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KATHOLIEKE UNIVERSITEIT LEUVEN
FACULTEIT LETTEREN
STUDIERICHTING TAAL- EN LETTERKUNDE
“EL SCOMENZAA PARLAR FORESTIER”
Lingua e linguaggio nell'opera teatrale e autobiografica
di Carlo Goldoni
Begeleider Bachelorpaper
Prof. dr. B. Van Den Bossche ingediend door
PIETER GOFFIN
Leuven 2013
1
Inhoudsopgave
1. Introduzione......................................................................................................................................3
2. Alcuni spunti biografici....................................................................................................................4
3. Teatro e Mondo: la riforma teatrale goldoniana...............................................................................6
3.1 La Commedia dell'Arte..............................................................................................................6
3.2 Goldoni riformatore: Il “Mondo” e il “Teatro” .........................................................................6
4. La lingua secondo Goldoni.............................................................................................................10
4.1 Goldoni linguista: riflessioni linguistiche nei Mémoires.........................................................10
a) Memorie italiane e Mémoires francesi..................................................................................10
b) Un pubblico francofono........................................................................................................12
c) Les Anciens et les Modernes, una nuova Questione della lingua?.......................................13
d) Excursus su alcune parlate italiane.......................................................................................15
5. La lingua di Goldoni.......................................................................................................................18
5.1 Premessa..................................................................................................................................18
5.2 Paradigma venexiano...............................................................................................................18
a) Il Vocabolario veneziano di Goldoni.....................................................................................19
5.3 Le opere in italiano..................................................................................................................23
5.4 Il francese di Carlo Goldoni.....................................................................................................25
5.5 Plurilinguismo teatrale: Da Monsieur Petiton a Una delle ultime sere di Carnovale..............27
a) Monsieur Petiton...................................................................................................................27
b) Una delle ultime sere di Carnovale.......................................................................................30
5.6 Goldoni traduttore/ Goldoni tradotto.......................................................................................31
a) Veneziano-italiano.................................................................................................................32
b) Francese-italiano...................................................................................................................33
6. Conclusione....................................................................................................................................36
7. Riassunto/Samenvatting.................................................................................................................38
8. Bibliografia.....................................................................................................................................39
2
1. Introduzione
Carlo Goldoni (1707-1793) è un autore italiano solitamente riconosciuto per la sua riforma
della commedia dell'arte. Questa riforma comporta una serie di trasformazioni tanto
formali quanto contenutistiche: il graduale abbandono delle maschere, l'evoluzione dai
canovacci ai copioni scritti, ...
Il nuovo teatro di Goldoni necessitava anche una nuova lingua. Ed è proprio questo
aspetto che tratteremo nella nostra tesina.
Quale lingua verrà adottata dallo scrittore veneziano? Come sarà il rapporto fra il pubblico
e il linguaggio di Goldoni? Possiamo individuare una poetica esplicita riguardo all'uso della
lingua? Come s'inserisce Goldoni nei dibattiti linguistici del suo tempo? Ecco le domande
alle quali cercheremo di dare una risposta.
L'espressività linguistica di Goldoni è stata notata da pressoché tutti gli studiosi della sua
opera. Pochi però sono stati gli studi in cui ci si è soffermati su queste tematiche.
Fondamentali per il nostro lavoro sono stati gli studi sulla lingua goldoniana svolti da
Gianfranco Folena a partire dagli anni 1960 e messi insieme in un ampio volume:
L'italiano in Europa – Esperienze linguistiche del Settecento (1983).
Anche studi più recenti (Capaci & Simeoni 2012, Fido 2006,2008), quando trattano gli
aspetti linguistici nell'opera di Goldoni, si basano in gran parte sugli studi di Folena.
Nella nostra tesina renderemo conto delle osservazioni di questo studioso, cercando di
mettere in rapporto la lingua secondo Goldoni (poetica esplicita) e la lingua di Goldoni
(poetica implicita). Un breve excursus sarà dedicato al Vocabolario veneziano di Goldoni,
diretto da Folena e pubblicato nel 1993, due secoli dopo la morte del commediografo
veneziano.
Verranno integrate alcune osservazioni personali sulla lettura dei Mémoires de M. Goldoni
pour servir à l'histoire de sa vie et à celle de son théâtre e di alcune sue commedie quali Il
Campiello, Monsieur Petiton e Una delle ultime sere di Carnovale.
3
2. Alcuni spunti biografici
Goldoni nasce il 25 febbraio 1707 a Venezia. Segue suo padre nei suoi trasferimenti a
Perugia e a Rimini. A Rimini conosce un gruppo di attori e, quando essi stanno per partire
per Chioggia, abbandona gli studi e imbarca con i comici. Goldoni si mostra nei Mémoires
molto orgoglioso di questa “fuga” e la interpreta come un segno della sua vocazione di
commediografo.
Il padre lo destina ad una carriera di avvocato, ma le interessi di Goldoni sembrano essere
altrove. A Pavia viene espulso dopo tre anni per aver scritto una satira contro le donne
pavesi. Deve fuggire poi dall'università di Udine, a causa di un'avventura sentimentale.
Solo dopo la morte del padre si laurea a Padova. Seguono sette anni in cui Goldoni lavora
come giurista a Milano, a Genova (dove conosce sua moglie Nicoletta Conio), in Toscana,
in Romagna, poi di nuovo a Venezia. Compone intanto le sue prime opere: intermezzi
comici e melodrammi, fra i quali Monsieur Petiton, di cui parleremo.
La sua tragicommedia Belisario (1734) viene rappresentato con successo al teatro di San
Samuele a Venezia dalla compagnia di Giuseppe Imer ed è l'inizio di una regolare
collaborazione.
La sua prima commedia, il Momolo Cortesan è presentata al pubblico per il Carnevale del
1738. Soltanto la parte di Pantalone è scritta interamente, mentre gli altri caratteri si
basano ancora su un canovaccio. Cinque anni più tardi esce la Donna di garbo, la prima
commedia interamente scritta.
Negli anni che seguono si afferma come commediografo di successo. L'anno 1750 è un
anno determinante sotto vari punti di vista. In seguito al fallimento della commedia L'Erede
fortunata, Goldoni scommette di saper scrivere sedici commedie in un anno, invece di otto
come previsto dal contratto con il Teatro Sant'Angelo. Ci riesce, ma il lavoro sfrenato mette
in pericolo la sua salute. Fra le opere di quell'anno va situato Il teatro comico, una specie
di meta-commedia che ci fornisce delle informazioni sulla poetica goldoniana. Risale al
1750 anche la prima edizione delle sue Commedie presso l'editore veneziano Bettinelli.
La prefazione, intitolato Teatro e Mondo, è un'altra fonte interessante per vedere come
intende Goldoni il suo teatro. Questa prefazione verrà poi ripresa nelle edizioni di Paperini
(1753, Firenze) e di Pasquali (1761, Venezia).
Nel 1761 è chiamato a Parigi per scrivere per la Comédie Italienne. Prima di partire fa
rappresentare Una delle ultime sere di Carnovale, commedia autobiografica1
nel quale il
1 Per uno studio approfondito del carattere autobiografico delle opere di Goldoni: Capaci & Simeoni 2012
4
disegnatore di stoffe Anzoletto, alter ego di Goldoni, è chiamato a 'Moscovia' e prende
congedo della sua città natia.
Gli attori francesi ed il loro pubblico però, abituati alla Commedia dell'Arte, non
accettarono volentieri la riforma goldoniana. Oltre a questa resistenza, l'unificazione della
Comédie Italienne e l'Opéra Comique lasciava poco spazio per la commedia italiana.
Nel 1765 venne nominato maestro d'italiano della figlia di Luigi XV e visse a Versailles per
tre anni. Poi tornò a Parigi e scrisse due commedie direttamente in francese: Le bourru
bienfaisant e L'avare fastueux. Il primo conobbe un gran successo, il secondo fu un
fallimento.
Negli ultimi anni della sua vita scrisse ancora le sue Mémoires. Morì il 6 febbraio del 1793.
5
3. Teatro e Mondo: la riforma teatrale goldoniana
Prima di affrontare l''analisi della lingua goldoniana, importa soffermarci sul ruolo più
ampio del Goldoni nella rivoluzione teatrale – della commedia in specifico - nel Settecento.
3.1 La Commedia dell'Arte
Prima del Cinquecento, gli spazi dello spettacolo erano due: il mercato dove si esibivano
giullari, saltimbanchi, cantastorie, … e le corti, dove nobili colti mettevano in scena
commedie e tragedie antiche (Plauto, Terenzio, …). Non esistevano ancora le compagnie
di attori di mestiere. Ciò cambia nel corso del secolo. Si riuniscono attori di varia
provenienza sociale e danno vita ad una nuova forma di teatro: la Commedia dell'Arte. Per
garantire uno stipendio agli attori, si vendono dei biglietti d'ingresso. Così anche i meno
ricchi possono entrare. E' una rivoluzione culturale e sociale insieme. Il nuovo pubblico
consiste sempre più di borghesi ed il teatro si sviluppa seguendo una logica commerciale.
Per poter realizzare rapidamente spettacoli sempre diversi, si usano canovacci e caratteri
fissi. Il canovaccio è una specie di scaletta, in cui è descritta la successione delle azioni
dei personaggi. Sono gli attori stessi che, improvvisando le loro battute, danno forma allo
spettacolo. Un attore spesso si specializza in un tipo fisso. Ogni tipo è determinato da un
proprio costume, età, mestiere, maschera e dialetto. I tipi più noti sono il dottore
(bolognese), Pantalone (mercante veneziano), Arlecchino (servo bergamasco), Capitano
(spagnolo).
Questa forma teatrale è in voga fino all'ultimo Settecento, ma sarà criticato e riformato da
Goldoni.
3.2 Goldoni riformatore: Il “Mondo” e il “Teatro”
“Era in fatti corrotto a segno da più di un secolo nella nostra Italia il Comico Teatro, che si era reso
abominevole oggetto di disprezzo alle Oltramontane Nazioni. Non correvano sulle pubbliche Scene se non
sconce Arlecchinate, laidi e scandalosi amoreggiamenti, e motteggi; favole mal inventate, e peggio condotte,
senza costume, senza ordine, le quali, anziché correggere il vizio, come pur è il primario, antico e più nobile
oggetto della Commedia, lo fomentavano, e riscuotendo le risa dalla ignorante plebe, dalla gioventù
scapestrata, e dalle genti più scostumate, noia poi facevano ed ira alle persone dotte e dabbene” (Goldoni, Il
Mondo e il Teatro)
Nella prefazione alla prima edizione delle sue commedie2
, Goldoni denuncia la sclerosi del
2 Edizione Bettinelli, Firenze, 1750
6
teatro comico in Italia. Le commedie sono mal costruite e non correggono il vizio. Gli attori
sono saltimbanchi incapaci.
Continua la sua critica del teatro della sua epoca, affermando che nemmeno le recenti
traduzioni di opere straniere, come quelle di Lope de Vega o di Molière, funzionino in italia,
perché “i gusti delle Nazioni son differenti, come ne son differenti i costumi e i linguaggi”.
Perciò bisogna attingere da altri fonti per rinnovare la scena teatrale italiana. Goldoni
spiega che per essere un buon commediografo due “libri” sono indispensabili: Il Mondo ed
il Teatro.
Il primo gli mostra “i vari caratteri di persone, dipinti al naturale (…), i vizi e i difetti che son
più comuni del nostro secolo e della nostra Nazione”. Alcuni concetti chiavi emergono
direttamente. In primo luogo i “vari caratteri”, contrapposti ai tipi fissi della commedia
dell'arte. Infatti vediamo che il teatro goldoniano dà maggiore rilievo allo sviluppo
psicologico dei personaggi. I tipi della commedia dell'arte si sdoppiano, o meglio si
incarnano in molteplici personaggi “dipinti al naturale”, cioè in personaggi verosimili, a
tutto tondo3
. Perciò nelle commedie goldoniane viene dato ai protagonisti un nome proprio.
La crescente enfasi sui tratti individuali dei caratteri comporta anche il graduale
abbandono delle maschere.
Un altro elemento degno della nostra attenzione è il riferimento a nostro secolo e nostra
Nazione. L'inquadramento geografico-temporale, non a caso hic et nunc, mette la realtà
concreta al centro del teatro goldoniano.
Il libro del Teatro dal canto suo comprende la prassi dello scrivere commedie. Un'altra
volta Goldoni ribadisce quanto sia importante il gusto nazionale, che è particolare e “in ben
molte cose diverso da quello dell'altre [sic]”. E' l'approvazione o il biasimo da parte del
pubblico che insegna a Goldoni se una commedia sia buona o cattiva. Più che i precetti
poetici tradizionali vige la legge del Popolo. In fin dei conti anche le società greca e
romana erano diverse da quella italiana settecentesca. Non tutto quello che funzionava in
età antica, funziona ancora nel Settecento.
Non nega però che nelle sue commedie ci possano essere dei procedimenti che
corrispondono alle tecniche teatrali antichi. Se sono presenti tuttavia, sarebbe perché già
facevano parte del sistema goldoniano e non perché erano stati studiati a proposito.
3 De Ferrari 2004 : p.397
7
La prefazione chiude con un'osservazione sulla lingua delle sue commedie.
Quanto alla Lingua ho creduto di non dover farmi scrupolo d'usar molte frasi e voci Lombarde, giacché ad
intelligenza anche della plebe più bassa che vi concorre, principalmente nelle Lombarde Città dovevano
rappresentarsi le mie Commedie. Ad alcuni idiotismi Veneziani, ed a quelle di esse che ho scritte apposta
per Venezia mia Patria, sarò in necessità di aggiungere qualche noterella, per far sentire le grazie di quel
vezzoso dialetto a chi non ha tutta la pratica. Il Dottore che recitando parla in Lingua Bolognese, parla qui
nella volgare Italiana. Lo stile poi l'ho voluto qual si conviene alla Commedia, vale a dir semplice, naturale,
non accademico od elevato. Questa è la grand'Arte del Comico Poeta, di attaccarsi in tutto alla Natura, e
non iscostarsene giammai.
Proprio qui viene esplicitato il problema centrale della nostra ricerca: quale e come
sarebbe la “lingua volgare italiana”? Almeno fino al Settecento l'italiano era stato una
lingua meramente letteraria. La quotidianità si svolgeva in dialetto. Le conversazioni colte
si facevano in francese o in una koinè di stampa settentrionale, piena di francesismi.
Il problema di Goldoni è duplice: Come introdurre la conversazione quotidiana nel teatro in
modo che essa sia naturale (o almeno verosimile), e allo stesso comprensibile per un
pubblico sovraregionale? Un linguaggio eclettico, in cui appaiono “molte frasi e voci
Lombarde”, sembra essere la soluzione.
In margine agli “idiotismi veneti” e alle commedie che ha scritto “apposta per Venezia”
aggiunge “qualche notarella”. Ciò ci dimostra che le commedie goldoniane non erano
soltanto destinate ad essere rappresentate, ma anche ad essere lette.
L'italiano in questo senso diventa “una lingua strumentale, itineraria, che si pone al di
sopra dei dialetti e ne permette l'intelligibilità reciproca”4
Se alcuni critici, quali Gabriella Bosco5
e – in minor misura – Laurence Boudart6
, valutano
negativamente l'italiano di Goldoni, forse è dovuto proprio a questo fatto. L'italiano orale al
tempo di Goldoni si sta ancora formando e necessariamente il poeta che vuole mettere in
scena questo italiano conversazionale deve ricorrere a un linguaggio misto. Se Bosco
bolla l'italiano di Goldoni come “stroppiato”7
, lo fa riferendosi ad una norma formatasi dopo
Goldoni.
Folena8
descrive l'esperienza linguistica di Goldoni con una metafora tratta dalla realtà
4 Folena 1972 : p.49
5 Bosco 1993 : p.360
6 Boudart 2008 : p.55
7 Bosco 1993 : p.360
8 Folena 1972 : p.48
8
lagunare: Dialetto, lingua nazionale e lingua internazionale (il francese) si organizzano
come una casa borghese veneziana del Settecento con tre piani separati, ma comunicanti:
la riva sul canale, il mezzà ed il piano nobile. Metafora che verrà ripresa in ulteriori studi
sulla lingua del Goldoni.
9
4. La lingua secondo Goldoni
In quanto attento osservatore della realtà, Goldoni presta non poca attenzione ai fenomeni
della lingua e del linguaggio. La lingua per lui si rivela una risorsa indispensabile per le sue
commedie: Da un lato permette di caratterizzare i personaggi e di creare una certa
atmosfera. L'uso di lingue diverse da parte di alcuni personaggi goldoniani può dare luogo
a equivoci che strutturano la trama della commedia.
Oltre a una funzione interna alla commedia, la lingua è anche il mezzo di comunicazione
fra l'autore e il suo pubblico. E' interessante notare che quel pubblico non consiste solo di
spettatori, ma anche di lettori. Una gran parte delle sue opere infatti veniva pubblicata con
una specie di introduzione; i cosiddetti autore a chi legge. In quelle dichiarazioni Goldoni
dà spiegazioni esplicite di termini e concetti che il lettore potrebbe non conoscere. In primo
luogo l'autore cerca di chiarire il titolo della commedia. Così leggiamo nella prefazione al
Campiello:
Il titolo del Campiello riuscirà nuovo a qualche forastiere non pratico della nostra città. Campo da noi si dice
ad ogni piazza, fuori della maggiore che chiamasi di San Marco. Campiello dunque è il diminutivo di Campo,
che vale a dire è una Piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e piene di gente
bassa.
Notiamo subito che oltre ad una spiegazione puramente denotativa (Campiello vuol dire
piazzetta), Goldoni fornisce al lettore altri spunti – in questo caso di tipo sociologico – che
possono contribuire ad una migliore comprensione dell'opera.
Più tardi l'autore riprenderà questo modus operandi nelle sue Memorie italiane e nei
Mémoires.
4.1 Goldoni linguista: riflessioni linguistiche nei Mémoires
a) Memorie italiane e Mémoires francesi
Se vogliamo studiare le opinioni di Goldoni sulla lingua - sia essa dialetto, italiano o
francese – i suoi scritti autobiografici ci offrono delle preziose indicazioni. Siccome Goldoni
ha scritto molto di sé, in vari luoghi e con variabile grado di elaborazione, Gianluca
Simeoni distingue fra due gruppi di testi: le Memorie italiane e i Mémoires francesi9
.
9 Capaci & Simeoni 2012 : p.16-29
10
Con Memorie italiane intendiamo l'insieme delle Prefazioni – di carattere autobiografico –
alle commedie goldoniane pubblicate da Giambattista Pasquali, editore e tipografo
veneziano. L'edizione Pasquali fu avviata nel 1760, poco prima che Goldoni partisse per
Parigi. Questo progetto editoriale fu concepita per varie ragioni.
In primo luogo Goldoni scrive di sé per tramandare una presentazione “autorevole”,
“giusta” della sua persona.
J'ai imaginé que l'auteur pouvait lui seul tracer une idée sûre et complète de son caractère, de ses
anecdotes et de ses écrits; j'ai cru qu'en faisant publier de son vivant les Mémoires de sa vie, et n'étant pas
démenti par ses contemporains, la postérité pourrait s'en rapporter à sa bonne foi. (Prefazione ai Mémoires
francesi, De Rou 1988 : p.32)
Un altro motivo che spinge il commediografo a progettare una seconda edizione delle sue
opere è di natura tanto economica quanto artistica.
Dopo la pubblicazione di una prima edizione a Firenze erano uscite una quindicina di
edizioni non autorizzate – motivo economico – che inoltre erano spesso stampate male,
vale a dire con l'uso di materiali di qualità inferiore, ma anche con errori di tipografia; fatto
che urtava le sue sensibilità e ambizioni artistiche.
L'idea di far precedere ogni tomo da un capitolo sulla vita di Goldoni fu una mossa
strategica per rendere fedeli i lettori, quasi una specie di feuilleton ante litteram.
Il progetto originale prevedeva 30 tomi, ma ne furono pubblicati soltanto 17 prima che nel
1778 Goldoni interrompesse il progetto.
Le Memorie italiane dunque sono state scritte in un lungo arco di tempo e in forma
“aperta”, in modo da permettere l'aggiunta di nuovi capitoli.
Diversi sono i Mémoires francesi, ovvero i Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'histoire
de sa vie et à celle de son théâtre. Questo libro è stato scritto negli anni 1783-1786 e
pubblicato un anno dopo. Goldoni quindi scrive questa autobiografia in fin di vita e ha una
visione più “globale” della sua esistenza. Ma anche il pubblico è diverso. Là dove le
Memorie italiane erano state scritte per un pubblico italiano, il pubblico dei Mémoires è
francese. Questo fatto ha delle conseguenze notevoli per la forma e il contenuto del libro.
11
b) Un pubblico francofono
In un'epoca nella quale l'esprit des langues è una questione molto dibattuta, les Mémoires
di Goldoni non possono essere una semplice traduzione meccanica dei suoi scritti
autobiografici anteriori.
Anzi, l'autore si mostra molto attento non solo alla lingua del suo narratario, nella
fattispecie il francese, ma anche ai concetti specifici che possono essere di difficile
comprensione.
Esaminiamo alcuni esempi concreti:
a) Il finissait par dire qu'il désirait que son rôle fût celui d'un jeune homme sans masque, et m'indiquait pour
modèle une ancienne comédie de l'art, intitulée Pantalon Paroncin. Ce mot paroncin, soit pour la traduction
littérale, soit pour le caractère du sujet, revient parfaitement au mot français petit-maître; car paron en
dialecte vénitien dit la même chose que padrone en toscane et maître en français; et paroncin est le diminutif
de paron et de padrone, come petit-maître est le diminutif de maître. Les paroncini vénitiens jouaient de mon
temps le même rôle à Venise que les petits-maîtres à Paris, mais tout change. Il n'y en a plus en France, il
n'y en a peut-être plus en Italie.
Je fis donc la pièce pour Darbes sous le titre de Tonin Bella Grazia, qu'on pourrait traduire en français:
Toinet le Gentil. (Mém. p.288)
a') Je me doutais bien qu'Antoinet le Gentil n'aurait pas valu le Cortesan vénitien (Mém. p.298)
b) Nous donnâmes, quelques jours après, la première représentation delle Donne puntigliose (les femmes
pointilleuses) (Mém. p.318)
c) [...] je pris la [pièce] suivante dans [la classe] de la bourgeoisie; c'était, en italien, La Bottega del Caffè, et
le Café tout simplement en français (Mém. p.318)
d) [...]Il Cavaliere di buon gusto, qu'on pourrait traduire en français l'Homme de goût. Il est vrai que ce titre
annoncerait en France un homme instruit dans les sciences et dans les beaux-arts; et l'italien de bon goût,
que je peins dans ma pièce, est un homme qui, avec une fortune modique, sait trouver le moyen d'avoir une
maison charmante, des domestiques choisis, un cuisinier excellent, et brille dans les sociétés comme un
homme très riche. (Mém. p.322)
12
Possiamo notare che Goldoni, quando deve tradurre i titoli delle sue opere, procede in vari
modi:
1) A volte esita fra una forma più o meno francesizzante. Così Tonin diventa prima
Toinet, poi Antoinet, nome al quale il pubblico francese è più abituato10
. (frammenti
a - a')
2) Quando il titolo italiano è trasparente, la traduzione francese è data senza troppe
spiegazioni (frammento c), talvolta fra parentesi (frammento b).
3) In certi casi il titolo in italiano, tradotto letteralmente avrebbe un altro senso. La
linguistica moderna designerebbe parole del genere come faux amis. In tali
situazioni Goldoni spiega minuziosamente i diversi significati, come esemplificato
nel frammento d.
c) Les Anciens et les Modernes, una nuova Questione della lingua?
Il Cinquecento italiano aveva conosciuto un vivo dibattito sulla lingua letteraria da adottare
dagli scrittori italiani. Il modello del fiorentino letterario trecentesco, voluto da Bembo, fu
instaurato e diffuso con il fondamentale appoggio dell'Accademia della Crusca, fondata da
Leonardo Salviati nel 1582.
Il Vocabolario degli Accademici della Crusca, pubblicato per la prima volta nel 1612,
stabiliva una volta per tutte quali parole erano da utilizzare e quali non erano ammesse. A
dispetto di alcuni voci critiche – fra cui spicca l'Anticrusca di Paolo Beni (1612) – la norma
dei cruscanti si impose.
A cavallo fra Sei e Settecento una nuova questione divide i letterati europei. In una
Digression sur les Anciens et les Modernes (1688) il philosophe francese Bernard le
Bouvier de Fontenelle sostiene che gli scrittori moderni possono superare in qualità
letteraria gli autori antichi. In un'epoca in cui buona parte della pratica letteraria consisteva
nell'imitare i classici, una tale presa di posizione riscuoteva un'animata contapposizione fra
10 Siccome Toinet è attestato una sola volta nell'edizione di Paul De Roux (1988, Parigi: Mercure de France), si
potrebbe pensare che si tratti di un'errore di battitura. Perciò abbiamo controllato il fenomeno in due edizioni
anteriori, reperibili in formato digitale:
➢ 1787: presso Mme Vve Duchesne, Parigi (via: http://books.google.be/books?
id=imRN4ZsrvkUC&printsec=frontcover&hl=nl&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=toinet&
f=false)
➢ 1822: presso M. Ponthieu, Parigi (via http://books.google.be/books?
id=bfQZAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=nl&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=fal
se)
In tutte e due le edizione riscontriamo la forma Toinet una sola volta. Possiamo quindi assumere che questa forma faccia
parte del testo originale.
13
i “moderni” e i loro oppositori. La discussione non era limitata dentro i confini della
Francia. Come ci testimonia l'opuscolo The battle of the books (1704), scritto dall'autore
inglese Jonathan Swift, il dibattito assunse ben presto un carattere europeo.
Nel corso del '700 i dibattiti continuarono. Una quarta edizione del Vocabolario della
Crusca (1729-1738) suscitò dure critiche da parte di alcuni illuministi. Nel 1756 Alessandro
Verri pubblica una Rinunzia avanti notaio al Vocabulario della Crusca. Una teoria più
elaborata troviamo nel Saggio sulla filosofia delle lingue (1785) del padovano Melchiorre
Cesarotti. Egli mette l'uso della lingua al centro della sua riflessione: Il consenso generale
è l'autore e'l legislator delle lingue11
.
Goldoni s'iscrive perfettamente in quella visione. Il brano seguente ci indica in modo molto
significativo la decisa presa di posizione del Goldoni nei dibattiti letterari del suo tempo.
J'étais Vénitien, j'avais le désavantage d'avoir sucé avec le lait l'habitude un patois très agréable, très
séduisant, mais qui n'était pas le toscan. [...] Je me rappelai un jour que le Tasse avait été tracassé toute sa
vie par les académiciens de la Crusca, qui soutenaient que la Jérusalem délivrée n'avait pas passé par le
bluteau qui fait l'emblème de leur société. [..] “Ah, mon Dieu! faut-il être né en Toscane pour oser écrire en
langue italienne?” Je tombai machinalement sur les cinq volumes du Dictionnaire de la Crusca: j'y trouvai
plus de six cent mots et quantité d'expressions approuvées par l'Académie et réprouvées par l'usage; je
parcourus quelques-uns des auteurs anciens [...] qu'on ne pourrait pas imiter aujourd'hui sans reproche, et je
finis par dire: “Il faut écrire en bon italien, mais il faut écrire pour être compris dans tous les cantons de
l'Italie; le Tasse eut tort de réformer son poème pour plaire aux académiciens de la Crusca: sa Jérusalem
délivrée est lue de tout le monde et personne ne lit sa Jérusalem conquise.” (Mém. p.370 – 371)
Notiamo che la questione viene affrontata sia dal punto di vista geografico che da quello
temporale.
A prima vista sembrerebbe che il commediografo rimpianga il fatto di non essere toscano
Parla infatti del désavantage di aver come madrelingua un patois “gradevole, seducente”,
ma non toscano. Tuttavia conclude denunciando il toscanismo troppo spinto dei cruscanti.
Il caso di Torquato Tasso, poeta di origine ferrarese, serve da esempio. La sua
Gerusalemme Liberata riscontra molto più successo della Gerusalemme Conquistata, una
versione “epurata” dello stesso poema. Ciò che importa per Goldoni è essere compreso
dans tous les cantons de l'Italie. Perciò preferisce l'usage alle norme rigide della Crusca.
Nel dibattito fra Anciens e Modernes, Goldoni si situa decisamente fra gli ultimi. L'uso vivo
11 Cit. in De Sefani 2011
14
della lingua è di gran lunga più importante dei modelli classici. Prova di ciò sono gli scrittori
antichi qu'on ne pourrait pas imiter aujourd'hui sans reproche.
d) Excursus su alcune parlate italiane
Per Goldoni quindi il linguaggio teatrale non dovrebbe iscriversi in una lunga tradizione
letteraria, considerata chiusa ed autoreferenziale. Sostiene radicalmente l'uso di una
lingua viva e dinamica che rispecchi la realtà contemporanea.
Conseguenza di una tale visione è una maggiore attenzione per le parlate “non letterarie”;
i vari volgari della penisola italiana.
Viaggiando molto, Goldoni sviluppa una ottima conoscenza dei vari dialetti, accenti e modi
di parlare. Il veneziano, il genovese, il milanese e il friulano sono esplicitamente
commentate nei Mémoires.
Veneziano
Le langage vénitien est sans contredit le plus doux et le plus agréable de tous les autres dialectes de l'Italie.
La prononciation en est claire, délicate, facile; les mots abondants, expressifs; les phrases harmonieuses et
spirituelles; et comme le fond du caractère de la Nation vénitienne est la gaîté, ainsi le fond du langage
vénitien est la plaisanterie. (Mém. p. 307, cit. in Capaci & Simeoni : 113)
Goldoni parla sempre affettuosamente della sua madrelingua. Il veneziano per lui è una
lingua vivace, espressiva ed armoniosa. Possiamo notare che la lingua ed il popolo
veneziano sono strettamente collegate fra loro. L'esprit della lingua rispecchia lo spirito dei
parlanti.
Genovese
Après le dialecte toscan et le vénitien, c'est le génois qui m'amuse plus que les autres. Dieu (disent les
Italiens) avait assigné à chaque nation son langage; il avait oublié les Génois; ils en composèrent un à leur
fantaisie, qui sent encore la confusion des langues de la Tour de Babel; mais c'est celui de ma femme et je
l'entends et je le parle assez bien (Mém. p.494)
Il genovese è la lingua della moglie di Goldoni. Perciò anche questa parlata è dipinto con
affetto. Il dialetto di Genova è un dialetto divertente nei suoi occhi. Ma non solo per lui.
Nell'immaginario degli italiani – ci dice Goldoni – la parlata ligure è una lingua fantasiosa e
15
goffa, che ricorda persino la confusione babelica. Riscontriamo questa immagine della
Torre di Babele anche in altri scrittori. Così Steva de Franchi, un autore genovese, sente di
dover difendere il linguaggio della sua Repubblica dagli attacchi dei suoi detrattori.
Chi ve dixe, signori censoî, che ra prononçia Zeneize a l'è cattiva e da fâ rie? […] Ve domando, quâ è ra
vera regola dra boña prononçia? forsi quella che Domeneddê misse in bocca dri famozi maççachen dra torre
de Babilonia? [...] Che poi ra nostra lengua sæ goffa, e non agge dro spirito quanto re âtre, ro pœu dî solo
chi ra parla à benefiçio de natura.12
Milanese e friulano
(...) à la fameuse hôtellerie de La Cazzola (lampe de cuisine) que les Milanais prononcent cazzeura, car les
Lombards ont la diphtongue eu comme les Français et la prononcent de même”(Mém. p.181)
Le langage fourlan est particulier; il est aussi difficile à comprendre que le génois, même pour les Italiens. Il
semble que ce patois tienne beaucoup à la langue française. Tous les mots féminins qui en italien finissent
par un a se terminent en Frioul par un e, et tous les pluriels des deux genres sont terminés par un s. Je ne
sais pas comment ces terminaisons françaises, et une quantité prodigieuse de mots français, ont pu
pénétrer dans un pays si éloigné (…) Ce qui est de plus singulier dans le patois fourlan, c'est qu'il appellent
la nuit, soir, et le soir, nuit. On sera tenté de croire qui le Pétrarque parlait des Fourlans lorsqu'il dit dans ses
chansons lyriques: Gente cui sifa [sic] notte inannzi sera. (Mém. p.100-101)
Durante i suoi viaggi, Goldoni sviluppa un orecchio fine. Nelle sue osservazioni sul
milanese e sul friulano menziona alcuni tratti fonetici tipici delle rispettive regioni. Il suono
[Ø] è in effetti caratteristico per i dialetti lombardi, ma anche per quelli liguri e quelli
piemontesi. Ci possiamo chiedere se definire quel suono come “le diphtongue eu” sia stata
una scelta consapevole per facilitare la comprensione da parte dei lettori francofoni. Nella
tradizione italiana è più ricorrente la grafia ö e forse non si userebbe il termine – qui
inappropriato in verità – di dittongo.
Si potrebbe obbiettare che è solo nell'Ottocento che si sviluppa la ricerca sulla fonetica e –
con essa – un sistema grafico e una terminologia universale.
Ma qualunque sia il motivo, sta di fatto che Goldoni si è accorto di certi fenomeni poco
studiati a sua epoca e che di conseguenza ha dovuto creare un lessico suo per renderne
conto.
Nel commento sulla lingua friulana, Goldoni collega una particolarità lessicale di quella
12 Prefazione a Ro chittarrin Zeneise, o sæ, strofoggi dra muza (1772), consultato su
http://www.oocities.org/ziardua/defranchi/stampao.html
16
parlata con la tradizione letteraria. Nel Friuli si direbbe notte per la sera e sera per notte.
Le chansons lyriques alle quali fa riferimento Goldoni sono i Trionfi del Petrarca.
La citazione è tratta dal Triumphus Mortis, la terza parte dell'opera. Nel Trionfo della Morte
la figura allegorica della Morte si presenta a Laura e il suo corteo di fanciulle che, liberate
dalla prigione d'Amore grazie alla Pudicizia, stanno tornando in Provenza.
“io son colei che sì importuna e fera
chiamata son da voi, e sorda e cieca
gente a cui si fa notte inanzi sera.”13
(Petrarca, Triumphus Mortis, 37-39)
La gente a cui si fa notte inanzi sera sono Laura e le fanciulle che, minacciate dalla Morte,
moriranno quel giorno stesso. Goldoni dà chiaramente un altro senso alle parole del
Petrarca, facendone una specie di parodia.
13 Petrarca, F. (ca. 1374), Ed. Muscetta, C. e Ponchiroli, D., Canzoniere, Trionfi, Rime Varie, (1958) Torino: Einaudi
17
5. La lingua di Goldoni
5.1 Premessa
Come ci ha indicato esplicitamente nei suoi scritti autobiografici, Goldoni costruisce la sua
lingua in base a criteri contestuali quali il pubblico, il personaggio, i luoghi del suo teatro.
Questo suo relativismo linguistico14
fa sì che sarebbe una scelta incoerente tentare di
ricostruire “la” lingua di Goldoni. Perciò abbiamo preferito un approccio diverso.
Esamineremo alcuni brani della sua opera e descriveremo i fenomeni che illustrano la
libera trattazione della lingua (intesa come sistema) da parte di Goldoni. Nei casi in cui
questo è possibile, renderemo conto degli aspetti situazionali che hanno potuto indurre
Goldoni a fare quelle scelte.
Le citazioni sono tratte in parte dagli articoli di Gianfranco Folena, e in parte da una lettura
personale dei Mémoires, Il Campiello, Monsieur Petiton e Una delle ultime sere di
Carnovale.
La finalità di questi brani è di fornire esempi del veneziano, dell'italiano e del francese di
Carlo Goldoni.
Discuteremo inoltre la genesi e la struttura del Vocabolario Veneziano di Carlo Goldoni,
uno strumento di ricerca a cui lo studioso Gianfranco Folena ha dedicato buona parte della
sua carriera.
5.2 Paradigma venexiano
In quanto madrelingua del commediografo, il veneziano offre a Goldoni un enorme
repertorio di parole, forme, pronunce, … da mettere in scena. Carlo Goldoni, ottimo
conoscitore della realtà concreta lagunare dipinge nelle sue commedie veneziane una
varietà di personaggi, più o meno caratterizzati da un proprio modo di parlare. A seconda
della classe sociale, dell'età, perfino del sesso dei caratteri15
, troviamo sfumature diverse
nel loro linguaggio. Forme come abuo, avú e avudo, patron e paron, fioi e fioli, liogo e
logo16
coesistono nel continuum delle varianti dialettali.
Quanto alla sintassi goldoniana, ci troviamo di fronte ad una sintassi marcata dalla
giustapposizione tramite l'uso frequente di asindeti e congiunzioni subordinanti generici,
14 Folena 1972 : p.47
15 Sono per esempio molto spesso le donne che nutrono ambizioni sociali e parlano un veneziano italianizzante.
16 esempi tratti da Folena 1982 : p.98
18
come co. Una tale sintassi è tipica per il parlato e quindi perfettamente in linea con il
genere del teatro che ambisce Goldoni.
a) Il Vocabolario veneziano di Goldoni
Stabilito che il linguaggio di Goldoni è così ricco di sfumature e così legato a delle realtà
specifiche, oggidì una lettura approfondita delle sue commedie può rivelarsi difficile. Perciò
Gianfranco Folena, in una nota presentata all'Istituto Veneto nell'adunanza del 1° marzo
195917
, propone la redazione di un dizionario che documenti il veneziano goldoniano.
Una promessa mancata
L'idea, ammette Folena, non è nuova. Lo studioso ci segnala che Goldoni stesso, nella
Prefazione alle Massere (1758), annuncia la sua intenzione di compilare un vocabolario.
Moltissime altre cose sparse si veggono per la Commedia, le quali abbisognano di spiegazione per
l'intelligenza de' [...] Forestieri. Aveva pensato di facilitarne l'intelligenza colle annotazioni in piè di pagina,
come in altre Commedie si è praticato, [...] Sto facendo ora un Vocabolario colla spiegazione dei termini,
delle frasi e dei proverbi della nostra lingua per uso delle mie Commedie, [...] il quale uscirà, a Dio piacendo,
in quest'anno
Il Vocabolario però non vide mai la luce. Le ragioni furono molteplici. Nella prefazione alle
Donne de casa soa (1758), Goldoni si giustifica:
Chi poteva mai prevedere che dovess'io essere in quest'anno medesimo chiamato in Roma, a dirigere le mie
Commedie nel Teatro di Tordinona? Questa cosa io la desideravo da lungo tempo [...]18
Goldoni quindi “aveva altro da fare”.
Folena segnala anche la crescente convinzione dello scrittore chioggiotto che il veneziano
fosse assai più intelligibile di quanto si riteneva di solito.19
Per illustrare questa idea cita i
Mémoires: “Pour peu que l'on connaisse la langue Italienne, on n'aura pas beaucoup de
peine à lire et à comprendre le Vénitien comme le toscan”20
17 La nota è pubblicata negli Atti dell'Istituto, T.CXVII, 1958-1959, p.79-101. E' stato poi ripresa “con qualche taglio e
adattamento” ne L'italiano in Europa (Folena 1983 : p.194-215). Quest'ultima è la versione a cui ci riferiamo nel
seguito della nostra tesi.
18 cit. in Folena 1983 : p.198
19 ibid.
20 ibid.
19
Questa assunzione ci sembra tuttavia problematica. Goldoni pare ben consapevole del
fatto che le sue commedie necessitavano chiarimenti linguistici. Infatti per tutta la sua vita
continuerà a tradurre o parafrasare concetti meno trasparenti. Considerando il suo zelo
particolare nelle prefazioni e nelle memorie di spiegare puntualmente i titoli delle sue
commedie (siano esse in italiano o in veneziano), diventa difficile sostenere che Goldoni
ritenesse veramente il veneziano come una lingua tanto comprensibile da non aver
bisogno di chiarimenti espliciti.
Un altro possibile motivo per la mancata realizzazione del Vocabolario che ci suggerisce
Folena è che Goldoni, così “sensibile alla vita della parola dentro il contesto, era
indifferente alla parola isolata, al termine di vocabolario, agli antipodi in ciò di tanti letterati
e linguaioli del suo tempo”21
Questa sua sensibilità contestuale particolare avrà delle
importanti conseguenze per l'approccio che adotterà la lessicografia moderna rispetto alle
opere goldoniane, come vedremo più avanti.
Una lessicografia ad hoc
Anche se le chiose di Goldoni – nella sua epoca - non hanno dato luogo ad un dizionario
vero e proprio, ci possono dare preziose informazioni sulla storia e lo sviluppo della
lessicografia. Come poteva procedere Goldoni? Un vero vocabolario veneziano non
esisteva ancora22
. Il Vocabolario della Crusa era troppo arcaizzante per rendere conto
degli usi e costumi settecenteschi. Insomma, gli strumenti utili a un tale lavoro mancavano.
Le annotazioni venivano dunque fatte ad hoc23
. Ciò spiega alcune incongruenze che il
lessicografo moderno riscontra nelle glosse goldoniane.
Così notiamo che una stessa parola può essere chiarita in modo più o meno preciso nelle
diverse commedie. Nei Rusteghi per esempio troviamo la seguente spiegazione per
gàtolo (“rigagnolo”): “Quasi tutte le strade di Venezia hanno de' piccioli canaletti
lateralmente, dove si uniscono le immondizie, e per dove scorre l'acqua piovana”. In
Signor Todero, la stessa parola è chiosata “specie di fogna”24
.
Altra cosa notevole è che Goldoni costruisce delle parole apparentemente italiane sul
21 Folena 1983 : p.204
22 Il primo dizionario del dialetto veneziano, è della mano di Giuseppe Boerio e data degli anni 20 dell'800.
23 “Frettolosamente” secondo Folena (Folena 1983 : p.201). Termine secondo noi assai forte, dato l'evidente ricerca
della parafrasi più adatta in ogni contesto.
24 cit. in Folena 1983: p.202
20
modello del dialetto veneziano. Così traduce il dialettale battelante con battellaio e
massere (serventi ordinarie veneziane) in massare. Nessuna delle due voci è attestata in
testi scritti in toscano letterario25
.
Altre parole vengono – a torto – considerate come voci dialettali: magari (“Il ciel volesse”),
de là (“in un'altra camera”), ... 26
Un crescente bisogno scientifico
Un primo interesse scientifico per un “dizionario goldoniano” troviamo nel Musatti, studioso
del primo '900 che, prospettando una quarta edizione del Dizionario del dialetto veneziano
del Boerio, “avrebbe voluto dal futuro editore si tenessero nel dovuto conto anche queste
pagine del grande commediografo nostro.”27
Nel 1913 lo stesso Musatti pubblica un Saggio di vocabolario veneziano tratto dalle
commedie di Goldoni28
. Era un elenco di voci e locuzioni dialettali goldoniane che
mancavano nei vocabolari veneziani. Questo elenco fu però giudicato incompleto da
Folena, che sostiene che potrebbe essere facilmente decuplicato e che inoltre mancano
gli esempi più “rari”, fra cui alcuni unici; i cosidetti hapax.
Progetti ambiziosi
Come allora concepire un Vocabolario dialettale goldoniano? Da dove dovrà cominciare il
lessicografo moderno per documentare una lingua tanto variegata? Di quali aspetti
sintattici, morfologici, ortografici, ... deve rendere conto?
Folena ci fornisce le sue idee al riguardo. Desidera un vocabolario del veneziano di
Goldoni in tutta la sua storia e in tutte le sue sfumature. Ciò implica che un tale dizionario
non si può limitare alle parole, ma deve chiarire anche le cose e il loro contesto. Perciò
esempi tratti dai suoi scritti sono imprescindibili. Quando una voce appartiene
evidentemente ad un certo strato sociale o ad un registro specifico (giuridico,
mercantile, ...), il vocabolario lo dovrà indicare.
Italianismi possono essere accolti solo quando appaiono in un contesto dialettale. Le
chiose della mano di Goldoni vanno integrate nel dizionario.
Un altro problema spinoso è quello dell'ortografia. Un primo ostacolo sono le varie
25 Esempi tratti dalle Baruffe chiozzotte e dalla prefazione alle Massere, citati in Folena 1983 : p.203
26 ibid.
27 Musatti, C. (1906), Dal vocabolario veneziano di C. Goldoni, in Ateneo Veneto, XXIX, I, p.88-91, cit. in Folena
1983 : p.212
28 In: Ateneo Veneto (1913), XXXVI, I, p.5-41, cit. in ibid.
21
edizioni, settecentesche o più recenti, che tendono ad adeguare la grafia alle norme
vigenti. Un ritorno alle stampe originali è quindi obbligatorio. Ma anche Goldoni stesso non
è per niente sistematico nel suo scrivere. Soprattutto le geminate sono rese
indistintamente in forma semplice o doppia. Il dizionario dovrà accogliere tutte e due le
forme e fare i riferimenti reciproci.
Per la redazione del vocabolario vanno previste due fasi: lo spoglio sistematico di tutta
l'opera di Goldoni in dialetto e poi la redazione stessa del dizionario.
Un'entrata è costruita sugli elementi seguenti29
:
– Voce dialettale goldoniana, con eventuali varianti ortografiche
– Quadro morfologico della parola
– Moduli derivativi
– Ordinamento semantico in base al criterio della frequenza
– Per ogni significato:
– Esempi(o)
– Locuzioni relative
– Usi sintattici
– Chiose originali
– (Riscontri con altri testi)
– (Rinvii ai vocabolari dialettali)
– (Cenni etimologici e storici sulla voce)
1993: Missione compiuta?
A marzo 1993 vede la luce il Vocabolario del veneziano di Carlo Goldoni, un lavoro
collettivo ispirato e diretto da Gianfranco Folena († 1992), poi da Vittore Branca.
La presentazione del volume è scritta da Folena e riprende in grandi linee la sua nota del
1959/1983 (cf. sopra).
Ribadisce l'importanza del lavoro tanto per i veneti che per i forastieri. I veneti perché
possano riapproppriarsi del proprio patrimonio letterario. Presso i non veneti un tale
strumento può aiutare i traduttori ad avvicinarsi al testo originale che vogliono far
conoscere ai loro concittadini.
29 Riassunto schematico delle indicazioni di Folena 1983 : p.210
22
Rispetto al progetto originale, Folena rende conto di una terza fase redazionale: una
revisione finale del materiale e l'arricchimento dell'opera con illustrazioni funzionali alle
spiegazioni.
Quanto alla struttura del lemma, essa è rimasta così come progettata prima.
Si chiude qui la travagliata realizzazione di un Vocabolario goldoniano? E' questo lo
strumento perfetto per lo studioso di Goldoni del XXI secolo? Crediamo che a livello di
contenuto ci sia poco da aggiungere. Lo spoglio sistematico dell'intero corpus di Goldoni,
lavoro titanico iniziato più di un mezzo secolo fa da Folena e alcuni suoi scolari, a nostro
avviso è da considerarsi compiuto.
Una prospettiva futura può articolarsi piuttosto sul piano formale. Sarebbe forse
auspicabile una versione digitalizzata del dizionario. I vantaggi sarebbero molteplici.
Nell'era digitale in cui stiamo entrando, la consultazione diventerebbe più agevole e si
potrebbero sfruttare meglio i rinvii ad altri lemmi e alle illustrazioni.
In uno stadio ulteriore si potrebbe pensare ad un collegamento fra le opere di Goldoni, già
in gran parte digitalizzate, ed il vocabolario. Ciò sarebbe utilissimo per una migliore
comprensione dell'autore.
A lungo termine, si potrebbero inoltre integrare trascrizioni fonetiche (tenendo presente
che sarebbero delle ipotesi), frammenti audio, video, spartiti,.. In una rete di conoscenze
condivise, sempre in maggior misura collegate fra di loro, la valorizzazione dell'opera
goldoniano potrà finalmente culminare.
5.3 Le opere in italiano
Sono numerose le critiche sull'italiano di Goldoni mosse dagli studiosi moderni. Le
interferenze con il veneziano e con il francese renderebbero la lingua impura, o addirittura
scorretta. Le autotraduzioni in primis sono considerate di poco valore. Ma anche quando le
opere sono scritte direttamente in lingua, l'italiano del commediografo è giudicato freddo e
convenzionale.
In un saggio sulla figura del nobile in Goldoni30
, Kristine Hecker avanza un'interessante
ipotesi; l'italiano sarebbe la lingua legata ai personaggi nobili e ai forastieri (non
veneziani). Hecker osserva che nell'universo teatrale goldoniano molto spesso gli
aristocratici sono caratterizzati da frasi fatte e tic verbali, come l'adagio del Marchese nella
30 Hecker, K. (1994), La figura del nobile nel teatro goldoniano. Contesto storico-poetologico, caratteristiche e
ricezione in Padoan, G. (1994) Problemi di critica Goldoniana, Ravenna: Longo
23
Locandiera: “son chi sono”.
Rappresentare i nobili in questo modo fu una decisione coraggiosa. All'epoca vi era un
vivo dibattito sulla legittimità dell'introduzione di protagonisti aristocratici nelle commedie,
in quanto le commedie erano sempre state considerate come genere basso, con
personaggi provenienti dai ceti sociali popolari. Goldoni, mettendo in scena dei nobili
ridicoli, si fece alcuni nemici. L'italiano 'costruito' che parlano i personaggi era un facile
punto di critica.
Che vi pare, cavalieri e dame d'Italia, di quest'altra dama del Goldoni? Miledi Daure […] pensa e parla come
una vecchia padrona di postribolo. (Giuseppe Baretti, La frusta letteraria – 15 agosto 1974)31
Anche i sostenitori di Goldoni, come Cesare Beccaria e Pietro Verri, ritenevano che egli
fosse più brillante quando metteva in scena dei caratteri borghesi. Il Goldoni infatti
conosceva meglio il ceto mercantile che gli ambienti nobili. Sapendo che Goldoni trae la
sua ispirazione dal Mondo, dalla realtà concreta, non ci deve sorprendere che è proprio la
borghesia che riesce meglio a dipingere.
L'italiano, come detto, è anche una lingua che crea distanza. E' la lingua dei forastieri. Nel
Campiello la lingua italiana diventa ostacolo alla comunicazione fra il Cavaliere e
Gasparina, giovane caricata che parlando usa la lettera Z in luogo dell'S32
, che parla quasi
esclusivamente veneziano.
CAVALIERE Io sono un cavaliere,
Egli è ver, forastiere;
Ma per le donne ho sentimenti onesti.
GASPARINA (Oh, che i me piaze tanto zti foresti).
(...)
CAVALIERE Lasciam le cirimonie, favorite.
Siete zitella?
GASPARINA No lo zo dazzeno.
CAVALIERE Nol sapete? tal cosa io non comprendo.
GASPARINA Zto nome de zitella io non l'intendo.
31 cit. in ibid. : p.336
32 Fenomeno estraneo al veneziano settecentesco, forse per mettere in risalto l'ambizione sociale di Gasparina.
“Quando ch'io voggio, zo parlar tozcana / Che no par che sia gnanca veneziana” (Il Campiello, p.27)
24
CAVALIERE Fanciulla voglio dir.
GASPARINA No zo capirla.
Ze zon puta?
CAVALIERE Così.
GASPARINA Per obbedirla.
CAVALIERE Troppo gentile! Avete genitori?
GASPARINA No l'intende n'è vero,
Troppo el noztro parlar?
CAVALIERE Così e così.
GASPARINA Me zaverò zpiegar.
CAVALIERE Avete genitori?
GASPARINA Mio padre zono morto,
E la mia genitrice ancora ezza.
M'intendela?
CAVALIERE Bravissima,
Voi parlate assai ben.
GASPARINA Zerva umilizzima. (p.26-27)
Il brano comincia con l'identificazione del Cavaliere come nobile e straniero; le due
caratteristiche che abbiamo evocato prima. Segue la domanda “siete zitella”, riformulata
due volte prima che Graziosa la capisca. Le parole zitella e fanciulla, infatti, non esistono
nel suo dialetto.
Ironicamente Graziosa poi ribalta la situazione, osservando che è il Cavaliere che non sa il
veneziano. Di colpo è lui che deve adeguarsi alla lingua lagunare. Tuttavia, Graziosa
continua a sforzarsi di parlare italiano. Per analogia con la forma veneziana xè, usata per
la terza persona singolare e plurale, afferma: “Mio padre zono morto”. Affermazione alla
quale segue un complimento del Cavaliere: “Voi parlate assai ben”.
Presa in giro o galanterie? Il contrasto linguistico contribuisce in ogni caso alla vis comica
goldoniana.
5.4 Il francese di Carlo Goldoni
Il veneziano è la lingua della sua città natia, l'italiano gli dà accesso ad un pubblico più
ampio, ma nel Settecento la lingua internazionale per eccellenza dell'intellettuale
cosmopolita era il francese.
Dando un'occhiata agli scritti goldoniani che risalgono al suo periodo italiano, possiamo
vedere che in alcuni luoghi spunta già il francese. Pensiamo in primo luogo a Monsieur
Petiton e a Una delle ultime sere di Carnovale, opere alle quali dedicheremo un paragrafo
25
più elaborato. Vedremo tuttavia che quel francese è una lingua artificiale, costruita
appunto per garantire la comprensione da parte degli italiani.
Trasferitosi a Parigi, Goldoni si fa proprio il lessico e la sintassi francese. Di ciò
testimoniano ad esempio i Mémoires, scritti in un francese linguisticamente assai
“corretto”33
.
Folena ci segnala tuttavia che Goldoni scrive un francese sine lege grafica34
. Gli esempi
che seguono sono tratti da una lettera di Goldoni a Voltaire (1764), edita da Luigi Poma e
citata da Folena35
.
“vous en jugerez” vs “je les enverrez” (confusione di grafemi omofoni)
je les estimes (estensione analogica di -s)
personnes digne d'être connu (plurali non marcati graficamente)
ma lettre vous sera présenté (femminile non marcata)
ses personnes (confusione grafica fra dimostrativo e possessivo)
je vous en demande pour eux, qui le merite (confusione fra terza persona singolare e plurale)
Lo studioso padovano fa notare che la confusione singolare-plurale dell'ultimo esempio
può essere dovuto all'influsso del veneziano.
Interessante da vedere è il modo in cui Goldoni imita il francese parlato nelle sue
commedie francesi. Un procedimento tipico della lingua parlata è la cosiddetta
'distribuzione binaria'36
. Il parlante riprende una parte del discorso per correggersi, per
aggiungere informazione o per enfatizzare l'elemento ripreso.
Géronte: C'est sa soeur qui m'intéresse
C'est elle seule qui mérite ma tendresse
mes soins
Dorval est mon ami,
Dorval l'épousera;
Je lui donnerai la dot,
Je lui donnerai tout mon bien
33 In ciò che segue confronteremo il francese di Carlo Goldani con il francese “normativo”, prescritto dai grammatici
francesi quali Vaugelas. Goldoni stesso però non afferma di voler adeguarsi alla norma. Anzi, la sua lingua si adatta
quasi sempre al contesto in cui viene usata. Anacronisticamente potremmo dire che metteremo a confronto la langue
(in quanto sistema ideale) francese con la parole (contestualizzata) goldoniana.
34 Folena 1972 : 51
35 Poma, L. (1957), Una lettera inedita del Goldoni, in “Studi letterari per il 250° anniversario della nascita di C.
Goldoni”, Pavia, cit. in Folena 1972.
36 Folena 1972 : p.54
26
tout
Je laisserai souffrir le coupable;
Mais je n'abandonnerai jamais l'innocence.37
Vediamo ritornare questo procedimento nelle traduzioni delle commedie francesi e nelle
commedie in italiano che risalgono al periodo francese, quali Il Ventaglio.
5.5 Plurilinguismo teatrale: Da Monsieur Petiton a Una delle ultime sere
di Carnovale
Carlo Goldoni non si limita a scrivere in veneziano o in italiano o in francese. In alcune sue
opere mischia i vari codici a tal punto che possiamo parlare di un vero e proprio
plurilinguismo teatrale. Noi vorremmo prendere in esame due pezzi: Monsieur Petiton e
Una delle ultime sere di Carnovale.
a) Monsieur Petiton
Monsieur Petiton è un intermezzo musicale di due parti, scritto da Goldoni nel 1736. Il
protagonista, un petit-maître (variante internazionale del locale cortesan, l'Uomo di Mondo
o paroncin38
) guascone corteggia Graziosa, la vana moglie di Petronio, un cittadino
bolognese. Lindora, la moglie – veneziana – di Petiton scopre l'affare e s'infuria. Graziosa
beffeggia Petiton, che rimane solo e disingannato.
Alcune osservazioni linguistiche
In questo intermezzo sono compresenti ben quattro lingue distinte: il bolognese di
Petronio, il veneziano di Lindora, l'italiano di Graziosa e il francese di Monsieur Petiton.
Il bolognese e il veneziano sono i linguaggi più stabili; non ci ritroviamo molte tracce di altri
codici.
L'italiano che parla la vanarella39
Graziosa è un linguaggio affettato. La sintassi marcata e
il lessico mondano sembrano conferire un carattere aulico alle sue parole.
“Abbiate più giudizio,
37 Le Bourru bienfaisant, III.60, cit. in ibid. : p.60
38 Folena 1972: 56
39 ibid.
27
Se veder non volete un precipizio” (MP, p.4)
“Monsiù, chi è questa pazza
che con tanta baldanza
È entrata in casa mia senza creanza” (MP, p.7)
Si potrebbe argomentare che quello stile è proprio al genere del dramma per musica
(intermezzi, melodramma, opere liriche, …), soprattutto nel '700. Tuttavia il carattere
artificiale del parlato di Graziosa è messo in evidenza per mezzo di ipercorrettismi (tocca a
io) ed una incertezza nell'uso delle forme voi e lei.
Il francese di Petiton è palesemente una lingua costruita per attori e spettatori italofoni. E'
interessante notare che in vari luoghi Goldoni rende la pronuncia francese in una grafia
fonetica (almeno nelle intenzioni) basata sull'italiano: votre tresumble servitor, si vou plè,
comsà ...
Non riesce però ad elaborare un sistema coerente. Non è raro che due o più forme
riferiscono ad un solo suono. Così la vocale velare chiusa [u], viene talvolta reso come
<ou> (nou, vou, tousour, …), talvolta come <u> (un lui d'or, ui).
Sul piano morfologico notiamo che alcune parole sono costruite sulla base di morfemi
italiani e francesi: così approntre (apprêter), nou jocheron un poco (nous jouerons un peu)
o addirittura morfemi veneziani (je baserè, sul verbo veneziano basare, in italiano baciare).
Gianfranco Folena ci dimostra che alla fin fine è l'italiano e non il francese che sta alla
base del franco-italiano di Petiton40
. Avanza l'idea che uno scopo importante dell'inventiva
linguistica goldoniana è la comicità verbale. Il commediografo si identifica con il pubblico
popolano, che a malapena sa il francese e mette in bocca ad un suo personaggio gli
spropositi abituali di un italiano quando cerca di parlare quella lingua.
La lingua in quanto veicolo della trama e della caratterizzazione dei personaggi
La funzione identificatrice della lingua in Monsieur Petiton ci sembra assai elaborata. I
quattro personaggi, molto stereotipati, si esprimono ognuno nel proprio idioletto.
Petiton, francese41
, si presenta prima come galantuomo ma si rivela poi donnaiolo. Vittima
della propria stoltezza, sarà beffeggiato da Graziosa e deriso dalla moglie. Questa sua
40 Folena 1972 : 59
41 ovvero: guascone, ma ciò non si esprime nella lingua (tutta artificiale appunto), ma nei comportamenti
28
goffaggine si esprime anche attraverso la lingua.
Petronio è bolognese e parla conseguentemente. Di Graziosa, sua moglie, non sappiamo
la provenienza. Essa cerca in tutti i modi di nascondere le sue basse origini, sforzandosi di
parlare un italiano colto, impresa in cui non riesce perfettamente. Qua e là inserisce pure
qualche parola francese, per esempio quando sta giocando a carte con Petiton: monsù
donè.
Lindora, la moglie di Petiton, è una vera matrona veneziana. La sua furia è rispecchiata
nelle espressioni dialettali più terra terra:
se ti torni più in sta casa, vôi mazzarte, sbuddelarte (MP, p.8)
Toco de sporco, Le te vien a trovar infin a casa (MP, p.12)
Anche il “consiglio” che dà Lindora alle giovani ascoltatrici, sente dell'avarizia che talvolta
si ascrive alla borghesia veneziana:
Putazze, se voggiose
Vu sé de maridarve,
Mi ve conseggio,
Per vostro meggio,
De no taccarve
A certe belle ciere,
Che colle so maniere
Alfin v'ingannarà
Trovève un bon mario
De roba ben fornio
E se l'è brutto
Cossa ve importa? (MP, p.10)
Nel libretto goldoniano la confusione francese/italiano viene anche sfruttata per dar luogo
a dei qui-pro-quo. Confusione rapidamente sciolta in questo caso, vista la breve durata
dell'intermezzo.
Petit: Joerons une pistolle per partite.
Graz.: Che cosa? Una pistola? Eh, lei mi burla
Petit.: Une pistolle, un luì d'or, coman
s'appell'an Italì? Un dupple d'or.
Graz.: Adesso adesso intendo,
29
Lei vuol dir una doppia per partita. (MP, p.5)
b) Una delle ultime sere di Carnovale
Una delle ultime sere di Carnovale è la commedia con la quale Goldoni prende congedo
della scena veneziana. “In fondo questa Commedia è un'allegoria, che ha bisogno di
spiegazione,” scrive Goldoni nella prefazione. In effetti, l'autore mette in scena Anzoletto,
disegnatore di stoffe, che è chiamata a Moscovia. Ci vuole poco per riconoscere in quel
personaggio la vicenda personale di Goldoni, chiamato a Parigi come direttore della
Comédie Italienne. Rappresentata a Venezia il martedì grasso 1762, la commedia è
applaudita ed il pubblico esorta Goldoni a tornare presto. Augurio che però non si
avvererà.
La commedia è scritta in veneziano. Cosa che non ci stupisce se consideriamo l'occasione
e il pubblico per il quale è stata scritta. Tuttavia si introduce anche un personaggio
francofono, madama Gatteau.
E' stato notato da Folena42
che nei Mémoires Goldoni, presentando Madama al lettore
(francese), mette in risalto il suo ruolo nella trama: “une brodeuse [...qui] se trouve pour
des affaires à Venise,” mentre nella prefazione alla commedia stessa, scritta per i lettori
veneziani, dipinge non il ruolo, ma il carattere del personaggio: “La caricatura di una
vecchia, che vuol fare la spiritosa”. Il pubblico quindi sembra essere un fattore
determinante per l'organizzazione del discorso di Goldoni, anche quando non cambia
l'argomento su cui scrive.
Resta un problema da risolvere: come rendere intelligibile il francese di Madama Gatteau
per lo spettatore veneziano? In alcuni luoghi le battute in francese si capiscono dal
contesto. Sono spesso delle formule di cortesia, come “votre servante”, “me voici a vos
ordres”, … La scelta di non tradurre è in linea con l'idea di Goldoni che la comunicazione
tra francese e veneziano sia possibile, “anche se talora non senza difficoltà”43
.
In altri luoghi madama Gatteau ricorre alla 'code-switching' (o commutazione di codice) per
trasmettere il suo messaggio:
42 Folena 1972 : p.60
43 Folena 1972 : p.60, dopodiché lo studioso fa l'esempio di una confusione intorno alla parola odeurs
30
Domenica: Perché no ghe l'aveu dito?
Madama: Ah! la pudeur... Come voi dite? Il rossore me lo ha impedito.
Domenica: Seu ancora da maridar?
Madama: Non, mademoiselle. Io ho avuto trois mariti.
Domenica: E ve xè restà ancora la pudeur?44
Nella prima battuta di Madama notiamo che il concetto chiave pudeur è ripreso e tradotto
(rossore). Nella seconda battuta invece parole italiane e francesi formano un unico
enunciato.
La ripresa di pudeur nella parlata veneziana, un sistema di solito abbastanza chiuso a
forestierismi, è dovuta al carattere scherzoso e ironico della risposta di Domenica.
Un riferimento all'italiano ritroviamo in un solo punto. E' un elemento significativo tuttavia.
Anzoletto: […]Xè vero, che la proposizion me convien; xè vero anca, che l'ho accettada. Ma xè vero altresì...
Marta: Belo quel “altresì”; el scomenza a parlar forestier.
(Una delle ultime sere di Carnovale, p.22)
L'italiano è la lingua del forestiere, di colui che non fa (più) parte della società veneziana.
Anzoletto, che sta per partire per l'estero, già non è più un veneziano al cento per cento.
Forse la sua partenza è vista come un tradimento, e forse Goldoni stesso lascia la società
veneziana con questo sentimento di non appartenervi più completamente.
5.6 Goldoni traduttore/ Goldoni tradotto
Il rapporto di Goldoni con la traduzione delle sue pièces teatrali è sempre stato ambiguo.
In vari luoghi dei Mémoires lo scrittore afferma la difficile traducibilità dei suoi scritti. Nello
stesso anno in cui Goldoni avviava l'edizione Pasquali (1760), ricevette una lettera da
Antoine-Alexandre-Henri Poinsinet. Questo letterato volle tradurre l'intera opus goldoniano
in francese. La risposta di Goldoni fu netta:
Je prévins M. Poinsinet que je venais d'entreprendre une nouvelle édition avec des corrections et des
changements et que d'ailleurs mes pièces étaient remplies des différents patois d'Italie, qui rendaient la
traduction de mon Théâtre impossible pour un étranger. (Mém. 394)
Durante il suo soggiorno a Parigi si rendette conto che tuttavia le sue opere vennero
44 Cit. in ibid. : p.61
31
tradotte. Alcuni traduttori lo facevano senza il suo permesso, altri vennero a chiedere la
sua autorizzazione. Egli “tâcha de les dégoûter tous également d'une entreprise dont ils
ne connaissaient pas les difficultés”45
.
Ai suoi traduttori Goldoni rinfaccia la traduzione troppo letterale, senza tener conto della
differenza d'esprit fra l'italiano e il francese. Anche le migliori traduzioni mancarono di
chaleur e vis comica, in modo che “les plaisanteries italiennes devenaient des plattitudes
en français”46
.
Nonostante la sua avversione per la traduzione, Goldoni si mette a tradurre egli stesso le
sue opere; dal veneziano e dal francese all'italiano.
a) Veneziano-italiano
Uno studio linguistico sulle autotraduzioni goldoniane dal veneziano all'italiano è stato
condotto da Pietro Spezzani negli anni 70 del secolo scorso. Il risultati della ricerca sono
stati pubblicati nel volume Il Goldoni traduttore di se stesso dal dialetto alla lingua (1979),
presso l'editore Olschki, Firenze. Purtroppo il libro non è stato reperibile per la nostra
ricerca. Perciò ci baseremo sulle informazioni che ce ne fornisce Tina Matarrese nella
Storia della lingua italiana – Il Settecento47
.
Per rendere conto della differenza stilistica fra le opere veneziane e quelle in italiano, Tina
Matarrese cita I due Pantaloni (1753), tradotto in italiano da Goldoni nel 1765 con il titolo I
Mercatanti.
“Putta cara, son cortesan, vu me dè el mandolato, ma no lo magno. Se vu avé studià i libri de filosofia, mi ho
studià quelli del baronezzo, e ghe ne so tanto che basta per menarve a scuola vu, e diese della vostra
sorte.” (I due Pantaloni)48
“Signorina garbata, voi mi adulate, ma io non ci sto. Se voi avete studiato i libri di filosofia, io ho studiato
quelli del mondo, e ne so tanto che basta per condurvi alla scuola voi e dieci della vostra sorta.” (I
Mercatanti)49
45 Mém. p.447
46 ibid.
47 Matarrese 2004 : p.108
48 ibid., esempio ripreso da Spezzani 1978
49 ibid.
32
La studiosa segnala il carattere proverbiale, allusivo ed idiomatico del veneziano, mentre
l'italiano avrebbe un carattere più convenzionale, più vicino alla conversazione mondana.
In effetti, dare el mandolato e no lo magno sono espressioni che non ritroviamo in italiano
e qui Goldoni le sostituisce con un solo verbo (adulare) e con un'altra espressione italiana,
colloquiale anch'essa, ma forse meno espressiva (starci).
In altri casi Goldoni ha più difficoltà a trovare equivalenti validi per certi idiotismi veneti.
Quei casi danno luogo ad un italiano “improbabile e artificiale”50
ste spuzzette begli umoretti
un fiaetin un pocolino
so marìo xé de la taggia del mio suo marito è sul far del mio
b) Francese-italiano
A Parigi, Goldoni scrisse due opere in francese: Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux.
La prima ebbe un successo clamoroso. Recitata per la prima volta alla Comédie Française
il 4 novembre 1771, fu ripreso il giorno dopo alla corte di Fontainebleau. Ebbe in Francia
ben 93 repliche. Un anno dopo uscirono 2 traduzioni in francese51
. “Elles ne sont pas mal
faites, mais elles n'approchent guère l'original”, ne scrive Goldoni nei Mémoires52
. Critica
gli autori per le loro traduzioni troppo letterali e meccaniche: “Il y a des phrases, il y a des
mots qui perdent leur sel dans la traduction”53
. Solleva anche la questione dei faux amis, ai
quali i traduttori non hanno fatto attenzione.
Nel 1789 Goldoni intraprese l'autotraduzione del Bourru bienfaisant. L'autore stesso non ci
dice esplicitamente la ragione per cui aveva deciso di cominciare un lavoro che aveva
sempre stimato disgustoso e privo di spirito creativo. Nei Mémoires sostiene che “una
circostanza singolare”, “l'amicizia”, “l'uso ch'io dovea fare del profitto di questo mio lavoro
ha finito di persuadermi”54
Laurence Boudart segnala il suggerimento di Paola Luciani, editrice del Burbero di buon
cuore, che la “circostanza singolare” potrebbe essere la ripresa della commedia alla
50 ibid. p.109
51 Dalla mano di Pietro Candoni e di Elisabetta Caminer Turra rispettivamente
52 Goldoni 1988 : p.473, cit. in Boudart 2008 : p.49
53 ibid.
54 traduzione italiana non specificata dei Mémoires, cit. nella premessa a Goldoni, C. (2003), Le bourru bienfaisant/Il
burbero di buon cuore, a cura di Paola Luciani. Citazione ripresa in Boudart 2008 : p.50
33
Comédie Française l'anno precedente e forse una conseguente commissione55
.
Gli studiosi contemporanei sono assai critici nei confronti di questa autotraduzione.
Gabriella Bosco, in un saggio sulla traduzione del Bourru bienfaisant, mette in luce in
termini assai polemici quanto l'italiano di Goldoni sia “truffé de gallicismes”56
. Con una
serie di esempi stabilisce una grammaire des fautes dell'autore. Le interferenze si situano
tanto a livello lessicale quanto a livello grammaticale57
.
Lessico
Angelica: “non sorte mai così di buon ora”
(Il ne sort jamais si matin)
Dorval: “Ecco un titolo per interessarmi ancor davantaggio”
(J'aurai même un titre pour m'intéresser davantage en votre faveur)
Geronte: “...no, non lo voglio... e non devo soffrire”
(Non, je ne le veux pas … je ne le souffrirai pas)
Grammatica
La negazione
Costanza: “Non gioco...non società sospette...senza fasto...per lui...”
(Point de jeux...point de sociétés dangereuses...point de faste...pour lui)
Le comparative
Leandro: “Son l'uomo il più felice del mondo”
(Je suis l'homme du monde le plus heureux)
Bosco conclude mettendo in luce il divario fra i precetti poetici di Goldoni e la sua prassi.
Denuncia il fatto che Goldoni si mostra molto critico nei confronti dei traduttori delle sue
pièces, mentre il commediografo ormai completamente francesizzato fa gli stessi errori
che rinfaccia ad altri.
Laurence Boudart è più mitigata nel suo giudizio. Non nega la presenza di un forte influsso
del francese sulla traduzione in italiano. Ricorda però che l'italiano del drammaturgo
55 Boudart 2008 : p.50
56 Bosco 1993 : p. 354
57 Gli esempi che seguono sono tutti tratti da Bosco 1993 : p.358-359
34
settecentesco è una lingua media58
, vale a dire una lingua franca per gli abitanti di un
paese dove la conversazione quotidiana si svolge sempre in dialetto. La funzione teatrale
della lingua prevale sulla correttezza linguistica.
Un simile punto di vista troviamo anche in Folena, che caratterizza la lingua di Goldoni
extragrammaticale e contingente; una “lingua ipotetica di conversazione”59
, anche se
ammette che l'interferenza del francese negli ultimi scritti di Goldoni “assumi aspetti
massicci e talora patologici”60
.
Sarebbe interessante prendere in considerazione non solo la traduzione del Bourru
bienfaisant, ma anche quella dell'Avare Fastueux, fatta anch'essa tra la fine degli anni 80,
e l'inizio degli anni 90 del Settecento. A nostro sapere, uno studio in merito non è mai stato
fatto.
Forse perché l'Avaro Fastoso è visto più come un rimaneggiamento che come una
traduzione vera e propria. Ciò spiegherebbe anche la maggiore coerenza linguistica
interna rispetto alla traduzione del Bourru Bienfaisant. E' un'edizione molto più recente
dell'Avaro Fastoso che viene presentato come “prima traduzione italiana” del testo
originale; l'edizione a cura di Giovanni R. Ricci, uscito nel 2008 presso Stony Brook
(Nuova York). In una recensione negli Annali d'italianistica leggiamo:
The Italian version was a compact and modified version, very different from the French original. The volume
offered by Ricci is an Italian translation that holds true to the first edition of the play.61
Oggi disponiamo quindi di due “traduzioni” dell'Avare Fastueux: quella di Ricci,
linguisticamente più fedele all'originale, e quella di Goldoni stesso che traslata l'esprit
francese allo spirito italiano. Uno studio comparativo ci darà senza dubbio nuovi spunti per
capire fino in fondo l'estetica goldoniana.
58 Boudet 2008 : p.53
59 Folena 1972 : p.48
60 Folena 1983 : p.382
61 Goldoni, Carlo. L'avaro fastoso. Ed. and trans. Giovanni R. Ricci. Stony Brook (NY): Forum Italicum Publishing,
2008. Pp. 84., libro recensito in Annali d'Italianistica (2010), n°28, p.653
35
6. Conclusione
In questo studio ci siamo soffermati sulle funzioni della lingua nell'opera teatrale e
autobiografica di Carlo Goldoni. Il punto di partenza per la nostra ricerca è stata la riforma
teatrale goldoniana, dove la lingua è emersa come uno degli elementi innovativi.
In seguito abbiamo cercato di distinguere fra la poetica esplicita e la concreta prassi
linguistica del commediografo.
Per reperire la visione di Goldoni sul concetto di lingua sono stati studiati i Mémoires e
alcune prefazioni alle sue commedie. Abbiamo visto come l'autore, per rendere il suo
teatro più realistico, ha dovuto fare certe scelte linguistiche. I problemi di fronte ai quali si è
trovato, furono l'inadeguatezza della lingua della tradizione letteraria e la mancanza di una
lingua di conversazione non dialettale e comprensibile oltre i confini regionali. Perciò ha
creato un linguaggio nuovo, allo stesso tempo verosimile e del tutto artificiale,
necessariamente eclettico in forma e in sostanza.
Passando alla lingua di Goldoni, abbiamo notato che il drammaturgo ha un'esperienza
trilingue; scrive delle opere in italiano, in veneziano e in francese.
E' stato notato che il dialetto veneziano, la madrelingua dello scrittore, è la lingua in cui
Goldoni riesce meglio a introdurre una scala di sfumature stilistiche. Per gustare al
massimo le opere in veneziano, potrebbe servire un vocabolario apposito che rischiari i
significati e gli usi del lessico goldoniano. Uno sguardo su un tale dizionario, auspicato da
Goldoni e terminato due secoli dopo da Gianfranco Folena e i suoi collaboratori, è stato
incluso in questo lavoro.
L'italiano goldoniano da suo canto è piuttosto una lingua veicolare, che gli permette di far
rappresentare le sue opere davanti ad un pubblico più ampio. Il francese infine è una
lingua che Goldoni ha imparato solo tardi, quando è stato chiamato a Parigi all'età di circa
cinquant'anni. Ciò nonostante assimila quasi completamente la lingua di Molière, a tal
punto che essa inciderà sui suoi scritti in italiano. In francese Goldoni ci lascia due opere
teatrali e la sua autobiografia.
Oltre alle ragioni esterne per l'uso di questa o quella lingua, le scelte linguistiche di
Goldoni incidono anche sulle commedie stesse. Nelle opere che abbiamo definito
'plurilingui', ogni lingua ha la sua funzione. In Monsieur Petiton il francese storpiato del
36
protagonista sottolinea il suo carattere buffo e ingenuo, mentre Madame Gatteau in Una
delle ultime sere di Carnovale parla già un francese più verosimile, ma comprensibile per i
concittadini veneziani grazie ad un continuo code-switching fra francese e italiano.
L'italiano nelle commedie plurilingui può contrapporre i cittadini veneziani ai forastieri, o la
classe borghese (che parla veneziano) a quella nobiliare (che parla italiano).
Carlo Goldoni, in quanto immigrato veneziano/italiano a Parigi, diventa figura di
mediazione fra la cultura italiana e quella francese. In quella ottica abbiamo accennato alle
traduzioni delle sue opere.
Abbiamo notato che per Goldoni l'idea 'traduttore/traditore' è un'equazione valida. In primo
luogo sono numerose le espressioni non traducibili ed i faux amis. Inoltre bisogna tener
conto dell'esprit delle lingue. In più luoghi lo scrittore sostiene che nemmeno i migliori
traduttori delle sue opere siano riusciti a rendere bene questo spirito.
Neanche a Goldoni stesso piace la traduzione, attività priva di potenzialità creativa.
Tuttavia compie alcune traduzioni dal veneziano all'italiano e traduce anche il suo Avare
Fastueux e Le bourru bienfaisant dal francese all'italiano. La critica contemporanea si è
occupato quasi esclusivamente del secondo testo.
Certi studiosi mettono in risalto le interferenze del francese nell'italiano di Goldoni,
denunciando i frequenti “errori” linguistici. Altri preferiscono interpretare questo testo
gallicisé nel quadro della fluidità linguistica propria delle opere teatrali di Goldoni, in cui la
dimensione pragmatica, contingente e espressiva prevale sulla purezza linguistica.
Caratteri: 72 006
37
7. Riassunto/Samenvatting
In het werk van Carlo Goldoni spelen de begrippen 'taal' en 'meertaligheid' een belangrijke
rol. In deze paper gaan we na hoe Goldoni omgaat met deze problematiek. We
bestuderen zijn Mémoires en enkele voorwoorden van zijn komedies. Na een bespreking
van de taaltheorieën van Goldoni nemen we enkele van zijn werken onder de loep om na
te gaan hoe deze ideeën zich vertalen in de praktijk. Tenslotte komen Goldoni's
vertalingen van eigen werk aan bod, evenals het standpunt van de hedendaagse kritiek.
Uit de autobiografische en poeticale teksten van Goldoni blijkt dat zijn keuze voor een
Venetiaanse, Italiaanse, Franse of hybride tekst afhangt van interne en externe factoren.
Onder interne factoren verstaan we de verhaallijn, de setting en het karakter van de
personages. Een gerichte tekstanalyse van enkele van zijn (overwegend meertalige)
werken, brengt aan het licht hoe Goldoni taal en taalgebruik functioneel aanwendt. De
combinatie van verschillende registers geeft aanleiding tot misverstanden of tot
tegenstellingen tussen individuele personages of sociale klassen. Op die manier wordt de
taal een stuwende kracht achter de komedie.
Deze taalkeuzes moeten echter wel te rijmen zijn met het concept verosimiglianza of
waarheidsgetrouwheid. Goldoni wil de concrete werkelijkheid, en dus ook de natuurlijke
spreektaal, in scene brengen.
In dit streven stoot hij op twee problemen: de ontoereikendheid van het traditionele literaire
Italiaans en de afwezigheid van een “gesproken” Italiaans. In de achttiende eeuw sprak de
Italiaanse burger immers het dialect van zijn regio. Het antwoord van Goldoni op deze
uitdagingen is het creëren van een soort kunsttaal, waarbij zowel verosimiglianza als
interregionale verstaanbaarheid worden beoogd.
Het publiek is immers ook een belangrijk criterium. De Venetiaanse toeschouwers zijn op
de hoogte van de soms heel specieke gebruiken of begrippen waar Goldoni naar verwijst,
maar voor zijn Italiaanse en Franse publiek voorziet Goldoni voorwoorden, voetnoten en
vertalingen.
De vertalingen die Goldoni maakt van zijn eigen werk zijn echter vaak problematisch.
Sommige onderzoekers tonen aan dat het Italiaans van Goldoni, gemarkeerd (of zelfs
'besmet') is door Venetiaanse en Franse leenwoorden en -constructies. Hierbij gaan zij
echter uit van de hedendaagse taalnormen zonder rekening te houden met wat Goldoni
zelf voorstaat: taal in context; niet op basis van een universele norm, maar op basis van
concrete noden die plaatselijk worden opgelost.
38
8. Bibliografia
Beniscelli, A. (2005) Il Settecento, in Battistini, A., Storia della letteratura italiana, Bologna:
Il Mulino
Bosco, G. (1993), Goldoni et le dragon in Revue de littérature comparée, 67:3, p.353-360
Boudart, L. (2008) Goldoni traducteur de lui même in Cédille, revista de estudios
franceses, n°4
Capaci, B., Simeoni G. (2012) Goldoni. La vita in commedia e la commedia in vita. Napoli:
Liguori
De Ferrari, A. (2004) Il teatro fra Seicento e Settecento in De Ferrari, A., Freddi G. et al.
La Letteratura, Milano: Ghisetti e Corvi
De Stefani, E (2011)., Storia della lingua italiana, corso di laurea triennale (KULeuven)
Folena, G. (1972) Il francese di Carlo Goldoni. Roma: Accademia Nazionale dei Lincei
Folena, G. (1983) L'italiano in Europa. Esperienze linguistiche del Settecento. Torino:
Einaudi
Folena, G. (1993) Vocabolario del Veneziano di Carlo Goldoni. Roma: Istituto
dell'Enciclopedia Italiana
Goldoni, C. (1736), Monsieur Petiton in Ortolani, G. (1955, a.c. di), Tutte le opere di Carlo
Goldoni, Milano: Mondadori
Goldoni, C. (1755), Le Massere in Antonucci, G. (1992, a.c. di), I capolavori di Carlo
Goldoni, Roma: Newton Compton
Goldoni, C. (1756), Il Campiello in Mursia U. (1969), Opere di Carlo Goldoni (edizione
digitale)
Goldoni, C. (1761), Una delle ultime sere di Carnovale, in Mursia U. (1969), Opere di
Carlo Goldoni (edizione digitale)
Goldoni, C. (1787), ed. De Roux, P. (1988) Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'histoire
de sa vie et à celle de son théâtre. Paris: Mercure de France
Hecker, K. (1994), La figura del nobile nel teatro goldoniano. Contesto storico-poetologico,
caratteristiche e ricezione in Padoan, G. Problemi di critica Goldoniana, Ravenna: Longo,
p.319-338
Herman, J. (2009) Les Lumières en toutes lettres, Leuven: Acco
Matarrese, T. (1993), Il Settecento in Bruni, F. Storia della lingua italiana, Bologna: Il
Mulino, p.97-119
Stussi, A. (1993) Per il testo e la lingua delle commedie veneziane di Goldoni, “Annali
39
d'Italianistica”
Tomasin, L. (2010) Storia linguistica di Venezia. Roma: Carocci
--- (s.d.), Commedia dell'Arte [09.05.2013,
Treccani.it:http://www.treccani.it/enciclopedia/commedia-dell-arte/ ]
40

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  • 1. KATHOLIEKE UNIVERSITEIT LEUVEN FACULTEIT LETTEREN STUDIERICHTING TAAL- EN LETTERKUNDE “EL SCOMENZAA PARLAR FORESTIER” Lingua e linguaggio nell'opera teatrale e autobiografica di Carlo Goldoni Begeleider Bachelorpaper Prof. dr. B. Van Den Bossche ingediend door PIETER GOFFIN Leuven 2013 1
  • 2. Inhoudsopgave 1. Introduzione......................................................................................................................................3 2. Alcuni spunti biografici....................................................................................................................4 3. Teatro e Mondo: la riforma teatrale goldoniana...............................................................................6 3.1 La Commedia dell'Arte..............................................................................................................6 3.2 Goldoni riformatore: Il “Mondo” e il “Teatro” .........................................................................6 4. La lingua secondo Goldoni.............................................................................................................10 4.1 Goldoni linguista: riflessioni linguistiche nei Mémoires.........................................................10 a) Memorie italiane e Mémoires francesi..................................................................................10 b) Un pubblico francofono........................................................................................................12 c) Les Anciens et les Modernes, una nuova Questione della lingua?.......................................13 d) Excursus su alcune parlate italiane.......................................................................................15 5. La lingua di Goldoni.......................................................................................................................18 5.1 Premessa..................................................................................................................................18 5.2 Paradigma venexiano...............................................................................................................18 a) Il Vocabolario veneziano di Goldoni.....................................................................................19 5.3 Le opere in italiano..................................................................................................................23 5.4 Il francese di Carlo Goldoni.....................................................................................................25 5.5 Plurilinguismo teatrale: Da Monsieur Petiton a Una delle ultime sere di Carnovale..............27 a) Monsieur Petiton...................................................................................................................27 b) Una delle ultime sere di Carnovale.......................................................................................30 5.6 Goldoni traduttore/ Goldoni tradotto.......................................................................................31 a) Veneziano-italiano.................................................................................................................32 b) Francese-italiano...................................................................................................................33 6. Conclusione....................................................................................................................................36 7. Riassunto/Samenvatting.................................................................................................................38 8. Bibliografia.....................................................................................................................................39 2
  • 3. 1. Introduzione Carlo Goldoni (1707-1793) è un autore italiano solitamente riconosciuto per la sua riforma della commedia dell'arte. Questa riforma comporta una serie di trasformazioni tanto formali quanto contenutistiche: il graduale abbandono delle maschere, l'evoluzione dai canovacci ai copioni scritti, ... Il nuovo teatro di Goldoni necessitava anche una nuova lingua. Ed è proprio questo aspetto che tratteremo nella nostra tesina. Quale lingua verrà adottata dallo scrittore veneziano? Come sarà il rapporto fra il pubblico e il linguaggio di Goldoni? Possiamo individuare una poetica esplicita riguardo all'uso della lingua? Come s'inserisce Goldoni nei dibattiti linguistici del suo tempo? Ecco le domande alle quali cercheremo di dare una risposta. L'espressività linguistica di Goldoni è stata notata da pressoché tutti gli studiosi della sua opera. Pochi però sono stati gli studi in cui ci si è soffermati su queste tematiche. Fondamentali per il nostro lavoro sono stati gli studi sulla lingua goldoniana svolti da Gianfranco Folena a partire dagli anni 1960 e messi insieme in un ampio volume: L'italiano in Europa – Esperienze linguistiche del Settecento (1983). Anche studi più recenti (Capaci & Simeoni 2012, Fido 2006,2008), quando trattano gli aspetti linguistici nell'opera di Goldoni, si basano in gran parte sugli studi di Folena. Nella nostra tesina renderemo conto delle osservazioni di questo studioso, cercando di mettere in rapporto la lingua secondo Goldoni (poetica esplicita) e la lingua di Goldoni (poetica implicita). Un breve excursus sarà dedicato al Vocabolario veneziano di Goldoni, diretto da Folena e pubblicato nel 1993, due secoli dopo la morte del commediografo veneziano. Verranno integrate alcune osservazioni personali sulla lettura dei Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'histoire de sa vie et à celle de son théâtre e di alcune sue commedie quali Il Campiello, Monsieur Petiton e Una delle ultime sere di Carnovale. 3
  • 4. 2. Alcuni spunti biografici Goldoni nasce il 25 febbraio 1707 a Venezia. Segue suo padre nei suoi trasferimenti a Perugia e a Rimini. A Rimini conosce un gruppo di attori e, quando essi stanno per partire per Chioggia, abbandona gli studi e imbarca con i comici. Goldoni si mostra nei Mémoires molto orgoglioso di questa “fuga” e la interpreta come un segno della sua vocazione di commediografo. Il padre lo destina ad una carriera di avvocato, ma le interessi di Goldoni sembrano essere altrove. A Pavia viene espulso dopo tre anni per aver scritto una satira contro le donne pavesi. Deve fuggire poi dall'università di Udine, a causa di un'avventura sentimentale. Solo dopo la morte del padre si laurea a Padova. Seguono sette anni in cui Goldoni lavora come giurista a Milano, a Genova (dove conosce sua moglie Nicoletta Conio), in Toscana, in Romagna, poi di nuovo a Venezia. Compone intanto le sue prime opere: intermezzi comici e melodrammi, fra i quali Monsieur Petiton, di cui parleremo. La sua tragicommedia Belisario (1734) viene rappresentato con successo al teatro di San Samuele a Venezia dalla compagnia di Giuseppe Imer ed è l'inizio di una regolare collaborazione. La sua prima commedia, il Momolo Cortesan è presentata al pubblico per il Carnevale del 1738. Soltanto la parte di Pantalone è scritta interamente, mentre gli altri caratteri si basano ancora su un canovaccio. Cinque anni più tardi esce la Donna di garbo, la prima commedia interamente scritta. Negli anni che seguono si afferma come commediografo di successo. L'anno 1750 è un anno determinante sotto vari punti di vista. In seguito al fallimento della commedia L'Erede fortunata, Goldoni scommette di saper scrivere sedici commedie in un anno, invece di otto come previsto dal contratto con il Teatro Sant'Angelo. Ci riesce, ma il lavoro sfrenato mette in pericolo la sua salute. Fra le opere di quell'anno va situato Il teatro comico, una specie di meta-commedia che ci fornisce delle informazioni sulla poetica goldoniana. Risale al 1750 anche la prima edizione delle sue Commedie presso l'editore veneziano Bettinelli. La prefazione, intitolato Teatro e Mondo, è un'altra fonte interessante per vedere come intende Goldoni il suo teatro. Questa prefazione verrà poi ripresa nelle edizioni di Paperini (1753, Firenze) e di Pasquali (1761, Venezia). Nel 1761 è chiamato a Parigi per scrivere per la Comédie Italienne. Prima di partire fa rappresentare Una delle ultime sere di Carnovale, commedia autobiografica1 nel quale il 1 Per uno studio approfondito del carattere autobiografico delle opere di Goldoni: Capaci & Simeoni 2012 4
  • 5. disegnatore di stoffe Anzoletto, alter ego di Goldoni, è chiamato a 'Moscovia' e prende congedo della sua città natia. Gli attori francesi ed il loro pubblico però, abituati alla Commedia dell'Arte, non accettarono volentieri la riforma goldoniana. Oltre a questa resistenza, l'unificazione della Comédie Italienne e l'Opéra Comique lasciava poco spazio per la commedia italiana. Nel 1765 venne nominato maestro d'italiano della figlia di Luigi XV e visse a Versailles per tre anni. Poi tornò a Parigi e scrisse due commedie direttamente in francese: Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux. Il primo conobbe un gran successo, il secondo fu un fallimento. Negli ultimi anni della sua vita scrisse ancora le sue Mémoires. Morì il 6 febbraio del 1793. 5
  • 6. 3. Teatro e Mondo: la riforma teatrale goldoniana Prima di affrontare l''analisi della lingua goldoniana, importa soffermarci sul ruolo più ampio del Goldoni nella rivoluzione teatrale – della commedia in specifico - nel Settecento. 3.1 La Commedia dell'Arte Prima del Cinquecento, gli spazi dello spettacolo erano due: il mercato dove si esibivano giullari, saltimbanchi, cantastorie, … e le corti, dove nobili colti mettevano in scena commedie e tragedie antiche (Plauto, Terenzio, …). Non esistevano ancora le compagnie di attori di mestiere. Ciò cambia nel corso del secolo. Si riuniscono attori di varia provenienza sociale e danno vita ad una nuova forma di teatro: la Commedia dell'Arte. Per garantire uno stipendio agli attori, si vendono dei biglietti d'ingresso. Così anche i meno ricchi possono entrare. E' una rivoluzione culturale e sociale insieme. Il nuovo pubblico consiste sempre più di borghesi ed il teatro si sviluppa seguendo una logica commerciale. Per poter realizzare rapidamente spettacoli sempre diversi, si usano canovacci e caratteri fissi. Il canovaccio è una specie di scaletta, in cui è descritta la successione delle azioni dei personaggi. Sono gli attori stessi che, improvvisando le loro battute, danno forma allo spettacolo. Un attore spesso si specializza in un tipo fisso. Ogni tipo è determinato da un proprio costume, età, mestiere, maschera e dialetto. I tipi più noti sono il dottore (bolognese), Pantalone (mercante veneziano), Arlecchino (servo bergamasco), Capitano (spagnolo). Questa forma teatrale è in voga fino all'ultimo Settecento, ma sarà criticato e riformato da Goldoni. 3.2 Goldoni riformatore: Il “Mondo” e il “Teatro” “Era in fatti corrotto a segno da più di un secolo nella nostra Italia il Comico Teatro, che si era reso abominevole oggetto di disprezzo alle Oltramontane Nazioni. Non correvano sulle pubbliche Scene se non sconce Arlecchinate, laidi e scandalosi amoreggiamenti, e motteggi; favole mal inventate, e peggio condotte, senza costume, senza ordine, le quali, anziché correggere il vizio, come pur è il primario, antico e più nobile oggetto della Commedia, lo fomentavano, e riscuotendo le risa dalla ignorante plebe, dalla gioventù scapestrata, e dalle genti più scostumate, noia poi facevano ed ira alle persone dotte e dabbene” (Goldoni, Il Mondo e il Teatro) Nella prefazione alla prima edizione delle sue commedie2 , Goldoni denuncia la sclerosi del 2 Edizione Bettinelli, Firenze, 1750 6
  • 7. teatro comico in Italia. Le commedie sono mal costruite e non correggono il vizio. Gli attori sono saltimbanchi incapaci. Continua la sua critica del teatro della sua epoca, affermando che nemmeno le recenti traduzioni di opere straniere, come quelle di Lope de Vega o di Molière, funzionino in italia, perché “i gusti delle Nazioni son differenti, come ne son differenti i costumi e i linguaggi”. Perciò bisogna attingere da altri fonti per rinnovare la scena teatrale italiana. Goldoni spiega che per essere un buon commediografo due “libri” sono indispensabili: Il Mondo ed il Teatro. Il primo gli mostra “i vari caratteri di persone, dipinti al naturale (…), i vizi e i difetti che son più comuni del nostro secolo e della nostra Nazione”. Alcuni concetti chiavi emergono direttamente. In primo luogo i “vari caratteri”, contrapposti ai tipi fissi della commedia dell'arte. Infatti vediamo che il teatro goldoniano dà maggiore rilievo allo sviluppo psicologico dei personaggi. I tipi della commedia dell'arte si sdoppiano, o meglio si incarnano in molteplici personaggi “dipinti al naturale”, cioè in personaggi verosimili, a tutto tondo3 . Perciò nelle commedie goldoniane viene dato ai protagonisti un nome proprio. La crescente enfasi sui tratti individuali dei caratteri comporta anche il graduale abbandono delle maschere. Un altro elemento degno della nostra attenzione è il riferimento a nostro secolo e nostra Nazione. L'inquadramento geografico-temporale, non a caso hic et nunc, mette la realtà concreta al centro del teatro goldoniano. Il libro del Teatro dal canto suo comprende la prassi dello scrivere commedie. Un'altra volta Goldoni ribadisce quanto sia importante il gusto nazionale, che è particolare e “in ben molte cose diverso da quello dell'altre [sic]”. E' l'approvazione o il biasimo da parte del pubblico che insegna a Goldoni se una commedia sia buona o cattiva. Più che i precetti poetici tradizionali vige la legge del Popolo. In fin dei conti anche le società greca e romana erano diverse da quella italiana settecentesca. Non tutto quello che funzionava in età antica, funziona ancora nel Settecento. Non nega però che nelle sue commedie ci possano essere dei procedimenti che corrispondono alle tecniche teatrali antichi. Se sono presenti tuttavia, sarebbe perché già facevano parte del sistema goldoniano e non perché erano stati studiati a proposito. 3 De Ferrari 2004 : p.397 7
  • 8. La prefazione chiude con un'osservazione sulla lingua delle sue commedie. Quanto alla Lingua ho creduto di non dover farmi scrupolo d'usar molte frasi e voci Lombarde, giacché ad intelligenza anche della plebe più bassa che vi concorre, principalmente nelle Lombarde Città dovevano rappresentarsi le mie Commedie. Ad alcuni idiotismi Veneziani, ed a quelle di esse che ho scritte apposta per Venezia mia Patria, sarò in necessità di aggiungere qualche noterella, per far sentire le grazie di quel vezzoso dialetto a chi non ha tutta la pratica. Il Dottore che recitando parla in Lingua Bolognese, parla qui nella volgare Italiana. Lo stile poi l'ho voluto qual si conviene alla Commedia, vale a dir semplice, naturale, non accademico od elevato. Questa è la grand'Arte del Comico Poeta, di attaccarsi in tutto alla Natura, e non iscostarsene giammai. Proprio qui viene esplicitato il problema centrale della nostra ricerca: quale e come sarebbe la “lingua volgare italiana”? Almeno fino al Settecento l'italiano era stato una lingua meramente letteraria. La quotidianità si svolgeva in dialetto. Le conversazioni colte si facevano in francese o in una koinè di stampa settentrionale, piena di francesismi. Il problema di Goldoni è duplice: Come introdurre la conversazione quotidiana nel teatro in modo che essa sia naturale (o almeno verosimile), e allo stesso comprensibile per un pubblico sovraregionale? Un linguaggio eclettico, in cui appaiono “molte frasi e voci Lombarde”, sembra essere la soluzione. In margine agli “idiotismi veneti” e alle commedie che ha scritto “apposta per Venezia” aggiunge “qualche notarella”. Ciò ci dimostra che le commedie goldoniane non erano soltanto destinate ad essere rappresentate, ma anche ad essere lette. L'italiano in questo senso diventa “una lingua strumentale, itineraria, che si pone al di sopra dei dialetti e ne permette l'intelligibilità reciproca”4 Se alcuni critici, quali Gabriella Bosco5 e – in minor misura – Laurence Boudart6 , valutano negativamente l'italiano di Goldoni, forse è dovuto proprio a questo fatto. L'italiano orale al tempo di Goldoni si sta ancora formando e necessariamente il poeta che vuole mettere in scena questo italiano conversazionale deve ricorrere a un linguaggio misto. Se Bosco bolla l'italiano di Goldoni come “stroppiato”7 , lo fa riferendosi ad una norma formatasi dopo Goldoni. Folena8 descrive l'esperienza linguistica di Goldoni con una metafora tratta dalla realtà 4 Folena 1972 : p.49 5 Bosco 1993 : p.360 6 Boudart 2008 : p.55 7 Bosco 1993 : p.360 8 Folena 1972 : p.48 8
  • 9. lagunare: Dialetto, lingua nazionale e lingua internazionale (il francese) si organizzano come una casa borghese veneziana del Settecento con tre piani separati, ma comunicanti: la riva sul canale, il mezzà ed il piano nobile. Metafora che verrà ripresa in ulteriori studi sulla lingua del Goldoni. 9
  • 10. 4. La lingua secondo Goldoni In quanto attento osservatore della realtà, Goldoni presta non poca attenzione ai fenomeni della lingua e del linguaggio. La lingua per lui si rivela una risorsa indispensabile per le sue commedie: Da un lato permette di caratterizzare i personaggi e di creare una certa atmosfera. L'uso di lingue diverse da parte di alcuni personaggi goldoniani può dare luogo a equivoci che strutturano la trama della commedia. Oltre a una funzione interna alla commedia, la lingua è anche il mezzo di comunicazione fra l'autore e il suo pubblico. E' interessante notare che quel pubblico non consiste solo di spettatori, ma anche di lettori. Una gran parte delle sue opere infatti veniva pubblicata con una specie di introduzione; i cosiddetti autore a chi legge. In quelle dichiarazioni Goldoni dà spiegazioni esplicite di termini e concetti che il lettore potrebbe non conoscere. In primo luogo l'autore cerca di chiarire il titolo della commedia. Così leggiamo nella prefazione al Campiello: Il titolo del Campiello riuscirà nuovo a qualche forastiere non pratico della nostra città. Campo da noi si dice ad ogni piazza, fuori della maggiore che chiamasi di San Marco. Campiello dunque è il diminutivo di Campo, che vale a dire è una Piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e piene di gente bassa. Notiamo subito che oltre ad una spiegazione puramente denotativa (Campiello vuol dire piazzetta), Goldoni fornisce al lettore altri spunti – in questo caso di tipo sociologico – che possono contribuire ad una migliore comprensione dell'opera. Più tardi l'autore riprenderà questo modus operandi nelle sue Memorie italiane e nei Mémoires. 4.1 Goldoni linguista: riflessioni linguistiche nei Mémoires a) Memorie italiane e Mémoires francesi Se vogliamo studiare le opinioni di Goldoni sulla lingua - sia essa dialetto, italiano o francese – i suoi scritti autobiografici ci offrono delle preziose indicazioni. Siccome Goldoni ha scritto molto di sé, in vari luoghi e con variabile grado di elaborazione, Gianluca Simeoni distingue fra due gruppi di testi: le Memorie italiane e i Mémoires francesi9 . 9 Capaci & Simeoni 2012 : p.16-29 10
  • 11. Con Memorie italiane intendiamo l'insieme delle Prefazioni – di carattere autobiografico – alle commedie goldoniane pubblicate da Giambattista Pasquali, editore e tipografo veneziano. L'edizione Pasquali fu avviata nel 1760, poco prima che Goldoni partisse per Parigi. Questo progetto editoriale fu concepita per varie ragioni. In primo luogo Goldoni scrive di sé per tramandare una presentazione “autorevole”, “giusta” della sua persona. J'ai imaginé que l'auteur pouvait lui seul tracer une idée sûre et complète de son caractère, de ses anecdotes et de ses écrits; j'ai cru qu'en faisant publier de son vivant les Mémoires de sa vie, et n'étant pas démenti par ses contemporains, la postérité pourrait s'en rapporter à sa bonne foi. (Prefazione ai Mémoires francesi, De Rou 1988 : p.32) Un altro motivo che spinge il commediografo a progettare una seconda edizione delle sue opere è di natura tanto economica quanto artistica. Dopo la pubblicazione di una prima edizione a Firenze erano uscite una quindicina di edizioni non autorizzate – motivo economico – che inoltre erano spesso stampate male, vale a dire con l'uso di materiali di qualità inferiore, ma anche con errori di tipografia; fatto che urtava le sue sensibilità e ambizioni artistiche. L'idea di far precedere ogni tomo da un capitolo sulla vita di Goldoni fu una mossa strategica per rendere fedeli i lettori, quasi una specie di feuilleton ante litteram. Il progetto originale prevedeva 30 tomi, ma ne furono pubblicati soltanto 17 prima che nel 1778 Goldoni interrompesse il progetto. Le Memorie italiane dunque sono state scritte in un lungo arco di tempo e in forma “aperta”, in modo da permettere l'aggiunta di nuovi capitoli. Diversi sono i Mémoires francesi, ovvero i Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'histoire de sa vie et à celle de son théâtre. Questo libro è stato scritto negli anni 1783-1786 e pubblicato un anno dopo. Goldoni quindi scrive questa autobiografia in fin di vita e ha una visione più “globale” della sua esistenza. Ma anche il pubblico è diverso. Là dove le Memorie italiane erano state scritte per un pubblico italiano, il pubblico dei Mémoires è francese. Questo fatto ha delle conseguenze notevoli per la forma e il contenuto del libro. 11
  • 12. b) Un pubblico francofono In un'epoca nella quale l'esprit des langues è una questione molto dibattuta, les Mémoires di Goldoni non possono essere una semplice traduzione meccanica dei suoi scritti autobiografici anteriori. Anzi, l'autore si mostra molto attento non solo alla lingua del suo narratario, nella fattispecie il francese, ma anche ai concetti specifici che possono essere di difficile comprensione. Esaminiamo alcuni esempi concreti: a) Il finissait par dire qu'il désirait que son rôle fût celui d'un jeune homme sans masque, et m'indiquait pour modèle une ancienne comédie de l'art, intitulée Pantalon Paroncin. Ce mot paroncin, soit pour la traduction littérale, soit pour le caractère du sujet, revient parfaitement au mot français petit-maître; car paron en dialecte vénitien dit la même chose que padrone en toscane et maître en français; et paroncin est le diminutif de paron et de padrone, come petit-maître est le diminutif de maître. Les paroncini vénitiens jouaient de mon temps le même rôle à Venise que les petits-maîtres à Paris, mais tout change. Il n'y en a plus en France, il n'y en a peut-être plus en Italie. Je fis donc la pièce pour Darbes sous le titre de Tonin Bella Grazia, qu'on pourrait traduire en français: Toinet le Gentil. (Mém. p.288) a') Je me doutais bien qu'Antoinet le Gentil n'aurait pas valu le Cortesan vénitien (Mém. p.298) b) Nous donnâmes, quelques jours après, la première représentation delle Donne puntigliose (les femmes pointilleuses) (Mém. p.318) c) [...] je pris la [pièce] suivante dans [la classe] de la bourgeoisie; c'était, en italien, La Bottega del Caffè, et le Café tout simplement en français (Mém. p.318) d) [...]Il Cavaliere di buon gusto, qu'on pourrait traduire en français l'Homme de goût. Il est vrai que ce titre annoncerait en France un homme instruit dans les sciences et dans les beaux-arts; et l'italien de bon goût, que je peins dans ma pièce, est un homme qui, avec une fortune modique, sait trouver le moyen d'avoir une maison charmante, des domestiques choisis, un cuisinier excellent, et brille dans les sociétés comme un homme très riche. (Mém. p.322) 12
  • 13. Possiamo notare che Goldoni, quando deve tradurre i titoli delle sue opere, procede in vari modi: 1) A volte esita fra una forma più o meno francesizzante. Così Tonin diventa prima Toinet, poi Antoinet, nome al quale il pubblico francese è più abituato10 . (frammenti a - a') 2) Quando il titolo italiano è trasparente, la traduzione francese è data senza troppe spiegazioni (frammento c), talvolta fra parentesi (frammento b). 3) In certi casi il titolo in italiano, tradotto letteralmente avrebbe un altro senso. La linguistica moderna designerebbe parole del genere come faux amis. In tali situazioni Goldoni spiega minuziosamente i diversi significati, come esemplificato nel frammento d. c) Les Anciens et les Modernes, una nuova Questione della lingua? Il Cinquecento italiano aveva conosciuto un vivo dibattito sulla lingua letteraria da adottare dagli scrittori italiani. Il modello del fiorentino letterario trecentesco, voluto da Bembo, fu instaurato e diffuso con il fondamentale appoggio dell'Accademia della Crusca, fondata da Leonardo Salviati nel 1582. Il Vocabolario degli Accademici della Crusca, pubblicato per la prima volta nel 1612, stabiliva una volta per tutte quali parole erano da utilizzare e quali non erano ammesse. A dispetto di alcuni voci critiche – fra cui spicca l'Anticrusca di Paolo Beni (1612) – la norma dei cruscanti si impose. A cavallo fra Sei e Settecento una nuova questione divide i letterati europei. In una Digression sur les Anciens et les Modernes (1688) il philosophe francese Bernard le Bouvier de Fontenelle sostiene che gli scrittori moderni possono superare in qualità letteraria gli autori antichi. In un'epoca in cui buona parte della pratica letteraria consisteva nell'imitare i classici, una tale presa di posizione riscuoteva un'animata contapposizione fra 10 Siccome Toinet è attestato una sola volta nell'edizione di Paul De Roux (1988, Parigi: Mercure de France), si potrebbe pensare che si tratti di un'errore di battitura. Perciò abbiamo controllato il fenomeno in due edizioni anteriori, reperibili in formato digitale: ➢ 1787: presso Mme Vve Duchesne, Parigi (via: http://books.google.be/books? id=imRN4ZsrvkUC&printsec=frontcover&hl=nl&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=toinet& f=false) ➢ 1822: presso M. Ponthieu, Parigi (via http://books.google.be/books? id=bfQZAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=nl&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=fal se) In tutte e due le edizione riscontriamo la forma Toinet una sola volta. Possiamo quindi assumere che questa forma faccia parte del testo originale. 13
  • 14. i “moderni” e i loro oppositori. La discussione non era limitata dentro i confini della Francia. Come ci testimonia l'opuscolo The battle of the books (1704), scritto dall'autore inglese Jonathan Swift, il dibattito assunse ben presto un carattere europeo. Nel corso del '700 i dibattiti continuarono. Una quarta edizione del Vocabolario della Crusca (1729-1738) suscitò dure critiche da parte di alcuni illuministi. Nel 1756 Alessandro Verri pubblica una Rinunzia avanti notaio al Vocabulario della Crusca. Una teoria più elaborata troviamo nel Saggio sulla filosofia delle lingue (1785) del padovano Melchiorre Cesarotti. Egli mette l'uso della lingua al centro della sua riflessione: Il consenso generale è l'autore e'l legislator delle lingue11 . Goldoni s'iscrive perfettamente in quella visione. Il brano seguente ci indica in modo molto significativo la decisa presa di posizione del Goldoni nei dibattiti letterari del suo tempo. J'étais Vénitien, j'avais le désavantage d'avoir sucé avec le lait l'habitude un patois très agréable, très séduisant, mais qui n'était pas le toscan. [...] Je me rappelai un jour que le Tasse avait été tracassé toute sa vie par les académiciens de la Crusca, qui soutenaient que la Jérusalem délivrée n'avait pas passé par le bluteau qui fait l'emblème de leur société. [..] “Ah, mon Dieu! faut-il être né en Toscane pour oser écrire en langue italienne?” Je tombai machinalement sur les cinq volumes du Dictionnaire de la Crusca: j'y trouvai plus de six cent mots et quantité d'expressions approuvées par l'Académie et réprouvées par l'usage; je parcourus quelques-uns des auteurs anciens [...] qu'on ne pourrait pas imiter aujourd'hui sans reproche, et je finis par dire: “Il faut écrire en bon italien, mais il faut écrire pour être compris dans tous les cantons de l'Italie; le Tasse eut tort de réformer son poème pour plaire aux académiciens de la Crusca: sa Jérusalem délivrée est lue de tout le monde et personne ne lit sa Jérusalem conquise.” (Mém. p.370 – 371) Notiamo che la questione viene affrontata sia dal punto di vista geografico che da quello temporale. A prima vista sembrerebbe che il commediografo rimpianga il fatto di non essere toscano Parla infatti del désavantage di aver come madrelingua un patois “gradevole, seducente”, ma non toscano. Tuttavia conclude denunciando il toscanismo troppo spinto dei cruscanti. Il caso di Torquato Tasso, poeta di origine ferrarese, serve da esempio. La sua Gerusalemme Liberata riscontra molto più successo della Gerusalemme Conquistata, una versione “epurata” dello stesso poema. Ciò che importa per Goldoni è essere compreso dans tous les cantons de l'Italie. Perciò preferisce l'usage alle norme rigide della Crusca. Nel dibattito fra Anciens e Modernes, Goldoni si situa decisamente fra gli ultimi. L'uso vivo 11 Cit. in De Sefani 2011 14
  • 15. della lingua è di gran lunga più importante dei modelli classici. Prova di ciò sono gli scrittori antichi qu'on ne pourrait pas imiter aujourd'hui sans reproche. d) Excursus su alcune parlate italiane Per Goldoni quindi il linguaggio teatrale non dovrebbe iscriversi in una lunga tradizione letteraria, considerata chiusa ed autoreferenziale. Sostiene radicalmente l'uso di una lingua viva e dinamica che rispecchi la realtà contemporanea. Conseguenza di una tale visione è una maggiore attenzione per le parlate “non letterarie”; i vari volgari della penisola italiana. Viaggiando molto, Goldoni sviluppa una ottima conoscenza dei vari dialetti, accenti e modi di parlare. Il veneziano, il genovese, il milanese e il friulano sono esplicitamente commentate nei Mémoires. Veneziano Le langage vénitien est sans contredit le plus doux et le plus agréable de tous les autres dialectes de l'Italie. La prononciation en est claire, délicate, facile; les mots abondants, expressifs; les phrases harmonieuses et spirituelles; et comme le fond du caractère de la Nation vénitienne est la gaîté, ainsi le fond du langage vénitien est la plaisanterie. (Mém. p. 307, cit. in Capaci & Simeoni : 113) Goldoni parla sempre affettuosamente della sua madrelingua. Il veneziano per lui è una lingua vivace, espressiva ed armoniosa. Possiamo notare che la lingua ed il popolo veneziano sono strettamente collegate fra loro. L'esprit della lingua rispecchia lo spirito dei parlanti. Genovese Après le dialecte toscan et le vénitien, c'est le génois qui m'amuse plus que les autres. Dieu (disent les Italiens) avait assigné à chaque nation son langage; il avait oublié les Génois; ils en composèrent un à leur fantaisie, qui sent encore la confusion des langues de la Tour de Babel; mais c'est celui de ma femme et je l'entends et je le parle assez bien (Mém. p.494) Il genovese è la lingua della moglie di Goldoni. Perciò anche questa parlata è dipinto con affetto. Il dialetto di Genova è un dialetto divertente nei suoi occhi. Ma non solo per lui. Nell'immaginario degli italiani – ci dice Goldoni – la parlata ligure è una lingua fantasiosa e 15
  • 16. goffa, che ricorda persino la confusione babelica. Riscontriamo questa immagine della Torre di Babele anche in altri scrittori. Così Steva de Franchi, un autore genovese, sente di dover difendere il linguaggio della sua Repubblica dagli attacchi dei suoi detrattori. Chi ve dixe, signori censoî, che ra prononçia Zeneize a l'è cattiva e da fâ rie? […] Ve domando, quâ è ra vera regola dra boña prononçia? forsi quella che Domeneddê misse in bocca dri famozi maççachen dra torre de Babilonia? [...] Che poi ra nostra lengua sæ goffa, e non agge dro spirito quanto re âtre, ro pœu dî solo chi ra parla à benefiçio de natura.12 Milanese e friulano (...) à la fameuse hôtellerie de La Cazzola (lampe de cuisine) que les Milanais prononcent cazzeura, car les Lombards ont la diphtongue eu comme les Français et la prononcent de même”(Mém. p.181) Le langage fourlan est particulier; il est aussi difficile à comprendre que le génois, même pour les Italiens. Il semble que ce patois tienne beaucoup à la langue française. Tous les mots féminins qui en italien finissent par un a se terminent en Frioul par un e, et tous les pluriels des deux genres sont terminés par un s. Je ne sais pas comment ces terminaisons françaises, et une quantité prodigieuse de mots français, ont pu pénétrer dans un pays si éloigné (…) Ce qui est de plus singulier dans le patois fourlan, c'est qu'il appellent la nuit, soir, et le soir, nuit. On sera tenté de croire qui le Pétrarque parlait des Fourlans lorsqu'il dit dans ses chansons lyriques: Gente cui sifa [sic] notte inannzi sera. (Mém. p.100-101) Durante i suoi viaggi, Goldoni sviluppa un orecchio fine. Nelle sue osservazioni sul milanese e sul friulano menziona alcuni tratti fonetici tipici delle rispettive regioni. Il suono [Ø] è in effetti caratteristico per i dialetti lombardi, ma anche per quelli liguri e quelli piemontesi. Ci possiamo chiedere se definire quel suono come “le diphtongue eu” sia stata una scelta consapevole per facilitare la comprensione da parte dei lettori francofoni. Nella tradizione italiana è più ricorrente la grafia ö e forse non si userebbe il termine – qui inappropriato in verità – di dittongo. Si potrebbe obbiettare che è solo nell'Ottocento che si sviluppa la ricerca sulla fonetica e – con essa – un sistema grafico e una terminologia universale. Ma qualunque sia il motivo, sta di fatto che Goldoni si è accorto di certi fenomeni poco studiati a sua epoca e che di conseguenza ha dovuto creare un lessico suo per renderne conto. Nel commento sulla lingua friulana, Goldoni collega una particolarità lessicale di quella 12 Prefazione a Ro chittarrin Zeneise, o sæ, strofoggi dra muza (1772), consultato su http://www.oocities.org/ziardua/defranchi/stampao.html 16
  • 17. parlata con la tradizione letteraria. Nel Friuli si direbbe notte per la sera e sera per notte. Le chansons lyriques alle quali fa riferimento Goldoni sono i Trionfi del Petrarca. La citazione è tratta dal Triumphus Mortis, la terza parte dell'opera. Nel Trionfo della Morte la figura allegorica della Morte si presenta a Laura e il suo corteo di fanciulle che, liberate dalla prigione d'Amore grazie alla Pudicizia, stanno tornando in Provenza. “io son colei che sì importuna e fera chiamata son da voi, e sorda e cieca gente a cui si fa notte inanzi sera.”13 (Petrarca, Triumphus Mortis, 37-39) La gente a cui si fa notte inanzi sera sono Laura e le fanciulle che, minacciate dalla Morte, moriranno quel giorno stesso. Goldoni dà chiaramente un altro senso alle parole del Petrarca, facendone una specie di parodia. 13 Petrarca, F. (ca. 1374), Ed. Muscetta, C. e Ponchiroli, D., Canzoniere, Trionfi, Rime Varie, (1958) Torino: Einaudi 17
  • 18. 5. La lingua di Goldoni 5.1 Premessa Come ci ha indicato esplicitamente nei suoi scritti autobiografici, Goldoni costruisce la sua lingua in base a criteri contestuali quali il pubblico, il personaggio, i luoghi del suo teatro. Questo suo relativismo linguistico14 fa sì che sarebbe una scelta incoerente tentare di ricostruire “la” lingua di Goldoni. Perciò abbiamo preferito un approccio diverso. Esamineremo alcuni brani della sua opera e descriveremo i fenomeni che illustrano la libera trattazione della lingua (intesa come sistema) da parte di Goldoni. Nei casi in cui questo è possibile, renderemo conto degli aspetti situazionali che hanno potuto indurre Goldoni a fare quelle scelte. Le citazioni sono tratte in parte dagli articoli di Gianfranco Folena, e in parte da una lettura personale dei Mémoires, Il Campiello, Monsieur Petiton e Una delle ultime sere di Carnovale. La finalità di questi brani è di fornire esempi del veneziano, dell'italiano e del francese di Carlo Goldoni. Discuteremo inoltre la genesi e la struttura del Vocabolario Veneziano di Carlo Goldoni, uno strumento di ricerca a cui lo studioso Gianfranco Folena ha dedicato buona parte della sua carriera. 5.2 Paradigma venexiano In quanto madrelingua del commediografo, il veneziano offre a Goldoni un enorme repertorio di parole, forme, pronunce, … da mettere in scena. Carlo Goldoni, ottimo conoscitore della realtà concreta lagunare dipinge nelle sue commedie veneziane una varietà di personaggi, più o meno caratterizzati da un proprio modo di parlare. A seconda della classe sociale, dell'età, perfino del sesso dei caratteri15 , troviamo sfumature diverse nel loro linguaggio. Forme come abuo, avú e avudo, patron e paron, fioi e fioli, liogo e logo16 coesistono nel continuum delle varianti dialettali. Quanto alla sintassi goldoniana, ci troviamo di fronte ad una sintassi marcata dalla giustapposizione tramite l'uso frequente di asindeti e congiunzioni subordinanti generici, 14 Folena 1972 : p.47 15 Sono per esempio molto spesso le donne che nutrono ambizioni sociali e parlano un veneziano italianizzante. 16 esempi tratti da Folena 1982 : p.98 18
  • 19. come co. Una tale sintassi è tipica per il parlato e quindi perfettamente in linea con il genere del teatro che ambisce Goldoni. a) Il Vocabolario veneziano di Goldoni Stabilito che il linguaggio di Goldoni è così ricco di sfumature e così legato a delle realtà specifiche, oggidì una lettura approfondita delle sue commedie può rivelarsi difficile. Perciò Gianfranco Folena, in una nota presentata all'Istituto Veneto nell'adunanza del 1° marzo 195917 , propone la redazione di un dizionario che documenti il veneziano goldoniano. Una promessa mancata L'idea, ammette Folena, non è nuova. Lo studioso ci segnala che Goldoni stesso, nella Prefazione alle Massere (1758), annuncia la sua intenzione di compilare un vocabolario. Moltissime altre cose sparse si veggono per la Commedia, le quali abbisognano di spiegazione per l'intelligenza de' [...] Forestieri. Aveva pensato di facilitarne l'intelligenza colle annotazioni in piè di pagina, come in altre Commedie si è praticato, [...] Sto facendo ora un Vocabolario colla spiegazione dei termini, delle frasi e dei proverbi della nostra lingua per uso delle mie Commedie, [...] il quale uscirà, a Dio piacendo, in quest'anno Il Vocabolario però non vide mai la luce. Le ragioni furono molteplici. Nella prefazione alle Donne de casa soa (1758), Goldoni si giustifica: Chi poteva mai prevedere che dovess'io essere in quest'anno medesimo chiamato in Roma, a dirigere le mie Commedie nel Teatro di Tordinona? Questa cosa io la desideravo da lungo tempo [...]18 Goldoni quindi “aveva altro da fare”. Folena segnala anche la crescente convinzione dello scrittore chioggiotto che il veneziano fosse assai più intelligibile di quanto si riteneva di solito.19 Per illustrare questa idea cita i Mémoires: “Pour peu que l'on connaisse la langue Italienne, on n'aura pas beaucoup de peine à lire et à comprendre le Vénitien comme le toscan”20 17 La nota è pubblicata negli Atti dell'Istituto, T.CXVII, 1958-1959, p.79-101. E' stato poi ripresa “con qualche taglio e adattamento” ne L'italiano in Europa (Folena 1983 : p.194-215). Quest'ultima è la versione a cui ci riferiamo nel seguito della nostra tesi. 18 cit. in Folena 1983 : p.198 19 ibid. 20 ibid. 19
  • 20. Questa assunzione ci sembra tuttavia problematica. Goldoni pare ben consapevole del fatto che le sue commedie necessitavano chiarimenti linguistici. Infatti per tutta la sua vita continuerà a tradurre o parafrasare concetti meno trasparenti. Considerando il suo zelo particolare nelle prefazioni e nelle memorie di spiegare puntualmente i titoli delle sue commedie (siano esse in italiano o in veneziano), diventa difficile sostenere che Goldoni ritenesse veramente il veneziano come una lingua tanto comprensibile da non aver bisogno di chiarimenti espliciti. Un altro possibile motivo per la mancata realizzazione del Vocabolario che ci suggerisce Folena è che Goldoni, così “sensibile alla vita della parola dentro il contesto, era indifferente alla parola isolata, al termine di vocabolario, agli antipodi in ciò di tanti letterati e linguaioli del suo tempo”21 Questa sua sensibilità contestuale particolare avrà delle importanti conseguenze per l'approccio che adotterà la lessicografia moderna rispetto alle opere goldoniane, come vedremo più avanti. Una lessicografia ad hoc Anche se le chiose di Goldoni – nella sua epoca - non hanno dato luogo ad un dizionario vero e proprio, ci possono dare preziose informazioni sulla storia e lo sviluppo della lessicografia. Come poteva procedere Goldoni? Un vero vocabolario veneziano non esisteva ancora22 . Il Vocabolario della Crusa era troppo arcaizzante per rendere conto degli usi e costumi settecenteschi. Insomma, gli strumenti utili a un tale lavoro mancavano. Le annotazioni venivano dunque fatte ad hoc23 . Ciò spiega alcune incongruenze che il lessicografo moderno riscontra nelle glosse goldoniane. Così notiamo che una stessa parola può essere chiarita in modo più o meno preciso nelle diverse commedie. Nei Rusteghi per esempio troviamo la seguente spiegazione per gàtolo (“rigagnolo”): “Quasi tutte le strade di Venezia hanno de' piccioli canaletti lateralmente, dove si uniscono le immondizie, e per dove scorre l'acqua piovana”. In Signor Todero, la stessa parola è chiosata “specie di fogna”24 . Altra cosa notevole è che Goldoni costruisce delle parole apparentemente italiane sul 21 Folena 1983 : p.204 22 Il primo dizionario del dialetto veneziano, è della mano di Giuseppe Boerio e data degli anni 20 dell'800. 23 “Frettolosamente” secondo Folena (Folena 1983 : p.201). Termine secondo noi assai forte, dato l'evidente ricerca della parafrasi più adatta in ogni contesto. 24 cit. in Folena 1983: p.202 20
  • 21. modello del dialetto veneziano. Così traduce il dialettale battelante con battellaio e massere (serventi ordinarie veneziane) in massare. Nessuna delle due voci è attestata in testi scritti in toscano letterario25 . Altre parole vengono – a torto – considerate come voci dialettali: magari (“Il ciel volesse”), de là (“in un'altra camera”), ... 26 Un crescente bisogno scientifico Un primo interesse scientifico per un “dizionario goldoniano” troviamo nel Musatti, studioso del primo '900 che, prospettando una quarta edizione del Dizionario del dialetto veneziano del Boerio, “avrebbe voluto dal futuro editore si tenessero nel dovuto conto anche queste pagine del grande commediografo nostro.”27 Nel 1913 lo stesso Musatti pubblica un Saggio di vocabolario veneziano tratto dalle commedie di Goldoni28 . Era un elenco di voci e locuzioni dialettali goldoniane che mancavano nei vocabolari veneziani. Questo elenco fu però giudicato incompleto da Folena, che sostiene che potrebbe essere facilmente decuplicato e che inoltre mancano gli esempi più “rari”, fra cui alcuni unici; i cosidetti hapax. Progetti ambiziosi Come allora concepire un Vocabolario dialettale goldoniano? Da dove dovrà cominciare il lessicografo moderno per documentare una lingua tanto variegata? Di quali aspetti sintattici, morfologici, ortografici, ... deve rendere conto? Folena ci fornisce le sue idee al riguardo. Desidera un vocabolario del veneziano di Goldoni in tutta la sua storia e in tutte le sue sfumature. Ciò implica che un tale dizionario non si può limitare alle parole, ma deve chiarire anche le cose e il loro contesto. Perciò esempi tratti dai suoi scritti sono imprescindibili. Quando una voce appartiene evidentemente ad un certo strato sociale o ad un registro specifico (giuridico, mercantile, ...), il vocabolario lo dovrà indicare. Italianismi possono essere accolti solo quando appaiono in un contesto dialettale. Le chiose della mano di Goldoni vanno integrate nel dizionario. Un altro problema spinoso è quello dell'ortografia. Un primo ostacolo sono le varie 25 Esempi tratti dalle Baruffe chiozzotte e dalla prefazione alle Massere, citati in Folena 1983 : p.203 26 ibid. 27 Musatti, C. (1906), Dal vocabolario veneziano di C. Goldoni, in Ateneo Veneto, XXIX, I, p.88-91, cit. in Folena 1983 : p.212 28 In: Ateneo Veneto (1913), XXXVI, I, p.5-41, cit. in ibid. 21
  • 22. edizioni, settecentesche o più recenti, che tendono ad adeguare la grafia alle norme vigenti. Un ritorno alle stampe originali è quindi obbligatorio. Ma anche Goldoni stesso non è per niente sistematico nel suo scrivere. Soprattutto le geminate sono rese indistintamente in forma semplice o doppia. Il dizionario dovrà accogliere tutte e due le forme e fare i riferimenti reciproci. Per la redazione del vocabolario vanno previste due fasi: lo spoglio sistematico di tutta l'opera di Goldoni in dialetto e poi la redazione stessa del dizionario. Un'entrata è costruita sugli elementi seguenti29 : – Voce dialettale goldoniana, con eventuali varianti ortografiche – Quadro morfologico della parola – Moduli derivativi – Ordinamento semantico in base al criterio della frequenza – Per ogni significato: – Esempi(o) – Locuzioni relative – Usi sintattici – Chiose originali – (Riscontri con altri testi) – (Rinvii ai vocabolari dialettali) – (Cenni etimologici e storici sulla voce) 1993: Missione compiuta? A marzo 1993 vede la luce il Vocabolario del veneziano di Carlo Goldoni, un lavoro collettivo ispirato e diretto da Gianfranco Folena († 1992), poi da Vittore Branca. La presentazione del volume è scritta da Folena e riprende in grandi linee la sua nota del 1959/1983 (cf. sopra). Ribadisce l'importanza del lavoro tanto per i veneti che per i forastieri. I veneti perché possano riapproppriarsi del proprio patrimonio letterario. Presso i non veneti un tale strumento può aiutare i traduttori ad avvicinarsi al testo originale che vogliono far conoscere ai loro concittadini. 29 Riassunto schematico delle indicazioni di Folena 1983 : p.210 22
  • 23. Rispetto al progetto originale, Folena rende conto di una terza fase redazionale: una revisione finale del materiale e l'arricchimento dell'opera con illustrazioni funzionali alle spiegazioni. Quanto alla struttura del lemma, essa è rimasta così come progettata prima. Si chiude qui la travagliata realizzazione di un Vocabolario goldoniano? E' questo lo strumento perfetto per lo studioso di Goldoni del XXI secolo? Crediamo che a livello di contenuto ci sia poco da aggiungere. Lo spoglio sistematico dell'intero corpus di Goldoni, lavoro titanico iniziato più di un mezzo secolo fa da Folena e alcuni suoi scolari, a nostro avviso è da considerarsi compiuto. Una prospettiva futura può articolarsi piuttosto sul piano formale. Sarebbe forse auspicabile una versione digitalizzata del dizionario. I vantaggi sarebbero molteplici. Nell'era digitale in cui stiamo entrando, la consultazione diventerebbe più agevole e si potrebbero sfruttare meglio i rinvii ad altri lemmi e alle illustrazioni. In uno stadio ulteriore si potrebbe pensare ad un collegamento fra le opere di Goldoni, già in gran parte digitalizzate, ed il vocabolario. Ciò sarebbe utilissimo per una migliore comprensione dell'autore. A lungo termine, si potrebbero inoltre integrare trascrizioni fonetiche (tenendo presente che sarebbero delle ipotesi), frammenti audio, video, spartiti,.. In una rete di conoscenze condivise, sempre in maggior misura collegate fra di loro, la valorizzazione dell'opera goldoniano potrà finalmente culminare. 5.3 Le opere in italiano Sono numerose le critiche sull'italiano di Goldoni mosse dagli studiosi moderni. Le interferenze con il veneziano e con il francese renderebbero la lingua impura, o addirittura scorretta. Le autotraduzioni in primis sono considerate di poco valore. Ma anche quando le opere sono scritte direttamente in lingua, l'italiano del commediografo è giudicato freddo e convenzionale. In un saggio sulla figura del nobile in Goldoni30 , Kristine Hecker avanza un'interessante ipotesi; l'italiano sarebbe la lingua legata ai personaggi nobili e ai forastieri (non veneziani). Hecker osserva che nell'universo teatrale goldoniano molto spesso gli aristocratici sono caratterizzati da frasi fatte e tic verbali, come l'adagio del Marchese nella 30 Hecker, K. (1994), La figura del nobile nel teatro goldoniano. Contesto storico-poetologico, caratteristiche e ricezione in Padoan, G. (1994) Problemi di critica Goldoniana, Ravenna: Longo 23
  • 24. Locandiera: “son chi sono”. Rappresentare i nobili in questo modo fu una decisione coraggiosa. All'epoca vi era un vivo dibattito sulla legittimità dell'introduzione di protagonisti aristocratici nelle commedie, in quanto le commedie erano sempre state considerate come genere basso, con personaggi provenienti dai ceti sociali popolari. Goldoni, mettendo in scena dei nobili ridicoli, si fece alcuni nemici. L'italiano 'costruito' che parlano i personaggi era un facile punto di critica. Che vi pare, cavalieri e dame d'Italia, di quest'altra dama del Goldoni? Miledi Daure […] pensa e parla come una vecchia padrona di postribolo. (Giuseppe Baretti, La frusta letteraria – 15 agosto 1974)31 Anche i sostenitori di Goldoni, come Cesare Beccaria e Pietro Verri, ritenevano che egli fosse più brillante quando metteva in scena dei caratteri borghesi. Il Goldoni infatti conosceva meglio il ceto mercantile che gli ambienti nobili. Sapendo che Goldoni trae la sua ispirazione dal Mondo, dalla realtà concreta, non ci deve sorprendere che è proprio la borghesia che riesce meglio a dipingere. L'italiano, come detto, è anche una lingua che crea distanza. E' la lingua dei forastieri. Nel Campiello la lingua italiana diventa ostacolo alla comunicazione fra il Cavaliere e Gasparina, giovane caricata che parlando usa la lettera Z in luogo dell'S32 , che parla quasi esclusivamente veneziano. CAVALIERE Io sono un cavaliere, Egli è ver, forastiere; Ma per le donne ho sentimenti onesti. GASPARINA (Oh, che i me piaze tanto zti foresti). (...) CAVALIERE Lasciam le cirimonie, favorite. Siete zitella? GASPARINA No lo zo dazzeno. CAVALIERE Nol sapete? tal cosa io non comprendo. GASPARINA Zto nome de zitella io non l'intendo. 31 cit. in ibid. : p.336 32 Fenomeno estraneo al veneziano settecentesco, forse per mettere in risalto l'ambizione sociale di Gasparina. “Quando ch'io voggio, zo parlar tozcana / Che no par che sia gnanca veneziana” (Il Campiello, p.27) 24
  • 25. CAVALIERE Fanciulla voglio dir. GASPARINA No zo capirla. Ze zon puta? CAVALIERE Così. GASPARINA Per obbedirla. CAVALIERE Troppo gentile! Avete genitori? GASPARINA No l'intende n'è vero, Troppo el noztro parlar? CAVALIERE Così e così. GASPARINA Me zaverò zpiegar. CAVALIERE Avete genitori? GASPARINA Mio padre zono morto, E la mia genitrice ancora ezza. M'intendela? CAVALIERE Bravissima, Voi parlate assai ben. GASPARINA Zerva umilizzima. (p.26-27) Il brano comincia con l'identificazione del Cavaliere come nobile e straniero; le due caratteristiche che abbiamo evocato prima. Segue la domanda “siete zitella”, riformulata due volte prima che Graziosa la capisca. Le parole zitella e fanciulla, infatti, non esistono nel suo dialetto. Ironicamente Graziosa poi ribalta la situazione, osservando che è il Cavaliere che non sa il veneziano. Di colpo è lui che deve adeguarsi alla lingua lagunare. Tuttavia, Graziosa continua a sforzarsi di parlare italiano. Per analogia con la forma veneziana xè, usata per la terza persona singolare e plurale, afferma: “Mio padre zono morto”. Affermazione alla quale segue un complimento del Cavaliere: “Voi parlate assai ben”. Presa in giro o galanterie? Il contrasto linguistico contribuisce in ogni caso alla vis comica goldoniana. 5.4 Il francese di Carlo Goldoni Il veneziano è la lingua della sua città natia, l'italiano gli dà accesso ad un pubblico più ampio, ma nel Settecento la lingua internazionale per eccellenza dell'intellettuale cosmopolita era il francese. Dando un'occhiata agli scritti goldoniani che risalgono al suo periodo italiano, possiamo vedere che in alcuni luoghi spunta già il francese. Pensiamo in primo luogo a Monsieur Petiton e a Una delle ultime sere di Carnovale, opere alle quali dedicheremo un paragrafo 25
  • 26. più elaborato. Vedremo tuttavia che quel francese è una lingua artificiale, costruita appunto per garantire la comprensione da parte degli italiani. Trasferitosi a Parigi, Goldoni si fa proprio il lessico e la sintassi francese. Di ciò testimoniano ad esempio i Mémoires, scritti in un francese linguisticamente assai “corretto”33 . Folena ci segnala tuttavia che Goldoni scrive un francese sine lege grafica34 . Gli esempi che seguono sono tratti da una lettera di Goldoni a Voltaire (1764), edita da Luigi Poma e citata da Folena35 . “vous en jugerez” vs “je les enverrez” (confusione di grafemi omofoni) je les estimes (estensione analogica di -s) personnes digne d'être connu (plurali non marcati graficamente) ma lettre vous sera présenté (femminile non marcata) ses personnes (confusione grafica fra dimostrativo e possessivo) je vous en demande pour eux, qui le merite (confusione fra terza persona singolare e plurale) Lo studioso padovano fa notare che la confusione singolare-plurale dell'ultimo esempio può essere dovuto all'influsso del veneziano. Interessante da vedere è il modo in cui Goldoni imita il francese parlato nelle sue commedie francesi. Un procedimento tipico della lingua parlata è la cosiddetta 'distribuzione binaria'36 . Il parlante riprende una parte del discorso per correggersi, per aggiungere informazione o per enfatizzare l'elemento ripreso. Géronte: C'est sa soeur qui m'intéresse C'est elle seule qui mérite ma tendresse mes soins Dorval est mon ami, Dorval l'épousera; Je lui donnerai la dot, Je lui donnerai tout mon bien 33 In ciò che segue confronteremo il francese di Carlo Goldani con il francese “normativo”, prescritto dai grammatici francesi quali Vaugelas. Goldoni stesso però non afferma di voler adeguarsi alla norma. Anzi, la sua lingua si adatta quasi sempre al contesto in cui viene usata. Anacronisticamente potremmo dire che metteremo a confronto la langue (in quanto sistema ideale) francese con la parole (contestualizzata) goldoniana. 34 Folena 1972 : 51 35 Poma, L. (1957), Una lettera inedita del Goldoni, in “Studi letterari per il 250° anniversario della nascita di C. Goldoni”, Pavia, cit. in Folena 1972. 36 Folena 1972 : p.54 26
  • 27. tout Je laisserai souffrir le coupable; Mais je n'abandonnerai jamais l'innocence.37 Vediamo ritornare questo procedimento nelle traduzioni delle commedie francesi e nelle commedie in italiano che risalgono al periodo francese, quali Il Ventaglio. 5.5 Plurilinguismo teatrale: Da Monsieur Petiton a Una delle ultime sere di Carnovale Carlo Goldoni non si limita a scrivere in veneziano o in italiano o in francese. In alcune sue opere mischia i vari codici a tal punto che possiamo parlare di un vero e proprio plurilinguismo teatrale. Noi vorremmo prendere in esame due pezzi: Monsieur Petiton e Una delle ultime sere di Carnovale. a) Monsieur Petiton Monsieur Petiton è un intermezzo musicale di due parti, scritto da Goldoni nel 1736. Il protagonista, un petit-maître (variante internazionale del locale cortesan, l'Uomo di Mondo o paroncin38 ) guascone corteggia Graziosa, la vana moglie di Petronio, un cittadino bolognese. Lindora, la moglie – veneziana – di Petiton scopre l'affare e s'infuria. Graziosa beffeggia Petiton, che rimane solo e disingannato. Alcune osservazioni linguistiche In questo intermezzo sono compresenti ben quattro lingue distinte: il bolognese di Petronio, il veneziano di Lindora, l'italiano di Graziosa e il francese di Monsieur Petiton. Il bolognese e il veneziano sono i linguaggi più stabili; non ci ritroviamo molte tracce di altri codici. L'italiano che parla la vanarella39 Graziosa è un linguaggio affettato. La sintassi marcata e il lessico mondano sembrano conferire un carattere aulico alle sue parole. “Abbiate più giudizio, 37 Le Bourru bienfaisant, III.60, cit. in ibid. : p.60 38 Folena 1972: 56 39 ibid. 27
  • 28. Se veder non volete un precipizio” (MP, p.4) “Monsiù, chi è questa pazza che con tanta baldanza È entrata in casa mia senza creanza” (MP, p.7) Si potrebbe argomentare che quello stile è proprio al genere del dramma per musica (intermezzi, melodramma, opere liriche, …), soprattutto nel '700. Tuttavia il carattere artificiale del parlato di Graziosa è messo in evidenza per mezzo di ipercorrettismi (tocca a io) ed una incertezza nell'uso delle forme voi e lei. Il francese di Petiton è palesemente una lingua costruita per attori e spettatori italofoni. E' interessante notare che in vari luoghi Goldoni rende la pronuncia francese in una grafia fonetica (almeno nelle intenzioni) basata sull'italiano: votre tresumble servitor, si vou plè, comsà ... Non riesce però ad elaborare un sistema coerente. Non è raro che due o più forme riferiscono ad un solo suono. Così la vocale velare chiusa [u], viene talvolta reso come <ou> (nou, vou, tousour, …), talvolta come <u> (un lui d'or, ui). Sul piano morfologico notiamo che alcune parole sono costruite sulla base di morfemi italiani e francesi: così approntre (apprêter), nou jocheron un poco (nous jouerons un peu) o addirittura morfemi veneziani (je baserè, sul verbo veneziano basare, in italiano baciare). Gianfranco Folena ci dimostra che alla fin fine è l'italiano e non il francese che sta alla base del franco-italiano di Petiton40 . Avanza l'idea che uno scopo importante dell'inventiva linguistica goldoniana è la comicità verbale. Il commediografo si identifica con il pubblico popolano, che a malapena sa il francese e mette in bocca ad un suo personaggio gli spropositi abituali di un italiano quando cerca di parlare quella lingua. La lingua in quanto veicolo della trama e della caratterizzazione dei personaggi La funzione identificatrice della lingua in Monsieur Petiton ci sembra assai elaborata. I quattro personaggi, molto stereotipati, si esprimono ognuno nel proprio idioletto. Petiton, francese41 , si presenta prima come galantuomo ma si rivela poi donnaiolo. Vittima della propria stoltezza, sarà beffeggiato da Graziosa e deriso dalla moglie. Questa sua 40 Folena 1972 : 59 41 ovvero: guascone, ma ciò non si esprime nella lingua (tutta artificiale appunto), ma nei comportamenti 28
  • 29. goffaggine si esprime anche attraverso la lingua. Petronio è bolognese e parla conseguentemente. Di Graziosa, sua moglie, non sappiamo la provenienza. Essa cerca in tutti i modi di nascondere le sue basse origini, sforzandosi di parlare un italiano colto, impresa in cui non riesce perfettamente. Qua e là inserisce pure qualche parola francese, per esempio quando sta giocando a carte con Petiton: monsù donè. Lindora, la moglie di Petiton, è una vera matrona veneziana. La sua furia è rispecchiata nelle espressioni dialettali più terra terra: se ti torni più in sta casa, vôi mazzarte, sbuddelarte (MP, p.8) Toco de sporco, Le te vien a trovar infin a casa (MP, p.12) Anche il “consiglio” che dà Lindora alle giovani ascoltatrici, sente dell'avarizia che talvolta si ascrive alla borghesia veneziana: Putazze, se voggiose Vu sé de maridarve, Mi ve conseggio, Per vostro meggio, De no taccarve A certe belle ciere, Che colle so maniere Alfin v'ingannarà Trovève un bon mario De roba ben fornio E se l'è brutto Cossa ve importa? (MP, p.10) Nel libretto goldoniano la confusione francese/italiano viene anche sfruttata per dar luogo a dei qui-pro-quo. Confusione rapidamente sciolta in questo caso, vista la breve durata dell'intermezzo. Petit: Joerons une pistolle per partite. Graz.: Che cosa? Una pistola? Eh, lei mi burla Petit.: Une pistolle, un luì d'or, coman s'appell'an Italì? Un dupple d'or. Graz.: Adesso adesso intendo, 29
  • 30. Lei vuol dir una doppia per partita. (MP, p.5) b) Una delle ultime sere di Carnovale Una delle ultime sere di Carnovale è la commedia con la quale Goldoni prende congedo della scena veneziana. “In fondo questa Commedia è un'allegoria, che ha bisogno di spiegazione,” scrive Goldoni nella prefazione. In effetti, l'autore mette in scena Anzoletto, disegnatore di stoffe, che è chiamata a Moscovia. Ci vuole poco per riconoscere in quel personaggio la vicenda personale di Goldoni, chiamato a Parigi come direttore della Comédie Italienne. Rappresentata a Venezia il martedì grasso 1762, la commedia è applaudita ed il pubblico esorta Goldoni a tornare presto. Augurio che però non si avvererà. La commedia è scritta in veneziano. Cosa che non ci stupisce se consideriamo l'occasione e il pubblico per il quale è stata scritta. Tuttavia si introduce anche un personaggio francofono, madama Gatteau. E' stato notato da Folena42 che nei Mémoires Goldoni, presentando Madama al lettore (francese), mette in risalto il suo ruolo nella trama: “une brodeuse [...qui] se trouve pour des affaires à Venise,” mentre nella prefazione alla commedia stessa, scritta per i lettori veneziani, dipinge non il ruolo, ma il carattere del personaggio: “La caricatura di una vecchia, che vuol fare la spiritosa”. Il pubblico quindi sembra essere un fattore determinante per l'organizzazione del discorso di Goldoni, anche quando non cambia l'argomento su cui scrive. Resta un problema da risolvere: come rendere intelligibile il francese di Madama Gatteau per lo spettatore veneziano? In alcuni luoghi le battute in francese si capiscono dal contesto. Sono spesso delle formule di cortesia, come “votre servante”, “me voici a vos ordres”, … La scelta di non tradurre è in linea con l'idea di Goldoni che la comunicazione tra francese e veneziano sia possibile, “anche se talora non senza difficoltà”43 . In altri luoghi madama Gatteau ricorre alla 'code-switching' (o commutazione di codice) per trasmettere il suo messaggio: 42 Folena 1972 : p.60 43 Folena 1972 : p.60, dopodiché lo studioso fa l'esempio di una confusione intorno alla parola odeurs 30
  • 31. Domenica: Perché no ghe l'aveu dito? Madama: Ah! la pudeur... Come voi dite? Il rossore me lo ha impedito. Domenica: Seu ancora da maridar? Madama: Non, mademoiselle. Io ho avuto trois mariti. Domenica: E ve xè restà ancora la pudeur?44 Nella prima battuta di Madama notiamo che il concetto chiave pudeur è ripreso e tradotto (rossore). Nella seconda battuta invece parole italiane e francesi formano un unico enunciato. La ripresa di pudeur nella parlata veneziana, un sistema di solito abbastanza chiuso a forestierismi, è dovuta al carattere scherzoso e ironico della risposta di Domenica. Un riferimento all'italiano ritroviamo in un solo punto. E' un elemento significativo tuttavia. Anzoletto: […]Xè vero, che la proposizion me convien; xè vero anca, che l'ho accettada. Ma xè vero altresì... Marta: Belo quel “altresì”; el scomenza a parlar forestier. (Una delle ultime sere di Carnovale, p.22) L'italiano è la lingua del forestiere, di colui che non fa (più) parte della società veneziana. Anzoletto, che sta per partire per l'estero, già non è più un veneziano al cento per cento. Forse la sua partenza è vista come un tradimento, e forse Goldoni stesso lascia la società veneziana con questo sentimento di non appartenervi più completamente. 5.6 Goldoni traduttore/ Goldoni tradotto Il rapporto di Goldoni con la traduzione delle sue pièces teatrali è sempre stato ambiguo. In vari luoghi dei Mémoires lo scrittore afferma la difficile traducibilità dei suoi scritti. Nello stesso anno in cui Goldoni avviava l'edizione Pasquali (1760), ricevette una lettera da Antoine-Alexandre-Henri Poinsinet. Questo letterato volle tradurre l'intera opus goldoniano in francese. La risposta di Goldoni fu netta: Je prévins M. Poinsinet que je venais d'entreprendre une nouvelle édition avec des corrections et des changements et que d'ailleurs mes pièces étaient remplies des différents patois d'Italie, qui rendaient la traduction de mon Théâtre impossible pour un étranger. (Mém. 394) Durante il suo soggiorno a Parigi si rendette conto che tuttavia le sue opere vennero 44 Cit. in ibid. : p.61 31
  • 32. tradotte. Alcuni traduttori lo facevano senza il suo permesso, altri vennero a chiedere la sua autorizzazione. Egli “tâcha de les dégoûter tous également d'une entreprise dont ils ne connaissaient pas les difficultés”45 . Ai suoi traduttori Goldoni rinfaccia la traduzione troppo letterale, senza tener conto della differenza d'esprit fra l'italiano e il francese. Anche le migliori traduzioni mancarono di chaleur e vis comica, in modo che “les plaisanteries italiennes devenaient des plattitudes en français”46 . Nonostante la sua avversione per la traduzione, Goldoni si mette a tradurre egli stesso le sue opere; dal veneziano e dal francese all'italiano. a) Veneziano-italiano Uno studio linguistico sulle autotraduzioni goldoniane dal veneziano all'italiano è stato condotto da Pietro Spezzani negli anni 70 del secolo scorso. Il risultati della ricerca sono stati pubblicati nel volume Il Goldoni traduttore di se stesso dal dialetto alla lingua (1979), presso l'editore Olschki, Firenze. Purtroppo il libro non è stato reperibile per la nostra ricerca. Perciò ci baseremo sulle informazioni che ce ne fornisce Tina Matarrese nella Storia della lingua italiana – Il Settecento47 . Per rendere conto della differenza stilistica fra le opere veneziane e quelle in italiano, Tina Matarrese cita I due Pantaloni (1753), tradotto in italiano da Goldoni nel 1765 con il titolo I Mercatanti. “Putta cara, son cortesan, vu me dè el mandolato, ma no lo magno. Se vu avé studià i libri de filosofia, mi ho studià quelli del baronezzo, e ghe ne so tanto che basta per menarve a scuola vu, e diese della vostra sorte.” (I due Pantaloni)48 “Signorina garbata, voi mi adulate, ma io non ci sto. Se voi avete studiato i libri di filosofia, io ho studiato quelli del mondo, e ne so tanto che basta per condurvi alla scuola voi e dieci della vostra sorta.” (I Mercatanti)49 45 Mém. p.447 46 ibid. 47 Matarrese 2004 : p.108 48 ibid., esempio ripreso da Spezzani 1978 49 ibid. 32
  • 33. La studiosa segnala il carattere proverbiale, allusivo ed idiomatico del veneziano, mentre l'italiano avrebbe un carattere più convenzionale, più vicino alla conversazione mondana. In effetti, dare el mandolato e no lo magno sono espressioni che non ritroviamo in italiano e qui Goldoni le sostituisce con un solo verbo (adulare) e con un'altra espressione italiana, colloquiale anch'essa, ma forse meno espressiva (starci). In altri casi Goldoni ha più difficoltà a trovare equivalenti validi per certi idiotismi veneti. Quei casi danno luogo ad un italiano “improbabile e artificiale”50 ste spuzzette begli umoretti un fiaetin un pocolino so marìo xé de la taggia del mio suo marito è sul far del mio b) Francese-italiano A Parigi, Goldoni scrisse due opere in francese: Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux. La prima ebbe un successo clamoroso. Recitata per la prima volta alla Comédie Française il 4 novembre 1771, fu ripreso il giorno dopo alla corte di Fontainebleau. Ebbe in Francia ben 93 repliche. Un anno dopo uscirono 2 traduzioni in francese51 . “Elles ne sont pas mal faites, mais elles n'approchent guère l'original”, ne scrive Goldoni nei Mémoires52 . Critica gli autori per le loro traduzioni troppo letterali e meccaniche: “Il y a des phrases, il y a des mots qui perdent leur sel dans la traduction”53 . Solleva anche la questione dei faux amis, ai quali i traduttori non hanno fatto attenzione. Nel 1789 Goldoni intraprese l'autotraduzione del Bourru bienfaisant. L'autore stesso non ci dice esplicitamente la ragione per cui aveva deciso di cominciare un lavoro che aveva sempre stimato disgustoso e privo di spirito creativo. Nei Mémoires sostiene che “una circostanza singolare”, “l'amicizia”, “l'uso ch'io dovea fare del profitto di questo mio lavoro ha finito di persuadermi”54 Laurence Boudart segnala il suggerimento di Paola Luciani, editrice del Burbero di buon cuore, che la “circostanza singolare” potrebbe essere la ripresa della commedia alla 50 ibid. p.109 51 Dalla mano di Pietro Candoni e di Elisabetta Caminer Turra rispettivamente 52 Goldoni 1988 : p.473, cit. in Boudart 2008 : p.49 53 ibid. 54 traduzione italiana non specificata dei Mémoires, cit. nella premessa a Goldoni, C. (2003), Le bourru bienfaisant/Il burbero di buon cuore, a cura di Paola Luciani. Citazione ripresa in Boudart 2008 : p.50 33
  • 34. Comédie Française l'anno precedente e forse una conseguente commissione55 . Gli studiosi contemporanei sono assai critici nei confronti di questa autotraduzione. Gabriella Bosco, in un saggio sulla traduzione del Bourru bienfaisant, mette in luce in termini assai polemici quanto l'italiano di Goldoni sia “truffé de gallicismes”56 . Con una serie di esempi stabilisce una grammaire des fautes dell'autore. Le interferenze si situano tanto a livello lessicale quanto a livello grammaticale57 . Lessico Angelica: “non sorte mai così di buon ora” (Il ne sort jamais si matin) Dorval: “Ecco un titolo per interessarmi ancor davantaggio” (J'aurai même un titre pour m'intéresser davantage en votre faveur) Geronte: “...no, non lo voglio... e non devo soffrire” (Non, je ne le veux pas … je ne le souffrirai pas) Grammatica La negazione Costanza: “Non gioco...non società sospette...senza fasto...per lui...” (Point de jeux...point de sociétés dangereuses...point de faste...pour lui) Le comparative Leandro: “Son l'uomo il più felice del mondo” (Je suis l'homme du monde le plus heureux) Bosco conclude mettendo in luce il divario fra i precetti poetici di Goldoni e la sua prassi. Denuncia il fatto che Goldoni si mostra molto critico nei confronti dei traduttori delle sue pièces, mentre il commediografo ormai completamente francesizzato fa gli stessi errori che rinfaccia ad altri. Laurence Boudart è più mitigata nel suo giudizio. Non nega la presenza di un forte influsso del francese sulla traduzione in italiano. Ricorda però che l'italiano del drammaturgo 55 Boudart 2008 : p.50 56 Bosco 1993 : p. 354 57 Gli esempi che seguono sono tutti tratti da Bosco 1993 : p.358-359 34
  • 35. settecentesco è una lingua media58 , vale a dire una lingua franca per gli abitanti di un paese dove la conversazione quotidiana si svolge sempre in dialetto. La funzione teatrale della lingua prevale sulla correttezza linguistica. Un simile punto di vista troviamo anche in Folena, che caratterizza la lingua di Goldoni extragrammaticale e contingente; una “lingua ipotetica di conversazione”59 , anche se ammette che l'interferenza del francese negli ultimi scritti di Goldoni “assumi aspetti massicci e talora patologici”60 . Sarebbe interessante prendere in considerazione non solo la traduzione del Bourru bienfaisant, ma anche quella dell'Avare Fastueux, fatta anch'essa tra la fine degli anni 80, e l'inizio degli anni 90 del Settecento. A nostro sapere, uno studio in merito non è mai stato fatto. Forse perché l'Avaro Fastoso è visto più come un rimaneggiamento che come una traduzione vera e propria. Ciò spiegherebbe anche la maggiore coerenza linguistica interna rispetto alla traduzione del Bourru Bienfaisant. E' un'edizione molto più recente dell'Avaro Fastoso che viene presentato come “prima traduzione italiana” del testo originale; l'edizione a cura di Giovanni R. Ricci, uscito nel 2008 presso Stony Brook (Nuova York). In una recensione negli Annali d'italianistica leggiamo: The Italian version was a compact and modified version, very different from the French original. The volume offered by Ricci is an Italian translation that holds true to the first edition of the play.61 Oggi disponiamo quindi di due “traduzioni” dell'Avare Fastueux: quella di Ricci, linguisticamente più fedele all'originale, e quella di Goldoni stesso che traslata l'esprit francese allo spirito italiano. Uno studio comparativo ci darà senza dubbio nuovi spunti per capire fino in fondo l'estetica goldoniana. 58 Boudet 2008 : p.53 59 Folena 1972 : p.48 60 Folena 1983 : p.382 61 Goldoni, Carlo. L'avaro fastoso. Ed. and trans. Giovanni R. Ricci. Stony Brook (NY): Forum Italicum Publishing, 2008. Pp. 84., libro recensito in Annali d'Italianistica (2010), n°28, p.653 35
  • 36. 6. Conclusione In questo studio ci siamo soffermati sulle funzioni della lingua nell'opera teatrale e autobiografica di Carlo Goldoni. Il punto di partenza per la nostra ricerca è stata la riforma teatrale goldoniana, dove la lingua è emersa come uno degli elementi innovativi. In seguito abbiamo cercato di distinguere fra la poetica esplicita e la concreta prassi linguistica del commediografo. Per reperire la visione di Goldoni sul concetto di lingua sono stati studiati i Mémoires e alcune prefazioni alle sue commedie. Abbiamo visto come l'autore, per rendere il suo teatro più realistico, ha dovuto fare certe scelte linguistiche. I problemi di fronte ai quali si è trovato, furono l'inadeguatezza della lingua della tradizione letteraria e la mancanza di una lingua di conversazione non dialettale e comprensibile oltre i confini regionali. Perciò ha creato un linguaggio nuovo, allo stesso tempo verosimile e del tutto artificiale, necessariamente eclettico in forma e in sostanza. Passando alla lingua di Goldoni, abbiamo notato che il drammaturgo ha un'esperienza trilingue; scrive delle opere in italiano, in veneziano e in francese. E' stato notato che il dialetto veneziano, la madrelingua dello scrittore, è la lingua in cui Goldoni riesce meglio a introdurre una scala di sfumature stilistiche. Per gustare al massimo le opere in veneziano, potrebbe servire un vocabolario apposito che rischiari i significati e gli usi del lessico goldoniano. Uno sguardo su un tale dizionario, auspicato da Goldoni e terminato due secoli dopo da Gianfranco Folena e i suoi collaboratori, è stato incluso in questo lavoro. L'italiano goldoniano da suo canto è piuttosto una lingua veicolare, che gli permette di far rappresentare le sue opere davanti ad un pubblico più ampio. Il francese infine è una lingua che Goldoni ha imparato solo tardi, quando è stato chiamato a Parigi all'età di circa cinquant'anni. Ciò nonostante assimila quasi completamente la lingua di Molière, a tal punto che essa inciderà sui suoi scritti in italiano. In francese Goldoni ci lascia due opere teatrali e la sua autobiografia. Oltre alle ragioni esterne per l'uso di questa o quella lingua, le scelte linguistiche di Goldoni incidono anche sulle commedie stesse. Nelle opere che abbiamo definito 'plurilingui', ogni lingua ha la sua funzione. In Monsieur Petiton il francese storpiato del 36
  • 37. protagonista sottolinea il suo carattere buffo e ingenuo, mentre Madame Gatteau in Una delle ultime sere di Carnovale parla già un francese più verosimile, ma comprensibile per i concittadini veneziani grazie ad un continuo code-switching fra francese e italiano. L'italiano nelle commedie plurilingui può contrapporre i cittadini veneziani ai forastieri, o la classe borghese (che parla veneziano) a quella nobiliare (che parla italiano). Carlo Goldoni, in quanto immigrato veneziano/italiano a Parigi, diventa figura di mediazione fra la cultura italiana e quella francese. In quella ottica abbiamo accennato alle traduzioni delle sue opere. Abbiamo notato che per Goldoni l'idea 'traduttore/traditore' è un'equazione valida. In primo luogo sono numerose le espressioni non traducibili ed i faux amis. Inoltre bisogna tener conto dell'esprit delle lingue. In più luoghi lo scrittore sostiene che nemmeno i migliori traduttori delle sue opere siano riusciti a rendere bene questo spirito. Neanche a Goldoni stesso piace la traduzione, attività priva di potenzialità creativa. Tuttavia compie alcune traduzioni dal veneziano all'italiano e traduce anche il suo Avare Fastueux e Le bourru bienfaisant dal francese all'italiano. La critica contemporanea si è occupato quasi esclusivamente del secondo testo. Certi studiosi mettono in risalto le interferenze del francese nell'italiano di Goldoni, denunciando i frequenti “errori” linguistici. Altri preferiscono interpretare questo testo gallicisé nel quadro della fluidità linguistica propria delle opere teatrali di Goldoni, in cui la dimensione pragmatica, contingente e espressiva prevale sulla purezza linguistica. Caratteri: 72 006 37
  • 38. 7. Riassunto/Samenvatting In het werk van Carlo Goldoni spelen de begrippen 'taal' en 'meertaligheid' een belangrijke rol. In deze paper gaan we na hoe Goldoni omgaat met deze problematiek. We bestuderen zijn Mémoires en enkele voorwoorden van zijn komedies. Na een bespreking van de taaltheorieën van Goldoni nemen we enkele van zijn werken onder de loep om na te gaan hoe deze ideeën zich vertalen in de praktijk. Tenslotte komen Goldoni's vertalingen van eigen werk aan bod, evenals het standpunt van de hedendaagse kritiek. Uit de autobiografische en poeticale teksten van Goldoni blijkt dat zijn keuze voor een Venetiaanse, Italiaanse, Franse of hybride tekst afhangt van interne en externe factoren. Onder interne factoren verstaan we de verhaallijn, de setting en het karakter van de personages. Een gerichte tekstanalyse van enkele van zijn (overwegend meertalige) werken, brengt aan het licht hoe Goldoni taal en taalgebruik functioneel aanwendt. De combinatie van verschillende registers geeft aanleiding tot misverstanden of tot tegenstellingen tussen individuele personages of sociale klassen. Op die manier wordt de taal een stuwende kracht achter de komedie. Deze taalkeuzes moeten echter wel te rijmen zijn met het concept verosimiglianza of waarheidsgetrouwheid. Goldoni wil de concrete werkelijkheid, en dus ook de natuurlijke spreektaal, in scene brengen. In dit streven stoot hij op twee problemen: de ontoereikendheid van het traditionele literaire Italiaans en de afwezigheid van een “gesproken” Italiaans. In de achttiende eeuw sprak de Italiaanse burger immers het dialect van zijn regio. Het antwoord van Goldoni op deze uitdagingen is het creëren van een soort kunsttaal, waarbij zowel verosimiglianza als interregionale verstaanbaarheid worden beoogd. Het publiek is immers ook een belangrijk criterium. De Venetiaanse toeschouwers zijn op de hoogte van de soms heel specieke gebruiken of begrippen waar Goldoni naar verwijst, maar voor zijn Italiaanse en Franse publiek voorziet Goldoni voorwoorden, voetnoten en vertalingen. De vertalingen die Goldoni maakt van zijn eigen werk zijn echter vaak problematisch. Sommige onderzoekers tonen aan dat het Italiaans van Goldoni, gemarkeerd (of zelfs 'besmet') is door Venetiaanse en Franse leenwoorden en -constructies. Hierbij gaan zij echter uit van de hedendaagse taalnormen zonder rekening te houden met wat Goldoni zelf voorstaat: taal in context; niet op basis van een universele norm, maar op basis van concrete noden die plaatselijk worden opgelost. 38
  • 39. 8. Bibliografia Beniscelli, A. (2005) Il Settecento, in Battistini, A., Storia della letteratura italiana, Bologna: Il Mulino Bosco, G. (1993), Goldoni et le dragon in Revue de littérature comparée, 67:3, p.353-360 Boudart, L. (2008) Goldoni traducteur de lui même in Cédille, revista de estudios franceses, n°4 Capaci, B., Simeoni G. (2012) Goldoni. La vita in commedia e la commedia in vita. Napoli: Liguori De Ferrari, A. (2004) Il teatro fra Seicento e Settecento in De Ferrari, A., Freddi G. et al. La Letteratura, Milano: Ghisetti e Corvi De Stefani, E (2011)., Storia della lingua italiana, corso di laurea triennale (KULeuven) Folena, G. (1972) Il francese di Carlo Goldoni. Roma: Accademia Nazionale dei Lincei Folena, G. (1983) L'italiano in Europa. Esperienze linguistiche del Settecento. Torino: Einaudi Folena, G. (1993) Vocabolario del Veneziano di Carlo Goldoni. Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana Goldoni, C. (1736), Monsieur Petiton in Ortolani, G. (1955, a.c. di), Tutte le opere di Carlo Goldoni, Milano: Mondadori Goldoni, C. (1755), Le Massere in Antonucci, G. (1992, a.c. di), I capolavori di Carlo Goldoni, Roma: Newton Compton Goldoni, C. (1756), Il Campiello in Mursia U. (1969), Opere di Carlo Goldoni (edizione digitale) Goldoni, C. (1761), Una delle ultime sere di Carnovale, in Mursia U. (1969), Opere di Carlo Goldoni (edizione digitale) Goldoni, C. (1787), ed. De Roux, P. (1988) Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'histoire de sa vie et à celle de son théâtre. Paris: Mercure de France Hecker, K. (1994), La figura del nobile nel teatro goldoniano. Contesto storico-poetologico, caratteristiche e ricezione in Padoan, G. Problemi di critica Goldoniana, Ravenna: Longo, p.319-338 Herman, J. (2009) Les Lumières en toutes lettres, Leuven: Acco Matarrese, T. (1993), Il Settecento in Bruni, F. Storia della lingua italiana, Bologna: Il Mulino, p.97-119 Stussi, A. (1993) Per il testo e la lingua delle commedie veneziane di Goldoni, “Annali 39
  • 40. d'Italianistica” Tomasin, L. (2010) Storia linguistica di Venezia. Roma: Carocci --- (s.d.), Commedia dell'Arte [09.05.2013, Treccani.it:http://www.treccani.it/enciclopedia/commedia-dell-arte/ ] 40