASPP e i moduli, gli
aggiornamenti, l’utilizzo dell’e-learning, i datori di lavoro RSPP e le opportunità.
Bologna, 7 Feb – Nei mesi precedenti il referendum costituzionale del 4 dicembre
2016 sono stati molti i convegni, i seminari, gli incontri, in tutta Italia, che hanno
affrontato, analizzato e discusso le conseguenze in materia di sicurezza sul lavoro
della riforma costituzionale. Tuttavia questi incontri, malgrado abbiano analizzato le
conseguenze di una riforma che non è stata attuata, hanno permesso ai vari
operatori non solo di conoscere più nel dettaglio le fonti costituzionali, ma anche di
fare il punto delle novità normative più rilevanti in materia di sicurezza, come ad
esempio l’Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 che individua i requisiti della
formazione dei responsabili e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione e
che viene a modificare altri aspetti della formazione alla sicurezza.
Accordo che è stato utilmente riassunto e raccontato, ad esempio, da un intervento
che si è tenuto al convegno “Cambia la costituzione: problemi e prospettive per la
sicurezza sul lavoro”, un convegno organizzato dall’Associazione AiFOS il 21 ottobre
2016 a Bologna durante la manifestazione “ Ambiente Lavoro”.
Nella relazione “L’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole”, a cura di Lucio
Fattori (formatore e consulente della sicurezza), è stato fatto un breve resoconto,
utile anche per i nostri lettori, sulle novità dell’ Accordo del 7 luglio 2016 finalizzato
alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i
responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo
32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
Un accordo che viene presentato in relazione a: inquadramento generale, nuova
formazione RSPP/ASPP, aggiornamenti RSPP/ASPP, e-learning, altri aspetti disciplinati
dall’Accordo, prospettive e opportunità.
Riguardo all’inquadramento generale la relazione ricorda alcuni antecedenti storici,
il Decreto Legislativo 626/1994 che non indicava formazione per RSPP/ASPP, il
Decreto Legislativo 195/2003, l’Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, il nuovo
Testo Unico in materia di salute e sicurezza (D.Lgs. 81/2008) e, finalmente, il nuovo
Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016…
E sono segnalati – come riportati all’art. 33 del D.Lgs. 81/2008 – alcuni dei principali
compiti del servizio di prevenzione e protezione. Tale servizio provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro,
nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui
all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali.
Riguardo poi alla formazione la relazione ricorda alcuni aspetti innovativi riguardo a
soggetti formatori e docenti:
- titoli di studio per esonero da frequenza a corsi, per alcuni o per tutti i moduli;
- Docente Formatore Qualificato in possesso dei requisiti previsti dal D.I.6 marzo 2013.
La qualificazione del docente è riferita a ciascuna area tematica;
- ai soggetti formatori «ope legis» si aggiungono quelli definiti dall’Accordo. Gli
organismi paritetici devono essere costituiti da associazioni sindacali e datoriali che
soddisfino il requisito di rappresentatività in termini comparativi sul piano nazionale.
Esclusi dagli Accordi gli Enti Bilaterali: soppressi i riferimenti agli Enti Bilaterali come
soggetti formatori dagli Accordi 21/12/11 e 22/02/12; eliminati i riferimenti alla
collaborazione con gli Enti Bilaterali dall’Accordo 21/12/11”.
La relazione si sofferma poi sulla nuova formazione RSPP/ASPP e sui vari moduli
richiesti. Riprendiamo a questo proposito un semplice schema dell’articolazione dei
moduli.
Riprendiamo, tuttavia, anche alcune indicazioni sulle motivazioni che sono alla base
di questa articolazione con riferimento alle varie unità didattiche (U.D.):
- Modulo A: il “Corso base” per ASPP e RSPP deve consentire ad ASPP e RSPP di
conoscere: la normativa generale e specifica in tema di SSL; le funzioni svolte dal
sistema istituzionale pubblico e dai vari enti preposti alla tutela della SSL; tutti i
soggetti del sistema di prevenzione aziendale, i loro compiti e le responsabilità; i
concetti di pericolo, rischio, danno, prevenzione e protezione; gli elementi
metodologici per la valutazione del rischio; i principali rischi trattati dal D.Lgs. n.
81/2008 e individuare le misure di prevenzione e protezione nonché le modalità per
la gestione delle emergenze; gli obblighi di informazione, formazione e
addestramento nei confronti dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale;
- Modulo B: il “Corso correlato ai rischi” per ASPP e RSPP deve consentire ad ASPP e
RSPP di acquisire conoscenze e abilità per: individuare i pericoli e valutare i rischi
presenti negli ambienti di lavoro del comparto compresi i rischi ergonomici e stress
lavoro-correlato; individuare le misure di prevenzione e protezione presenti negli
specifici comparti, compresi i DPI, in riferimento alla specifica natura del rischio e
dell'attività lavorativa; contribuire ad individuare adeguate soluzioni tecniche,
organizzative e procedurali di sicurezza per ogni tipologia di rischio;
- Modulo C: il “Corso di specializzazione” esclusivo per RSPP deve consentire a RSPP
di acquisire le conoscenze/abilità relazionali e gestionali per: progettare e gestire
processi formativi in riferimento al contesto lavorativo e alla valutazione dei rischi,
anche per la diffusione della cultura alla salute e sicurezza e del benessere
organizzativo; pianificare, gestire e controllare le misure tecniche, organizzative e
procedurali di sicurezza aziendali attraverso sistemi di gestione della sicurezza;
utilizzare forme di comunicazione adeguate a favorire la partecipazione e la
collaborazione dei vari soggetti del sistema”.
Rimandando alla lettura interale degli atti dell’intervento, che riporta ulteriori
dettagli e tabelle, ci soffermiamo sull’aggiornamento di RSPP/ASPP:
- “non deve essere di carattere generalistico;
- non deve riprodurre argomenti e contenuti proposti nei corsi base;
- deve “trattare evoluzioni, innovazioni, applicazioni pratiche e approfondimenti
collegate al contesto produttivo e ai rischi specifici del settore”.
Queste alcune tematiche dei corsi di aggiornamento:
- “aspetti giuridico-normativi e tecnico-organizzativi;
- sistemi di gestione e sui processi organizzativi;
- fonti di rischio specifiche dell'attività lavorativa o del settore produttivo dove viene
esercitato il ruolo;
- tecniche di comunicazione, volte all’informazione e formazione dei lavoratori”.
Novità anche per l’e-learning:
- “abolito l’allegato I dell’Accordo del 21 dicembre 2011;
- nuovi criteri previsti nell’Allegato II dell’Accordo CSR 7 luglio 2016 sostituiscono i
precedenti;
- per i corsi in materia di salute e sicurezza la modalità e-learning è da ritenersi valida
solo se espressamente prevista da norme e Accordi Stato Regioni o dalla
contrattazione collettiva nel rispetto delle disposizioni di cui all’Allegato II;
Un semplice schema, presente nelle slide dell’intervento, indica quando è permesso,
riguardo ai corsi di formazione e aggiornamento, l’utilizzo dell’e-learning.
Concludiamo ricordando che la relazione riporta anche altri aspetti disciplinati
dall’accordo.
Ad esempio si parla della formazione di datori di lavoro R.S.P.P. con ATECO
“difformi” dalla realtà lavorativa.
Infatti in aziende inserite in macrosettori ATECO a rischio medio/alto “il datore di
lavoro R.S.P.P. può frequentare il corso di formazione relativo al livello di rischio
basso, se tutti i lavoratori svolgono esclusivamente attività appartenenti ad un livello
di rischio basso. Vale anche il viceversa”. Dunque il codice ATECO “diventa
indicativo e non esclusivo per determinare ‘sufficienza’ e ‘adeguatezza’ nella
formazione DDL RSPP”.
Riportiamo brevemente uno schema per cogliere le differenze tra l’Accordo del
2006 e quello del 2016:
Infine sono presentate anche alcune prospettive e opportunità.
Ad esempio si ricorda che in merito ai cambiamenti nell’articolazione
dell’aggiornamento per RSPP e ASPP ora si ha meno quantità e maggior qualità: e
dunque “non ci sono più scuse”...
“ L’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole”, a cura di Lucio Fattori (formatore e consulente
della sicurezza), intervento al convegno “Cambia la costituzione: problemi e prospettive per la
sicurezza sul lavoro” (formato PDF, 1.99 MB).
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e
Bolzano - Accordo 7 luglio 2016 - Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti
minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai
sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.
Fonte: puntosicuro.it
La Cassazione spiega il valore giuridico dell’Accordo 21 dicembre 2011.
Il “livello minimo di affidabilità della formazione”, la “presunzione di adeguatezza e
sufficienza, salvo prova contraria” e la “funzione meramente processuale riservata
al piano probatorio” dell’Accordo sulla formazione lavoratori. Di Anna Guardavilla.
Una recentissima sentenza della Cassazione Penale (Sez.III, 27 gennaio 2017 n.3898),
che si segnala per il suo interesse, si è espressa sul valore giuridico e sulla funzione
dell’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 in materia di formazione dei lavoratori
e più in generale sul valore e sulla funzione di questo tipo di Accordi e di Intese.
Il caso su cui si pronuncia la Corte in questa sentenza è piuttosto semplice: un
datore di lavoro è stato condannato per il reato contravvenzionale - accertato
nell’aprile 2012 - di cui all’articolo 37, comma 1, in relazione all’articolo 55, comma 5,
lettera c), del D.Lgs.81/08 (mancata erogazione della formazione ai lavoratori).
In particolare, “il teste P., in servizio presso la Asl…, sezione sicurezza ambiente di
lavoro, riferiva che in data 14 aprile 2012, all’esito di un sopralluogo effettuato presso
i locali della ditta del ricorrente, come da prassi, aveva richiesto l’esibizione della
documentazione attestante la formazione dei lavoratori. Tuttavia, in data 23 aprile,
solo una parte della documentazione richiesta venne consegnata da un lavoratore,
munito di apposita delega.”
Nello specifico, “erano stati consegnati agli ispettori solo i test di ingresso e, solo
successivamente, documentazione inconferente con quanto richiesto dall’articolo
37 del decreto legislativo n. 81 del 2008 o comunque corsi di formazione della
durata nettamente inferiore a quella richiesta dalla normativa vigente in materia.”
Come si diceva, il caso in sé non presenta particolare complessità. Ben più
articolata e complessa è invece la questione normativo-giuridica che, attraverso il
primo dei motivi di ricorso sollevati dal datore di lavoro in Cassazione e la articolata
“risposta” di quest’ultima, si pone al centro della sentenza: ovvero se l’Accordo
Stato-Regioni 21 dicembre 2011 rappresenti o meno una norma (secondaria)
extrapenale integratrice della norma primaria penale (art.37 T.U., essendo l’Accordo
Stato-Regioni attuativo dell’art.37 comma 2 T.U.), con tutte le conseguenze
processuali del caso e le implicazioni legate all’accertamento dell’adempimento
formativo che vedremo nel prosieguo.
Più in particolare, secondo il ricorrente tale Accordo - che regolamenta le modalità,
la durata e i contenuti minimi della formazione rivolta ai lavoratori - sarebbe da
considerarsi un atto “a contenuto normativo” avente “una portata generale ed
astratta tale da concorrere a definire la norma penale “in bianco” costituita dal
contenuto dell’articolo 37, comma 1”, con la conseguenza pratica - sempre
secondo il ricorrente - che “siccome il contenuto di tale accordo deve essere
utilizzato per vagliare la condotta che i soggetti obbligati hanno posto od omesso di
porre in essere dall’8 gennaio 2012 in poi, in conformità al principio di carattere
generale dettato dall’articolo 2 del codice penale, le modalità, i tempi ed i
contenuti della formazione sulla sicurezza dei lavoratori individuati dall’accordo
Stato-Regioni non potevano essere utilizzati per valutare le condotte anteriori alla
sua entrata in vigore, con la conseguenza che il tribunale” avrebbe operato una
“applicazione retroattiva del contenuto del richiamato accordo…” (tesi poi
bocciata dalla Cassazione).
L’impostazione di questo ricorso fornisce dunque alla Corte l’occasione per una
articolata (e in alcuni punti complessa) analisi della normativa primaria e secondaria
in materia di formazione e degli intrecci tra le norme che la costituiscono.
Sotto la lente di ingrandimento, nell’analisi della Cassazione, vengono infatti posti
l’art.18 c.1 lett.l) T.U., l’art.37 T.U., l’art.55 T.U. (quale norma che sanziona la violazione
dell’articolo 37) e più di tutto il valore giuridico dell’Accordo Stato-Regioni 21
dicembre 2011 che è stato emanato in attuazione del secondo comma dell’art.37
D.Lgs.81/08 che - lo ricordiamo - prevede che “la durata, i contenuti minimi e le
modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali,
entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo.”
La Cassazione dedica poi anche interessanti passaggi al valore e alla funzione delle
Intese e degli Accordi Stato-Regioni in materia di formazione e anche più in
generale nel sistema normativo.
Per esigenze di brevità, poiché la sentenza opera una vasta ed esaustiva
ricognizione della normativa sulla formazione prendendo in esame nel dettaglio
tutte le norme primarie e secondarie su ricordate e i rapporti tra le stesse,
focalizziamo qui la nostra attenzione solo sull’aspetto legato al rapporto tra l’art.37
commi 1 e 2 e l’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011, che è poi la questione al
centro del ricorso, rinviando alla lettura della sentenza integrale l’analisi specifica
delle altre norme su richiamate e degli intrecci fra le stesse.
L’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 ha la funzione di “precostituire modelli di
formazione uniformi sull’intero territorio nazionale” e “non costituisce un atto
normativo extrapenale”
La Corte rigetta il ricorso, affermando che “gli illeciti in materia di inosservanza degli
obblighi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori non possono rientrare tout
court nella categoria delle norme penali in bianco […] e, in secondo luogo, perché
l’Accordo, al quale si riferisce l’articolo 37, comma 2, d.lgs. n.81 del 2008, non
costituisce un atto normativo extrapenale integrativo del precetto.”
Vediamo con quali argomentazioni.
Secondo la Cassazione, “la previsione del secondo comma dell’articolo 37 d.lgs. n.
81 del 2008 non si presta ad essere interpretata come funzionale ad integrare il
precetto penale, già da ritenersi pienamente precisato dal primo comma, quanto
piuttosto a richiedere che, attraverso l’attuazione del principio di leale
collaborazione tra Stato-Regioni e Province autonome, con la collaborazione delle
parti sociali (datoriali e sindacali) e quindi con il coinvolgimento di tutte le
componenti interessate, fossero determinati gli standard minimi ed uniformi su tutto il
territorio nazionale della formazione dei lavoratori e degli altri soggetti qualificati
indicati dal d.lgs.n.81 del 2008 ed in ciò risolvendosi, di regola, la natura giuridica
degli accordi in sede di conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, ossia in intese dirette a favorire la cooperazione tra
l’attività dello Stato e quella delle Regioni e Province Autonome, costituendo la
“sede privilegiata” della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il
sistema delle autonomie regionali.”
La Corte aggiunge poi che, in una logica di continuità normativa tra il Testo Unico e
la normativa precedente, “la ragione di precostituire modelli di formazione, uniformi
sull’intero territorio nazionale, fonda sulla medesima ratio che informava l’articolo 22
d.lgs. n. 626 del 1994, il quale perseguiva la medesima finalità attraverso il
raggiungimento di intese interministeriali che stabilissero i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia
delle imprese.”
Ed “infatti, l’art. 22 del decreto legislativo n. 626 del 1994 - oltre a disporre, tra l’altro,
che fosse erogata ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia
di sicurezza e di salute e a prevedere che la formazione dovesse essere reiterata e
fornita in occasione di eventi particolari - stabiliva che i ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
potessero stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, tenendo anche
conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese. Fu varato quindi il decreto
ministeriale 16 gennaio 1997 che individuava i contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, prevedendo (articolo 4) che fosse rilasciata l’attestazione dell’avvenuta
formazione con onere di conservazione della stessa da parte del datore di lavoro.”
Dunque, conclude la Corte sul punto, “allo stesso modo, l’articolo 37 - dopo aver
tipizzato, al comma 1, il fatto di reato con le note descrittive che valgono a
precisarlo, consistendo la condotta vietata nel non assicurare che ciascun
lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e
sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai
concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della
prevenzione aziendale, diritti doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza,
controllo, assistenza nonché con riferimento a rischi riferiti alle mansioni e ai possibili
danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione
caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda - ha previsto che
la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione siano definiti mediante
accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano da adottare, previa consultazione delle
parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo n. 81 del 2008.”
La funzione dell’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 è una “funzione
meramente processuale riservata al piano probatorio”, fermo restando il principio di
effettività. La “presunzione di adeguatezza e sufficienza, salvo prova contraria”
Fatta tale premessa, la Corte sottolinea in un passaggio molto importante della
pronuncia che “la funzione di tali “intese” è dunque quella di assicurare un livello
minimo di affidabilità della formazione in maniera da salvaguardare in concreto la
sicurezza nei luoghi di lavoro con una presunzione di adeguatezza e sufficienza
dell’offerta formativa in tal modo garantita, cosicché il datore di lavoro che avesse
impartito una formazione secondo le linee tracciate dal decreto ministeriale, prima,
e dall’accordo, poi, può ritenersi esonerato, salvo prova contraria, da qualsiasi
responsabilità al riguardo.”
In tal senso, prosegue la Cassazione, “l’Accordo, di cui al secondo comma
dell’art.37, svolge pertanto una funzione meramente processuale riservata al piano
probatorio, fermo restando che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro,
non rileva la mera ottemperanza di obblighi formali, incombendo sui titolari di una
posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori di impedire, purché il
garante abbia i necessari poteri d’intervento, qualsiasi evento lesivo in concreto
verificatosi, in quanto gli obblighi informativi e formativi non si esauriscono
nell’informazione e nell’addestramento, in merito ai rischi derivanti dalle mansioni
esercitate dal lavoratore, venendo così detti obblighi relegati ad una fase
meramente statica del rapporto di lavoro, ma implicano che si tenga conto, per
espressa previsione normativa, della fase dinamica del rapporto e perciò anche dei
rischi derivanti dalla diretta esecuzione delle operazioni di lavoro.”
La norma primaria sanzionata (art.37 in comb.disp. art.55) e il grado di
determinatezza dei concetti di “sufficienza e adeguatezza” della formazione
Dunque è convincimento della Cassazione che la “tesi pronosticata dal ricorrente,
secondo la quale l’Accordo fungerebbe da normativa (secondaria) extrapenale
integratrice del precetto tale da sterilizzare il precetto stesso sino alla entrata in
vigore della stipulazione, sia ampiamente smentita dall’Accordo stesso che,
all’allegato A punto 10 che detta le norme transitorie, precisa che “In fase di prima
applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui ai punti 4, 5 e
6 i lavoratori, i dirigenti e i preposti che abbiano frequentato - entro e non oltre
dodici mesi dalla entrata in vigore del presente accordo - corsi di formazione
formalmente e documentalmente approvati alla data di entrata in vigore dei
presente accordo, rispettosi delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei
contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di
svolgimento dei corsi”.
Secondo la Corte “ciò, da un lato, conferma la preesistenza di una disciplina
sostanzialmente sovrapponibile nella ratio a quella varata con il secondo comma
dell’art.37 ma soprattutto rende chiara, dall’altro, l’autosufficienza del precetto
penale in materia di repressione dell’inosservanza degli obblighi informativi e
formativi rispetto a fonti extrapenali (peraltro di dubbia valenza normativa), con la
conseguenza che la norma penale precettiva non aveva e non ha alcuna
necessità di essere ab externo [dall’esterno, n.d.r.] integrata, risolvendosi sul piano
probatorio la questione dell’adeguatezza e sufficienza o meno degli obblighi
informativi e formativi impartiti.”
Chiudiamo questa analisi con un passaggio della sentenza che risulta centrale e
che ha ad oggetto la valutazione da parte della Corte del livello di determinatezza
(tenendo conto che si parla di una norma penale) dei concetti di “sufficienza” e
“adeguatezza” utilizzati dall’art. 37 del D. Lgs.81/08 e il rapporto che tutto ciò ha con
l’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011.
La sentenza precisa che “certo la Corte non ignora alcune critiche che, sotto il
profilo della precisione e determinatezza della fattispecie, sono state mosse nei
confronti della formulazione della norma incriminatrice, laddove sono utilizzati i segni
linguistici della sufficienza e dell’adeguatezza.
Tuttavia le note descrittive dell’illecito non si risolvono nei soli concetti di
adeguatezza e/o sufficienza dell’informazione o della formazione ma tanto la prima
(informazione che deve essere adeguata) quanto la seconda (formazione che
deve essere adeguata e sufficiente) sono parametrate rispetto a una serie di indici
precisi e dettagliatamente descritti, di settori, di eventi pericolosi, di rischi derivanti
dall’espletamento dell’attività lavorativa da parte del lavoratore stesso o di altri
lavoratori in maniera che, essendo l’apparato normativo finalizzato a prevenire gli
infortuni nell’espletamento del lavoro, la legge penale consente di distinguere
chiaramente la sfera del lecito da quella dell’illecito, ponendo un’indicazione
normativa che, attraverso l’impiego di termini intellegibili e precisi, consente di
orientare la condotta dei destinatari, descrivendo fatti che sono suscettibili di essere
provati ed accertati nel processo attraverso i criteri messi a disposizione dalla
scienza e dalle regole di esperienza, essendo tale ultimo aspetto facilitato dalla
formulazione di Accordi istituzionali finalizzati a realizzare linee guida da seguire
quanto a durata, contenuti minimi e modalità della formazione, la cui esatta
osservanza rende, sulla base di una presunzione iuris tantum[presunzione legale che
ammette una prova contraria, n.d.r.], conforme a diritto l’offerta e l’obbligo
formativo a carico del datore di lavoro.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali
relative alla salute e sicurezza sul lavoro
Corte di Cassazione Penale - Sez.III – Sentenza n. 3898 del 27 gennaio 2017 - Attenzione alla
formazione dei lavoratori. Ricognizione normativa fino ad arrivare all'Accordo Stato-Regioni del 21
dicembre 2011
Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di
Bolzano - 21 dicembre 2011 - Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro
della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sui corsi di formazione per lo
svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai
sensi dell’articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Fonte: puntosicuro.it
Call center, le nuove regole in vigore nel 2017, nota del Mise.
ROMA – Call center. Con una nota pubblicata il 1° febbraio il Ministero dello
Sviluppo Economico riassume le nuove regole per i call center in vigore dopo la
pubblicazione della Legge di Bilancio Legge n. 232 del 2016 in GU il 21 dicembre
2016.
Le novità sono state introdotte dall’articolo 1 comma 243 della legge citata, che va
a sostituire l’art. 24 -bis , D.L. 22/06/2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla
legge 07/08/2012, n. 134/2012. Il Ministero dello Sviluppo ricorda che le disposizioni
che illustra riguardano esclusivamente il Mise, e “che quindi nei confronti di Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, Autorità Garante per la protezione dei dati
personali e Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si rinvia al testo normativo
sopra richiamato”.
Le nuove norme sono applicate dallo scorso 1° gennaio e si applicano a tutti i call
center indipendentemente dal numero di dipendenti che occupano.
I primi obblighi riguardano la localizzazione dell’attività. L’operatore economico che
decide di localizzare, anche affidando a terzi, l’attività fuori dall’Unione europea
deve comunicarlo almeno trenta giorni prima al Ministero del Lavoro, all’Ispettorato
Nazionale del Lavoro, al Mise e al Garante per la protezione dei dati personali.
Sanzioni per inadempienza: 150.000 euro per ogni comunicazione omessa. Chi ha
già delocalizzato l’attività prima del 1° gennaio deve inviare le stesse comunicazioni
entro il 2 marzo 2017. Sanzioni: 10.000 euro ogni giorno di ritardo.
Affidamento dei servizi a un call center e responsabilità in solido. L’operatore che si
affida a un call center esterno deve comunicarne la localizzazione al Mise entro
dieci giorni dalla richiesta ricevuta. “Il soggetto che affida il servizio ad un call center
esterno è responsabile in solido con il soggetto gestore del call center stesso. La
contestazione della violazione, può essere notificata all’affidatario estero per il
tramite del committente”.
Entro il 2 marzo 2017 tutti gli operatori economici che lavorano su numeri nazionali,
compresi i soggetti terzi affidatari, devono iscriversi al R.O.C. Registro degli operatori
di comunicazione tenuto dall’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni.
Adempimenti verso l’utente. Il call center deve informare l’utente in merito al Paese
dal quale chiama e allo stesso tempo deve essere informato preliminarmente
l’utente nel caso in cui egli stesso chiami l’operatore economico.
“Dal novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente norma,
ovvero dal 1° aprile 2017, l’operatore del call center collocato in un Paese extra UE
deve inoltre informare preliminarmente circa la possibilità di richiedere che il servizio
sia reso da un operatore collocato nel territorio nazionale o in ambito UE con
immediato trasferimento nel corso della medesima chiamata. L’informativa e il
trasferimento di chiamata devono essere assicurati anche nel caso in cui l’utente
riceva una chiamata da un call center. In caso di inosservanza dei predetti obblighi,
il Ministero dello sviluppo economico applica la sanzione amministrativa pecuniaria
pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione”. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Ministero Sviluppo Economico nuove regole per i call center
Fonte: quotidianosicurezza.it
Minimi retributivi lavoro domestico 2017.
ROMA – Lavoro domestico. Sono stati pubblicati dal Ministero del Lavoro i nuovi
minimi retributivi con decorrenza 1° gennaio 2017, definiti il 20 gennaio con un
accordo siglato dalla Commissione nazionale.
Info: accordo minimi retributivi lavoro domestico 2017
Fonte: quotidianosicurezza.it

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  • 1. News 07/SSL/2017 Lunedì, 13 febbraio 2017 Rspp: l’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole. Un intervento si sofferma ancora sull’Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016: l’inquadramento generale, la nuova formazione RSPP/ASPP e i moduli, gli aggiornamenti, l’utilizzo dell’e-learning, i datori di lavoro RSPP e le opportunità. Bologna, 7 Feb – Nei mesi precedenti il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 sono stati molti i convegni, i seminari, gli incontri, in tutta Italia, che hanno affrontato, analizzato e discusso le conseguenze in materia di sicurezza sul lavoro della riforma costituzionale. Tuttavia questi incontri, malgrado abbiano analizzato le conseguenze di una riforma che non è stata attuata, hanno permesso ai vari operatori non solo di conoscere più nel dettaglio le fonti costituzionali, ma anche di fare il punto delle novità normative più rilevanti in materia di sicurezza, come ad esempio l’Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 che individua i requisiti della formazione dei responsabili e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione e che viene a modificare altri aspetti della formazione alla sicurezza. Accordo che è stato utilmente riassunto e raccontato, ad esempio, da un intervento che si è tenuto al convegno “Cambia la costituzione: problemi e prospettive per la sicurezza sul lavoro”, un convegno organizzato dall’Associazione AiFOS il 21 ottobre 2016 a Bologna durante la manifestazione “ Ambiente Lavoro”. Nella relazione “L’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole”, a cura di Lucio Fattori (formatore e consulente della sicurezza), è stato fatto un breve resoconto, utile anche per i nostri lettori, sulle novità dell’ Accordo del 7 luglio 2016 finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Un accordo che viene presentato in relazione a: inquadramento generale, nuova formazione RSPP/ASPP, aggiornamenti RSPP/ASPP, e-learning, altri aspetti disciplinati dall’Accordo, prospettive e opportunità. Riguardo all’inquadramento generale la relazione ricorda alcuni antecedenti storici, il Decreto Legislativo 626/1994 che non indicava formazione per RSPP/ASPP, il
  • 2. Decreto Legislativo 195/2003, l’Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, il nuovo Testo Unico in materia di salute e sicurezza (D.Lgs. 81/2008) e, finalmente, il nuovo Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016… E sono segnalati – come riportati all’art. 33 del D.Lgs. 81/2008 – alcuni dei principali compiti del servizio di prevenzione e protezione. Tale servizio provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali. Riguardo poi alla formazione la relazione ricorda alcuni aspetti innovativi riguardo a soggetti formatori e docenti: - titoli di studio per esonero da frequenza a corsi, per alcuni o per tutti i moduli; - Docente Formatore Qualificato in possesso dei requisiti previsti dal D.I.6 marzo 2013. La qualificazione del docente è riferita a ciascuna area tematica; - ai soggetti formatori «ope legis» si aggiungono quelli definiti dall’Accordo. Gli organismi paritetici devono essere costituiti da associazioni sindacali e datoriali che soddisfino il requisito di rappresentatività in termini comparativi sul piano nazionale. Esclusi dagli Accordi gli Enti Bilaterali: soppressi i riferimenti agli Enti Bilaterali come soggetti formatori dagli Accordi 21/12/11 e 22/02/12; eliminati i riferimenti alla collaborazione con gli Enti Bilaterali dall’Accordo 21/12/11”. La relazione si sofferma poi sulla nuova formazione RSPP/ASPP e sui vari moduli richiesti. Riprendiamo a questo proposito un semplice schema dell’articolazione dei moduli.
  • 3. Riprendiamo, tuttavia, anche alcune indicazioni sulle motivazioni che sono alla base di questa articolazione con riferimento alle varie unità didattiche (U.D.): - Modulo A: il “Corso base” per ASPP e RSPP deve consentire ad ASPP e RSPP di conoscere: la normativa generale e specifica in tema di SSL; le funzioni svolte dal sistema istituzionale pubblico e dai vari enti preposti alla tutela della SSL; tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale, i loro compiti e le responsabilità; i concetti di pericolo, rischio, danno, prevenzione e protezione; gli elementi metodologici per la valutazione del rischio; i principali rischi trattati dal D.Lgs. n. 81/2008 e individuare le misure di prevenzione e protezione nonché le modalità per la gestione delle emergenze; gli obblighi di informazione, formazione e addestramento nei confronti dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale; - Modulo B: il “Corso correlato ai rischi” per ASPP e RSPP deve consentire ad ASPP e RSPP di acquisire conoscenze e abilità per: individuare i pericoli e valutare i rischi presenti negli ambienti di lavoro del comparto compresi i rischi ergonomici e stress lavoro-correlato; individuare le misure di prevenzione e protezione presenti negli specifici comparti, compresi i DPI, in riferimento alla specifica natura del rischio e dell'attività lavorativa; contribuire ad individuare adeguate soluzioni tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza per ogni tipologia di rischio; - Modulo C: il “Corso di specializzazione” esclusivo per RSPP deve consentire a RSPP di acquisire le conoscenze/abilità relazionali e gestionali per: progettare e gestire processi formativi in riferimento al contesto lavorativo e alla valutazione dei rischi, anche per la diffusione della cultura alla salute e sicurezza e del benessere organizzativo; pianificare, gestire e controllare le misure tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza aziendali attraverso sistemi di gestione della sicurezza;
  • 4. utilizzare forme di comunicazione adeguate a favorire la partecipazione e la collaborazione dei vari soggetti del sistema”. Rimandando alla lettura interale degli atti dell’intervento, che riporta ulteriori dettagli e tabelle, ci soffermiamo sull’aggiornamento di RSPP/ASPP: - “non deve essere di carattere generalistico; - non deve riprodurre argomenti e contenuti proposti nei corsi base; - deve “trattare evoluzioni, innovazioni, applicazioni pratiche e approfondimenti collegate al contesto produttivo e ai rischi specifici del settore”. Queste alcune tematiche dei corsi di aggiornamento: - “aspetti giuridico-normativi e tecnico-organizzativi; - sistemi di gestione e sui processi organizzativi; - fonti di rischio specifiche dell'attività lavorativa o del settore produttivo dove viene esercitato il ruolo; - tecniche di comunicazione, volte all’informazione e formazione dei lavoratori”. Novità anche per l’e-learning: - “abolito l’allegato I dell’Accordo del 21 dicembre 2011; - nuovi criteri previsti nell’Allegato II dell’Accordo CSR 7 luglio 2016 sostituiscono i precedenti; - per i corsi in materia di salute e sicurezza la modalità e-learning è da ritenersi valida solo se espressamente prevista da norme e Accordi Stato Regioni o dalla contrattazione collettiva nel rispetto delle disposizioni di cui all’Allegato II; Un semplice schema, presente nelle slide dell’intervento, indica quando è permesso, riguardo ai corsi di formazione e aggiornamento, l’utilizzo dell’e-learning. Concludiamo ricordando che la relazione riporta anche altri aspetti disciplinati dall’accordo. Ad esempio si parla della formazione di datori di lavoro R.S.P.P. con ATECO “difformi” dalla realtà lavorativa. Infatti in aziende inserite in macrosettori ATECO a rischio medio/alto “il datore di lavoro R.S.P.P. può frequentare il corso di formazione relativo al livello di rischio basso, se tutti i lavoratori svolgono esclusivamente attività appartenenti ad un livello di rischio basso. Vale anche il viceversa”. Dunque il codice ATECO “diventa indicativo e non esclusivo per determinare ‘sufficienza’ e ‘adeguatezza’ nella
  • 5. formazione DDL RSPP”. Riportiamo brevemente uno schema per cogliere le differenze tra l’Accordo del 2006 e quello del 2016: Infine sono presentate anche alcune prospettive e opportunità. Ad esempio si ricorda che in merito ai cambiamenti nell’articolazione dell’aggiornamento per RSPP e ASPP ora si ha meno quantità e maggior qualità: e dunque “non ci sono più scuse”... “ L’Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016 in pillole”, a cura di Lucio Fattori (formatore e consulente della sicurezza), intervento al convegno “Cambia la costituzione: problemi e prospettive per la sicurezza sul lavoro” (formato PDF, 1.99 MB). Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano - Accordo 7 luglio 2016 - Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Fonte: puntosicuro.it
  • 6. La Cassazione spiega il valore giuridico dell’Accordo 21 dicembre 2011. Il “livello minimo di affidabilità della formazione”, la “presunzione di adeguatezza e sufficienza, salvo prova contraria” e la “funzione meramente processuale riservata al piano probatorio” dell’Accordo sulla formazione lavoratori. Di Anna Guardavilla. Una recentissima sentenza della Cassazione Penale (Sez.III, 27 gennaio 2017 n.3898), che si segnala per il suo interesse, si è espressa sul valore giuridico e sulla funzione dell’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 in materia di formazione dei lavoratori e più in generale sul valore e sulla funzione di questo tipo di Accordi e di Intese. Il caso su cui si pronuncia la Corte in questa sentenza è piuttosto semplice: un datore di lavoro è stato condannato per il reato contravvenzionale - accertato nell’aprile 2012 - di cui all’articolo 37, comma 1, in relazione all’articolo 55, comma 5, lettera c), del D.Lgs.81/08 (mancata erogazione della formazione ai lavoratori). In particolare, “il teste P., in servizio presso la Asl…, sezione sicurezza ambiente di lavoro, riferiva che in data 14 aprile 2012, all’esito di un sopralluogo effettuato presso i locali della ditta del ricorrente, come da prassi, aveva richiesto l’esibizione della documentazione attestante la formazione dei lavoratori. Tuttavia, in data 23 aprile, solo una parte della documentazione richiesta venne consegnata da un lavoratore, munito di apposita delega.” Nello specifico, “erano stati consegnati agli ispettori solo i test di ingresso e, solo successivamente, documentazione inconferente con quanto richiesto dall’articolo 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008 o comunque corsi di formazione della durata nettamente inferiore a quella richiesta dalla normativa vigente in materia.” Come si diceva, il caso in sé non presenta particolare complessità. Ben più articolata e complessa è invece la questione normativo-giuridica che, attraverso il primo dei motivi di ricorso sollevati dal datore di lavoro in Cassazione e la articolata “risposta” di quest’ultima, si pone al centro della sentenza: ovvero se l’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 rappresenti o meno una norma (secondaria) extrapenale integratrice della norma primaria penale (art.37 T.U., essendo l’Accordo Stato-Regioni attuativo dell’art.37 comma 2 T.U.), con tutte le conseguenze processuali del caso e le implicazioni legate all’accertamento dell’adempimento formativo che vedremo nel prosieguo. Più in particolare, secondo il ricorrente tale Accordo - che regolamenta le modalità,
  • 7. la durata e i contenuti minimi della formazione rivolta ai lavoratori - sarebbe da considerarsi un atto “a contenuto normativo” avente “una portata generale ed astratta tale da concorrere a definire la norma penale “in bianco” costituita dal contenuto dell’articolo 37, comma 1”, con la conseguenza pratica - sempre secondo il ricorrente - che “siccome il contenuto di tale accordo deve essere utilizzato per vagliare la condotta che i soggetti obbligati hanno posto od omesso di porre in essere dall’8 gennaio 2012 in poi, in conformità al principio di carattere generale dettato dall’articolo 2 del codice penale, le modalità, i tempi ed i contenuti della formazione sulla sicurezza dei lavoratori individuati dall’accordo Stato-Regioni non potevano essere utilizzati per valutare le condotte anteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che il tribunale” avrebbe operato una “applicazione retroattiva del contenuto del richiamato accordo…” (tesi poi bocciata dalla Cassazione). L’impostazione di questo ricorso fornisce dunque alla Corte l’occasione per una articolata (e in alcuni punti complessa) analisi della normativa primaria e secondaria in materia di formazione e degli intrecci tra le norme che la costituiscono. Sotto la lente di ingrandimento, nell’analisi della Cassazione, vengono infatti posti l’art.18 c.1 lett.l) T.U., l’art.37 T.U., l’art.55 T.U. (quale norma che sanziona la violazione dell’articolo 37) e più di tutto il valore giuridico dell’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 che è stato emanato in attuazione del secondo comma dell’art.37 D.Lgs.81/08 che - lo ricordiamo - prevede che “la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo.” La Cassazione dedica poi anche interessanti passaggi al valore e alla funzione delle Intese e degli Accordi Stato-Regioni in materia di formazione e anche più in generale nel sistema normativo. Per esigenze di brevità, poiché la sentenza opera una vasta ed esaustiva ricognizione della normativa sulla formazione prendendo in esame nel dettaglio tutte le norme primarie e secondarie su ricordate e i rapporti tra le stesse, focalizziamo qui la nostra attenzione solo sull’aspetto legato al rapporto tra l’art.37 commi 1 e 2 e l’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011, che è poi la questione al centro del ricorso, rinviando alla lettura della sentenza integrale l’analisi specifica
  • 8. delle altre norme su richiamate e degli intrecci fra le stesse. L’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 ha la funzione di “precostituire modelli di formazione uniformi sull’intero territorio nazionale” e “non costituisce un atto normativo extrapenale” La Corte rigetta il ricorso, affermando che “gli illeciti in materia di inosservanza degli obblighi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori non possono rientrare tout court nella categoria delle norme penali in bianco […] e, in secondo luogo, perché l’Accordo, al quale si riferisce l’articolo 37, comma 2, d.lgs. n.81 del 2008, non costituisce un atto normativo extrapenale integrativo del precetto.” Vediamo con quali argomentazioni. Secondo la Cassazione, “la previsione del secondo comma dell’articolo 37 d.lgs. n. 81 del 2008 non si presta ad essere interpretata come funzionale ad integrare il precetto penale, già da ritenersi pienamente precisato dal primo comma, quanto piuttosto a richiedere che, attraverso l’attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato-Regioni e Province autonome, con la collaborazione delle parti sociali (datoriali e sindacali) e quindi con il coinvolgimento di tutte le componenti interessate, fossero determinati gli standard minimi ed uniformi su tutto il territorio nazionale della formazione dei lavoratori e degli altri soggetti qualificati indicati dal d.lgs.n.81 del 2008 ed in ciò risolvendosi, di regola, la natura giuridica degli accordi in sede di conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ossia in intese dirette a favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni e Province Autonome, costituendo la “sede privilegiata” della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali.” La Corte aggiunge poi che, in una logica di continuità normativa tra il Testo Unico e la normativa precedente, “la ragione di precostituire modelli di formazione, uniformi sull’intero territorio nazionale, fonda sulla medesima ratio che informava l’articolo 22 d.lgs. n. 626 del 1994, il quale perseguiva la medesima finalità attraverso il raggiungimento di intese interministeriali che stabilissero i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.” Ed “infatti, l’art. 22 del decreto legislativo n. 626 del 1994 - oltre a disporre, tra l’altro,
  • 9. che fosse erogata ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute e a prevedere che la formazione dovesse essere reiterata e fornita in occasione di eventi particolari - stabiliva che i ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, potessero stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese. Fu varato quindi il decreto ministeriale 16 gennaio 1997 che individuava i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, prevedendo (articolo 4) che fosse rilasciata l’attestazione dell’avvenuta formazione con onere di conservazione della stessa da parte del datore di lavoro.” Dunque, conclude la Corte sul punto, “allo stesso modo, l’articolo 37 - dopo aver tipizzato, al comma 1, il fatto di reato con le note descrittive che valgono a precisarlo, consistendo la condotta vietata nel non assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza nonché con riferimento a rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda - ha previsto che la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione siano definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano da adottare, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008.” La funzione dell’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011 è una “funzione meramente processuale riservata al piano probatorio”, fermo restando il principio di effettività. La “presunzione di adeguatezza e sufficienza, salvo prova contraria” Fatta tale premessa, la Corte sottolinea in un passaggio molto importante della pronuncia che “la funzione di tali “intese” è dunque quella di assicurare un livello minimo di affidabilità della formazione in maniera da salvaguardare in concreto la sicurezza nei luoghi di lavoro con una presunzione di adeguatezza e sufficienza dell’offerta formativa in tal modo garantita, cosicché il datore di lavoro che avesse impartito una formazione secondo le linee tracciate dal decreto ministeriale, prima, e dall’accordo, poi, può ritenersi esonerato, salvo prova contraria, da qualsiasi
  • 10. responsabilità al riguardo.” In tal senso, prosegue la Cassazione, “l’Accordo, di cui al secondo comma dell’art.37, svolge pertanto una funzione meramente processuale riservata al piano probatorio, fermo restando che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, non rileva la mera ottemperanza di obblighi formali, incombendo sui titolari di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori di impedire, purché il garante abbia i necessari poteri d’intervento, qualsiasi evento lesivo in concreto verificatosi, in quanto gli obblighi informativi e formativi non si esauriscono nell’informazione e nell’addestramento, in merito ai rischi derivanti dalle mansioni esercitate dal lavoratore, venendo così detti obblighi relegati ad una fase meramente statica del rapporto di lavoro, ma implicano che si tenga conto, per espressa previsione normativa, della fase dinamica del rapporto e perciò anche dei rischi derivanti dalla diretta esecuzione delle operazioni di lavoro.” La norma primaria sanzionata (art.37 in comb.disp. art.55) e il grado di determinatezza dei concetti di “sufficienza e adeguatezza” della formazione Dunque è convincimento della Cassazione che la “tesi pronosticata dal ricorrente, secondo la quale l’Accordo fungerebbe da normativa (secondaria) extrapenale integratrice del precetto tale da sterilizzare il precetto stesso sino alla entrata in vigore della stipulazione, sia ampiamente smentita dall’Accordo stesso che, all’allegato A punto 10 che detta le norme transitorie, precisa che “In fase di prima applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui ai punti 4, 5 e 6 i lavoratori, i dirigenti e i preposti che abbiano frequentato - entro e non oltre dodici mesi dalla entrata in vigore del presente accordo - corsi di formazione formalmente e documentalmente approvati alla data di entrata in vigore dei presente accordo, rispettosi delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi”. Secondo la Corte “ciò, da un lato, conferma la preesistenza di una disciplina sostanzialmente sovrapponibile nella ratio a quella varata con il secondo comma dell’art.37 ma soprattutto rende chiara, dall’altro, l’autosufficienza del precetto penale in materia di repressione dell’inosservanza degli obblighi informativi e formativi rispetto a fonti extrapenali (peraltro di dubbia valenza normativa), con la conseguenza che la norma penale precettiva non aveva e non ha alcuna
  • 11. necessità di essere ab externo [dall’esterno, n.d.r.] integrata, risolvendosi sul piano probatorio la questione dell’adeguatezza e sufficienza o meno degli obblighi informativi e formativi impartiti.” Chiudiamo questa analisi con un passaggio della sentenza che risulta centrale e che ha ad oggetto la valutazione da parte della Corte del livello di determinatezza (tenendo conto che si parla di una norma penale) dei concetti di “sufficienza” e “adeguatezza” utilizzati dall’art. 37 del D. Lgs.81/08 e il rapporto che tutto ciò ha con l’Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011. La sentenza precisa che “certo la Corte non ignora alcune critiche che, sotto il profilo della precisione e determinatezza della fattispecie, sono state mosse nei confronti della formulazione della norma incriminatrice, laddove sono utilizzati i segni linguistici della sufficienza e dell’adeguatezza. Tuttavia le note descrittive dell’illecito non si risolvono nei soli concetti di adeguatezza e/o sufficienza dell’informazione o della formazione ma tanto la prima (informazione che deve essere adeguata) quanto la seconda (formazione che deve essere adeguata e sufficiente) sono parametrate rispetto a una serie di indici precisi e dettagliatamente descritti, di settori, di eventi pericolosi, di rischi derivanti dall’espletamento dell’attività lavorativa da parte del lavoratore stesso o di altri lavoratori in maniera che, essendo l’apparato normativo finalizzato a prevenire gli infortuni nell’espletamento del lavoro, la legge penale consente di distinguere chiaramente la sfera del lecito da quella dell’illecito, ponendo un’indicazione normativa che, attraverso l’impiego di termini intellegibili e precisi, consente di orientare la condotta dei destinatari, descrivendo fatti che sono suscettibili di essere provati ed accertati nel processo attraverso i criteri messi a disposizione dalla scienza e dalle regole di esperienza, essendo tale ultimo aspetto facilitato dalla formulazione di Accordi istituzionali finalizzati a realizzare linee guida da seguire quanto a durata, contenuti minimi e modalità della formazione, la cui esatta osservanza rende, sulla base di una presunzione iuris tantum[presunzione legale che ammette una prova contraria, n.d.r.], conforme a diritto l’offerta e l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro.” Anna Guardavilla Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
  • 12. Corte di Cassazione Penale - Sez.III – Sentenza n. 3898 del 27 gennaio 2017 - Attenzione alla formazione dei lavoratori. Ricognizione normativa fino ad arrivare all'Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano - 21 dicembre 2011 - Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Fonte: puntosicuro.it Call center, le nuove regole in vigore nel 2017, nota del Mise. ROMA – Call center. Con una nota pubblicata il 1° febbraio il Ministero dello Sviluppo Economico riassume le nuove regole per i call center in vigore dopo la pubblicazione della Legge di Bilancio Legge n. 232 del 2016 in GU il 21 dicembre 2016. Le novità sono state introdotte dall’articolo 1 comma 243 della legge citata, che va a sostituire l’art. 24 -bis , D.L. 22/06/2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 07/08/2012, n. 134/2012. Il Ministero dello Sviluppo ricorda che le disposizioni che illustra riguardano esclusivamente il Mise, e “che quindi nei confronti di Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Autorità Garante per la protezione dei dati personali e Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si rinvia al testo normativo sopra richiamato”. Le nuove norme sono applicate dallo scorso 1° gennaio e si applicano a tutti i call center indipendentemente dal numero di dipendenti che occupano. I primi obblighi riguardano la localizzazione dell’attività. L’operatore economico che decide di localizzare, anche affidando a terzi, l’attività fuori dall’Unione europea deve comunicarlo almeno trenta giorni prima al Ministero del Lavoro, all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, al Mise e al Garante per la protezione dei dati personali. Sanzioni per inadempienza: 150.000 euro per ogni comunicazione omessa. Chi ha già delocalizzato l’attività prima del 1° gennaio deve inviare le stesse comunicazioni entro il 2 marzo 2017. Sanzioni: 10.000 euro ogni giorno di ritardo. Affidamento dei servizi a un call center e responsabilità in solido. L’operatore che si affida a un call center esterno deve comunicarne la localizzazione al Mise entro dieci giorni dalla richiesta ricevuta. “Il soggetto che affida il servizio ad un call center esterno è responsabile in solido con il soggetto gestore del call center stesso. La
  • 13. contestazione della violazione, può essere notificata all’affidatario estero per il tramite del committente”. Entro il 2 marzo 2017 tutti gli operatori economici che lavorano su numeri nazionali, compresi i soggetti terzi affidatari, devono iscriversi al R.O.C. Registro degli operatori di comunicazione tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Adempimenti verso l’utente. Il call center deve informare l’utente in merito al Paese dal quale chiama e allo stesso tempo deve essere informato preliminarmente l’utente nel caso in cui egli stesso chiami l’operatore economico. “Dal novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente norma, ovvero dal 1° aprile 2017, l’operatore del call center collocato in un Paese extra UE deve inoltre informare preliminarmente circa la possibilità di richiedere che il servizio sia reso da un operatore collocato nel territorio nazionale o in ambito UE con immediato trasferimento nel corso della medesima chiamata. L’informativa e il trasferimento di chiamata devono essere assicurati anche nel caso in cui l’utente riceva una chiamata da un call center. In caso di inosservanza dei predetti obblighi, il Ministero dello sviluppo economico applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione”. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Ministero Sviluppo Economico nuove regole per i call center Fonte: quotidianosicurezza.it Minimi retributivi lavoro domestico 2017. ROMA – Lavoro domestico. Sono stati pubblicati dal Ministero del Lavoro i nuovi minimi retributivi con decorrenza 1° gennaio 2017, definiti il 20 gennaio con un accordo siglato dalla Commissione nazionale. Info: accordo minimi retributivi lavoro domestico 2017 Fonte: quotidianosicurezza.it