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News 47/SSL/2016
Lunedì,21 novembre 2016
L’impianto del nuovo accordo RSPP: esonero, docenti e attestazioni.
Un intervento presenta l’impianto del nuovo Accordo del 7 luglio 2016 sulla
formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Focus sulle fonti normative, sui
titoli di studio per l’esonero dai corsi, sui requisiti dei docenti e sulle attestazioni.
Bari, 17 Nov – Sicuramente una delle novità normative più rilevanti del 2016 è
rappresentato dal nuovo “ Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di
Trento e di Bolzano finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi
dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e
protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e
successive modificazioni”, approvato il 7 luglio 2016 in sede di Conferenza Stato-
Regioni. Un accordo che deve la sua rilevanza anche alle modifiche che
riguardano anche i percorsi formativi di altri protagonisti, oltre a RSPP e ASPP, della
sicurezza aziendale.
In attesa di sapere quali potrebbero essere le future precisazioni/modifiche
dell’accordo, parzialmente anticipate in una recente nostra intervista a Donato
Lombardi, una delle persone che ha coordinato il lavoro di revisione del precedente
accordo del 2006, è bene riepilogare le novità dell’accordo e approfondire anche
alcuni aspetti meno conosciuti.
Per farlo facciamo riferimento ad un convegno organizzato dal sito porreca.it, con
la collaborazione di Aias e Consorzio Silea Isforp, sul tema “Formazione,
Giurisprudenza, Appalti Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico-
normativo”. Convegno che si è tenuto a Bari il 12 settembre 2016 e che ha
presentato un aggiornamento tecnico-normativo in particolare su tre temi: le
innovazioni introdotte in materia di formazione degli operatori di sicurezza, gli appalti
pubblici e le novità in materia antincendio.
Ci soffermiamo oggi in particolare sull’intervento - a cura dell’Ing. Gerardo Porreca,
esperto in materia di salute e sicurezza sul lavoro e collaboratore da molti anni del
nostro giornale – dal titolo “L’impianto del nuovo Accordo Stato-Regioni del 7 luglio
2016 sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
Rimandando ad un prossimo articolo l’analisi delle “disposizioni integrative e
correttive alla disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”
(contenute nel Punto 12 dell’Accordo), presentiamo oggi alcuni aspetti e alcune
novità relative alla formazione degli RSPP e ASPP.
L’intervento si sofferma su fonti e precedenti normativi, a partire, ad esempio dal
D.Lgs. 626/1994 e dal D.Lgs. 195/2003, passando per i due accordi del 2006 (abrogati
dal nuovo Accordo):
- Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome attuativo del D. Lgs. n.
195/2003 integrativo del D. Lgs. n. 626/1994 sulla formazione degli addetti e dei
responsabili dei servizi di prevenzione e protezione (l’Accordo del 26 gennaio 2006);
- Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome contenente le linee
guida interpretative dell’Accordo in seno alla Conferenza Stato-Regioni nella seduta
del 26/1/2006. E si ricorda che il Punto 2.7 (Sperimentazione) dell’Accordo del 26
gennaio 2006 in cui si indicava che “in considerazione del processo molto
impegnativo di formazione specialistica” si conveniva che le Regioni, in sede di
autocoordinamento, avviassero una sperimentazione che consentisse di testare il
nuovo impianto informativo per gli eventuali adeguamenti in sede Conferenza
Stato-Regioni. Una sperimentazione che avrebbe avuto durata biennale.
Sono poi passati diversi anni, si è arrivati al Decreto legislativo 81/2008 – di cui
Porreca riporta i vari punti che fanno riferimento alla formazione RSPP/ASPP e agli
accordi Stato-Regioni – e si è ravvisata la “necessità di procedere ad una revisione
dell’Accordo sulla formazione degli RSPP e ASPP del 26/1/2006 in quanto non più
coerente con:
- il D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.,
- gli Accordi sulla formazione dei datori di lavoro RSPP e dei lavoratori del
21/12/2011;
- l’Accordo sull’uso delle particolari attrezzature di lavoro del 22/2/2012”.
Entriamo nel dettaglio di alcuni punti del nuovo Accordo del 7 luglio 2016 entrato in
vigore il 3 settembre 2016.
L’intervento si sofferma, ad esempio, sui titoli di studio validi ai fini dell’esonero dalla
frequenza ai corsi di formazione (Punto 1 dell’Accordo) e ricorda che già l’art. 32
del D. Lgs. 81/2008 sui requisiti professionali degli RSPP e ASPP al comma 5 riporta
“l’elenco delle lauree i cui possessori sono esonerati dalla frequenza dei moduli A e
B dell’Accordo Stato-Regioni del 26/1/2006 fermo restando che gli stessi per svolgere
l’attività di RSPP devono comunque frequentare il modulo C”. E nell’ultimo periodo
del comma 5 si indica che ‘ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede
di Conferenza Stato-Regioni’.
E in attuazione di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5, si riportano le
“ulteriori lauree che esonerano dalla frequenza dei moduli A e B:
- laurea magistrale conseguita in una delle seguenti Classi: LM-4, da LM-20 a LM 25,
da LM 27 a LM- 35 di cui al decreto del MIUR del 16 marzo 2007,
- laurea specialistica conseguita nelle seguenti Classi: 4/S, da 25/S a 38/S di cui al
decreto del MIUR del 28 novembre 2000,
- laurea magistrale conseguita nella Classe LM/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 8
gennaio 2009,
- laurea conseguita nella Classe L/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 19 febbraio
2009,
- laurea del vecchio ordinamento di Ingegneria ed Architettura, conseguiti ai sensi
del Regio Decreto 30 settembre 1938, n.1652.
E costituiscono altresì titolo di esonero dalla frequenza dei Corsi (moduli A-B-C)
previsti nell’Accordo del 7/7/2016:
- “il possesso di un Certificato universitario attestante il superamento di uno o più
esami relativi ad uno o più insegnamenti specifici del corso di laurea nel cui
programma siano presenti i contenuti previsti nell’Accordo del 7/7/2016;
- il possesso di un attestato di partecipazione ad un corso Universitario di
specializzazione, perfezionamento o master i cui contenuti e le relative modalità di
svolgimento siano conformi ai contenuti nell’Accordo del 7/7/2016”.
Ricordiamo che nell’Accordo è presente un “elenco delle classi di laurea per
l'esonero dalla frequenza ai corsi di formazione di cui all'art. 32, comma 2 primo
periodo, del d.lgs. n. 81/2008”.
La relazione si sofferma anche sull’individuazione dei soggetti formatori e il sistema di
accreditamento (Punto 2) e riporta le novità relative ai requisiti dei docenti (punto
3).
Infatti ora i corsi devono essere tenuti da docenti in possesso dei requisiti previsti dal
Decreto interministeriale del 6 marzo 2013, decreto emanato in attuazione
dell‘articolo 6 comma 8 lettera m-bis del D.Lgs. 81/2008.
Inoltre (Punto 4) per ciascun corso il soggetto formatore dovrà:
a) “indicare il responsabile del progetto formativo, che può essere individuato tra i
docenti dello stesso corso;
b) indicare i nominativi dei docenti;
c) ammettere un numero massimo di partecipanti ad ogni corso, nel limite di 35
soggetti;
d) tenere il registro di presenza dei partecipanti;
e) verificare la frequenza del 90% delle ore di formazione previste, ai fini
dell’ammissione alla verifica dell’apprendimento”.
Non ci soffermiamo sul punto centrale dell’Accordo, più volte affrontato nei nostri
articoli, relativo all’articolazione, obiettivi e contenuti del percorso formativo, cioè
alle novità dei tre moduli A, B e C, né sul riconoscimento della formazione pregressa
e sull’aggiornamento (Punto 9 e 10).
Invece ricordiamo il Punto 11 relativo alle attestazioni.
Si indica che gli attestati “vengono rilasciati dai soggetti formatori che provvedono
alla custodia/archiviazione, anche su supporti informatici, della documentazione
relativamente a ciascun corso”. E gli attestati “devono prevedere i seguenti
elementi minimi:
a) denominazione del soggetto formatore;
b) dati anagrafici del partecipante al corso;
c) specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del corso frequentato e
indicazione della durata (nel caso dei Moduli B e necessario indicare: Modulo B
comune e/o Moduli di specializzazione);
d) periodo di svolgimento del corso;
e) firma del soggetto formatore”.
Inoltre le Regioni e Province autonome “riconoscono reciprocamente gli attestati
rilasciati nei rispettivi territori. Presso il soggetto formatore deve essere conservato per
almeno 10 anni il ‘Fascicolo del corso’ contenente:
- dati anagrafici del partecipante;
- registro del corso recante un elenco dei partecipanti (con firme), il nominativo e
firma del docente o, se più di uno, dei docenti, i contenuti, l’ora di inizio e di fine, la
documentazione relativa alla verifica di apprendimento”.
Ricordando che torneremo sull’intervento di Porreca con un secondo articolo
dedicato alle modifiche dei percorsi formativi di altri “attori” della sicurezza
aziendale, a partire dagli stessi lavoratori, concludiamo segnalando le disposizioni
transitorie dell’ Accordo del 7 luglio 2016.
Si indica che “in fase di prima applicazione e comunque non oltre dodici mesi
dall’entrata in vigore dell’Accordo del 7/7/2016 (e cioè entro il 3/9/2017), possono
essere avviati corsi di formazione per RSPP e ASPP rispettosi dell’accordo Stato-
Regioni del 26/1/2006”. (Articolo di Tiziano Menduto).
“ L’impianto del nuovo Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 sulla formazione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro”, a cura dell’Ing. Gerardo Porreca, esperto in materia di salute e sicurezza e
Amministratore del sito porreca.it, intervento al convegno “Formazione, Giurisprudenza, Appalti
Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico-normativo” (formato PDF, 777 kB).
Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano - Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzato alla
individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti
dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.
81 e successive modificazioni.
Link alla registrazione video del convegno.
Fonte: puntosicuro.it
L’importanza della postazione di lavoro nel lavoro d’ufficio.
Un documento si sofferma sulla tutela della salute e sicurezza nelle attività d’ufficio.
Focus sulla postazione di lavoro con riferimento a piano di lavoro, sedile, schienale,
schermo, tastiera e mouse. La corretta postura al videoterminale.
Roma, 16 Nov – Nelle scorse settimane ci siamo soffermati più volte sul tema della
tutela della salute e sicurezza negli uffici attraverso i contenuti del documento “ La
sicurezza in ufficio”, prodotto dall’Ufficio Speciale Prevenzione e Protezione dell’
Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e pubblicato sul portale dell’Ateneo.
Un documento che sottolinea come per gli uffici sia necessaria una corretta
applicazione dei principi dell’ergonomia, la disciplina che ha per oggetto il rapporto
tra l’uomo e la prestazione lavorativa, e una idonea progettazione dell’ambiente e
della postazione di lavoro.
E dopo aver affrontato, in un precedente articolo, alcuni importanti parametri fisici
(illuminazione, qualità dell’aria indoor e microclima) che possono influire nel
rapporto uomo/lavoro, arriviamo oggi a parlare direttamente della collocazione e
progettazione della postazione di lavoro (scrivania, sedile, PC, telefono, stampanti,
fax, …).
Il documento ricorda che la postazione di lavoro “deve essere collocata, in modo
da tener conto di superfici finestrate e di lampade o di superfici riflettenti che
potrebbero creare fenomeni di riflesso o di abbagliamento diretto o indiretto,
responsabili dell’affaticamento visivo”. In un precedente articolo ci siamo già
soffermati sulle differenze tra abbagliamento diretto (ad esempio per la presenza di
finestre, superfici luminose o lampade non schermate), abbagliamento indiretto (ad
esempio per il riflesso dovuto alla presenza di superfici lucide riflettenti) e
abbagliamento per contrasto tra superfici illuminate e ambienti scuri (ad esempio
con riferimento ad un segnale luminoso in un ambiente buio).
La pubblicazione dell’Ateneo riporta poi i principali requisiti che devono possedere i
vari elementi della postazione.
Iniziamo dal piano di lavoro:
- “deve avere una superficie a basso indice riflettente ed essere stabile;
- deve avere una dimensione sufficiente per permettere una disposizione flessibile
dello schermo, della tastiera e del materiale accessorio;
- l’altezza da terra deve essere indicativamente compresa tra 70 e 80 cm, per
consentire l’alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l’ingresso del
sedile e dei braccioli, se presenti;
- la profondità deve assicurare un’adeguata distanza visiva dallo schermo”.
Altri elementi da analizzare sono il sedile, lo schienale e il poggiapiedi.
Il sedile deve:
- “essere stabile;
- avere un’altezza regolabile indipendentemente dallo schienale;
- essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di direzione;
- permettere all’utilizzatore libertà nei movimenti e una posizione comoda;
- avere dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche
dell’utilizzatore;
- avere un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter
essere facilmente spostabile secondo le necessità dell’utilizzatore”.
E in particolare lo schienale deve:
- “assicurare un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell’utente;
- essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore, con altezza
e inclinazione regolabili;
- consentire all’utilizzatore delle regolazioni per fissare lo schienale nella posizione
selezionata;
- sia lo schienale che la seduta, devono avere bordi smussati ed essere costituiti da
materiali traspiranti e pulibili”.
Si ricorda poi che il poggiapiedi deve “essere messo a disposizione di coloro che lo
desiderano, per poter assumere una postura adeguata agli arti inferiori”. E non deve
“potersi spostare durante l’uso”.
Riportiamo le indicazioni su schermo/monitor, tastiera e mouse.
Si indica che lo schermo deve poter garantire:
- “una buona definizione dell'immagine;
- un'immagine stabile, senza sfarfallamento o tremolio;
- un’orientabilità e inclinabilità per essere adeguata alle esigenze dell'utilizzatore;
- una forma chiara e una grandezza sufficiente dei caratteri, con adeguato spazio
tra di essi;
- un corretto contrasto di luminosità tra i caratteri e lo sfondo dello schermo;
- il contrasto deve essere facilmente regolabile per l'adattamento alle condizioni
ambientali;
- l’assenza di riflessi o riverberi che possono causare disturbi all'utilizzatore durante lo
svolgimento della propria attività”.
Inoltre la tastiera deve:
- “essere separata dallo schermo e facilmente regolabile;
- essere dotata di un meccanismo che consenta di variare la pendenza per
consentire al lavoratore una posizione tale da non provocare affaticamento alle
braccia e alle mani;
- avere una superficie opaca per evitare i riflessi;
- i simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili”.
E il mouse o gli eventuali altri dispositivi di puntamento “devono essere posti sullo
stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di spazio
adeguato per il loro uso”. Mentre i documenti di lavoro devono essere posti “in
modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi (la tastiera, il
documento e il video devono essere vicini tra loro e circa alla stessa distanza dagli
occhi)”. E l’eventuale supporto per i documenti “deve essere stabile e regolabile”.
Riguardo i requisiti della postazione di lavoro, il documento riporta, in conclusione,
alcune utili indicazioni sulla corretta postura al videoterminale (VDT) che possono
favorire la prevenzione dei disturbi all’apparato muscolo scheletrico:
- “spalle rilassate e schiena dritta;
- spazio del piano di lavoro davanti alla tastiera sufficiente a consentire l’appoggio
di mani e avambracci (distanza della tastiera dal bordo della scrivania di circa 20
cm);
- schienale regolato in modo da fornire il corretto sostegno della zona dorso
lombare;
- altezza del piano di seduta che consenta il pieno appoggio a terra dei piedi;
- eventuale pedana poggiapiedi;
- gambe piegate in modo da formare un angolo di circa 90°;
- parte superiore dello schermo all’altezza degli occhi e sguardo perpendicolare al
monitor ad una distanza compresa tra i 50 e i 70 cm”.
Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono riportate immagini
esplicative e indicazioni sulla normativa vigente per i videoterminalisti.
Si indica, infine, che l’impiego prolungato di computer portatili “necessita della
disponibilità di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni,
nonché di un idoneo supporto che consente il corretto posizionamento dello
schermo”.
Università degli Studi di Roma - La Sapienza, “ La sicurezza in ufficio”, documento a cura dell’Ufficio
Speciale Prevenzione e Protezione dell’Ateneo, Collana “Cultura della sicurezza”, Quaderno
informativo n. 16, Edizione 2014 (formato PDF, 6.78 MB).
Fonte: puntosicuro.it
Incidenti rilevanti sostanze pericolose, regolamento piani consultazione.
Come si ricorderà, il DLgs 26 giugno 2015, n. 105, entrato in vigore il 29.07.2015, ha
introdotto nell’ordinamento giuridico italiano i contenuti della direttiva 2012/18/UE
relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze
pericolose.
Fra i decreti delegati previsti dal 105, il Regolamento con la disciplina per la
consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, pubblicato sulla GU
del 3 novembre e che entrerà in vigore il 18 di questo stesso mese (Decreto 29
settembre 2016, n. 200).
Per capire il significato sia di “consultazione della popolazione” che dei “piani di
emergenza esterna”, occorre far riferimento all’art. 2 del decreto delegato secondo
cui per popolazione si devono comprendere le persone fisiche o giuridiche, singole
e associate, gli enti, le organizzazioni o i gruppi che siano portatori di un interesse
concreto e qualificante alle azioni derivanti dal piano di emergenza esterna.
Per quest’ultimo, invece, vale quanto detto dall’art. 21 del 105 e cioè che “per gli
stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore, al fine di limitare gli effetti dannosi
derivanti da incidenti rilevanti, il Prefetto, d’intesa con le regioni e con gli enti locali
interessati ….. e previa consultazione della popolazione…. predispone il piano di
emergenza esterna allo stabilimento e ne coordina l’attuazione”.
Al Prefetto quindi spetta di “rende disponibili alla popolazione, in modo da
assicurarne la massima accessibilità, ….. le informazioni in suo possesso relative a: a)
la descrizione e le caratteristiche dell’area interessata dalla pianificazione o dalla
sperimentazione; b) la natura dei rischi; c) le azioni possibili o previste per la
mitigazione e la riduzione degli effetti e delle conseguenze di un incidente; d) le
autorita’ pubbliche coinvolte; e) le fasi e il relativo cronoprogramma della
pianificazione o della sperimentazione; f) le azioni previste dal piano di emergenza
esterna concernenti il sistema degli allarmi in emergenza e le relative misure di
autoprotezione da adottare”.
A loro volta, i soggetti interessati, nei 30-60 giorni dal ricevimento delle informazioni
del Prefetto, possono presentare allo stesso osservazioni, proposte o richieste
sull’oggetto della consultazione. (Articolo di Enzo Gonano)
Info: Decreto 29 settembre 2016 n.200 GU 3 novembre 2016
Fonte: quotidianosicurezza.it
Privacy: tutte le violazioni devono essere segnalate.
Nel nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati, una loro violazione è un
peccato gravissimo.
Mentre il precedente decreto legislativo italiano 196/2003 prevedeva la
segnalazione all’autorità garante di una violazione o perdita dei dati, solo per
particolari categorie di dati, il nuovo regolamento europeo non ammette eccezioni.
Tutte le violazioni o perdite devono essere segnalate, a pena di gravi sanzioni.
Esaminiamo in profondità un aspetto tecnologico, che molti sistemi informativi,
contenenti dati personali, debbono affrontare.
Tutti sappiamo che una regola fondamentale, nel trattamento informatico dei dati,
anche personali, è legata alla costante disponibilità di copie di backup. Tali copie
possono essere chiamate in causa rapidamente, in caso di anomalie nel sistema
informativo principale.
Per ragioni di spazio, molte di queste copie sono disponibili su nastri magnetici, o
meglio su cassette, ad altissima capacità di archiviazione.
È del tutto normale che queste cassette, mano a mano che vengono utilizzate o
che la loro necessità d’uso diminuisce, vengano immesse sul mercato dell’usato a
prezzi competitivi. Ovviamente la condizione essenziale per questa operazione è
che i dati siano stati precedentemente cancellati, e qui potrebbero nascere
problemi non indifferenti.
L’operazione di cancellazione di una cassetta può richiedere molto tempo ed è
possibile che il titolare del trattamento, che vuole seguire questo percorso di
recupero, non abbia né il tempo né la voglia di provvedere ad una accurata
cancellazione, prima che la cassetta venga immessa sul mercato dell’usato.
Per questa ragione le autorità governative degli Stati Uniti si sono preoccupate del
fatto che preziosi dati personali, perfino afferenti alla difesa, potessero essere
accessibile a soggetti non autorizzati, perché le cassette, su cui i dati erano riversati,
non erano state cancellate con sufficiente accuratezza.
Ecco perché è stato affidato ad un gruppo di specialisti l’incarico di effettuare delle
indagini a campione, per verificare se le regole vigenti in termini di cancellazione
dei dati su supporti magnetici venivano rispettate da tutte le aziende governative e
gli enti federali coinvolti.
Ma gli ispettori sono andati ancora più in là, perché non si sono accontentati di
verificare se i dati erano stati cancellati, ma hanno anche verificato se le tecniche
di cancellazione adottate era sufficientemente avanzate, da impedire, con artifizi
vari, il recupero dei dati, che si presumevano cancellati.
A questo proposito, ricordiamo ai lettori che il NIST - national Institute of standards
and technology ha pubblicato delle linee guida proprio mirate a dare precise
indicazioni sulle modalità con cui devono essere cancellati in modo affidabile i
supporti magnetici.
Usando questi riferimenti, gli ispettori si sono messi all’opera, acquistando sul libero
mercato cassette e supporti magnetici provenienti da diverse agenzie governative
e verificandone le condizioni.
Come noto, la prima operazione è quella di smagnetizzare il supporto, con una
operazione chiamata “degaussing”. In alternativa, una altra tecnica di
cancellazione si chiama “overwriting”, vale a dire sovrascrittura di dati esistenti con
altri dati.
I test condotti dagli specialisti informatici non hanno consentito di recuperare dati,
utilizzando apparecchiature di normale disponibilità in commercio, nonché
apparecchiature diagnostiche specializzate, utilizzate anche in fase di analisi
criminologiche di sistemi informativi.
Per la verità, qualche volta è stato possibile recuperare dei dati, ma essi erano
alterati in modo tale da non essere praticamente utilizzabili e quindi il dettato circa
la irrecuperabilità di dati, aventi un qualunque valore per l’utente, è stato rispettato.
Gli ispettori hanno tuttavia sottolineato il fatto che essi hanno utilizzato
apparecchiature oggi correntemente disponibili, ma l’esperienza ha già insegnato,
in passato, che con il passare del tempo vengono messi a disposizione strumenti
sempre più efficienti ed efficaci, che potrebbero riuscire a “schiodare” anche dei
nastri, che con le tecniche odierne risulterebbero del tutto cancellati.
Ecco la ragione per la quale gli ispettori hanno raccomandato di tenere sempre
sotto pressione i responsabili informatici, in modo che le regole vigenti in tema di
cancellazione dei dati siano sempre rispettate, ma hanno anche raccomandato di
tenere sott’occhio la evoluzione tecnologica di questa famiglia di apparati, perché
ciò che è difficile oggi, potrebbe diventare più facile tra non molto.
Nel frattempo, mi auguro che i lettori abbiano fatto buon uso di questa notizia,
effettuando rapidamente una verifica sulle procedure che essi utilizzano per la
cancellazione dei dati su supporti magnetici, prima di rimetterli sul mercato, onde
evitare che il titolare del trattamento possa domani essere esposto a gravissime
responsabilità, ove la cancellazione dei dati non sia avvenuta nel rispetto della
regola d’arte. (Articolo di Adalberto Biasotti)
Fonte: puntosicuro.it
Sicurezza sul lavoro, senza preposto risponde datore.
In tema di sicurezza sul lavoro, l’obbligo di vigilare sull’applicazione delle norme
antinfortunistiche permane sempre in capo al datore di lavoro, laddove non vi sia
un preposto.
La Suprema Corte ha con sentenza 9 novembre 2016, n.47093 ricordato come il
sistema prevenzionistico previsto dal Legislatore sia di tipo collaborativo, ossia si
ripartiscono gli obblighi antinfortunistici tra più soggetti. Gli articoli 18 e 19 Dlgs.
81/2008 affidano al datore un potere dovere generale di vigilanza permanente, che
a maggior ragione sussiste quando non sia individuato un preposto.
Nel caso di specie, i Giudici confermano la condanna del datore pugliese per le
lesioni occorse ad un lavoratore ex articolo 590 c.p., non essendo stato individuato
un preposto alla sicurezza e ricadendo sul datore le violazioni delle norme
antiinfortunistiche. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it

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  • 1. News 47/SSL/2016 Lunedì,21 novembre 2016 L’impianto del nuovo accordo RSPP: esonero, docenti e attestazioni. Un intervento presenta l’impianto del nuovo Accordo del 7 luglio 2016 sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Focus sulle fonti normative, sui titoli di studio per l’esonero dai corsi, sui requisiti dei docenti e sulle attestazioni. Bari, 17 Nov – Sicuramente una delle novità normative più rilevanti del 2016 è rappresentato dal nuovo “ Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni”, approvato il 7 luglio 2016 in sede di Conferenza Stato- Regioni. Un accordo che deve la sua rilevanza anche alle modifiche che riguardano anche i percorsi formativi di altri protagonisti, oltre a RSPP e ASPP, della sicurezza aziendale. In attesa di sapere quali potrebbero essere le future precisazioni/modifiche dell’accordo, parzialmente anticipate in una recente nostra intervista a Donato Lombardi, una delle persone che ha coordinato il lavoro di revisione del precedente accordo del 2006, è bene riepilogare le novità dell’accordo e approfondire anche alcuni aspetti meno conosciuti. Per farlo facciamo riferimento ad un convegno organizzato dal sito porreca.it, con la collaborazione di Aias e Consorzio Silea Isforp, sul tema “Formazione, Giurisprudenza, Appalti Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico- normativo”. Convegno che si è tenuto a Bari il 12 settembre 2016 e che ha presentato un aggiornamento tecnico-normativo in particolare su tre temi: le innovazioni introdotte in materia di formazione degli operatori di sicurezza, gli appalti pubblici e le novità in materia antincendio. Ci soffermiamo oggi in particolare sull’intervento - a cura dell’Ing. Gerardo Porreca, esperto in materia di salute e sicurezza sul lavoro e collaboratore da molti anni del nostro giornale – dal titolo “L’impianto del nuovo Accordo Stato-Regioni del 7 luglio
  • 2. 2016 sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. Rimandando ad un prossimo articolo l’analisi delle “disposizioni integrative e correttive alla disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro” (contenute nel Punto 12 dell’Accordo), presentiamo oggi alcuni aspetti e alcune novità relative alla formazione degli RSPP e ASPP. L’intervento si sofferma su fonti e precedenti normativi, a partire, ad esempio dal D.Lgs. 626/1994 e dal D.Lgs. 195/2003, passando per i due accordi del 2006 (abrogati dal nuovo Accordo): - Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome attuativo del D. Lgs. n. 195/2003 integrativo del D. Lgs. n. 626/1994 sulla formazione degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione (l’Accordo del 26 gennaio 2006); - Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome contenente le linee guida interpretative dell’Accordo in seno alla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 26/1/2006. E si ricorda che il Punto 2.7 (Sperimentazione) dell’Accordo del 26 gennaio 2006 in cui si indicava che “in considerazione del processo molto impegnativo di formazione specialistica” si conveniva che le Regioni, in sede di autocoordinamento, avviassero una sperimentazione che consentisse di testare il nuovo impianto informativo per gli eventuali adeguamenti in sede Conferenza Stato-Regioni. Una sperimentazione che avrebbe avuto durata biennale. Sono poi passati diversi anni, si è arrivati al Decreto legislativo 81/2008 – di cui Porreca riporta i vari punti che fanno riferimento alla formazione RSPP/ASPP e agli accordi Stato-Regioni – e si è ravvisata la “necessità di procedere ad una revisione dell’Accordo sulla formazione degli RSPP e ASPP del 26/1/2006 in quanto non più coerente con: - il D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., - gli Accordi sulla formazione dei datori di lavoro RSPP e dei lavoratori del 21/12/2011; - l’Accordo sull’uso delle particolari attrezzature di lavoro del 22/2/2012”. Entriamo nel dettaglio di alcuni punti del nuovo Accordo del 7 luglio 2016 entrato in vigore il 3 settembre 2016. L’intervento si sofferma, ad esempio, sui titoli di studio validi ai fini dell’esonero dalla frequenza ai corsi di formazione (Punto 1 dell’Accordo) e ricorda che già l’art. 32 del D. Lgs. 81/2008 sui requisiti professionali degli RSPP e ASPP al comma 5 riporta
  • 3. “l’elenco delle lauree i cui possessori sono esonerati dalla frequenza dei moduli A e B dell’Accordo Stato-Regioni del 26/1/2006 fermo restando che gli stessi per svolgere l’attività di RSPP devono comunque frequentare il modulo C”. E nell’ultimo periodo del comma 5 si indica che ‘ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza Stato-Regioni’. E in attuazione di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5, si riportano le “ulteriori lauree che esonerano dalla frequenza dei moduli A e B: - laurea magistrale conseguita in una delle seguenti Classi: LM-4, da LM-20 a LM 25, da LM 27 a LM- 35 di cui al decreto del MIUR del 16 marzo 2007, - laurea specialistica conseguita nelle seguenti Classi: 4/S, da 25/S a 38/S di cui al decreto del MIUR del 28 novembre 2000, - laurea magistrale conseguita nella Classe LM/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 8 gennaio 2009, - laurea conseguita nella Classe L/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 19 febbraio 2009, - laurea del vecchio ordinamento di Ingegneria ed Architettura, conseguiti ai sensi del Regio Decreto 30 settembre 1938, n.1652. E costituiscono altresì titolo di esonero dalla frequenza dei Corsi (moduli A-B-C) previsti nell’Accordo del 7/7/2016: - “il possesso di un Certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami relativi ad uno o più insegnamenti specifici del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti previsti nell’Accordo del 7/7/2016; - il possesso di un attestato di partecipazione ad un corso Universitario di specializzazione, perfezionamento o master i cui contenuti e le relative modalità di svolgimento siano conformi ai contenuti nell’Accordo del 7/7/2016”. Ricordiamo che nell’Accordo è presente un “elenco delle classi di laurea per l'esonero dalla frequenza ai corsi di formazione di cui all'art. 32, comma 2 primo periodo, del d.lgs. n. 81/2008”. La relazione si sofferma anche sull’individuazione dei soggetti formatori e il sistema di accreditamento (Punto 2) e riporta le novità relative ai requisiti dei docenti (punto 3). Infatti ora i corsi devono essere tenuti da docenti in possesso dei requisiti previsti dal Decreto interministeriale del 6 marzo 2013, decreto emanato in attuazione dell‘articolo 6 comma 8 lettera m-bis del D.Lgs. 81/2008. Inoltre (Punto 4) per ciascun corso il soggetto formatore dovrà:
  • 4. a) “indicare il responsabile del progetto formativo, che può essere individuato tra i docenti dello stesso corso; b) indicare i nominativi dei docenti; c) ammettere un numero massimo di partecipanti ad ogni corso, nel limite di 35 soggetti; d) tenere il registro di presenza dei partecipanti; e) verificare la frequenza del 90% delle ore di formazione previste, ai fini dell’ammissione alla verifica dell’apprendimento”. Non ci soffermiamo sul punto centrale dell’Accordo, più volte affrontato nei nostri articoli, relativo all’articolazione, obiettivi e contenuti del percorso formativo, cioè alle novità dei tre moduli A, B e C, né sul riconoscimento della formazione pregressa e sull’aggiornamento (Punto 9 e 10). Invece ricordiamo il Punto 11 relativo alle attestazioni. Si indica che gli attestati “vengono rilasciati dai soggetti formatori che provvedono alla custodia/archiviazione, anche su supporti informatici, della documentazione relativamente a ciascun corso”. E gli attestati “devono prevedere i seguenti elementi minimi: a) denominazione del soggetto formatore; b) dati anagrafici del partecipante al corso; c) specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del corso frequentato e indicazione della durata (nel caso dei Moduli B e necessario indicare: Modulo B comune e/o Moduli di specializzazione); d) periodo di svolgimento del corso; e) firma del soggetto formatore”. Inoltre le Regioni e Province autonome “riconoscono reciprocamente gli attestati rilasciati nei rispettivi territori. Presso il soggetto formatore deve essere conservato per almeno 10 anni il ‘Fascicolo del corso’ contenente: - dati anagrafici del partecipante; - registro del corso recante un elenco dei partecipanti (con firme), il nominativo e firma del docente o, se più di uno, dei docenti, i contenuti, l’ora di inizio e di fine, la documentazione relativa alla verifica di apprendimento”. Ricordando che torneremo sull’intervento di Porreca con un secondo articolo dedicato alle modifiche dei percorsi formativi di altri “attori” della sicurezza aziendale, a partire dagli stessi lavoratori, concludiamo segnalando le disposizioni
  • 5. transitorie dell’ Accordo del 7 luglio 2016. Si indica che “in fase di prima applicazione e comunque non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore dell’Accordo del 7/7/2016 (e cioè entro il 3/9/2017), possono essere avviati corsi di formazione per RSPP e ASPP rispettosi dell’accordo Stato- Regioni del 26/1/2006”. (Articolo di Tiziano Menduto). “ L’impianto del nuovo Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 sulla formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, a cura dell’Ing. Gerardo Porreca, esperto in materia di salute e sicurezza e Amministratore del sito porreca.it, intervento al convegno “Formazione, Giurisprudenza, Appalti Pubblici e Antincendio. Novità e aggiornamento tecnico-normativo” (formato PDF, 777 kB). Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano - Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Link alla registrazione video del convegno. Fonte: puntosicuro.it L’importanza della postazione di lavoro nel lavoro d’ufficio. Un documento si sofferma sulla tutela della salute e sicurezza nelle attività d’ufficio. Focus sulla postazione di lavoro con riferimento a piano di lavoro, sedile, schienale, schermo, tastiera e mouse. La corretta postura al videoterminale. Roma, 16 Nov – Nelle scorse settimane ci siamo soffermati più volte sul tema della tutela della salute e sicurezza negli uffici attraverso i contenuti del documento “ La sicurezza in ufficio”, prodotto dall’Ufficio Speciale Prevenzione e Protezione dell’ Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e pubblicato sul portale dell’Ateneo. Un documento che sottolinea come per gli uffici sia necessaria una corretta applicazione dei principi dell’ergonomia, la disciplina che ha per oggetto il rapporto tra l’uomo e la prestazione lavorativa, e una idonea progettazione dell’ambiente e della postazione di lavoro. E dopo aver affrontato, in un precedente articolo, alcuni importanti parametri fisici (illuminazione, qualità dell’aria indoor e microclima) che possono influire nel rapporto uomo/lavoro, arriviamo oggi a parlare direttamente della collocazione e progettazione della postazione di lavoro (scrivania, sedile, PC, telefono, stampanti, fax, …).
  • 6. Il documento ricorda che la postazione di lavoro “deve essere collocata, in modo da tener conto di superfici finestrate e di lampade o di superfici riflettenti che potrebbero creare fenomeni di riflesso o di abbagliamento diretto o indiretto, responsabili dell’affaticamento visivo”. In un precedente articolo ci siamo già soffermati sulle differenze tra abbagliamento diretto (ad esempio per la presenza di finestre, superfici luminose o lampade non schermate), abbagliamento indiretto (ad esempio per il riflesso dovuto alla presenza di superfici lucide riflettenti) e abbagliamento per contrasto tra superfici illuminate e ambienti scuri (ad esempio con riferimento ad un segnale luminoso in un ambiente buio). La pubblicazione dell’Ateneo riporta poi i principali requisiti che devono possedere i vari elementi della postazione. Iniziamo dal piano di lavoro: - “deve avere una superficie a basso indice riflettente ed essere stabile; - deve avere una dimensione sufficiente per permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera e del materiale accessorio; - l’altezza da terra deve essere indicativamente compresa tra 70 e 80 cm, per consentire l’alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l’ingresso del sedile e dei braccioli, se presenti; - la profondità deve assicurare un’adeguata distanza visiva dallo schermo”. Altri elementi da analizzare sono il sedile, lo schienale e il poggiapiedi. Il sedile deve: - “essere stabile; - avere un’altezza regolabile indipendentemente dallo schienale; - essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di direzione; - permettere all’utilizzatore libertà nei movimenti e una posizione comoda; - avere dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore; - avere un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere facilmente spostabile secondo le necessità dell’utilizzatore”. E in particolare lo schienale deve: - “assicurare un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell’utente; - essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore, con altezza e inclinazione regolabili;
  • 7. - consentire all’utilizzatore delle regolazioni per fissare lo schienale nella posizione selezionata; - sia lo schienale che la seduta, devono avere bordi smussati ed essere costituiti da materiali traspiranti e pulibili”. Si ricorda poi che il poggiapiedi deve “essere messo a disposizione di coloro che lo desiderano, per poter assumere una postura adeguata agli arti inferiori”. E non deve “potersi spostare durante l’uso”. Riportiamo le indicazioni su schermo/monitor, tastiera e mouse. Si indica che lo schermo deve poter garantire: - “una buona definizione dell'immagine; - un'immagine stabile, senza sfarfallamento o tremolio; - un’orientabilità e inclinabilità per essere adeguata alle esigenze dell'utilizzatore; - una forma chiara e una grandezza sufficiente dei caratteri, con adeguato spazio tra di essi; - un corretto contrasto di luminosità tra i caratteri e lo sfondo dello schermo; - il contrasto deve essere facilmente regolabile per l'adattamento alle condizioni ambientali; - l’assenza di riflessi o riverberi che possono causare disturbi all'utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività”. Inoltre la tastiera deve: - “essere separata dallo schermo e facilmente regolabile; - essere dotata di un meccanismo che consenta di variare la pendenza per consentire al lavoratore una posizione tale da non provocare affaticamento alle braccia e alle mani; - avere una superficie opaca per evitare i riflessi; - i simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili”. E il mouse o gli eventuali altri dispositivi di puntamento “devono essere posti sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di spazio adeguato per il loro uso”. Mentre i documenti di lavoro devono essere posti “in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi (la tastiera, il documento e il video devono essere vicini tra loro e circa alla stessa distanza dagli occhi)”. E l’eventuale supporto per i documenti “deve essere stabile e regolabile”.
  • 8. Riguardo i requisiti della postazione di lavoro, il documento riporta, in conclusione, alcune utili indicazioni sulla corretta postura al videoterminale (VDT) che possono favorire la prevenzione dei disturbi all’apparato muscolo scheletrico: - “spalle rilassate e schiena dritta; - spazio del piano di lavoro davanti alla tastiera sufficiente a consentire l’appoggio di mani e avambracci (distanza della tastiera dal bordo della scrivania di circa 20 cm); - schienale regolato in modo da fornire il corretto sostegno della zona dorso lombare; - altezza del piano di seduta che consenta il pieno appoggio a terra dei piedi; - eventuale pedana poggiapiedi; - gambe piegate in modo da formare un angolo di circa 90°; - parte superiore dello schermo all’altezza degli occhi e sguardo perpendicolare al monitor ad una distanza compresa tra i 50 e i 70 cm”. Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono riportate immagini esplicative e indicazioni sulla normativa vigente per i videoterminalisti. Si indica, infine, che l’impiego prolungato di computer portatili “necessita della disponibilità di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni, nonché di un idoneo supporto che consente il corretto posizionamento dello schermo”. Università degli Studi di Roma - La Sapienza, “ La sicurezza in ufficio”, documento a cura dell’Ufficio Speciale Prevenzione e Protezione dell’Ateneo, Collana “Cultura della sicurezza”, Quaderno informativo n. 16, Edizione 2014 (formato PDF, 6.78 MB). Fonte: puntosicuro.it Incidenti rilevanti sostanze pericolose, regolamento piani consultazione. Come si ricorderà, il DLgs 26 giugno 2015, n. 105, entrato in vigore il 29.07.2015, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano i contenuti della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose. Fra i decreti delegati previsti dal 105, il Regolamento con la disciplina per la consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, pubblicato sulla GU del 3 novembre e che entrerà in vigore il 18 di questo stesso mese (Decreto 29
  • 9. settembre 2016, n. 200). Per capire il significato sia di “consultazione della popolazione” che dei “piani di emergenza esterna”, occorre far riferimento all’art. 2 del decreto delegato secondo cui per popolazione si devono comprendere le persone fisiche o giuridiche, singole e associate, gli enti, le organizzazioni o i gruppi che siano portatori di un interesse concreto e qualificante alle azioni derivanti dal piano di emergenza esterna. Per quest’ultimo, invece, vale quanto detto dall’art. 21 del 105 e cioè che “per gli stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore, al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti, il Prefetto, d’intesa con le regioni e con gli enti locali interessati ….. e previa consultazione della popolazione…. predispone il piano di emergenza esterna allo stabilimento e ne coordina l’attuazione”. Al Prefetto quindi spetta di “rende disponibili alla popolazione, in modo da assicurarne la massima accessibilità, ….. le informazioni in suo possesso relative a: a) la descrizione e le caratteristiche dell’area interessata dalla pianificazione o dalla sperimentazione; b) la natura dei rischi; c) le azioni possibili o previste per la mitigazione e la riduzione degli effetti e delle conseguenze di un incidente; d) le autorita’ pubbliche coinvolte; e) le fasi e il relativo cronoprogramma della pianificazione o della sperimentazione; f) le azioni previste dal piano di emergenza esterna concernenti il sistema degli allarmi in emergenza e le relative misure di autoprotezione da adottare”. A loro volta, i soggetti interessati, nei 30-60 giorni dal ricevimento delle informazioni del Prefetto, possono presentare allo stesso osservazioni, proposte o richieste sull’oggetto della consultazione. (Articolo di Enzo Gonano) Info: Decreto 29 settembre 2016 n.200 GU 3 novembre 2016 Fonte: quotidianosicurezza.it Privacy: tutte le violazioni devono essere segnalate. Nel nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati, una loro violazione è un peccato gravissimo. Mentre il precedente decreto legislativo italiano 196/2003 prevedeva la segnalazione all’autorità garante di una violazione o perdita dei dati, solo per particolari categorie di dati, il nuovo regolamento europeo non ammette eccezioni. Tutte le violazioni o perdite devono essere segnalate, a pena di gravi sanzioni. Esaminiamo in profondità un aspetto tecnologico, che molti sistemi informativi,
  • 10. contenenti dati personali, debbono affrontare. Tutti sappiamo che una regola fondamentale, nel trattamento informatico dei dati, anche personali, è legata alla costante disponibilità di copie di backup. Tali copie possono essere chiamate in causa rapidamente, in caso di anomalie nel sistema informativo principale. Per ragioni di spazio, molte di queste copie sono disponibili su nastri magnetici, o meglio su cassette, ad altissima capacità di archiviazione. È del tutto normale che queste cassette, mano a mano che vengono utilizzate o che la loro necessità d’uso diminuisce, vengano immesse sul mercato dell’usato a prezzi competitivi. Ovviamente la condizione essenziale per questa operazione è che i dati siano stati precedentemente cancellati, e qui potrebbero nascere problemi non indifferenti. L’operazione di cancellazione di una cassetta può richiedere molto tempo ed è possibile che il titolare del trattamento, che vuole seguire questo percorso di recupero, non abbia né il tempo né la voglia di provvedere ad una accurata cancellazione, prima che la cassetta venga immessa sul mercato dell’usato. Per questa ragione le autorità governative degli Stati Uniti si sono preoccupate del fatto che preziosi dati personali, perfino afferenti alla difesa, potessero essere accessibile a soggetti non autorizzati, perché le cassette, su cui i dati erano riversati, non erano state cancellate con sufficiente accuratezza. Ecco perché è stato affidato ad un gruppo di specialisti l’incarico di effettuare delle indagini a campione, per verificare se le regole vigenti in termini di cancellazione dei dati su supporti magnetici venivano rispettate da tutte le aziende governative e gli enti federali coinvolti. Ma gli ispettori sono andati ancora più in là, perché non si sono accontentati di verificare se i dati erano stati cancellati, ma hanno anche verificato se le tecniche di cancellazione adottate era sufficientemente avanzate, da impedire, con artifizi vari, il recupero dei dati, che si presumevano cancellati. A questo proposito, ricordiamo ai lettori che il NIST - national Institute of standards and technology ha pubblicato delle linee guida proprio mirate a dare precise indicazioni sulle modalità con cui devono essere cancellati in modo affidabile i
  • 11. supporti magnetici. Usando questi riferimenti, gli ispettori si sono messi all’opera, acquistando sul libero mercato cassette e supporti magnetici provenienti da diverse agenzie governative e verificandone le condizioni. Come noto, la prima operazione è quella di smagnetizzare il supporto, con una operazione chiamata “degaussing”. In alternativa, una altra tecnica di cancellazione si chiama “overwriting”, vale a dire sovrascrittura di dati esistenti con altri dati. I test condotti dagli specialisti informatici non hanno consentito di recuperare dati, utilizzando apparecchiature di normale disponibilità in commercio, nonché apparecchiature diagnostiche specializzate, utilizzate anche in fase di analisi criminologiche di sistemi informativi. Per la verità, qualche volta è stato possibile recuperare dei dati, ma essi erano alterati in modo tale da non essere praticamente utilizzabili e quindi il dettato circa la irrecuperabilità di dati, aventi un qualunque valore per l’utente, è stato rispettato. Gli ispettori hanno tuttavia sottolineato il fatto che essi hanno utilizzato apparecchiature oggi correntemente disponibili, ma l’esperienza ha già insegnato, in passato, che con il passare del tempo vengono messi a disposizione strumenti sempre più efficienti ed efficaci, che potrebbero riuscire a “schiodare” anche dei nastri, che con le tecniche odierne risulterebbero del tutto cancellati. Ecco la ragione per la quale gli ispettori hanno raccomandato di tenere sempre sotto pressione i responsabili informatici, in modo che le regole vigenti in tema di cancellazione dei dati siano sempre rispettate, ma hanno anche raccomandato di tenere sott’occhio la evoluzione tecnologica di questa famiglia di apparati, perché ciò che è difficile oggi, potrebbe diventare più facile tra non molto. Nel frattempo, mi auguro che i lettori abbiano fatto buon uso di questa notizia, effettuando rapidamente una verifica sulle procedure che essi utilizzano per la cancellazione dei dati su supporti magnetici, prima di rimetterli sul mercato, onde evitare che il titolare del trattamento possa domani essere esposto a gravissime responsabilità, ove la cancellazione dei dati non sia avvenuta nel rispetto della regola d’arte. (Articolo di Adalberto Biasotti) Fonte: puntosicuro.it
  • 12. Sicurezza sul lavoro, senza preposto risponde datore. In tema di sicurezza sul lavoro, l’obbligo di vigilare sull’applicazione delle norme antinfortunistiche permane sempre in capo al datore di lavoro, laddove non vi sia un preposto. La Suprema Corte ha con sentenza 9 novembre 2016, n.47093 ricordato come il sistema prevenzionistico previsto dal Legislatore sia di tipo collaborativo, ossia si ripartiscono gli obblighi antinfortunistici tra più soggetti. Gli articoli 18 e 19 Dlgs. 81/2008 affidano al datore un potere dovere generale di vigilanza permanente, che a maggior ragione sussiste quando non sia individuato un preposto. Nel caso di specie, i Giudici confermano la condanna del datore pugliese per le lesioni occorse ad un lavoratore ex articolo 590 c.p., non essendo stato individuato un preposto alla sicurezza e ricadendo sul datore le violazioni delle norme antiinfortunistiche. (Articolo di Costanza Kenda) Fonte: reteambiente.it