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LUMSA
Facoltà di Giurisprudenza
Percorso di Scienze politiche e delle Relazioni Internazionali
Corso di Politica internazionale
docente: Matteo Pizzigallo
‘Le conseguenze della
‚drone strategy‛ americana’
Una visione italiana ed europea
A cura di Francesco Sabatini – matricola n. 03592/400
2
Dedicato ai miei genitori,
e a Chi ha permesso tutto questo.
3
Introduzione al lavoro
Sul cosa sia la drone strategy.
La guerra, lo sappiamo, impone l‟utilizzo di tecnologie al passo coi tempi e di strumenti
giammai vetusti per la conduzione di conflitti sempre più impegnativi, che spesso vanno a
complicarsi nel loro svolgimento a causa di perpetui elementi di novità che, gettati sul
campo di battaglia, non sempre possono portare a risultati controllabili – visto che spesso,
osservando ai nostri tempi, come si suol dire, „la realtà supera l‟immaginazione‟ o, peggio
ancora, sorpassa la capacità di essere gestita dall‟uomo, allorché, costretto dagli eventi, si
trova sovente alle prese con la necessità di trarre conclusioni – non di rado affrettate – che
possono infine giungere a pregiudicare gli obiettivi inizialmente stabiliti.
Lo scenario che ad oggi si presenta a noi europei, con lo sguardo rivolto al Medio –
oriente, non sembra sfuggire a queste considerazioni piuttosto classiche: anche qui
l‟incertezza del risultato si pone sempre più come fattore sminuente dell‟operato delle
coalizioni europee, ma soprattutto degli Stati Uniti d‟America.
Del resto, risulta esservi un chiaro interrogativo: come combattere un nemico „invisibile‟,
se le capacità eroiche di una nazione sembrano essere delegate all‟immaginario collettivo,
che schiera fieramente gli eroi caduti in battaglia a fianco di quelli che come Capitan
America1
si ripromettono di combattere il male del mondo sino alla fine dei propri giorni?
Nel concreto appare dunque legittimo giocare un‟ultima carta: quella del processo
tecnologico.
E qui vi entra in gioco la novità decisiva, che rischia di cancellare per sempre la
concezione millenaria di conflitto – e le sue annesse considerazioni sulle conseguenze
dello stesso, che siano di natura politica, economica od etica; perchè se sarà un oggetto
teleguidato a combattere sul campo di battaglia possiamo star certi che, se da un lato il
fattore della sicurezza nazionale godrà di notevole sviluppo, d‟altronde non inferiore
risonanza avranno le annesse implicazioni, cosa che ci rimanda a ciò che molti analisti
fanno risuonare nei blogs della grande rete: è più facile concepire la guerra se si tiene in
mente che a venire colpito è un mezzo robotizzato o radiocomandato, invece che un
essere umano2
?
È proprio in tutto questo che s‟installa la nuova strategia della delegazione obamiana,
amministrazione che ha notoriamente optato, già dall‟inverno del 2009, per una scelta
intermedia sul dossier Afganistan e Pakistan: decisione che non fu il semplice
1
V. sito internet: http://www.divertimento.it/fumetto/generi/fumetti/capitan-america, che offre
un’interessante analisi di controtendenza su come gli stessi valori della societ{ statunitense si
ripercuotano sul genere fumettistico a stelle e strisce di vasta diffusione.
2
V. sito internet: http://www.sodahead.com/united-states/predator-drones-make-war-easy-too-
easy/blog-253801/. Questo articolo di blog, chiaramente rivolto al grande pubblico, mostra come vasta sia
la sensibilità popolare verso questo legittimo punto interrogativo.
4
rafforzamento delle unità militari col famoso „surge‟3
, ma che non si è potuta nemmeno
catalogare come un parziale ritiro delle stesse truppe a favore di una maggiore attività di
intelligence, visto che nei fatti si è assistito ad un invio di altre unità terrestri e di mezzi
teleguidati, soprattutto aerei.
Ed è stato in questo frangente che si è consegnata alla storia (grazie all‟incisiva campagna
dei mezzi d‟informazione globali) quel che si era rivelata l‟operazione di Obama per le
calde zone medio-orientali: una drone strategy. Con l‟intento di pacificare, dai molteplici
intenti terroristici, l‟area che circonda i monti d‟Islamabad...
I droni, questi sconosciuti.
Sono aerei senza „occhi‟, e tuttavia hanno maggiore capacità di ricognizione di un caccia
F-16. Ed anzi, rappresentano le ali più sicure che l‟aviazione abbia mai concepito dopo la
provvidenziale invenzione del paracadute. Sono i droni dell‟aeronautica militare
statunitense. Sviluppati soprattutto dalla General Atomics Aeronautical Systems, utilizzati
per primo dall‟ex presidente americano George W. Bush sul terreno del primo conflitto
post-11 settembre a fine 2001 in Yemen, i droni rappresentano ormai una realtà militare
consuetudinaria, per lo meno nelle c.d. missioni seek and destroy, nonché nelle classiche
routine di pattugliamento aereo del canale Afpak4
. Utilizzati addirittura in Somalia, questi
avanzati velivoli sono guidati a distanza da basi situate … nello stesso Nord America.
Ma tuttavia, questo risulta solo ad una prima impressione, ad una ricerca superficiale in
merito. Ognuno di noi, può facilmente guadagnare informazioni al riguardo di questa
nuova tecnologia, anche semplicemente aguzzando i sensi nell‟ascolto del periodico
telegiornale serale. Ma i droni non sorvolano solo i cieli del globo, ne sondano altresì i
mari e ne solcano le terre. E le domande che rimbalzano all‟interno delle frontiere
europee sono molteplici. Cosa comporta l‟utilizzo dei c.d. UV5
? Ad oggi risulta
giustificabile l‟utilizzo frequente in vista di un rapporto marine caduti in
battaglia/terroristi islamici sempre più favorevole alla causa della democrazia? Qual è il
3
V. sito internet: http://www.whitehouse.gov/blog/2009/12/02/what-i-heard-last-night. Trattasi di un
interessante report di un membro dello staff della Casa Bianca, che in maniera informale ci descrive il
succo del discorso presidenziale di West Point del dicembre 2009, che appunto verteva sulla nuova
strategia alleata per l’Afghanistan ed il Pakistan.
4
Con questo termine il giornalistico ci si riferisce all’area che comprende al suo interno l’Afghanistan ed il
Pakistan. Tuttavia, il ricorso a tale terminologia da parte della stessa amministrazione Obama, è riuscito a
destare talune critiche, e dunque, si preferisce evitarne l’utilizzo. V. sito internet Foreign Policies in Focus:
http://www.fpif.org/articles/the_afpak_paradox, a cui si ricollega poi l’articolo del quotidiano on-line
Foreign Policy, che ne spiega i susseguenti motivi secondo i quali non risulterebbe particolarmente
conveniente utilizzare, ad oggi, questo neologismo:
http://thecable.foreignpolicy.com/posts/2010/01/20/team_obama_scuttles_the_term_afpak.
5
UV è l’acronimo inglese di Unmanned Vehicle, termine utilizzato soventemente dall’aeronautica
angloamericana per identificare dei veicoli senza equipaggio umano, quindi teleguidati a distanza. Questi
possono suddividersi in UAV (Umanned Aerial Vehicle), UGV (Unmanned Ground Vehicle) o in USV
(Unmanned Space Vehicle o anche Unmanned Sea Vehicle).
5
maggiore drawback6
che consta l‟utilizzo massiccio (e massivo) degli stessi? E poi, sono
costosi, ma, soprattutto… rappresentano una tecnologia destinata a rivoluzionare lo
scenario politico internazionale? O questo cambiamento è già in atto, trainato dalla
edulcorata rinascita del conflitto militare, hi-tech, ed ultimativo? A tutte queste domande
ho tentato di trovarvi risposta procedendo nella mia ricerca.
Ringraziamenti.
Desidero esprimere un particolare ringraziamento a due persone che mi hanno permesso
di completare correttamente questo elaborato: la mia fidanzata, che con le sue capacità di
sistematizzazione, fornitegli dal proprio bagaglio di ricerca nel campo giuridico –
privatistico e filosofico, mi ha confermato la bontà delle sue indicazioni su una necessaria
operazione di rielaborazione testuale, ed il mio caro amico Simone Bosio, baccalaureato
presso la Pontificia Università Lateranense, che si è rivelato un inaspettato „gancio di
salvezza‟ nella composizione dell‟ultima parte dell‟elaborato, che così tante difficoltà
aveva ingenerato in me inizialmente, per quel che riguarda l‟aspetto della c.d. dottrina
della „guerra giusta‟ fatta propria - e già da moltissimo tempo - dalla „nostra‟ Chiesa
cattolica.
Entrambi, nella semplicità e con la forza propria a certi legami di fratellanza, si sono
confermati guide nella confusione e appiglio sicuro contro plausibili rischi di aggravante
prosopopea personale. È proprio vero: in simplicitas veritas est.
6
Dall’inglese, svantaggio. Il ricorso a questo termine è forse esagerato, ma si tenga conto che tra il mare
magnum dell’offerta di UV ci si può imbattere, addirittura, in alcuni prodotti a basso costo, che alcune
aziende presentano in siti web con ordinario listino prezzi … e tanto di bollino, a latere, che richiama la
presenza altisonante di alcune offerte speciali! V. sito internet:
http://www.uavshop.net/catalogo.asp?sid=54551918220100320172857&categoria=26.
6
La nascita e gli utilizzi
“S’i’ fosse foco, ardarei ‘l mondo …”
Cecco Angiolieri, dall’omonimo sonetto, risalente ai primi anni del ‘300.
USA Ministry of Defense ©
7
La celeberrima ‘DARPA’
Prima di poter tuttavia procedere nell‟analisi ulteriore di tutto quell‟universo di
implicazioni, in bilico tra la politica internazionale e l‟etica cristiana e pure quella
dell‟‟uomo della strada‟, mi sembra corretto far comprendere fin nella loro base di quale
tecnologia mi accingerò a trattare, avendo personale desiderio di focalizzare la mia
ricerca soprattutto nel campo aeronautico.
Gli UV, ovvero, quel che possiamo chiamare „veicoli senza pilota‟, che ad oggi ancora
poco prestano il fianco al dibattito mediatico, non sono semplicemente strumenti
concepiti da una filosofia tecnologica next-gen7
, bensì hanno alle loro spalle una
concezione costruttiva che, nel caso americano, risale sin dagli anni ‟80, con l‟effettivo
inizio dei collaudi di un piccolo velivolo teleguidato (dunque un UAV) già nell‟anno
1984: questo era il maggiore progetto segreto nel campo aeronautico dell‟agenzia di
difesa statunitense DARPA, avente nome in codice Amber.
Il lettore interessato non mancherà dunque di giungere ad un interrogativo. Cosa sarebbe
mai quest‟agenzia rispondente all‟armonioso acronimo D.A.R.P.A.?
La DARPA, la cui sigla potrebbe evocare tutt‟altre „positive‟ vibrazioni, è in realtà la
Defense Advanced Research Projects Agency del Ministero della Difesa degli Stati Uniti,
cioè la mente sapiente di tutte le applicazioni militari che il Nord America ha via via
inserito nello scenario dei conflitti internazionali, dall‟anno 1958 ad oggi. Grande merito
dell‟agenzia omonima è stata la capacità di far debuttare tecnologie particolarmente
rivoluzionarie presso il mondo civile: non è un mistero che la stessa „grande Rete‟ che
oggi ci permette la navigazione virtuale abbia visto i natali grazie agli sforzi di questa
stessa realtà governativa, seppur inizialmente concepita come affidabile e ristretto
crocevia di scambio-dati8
– ovvero, per dirla con i termini dell‟informatica, network – tra
l‟agenzia suddetta e i reparti di ricerca delle più blasonate università americane.
7
Il termine ‘next-gen’ si riferisce, letteralmente, alla proposizione ‘next generation’. Tale neo-logismo,
puramente american-english e coniato nell’ambito informatico, è figlia dello sviluppo proprio alla famosa
Silicon Valley californiana, ovvero la fetta di costa statunitense, intorno San José, ove risiedono gli uffici
esecutivi di alcune delle maggiori aziende informatiche del mondo.
8
“DARPA’s world-famous development of packet switching and the Internet began with the development of
ARPANet and its associated TCP/IP network protocol architecture. These 1970s, developments were
responsible for the creation of today’s multibillion dollar computer networking industry. The TCP/IP protocol
suite has been adopted by all major computing and communications vendors as the basis for their future
networking products”. La necessità della costruzione di una LAN (Local Area Network, ovvero area di rete
locale) che fosse sicura ed accessibile ai soli esperti, ricercatori ed ingegneri applicati, si motiva con il
bisogno, sentito sin dagli anni ’60, di mantenere la dovuta riservatezza delle informazioni, e ciò nei
confronti di ogni illegittima immissione, che fosse di stampo giornalistico, o peggio, di natura spionistica
sovietica. Del resto, come possiamo ben immaginare, i colpi bassi nel confronto ‘a distanza’ tra USA-
URSS di quegli anni invogliavano largamente a dotarsi di apparati sempre più autonomi ed a prova di
infiltrazioni. In merito a ciò si faccia riferimento al documento Defense Advanced Research Projects
Agency; Technology Transitions, alla pag. 48, voce networking. Tale documento è disponibile in formato
pdf presso il sito internet http://www.darpa.mil/pasttechnologies.html.
8
Non stupisce dunque che tale branca del Ministero della Difesa statunitense risulti essere
oggetto di molte leggende metropolitane, che da anni ed anni, fomentano l‟ondata della
sci-fi9
televisiva. Argomenti limitatamente interessanti che però non è necessario qui
trattare; dovendo la nostra ricerca restringersi intorno all‟orbe di quelle applicazioni
militari aeree primariamente „intelligenti‟… ma soprattutto reali.
L’anonimo Programma Amber
Il „Programma Amber‟, che come abbiamo detto, la DARPA già attualizzava dall‟inizio
degli anni ‟80, portava in sé grandi innovazioni indiscutibili. Il più importante „elemento
di vantaggio‟, tuttavia, non era dato semplicemente dall‟assenza fisica del pilota nella
cabina di pilotaggio – che già un giorno avrebbe potuto evitare spiacevoli e gravosi10
,
prim‟ancor che gravi, incidenti – ma dalla conseguenza di questa stessa peculiarità, cioè
l‟anonimità. Forse in pochi, se non gli esperti in materia di storia delle relazioni
internazionali, si ricorderanno dello sfortunato incidente accaduto al pilota Francis Gary
Powers nel lontano 15 maggio 1960, che, sorvolando il territorio dell‟Unione Sovietica
col proprio aereo da spionaggio „U2‘ alla ricerca di intelligence, venne abbattuto
dall‟aviazione nemica e successivamente fatto prigioniero dagli stessi russi, che in
maniera testarda lo utilizzarono come magno pretesto per il deragliamento della
conferenza di Parigi, stante questo atto di malafede della delegazione statunitense.
Un‟importante riunione che sarebbe stata altrimenti chiamata a sancire un accordo
definitivo per la stabilizzazione centro-europea nella scottante questione della divisione
dei diritti e dei beni sulla Germania post-nazista, da lunghi anni travagliata dal conflitto
ideologico e terreno di fredda guerra psicologica tra i due blocchi oramai definiti ed
ovviamente incapaci di trovare un terreno d‟accordo comune per non giungere alla firma
di una pace separata tra le due „Germanie‟, quella federale e democratica, e quella
orientale, accentrata e falsamente garantista dei diritti politici individuali e di massa.
Ebbene, cosa sarebbe accaduto qualora all‟interno del velivolo non vi fosse stato alcun
pilota, cioè potenziale ostaggio? Quale sviluppo nel confronto diplomatico si sarebbe
conosciuto se merce di scambio non fosse stata la persona di Powers, capaci di fornire
9
Parola che corrisponde al termine science-fiction. La science fiction americana si lega a tutto quel
corollario futuristico, dotato di non pochi punti di contatto con la scienza che ci appartiene, che è nato
con la serie spaziale Star Trek del ’60 e con la letteratura rivoluzionaria di Isaac Asimov, che oggi ritrova la
sua – a dir la verità spesso ambigua o politicamente moralista – vitalità in films come il ridondante e alter -
mondista Avatar e nei videogiochi quale il ‘post-nucleare’ e politicamente scorretto Fallout. Si avverte già
da subito il lettore che durante tutto lo svolgimento della lettura si troverà innanzi ad una molteplice
varietà di termini abbreviati, usanza a noi piuttosto sconosciuta, ma molto in voga nella realtà ultra -
Atlantica.
10
Affermò un capo battaglione dello USMC (United States Marine Corps) tempo fa intervistato da un
giornalista newyorchese: ”When a robot dies, you don’t have to write a letter to its mother”. V. Singer, P.
W.; Wired for War, the Robotics revolution and conflict in the 21
st
century, New York, Penguin Press, 2009,
p. 21.
9
una inequivocabile confessione circa la propria provenienza11
(e forse anche in merito alla
propria missione) bensì spessi fogli di alluminio imbullonati su di una struttura
ultraleggera e guidata da un „cervellone‟ elettronico piombato? Certamente non sarebbe
venuta meno l‟accusatoria sovietica: sarebbe stato difatti facilmente identificabile la
produzione americana del mezzo, poiché se il computer e la scatola nera non avessero
tradito la provenienza di chiaro stampo capitalista a stelle e strisce, lo avrebbero fatto i
dettagli; in quanto solo gli States avrebbero potuto detenere una così fine capacità
costruttiva. Ma al permanere dell‟accusa „rossa‟ sarebbe innegabilmente venuto meno
l‟apice del vantaggio della polemica: per l‟appunto la detenzione di una vita umana,
massimo simbolo della flagranza spionistica rinvenuta „nelle proprie terre‟, ed al tempo
stesso, elemento considerato sacro ed inviolabile dalla totalità delle religioni del mondo
(o che per i propri contenuti dottrinari possano essere così intellettualmente responsabili
da poter essere definite tali).
La sostenibilità delle accuse sovietiche, in tal caso, sarebbe stata decisamente inferiore.
Una voce memorabile della storiografia francese12
, invece, permane in realtà
dell‟opinione che – concretamente – l‟URSS già di per sé era intenzionata a far crollare
inderogabilmente ogni ipotesi d‟accordo, a costo di prendere a sostegno anche il più
insignificante passo falso della delegazione Eisenhower, riuscendo in tal maniera a
guadagnare tempo prezioso in vista della rivendicazione del proprio diritto alla pace
separata con la Repubblica Democratica Tedesca …
Se quanto immaginato fosse accaduto, sarebbe stato necessario, per la diplomazia
sovietica, far leva semplicemente sulla questione dell‟ingerenza degli S.U. nel territorio e
nei fatti d‟altrui sovranità: una base di protesta avente portata decisamente inferiore a
quella che invece si è verificata storicamente; e che avrebbe facilmente contribuito ad
accentuare lo smascheramento dell‟annoso, e quanto mai ingenuino, alter – mondismo
sovietico di fronte agli occhi dell‟opinione pubblica mondiale, facilitando,
conseguentemente, il processo di distaccamento globale dalla dottrina ideologica
propugnata dalla cricca „kruscioviana‟13
. Certamente, si avrebbe avuto semplicemente un
effetto esogeno alla conferenza; appunto quello dello stupore e del sentimento di
disinganno delle popolazioni filo - sovietiche, così come si sarebbe verificata un‟altra
possibilità, per i partiti comunisti europei, di doverosa contro – analisi, potendo questi
essere ancor più consapevoli di non potersi „affidare‟ alla religione sommamente ateista e
dirigista fatta propria dall‟URSS, lo stesso pater familias di tanti Stati ad economia
11
Non è mistero da svelare la presenza di targhette identificative sulle divise e ‘bodysuit’ dei militari di
tutto il mondo, che permettono il facile riconoscimento della nazione per la quale si combatte e del
proprio cognome, e ciò per ovvie necessità di chiarezza legate alla sicurezza nelle operazioni anche più
complesse. Se un soldato non parla, lo faranno le sue vesti per lui…
12
V. Duroselle Jean-Baptiste; Storia diplomatica dal 1919 ai giorni nostri, edizione italiana a cura di Pietro
Pastorelli, Milano, Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, 2006, ristampa, p. 563.
13
Ibidem. Che però già in molte occasioni si sarebbe rivelata ben più accomodante del duro marxismo-
leninismo perseguito dal suo successore Breznev, la cui politica interna è stata ostinatamente
caratterizzata dal rifiuto di liberalizzare la vita dei Sovietici, dopo che si era verificato il fallimento
diplomatico globale della guida kruscioviana – giudicata troppo pacifica nei confronti del nemico
d’Atlantico - e la marginale apertura del mercato sovietico a nuovi prodotti di consumo.
10
pianificata, ma evidentemente rivelatasi una nazione che evidentemente apprezza il
fallimento delle conferenze di pace per un oscuro volo americano sul proprio territorio. Il
tutto, certamente, pur permanendo l‟incapacità endogena di giungere ad un accordo fra i
blocchi.
Ecco che allora l‟elemento dell‟anonimità sembra essere già di per sé sufficiente a sancire
la grande novità che realizza questa tecnologia; potendo garantirsi la non facile
identificabilità del mezzo utilizzato qualora questo venga sottratto o catturato da parte
ostile, e la conseguente incapacità, da parte avversa, di poter ricorrere a prove schiaccianti
della malafede altrui – potendosi addurre il semplice indizio.
L’inizio delle operazioni
Il contratto di sviluppo del prototipo Amber fu poi ricevuto nel 1984 dalla società
Leading System Incorporated (LSI), e l‟obiettivo costruttivo, gli studi e le direttive
tecniche furono rivolte alla costruzione di un „medium-range tactical surveillance
UAV‟14
.
Il progetto fu rivelato al pubblico solo nel 1986, avendo il velivolo raggiunto, nel giugno
di quell‟anno, la notevolissima cifra di 38 ore di volo continuativo15
, un record di assoluto
rilievo, per quegli anni.
A quel punto, i servizi militari statunitensi andavano ad organizzare un Joint Program
Office for Unmanned Aerial Vehicles, al fine di eliminare in toto la possibilità che si
verificassero indesiderabili „furti d‟autore‟ da parte di coalizioni nemiche infiltrate, o
peggio ancora, di individualità sconosciute. Con questa mossa, lo stesso Ministero della
Difesa avrebbe vegliato sullo sviluppo del programma.
Questo nuovo prototipo16
, presto divenuto a tutti gli effetti una sentinella ricompresa
nell‟arsenale aeronautico statunitense, disponeva di una telecamera ad infrarossi con
elevate capacità di zoom e poteva anche coprire la distanza di 2200 km al giorno senza
dover ricorrere all‟operazione di „refueling‟. Consegnato ufficialmente al governo degli
Stati Uniti nel 1990, dunque pronto ad operare in condizioni avverse, non ricevette mai la
declaratoria „operazionale‟, venendo lanciato immediatamente nell‟orto di guerra con la
sigla Gnat-75017
.
14
Trad.: ‘Vivolo teleguidato di sorveglianza a medio raggio’.
15
Ovviamente non si sono resi necessari continui atterraggi e decolli per il rabbocco di carburante grazie
alla tecnologia – già allora presente – che permetteva di effettuare il rifornimento di benzina in volo,
adoperandosi aerei a ciò predisposti. Anche la nostra compagnia ad elevato know-how tecnologico Alenia
Aeronautica dispone di tali ‘tanker aircraft’, mezzo che può essere visionato al sito internet:
http://www.alenia-aeronautica.it/Eng/Difesa/Collaborativi/Pages/KC-767A.aspx.
16
V. citt. Peebles, Curtis: Dark Eagles: A History of Top Secret U.S. Aircraft Programs, Presidio, 1999, in sito
internet: http://www.designation-systems.net/dusrm/app4/amber.html.
17
Ibidem.
11
La guerra, che sarebbe divenuta per quella tecnologia il battesimo del fuoco, fu quella
bosniaco-erzegovina, che, incominciata nel ‟92, sarebbe durata per ben quattro anni, ed
infine consegnata al novero delle guerre dimenticate18
.
Distintosi sui cieli di quel conflitto etnico, con le proprie capacità di ricognizione non
secondarie19
a quelle dei mezzi spia che fino ad allora erano condotti da piloti umani, la
tecnologia degli UAV permetteva agli alleati di ottemperare allo svolgimento di missioni
“considered to be ‗dull‘ (e.g., extremely long-duration), ‗dirty‘ (e.g., flying through
contaminated airspace), or ‗dangerous‘ (e.g., suppressing enemy air defenses) for
manned aircraft”20
.
Solo pochi anni dopo, cioè alla fine delle ostilità balcaniche, avendo particolarmente
beneficiato della sorprendente flessibilità d‟utilizzo di questi mezzi aerei, la DARPA
decise che sarebbe stato probabilmente quel vincente miraggio della guerra „on the
cheap‟21
a promuovere decisivi sviluppi, negli anni seguenti, di questa stessa tecnologia
automatizzata. Venne dunque promosso il Programma ATD, letteralmente Advanced
Technology Demonstrations, che legava così parte degli sforzi dei tecnici del Ministero
della Difesa statunitense alla maturazione dei c.d. UCAV, già fratelli maggiori degli
UAV, ovvero Unmanned Combat Air Vehicles.
L‟obiettivo iniziale di questo Programma ATD era semplice: dimostrare al Congresso
statunitense la bontà di questo new deal traghettato da „automatizzate ali d‟acciaio‟.
Nel frattempo, il lavoro era stato suddiviso in due fasi22
: la prima, incominciata nell‟aprile
1998, avrebbe visto la selezione di quattro contractors aventi il compito di realizzare
studi, analisi e di concentrarsi sul design degli UCAV (dietro un pagamento iniziale di 4
milioni in USD da parte della stessa DARPA). In un lasso di tempo relativamente breve,
ben cinque imprese d‟eccezione si trovavano nel pieno del confronto: Lockheed Martin
18
Non è mai sorprendente, purtroppo, accorgersi puntualmente come i media sui generis non godano di
particolare facoltà mnemonica, ancorché legata a conflitti infra-regionali ed oltretutto così attigui alla
nostra stessa penisola. Il grosso scambio di informazioni che permette la rivoluzione informatica (e
dell’informazione), non sembra aver cristallizzato a dovere l’importanza di talune notizie. Per avere una
conferma basta prendere un argomento di politica internazionale a piacere, per scoprire, ad esempio,
come le proteste per i diritti umani violati, sollevate da molteplici nazioni, siano facilmente passate in
sordina sull’onda dell’ospitalit{ cinese negli ultimi giochi olimpici. Un articolo di una fondazione ONLUS
può darne una breve panoramica, v. sito internet: http://www.laogai.it/?p=16618.
19
Per godere di una breve ma efficace revisione, si può fare riferimento ai files video del sito web:
http://www.as.northropgrumman.com/products/natoags/gallery.html, che illustra in modo sorprendente
le capacità del mezzo.
20
V. Thomas P. Erhard et al.; Range, persistence, stealth, and networking: the case for a carrier-based
unmanned combat air system, Thinking Smarter About Defense, Center for Strategic and Budgetary
Assessments, 2008, p. 16. Il documento è particolarmente di valore perché focalizza al suo interno gli
sviluppi della ricerca militare nordamericana nel campo aeronautico degli ultimi venti anni, e lo fa,
oltretutto, in ottica comparatistica con le tecnologie sovietiche precedenti agli anni ’90.
21
Quella che può apparire come una paradossale visione strategica, muterà poi in realtà divenendo il
motto del Segretario della Difesa degli Stati Uniti Donald Rumsfeld, operante nell’amministrazione
presidenziale del suo 43° mandatario, ovvero George Walker Bush. Cfr. l’articolo di Christian Rocca sul
quotidiano Il Foglio, 22/10/2009, p. I.
22
V. sito internet: http://www.globalsecurity.org/military/systems/aircraft/ucav.htm per avere un quadro
completo della storia progettuale degli UCAV in un arco di tempo che va dall’anno 1990 al 1999.
12
(Texas), Nothrop Grumman Corp. (California), Raytheon Co. (Massachussets), The
Boeing Company (Washington D. C.). Nonostante tutto, fra questi, solo tre avrebbero
potuto completare i test d‟affidabilità meccanica e rendere pienamente operativi i loro
progetti nel comparto dell‟aerodinamica.
Nella seconda parte dello sviluppo, infine un comitato congiunto di personalità DARPA e
USAF (cioè facenti parte dell‟aviazione militare degli Stati Uniti) selezionava la Boeing
Phantom Works Company di Seattle come azienda vincitrice d‟appalto e dunque destinata
al titanico compito di curare il design, la produzione, ed i test di volo del loro nuovo
prodotto … entro il ristretto arco temporale di 42 mesi; obiettivo che fu portato a termine
con la notevole spesa di ben 131 milioni di dollari. Inoltre, veniva affidato alla divisione
Boeing presso St. Louis il compito di revisione e controllo produttivo.
Tutto questo per garantire al settore aeronautico a stelle e a strisce una preminenza
tecnologica che nei decenni futuri potesse rivelarsi decisiva nelle missioni SEAD23
(concernenti la soppressione delle difese aree nemiche) ed in quelle riguardanti il
bombardamento su singoli obiettivi.
Una preminenza tecnologica che si sarebbe poi rivelata basilare all‟esplosione dei
conflitti global-terroristici che avrebbero tristemente caratterizzato l‟alba del XXI secolo.
Un onesto esborso per una giusta visione?
Il pensiero che si basa sulla necessità di trasformare le tecnologie impiegate in guerra,
frattanto, si era fatto largo all‟interno della dottrina neo-bushiana.
Già nell‟anno 1999, se osserviamo ad un famoso discorso del presidente Bush Jr., tenutosi
presso il „Citadel Military College‟24
del South Carolina, databile al 23 settembre di
quell‟anno, possiamo rinvenire inequivocabili note di benvenuto a processi di
modernizzazione militare, visto che le forze americane “in the next century must be agile,
lethal, readily deployable, and require a minimum of logistical support” – nondimeno nei
cieli visto che l‟allora presidente continuava affermando che “we must be able to strike
from across the world with pinpoint accuracy – with long-range aircraft and perhaps
with unmanned systems” e tentando già da subito la carta del „corretto sviluppo‟, aprendo
cioè al Congresso statunitense l‟opportunità di condividere tale impegno, al costo di un
esigente opera di condivisione politica: “To the Congress I say: Join me in creating a new
strategic vision for our military – a set of goals that will take precedence over the narrow
interests of states and regions. I will reach out to reform-minded members of Congress,
23
Acronimo tratto direttamente dal dizionario militare statunitense, che significa Suppression of Enemy
Air Defenses, v. sito internet: http://www.fas.org/man/crs/RS21141.pdf.
24
Il testo completo del discorso è disponibile all’indirizzo web:
http://www.citadel.edu/pao/addresses/pres_bush.html.
13
particularly to overturn laws and regulations that discourage outsourcing and undermine
efficiency”.
Molti politologi statunitensi25
– e non solo26
– si sarebbero chiesti, posteriormente a
quelle dichiarazioni, se la concretizzazione di quell‟ideale non avrebbe duramente inciso
sul già sostanzioso disavanzo americano. Con un debito pubblico di 5.614 miliardi27
pari
al 60,9% del GDP28
(ovvero Gross Development Product, la principale misura della
ricchezza nazionale nordamericana, che equivale all‟italico PIL) di quell‟anno, un‟ottica
pessimista sembrava inevitabile, venendo questa altresì sospinta dagli oppositori
democratici, da sempre avversi alla dottrina militare Bush, considerata nei casi migliori
eccessivamente dura29
(dalla concezione della „guerra giusta‟ a quella, appunto, della
„trasformazione del settore militare‟).
Per quanto concerneva gli UAV, un‟eminente e affidabile giudizio, proprio alla stessa
sezione di ricerca della Libreria del Congresso degli S. U., arrivava da due studiosi30
direttamente coinvolti nel progetto incoraggiato dalla medesima Camera legislativa
nazionale. Nel documento inviato al Congresso risultava chiaro che: “In the past, tension
has existed between the services‘ efforts to acquire UAVs and congressional initiatives to
encourage a consolidated DOD31
approach. Some observers argue that the result has
been a less than stellar track record for the UAV. However, reflecting the growing
awareness and support in Congress and the Department of Defense for UAVs,
investments in unmanned aerial vehicles have been increasing every year. The Fiscal
Year 2001 (FY01) investment in UAVs was approximately $667 million, while the FY03
funding totaled over $1.1 billion dollars.”
In poche parole, gli studiosi, riportavano brevemente la posizione favorevole del
Congresso, che oscillava tra un risolutivo „semaforo verde‟ alla futura utilizzazione della
tecnologia, e tra alterne considerazioni di natura prettamente … mercantile. Gli stessi
autori riportavano, nel capitolo che potremmo tradurre con la dicitura „Considerazioni
Congressuali‟, qual‟era il punto stesso su cui la Camera nazionale si dimostrava più
realista: “Conventional wisdom states that UAVs are cheap, or cost-effective. Is this true
today? How do UAV costs compare to manned aircraft costs?”. Nella pagina successiva,
25
V. Boot, Max: The New American Way of War, Foreign Affairs, July/August 2003. Cfr. Younossi, Obaid et
al.: Is Weapon System Cost Growth Increasing? A Quantitative Assessment of Completed Ongoing
Programs, RAND, Project Air Force, 2007.
26
Nel 12 e 13 giugno 2001 il Segretario del Forum Strategico della Marina americana teneva una
conferenza concernente il significato stesso del termine ‘trasformazione’ applicato al cambiamento
strategico - militare statunitense. Una (dettagliatissima) revisione degli argomenti trattati in quei due
giorni è visibile al sito internet: http://findarticles.com/p/articles/mi_m0JIW/is_1_55/ai_87146674/.
27
Questo il dato al giorno 01/04/1999. V. sito internet: www.treasurydirect.gov/home.
28
Il GDP statunitense dell’anno 1999 è stato del valore di 9.216.200 milioni di USD. Dati World Bank,
World Development Indicators database.
29
V. sito internet: http://www.usatoday.com/news/washington/2007-01-10-dems-bush-iraq_x.htm, che ci
mostra un articolo che rappresenta solo la punta dell’iceberg dell’insieme think tank democratico
sfavorevole alle posizioni bushiane.
30
V. Bone, Elizabeth – Bolkcom, Cristopher: Unmanned Aerial Vehicles: Background and Issues for
Congress, April 25, 2003. Tale documento è disponibile al pubblico presso il sito internet:
http://www.fas.org/irp/crs/RL31872.pdf. Questo documento sintetico si è dimostrato di notevole valore,
per la mia ricerca, consentendomi di identificare l’anno della nascita degli UAV nel… 1920!
31
DOD è l’acronimo del termine Department of Defense.
14
una tabella, ed annesse considerazioni, prontamente giungevano a diradare questo
enigma: se difatti i primi UAV sponsorizzati dal Ministero della Difesa americano si
erano rivelati, nel passato, oggetto di critiche “for being slow, expensive, and
inefficient”32
, gli sviluppi degli anni successivi si sarebbero rivelati sempre più
promettenti, come espone chiaramente la tabella a seguire.
Fonte: DODBackground Briefing on UAVs, [http://www.defenselink.mil], 31-10-2001.
Sotto questo grafico appariva inoltre una tabella, che segnalava le „piattaforme UAV‟ che
il governo statunitense deteneva al febbraio 2003 (che ho opportunamente tradotto in
lingua italiana):
UAV Settore promotore Unità (Feb 2003)
Global Hawk Air Force 4
Predator Air Force 48
Pioneer Navy/Marine Corps 47
Hunter Army 43
Shadow Army 21
Totale 163
Fonte: OSD UAV Planning Task Force, febbraio 2003
Tale dossier presentava altresì la possibilità che, la cifra di UAV riportati come operativi,
cioè pronosticati per gli anni a seguire, sarebbe potuta esser sottoposta a modifica (si
legga: a modifica verso cifre maggiori) in caso di necessità, o meglio, in caso di maggiore
stanziamento di fondi.
32
Ibidem. Si veda la nota a piè di pagina della pagina 5 dello stesso documento – da ciò è possibile
comprendere l’iniziale scetticismo del Congresso verso questa nuova risorsa militare.
15
Venendo al dunque, questa era la tabella dei costi degli UAV33
che gli S.U. avevano
acquistato fino al dicembre 2002:
Modello
UAV
Produttore
Altitudine
max (m)
Autonomia34
(ore)
Peso35
(kg)
Costo stimato ad
unità ($)
Pioneer AAI 4.500 5 34 1.000.000
Hunter Northrop
Grumman
4.500 11,6 725 1.200.000
Shadow AAI 4.500 4 148 350.000
Predator General
Atomics
7.620
+24 1.020 4.500.000
Global
Hawk
Northrop
Grumman
19.812 32 12.133 57.000.000
Fonte: OSD UAV Roadmap, December 2002; Teal Group Corporation, World Missile Briefing
Se dunque si procede ad una semplice moltiplicazione, di ogni mezzo UAV per il proprio
rispettivo costo, e si fa una somma totale delle cifre, si avrà un valore pari a 549.000.000
in dollari americani.
Se perciò la popolazione degli Stati Uniti, stando alle statistiche ufficiali36
, risultava,
all‟anno 2000 pari a circa 281.421.900 soggetti, ciò equivarrebbe a dire che il Ministero
della Difesa si era lanciato in una „campagna di acquisti‟ che pesava, su ogni cittadino
nazionale, nella misura di circa 1,95 dollari; un conteggio forse non legittimo, risultando
tali acquisizioni scaglionate negli anni. Forse un conto su cui, però, sembrerebbe mancare
anche la Commissione della Camera, non presentando questa né i costi di gestione dei
veicoli, né il valore delle operazioni di manutenzione straordinaria su questi stessi. Col
tutto che andrebbe a sommarsi al valore già notevole dei costi delle operazioni militari
„ordinarie‟ via terra e mare.
33
Ibidem. Tale tabella di dati è essenzialmente una forma schematica di quella presentata nel documento
del quale si tratta. V. p. 6.
34
Ovviamente questa informazione si riferisce a condizioni ideali di volo: umidità contenuta ed
operatività appena sotto il limite massimo di altitudine sopportato dal mezzo.
35
Peso a vuoto, cioè dei fluidi necessari alla ‘marcia’ e al netto di qualsiasi parte di artiglieria.
36
V. il sito internet: http://www.census.gov/prod/cen2000/phc-1-1-pt1.pdf.
16
L’odierno ricorso ai droni
L’odierno ricorso ai dro
“Ora, questa non è la fine, non è nemmeno l'inizio della fine. Ma è forse la fine dell'inizio.”
Winston L. S. Churchill, dal discorso del 10 novembre 1942 dopo la vittoria nella battaglia in Egitto contro la Germania.
Nemmeno i videogames sono esenti
da citazioni illustri.
Nella foto, un drone Predator
dell'esercito americano (si noti l'ala
posteriore a V rovesciata).
Che un giorno questa immagine possa
sorprenderci … davvero?
17
Diritto alla sviluppo e alla difesa collettiva … Ma quale?
Le caratteristiche più felici del popolo a stelle a strisce vengono, da sempre, celebrati nel
quadro della nostra storia di tutti i giorni: e questo ormai da decenni. Siamo spettatori,
non solo di una tv sempre più contrassegnata dalla „mascella larga‟ dei suoi strampalati
protagonisti, ma di una vera e propria rivoluzione yankees che nasce dalle realtà artistiche
più disparate, da quelle semplici opere murales di personalità trasandate (e talvolta
equivoche), passando per l‟impianto fumettistico auto commemorativo, fino ad arrivare
alle opere dell‟immortale MOMA di New York, avente suppellettili e cotillons al suo
interno che talvolta ben difficilmente potremmo immaginare compatibili col nostro
millenario, ma mai fuligginoso, concetto italico di bellezza.
Questo grazie al processo di globalizzazione37
che, nei fatti, si è andato materialmente a
realizzare nel tempo. Ma, in seconda battuta, soprattutto per il presupposto di questo, e
cioè grazie alla formazione delle coscienze nazionali.
Sappiamo tutti da cosa è formato l‟apparato delle „coscienze-americane-tipo‟: una
commistione di valori del cristianesimo intrisi in un‟ottica capitalista (fatta propria
soprattutto dai protestanti, legati alla promessa di poter costruire in terra il loro futuro in
Cielo) ed in un centennale amore per la libertà, che oltre ad afferire nel cattolicesimo puro
e semplice, ha trovato forse massima espressione grazie al pensiero dei grandi filosofi
liberali – ma mai libertari - come Edmund Burke38
e Alexis de Tocqueville, da sempre
alle prese con il confronto tra il vecchio e il nuovo, tra costituzionalismo monarchico
anglosassone e federalismo presidenzialista statunitense, poi tra un riformismo sociale ed
un conservatorismo illuminato.
Entrambi i pensatori sembravano apprezzare in modo particolare quel moto di freschezza,
per così dire, che si aggirava in quei tempi tra le colonie inglesi d‟oltre Atlantico, partite
ab origine nel sobrio pragmatismo con lo spirito avventurista della Massachussets Bay
Company39
, databile al 1629, ed ancora prima, con lo sbarco dei Pilgrim Fathers40
presso
Baltimora.
Gli statunitensi hanno combattuto per la democrazia nel suolo patrio, poi per la dottrina
della strategia flessibile, ed infine per la creazione di un organizzazione di sicurezza che
davvero potesse evitare nuovi squilibri revanscistici „a trazione‟ militare.
Ma sono anche gli stessi che hanno lottato per affermare la dottrina Monroe, la propria
preminenza intellettuale in tutto il globo e per rivendicare la loro supremazia nucleare.
37
Tale fenomeno è risultato così trattato e citato, da riviste e pubblicazioni disponibili anche al grande
pubblico, che pure esulino dall’aspetto prettamente meramente sociologico, che parlarne risulta, ad oggi,
quasi un guardare al passato.
38
Non si può far certo mistero del conservatorismo un po’ stralunato di questo eminente deputato della
Camera dei Comuni inglese, che apparve talvolta reazionario ai suoi contemporanei, vista soprattutto la
sua contrariet{ all’imposizione coloniale forzosa nella terra che poi diverrà quella degli States. V.
Pezzimenti, Rocco: La società aperta nel difficile cammino della modernità, Rubbettino, 2002, pp. 139-149.
39
V. Bonini, Francesco: Lezioni di storia delle istituzioni politiche, Giappichelli Editore, 2002, p. 86.
40
Ibidem. La capacit{ determinante dell’Autore sembra essere quella della sintesi, ma ciò non deve trarre
in inganno: il Prof. Bonini espone con ordine sapiente tutti i concetti da trattare e non si fa scrupolo di
fornire ulteriori chiavi di lettura tramite un’apposita lista bibliografica presente alla fine della sua
monografia.
18
Tra luci ed ombre si è svolto il „difficile cammino della modernità‟ (tanto per riprendere
la fortunata espressione burkiana), ed i risultati sono stati talvolta confusionari; col
cittadino europeo che, sovente, in tutte le epoche che dalla Conferenza di Roma ad oggi
avrebbe vissuto, poteva percepire tutto il controsenso vivente che rappresentava quella
nazione così lontana. Talvolta perversa, talvolta addirittura salvatrice.
Anche l‟odierna politica presidenziale della „drone strategy‟ americana non è da meno.
Ha in sé le peculiarità classiche delle invenzioni del luogo: è rivoluzionaria, e,
soprattutto, è specchio riflesso, già nel suo essere, di dubbi molteplici, ad uso e consumo
globale.
Questo mentre appare essersi eclissato tra i libri di storia quella stoica chiarezza
reaganiana dell‟approccio dottrinario decisivo: “we win, they lose”41
. ‗Forse il mondo
cambia‘, si sarebbe chiesto il nostro prototipo di moderno cittadino europeo, ‗e si
problematizza‘.
Scrive l‟ammiraglio Owens, ricordando l‟operazione Desert Storm42
: “Desert Storm diede
l‘opportunità di mostrare al mondo il valore degli Stati Uniti nel combattimento, e
permise di provare sul campo, in condizioni reali, le ultime novità a livello di sistemi. Gli
UAV si erano distinti durante l‘operazione ritagliandosi il ruolo di comandanti sul
campo […] ci sono due motivi che giustificano la popolarità degli UAV. Innanzitutto il
fatto che non espongono a perdite umane. Certo questo è un elemento favorevole, ma se
poi la piattaforma non è in grado di svolgere il suo lavoro, allora, non avere nessuna
perdita equivale a prendere fotografie del Gran Canyon da Boston, [e] con una
macchietta usa-e-getta (sic). La seconda motivazione […] è che accontentano tutti quegli
americani amanti della tecnologia. […] Ieri stavo guardando sul display fotografico di
un Predator … è stato là sopra [a 7600 metri] per molto tempo … si poteva osservare
una finestra, il focus [del drone] puntato verso la finestra. Potevi mettere il cursore su di
questa e ricevere le informazioni GPS sulla latitudine e longitudine in maniera molto
accurata, via satellite. E se si fosse passata quell‘informazione a un F-16 o ad un F-15 a
8500 metri, e il pilota ricevente avesse messo le coordinate sul suo sistema di
sganciamento automatico delle bombe, allora questo avrebbe potuto sganciare quella
bomba verso l‘obiettivo con una certa precisione, forse davvero vicino a quella finestra,
o, qualora fosse un‘arma guidata di precisione, forse poteva piantarsi oltre la finestra …
io comprerei molti UAV nel futuro‖.
Si può, e a dir la verità, senza eccessivo sforzo, trovare tale racconto genuinamente
inquietante. Questa è la prima sensazione che ho tratto dalla lettura di questa parte di
articolo, in formato digitale, dell‟Air & Space Power Journal, una rivista americana
specializzata nella tecnologia aerea43
.
Tuttavia, il redattore di questo scritto arriva presto ad affermare con schiettezza cosa
potrebbe giustificare una tale pervasività operativa da parte di chi approva l‟utilizzo di tali
sistemi.
41
Esempio eccelso di una dottrina abbondante in pragmatismo conservatore americano. V. Rocca,
Christian: Il realista assalito dagli ayatollah, articolo apparso ne Il Foglio quotidiano, 26 giugno 2009,
42
Il testo che segue è stato tradotto in italiano per maggiore chiarezza. La trascrizione informatica del
documento originario è disponibile alla pagina web
http://www.airpower.maxwell.af.mil/airchronicles/cc/eberle.html.
43
Ibidem.
19
Innanzitutto gli addetti ai lavori sottolineano costantemente la necessità di oltrepassare
una volta per tutte il c.d. elemento della „nebbia di guerra‟44
; termine di natura
prettamente militare che affonda le sue radici nella storia, all‟epoca delle prime
intemperanze europee con la polvere da sparo, che riversava sul campo di battaglia una
spessa coltre di fumo45
, che non permetteva una completa visione del proseguimento della
belligeranza, e che ad oggi va ad intendere il vantaggio strategico goduto da una parte
dello schieramento, che si manifesta conseguentemente come forma di deminutio per chi
non gode della stessa capacità operativa; appunto come se nel conflitto fosse scesa una
„foschia‟ a sfavorire la tenuta strategica di uno.
Si vuole cioè eliminare in toto l‟elemento di svantaggio che, in questo caso, come
affermato dallo stesso ammiraglio, risulta essere quello dato dalla perdita di una vita
umana. Che ha immediate conseguenze sociali.
Il secondo aspetto, invece, concerne proprio la conseguenza della cattura di una vita
umana; e cioè tutto quel che riguarda la presa di prigionieri e i connaturati aspetti di
natura politica – che tuttavia ho già esaminato nel primo capitolo, facendo l‟esempio dello
sfortunato pilota USAF Francis Gary Powers.
Il terzo elemento da tenere in conto è quello dell‟autonomia operativa: dentro un UV, non
essendo presente il pilota, non è difatti necessario costruire un sistema di decompressione
come invece si richiede negli aerei o nei mezzi sottomarini a guida umana – e da questo
ne discende la possibilità di poter spingere tali mezzi sempre più in alto o sempre più in
profondità – anche grazie al conseguente risparmio del peso. Inoltre, il software non
richiederebbe né pause-pranzo né periodi di sonno, contrariamente alle necessità delle
„umane guide‟, potendosi effettuare semplicemente un opportuno cambio-pilota presso le
basi, che come ho già affermato nell‟introduzione, sono lontane migliaia di chilometri
dall‟area delle operazioni. Ultimo ma non ultimo, le avverse condizioni operative non
andrebbero ad infierire sulla capacità visiva di questi droni. Scrive il capitano Patrick
Eberle: “Come può differire ciò tra un velivolo teleguidato ed uno a guida umana? Lo
UAV può fare affidamento ad interfacce EO/IR/SAR46
. Il pilota invece ha bulbi oculari di
originaria concezione (sic) […] ed inoltre [l‘interfaccia] SAR non può essere utilizzata
contro gli stessi UAV, a meno che l‘avversario abbia sperimentato nuovi sistemi di
rintracciamento‖47
.
Da questa affermazione nasce un dubbio, e cioè qualora il signor Eberle abbia voluto
intendere che, oltretutto, gli UAV possano godere di una specie di „anti-spotting livery‟,
ovvero una specie di „livrea trattata magneticamente‟ che possa permetter loro di
deflettere (o comunque di rendere inefficaci) le interfacce SAR di cui sopra. Di questo
44
Per approfondire l’argomento della nebbia di guerra si può fare riferimento a Singer, P. W.; Wired for
War, the Robotics revolution and conflict in the 21
st
century, New York, Penguin Press, 2009, p. 21.
45
I primi fucili, infatti, non erano semplicemente fumeggianti carabine, ma scomodi ammennicoli che
obbligavano l’utilizzatore ad una lenta operazione di espulsione e ricarica della cartuccia, attrezzi che
risultavano imprecisi oltre i 20 metri e potevano definirsi infinitamente più inaffidabili dei moderni fucili
semi-automatici. V. Grant, R. G.: Battaglie; i conflitti, i grandi condottieri, le armi, i campi di battaglia in
cinque millenni di storia, Mondadori, 2006, pp. 188-189.
46
Rispettivamente, un’interfaccia elettro-ottica (EO) alla quale si accompagna un sistema ad infrarossi (IR)
ed un modello di ‘Synthetic Aperture Radar’ (SAR) che altro non è che un sensore elettro-magnetico che
permette di catturare delle immagini – o riprendere filmati – attraverso banchi nuvolosi o zone affette da
disturbi meteorologici anche intensi, il tutto mantenendo un dettaglio ed una profondità visiva ben
superiore a quella consentita dalla interfaccia elettro-ottica. V. sito internet:
http://sar.ece.ubc.ca/SARintro/SAR.html.
47
V. http://www.airpower.maxwell.af.mil/airchronicles/cc/eberle.html.
20
non v‟è conferma, ma tuttavia ciò che richiede la nostra attenzione sembra essere ben
altro: l‟invecchiamento precoce a cui sono sottoposte tutte le creazioni di laboratorio, o
meglio, quello che viene comunemente indicato come il „paradosso della tecnologia
militare‟.
Di questo aspetto ce ne parla l‟analista politico statunitense Max Boot48
, per la precisione
nel suo articolo pubblicato sulla rivista web „The New Atlantis‟, durante il 2006.
Sembrerebbe nei fatti che, nonostante il notevole sviluppo di nuove tecnologie,
“Americans continue to feel vulnerable. As we learned on September 11, and continue
learning on the battlefields of Iraq, the most advanced weapons systems and most
sophisticated information technology are hardly a perfect shield against other kinds of
destructive power. The paradox of our age is that modern technology is both the great
separator and the great equalizer in military affairs: Technological supremacy separates
America from the rest of the world, and yet modern technology leaves America vulnerable
to vicious groups and gangs armed with AK47s, car bombs …‖49
.
Questo suo parere sembrerebbe poggiare su basi concrete, poiché la stessa storia
contemporanea c‟insegna che il livello di sicurezza nazionale non può definirsi pari al
livello tecnologico impiegato da un Paese. E ciò sarebbe giustificato dai focali aspetti che
Boot introduce nel paragrafo intitolato „I limiti della supremazia tecnologica‟, dove “even
the best surveillance systems can be stymied by simple countermeasures like camouflage,
smoke, and decoys, by bad weather, or by terrain like the deep sea, mountains, or jungles.
Sensors have limited ability to penetrate solid objects, so that they cannot tell what is
happening in underground bunkers such as those that North Korea and Iran likely use to
hide their nuclear weapons programs. Urban areas present a particularly difficult
challenge: There are far more things to track (individuals) and far more obstructions
(buildings, vehicles, trees, signs) than at sea or in the sky. Figuring out whether a person
is a civilian or an insurgent is a lot harder than figuring out whether an unidentified
aircraft is a civilian airliner or an enemy fighter. It is harder still to figure out how many
enemy soldiers will resist or what stratagems they will employ. No machine has yet been
invented that can penetrate human thought processes. Even with the best equipment in the
world, U.S. forces frequently have been surprised by their adversaries”50
.
Sembrerebbe perciò darsi per scontato che “having the best technology is not enough to
defeat the most committed terrorists armed with the deadliest weapons‖. Visto che ―some
of the most expensive weapons systems being purchased by the United States and its allies
are irrelevant to fighting and winning the war against terrorism‖. Ma soprattutto tenendo
a mente che la ―combination of moral restraint and bureaucratic sluggishness that
defines America‘s military culture may leave the U.S. at a comparative disadvantage
against nimble, networked, nihilistic enemies like al Qaeda, who will deploy whatever
weapons they have with urgent brutality”.51
48
Rispettivamente Senior fellow nel Council on Foreign Relations, columnist del Los Angeles Times e
contributing editor del The Weekly Standard.
49
V. sito internet: http://www.thenewatlantis.com/publications/the-paradox-of-military-technology, che
sponsorizza il libro dello stesso Boot. Max: War Made New: Technology, Warfare, and the Course of Modern
History, 1500 to Today, Gotham Books, 2006.
50
Ibidem; § “The Limits of Technological Supremacy”
51
Ibidem; § “American Hiroshima?”
21
Leggendo queste righe potrebbe sovvenire legittimamente una riflessione sul merito della
correttezza di quest‟atto d‟imputazione, che incolpa gli stessi nordamericani di una certa
moderazione morale ed una fiacchezza burocratica, quali punti che sfavorirebbero la lotta
al terrorismo.
Eppure, non sono forse stati gli stessi anglosassoni – prima con i loro secolari, ma arguti
pensatori, sostenitori del discernimento politico52
– e poi gli stessi nordamericani - a
rendere grande la loro capacità di discettazione socio-morale anche grazie all‟immortale
concetto di checks and balances53
?
Risulterebbe, insomma, una non rifuggibile questione morale di fondo, cui mi accingerò
ad esaminare nell‟ultimo capitolo. Ma per ora, è necessario pazientare, e tentare
innanzitutto di comprendere se anche la nostra realtà europea presenti un sistema di difesa
che sia basato su tali ritrovati tecnologici.
52
Uno su tutti, fu certamente David Hume. V. Pezzimenti, Rocco: La società aperta nel difficile cammino
della modernità, Rubbettino, 2002, p. 118.
53
Concetto tecnico-politico trattato nei testi di diritto costituzionale di tutto il globo. Per una panoramica
breve, ed efficace, sul significato del termine, si faccia riferimento al sito internet dell’Encyclopaedia
Britannica: http://www.britannica.com/EBchecked/topic/108283/checks-and-balances.
22
Le applicazioni europee: UE e NATO
“La vittoria migliore è quella che deve ancora arrivare.”
Enzo Ferrari, storico padre della Scuderia Ferrari, intervistato da un giornalista incuriosito dalla sua storia personale.
23
L’Europa come attore globale … ’ zero – power’
Si arriva a questo punto a chiedersi legittimamente qualora, nella nostra realtà
comunitaria europea, si possa parlare dell‟applicazione, in una qualche misura, di questa
tecnologia che così tanto „terreno fertile‟ ha trovato nel continente americano.
La domanda è perciò la seguente: l‟UE recepisce, al giorno d‟oggi, applicazioni difensive
similari a quelle sostenute dagli S. U., e cioè quelle che si appoggiano alla tecnologia
UV?
La risposta sembrerebbe essere negativa. E questo per una serie di considerazioni centrali.
Innanzitutto la prima, e la più importante: l‟Unione Europea, lo sappiamo, non ha un
proprio apparato di sicurezza in senso classico. Vi è stato, in realtà, nel passato, un
tentativo di unificazione degli eserciti nazionali, od anche delle discussioni
sull‟opportunità di creare un corpo ultranazionale di difesa collettiva, ma tale progetto è
stato frenato già sul nascere. Si prenda a riferimento il famoso prototipo di Comunità
Europea di Difesa54
, in realtà mai assunto a livello di progetto concretizzabile, pur
essendo passato attraverso la pubblicazione di taluni protocolli d‟accordo che sembravano
sfuggire alla definizione di bozze informali.
Dunque, se è vero che non sarebbe ipotizzabile una strategia di difesa comune basata
sull‟utilizzo dei droni, questa non sarebbe tantomeno giustificabile; e la conferma di
questo ci giunge dal ricercatore anglosassone John Leech, che nella sua opera-indagine
dedicata all‟Unione Europea, si chiede, facendo eco a molti opinion - makers americani55
,
qualora sia possibile – anzitutto - parlare di un‟Europa quale attore globale, requisito
evidentemente fondamentale per rispondere al nostro precedente interrogativo, e cioè se si
possa discutere della presenza o meno di un apparato di difesa comune tra gli Stati
membri dell‟UE.
Perché la stessa logica ci insegna che solo un attore che possa definirsi globale può
dotarsi di una strategia di difesa … comune.
54
Questo progetto di difesa europeo, tanto desiderato dall’allora presidente degli S. U. Eisenhower, che
si spinse a promuoverlo tramite un discorso presso la English Speaking Union nel 3 luglio del 1951, è stato
accolto con notevole freddezza dagli europei, ondivaghi a causa dell’incapacit{ di bilanciare una
pressione francese che si muoveva nell’ottica anti-riarmo contro la Germania, ed una comunista, che
invece era propria ai partiti interni di Paesi quali la stessa Francia e l’Italia. È da ricordare quanto influì,
nell’opinione pubblica francese, il gollismo post-seconda Guerra mondiale. V. Del Vecchio, Edoardo – Del
Vecchio, Marcella: Atlante storico delle relazioni internazionali, dall’egemonia mondiale europea agli attuali
equilibri internazionali, terza edizione, CEDAM, Padova, 2004.
55
Secondo il professor Stanley Hoffman, detentore di una cattedra presso l’universit{ americana di
Harvard e cavaliere premiato con la Legion d’Onore, l’Unione Europea avrebbe preferito eliminare
l’aspetto difensivo di natura prettamente militare per favorire “a range of instruments for its International
actor role which exhibit a great variety of judicial, economic and diplomatic means”. Secondo il suo parere
tali attivit{ “can be systematically classified with the initials MEAD: Access to Markets Euro-subventions,
Diplomatic actions and Dialogue”. V. Hoffman, Stanley: Obstinate or Obsolete? The Future of the
Transatlantic Relationship: Europe, the United States, and the Next American President, atti della
conferenza svoltasi presso Bologna nel 22/10/2008, John Hopkins University, 2009.
24
Insomma, a suo dire “if the term ‗global actor‘ is understood to refer to a state that is
endowed with the traditional attributes of a large power or even a super power, then the
EU should be excluded from being counted as such within the new world order”56
.
E questa analisi non dovrebbe porsi a beneficio di dubbio poichè “if the rhetorical
question is asked [about] how many tanks and nuclear weapons are available in the EU,
then the EU is a ‗zero power‘” potendosi affermare che “the ability and willingness of its
member state to integrate the existing potential into a hierarchically structured decision-
making system is still subject to doubt”57
.
Dunque, sembrerebbe potersi ammettere che, l‟amministrazione statunitense del secondo
dopo guerra, abbia favorito lo svilupparsi di diverse aree di competenza, declinando lo
sviluppo economico e sociale al „progetto UE‟, lasciando invece, ed al tempo stesso, un
giusto spazio all‟obiettivo di costruire con perizia l‟aspetto difensivo continentale alla
NATO58
.
Ciò non ha tuttavia impedito all‟UE di dotarsi di „obiettivi strategici‟ (raggiunti grazie ad
impegni multilaterali intercorsi fra i suoi membri) quali l‟adozione del mandato di arresto
europeo, da inserirsi nell‟ottica di lotta al terrorismo internazionale, e la collaborazione
giudiziaria con gli Stati Uniti59
e la NATO stessa (il tutto nel rispetto del „terzo pilastro‟,
quello della sicurezza dei propri Stati membri). Fino ad oggi, perciò, l‟intervento militare
dei membri è stato sostanzialmente ricollegato nel quadro della personale iniziativa dei
singoli governi.
Possiamo dunque affermare con certezza che qualora ci si voglia riferire all‟Unione
Europea in qualità di attore globale, si può essere legittimati a farlo solo qualora si vada a
considerare la mera sfera delle „reti‟ di partnership economico – sociale60
degli Stati
membri.
56
V. Leech, John; Whole and Free: NATO, EU enlargement and transatlantic relations, THE FEDERAL
TRUST in conjunction with The Trans European Policy Studies Association, 2002, p.143.
57
Ibidem.
58
Ibidem, p. 144. Come è stato gi{ detto, il dotarsi, da parte dell’UE, di un proprio Ministro degli Esteri
non sembra mutare il carattere originario (di natura sostanzialmente politico-economica), di questa
organizzazione, che affonda le radici nei colloqui intercorsi, al largo delle Isole Terranova – ed all’apice
dell’entrata in guerra degli S. U. nel Secondo Grande conflitto - tra il primo ministro inglese W. S.
Churchill ed il presidente americano Roosevelt, talks ormai consegnati definitivamente all’immaginario
storico e collettivo.
59
V. documento: Un’Europa sicura in un mondo migliore, Strategia europea in materia di sicurezza,
Bruxelles, 12 dicembre 2003.
60
Nel futuro, potremmo sperimentare graduali cambiamenti in materia di politica estera europea,
mutamenti che derivano innanzitutto dall’imposizione, gi{ avvenuta nel 2009, dell’officio del Ministro
degli Esteri europeo, istituzione che avrà il duro compito di portare ad unità una frammentazione di
culture politiche e diplomatiche, che prevedo difficilmente concertabili, se non tramite l’istituzione di una
Carta costituzionale europea capace - se non in qualche centinaio di anni - di formare una vera e propria
realtà culturale e federale assimilabile a quella nordamericana, che è, a ben vedere, più che giustificata a
dotarsi di una propria politica estera unitaria … mentre noi italiani stiamo – nella baraonda confusionaria
della stampa generalista – assistendo ad un incerto percorso istituzionale, inverso a quello di moltissime
democrazie storicamente formatesi. Se si potrà avere una politica estera comune, cosa che ritengo
25
E così, giocoforza, la nostra analisi va dunque a spostarsi su quell‟orbe di intese ed intenti
comuni forgiati sulla base dell‟‟amata-odiata‟ North Atlantic Treaty Organization.
La NATO ed il controllo del continente europeo
NATO, organizzazione difensiva. Ci si chiede tuttavia in quali forme, e dietro l‟utilizzo di
quali sinergie.
Solo operando delle ricerche nel dettaglio si può scoprire quanto, quest‟organizzazione
nord – atlantica, basata attualmente sulla collaborazione di ben 26 paesi, ha recepito
l‟influenza della bushiana „transformation‟ (cioè della massiccia automazione) nel settore
della difesa comune.
Innanzitutto vi è questo documento, il c.d. „Defence transformation briefing‟61
, ovvero un
moderno trattato sul „mutamento delle forze alleate per le correnti e future operazioni‟,
che va a chiarire, per filo e per segno, ancorché nella sua brevità (si tratta di sole dodici
pagine), cifre e statistiche che l‟apparato difensivo della NATO poteva vantare nell‟anno
200862
. Sfogliando le pagine si giunge poi al capitolo „Improving information
superiority‟, che ci parla di una certa Alliance Ground Surveillance (AGS).
Questo novello complesso informativo, andrà a soppiantare l‟ormai vetusto sistema
americano di sorveglianza americana JSTARS63
, e quello francofono HORIZON,
utilizzati a suo tempo durante le operazioni degli anni ‟90 presso i Balcani. Questo AGS
si baserebbe essenzialmente sulla tecnologia base dei Predator, proprio quei droni resi
celebri dalle azioni sul territorio afgano – pakistano.
La novità maggiore, tuttavia, è constatabile osservando che, il ruolo principe del piano di
controllo dei bordi europei orientali, viene affidato al „non-plus-ultra‟ della tecnologia
UAV di questi anni, il „temibile‟ Global Hawk.
improbabile nel breve periodo, visto l’impianto odierno, noi saremo l’unica realt{ ‘confederata’ (chi ha il
coraggio di definire l’UE una federazione di Stati?) ad averne una. Questo se si esclude il Commonwealth
britannico, che però non è formato da popoli tedeschi o francesi …
61
Transformation, lo stesso termine caro alla presidenza Bush, che credo non sia stato utilizzato
casualmente …
62
V. Sito internet: http://www.nato-
bookshop.org/index.php?inc=languages&idpub=101&orderby=topic&taal=ENG.
63
Completa descrizione di questo progetto USAF, che si appoggia sull’utilizzo di uno speciale aereo-
radar, è disponibile presso la pagina internet http://www.airforce-technology.com/projects/jstars/, che
fortunatamente espone tutte le informazioni senza andare a perdersi in complessi tecnicismi.
26
Quest’ ’aquila globale’ è una ficcanaso
Tale AGS, che viene presentato dai carismatici filmati promozionali64
della Northrop
Grumman (l‟azienda aeronautica coinvolta nel progetto) come un „ben d‟iddio‟, viatico
contro ogni male, sarà tutt‟al più operativo nel 2012. Nel frattempo, va a continuare
l‟utilizzo dello JSTARS da parte della NATO Response Force (NRF), proprio il
contingente formato da 25.000 soggetti capace di “respond rapidly to emerging crises
across the full spectrum of Alliance missions, ranging from disaster relief or
peacekeeping to highintensity warfighting”.
Ebbene, proprio tale notizia, fu portatrice di una piccola „bufera mediatica‟ nel nostro
Paese, ove si condannava la scelta dei sistemi dell‟azienda Northrop Grumman (decisione
da attualizzarsi al settembre 2008) da parte di un buon numero di membri
dell‟organizzazione atlantica - evidentemente persuasi dal minore costo della già
sperimentata tecnologia americana - al posto di quella promossa dal consorzio a
maggioranza europea TIPS65
; novità che faceva risuonare nella grande rete tante voci
dissidenti, che andavano dai consueti blogger della left, fino ad arrivare alle
organizzazioni di solidarietà sociale66
, essendo tutte queste, però, rubricabili secondo
affini identità politiche.
Se invece andiamo a spostare le nostre analisi sull‟attore centrale di questa innovazione,
non possiamo esimerci dal sottolineare le capacità strategiche del Global Hawk, che lo
rendono davvero insostituibile. Un solo velivolo di questi, grande più o meno come un
Boeing 737, può permettersi di partire “da una base come [quella di] San Francisco,
impiegare una giornata a caccia di terroristi nell‘intero stato del Maine e tornare
indietro”67
. Inoltre, questo grosso aeroplano spia, è dotato di quello che i militari USAF
chiamano „high-resolution spot mode‟68
, un apparato telescopico che permetterebbe, ad
esempio, la lettura di targhe d‟autoveicoli da notevoli altezze, fattore che per un UAV
destinato a muoversi oltre i 10.000 metri di altitudine è decisamente … straordinario.
Una potenzialità certamente notevole, che però, potrebbe giungere ad innalzare polveroni
piuttosto pruriginosi, almeno per quanto riguarda il comparto attinente al diritto della
privacy. Un diritto che la società civile apprezza e stima, e che proprio in questi mesi è,
volente o nolente, soggetto ad una influenza positiva da parte dei confronti bipolari del
nostro mondo politico.
64
Non posso fare a meno di segnalare questi interessanti videoclips, che stupiscono per la sorprendente
chiarezza espositiva fatta propria dal reparto promozionale dell’azienda americana … V. sito internet:
http://www.as.northropgrumman.com/products/natoags/gallery.html.
65
Trans-Atlantic Industrial Proposed Solution, una coalizione formata dalla “Northrop Grumman e General
Dynamics, la European Aeronautic Defense and Space Company - EADS (gruppo aerospaziale a cui
aderiscono societ{ tedesche, francesi ed olandesi), la francese Thales, la spagnola Indra e l’italiana Galileo
Avionica”. V. http://romperelerighe.noblogs.org/gallery/5562/sigonella.pdf, proprio una delle voci
internettiane (già ideologicamente) contrarie alla mossa contrattuale pro-americana.
66
Se si digitano le parole ‘AGS Sigonella’, il motore di ricerca web Google, ci porgerà una prima pagina di
risultati aventi una grande maggioranza di commenti negativi in merito al processo d’installazione del
Q.G. NATO AGS presso Sigonella, in Sicilia.
67
V. Singer, P. W.: Wired for War, the Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century, NY, Penguin
Press, 2009, p. 36.
68
Ibidem.
27
Pertanto, in merito a questo argomento, si potrebbe davvero passare da un „problema ad
un altro‟, poiché, impiegando degli UAV „sentinella‟, giorno e notte, se il „sonno dei
giusti‟ non si troverebbe a rischio, non potrebbe dirsi lo stesso per la loro sfera personale
dei rapporti. Che a buon diritto andrebbe difesa da qualsivoglia influenza esterna dotata di
intenzioni sconosciute.
Ma la tutela della privacy, al tempo stesso, dovrebbe essere legittimamente declinabile in
favore di quello che è stato simpaticamente ricordato come “il diritto di non vedersi
saltare in aria”, che già a suo tempo giustificò l‟installazione di periferiche „body-
scanner‟ nei check-in dei maggiori aeroporti italiani69
, e che possiamo estendere a questo
caso specifico, cioè quello della necessità di difesa dei bordi dell‟Unione Europea dalla
sconcertante minaccia del terrorismo internazionale.
Questa appare dunque una tecnologia ammirevole: soprattutto se destinata ad essere
impiegata nel quadro di un contesto urbano, area dove per antonomasia risulta
maggiormente difficoltosa l‟attivazione di misure anti-terroristiche. Proprio per questo la
NATO avrebbe promosso un gruppo di studio, che ha prodotto un documento a cura della
sua branca „R&T‟70
, che seppur gode di un titolo che potrebbe lasciar intendere
speculazioni futuristiche piuttosto sibilline71
, ha in realtà l‟obiettivo di favorire sempre
più la tanto difficoltosa operatività anti-terroristica (od umanitaria) presso le zone più
„calde‟ – e per di più popolate – del Medio oriente.
Questa ricerca si lancia fin da subito a definire tutti quegli aspetti piuttosto dettagliati
sulla questione prettamente guerresca - che a noi può attirare meno - ma poi arriva, in
seconda battuta, a sottolineare l‟importanza dell‟utilizzo dei veicoli senza pilota per
acquisire “an accurate understanding of the infrastructure, the systems and the dynamics
of the designated urban area and their impact on operations” od anche per “detect,
identify and assess rapidly chemical, biological and radiological threats (this includes
toxic threats)” od infine “destroy or neutralise in a timely manner, fixed or mobile point
targets in the urban environment with minimum casualties and collateral damage”72
. Che
è la questione che a noi interessa maggiormente, visto che ci dà la conferma che la
„nostra‟ partnership strategico - difensiva atlantica sta, né più né meno, già riprendendo la
stessa identica „transformation‟ iniziata originariamente negli Stati Uniti.
Non solo: tale mutamento del concetto di difesa sembra sia stato già fatto proprio
dall‟Italia stessa. A riprova di questo, basti guardare all‟anno 2004, periodo in cui il
nostro Ministero della Difesa73
ha dato il via ad i procedimenti di aeronavigabilità74
nei
69
Questo episodio si riferisce alla famosa polemica, di qualche tempo fa, contro l’installazione di impianti
di riconoscimento d’esplosivi ed armamento personale nell’aeroporto maggiore della capitale. La
citazione viene dalle schiette parole del nostro affabile Ministro degli Esteri Franco Frattini. V. sito
internet: http://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_05/maroni-frattini-body-scanner_fd2db2a4-f9df-
11de-ad79-00144f02aabe.shtml.
70
Research and Technology. Tale suddivisione si trova a Neuilly, in Francia.
71
Urban Operations in the Year 2020. Tale rapporto è stato pubblicato nel 2003, dunque nel pieno delle fasi
americane di complessa operativit{ bellica nell’ambiente desertico, e poi urbano, dell’Iraq.
72
Ibidem, p. 34.
73
V. sito internet: http://www.difesa.it/Segretario-SGD-DNA/DG/ARMAEREO/Programmi/UAV-Drone/.
74
Termine assente dalla Dodicesima Edizione del Dizionario della Lingua Italiana Zanichelli, che tuttavia si
riferisce a quell’insieme di esami e di procedure di verifica e messa in sicurezza che devono essere
superate per il raggiungimento dell’immatricolazione di un aeromobile, cosa che può permettere l’utilizzo
28
confronti del velivolo Predator, che sarebbe andato ad ottemperare particolari compiti di
controllo di certi confini territoriali, secondo quanto necessitato dall‟attività della
Direzione Generale degli Armamenti Aeronautici (ARMAEREO75
) affine alla nostra
aeronautica militare.
dello stesso nello spazio aereo nazionale (non limitato). V. sito internet: http://www.enac-
italia.it/La_Regolazione_per_la_Sicurezza/Navigabilit-13-/Prescrizioni_di_Aeronavigabilit-13-/index.html.
75
V. sito internet: http://www.difesa.it/Segretario-SGD-DNA/DG/ARMAEREO/.
29
Un’ineliminabile questione etica
“…˂˂E’ lecito o no, che noi paghiamo la tassa a Cesare?˃˃. Rendendosi conto della loro malizia, disse:
˂˂Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?˃˃. Risposero: ˂˂Di Cesare˃˃. Ed egli
disse:˂˂Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio˃˃…”
Gesù di Nazareth, dall’episodio del tributo di Cesare (LC 20, 22-25).
Foreign Policy ©
Paramount Pictures ©
Defense TECH News ©
30
La visione americana della ‘giusta guerra’ alla base della ‘drone strategy’
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in un discorso rivolto alla nazione, risalente
a circa un anno fa76
, riprendeva la domanda espressa da molti dei suoi concittadini: “What
is our purpose in Afghanistan? After so many years, they ask, why do our men and women
still fight and die there?” e vi aggiungeva un deciso “they deserve a straightforward
answer”.
A questo vi rispondeva: “I want the American people to understand that we have a clear
and focused goal: to disrupt, dismantle and defeat al Qaeda in Pakistan and Afghanistan,
and to prevent their return to either country in the future. That's the goal that must be
achieved.‖
Perchè a suo dire ―that is a cause that could not be more just”.
Just, che significa giusta. E la causa giusta fu termine già a suo tempo caro al presidente
George W. Bush, che aveva fatto proprio il concetto di „giusta guerra‟77
(o „guerra
giusta‟, se si preferisce).
Non sembra, al riguardo, mutare molto il lessico utilizzato dall‟amministrazione attuale,
democratica, rispetto a quella precedente, repubblicana. E ciò ha altresì infastidito e
segnato alcune defezioni nel numero di supporters politici78
del presidente Obama,
evidentemente ancora afflitti da un insano surrealismo, potendosi contare tra i fans
presidenziali, moltissimi „innamorati della prima ora‟ che, doverosamente, sono venuti
meno quando il neo-eletto presidente si è dovuto confrontare con le „toste‟ politiche di
una nazione essa stessa „preda‟ del proprio obiettivo: annientare e dunque sconfiggere al
Qaeda. Lasciando quindi da parte le inflessioni da rockstar politica79
, come buona parte
dei media credeva gli fossero proprie, o come forse gli sono state erroneamente attribuite,
già prima del grande scontro elettorale della fine del 2008.
Ora, è invece necessario comprendere quale sia il vero significato della „guerra giusta‟ e
come nello „spazio dottrinario‟ di questa può esservi ricondotta una realtà complessa
76
V. sito internet: http://m.whitehouse.gov/blog/09/03/27/A-New-Strategy-for-Afghanistan-and-
Pakistan/. Tale discorso fa riferimento al giorno 27 marzo 2009, ed il sito allega anche il video dello
‘speech’ alla nazione.
77
V. sito internet: http://www.trinstitute.org/ojpcr/6_1snau.pdf.
78
Che sono stati numerosi. A partire dai famosi di Hollywood, passando per gli autori di musica più
blasonati, fino ad arrivare alla giornalista Oprah Winfrey, che con la sua opera di raccolta fondi sembra
aver collezionato fino a 3 milioni di dollari per la campagna del senatore nero. V. sito internet:
http://www.huffingtonpost.com/2008/04/20/top-10-celebrity-obama-su_n_96313.html.
79
Il mondo della carta stampata è stato efficacissimo a presentare (e a deviare) l’immagine di un senatore
democratico in qualità di soggetto dotato di carismi totalmente nuovi – ed “elettrizzanti” - per quel che
era stato fin’adesso la realt{ del mondo politico americano. V. : http://newsbusters.org/node/8449;
http://minnesota.publicradio.org/display/web/2006/10/30/obamahere/;
http://www.nydailynews.com/news/politics/2008/08/28/2008-08-
28_get_ready_for_barack_obama_rock_star.html; http://www.msnbc.msn.com/id/17086451/.
31
come quella dei mezzi non guidati da pilota, accostamento che può nascondere in sé più
di una sorpresa.
Nella storia contemporanea e Neo-continentale, il concetto di „guerra giusta‟, è stato il
tormentone mediatico che ha fatto da contorno alla realtà politica statunitense nel
momento del loro subentro nel conflitto contro il rais Saddam Hussein, fatto risalente,
come sappiamo, al già lontano gennaio 1991. V‟era questa Guerra del Golfo, ed il padre
di Bush Jr. era stato capace di organizzare a suo favore una „schermatura ideologica‟ che
gli permetteva, di fronte agli occhi dell‟Occidente intero, di poter affermare con certezza
la bontà dell‟atto di guerra statunitense (che di fatto rappresentava la maggioranza
consistente delle forze d‟assalto delle N.U.), soprattutto tenendo conto delle debolissime
forze del Kuwait, che non fu capace di ricorrere al mezzo dell‟autotutela per la rapidità
dell‟atto ostile e l‟inadeguatezza delle proprie unità militari. Con i misfatti iracheni, le
Nazioni Unite potevano godere finalmente della non ambigua sanzione della Carta magna
del diritto internazionale, che sia in base all‟art. 1, § 280
che ex art. 4281
, formulavano il
diritto all‟opzione armata, ma ciò solo dopo mesi in cui si era vanamente perseguito la
via del ricorso al mezzo delle sanzioni.
Ebbene, in tutto ciò, sembra corretto segnalare che questo diritto di belligeranza avrebbe
radici decisamente più antiche di quanto si pensi, e sarebbe perciò errato farlo risalire al
periodo della Guerra del Golfo: ciò è vero poiché il primo a dare una giustificazione
dell‟atto di guerra fu nientemeno che … Sant‟Agostino, che nella sua famosa opera „La
Città di Dio‘ ci esponeva quella che sarebbe stata cristallizzata come la dottrina cattolica
originale della c.d. „justum bellum‟. Cioè, proprio riguardante il concetto di guerra giusta.
Egli, riteneva che i cristiani fossero vincolati dalle leggi della carità e della giustizia
anche nel momento della guerra, considerata come massima divisione derivante dal male
insito nel cuore umano, moralmente ferito dal veleno del Nemico antico con la caduta nel
peccato originale82
.
Inoltre “Agostino definiva la pace come la ‗tranquillità dell'ordine‘, rappresentata da un
assetto internazionale dinamico e mutevole, creato da comunità politiche giuste e
mediato dal diritto. Allorché le autorità di governo intervengono contro aggressori
ingiusti per difendere tale ordine, si muovono secondo finalità politiche giuste. La
80
“I fini delle Nazioni Unite sono: 1) Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine:
prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di
aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della
giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni
internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace”. V. Luzzato, Riccardo – Pocar, Fausto:
Codice di Diritto internazionale pubblico, Terza edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2003, p.3. Oppure v.
sito internet: http://www.un.org/en/documents/charter/chapter1.shtml.
81
“Se il Consiglio di sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 siano inadeguate o si siano
dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia
necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere
dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni
Unite”. Ibidem.
82
V. opera agostiniana: De Civitate Dei, XIX Libro, cit. in sito internet:
http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20050117013438.
32
dottrina della guerra giusta nelle sue considerazioni ad bellum espone le norme in base
alle quali le autorità di governo sono tenute a muoversi per difendere i loro popoli e per
ripristinare le condizioni minime essenziali per l'ordine internazionale, con mezzi bellici.
Secondo questa dottrina, la guerra è una finalità politica moralmente appropriata e può
costituire un obbligo morale per le autorità di governo allorché le circostanze rendono
indispensabile agire per fermare il male”83
.
Questo sembrerebbe altresì confermato dallo stesso Catechismo della Chiesa cattolica,
opera revisionata dal mai dimenticato Giovanni Paolo II e direttamente sancito dalla
Costituzione pastorale Gaudium et spes del 1966, secondo cui “Il rispetto e lo sviluppo
della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e
non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può
ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli
esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della
fratellanza. È la ‗tranquillità dell'ordine‘”84
.
Qui non sembrerebbe nient‟altro che confermarsi la dottrina del Santo Agostino, anche
nel concetto a lui più caro sulla „tranquillità dell‟ordine‟, se non fosse poi, che lo stesso
Catechismo della Chiesa cattolica, ci propone, alla inscriptio „Evitare la guerra‟, delle
inequivocabili statuizioni restrittive: “Si devono considerare con rigore le strette
condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per
la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre
contemporaneamente:
— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia
durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare.
Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni
mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‗guerra giusta‘”.
Ci si chiede allora se la guerra intrapresa da parte delle N.U., e soprattutto dagli States, in
questo caso, fosse veramente corrispondente a questi quadruplici aspetti, e cioè se:
83
Parole pronunciate dal Prof. Michael Novak il 10 febbraio 2003, in un suo convegno presso il Centro
Studi Americani di Roma. V. www.usembassy.it.
84
V. Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte Terza (La vita in Cristo), Sez. Seconda, Art. 5 (Il quinto
comandamento), III, nel sito internet:
http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm#III.%20La%20difesa%20della%20pace.
L’elemento della difesa della pace, n. 2304, è gi{ presente in Sant’Agostino, nella sua De Civitate Dei, XIX
Libro, 13.
33
 Si sarebbe potuto parlare di un grave danno, certo e durevole inferto alla nazione
aggredita ed alla comunità degli Stati;
 Si era già ricorsi a mezzi pacifici, essendo questi rivelatosi inefficaci;
 Si avevano concrete chance di successo con l‟intervento militare;
 Il ricorso alle armi non avrebbe provocato „mali maggiori del male da eliminare‟;
Ebbene, se possiamo ad oggi rispondere affermativamente a tutte e quattro queste
domande, asserendo dunque che, dopotutto, la Guerra del Golfo, fu una vera e propria
guerra giusta - sorprendendoci tra l‟altro nella scoperta che i dettami dell‟ONU non sono
altro che direttissime applicazioni del pensiero coeso di San Tommaso d‟Aquino85
e dello
stesso Sant‟Agostino - alcuni critici esperti, come illustrerò più avanti, non
sembrerebbero tuttavia essere concordi alle nostre osservazioni.
La ‘guerra giusta’: un complesso atto di discernimento
“Nel 19 marzo del 1992, un gruppo di ventidue pensatori, scrittori e studiosi si
incontrarono a Washington D.C. per discutere le attitudini religiose verso l‘uso della
forza nelle relazioni internazionali. Rappresentando una larga diversità di opinioni nelle
fedi Cristiane, Ebraiche, e Musulmane, le due dozzine di partecipanti erano intimamente
consci che il loro argomento non fosse d‘importanza intrinsecamente teologica, ma anche
di rilevanza profondamente contemporanea”.
Così prende il via la trattazione, da parte di un osservatore della politica internazionale
contemporanea86
, di quell‟opera denominata „Religious perspectives on war‟.
Questo interessante libricino, mantiene certamente la promessa di interpretare i fatti in
un‟ottica rivelatrice sul se si possa parlare di „guerra giusta‟ (o meno), ed in quale misura:
e lo fa sviscerando in quali circostanze può verificarsi una „guerra giusta‟, avendo inoltre
premura di non sottoporci la mera visione cristiana della questione, ma, come il titolo
stesso può farci intuire, fornendoci anche una lettura ebraica e musulmana.
E così, sembrerebbe che, contrariamente a quanto ho esposto nel capitolo precedente, il
caso della Guerra del Golfo non potrebbe afferire ad una realtà che possa esprimersi
pienamente in ciò che può ricomprendersi nella dottrina della „guerra giusta‟.
Il motivo per cui questo conflitto del ‟91 debba essere ricompreso nella schiera
interminabile delle „guerre imperfettamente giuste‟, ci dice Padre John Langan (gesuita e
allora professore di Etica cristiana presso la Georgetown University), è perché “for many
other people, equally serious and well-intentioned, the war was terrible, a ‗catastrophe
for humanity and for the peoples of the Middle East, and … a moral disgrace for the
85
La discettazione del Santo in merito alla questione della legittima difesa non sembra avere pari nella
storia (perlomeno) del mondo Occidentale. V. San Tommaso d’Aquino: Summa theologiae, II-II, Ed. Leon
9, 74.
86
David R. Smock, che appunto scrive l’omonimo libro per la serie di monografie ‘Perspective Series’ dello
United States Institute of Peace.
34
United States‘”87
. Opinione che, stando a quanto ci dice l‟autore, sembra essere stata
condivisa dallo stesso Papa Giovanni Paolo II.
Il punto è che la stessa conduzione della guerra sembra aver innalzato una pluralità di
dubbi moralmente insidiosi, afferma Padre Langan. Il primo aspetto concernerebbe la
strategia di coalizione adottata nel conflitto aereo, che ha messo nei fatti a rischio la vita
di molti civili senza che questo fosse stato esplicitato come un‟inevitabilità nella
conduzione delle belligeranze. Ad esempio, come continua ad esporre Padre Langan nella
sua analisi, non si comprenderebbe quale fosse la necessità alla base della distruzione, da
parte degli alleati, del sistema elettrico iracheno, che era il nucleo centrale per il
funzionamento del sistema di purificazione e di filtrazione dell‟acqua, utilizzata per fini
innanzitutto sanitari, prim‟ancora che di industria88
.
Per il resto, non sembrerebbe esservi stata nemmeno l‟intimazione, altrimenti rivolta alle
truppe irachene datesi alla fuga, del dovere-opportunità di arrendersi. D‟altronde,
nemmeno il prosieguo dell‟opzione militare è stata svolta nell‟ottica della definitiva
pacificazione dell‟Iraq stesso: e ciò si spiegherebbe con la fretta di concludere il dossier
iracheno89
.
D‟altro canto, un professore della Università di Notre Dame, tale Robert Johansen, lo
interrogava, con retorica “whether just war criteria are useful if they condone war more
easily than do criteria for wisdom. Is Cristian doctrine less restrictive than wisdom?”90
.
Altri arrivavano addirittura a negare la bontà del principio della „guerra giusta‟, in quanto
ritenevano che “the use of just war criteria merely provided a rationale before the war
and a rationalization after the war was concluded, rather than influencing or altering in
any way wartime decision making”91
.
L‟autore conclude infine la sua trattazione mettendo per iscritto le testimonianze della
„guerra giusta‟ secondo la mentalità storica ebraica e musulmana, quella che promana dai
testi di fede, arrivando alla conclusione che il miglior principio dovrebbe essere un
concetto di „guerra giusta‟ condiviso tra tutti i credo, poiché, proprio questi concetti di
legittima difesa, di guerra preventiva ed, infine, di „guerra giusta‟, sembrano essere
legittimati solo nella misura in cui sono accompagnati a criteri di proporzionalità ed
umanità (salvaguardia per i diritti dei civili, per le infrastrutture pubbliche o private e
avendo riguardo all‟ambiente), sono volti all‟eliminazione completa della minaccia (vero
87
Smock, David R.: Religious perspectives on war, Perspective Series, UISP Press, Revised Edition, 2003, p.
5.
88
Ibidem.
89
In realtà, sappiamo bene che per George Bush Sr. fu di fondamentale importanza – nell’ottica delle
vicinissime elezioni presidenziali del 1992 – concludere l’assalto nel minor tempo possibile, proprio perché
ciò gli avrebbe permesso di guadagnare una certa celebrità politico-mediatica che gli avrebbe poi
garantito di lanciarsi con successo nelle elezioni omonime che sarebbero seguite l’anno dopo. Ciò non
accadde, ed egli uscì sconfitto nei confronti di un Bill Clinton che prometteva un’America meno
favorevole ai conflitti armati, in ogni caso.
90
Ibidem, p. 9.
91
Ibidem, p. 10.
35
portatore di pace, come già statuisce il diritto di Allah) e trovandosi quindi nel rispetto
delle tradizioni talmudiche e coraniche delle rispettive fedi ebraiche e musulmane. Un
processo che doveva in realtà specchiarsi in una successiva, doverosa fase: quella più
complessa delle politiche di riforme e di redistribuzione della ricchezza nell‟area
mediorientale92
.
La ‘guerra giusta’ … e i droni.
Ma come si concilia il concetto di „guerra giusta‟, qualora nel campo entri anche quella
trasformazione tecnologico-militare che ha portato allo sviluppo, e all‟utilizzo, dei famosi
droni?
A questo legittimo interrogativo non sembra esservi, ad oggi, ancora nessuna risposta
pragmatica.
Non mi resta dunque che raccogliere il poco materiale ottenuto per cercare di fornire una
risposta, che, mi rendo ben conto, sarà certamente insufficiente per dare esiti tangibili alla
questione.
Prendendo nuovamente in riferimento i concetti centrali del Catechismo della Chiesa
cattolica, abbiamo scoperto che la „guerra giusta‟ deve essere quella che utilizza strumenti
ove ―tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci‖.
Ora, abbiamo già chiarito all‟inizio del documento come si è conclusa la scelta tra le
opzioni che quasi un anno fa si trovavano sul „rovente‟ tavolo del presidente Obama: e
cioè se fosse meglio optare per un „surge strategico‟93
, orientandosi sulla possibilità
dell‟apertura di un sostanziale rafforzamento della presenza militare in Afghanistan ed in
Pakistan, oppure verso una scelta che coinvolgesse sempre più la presenza di unità
speciali, usufruendo in questa decisione di settori sempre più prominenti di intelligence,
ove sarebbero state ricomprese anche le attività degli UAV (non potendosi considerare
realistica la terza ipotesi, quella di lasciare il Paese a sé stesso, essendo il territorio ancora
incredibilmente fragile a pulsioni centripete, seppur di natura tirannica)94
.
Ebbene, la „virata presidenziale‟ verso la tecnologizzazione ed informatizzazione della
guerra, è sembrata essenzialmente consistere già di per sé in una scelta ben precisa, alla
quale non è seguito il ricorso ad altri mezzi, come poteva essere lo stesso invio di
numerose altre truppe – cosa che però avrebbe comportato la presenza di ulteriori morti.
Con la possibilità di limitare le perdite umane, sembra legittimo utilizzare la migliore
tecnologia di cui si dispone.
92
Ibidem, p. 31.
93
Opzione favorita dall’ormai ex comandante delle operazioni medio-orientali Stanley McChrystal, anche
visto il successo dell’operazione presso l’Iraq nel 2003.
94
V. quotidiano il Foglio Anno XIV, n. 252, giovedì 22 ottobre 2009: L’impatto delle diverse strategie sui
fortini afghani. p. I.
36
Ma, nonostante tutto, ciò ci porta a delle legittime considerazioni: come percepirà lo
stesso nemico questa trasformazione nella conduzione delle belligeranze? Questa porterà
alla creazione di mezzi risolutivi, capaci di donare agli States notevoli possibilità di
vittoria?
Secondo Mubashar Jawed Akbar, giornalista interessato alle vicende mediorientali e
fondatore della rivista Asian Age, “unmanned systems take this collision of human
psychologies to the next level. They are the ultimate means of avoiding sacrifice. But what
seems so logical and reasonable to the side using them may strike other societies as weak
and comptemptible. Using robots in war can create fear, but also unintentionally reveal
it”. Per l‟analista di scenario indiano, infatti, “the greater the use of unmanned systems,
the more likely it will motivate terrorists to strikes at America‘s homeland‖ poichè ―it
will be seen as a sign of American unwillingness to face death”95
. Questo sarebbe
confermato anche da un altro studioso di affari internazionali, questa volta americano, che
sottolineava come “fighting more and more unmanned systems would not be a huge
quantum leap to the insurgent psychology. With things like F-16s, it‘s not like they are
fighting face-to-face now anyway. […] in their rhetoric, they‘ll make fun of the
Americans for not being man enough to fight face-to-face […] for insurgent, it already
feels like they are fighting robots of sort”96
.
Tutti questi aspetti psicologici che si pongono non verrebbero sollevati unicamente
dall‟apparato terrorista indottrinato, bensì potrebbero equivalere anche per gli abitanti di
queste terre, poiché “the average person sees it as just another sign of coldhearted, cruel
Israelis and Americans, who are also cowards because they send out machines to fight us,
… that they don‘t want to fight us like real men, but are afraid to fight. So we just have to
kill a few of their soldiers to defeat them”97
.
A ben vedere, dunque, sembrerebbe che il risultato della „transformation‟, incominciata
già negli anni ‟70, abbia davvero portato gli Stati Uniti verso la tendenza alla detenzione
di arsenale realmente dotato di un gran potere strategico ed offensivo, cosa però che
tuttavia andrebbe a ledere quell‟aspetto morale che è l‟elemento della „proporzionalità‟,
necessario per lo stabilirsi del presupposto fondamentale di una „guerra giusta‟.
Proprio tale sproporzione nei mezzi utilizzati sul „campo di guerra‟ potrebbe dunque
comportare uno sfibramento nell‟effettività degli stessi, proiettando un immagine esterna
(ad un popolo così dedicato alla guerra come quello afgano-pakistano islamizzante, non
immeritatamente considerato civiltà-tomba degl‟Imperi) che potrebbe consegnare a
questo terrorismo la suggestione di combattere un nemico sempre più debole, e dunque, si
assisterebbe in misura ancora maggiore al rischio di avere un risultato opposto a quello
desiderato dalle truppe alleate: che è anche l‟effetto di annichilimento psicologico
95
V. Singer, P. W.: Wired for War, the Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century, NY, Penguin
Press, 2009, p. 313.
96
Ibidem, p. 307.
97
Parole di Rami Khouri, direttore dell’Issam Fares Institute of Public Policy and International Affairs.
Ibidem, p. 309.
37
alimentato dalla superiorità degli armamenti detenuti dalla stessa coalizione occidentale,
da cui discenderebbe, poi, la capacità di avere ragionevoli possibilità in merito alla
distruzione effettiva del virus terroristico a sfondo religioso.
Come il mondo sa bene, non è questa una problematica di natura ordinaria, non
ragionando le cellule terroristiche islamiche con la stessa mentalità propria agli eserciti
degli Stati, che non andrebbero mai a contrapporre (autolesionistici) sforzi superiori a
quello che è il momento di maggiore impegno dell‟‟invasore‟.
Insomma, salvare le vite dei propri uomini risulterebbe più che doveroso da parte del
governo, su questo non vi sarebbe dubbio; ma non lo sarebbe invece per l‟effetto
secondario e perverso derivante dall‟utilizzo intensivo dei droni, e cioè proprio
quell‟elemento psicologico che potrebbe costare a tutte le nazioni coinvolte nella bolgia
mediorientale altri lunghi anni spesi nella caccia di frammenti di una mai pericolante
scala di eversione terroristico – totalitaria, che ben facilmente potrebbe esser foriera di
altre divisioni inter-alleate nel futuro più o meno prossimo. Realmente il più grande
pericolo da scongiurare.
38
Conclusioni
Le conseguenze della drone strategy statunitense, lo abbiamo visto, sono molteplici. Ma
evitando untuose parole di chiusura, onestamente, una domanda sembra permanere.
I droni, gli Unmanned-Vehicle di nuova generazione, sono davvero ciò che promettono di
essere? Riusciranno a tirare fuori la coalizione occidentale dal rischio perpetuo della
minaccia terroristica? Faranno realmente cessare la tirannia, anche osteggiata dai
confinanti moti liberali della marea Verde?
Su queste domande, solo la storia saprà rispondere correttamente.
A ben vedere, oggi, sussistono troppe risposte, che però consigliano facili e vaghe
soluzioni: dunque i pronostici non risultano consigliabili.
C‟è chi ci dice che il conflitto col Medio Oriente alter - culturale e rigidamente dottrinario
cesserà quando i governi europei avranno smesso di perpetrare i loro interessi
commerciali su risorse (tesi immortale) di colore nero, e dunque al momento di una
grande metamorfosi collettiva (o collettivista) di mentalità, magari verso un più o meno
probabile ecologismo di massa.
Altri sostengono invece la bontà della presenza massiccia delle unità armate alleate, a
guida umana e non, che prima o poi avranno saldamente controllo (grazie all‟impegno
continuato ed alle contromisure tecnologiche attuali), nei paesi quali l‟Afghanistan ed il
Pakistan, riuscendo infine, e con successo, a passare il testimonio a soggetti dotati di
poteri decisamente più civili, che sanzioneranno definitivamente il nascere di vere
democrazie popolari.
Infine, c‟è una vastissima fetta di pensiero che non riesce a decidersi sul da farsi.
L‟unica certezza che ho avuto redigendo questa ricerca, è che siamo moralmente
responsabili per tutti quegli abitanti di queste lontane nazioni, che realmente desiderano la
pace.
Ma ho davvero timore che solo con i ripetuti e continuati rapporti diplomatici e
commerciali, tra est ed ovest, riuscirà ad instaurarsi davvero una globalizzazione positiva,
che permetterà a queste realtà mediorientali di scoprire la vera importanza della libertà
dalla tirannia, che non è solo culturalmente presente in taluni nuclei familiari, ma anche
mondialmente attiva fuori dai loro bordi nazionali, con la sempre presente minaccia
fanatica e terroristica.
Con una guerra serrata, in questi habitat inospitali, c‟è la possibilità che si arrivi ad un
esito incerto, come ho già spiegato, ma questo giungerà in tempi relativamente brevi.
Allora la questione fondamentale da chiedersi è come reagiranno le popolazioni locali a
questo confronto (talvolta) tra „ciechi‟. Riuscirà la coalizione occidentale a far piegare
l‟ago della bilancia verso una collaborazione afgano-pakistana in ottica anti – terroristica,
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  • 1. LUMSA Facoltà di Giurisprudenza Percorso di Scienze politiche e delle Relazioni Internazionali Corso di Politica internazionale docente: Matteo Pizzigallo ‘Le conseguenze della ‚drone strategy‛ americana’ Una visione italiana ed europea A cura di Francesco Sabatini – matricola n. 03592/400
  • 2. 2 Dedicato ai miei genitori, e a Chi ha permesso tutto questo.
  • 3. 3 Introduzione al lavoro Sul cosa sia la drone strategy. La guerra, lo sappiamo, impone l‟utilizzo di tecnologie al passo coi tempi e di strumenti giammai vetusti per la conduzione di conflitti sempre più impegnativi, che spesso vanno a complicarsi nel loro svolgimento a causa di perpetui elementi di novità che, gettati sul campo di battaglia, non sempre possono portare a risultati controllabili – visto che spesso, osservando ai nostri tempi, come si suol dire, „la realtà supera l‟immaginazione‟ o, peggio ancora, sorpassa la capacità di essere gestita dall‟uomo, allorché, costretto dagli eventi, si trova sovente alle prese con la necessità di trarre conclusioni – non di rado affrettate – che possono infine giungere a pregiudicare gli obiettivi inizialmente stabiliti. Lo scenario che ad oggi si presenta a noi europei, con lo sguardo rivolto al Medio – oriente, non sembra sfuggire a queste considerazioni piuttosto classiche: anche qui l‟incertezza del risultato si pone sempre più come fattore sminuente dell‟operato delle coalizioni europee, ma soprattutto degli Stati Uniti d‟America. Del resto, risulta esservi un chiaro interrogativo: come combattere un nemico „invisibile‟, se le capacità eroiche di una nazione sembrano essere delegate all‟immaginario collettivo, che schiera fieramente gli eroi caduti in battaglia a fianco di quelli che come Capitan America1 si ripromettono di combattere il male del mondo sino alla fine dei propri giorni? Nel concreto appare dunque legittimo giocare un‟ultima carta: quella del processo tecnologico. E qui vi entra in gioco la novità decisiva, che rischia di cancellare per sempre la concezione millenaria di conflitto – e le sue annesse considerazioni sulle conseguenze dello stesso, che siano di natura politica, economica od etica; perchè se sarà un oggetto teleguidato a combattere sul campo di battaglia possiamo star certi che, se da un lato il fattore della sicurezza nazionale godrà di notevole sviluppo, d‟altronde non inferiore risonanza avranno le annesse implicazioni, cosa che ci rimanda a ciò che molti analisti fanno risuonare nei blogs della grande rete: è più facile concepire la guerra se si tiene in mente che a venire colpito è un mezzo robotizzato o radiocomandato, invece che un essere umano2 ? È proprio in tutto questo che s‟installa la nuova strategia della delegazione obamiana, amministrazione che ha notoriamente optato, già dall‟inverno del 2009, per una scelta intermedia sul dossier Afganistan e Pakistan: decisione che non fu il semplice 1 V. sito internet: http://www.divertimento.it/fumetto/generi/fumetti/capitan-america, che offre un’interessante analisi di controtendenza su come gli stessi valori della societ{ statunitense si ripercuotano sul genere fumettistico a stelle e strisce di vasta diffusione. 2 V. sito internet: http://www.sodahead.com/united-states/predator-drones-make-war-easy-too- easy/blog-253801/. Questo articolo di blog, chiaramente rivolto al grande pubblico, mostra come vasta sia la sensibilità popolare verso questo legittimo punto interrogativo.
  • 4. 4 rafforzamento delle unità militari col famoso „surge‟3 , ma che non si è potuta nemmeno catalogare come un parziale ritiro delle stesse truppe a favore di una maggiore attività di intelligence, visto che nei fatti si è assistito ad un invio di altre unità terrestri e di mezzi teleguidati, soprattutto aerei. Ed è stato in questo frangente che si è consegnata alla storia (grazie all‟incisiva campagna dei mezzi d‟informazione globali) quel che si era rivelata l‟operazione di Obama per le calde zone medio-orientali: una drone strategy. Con l‟intento di pacificare, dai molteplici intenti terroristici, l‟area che circonda i monti d‟Islamabad... I droni, questi sconosciuti. Sono aerei senza „occhi‟, e tuttavia hanno maggiore capacità di ricognizione di un caccia F-16. Ed anzi, rappresentano le ali più sicure che l‟aviazione abbia mai concepito dopo la provvidenziale invenzione del paracadute. Sono i droni dell‟aeronautica militare statunitense. Sviluppati soprattutto dalla General Atomics Aeronautical Systems, utilizzati per primo dall‟ex presidente americano George W. Bush sul terreno del primo conflitto post-11 settembre a fine 2001 in Yemen, i droni rappresentano ormai una realtà militare consuetudinaria, per lo meno nelle c.d. missioni seek and destroy, nonché nelle classiche routine di pattugliamento aereo del canale Afpak4 . Utilizzati addirittura in Somalia, questi avanzati velivoli sono guidati a distanza da basi situate … nello stesso Nord America. Ma tuttavia, questo risulta solo ad una prima impressione, ad una ricerca superficiale in merito. Ognuno di noi, può facilmente guadagnare informazioni al riguardo di questa nuova tecnologia, anche semplicemente aguzzando i sensi nell‟ascolto del periodico telegiornale serale. Ma i droni non sorvolano solo i cieli del globo, ne sondano altresì i mari e ne solcano le terre. E le domande che rimbalzano all‟interno delle frontiere europee sono molteplici. Cosa comporta l‟utilizzo dei c.d. UV5 ? Ad oggi risulta giustificabile l‟utilizzo frequente in vista di un rapporto marine caduti in battaglia/terroristi islamici sempre più favorevole alla causa della democrazia? Qual è il 3 V. sito internet: http://www.whitehouse.gov/blog/2009/12/02/what-i-heard-last-night. Trattasi di un interessante report di un membro dello staff della Casa Bianca, che in maniera informale ci descrive il succo del discorso presidenziale di West Point del dicembre 2009, che appunto verteva sulla nuova strategia alleata per l’Afghanistan ed il Pakistan. 4 Con questo termine il giornalistico ci si riferisce all’area che comprende al suo interno l’Afghanistan ed il Pakistan. Tuttavia, il ricorso a tale terminologia da parte della stessa amministrazione Obama, è riuscito a destare talune critiche, e dunque, si preferisce evitarne l’utilizzo. V. sito internet Foreign Policies in Focus: http://www.fpif.org/articles/the_afpak_paradox, a cui si ricollega poi l’articolo del quotidiano on-line Foreign Policy, che ne spiega i susseguenti motivi secondo i quali non risulterebbe particolarmente conveniente utilizzare, ad oggi, questo neologismo: http://thecable.foreignpolicy.com/posts/2010/01/20/team_obama_scuttles_the_term_afpak. 5 UV è l’acronimo inglese di Unmanned Vehicle, termine utilizzato soventemente dall’aeronautica angloamericana per identificare dei veicoli senza equipaggio umano, quindi teleguidati a distanza. Questi possono suddividersi in UAV (Umanned Aerial Vehicle), UGV (Unmanned Ground Vehicle) o in USV (Unmanned Space Vehicle o anche Unmanned Sea Vehicle).
  • 5. 5 maggiore drawback6 che consta l‟utilizzo massiccio (e massivo) degli stessi? E poi, sono costosi, ma, soprattutto… rappresentano una tecnologia destinata a rivoluzionare lo scenario politico internazionale? O questo cambiamento è già in atto, trainato dalla edulcorata rinascita del conflitto militare, hi-tech, ed ultimativo? A tutte queste domande ho tentato di trovarvi risposta procedendo nella mia ricerca. Ringraziamenti. Desidero esprimere un particolare ringraziamento a due persone che mi hanno permesso di completare correttamente questo elaborato: la mia fidanzata, che con le sue capacità di sistematizzazione, fornitegli dal proprio bagaglio di ricerca nel campo giuridico – privatistico e filosofico, mi ha confermato la bontà delle sue indicazioni su una necessaria operazione di rielaborazione testuale, ed il mio caro amico Simone Bosio, baccalaureato presso la Pontificia Università Lateranense, che si è rivelato un inaspettato „gancio di salvezza‟ nella composizione dell‟ultima parte dell‟elaborato, che così tante difficoltà aveva ingenerato in me inizialmente, per quel che riguarda l‟aspetto della c.d. dottrina della „guerra giusta‟ fatta propria - e già da moltissimo tempo - dalla „nostra‟ Chiesa cattolica. Entrambi, nella semplicità e con la forza propria a certi legami di fratellanza, si sono confermati guide nella confusione e appiglio sicuro contro plausibili rischi di aggravante prosopopea personale. È proprio vero: in simplicitas veritas est. 6 Dall’inglese, svantaggio. Il ricorso a questo termine è forse esagerato, ma si tenga conto che tra il mare magnum dell’offerta di UV ci si può imbattere, addirittura, in alcuni prodotti a basso costo, che alcune aziende presentano in siti web con ordinario listino prezzi … e tanto di bollino, a latere, che richiama la presenza altisonante di alcune offerte speciali! V. sito internet: http://www.uavshop.net/catalogo.asp?sid=54551918220100320172857&categoria=26.
  • 6. 6 La nascita e gli utilizzi “S’i’ fosse foco, ardarei ‘l mondo …” Cecco Angiolieri, dall’omonimo sonetto, risalente ai primi anni del ‘300. USA Ministry of Defense ©
  • 7. 7 La celeberrima ‘DARPA’ Prima di poter tuttavia procedere nell‟analisi ulteriore di tutto quell‟universo di implicazioni, in bilico tra la politica internazionale e l‟etica cristiana e pure quella dell‟‟uomo della strada‟, mi sembra corretto far comprendere fin nella loro base di quale tecnologia mi accingerò a trattare, avendo personale desiderio di focalizzare la mia ricerca soprattutto nel campo aeronautico. Gli UV, ovvero, quel che possiamo chiamare „veicoli senza pilota‟, che ad oggi ancora poco prestano il fianco al dibattito mediatico, non sono semplicemente strumenti concepiti da una filosofia tecnologica next-gen7 , bensì hanno alle loro spalle una concezione costruttiva che, nel caso americano, risale sin dagli anni ‟80, con l‟effettivo inizio dei collaudi di un piccolo velivolo teleguidato (dunque un UAV) già nell‟anno 1984: questo era il maggiore progetto segreto nel campo aeronautico dell‟agenzia di difesa statunitense DARPA, avente nome in codice Amber. Il lettore interessato non mancherà dunque di giungere ad un interrogativo. Cosa sarebbe mai quest‟agenzia rispondente all‟armonioso acronimo D.A.R.P.A.? La DARPA, la cui sigla potrebbe evocare tutt‟altre „positive‟ vibrazioni, è in realtà la Defense Advanced Research Projects Agency del Ministero della Difesa degli Stati Uniti, cioè la mente sapiente di tutte le applicazioni militari che il Nord America ha via via inserito nello scenario dei conflitti internazionali, dall‟anno 1958 ad oggi. Grande merito dell‟agenzia omonima è stata la capacità di far debuttare tecnologie particolarmente rivoluzionarie presso il mondo civile: non è un mistero che la stessa „grande Rete‟ che oggi ci permette la navigazione virtuale abbia visto i natali grazie agli sforzi di questa stessa realtà governativa, seppur inizialmente concepita come affidabile e ristretto crocevia di scambio-dati8 – ovvero, per dirla con i termini dell‟informatica, network – tra l‟agenzia suddetta e i reparti di ricerca delle più blasonate università americane. 7 Il termine ‘next-gen’ si riferisce, letteralmente, alla proposizione ‘next generation’. Tale neo-logismo, puramente american-english e coniato nell’ambito informatico, è figlia dello sviluppo proprio alla famosa Silicon Valley californiana, ovvero la fetta di costa statunitense, intorno San José, ove risiedono gli uffici esecutivi di alcune delle maggiori aziende informatiche del mondo. 8 “DARPA’s world-famous development of packet switching and the Internet began with the development of ARPANet and its associated TCP/IP network protocol architecture. These 1970s, developments were responsible for the creation of today’s multibillion dollar computer networking industry. The TCP/IP protocol suite has been adopted by all major computing and communications vendors as the basis for their future networking products”. La necessità della costruzione di una LAN (Local Area Network, ovvero area di rete locale) che fosse sicura ed accessibile ai soli esperti, ricercatori ed ingegneri applicati, si motiva con il bisogno, sentito sin dagli anni ’60, di mantenere la dovuta riservatezza delle informazioni, e ciò nei confronti di ogni illegittima immissione, che fosse di stampo giornalistico, o peggio, di natura spionistica sovietica. Del resto, come possiamo ben immaginare, i colpi bassi nel confronto ‘a distanza’ tra USA- URSS di quegli anni invogliavano largamente a dotarsi di apparati sempre più autonomi ed a prova di infiltrazioni. In merito a ciò si faccia riferimento al documento Defense Advanced Research Projects Agency; Technology Transitions, alla pag. 48, voce networking. Tale documento è disponibile in formato pdf presso il sito internet http://www.darpa.mil/pasttechnologies.html.
  • 8. 8 Non stupisce dunque che tale branca del Ministero della Difesa statunitense risulti essere oggetto di molte leggende metropolitane, che da anni ed anni, fomentano l‟ondata della sci-fi9 televisiva. Argomenti limitatamente interessanti che però non è necessario qui trattare; dovendo la nostra ricerca restringersi intorno all‟orbe di quelle applicazioni militari aeree primariamente „intelligenti‟… ma soprattutto reali. L’anonimo Programma Amber Il „Programma Amber‟, che come abbiamo detto, la DARPA già attualizzava dall‟inizio degli anni ‟80, portava in sé grandi innovazioni indiscutibili. Il più importante „elemento di vantaggio‟, tuttavia, non era dato semplicemente dall‟assenza fisica del pilota nella cabina di pilotaggio – che già un giorno avrebbe potuto evitare spiacevoli e gravosi10 , prim‟ancor che gravi, incidenti – ma dalla conseguenza di questa stessa peculiarità, cioè l‟anonimità. Forse in pochi, se non gli esperti in materia di storia delle relazioni internazionali, si ricorderanno dello sfortunato incidente accaduto al pilota Francis Gary Powers nel lontano 15 maggio 1960, che, sorvolando il territorio dell‟Unione Sovietica col proprio aereo da spionaggio „U2‘ alla ricerca di intelligence, venne abbattuto dall‟aviazione nemica e successivamente fatto prigioniero dagli stessi russi, che in maniera testarda lo utilizzarono come magno pretesto per il deragliamento della conferenza di Parigi, stante questo atto di malafede della delegazione statunitense. Un‟importante riunione che sarebbe stata altrimenti chiamata a sancire un accordo definitivo per la stabilizzazione centro-europea nella scottante questione della divisione dei diritti e dei beni sulla Germania post-nazista, da lunghi anni travagliata dal conflitto ideologico e terreno di fredda guerra psicologica tra i due blocchi oramai definiti ed ovviamente incapaci di trovare un terreno d‟accordo comune per non giungere alla firma di una pace separata tra le due „Germanie‟, quella federale e democratica, e quella orientale, accentrata e falsamente garantista dei diritti politici individuali e di massa. Ebbene, cosa sarebbe accaduto qualora all‟interno del velivolo non vi fosse stato alcun pilota, cioè potenziale ostaggio? Quale sviluppo nel confronto diplomatico si sarebbe conosciuto se merce di scambio non fosse stata la persona di Powers, capaci di fornire 9 Parola che corrisponde al termine science-fiction. La science fiction americana si lega a tutto quel corollario futuristico, dotato di non pochi punti di contatto con la scienza che ci appartiene, che è nato con la serie spaziale Star Trek del ’60 e con la letteratura rivoluzionaria di Isaac Asimov, che oggi ritrova la sua – a dir la verità spesso ambigua o politicamente moralista – vitalità in films come il ridondante e alter - mondista Avatar e nei videogiochi quale il ‘post-nucleare’ e politicamente scorretto Fallout. Si avverte già da subito il lettore che durante tutto lo svolgimento della lettura si troverà innanzi ad una molteplice varietà di termini abbreviati, usanza a noi piuttosto sconosciuta, ma molto in voga nella realtà ultra - Atlantica. 10 Affermò un capo battaglione dello USMC (United States Marine Corps) tempo fa intervistato da un giornalista newyorchese: ”When a robot dies, you don’t have to write a letter to its mother”. V. Singer, P. W.; Wired for War, the Robotics revolution and conflict in the 21 st century, New York, Penguin Press, 2009, p. 21.
  • 9. 9 una inequivocabile confessione circa la propria provenienza11 (e forse anche in merito alla propria missione) bensì spessi fogli di alluminio imbullonati su di una struttura ultraleggera e guidata da un „cervellone‟ elettronico piombato? Certamente non sarebbe venuta meno l‟accusatoria sovietica: sarebbe stato difatti facilmente identificabile la produzione americana del mezzo, poiché se il computer e la scatola nera non avessero tradito la provenienza di chiaro stampo capitalista a stelle e strisce, lo avrebbero fatto i dettagli; in quanto solo gli States avrebbero potuto detenere una così fine capacità costruttiva. Ma al permanere dell‟accusa „rossa‟ sarebbe innegabilmente venuto meno l‟apice del vantaggio della polemica: per l‟appunto la detenzione di una vita umana, massimo simbolo della flagranza spionistica rinvenuta „nelle proprie terre‟, ed al tempo stesso, elemento considerato sacro ed inviolabile dalla totalità delle religioni del mondo (o che per i propri contenuti dottrinari possano essere così intellettualmente responsabili da poter essere definite tali). La sostenibilità delle accuse sovietiche, in tal caso, sarebbe stata decisamente inferiore. Una voce memorabile della storiografia francese12 , invece, permane in realtà dell‟opinione che – concretamente – l‟URSS già di per sé era intenzionata a far crollare inderogabilmente ogni ipotesi d‟accordo, a costo di prendere a sostegno anche il più insignificante passo falso della delegazione Eisenhower, riuscendo in tal maniera a guadagnare tempo prezioso in vista della rivendicazione del proprio diritto alla pace separata con la Repubblica Democratica Tedesca … Se quanto immaginato fosse accaduto, sarebbe stato necessario, per la diplomazia sovietica, far leva semplicemente sulla questione dell‟ingerenza degli S.U. nel territorio e nei fatti d‟altrui sovranità: una base di protesta avente portata decisamente inferiore a quella che invece si è verificata storicamente; e che avrebbe facilmente contribuito ad accentuare lo smascheramento dell‟annoso, e quanto mai ingenuino, alter – mondismo sovietico di fronte agli occhi dell‟opinione pubblica mondiale, facilitando, conseguentemente, il processo di distaccamento globale dalla dottrina ideologica propugnata dalla cricca „kruscioviana‟13 . Certamente, si avrebbe avuto semplicemente un effetto esogeno alla conferenza; appunto quello dello stupore e del sentimento di disinganno delle popolazioni filo - sovietiche, così come si sarebbe verificata un‟altra possibilità, per i partiti comunisti europei, di doverosa contro – analisi, potendo questi essere ancor più consapevoli di non potersi „affidare‟ alla religione sommamente ateista e dirigista fatta propria dall‟URSS, lo stesso pater familias di tanti Stati ad economia 11 Non è mistero da svelare la presenza di targhette identificative sulle divise e ‘bodysuit’ dei militari di tutto il mondo, che permettono il facile riconoscimento della nazione per la quale si combatte e del proprio cognome, e ciò per ovvie necessità di chiarezza legate alla sicurezza nelle operazioni anche più complesse. Se un soldato non parla, lo faranno le sue vesti per lui… 12 V. Duroselle Jean-Baptiste; Storia diplomatica dal 1919 ai giorni nostri, edizione italiana a cura di Pietro Pastorelli, Milano, Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, 2006, ristampa, p. 563. 13 Ibidem. Che però già in molte occasioni si sarebbe rivelata ben più accomodante del duro marxismo- leninismo perseguito dal suo successore Breznev, la cui politica interna è stata ostinatamente caratterizzata dal rifiuto di liberalizzare la vita dei Sovietici, dopo che si era verificato il fallimento diplomatico globale della guida kruscioviana – giudicata troppo pacifica nei confronti del nemico d’Atlantico - e la marginale apertura del mercato sovietico a nuovi prodotti di consumo.
  • 10. 10 pianificata, ma evidentemente rivelatasi una nazione che evidentemente apprezza il fallimento delle conferenze di pace per un oscuro volo americano sul proprio territorio. Il tutto, certamente, pur permanendo l‟incapacità endogena di giungere ad un accordo fra i blocchi. Ecco che allora l‟elemento dell‟anonimità sembra essere già di per sé sufficiente a sancire la grande novità che realizza questa tecnologia; potendo garantirsi la non facile identificabilità del mezzo utilizzato qualora questo venga sottratto o catturato da parte ostile, e la conseguente incapacità, da parte avversa, di poter ricorrere a prove schiaccianti della malafede altrui – potendosi addurre il semplice indizio. L’inizio delle operazioni Il contratto di sviluppo del prototipo Amber fu poi ricevuto nel 1984 dalla società Leading System Incorporated (LSI), e l‟obiettivo costruttivo, gli studi e le direttive tecniche furono rivolte alla costruzione di un „medium-range tactical surveillance UAV‟14 . Il progetto fu rivelato al pubblico solo nel 1986, avendo il velivolo raggiunto, nel giugno di quell‟anno, la notevolissima cifra di 38 ore di volo continuativo15 , un record di assoluto rilievo, per quegli anni. A quel punto, i servizi militari statunitensi andavano ad organizzare un Joint Program Office for Unmanned Aerial Vehicles, al fine di eliminare in toto la possibilità che si verificassero indesiderabili „furti d‟autore‟ da parte di coalizioni nemiche infiltrate, o peggio ancora, di individualità sconosciute. Con questa mossa, lo stesso Ministero della Difesa avrebbe vegliato sullo sviluppo del programma. Questo nuovo prototipo16 , presto divenuto a tutti gli effetti una sentinella ricompresa nell‟arsenale aeronautico statunitense, disponeva di una telecamera ad infrarossi con elevate capacità di zoom e poteva anche coprire la distanza di 2200 km al giorno senza dover ricorrere all‟operazione di „refueling‟. Consegnato ufficialmente al governo degli Stati Uniti nel 1990, dunque pronto ad operare in condizioni avverse, non ricevette mai la declaratoria „operazionale‟, venendo lanciato immediatamente nell‟orto di guerra con la sigla Gnat-75017 . 14 Trad.: ‘Vivolo teleguidato di sorveglianza a medio raggio’. 15 Ovviamente non si sono resi necessari continui atterraggi e decolli per il rabbocco di carburante grazie alla tecnologia – già allora presente – che permetteva di effettuare il rifornimento di benzina in volo, adoperandosi aerei a ciò predisposti. Anche la nostra compagnia ad elevato know-how tecnologico Alenia Aeronautica dispone di tali ‘tanker aircraft’, mezzo che può essere visionato al sito internet: http://www.alenia-aeronautica.it/Eng/Difesa/Collaborativi/Pages/KC-767A.aspx. 16 V. citt. Peebles, Curtis: Dark Eagles: A History of Top Secret U.S. Aircraft Programs, Presidio, 1999, in sito internet: http://www.designation-systems.net/dusrm/app4/amber.html. 17 Ibidem.
  • 11. 11 La guerra, che sarebbe divenuta per quella tecnologia il battesimo del fuoco, fu quella bosniaco-erzegovina, che, incominciata nel ‟92, sarebbe durata per ben quattro anni, ed infine consegnata al novero delle guerre dimenticate18 . Distintosi sui cieli di quel conflitto etnico, con le proprie capacità di ricognizione non secondarie19 a quelle dei mezzi spia che fino ad allora erano condotti da piloti umani, la tecnologia degli UAV permetteva agli alleati di ottemperare allo svolgimento di missioni “considered to be ‗dull‘ (e.g., extremely long-duration), ‗dirty‘ (e.g., flying through contaminated airspace), or ‗dangerous‘ (e.g., suppressing enemy air defenses) for manned aircraft”20 . Solo pochi anni dopo, cioè alla fine delle ostilità balcaniche, avendo particolarmente beneficiato della sorprendente flessibilità d‟utilizzo di questi mezzi aerei, la DARPA decise che sarebbe stato probabilmente quel vincente miraggio della guerra „on the cheap‟21 a promuovere decisivi sviluppi, negli anni seguenti, di questa stessa tecnologia automatizzata. Venne dunque promosso il Programma ATD, letteralmente Advanced Technology Demonstrations, che legava così parte degli sforzi dei tecnici del Ministero della Difesa statunitense alla maturazione dei c.d. UCAV, già fratelli maggiori degli UAV, ovvero Unmanned Combat Air Vehicles. L‟obiettivo iniziale di questo Programma ATD era semplice: dimostrare al Congresso statunitense la bontà di questo new deal traghettato da „automatizzate ali d‟acciaio‟. Nel frattempo, il lavoro era stato suddiviso in due fasi22 : la prima, incominciata nell‟aprile 1998, avrebbe visto la selezione di quattro contractors aventi il compito di realizzare studi, analisi e di concentrarsi sul design degli UCAV (dietro un pagamento iniziale di 4 milioni in USD da parte della stessa DARPA). In un lasso di tempo relativamente breve, ben cinque imprese d‟eccezione si trovavano nel pieno del confronto: Lockheed Martin 18 Non è mai sorprendente, purtroppo, accorgersi puntualmente come i media sui generis non godano di particolare facoltà mnemonica, ancorché legata a conflitti infra-regionali ed oltretutto così attigui alla nostra stessa penisola. Il grosso scambio di informazioni che permette la rivoluzione informatica (e dell’informazione), non sembra aver cristallizzato a dovere l’importanza di talune notizie. Per avere una conferma basta prendere un argomento di politica internazionale a piacere, per scoprire, ad esempio, come le proteste per i diritti umani violati, sollevate da molteplici nazioni, siano facilmente passate in sordina sull’onda dell’ospitalit{ cinese negli ultimi giochi olimpici. Un articolo di una fondazione ONLUS può darne una breve panoramica, v. sito internet: http://www.laogai.it/?p=16618. 19 Per godere di una breve ma efficace revisione, si può fare riferimento ai files video del sito web: http://www.as.northropgrumman.com/products/natoags/gallery.html, che illustra in modo sorprendente le capacità del mezzo. 20 V. Thomas P. Erhard et al.; Range, persistence, stealth, and networking: the case for a carrier-based unmanned combat air system, Thinking Smarter About Defense, Center for Strategic and Budgetary Assessments, 2008, p. 16. Il documento è particolarmente di valore perché focalizza al suo interno gli sviluppi della ricerca militare nordamericana nel campo aeronautico degli ultimi venti anni, e lo fa, oltretutto, in ottica comparatistica con le tecnologie sovietiche precedenti agli anni ’90. 21 Quella che può apparire come una paradossale visione strategica, muterà poi in realtà divenendo il motto del Segretario della Difesa degli Stati Uniti Donald Rumsfeld, operante nell’amministrazione presidenziale del suo 43° mandatario, ovvero George Walker Bush. Cfr. l’articolo di Christian Rocca sul quotidiano Il Foglio, 22/10/2009, p. I. 22 V. sito internet: http://www.globalsecurity.org/military/systems/aircraft/ucav.htm per avere un quadro completo della storia progettuale degli UCAV in un arco di tempo che va dall’anno 1990 al 1999.
  • 12. 12 (Texas), Nothrop Grumman Corp. (California), Raytheon Co. (Massachussets), The Boeing Company (Washington D. C.). Nonostante tutto, fra questi, solo tre avrebbero potuto completare i test d‟affidabilità meccanica e rendere pienamente operativi i loro progetti nel comparto dell‟aerodinamica. Nella seconda parte dello sviluppo, infine un comitato congiunto di personalità DARPA e USAF (cioè facenti parte dell‟aviazione militare degli Stati Uniti) selezionava la Boeing Phantom Works Company di Seattle come azienda vincitrice d‟appalto e dunque destinata al titanico compito di curare il design, la produzione, ed i test di volo del loro nuovo prodotto … entro il ristretto arco temporale di 42 mesi; obiettivo che fu portato a termine con la notevole spesa di ben 131 milioni di dollari. Inoltre, veniva affidato alla divisione Boeing presso St. Louis il compito di revisione e controllo produttivo. Tutto questo per garantire al settore aeronautico a stelle e a strisce una preminenza tecnologica che nei decenni futuri potesse rivelarsi decisiva nelle missioni SEAD23 (concernenti la soppressione delle difese aree nemiche) ed in quelle riguardanti il bombardamento su singoli obiettivi. Una preminenza tecnologica che si sarebbe poi rivelata basilare all‟esplosione dei conflitti global-terroristici che avrebbero tristemente caratterizzato l‟alba del XXI secolo. Un onesto esborso per una giusta visione? Il pensiero che si basa sulla necessità di trasformare le tecnologie impiegate in guerra, frattanto, si era fatto largo all‟interno della dottrina neo-bushiana. Già nell‟anno 1999, se osserviamo ad un famoso discorso del presidente Bush Jr., tenutosi presso il „Citadel Military College‟24 del South Carolina, databile al 23 settembre di quell‟anno, possiamo rinvenire inequivocabili note di benvenuto a processi di modernizzazione militare, visto che le forze americane “in the next century must be agile, lethal, readily deployable, and require a minimum of logistical support” – nondimeno nei cieli visto che l‟allora presidente continuava affermando che “we must be able to strike from across the world with pinpoint accuracy – with long-range aircraft and perhaps with unmanned systems” e tentando già da subito la carta del „corretto sviluppo‟, aprendo cioè al Congresso statunitense l‟opportunità di condividere tale impegno, al costo di un esigente opera di condivisione politica: “To the Congress I say: Join me in creating a new strategic vision for our military – a set of goals that will take precedence over the narrow interests of states and regions. I will reach out to reform-minded members of Congress, 23 Acronimo tratto direttamente dal dizionario militare statunitense, che significa Suppression of Enemy Air Defenses, v. sito internet: http://www.fas.org/man/crs/RS21141.pdf. 24 Il testo completo del discorso è disponibile all’indirizzo web: http://www.citadel.edu/pao/addresses/pres_bush.html.
  • 13. 13 particularly to overturn laws and regulations that discourage outsourcing and undermine efficiency”. Molti politologi statunitensi25 – e non solo26 – si sarebbero chiesti, posteriormente a quelle dichiarazioni, se la concretizzazione di quell‟ideale non avrebbe duramente inciso sul già sostanzioso disavanzo americano. Con un debito pubblico di 5.614 miliardi27 pari al 60,9% del GDP28 (ovvero Gross Development Product, la principale misura della ricchezza nazionale nordamericana, che equivale all‟italico PIL) di quell‟anno, un‟ottica pessimista sembrava inevitabile, venendo questa altresì sospinta dagli oppositori democratici, da sempre avversi alla dottrina militare Bush, considerata nei casi migliori eccessivamente dura29 (dalla concezione della „guerra giusta‟ a quella, appunto, della „trasformazione del settore militare‟). Per quanto concerneva gli UAV, un‟eminente e affidabile giudizio, proprio alla stessa sezione di ricerca della Libreria del Congresso degli S. U., arrivava da due studiosi30 direttamente coinvolti nel progetto incoraggiato dalla medesima Camera legislativa nazionale. Nel documento inviato al Congresso risultava chiaro che: “In the past, tension has existed between the services‘ efforts to acquire UAVs and congressional initiatives to encourage a consolidated DOD31 approach. Some observers argue that the result has been a less than stellar track record for the UAV. However, reflecting the growing awareness and support in Congress and the Department of Defense for UAVs, investments in unmanned aerial vehicles have been increasing every year. The Fiscal Year 2001 (FY01) investment in UAVs was approximately $667 million, while the FY03 funding totaled over $1.1 billion dollars.” In poche parole, gli studiosi, riportavano brevemente la posizione favorevole del Congresso, che oscillava tra un risolutivo „semaforo verde‟ alla futura utilizzazione della tecnologia, e tra alterne considerazioni di natura prettamente … mercantile. Gli stessi autori riportavano, nel capitolo che potremmo tradurre con la dicitura „Considerazioni Congressuali‟, qual‟era il punto stesso su cui la Camera nazionale si dimostrava più realista: “Conventional wisdom states that UAVs are cheap, or cost-effective. Is this true today? How do UAV costs compare to manned aircraft costs?”. Nella pagina successiva, 25 V. Boot, Max: The New American Way of War, Foreign Affairs, July/August 2003. Cfr. Younossi, Obaid et al.: Is Weapon System Cost Growth Increasing? A Quantitative Assessment of Completed Ongoing Programs, RAND, Project Air Force, 2007. 26 Nel 12 e 13 giugno 2001 il Segretario del Forum Strategico della Marina americana teneva una conferenza concernente il significato stesso del termine ‘trasformazione’ applicato al cambiamento strategico - militare statunitense. Una (dettagliatissima) revisione degli argomenti trattati in quei due giorni è visibile al sito internet: http://findarticles.com/p/articles/mi_m0JIW/is_1_55/ai_87146674/. 27 Questo il dato al giorno 01/04/1999. V. sito internet: www.treasurydirect.gov/home. 28 Il GDP statunitense dell’anno 1999 è stato del valore di 9.216.200 milioni di USD. Dati World Bank, World Development Indicators database. 29 V. sito internet: http://www.usatoday.com/news/washington/2007-01-10-dems-bush-iraq_x.htm, che ci mostra un articolo che rappresenta solo la punta dell’iceberg dell’insieme think tank democratico sfavorevole alle posizioni bushiane. 30 V. Bone, Elizabeth – Bolkcom, Cristopher: Unmanned Aerial Vehicles: Background and Issues for Congress, April 25, 2003. Tale documento è disponibile al pubblico presso il sito internet: http://www.fas.org/irp/crs/RL31872.pdf. Questo documento sintetico si è dimostrato di notevole valore, per la mia ricerca, consentendomi di identificare l’anno della nascita degli UAV nel… 1920! 31 DOD è l’acronimo del termine Department of Defense.
  • 14. 14 una tabella, ed annesse considerazioni, prontamente giungevano a diradare questo enigma: se difatti i primi UAV sponsorizzati dal Ministero della Difesa americano si erano rivelati, nel passato, oggetto di critiche “for being slow, expensive, and inefficient”32 , gli sviluppi degli anni successivi si sarebbero rivelati sempre più promettenti, come espone chiaramente la tabella a seguire. Fonte: DODBackground Briefing on UAVs, [http://www.defenselink.mil], 31-10-2001. Sotto questo grafico appariva inoltre una tabella, che segnalava le „piattaforme UAV‟ che il governo statunitense deteneva al febbraio 2003 (che ho opportunamente tradotto in lingua italiana): UAV Settore promotore Unità (Feb 2003) Global Hawk Air Force 4 Predator Air Force 48 Pioneer Navy/Marine Corps 47 Hunter Army 43 Shadow Army 21 Totale 163 Fonte: OSD UAV Planning Task Force, febbraio 2003 Tale dossier presentava altresì la possibilità che, la cifra di UAV riportati come operativi, cioè pronosticati per gli anni a seguire, sarebbe potuta esser sottoposta a modifica (si legga: a modifica verso cifre maggiori) in caso di necessità, o meglio, in caso di maggiore stanziamento di fondi. 32 Ibidem. Si veda la nota a piè di pagina della pagina 5 dello stesso documento – da ciò è possibile comprendere l’iniziale scetticismo del Congresso verso questa nuova risorsa militare.
  • 15. 15 Venendo al dunque, questa era la tabella dei costi degli UAV33 che gli S.U. avevano acquistato fino al dicembre 2002: Modello UAV Produttore Altitudine max (m) Autonomia34 (ore) Peso35 (kg) Costo stimato ad unità ($) Pioneer AAI 4.500 5 34 1.000.000 Hunter Northrop Grumman 4.500 11,6 725 1.200.000 Shadow AAI 4.500 4 148 350.000 Predator General Atomics 7.620 +24 1.020 4.500.000 Global Hawk Northrop Grumman 19.812 32 12.133 57.000.000 Fonte: OSD UAV Roadmap, December 2002; Teal Group Corporation, World Missile Briefing Se dunque si procede ad una semplice moltiplicazione, di ogni mezzo UAV per il proprio rispettivo costo, e si fa una somma totale delle cifre, si avrà un valore pari a 549.000.000 in dollari americani. Se perciò la popolazione degli Stati Uniti, stando alle statistiche ufficiali36 , risultava, all‟anno 2000 pari a circa 281.421.900 soggetti, ciò equivarrebbe a dire che il Ministero della Difesa si era lanciato in una „campagna di acquisti‟ che pesava, su ogni cittadino nazionale, nella misura di circa 1,95 dollari; un conteggio forse non legittimo, risultando tali acquisizioni scaglionate negli anni. Forse un conto su cui, però, sembrerebbe mancare anche la Commissione della Camera, non presentando questa né i costi di gestione dei veicoli, né il valore delle operazioni di manutenzione straordinaria su questi stessi. Col tutto che andrebbe a sommarsi al valore già notevole dei costi delle operazioni militari „ordinarie‟ via terra e mare. 33 Ibidem. Tale tabella di dati è essenzialmente una forma schematica di quella presentata nel documento del quale si tratta. V. p. 6. 34 Ovviamente questa informazione si riferisce a condizioni ideali di volo: umidità contenuta ed operatività appena sotto il limite massimo di altitudine sopportato dal mezzo. 35 Peso a vuoto, cioè dei fluidi necessari alla ‘marcia’ e al netto di qualsiasi parte di artiglieria. 36 V. il sito internet: http://www.census.gov/prod/cen2000/phc-1-1-pt1.pdf.
  • 16. 16 L’odierno ricorso ai droni L’odierno ricorso ai dro “Ora, questa non è la fine, non è nemmeno l'inizio della fine. Ma è forse la fine dell'inizio.” Winston L. S. Churchill, dal discorso del 10 novembre 1942 dopo la vittoria nella battaglia in Egitto contro la Germania. Nemmeno i videogames sono esenti da citazioni illustri. Nella foto, un drone Predator dell'esercito americano (si noti l'ala posteriore a V rovesciata). Che un giorno questa immagine possa sorprenderci … davvero?
  • 17. 17 Diritto alla sviluppo e alla difesa collettiva … Ma quale? Le caratteristiche più felici del popolo a stelle a strisce vengono, da sempre, celebrati nel quadro della nostra storia di tutti i giorni: e questo ormai da decenni. Siamo spettatori, non solo di una tv sempre più contrassegnata dalla „mascella larga‟ dei suoi strampalati protagonisti, ma di una vera e propria rivoluzione yankees che nasce dalle realtà artistiche più disparate, da quelle semplici opere murales di personalità trasandate (e talvolta equivoche), passando per l‟impianto fumettistico auto commemorativo, fino ad arrivare alle opere dell‟immortale MOMA di New York, avente suppellettili e cotillons al suo interno che talvolta ben difficilmente potremmo immaginare compatibili col nostro millenario, ma mai fuligginoso, concetto italico di bellezza. Questo grazie al processo di globalizzazione37 che, nei fatti, si è andato materialmente a realizzare nel tempo. Ma, in seconda battuta, soprattutto per il presupposto di questo, e cioè grazie alla formazione delle coscienze nazionali. Sappiamo tutti da cosa è formato l‟apparato delle „coscienze-americane-tipo‟: una commistione di valori del cristianesimo intrisi in un‟ottica capitalista (fatta propria soprattutto dai protestanti, legati alla promessa di poter costruire in terra il loro futuro in Cielo) ed in un centennale amore per la libertà, che oltre ad afferire nel cattolicesimo puro e semplice, ha trovato forse massima espressione grazie al pensiero dei grandi filosofi liberali – ma mai libertari - come Edmund Burke38 e Alexis de Tocqueville, da sempre alle prese con il confronto tra il vecchio e il nuovo, tra costituzionalismo monarchico anglosassone e federalismo presidenzialista statunitense, poi tra un riformismo sociale ed un conservatorismo illuminato. Entrambi i pensatori sembravano apprezzare in modo particolare quel moto di freschezza, per così dire, che si aggirava in quei tempi tra le colonie inglesi d‟oltre Atlantico, partite ab origine nel sobrio pragmatismo con lo spirito avventurista della Massachussets Bay Company39 , databile al 1629, ed ancora prima, con lo sbarco dei Pilgrim Fathers40 presso Baltimora. Gli statunitensi hanno combattuto per la democrazia nel suolo patrio, poi per la dottrina della strategia flessibile, ed infine per la creazione di un organizzazione di sicurezza che davvero potesse evitare nuovi squilibri revanscistici „a trazione‟ militare. Ma sono anche gli stessi che hanno lottato per affermare la dottrina Monroe, la propria preminenza intellettuale in tutto il globo e per rivendicare la loro supremazia nucleare. 37 Tale fenomeno è risultato così trattato e citato, da riviste e pubblicazioni disponibili anche al grande pubblico, che pure esulino dall’aspetto prettamente meramente sociologico, che parlarne risulta, ad oggi, quasi un guardare al passato. 38 Non si può far certo mistero del conservatorismo un po’ stralunato di questo eminente deputato della Camera dei Comuni inglese, che apparve talvolta reazionario ai suoi contemporanei, vista soprattutto la sua contrariet{ all’imposizione coloniale forzosa nella terra che poi diverrà quella degli States. V. Pezzimenti, Rocco: La società aperta nel difficile cammino della modernità, Rubbettino, 2002, pp. 139-149. 39 V. Bonini, Francesco: Lezioni di storia delle istituzioni politiche, Giappichelli Editore, 2002, p. 86. 40 Ibidem. La capacit{ determinante dell’Autore sembra essere quella della sintesi, ma ciò non deve trarre in inganno: il Prof. Bonini espone con ordine sapiente tutti i concetti da trattare e non si fa scrupolo di fornire ulteriori chiavi di lettura tramite un’apposita lista bibliografica presente alla fine della sua monografia.
  • 18. 18 Tra luci ed ombre si è svolto il „difficile cammino della modernità‟ (tanto per riprendere la fortunata espressione burkiana), ed i risultati sono stati talvolta confusionari; col cittadino europeo che, sovente, in tutte le epoche che dalla Conferenza di Roma ad oggi avrebbe vissuto, poteva percepire tutto il controsenso vivente che rappresentava quella nazione così lontana. Talvolta perversa, talvolta addirittura salvatrice. Anche l‟odierna politica presidenziale della „drone strategy‟ americana non è da meno. Ha in sé le peculiarità classiche delle invenzioni del luogo: è rivoluzionaria, e, soprattutto, è specchio riflesso, già nel suo essere, di dubbi molteplici, ad uso e consumo globale. Questo mentre appare essersi eclissato tra i libri di storia quella stoica chiarezza reaganiana dell‟approccio dottrinario decisivo: “we win, they lose”41 . ‗Forse il mondo cambia‘, si sarebbe chiesto il nostro prototipo di moderno cittadino europeo, ‗e si problematizza‘. Scrive l‟ammiraglio Owens, ricordando l‟operazione Desert Storm42 : “Desert Storm diede l‘opportunità di mostrare al mondo il valore degli Stati Uniti nel combattimento, e permise di provare sul campo, in condizioni reali, le ultime novità a livello di sistemi. Gli UAV si erano distinti durante l‘operazione ritagliandosi il ruolo di comandanti sul campo […] ci sono due motivi che giustificano la popolarità degli UAV. Innanzitutto il fatto che non espongono a perdite umane. Certo questo è un elemento favorevole, ma se poi la piattaforma non è in grado di svolgere il suo lavoro, allora, non avere nessuna perdita equivale a prendere fotografie del Gran Canyon da Boston, [e] con una macchietta usa-e-getta (sic). La seconda motivazione […] è che accontentano tutti quegli americani amanti della tecnologia. […] Ieri stavo guardando sul display fotografico di un Predator … è stato là sopra [a 7600 metri] per molto tempo … si poteva osservare una finestra, il focus [del drone] puntato verso la finestra. Potevi mettere il cursore su di questa e ricevere le informazioni GPS sulla latitudine e longitudine in maniera molto accurata, via satellite. E se si fosse passata quell‘informazione a un F-16 o ad un F-15 a 8500 metri, e il pilota ricevente avesse messo le coordinate sul suo sistema di sganciamento automatico delle bombe, allora questo avrebbe potuto sganciare quella bomba verso l‘obiettivo con una certa precisione, forse davvero vicino a quella finestra, o, qualora fosse un‘arma guidata di precisione, forse poteva piantarsi oltre la finestra … io comprerei molti UAV nel futuro‖. Si può, e a dir la verità, senza eccessivo sforzo, trovare tale racconto genuinamente inquietante. Questa è la prima sensazione che ho tratto dalla lettura di questa parte di articolo, in formato digitale, dell‟Air & Space Power Journal, una rivista americana specializzata nella tecnologia aerea43 . Tuttavia, il redattore di questo scritto arriva presto ad affermare con schiettezza cosa potrebbe giustificare una tale pervasività operativa da parte di chi approva l‟utilizzo di tali sistemi. 41 Esempio eccelso di una dottrina abbondante in pragmatismo conservatore americano. V. Rocca, Christian: Il realista assalito dagli ayatollah, articolo apparso ne Il Foglio quotidiano, 26 giugno 2009, 42 Il testo che segue è stato tradotto in italiano per maggiore chiarezza. La trascrizione informatica del documento originario è disponibile alla pagina web http://www.airpower.maxwell.af.mil/airchronicles/cc/eberle.html. 43 Ibidem.
  • 19. 19 Innanzitutto gli addetti ai lavori sottolineano costantemente la necessità di oltrepassare una volta per tutte il c.d. elemento della „nebbia di guerra‟44 ; termine di natura prettamente militare che affonda le sue radici nella storia, all‟epoca delle prime intemperanze europee con la polvere da sparo, che riversava sul campo di battaglia una spessa coltre di fumo45 , che non permetteva una completa visione del proseguimento della belligeranza, e che ad oggi va ad intendere il vantaggio strategico goduto da una parte dello schieramento, che si manifesta conseguentemente come forma di deminutio per chi non gode della stessa capacità operativa; appunto come se nel conflitto fosse scesa una „foschia‟ a sfavorire la tenuta strategica di uno. Si vuole cioè eliminare in toto l‟elemento di svantaggio che, in questo caso, come affermato dallo stesso ammiraglio, risulta essere quello dato dalla perdita di una vita umana. Che ha immediate conseguenze sociali. Il secondo aspetto, invece, concerne proprio la conseguenza della cattura di una vita umana; e cioè tutto quel che riguarda la presa di prigionieri e i connaturati aspetti di natura politica – che tuttavia ho già esaminato nel primo capitolo, facendo l‟esempio dello sfortunato pilota USAF Francis Gary Powers. Il terzo elemento da tenere in conto è quello dell‟autonomia operativa: dentro un UV, non essendo presente il pilota, non è difatti necessario costruire un sistema di decompressione come invece si richiede negli aerei o nei mezzi sottomarini a guida umana – e da questo ne discende la possibilità di poter spingere tali mezzi sempre più in alto o sempre più in profondità – anche grazie al conseguente risparmio del peso. Inoltre, il software non richiederebbe né pause-pranzo né periodi di sonno, contrariamente alle necessità delle „umane guide‟, potendosi effettuare semplicemente un opportuno cambio-pilota presso le basi, che come ho già affermato nell‟introduzione, sono lontane migliaia di chilometri dall‟area delle operazioni. Ultimo ma non ultimo, le avverse condizioni operative non andrebbero ad infierire sulla capacità visiva di questi droni. Scrive il capitano Patrick Eberle: “Come può differire ciò tra un velivolo teleguidato ed uno a guida umana? Lo UAV può fare affidamento ad interfacce EO/IR/SAR46 . Il pilota invece ha bulbi oculari di originaria concezione (sic) […] ed inoltre [l‘interfaccia] SAR non può essere utilizzata contro gli stessi UAV, a meno che l‘avversario abbia sperimentato nuovi sistemi di rintracciamento‖47 . Da questa affermazione nasce un dubbio, e cioè qualora il signor Eberle abbia voluto intendere che, oltretutto, gli UAV possano godere di una specie di „anti-spotting livery‟, ovvero una specie di „livrea trattata magneticamente‟ che possa permetter loro di deflettere (o comunque di rendere inefficaci) le interfacce SAR di cui sopra. Di questo 44 Per approfondire l’argomento della nebbia di guerra si può fare riferimento a Singer, P. W.; Wired for War, the Robotics revolution and conflict in the 21 st century, New York, Penguin Press, 2009, p. 21. 45 I primi fucili, infatti, non erano semplicemente fumeggianti carabine, ma scomodi ammennicoli che obbligavano l’utilizzatore ad una lenta operazione di espulsione e ricarica della cartuccia, attrezzi che risultavano imprecisi oltre i 20 metri e potevano definirsi infinitamente più inaffidabili dei moderni fucili semi-automatici. V. Grant, R. G.: Battaglie; i conflitti, i grandi condottieri, le armi, i campi di battaglia in cinque millenni di storia, Mondadori, 2006, pp. 188-189. 46 Rispettivamente, un’interfaccia elettro-ottica (EO) alla quale si accompagna un sistema ad infrarossi (IR) ed un modello di ‘Synthetic Aperture Radar’ (SAR) che altro non è che un sensore elettro-magnetico che permette di catturare delle immagini – o riprendere filmati – attraverso banchi nuvolosi o zone affette da disturbi meteorologici anche intensi, il tutto mantenendo un dettaglio ed una profondità visiva ben superiore a quella consentita dalla interfaccia elettro-ottica. V. sito internet: http://sar.ece.ubc.ca/SARintro/SAR.html. 47 V. http://www.airpower.maxwell.af.mil/airchronicles/cc/eberle.html.
  • 20. 20 non v‟è conferma, ma tuttavia ciò che richiede la nostra attenzione sembra essere ben altro: l‟invecchiamento precoce a cui sono sottoposte tutte le creazioni di laboratorio, o meglio, quello che viene comunemente indicato come il „paradosso della tecnologia militare‟. Di questo aspetto ce ne parla l‟analista politico statunitense Max Boot48 , per la precisione nel suo articolo pubblicato sulla rivista web „The New Atlantis‟, durante il 2006. Sembrerebbe nei fatti che, nonostante il notevole sviluppo di nuove tecnologie, “Americans continue to feel vulnerable. As we learned on September 11, and continue learning on the battlefields of Iraq, the most advanced weapons systems and most sophisticated information technology are hardly a perfect shield against other kinds of destructive power. The paradox of our age is that modern technology is both the great separator and the great equalizer in military affairs: Technological supremacy separates America from the rest of the world, and yet modern technology leaves America vulnerable to vicious groups and gangs armed with AK47s, car bombs …‖49 . Questo suo parere sembrerebbe poggiare su basi concrete, poiché la stessa storia contemporanea c‟insegna che il livello di sicurezza nazionale non può definirsi pari al livello tecnologico impiegato da un Paese. E ciò sarebbe giustificato dai focali aspetti che Boot introduce nel paragrafo intitolato „I limiti della supremazia tecnologica‟, dove “even the best surveillance systems can be stymied by simple countermeasures like camouflage, smoke, and decoys, by bad weather, or by terrain like the deep sea, mountains, or jungles. Sensors have limited ability to penetrate solid objects, so that they cannot tell what is happening in underground bunkers such as those that North Korea and Iran likely use to hide their nuclear weapons programs. Urban areas present a particularly difficult challenge: There are far more things to track (individuals) and far more obstructions (buildings, vehicles, trees, signs) than at sea or in the sky. Figuring out whether a person is a civilian or an insurgent is a lot harder than figuring out whether an unidentified aircraft is a civilian airliner or an enemy fighter. It is harder still to figure out how many enemy soldiers will resist or what stratagems they will employ. No machine has yet been invented that can penetrate human thought processes. Even with the best equipment in the world, U.S. forces frequently have been surprised by their adversaries”50 . Sembrerebbe perciò darsi per scontato che “having the best technology is not enough to defeat the most committed terrorists armed with the deadliest weapons‖. Visto che ―some of the most expensive weapons systems being purchased by the United States and its allies are irrelevant to fighting and winning the war against terrorism‖. Ma soprattutto tenendo a mente che la ―combination of moral restraint and bureaucratic sluggishness that defines America‘s military culture may leave the U.S. at a comparative disadvantage against nimble, networked, nihilistic enemies like al Qaeda, who will deploy whatever weapons they have with urgent brutality”.51 48 Rispettivamente Senior fellow nel Council on Foreign Relations, columnist del Los Angeles Times e contributing editor del The Weekly Standard. 49 V. sito internet: http://www.thenewatlantis.com/publications/the-paradox-of-military-technology, che sponsorizza il libro dello stesso Boot. Max: War Made New: Technology, Warfare, and the Course of Modern History, 1500 to Today, Gotham Books, 2006. 50 Ibidem; § “The Limits of Technological Supremacy” 51 Ibidem; § “American Hiroshima?”
  • 21. 21 Leggendo queste righe potrebbe sovvenire legittimamente una riflessione sul merito della correttezza di quest‟atto d‟imputazione, che incolpa gli stessi nordamericani di una certa moderazione morale ed una fiacchezza burocratica, quali punti che sfavorirebbero la lotta al terrorismo. Eppure, non sono forse stati gli stessi anglosassoni – prima con i loro secolari, ma arguti pensatori, sostenitori del discernimento politico52 – e poi gli stessi nordamericani - a rendere grande la loro capacità di discettazione socio-morale anche grazie all‟immortale concetto di checks and balances53 ? Risulterebbe, insomma, una non rifuggibile questione morale di fondo, cui mi accingerò ad esaminare nell‟ultimo capitolo. Ma per ora, è necessario pazientare, e tentare innanzitutto di comprendere se anche la nostra realtà europea presenti un sistema di difesa che sia basato su tali ritrovati tecnologici. 52 Uno su tutti, fu certamente David Hume. V. Pezzimenti, Rocco: La società aperta nel difficile cammino della modernità, Rubbettino, 2002, p. 118. 53 Concetto tecnico-politico trattato nei testi di diritto costituzionale di tutto il globo. Per una panoramica breve, ed efficace, sul significato del termine, si faccia riferimento al sito internet dell’Encyclopaedia Britannica: http://www.britannica.com/EBchecked/topic/108283/checks-and-balances.
  • 22. 22 Le applicazioni europee: UE e NATO “La vittoria migliore è quella che deve ancora arrivare.” Enzo Ferrari, storico padre della Scuderia Ferrari, intervistato da un giornalista incuriosito dalla sua storia personale.
  • 23. 23 L’Europa come attore globale … ’ zero – power’ Si arriva a questo punto a chiedersi legittimamente qualora, nella nostra realtà comunitaria europea, si possa parlare dell‟applicazione, in una qualche misura, di questa tecnologia che così tanto „terreno fertile‟ ha trovato nel continente americano. La domanda è perciò la seguente: l‟UE recepisce, al giorno d‟oggi, applicazioni difensive similari a quelle sostenute dagli S. U., e cioè quelle che si appoggiano alla tecnologia UV? La risposta sembrerebbe essere negativa. E questo per una serie di considerazioni centrali. Innanzitutto la prima, e la più importante: l‟Unione Europea, lo sappiamo, non ha un proprio apparato di sicurezza in senso classico. Vi è stato, in realtà, nel passato, un tentativo di unificazione degli eserciti nazionali, od anche delle discussioni sull‟opportunità di creare un corpo ultranazionale di difesa collettiva, ma tale progetto è stato frenato già sul nascere. Si prenda a riferimento il famoso prototipo di Comunità Europea di Difesa54 , in realtà mai assunto a livello di progetto concretizzabile, pur essendo passato attraverso la pubblicazione di taluni protocolli d‟accordo che sembravano sfuggire alla definizione di bozze informali. Dunque, se è vero che non sarebbe ipotizzabile una strategia di difesa comune basata sull‟utilizzo dei droni, questa non sarebbe tantomeno giustificabile; e la conferma di questo ci giunge dal ricercatore anglosassone John Leech, che nella sua opera-indagine dedicata all‟Unione Europea, si chiede, facendo eco a molti opinion - makers americani55 , qualora sia possibile – anzitutto - parlare di un‟Europa quale attore globale, requisito evidentemente fondamentale per rispondere al nostro precedente interrogativo, e cioè se si possa discutere della presenza o meno di un apparato di difesa comune tra gli Stati membri dell‟UE. Perché la stessa logica ci insegna che solo un attore che possa definirsi globale può dotarsi di una strategia di difesa … comune. 54 Questo progetto di difesa europeo, tanto desiderato dall’allora presidente degli S. U. Eisenhower, che si spinse a promuoverlo tramite un discorso presso la English Speaking Union nel 3 luglio del 1951, è stato accolto con notevole freddezza dagli europei, ondivaghi a causa dell’incapacit{ di bilanciare una pressione francese che si muoveva nell’ottica anti-riarmo contro la Germania, ed una comunista, che invece era propria ai partiti interni di Paesi quali la stessa Francia e l’Italia. È da ricordare quanto influì, nell’opinione pubblica francese, il gollismo post-seconda Guerra mondiale. V. Del Vecchio, Edoardo – Del Vecchio, Marcella: Atlante storico delle relazioni internazionali, dall’egemonia mondiale europea agli attuali equilibri internazionali, terza edizione, CEDAM, Padova, 2004. 55 Secondo il professor Stanley Hoffman, detentore di una cattedra presso l’universit{ americana di Harvard e cavaliere premiato con la Legion d’Onore, l’Unione Europea avrebbe preferito eliminare l’aspetto difensivo di natura prettamente militare per favorire “a range of instruments for its International actor role which exhibit a great variety of judicial, economic and diplomatic means”. Secondo il suo parere tali attivit{ “can be systematically classified with the initials MEAD: Access to Markets Euro-subventions, Diplomatic actions and Dialogue”. V. Hoffman, Stanley: Obstinate or Obsolete? The Future of the Transatlantic Relationship: Europe, the United States, and the Next American President, atti della conferenza svoltasi presso Bologna nel 22/10/2008, John Hopkins University, 2009.
  • 24. 24 Insomma, a suo dire “if the term ‗global actor‘ is understood to refer to a state that is endowed with the traditional attributes of a large power or even a super power, then the EU should be excluded from being counted as such within the new world order”56 . E questa analisi non dovrebbe porsi a beneficio di dubbio poichè “if the rhetorical question is asked [about] how many tanks and nuclear weapons are available in the EU, then the EU is a ‗zero power‘” potendosi affermare che “the ability and willingness of its member state to integrate the existing potential into a hierarchically structured decision- making system is still subject to doubt”57 . Dunque, sembrerebbe potersi ammettere che, l‟amministrazione statunitense del secondo dopo guerra, abbia favorito lo svilupparsi di diverse aree di competenza, declinando lo sviluppo economico e sociale al „progetto UE‟, lasciando invece, ed al tempo stesso, un giusto spazio all‟obiettivo di costruire con perizia l‟aspetto difensivo continentale alla NATO58 . Ciò non ha tuttavia impedito all‟UE di dotarsi di „obiettivi strategici‟ (raggiunti grazie ad impegni multilaterali intercorsi fra i suoi membri) quali l‟adozione del mandato di arresto europeo, da inserirsi nell‟ottica di lotta al terrorismo internazionale, e la collaborazione giudiziaria con gli Stati Uniti59 e la NATO stessa (il tutto nel rispetto del „terzo pilastro‟, quello della sicurezza dei propri Stati membri). Fino ad oggi, perciò, l‟intervento militare dei membri è stato sostanzialmente ricollegato nel quadro della personale iniziativa dei singoli governi. Possiamo dunque affermare con certezza che qualora ci si voglia riferire all‟Unione Europea in qualità di attore globale, si può essere legittimati a farlo solo qualora si vada a considerare la mera sfera delle „reti‟ di partnership economico – sociale60 degli Stati membri. 56 V. Leech, John; Whole and Free: NATO, EU enlargement and transatlantic relations, THE FEDERAL TRUST in conjunction with The Trans European Policy Studies Association, 2002, p.143. 57 Ibidem. 58 Ibidem, p. 144. Come è stato gi{ detto, il dotarsi, da parte dell’UE, di un proprio Ministro degli Esteri non sembra mutare il carattere originario (di natura sostanzialmente politico-economica), di questa organizzazione, che affonda le radici nei colloqui intercorsi, al largo delle Isole Terranova – ed all’apice dell’entrata in guerra degli S. U. nel Secondo Grande conflitto - tra il primo ministro inglese W. S. Churchill ed il presidente americano Roosevelt, talks ormai consegnati definitivamente all’immaginario storico e collettivo. 59 V. documento: Un’Europa sicura in un mondo migliore, Strategia europea in materia di sicurezza, Bruxelles, 12 dicembre 2003. 60 Nel futuro, potremmo sperimentare graduali cambiamenti in materia di politica estera europea, mutamenti che derivano innanzitutto dall’imposizione, gi{ avvenuta nel 2009, dell’officio del Ministro degli Esteri europeo, istituzione che avrà il duro compito di portare ad unità una frammentazione di culture politiche e diplomatiche, che prevedo difficilmente concertabili, se non tramite l’istituzione di una Carta costituzionale europea capace - se non in qualche centinaio di anni - di formare una vera e propria realtà culturale e federale assimilabile a quella nordamericana, che è, a ben vedere, più che giustificata a dotarsi di una propria politica estera unitaria … mentre noi italiani stiamo – nella baraonda confusionaria della stampa generalista – assistendo ad un incerto percorso istituzionale, inverso a quello di moltissime democrazie storicamente formatesi. Se si potrà avere una politica estera comune, cosa che ritengo
  • 25. 25 E così, giocoforza, la nostra analisi va dunque a spostarsi su quell‟orbe di intese ed intenti comuni forgiati sulla base dell‟‟amata-odiata‟ North Atlantic Treaty Organization. La NATO ed il controllo del continente europeo NATO, organizzazione difensiva. Ci si chiede tuttavia in quali forme, e dietro l‟utilizzo di quali sinergie. Solo operando delle ricerche nel dettaglio si può scoprire quanto, quest‟organizzazione nord – atlantica, basata attualmente sulla collaborazione di ben 26 paesi, ha recepito l‟influenza della bushiana „transformation‟ (cioè della massiccia automazione) nel settore della difesa comune. Innanzitutto vi è questo documento, il c.d. „Defence transformation briefing‟61 , ovvero un moderno trattato sul „mutamento delle forze alleate per le correnti e future operazioni‟, che va a chiarire, per filo e per segno, ancorché nella sua brevità (si tratta di sole dodici pagine), cifre e statistiche che l‟apparato difensivo della NATO poteva vantare nell‟anno 200862 . Sfogliando le pagine si giunge poi al capitolo „Improving information superiority‟, che ci parla di una certa Alliance Ground Surveillance (AGS). Questo novello complesso informativo, andrà a soppiantare l‟ormai vetusto sistema americano di sorveglianza americana JSTARS63 , e quello francofono HORIZON, utilizzati a suo tempo durante le operazioni degli anni ‟90 presso i Balcani. Questo AGS si baserebbe essenzialmente sulla tecnologia base dei Predator, proprio quei droni resi celebri dalle azioni sul territorio afgano – pakistano. La novità maggiore, tuttavia, è constatabile osservando che, il ruolo principe del piano di controllo dei bordi europei orientali, viene affidato al „non-plus-ultra‟ della tecnologia UAV di questi anni, il „temibile‟ Global Hawk. improbabile nel breve periodo, visto l’impianto odierno, noi saremo l’unica realt{ ‘confederata’ (chi ha il coraggio di definire l’UE una federazione di Stati?) ad averne una. Questo se si esclude il Commonwealth britannico, che però non è formato da popoli tedeschi o francesi … 61 Transformation, lo stesso termine caro alla presidenza Bush, che credo non sia stato utilizzato casualmente … 62 V. Sito internet: http://www.nato- bookshop.org/index.php?inc=languages&idpub=101&orderby=topic&taal=ENG. 63 Completa descrizione di questo progetto USAF, che si appoggia sull’utilizzo di uno speciale aereo- radar, è disponibile presso la pagina internet http://www.airforce-technology.com/projects/jstars/, che fortunatamente espone tutte le informazioni senza andare a perdersi in complessi tecnicismi.
  • 26. 26 Quest’ ’aquila globale’ è una ficcanaso Tale AGS, che viene presentato dai carismatici filmati promozionali64 della Northrop Grumman (l‟azienda aeronautica coinvolta nel progetto) come un „ben d‟iddio‟, viatico contro ogni male, sarà tutt‟al più operativo nel 2012. Nel frattempo, va a continuare l‟utilizzo dello JSTARS da parte della NATO Response Force (NRF), proprio il contingente formato da 25.000 soggetti capace di “respond rapidly to emerging crises across the full spectrum of Alliance missions, ranging from disaster relief or peacekeeping to highintensity warfighting”. Ebbene, proprio tale notizia, fu portatrice di una piccola „bufera mediatica‟ nel nostro Paese, ove si condannava la scelta dei sistemi dell‟azienda Northrop Grumman (decisione da attualizzarsi al settembre 2008) da parte di un buon numero di membri dell‟organizzazione atlantica - evidentemente persuasi dal minore costo della già sperimentata tecnologia americana - al posto di quella promossa dal consorzio a maggioranza europea TIPS65 ; novità che faceva risuonare nella grande rete tante voci dissidenti, che andavano dai consueti blogger della left, fino ad arrivare alle organizzazioni di solidarietà sociale66 , essendo tutte queste, però, rubricabili secondo affini identità politiche. Se invece andiamo a spostare le nostre analisi sull‟attore centrale di questa innovazione, non possiamo esimerci dal sottolineare le capacità strategiche del Global Hawk, che lo rendono davvero insostituibile. Un solo velivolo di questi, grande più o meno come un Boeing 737, può permettersi di partire “da una base come [quella di] San Francisco, impiegare una giornata a caccia di terroristi nell‘intero stato del Maine e tornare indietro”67 . Inoltre, questo grosso aeroplano spia, è dotato di quello che i militari USAF chiamano „high-resolution spot mode‟68 , un apparato telescopico che permetterebbe, ad esempio, la lettura di targhe d‟autoveicoli da notevoli altezze, fattore che per un UAV destinato a muoversi oltre i 10.000 metri di altitudine è decisamente … straordinario. Una potenzialità certamente notevole, che però, potrebbe giungere ad innalzare polveroni piuttosto pruriginosi, almeno per quanto riguarda il comparto attinente al diritto della privacy. Un diritto che la società civile apprezza e stima, e che proprio in questi mesi è, volente o nolente, soggetto ad una influenza positiva da parte dei confronti bipolari del nostro mondo politico. 64 Non posso fare a meno di segnalare questi interessanti videoclips, che stupiscono per la sorprendente chiarezza espositiva fatta propria dal reparto promozionale dell’azienda americana … V. sito internet: http://www.as.northropgrumman.com/products/natoags/gallery.html. 65 Trans-Atlantic Industrial Proposed Solution, una coalizione formata dalla “Northrop Grumman e General Dynamics, la European Aeronautic Defense and Space Company - EADS (gruppo aerospaziale a cui aderiscono societ{ tedesche, francesi ed olandesi), la francese Thales, la spagnola Indra e l’italiana Galileo Avionica”. V. http://romperelerighe.noblogs.org/gallery/5562/sigonella.pdf, proprio una delle voci internettiane (già ideologicamente) contrarie alla mossa contrattuale pro-americana. 66 Se si digitano le parole ‘AGS Sigonella’, il motore di ricerca web Google, ci porgerà una prima pagina di risultati aventi una grande maggioranza di commenti negativi in merito al processo d’installazione del Q.G. NATO AGS presso Sigonella, in Sicilia. 67 V. Singer, P. W.: Wired for War, the Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century, NY, Penguin Press, 2009, p. 36. 68 Ibidem.
  • 27. 27 Pertanto, in merito a questo argomento, si potrebbe davvero passare da un „problema ad un altro‟, poiché, impiegando degli UAV „sentinella‟, giorno e notte, se il „sonno dei giusti‟ non si troverebbe a rischio, non potrebbe dirsi lo stesso per la loro sfera personale dei rapporti. Che a buon diritto andrebbe difesa da qualsivoglia influenza esterna dotata di intenzioni sconosciute. Ma la tutela della privacy, al tempo stesso, dovrebbe essere legittimamente declinabile in favore di quello che è stato simpaticamente ricordato come “il diritto di non vedersi saltare in aria”, che già a suo tempo giustificò l‟installazione di periferiche „body- scanner‟ nei check-in dei maggiori aeroporti italiani69 , e che possiamo estendere a questo caso specifico, cioè quello della necessità di difesa dei bordi dell‟Unione Europea dalla sconcertante minaccia del terrorismo internazionale. Questa appare dunque una tecnologia ammirevole: soprattutto se destinata ad essere impiegata nel quadro di un contesto urbano, area dove per antonomasia risulta maggiormente difficoltosa l‟attivazione di misure anti-terroristiche. Proprio per questo la NATO avrebbe promosso un gruppo di studio, che ha prodotto un documento a cura della sua branca „R&T‟70 , che seppur gode di un titolo che potrebbe lasciar intendere speculazioni futuristiche piuttosto sibilline71 , ha in realtà l‟obiettivo di favorire sempre più la tanto difficoltosa operatività anti-terroristica (od umanitaria) presso le zone più „calde‟ – e per di più popolate – del Medio oriente. Questa ricerca si lancia fin da subito a definire tutti quegli aspetti piuttosto dettagliati sulla questione prettamente guerresca - che a noi può attirare meno - ma poi arriva, in seconda battuta, a sottolineare l‟importanza dell‟utilizzo dei veicoli senza pilota per acquisire “an accurate understanding of the infrastructure, the systems and the dynamics of the designated urban area and their impact on operations” od anche per “detect, identify and assess rapidly chemical, biological and radiological threats (this includes toxic threats)” od infine “destroy or neutralise in a timely manner, fixed or mobile point targets in the urban environment with minimum casualties and collateral damage”72 . Che è la questione che a noi interessa maggiormente, visto che ci dà la conferma che la „nostra‟ partnership strategico - difensiva atlantica sta, né più né meno, già riprendendo la stessa identica „transformation‟ iniziata originariamente negli Stati Uniti. Non solo: tale mutamento del concetto di difesa sembra sia stato già fatto proprio dall‟Italia stessa. A riprova di questo, basti guardare all‟anno 2004, periodo in cui il nostro Ministero della Difesa73 ha dato il via ad i procedimenti di aeronavigabilità74 nei 69 Questo episodio si riferisce alla famosa polemica, di qualche tempo fa, contro l’installazione di impianti di riconoscimento d’esplosivi ed armamento personale nell’aeroporto maggiore della capitale. La citazione viene dalle schiette parole del nostro affabile Ministro degli Esteri Franco Frattini. V. sito internet: http://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_05/maroni-frattini-body-scanner_fd2db2a4-f9df- 11de-ad79-00144f02aabe.shtml. 70 Research and Technology. Tale suddivisione si trova a Neuilly, in Francia. 71 Urban Operations in the Year 2020. Tale rapporto è stato pubblicato nel 2003, dunque nel pieno delle fasi americane di complessa operativit{ bellica nell’ambiente desertico, e poi urbano, dell’Iraq. 72 Ibidem, p. 34. 73 V. sito internet: http://www.difesa.it/Segretario-SGD-DNA/DG/ARMAEREO/Programmi/UAV-Drone/. 74 Termine assente dalla Dodicesima Edizione del Dizionario della Lingua Italiana Zanichelli, che tuttavia si riferisce a quell’insieme di esami e di procedure di verifica e messa in sicurezza che devono essere superate per il raggiungimento dell’immatricolazione di un aeromobile, cosa che può permettere l’utilizzo
  • 28. 28 confronti del velivolo Predator, che sarebbe andato ad ottemperare particolari compiti di controllo di certi confini territoriali, secondo quanto necessitato dall‟attività della Direzione Generale degli Armamenti Aeronautici (ARMAEREO75 ) affine alla nostra aeronautica militare. dello stesso nello spazio aereo nazionale (non limitato). V. sito internet: http://www.enac- italia.it/La_Regolazione_per_la_Sicurezza/Navigabilit-13-/Prescrizioni_di_Aeronavigabilit-13-/index.html. 75 V. sito internet: http://www.difesa.it/Segretario-SGD-DNA/DG/ARMAEREO/.
  • 29. 29 Un’ineliminabile questione etica “…˂˂E’ lecito o no, che noi paghiamo la tassa a Cesare?˃˃. Rendendosi conto della loro malizia, disse: ˂˂Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?˃˃. Risposero: ˂˂Di Cesare˃˃. Ed egli disse:˂˂Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio˃˃…” Gesù di Nazareth, dall’episodio del tributo di Cesare (LC 20, 22-25). Foreign Policy © Paramount Pictures © Defense TECH News ©
  • 30. 30 La visione americana della ‘giusta guerra’ alla base della ‘drone strategy’ Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in un discorso rivolto alla nazione, risalente a circa un anno fa76 , riprendeva la domanda espressa da molti dei suoi concittadini: “What is our purpose in Afghanistan? After so many years, they ask, why do our men and women still fight and die there?” e vi aggiungeva un deciso “they deserve a straightforward answer”. A questo vi rispondeva: “I want the American people to understand that we have a clear and focused goal: to disrupt, dismantle and defeat al Qaeda in Pakistan and Afghanistan, and to prevent their return to either country in the future. That's the goal that must be achieved.‖ Perchè a suo dire ―that is a cause that could not be more just”. Just, che significa giusta. E la causa giusta fu termine già a suo tempo caro al presidente George W. Bush, che aveva fatto proprio il concetto di „giusta guerra‟77 (o „guerra giusta‟, se si preferisce). Non sembra, al riguardo, mutare molto il lessico utilizzato dall‟amministrazione attuale, democratica, rispetto a quella precedente, repubblicana. E ciò ha altresì infastidito e segnato alcune defezioni nel numero di supporters politici78 del presidente Obama, evidentemente ancora afflitti da un insano surrealismo, potendosi contare tra i fans presidenziali, moltissimi „innamorati della prima ora‟ che, doverosamente, sono venuti meno quando il neo-eletto presidente si è dovuto confrontare con le „toste‟ politiche di una nazione essa stessa „preda‟ del proprio obiettivo: annientare e dunque sconfiggere al Qaeda. Lasciando quindi da parte le inflessioni da rockstar politica79 , come buona parte dei media credeva gli fossero proprie, o come forse gli sono state erroneamente attribuite, già prima del grande scontro elettorale della fine del 2008. Ora, è invece necessario comprendere quale sia il vero significato della „guerra giusta‟ e come nello „spazio dottrinario‟ di questa può esservi ricondotta una realtà complessa 76 V. sito internet: http://m.whitehouse.gov/blog/09/03/27/A-New-Strategy-for-Afghanistan-and- Pakistan/. Tale discorso fa riferimento al giorno 27 marzo 2009, ed il sito allega anche il video dello ‘speech’ alla nazione. 77 V. sito internet: http://www.trinstitute.org/ojpcr/6_1snau.pdf. 78 Che sono stati numerosi. A partire dai famosi di Hollywood, passando per gli autori di musica più blasonati, fino ad arrivare alla giornalista Oprah Winfrey, che con la sua opera di raccolta fondi sembra aver collezionato fino a 3 milioni di dollari per la campagna del senatore nero. V. sito internet: http://www.huffingtonpost.com/2008/04/20/top-10-celebrity-obama-su_n_96313.html. 79 Il mondo della carta stampata è stato efficacissimo a presentare (e a deviare) l’immagine di un senatore democratico in qualità di soggetto dotato di carismi totalmente nuovi – ed “elettrizzanti” - per quel che era stato fin’adesso la realt{ del mondo politico americano. V. : http://newsbusters.org/node/8449; http://minnesota.publicradio.org/display/web/2006/10/30/obamahere/; http://www.nydailynews.com/news/politics/2008/08/28/2008-08- 28_get_ready_for_barack_obama_rock_star.html; http://www.msnbc.msn.com/id/17086451/.
  • 31. 31 come quella dei mezzi non guidati da pilota, accostamento che può nascondere in sé più di una sorpresa. Nella storia contemporanea e Neo-continentale, il concetto di „guerra giusta‟, è stato il tormentone mediatico che ha fatto da contorno alla realtà politica statunitense nel momento del loro subentro nel conflitto contro il rais Saddam Hussein, fatto risalente, come sappiamo, al già lontano gennaio 1991. V‟era questa Guerra del Golfo, ed il padre di Bush Jr. era stato capace di organizzare a suo favore una „schermatura ideologica‟ che gli permetteva, di fronte agli occhi dell‟Occidente intero, di poter affermare con certezza la bontà dell‟atto di guerra statunitense (che di fatto rappresentava la maggioranza consistente delle forze d‟assalto delle N.U.), soprattutto tenendo conto delle debolissime forze del Kuwait, che non fu capace di ricorrere al mezzo dell‟autotutela per la rapidità dell‟atto ostile e l‟inadeguatezza delle proprie unità militari. Con i misfatti iracheni, le Nazioni Unite potevano godere finalmente della non ambigua sanzione della Carta magna del diritto internazionale, che sia in base all‟art. 1, § 280 che ex art. 4281 , formulavano il diritto all‟opzione armata, ma ciò solo dopo mesi in cui si era vanamente perseguito la via del ricorso al mezzo delle sanzioni. Ebbene, in tutto ciò, sembra corretto segnalare che questo diritto di belligeranza avrebbe radici decisamente più antiche di quanto si pensi, e sarebbe perciò errato farlo risalire al periodo della Guerra del Golfo: ciò è vero poiché il primo a dare una giustificazione dell‟atto di guerra fu nientemeno che … Sant‟Agostino, che nella sua famosa opera „La Città di Dio‘ ci esponeva quella che sarebbe stata cristallizzata come la dottrina cattolica originale della c.d. „justum bellum‟. Cioè, proprio riguardante il concetto di guerra giusta. Egli, riteneva che i cristiani fossero vincolati dalle leggi della carità e della giustizia anche nel momento della guerra, considerata come massima divisione derivante dal male insito nel cuore umano, moralmente ferito dal veleno del Nemico antico con la caduta nel peccato originale82 . Inoltre “Agostino definiva la pace come la ‗tranquillità dell'ordine‘, rappresentata da un assetto internazionale dinamico e mutevole, creato da comunità politiche giuste e mediato dal diritto. Allorché le autorità di governo intervengono contro aggressori ingiusti per difendere tale ordine, si muovono secondo finalità politiche giuste. La 80 “I fini delle Nazioni Unite sono: 1) Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace”. V. Luzzato, Riccardo – Pocar, Fausto: Codice di Diritto internazionale pubblico, Terza edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2003, p.3. Oppure v. sito internet: http://www.un.org/en/documents/charter/chapter1.shtml. 81 “Se il Consiglio di sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”. Ibidem. 82 V. opera agostiniana: De Civitate Dei, XIX Libro, cit. in sito internet: http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20050117013438.
  • 32. 32 dottrina della guerra giusta nelle sue considerazioni ad bellum espone le norme in base alle quali le autorità di governo sono tenute a muoversi per difendere i loro popoli e per ripristinare le condizioni minime essenziali per l'ordine internazionale, con mezzi bellici. Secondo questa dottrina, la guerra è una finalità politica moralmente appropriata e può costituire un obbligo morale per le autorità di governo allorché le circostanze rendono indispensabile agire per fermare il male”83 . Questo sembrerebbe altresì confermato dallo stesso Catechismo della Chiesa cattolica, opera revisionata dal mai dimenticato Giovanni Paolo II e direttamente sancito dalla Costituzione pastorale Gaudium et spes del 1966, secondo cui “Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. È la ‗tranquillità dell'ordine‘”84 . Qui non sembrerebbe nient‟altro che confermarsi la dottrina del Santo Agostino, anche nel concetto a lui più caro sulla „tranquillità dell‟ordine‟, se non fosse poi, che lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica, ci propone, alla inscriptio „Evitare la guerra‟, delle inequivocabili statuizioni restrittive: “Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: — che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; — che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; — che ci siano fondate condizioni di successo; — che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‗guerra giusta‘”. Ci si chiede allora se la guerra intrapresa da parte delle N.U., e soprattutto dagli States, in questo caso, fosse veramente corrispondente a questi quadruplici aspetti, e cioè se: 83 Parole pronunciate dal Prof. Michael Novak il 10 febbraio 2003, in un suo convegno presso il Centro Studi Americani di Roma. V. www.usembassy.it. 84 V. Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte Terza (La vita in Cristo), Sez. Seconda, Art. 5 (Il quinto comandamento), III, nel sito internet: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm#III.%20La%20difesa%20della%20pace. L’elemento della difesa della pace, n. 2304, è gi{ presente in Sant’Agostino, nella sua De Civitate Dei, XIX Libro, 13.
  • 33. 33  Si sarebbe potuto parlare di un grave danno, certo e durevole inferto alla nazione aggredita ed alla comunità degli Stati;  Si era già ricorsi a mezzi pacifici, essendo questi rivelatosi inefficaci;  Si avevano concrete chance di successo con l‟intervento militare;  Il ricorso alle armi non avrebbe provocato „mali maggiori del male da eliminare‟; Ebbene, se possiamo ad oggi rispondere affermativamente a tutte e quattro queste domande, asserendo dunque che, dopotutto, la Guerra del Golfo, fu una vera e propria guerra giusta - sorprendendoci tra l‟altro nella scoperta che i dettami dell‟ONU non sono altro che direttissime applicazioni del pensiero coeso di San Tommaso d‟Aquino85 e dello stesso Sant‟Agostino - alcuni critici esperti, come illustrerò più avanti, non sembrerebbero tuttavia essere concordi alle nostre osservazioni. La ‘guerra giusta’: un complesso atto di discernimento “Nel 19 marzo del 1992, un gruppo di ventidue pensatori, scrittori e studiosi si incontrarono a Washington D.C. per discutere le attitudini religiose verso l‘uso della forza nelle relazioni internazionali. Rappresentando una larga diversità di opinioni nelle fedi Cristiane, Ebraiche, e Musulmane, le due dozzine di partecipanti erano intimamente consci che il loro argomento non fosse d‘importanza intrinsecamente teologica, ma anche di rilevanza profondamente contemporanea”. Così prende il via la trattazione, da parte di un osservatore della politica internazionale contemporanea86 , di quell‟opera denominata „Religious perspectives on war‟. Questo interessante libricino, mantiene certamente la promessa di interpretare i fatti in un‟ottica rivelatrice sul se si possa parlare di „guerra giusta‟ (o meno), ed in quale misura: e lo fa sviscerando in quali circostanze può verificarsi una „guerra giusta‟, avendo inoltre premura di non sottoporci la mera visione cristiana della questione, ma, come il titolo stesso può farci intuire, fornendoci anche una lettura ebraica e musulmana. E così, sembrerebbe che, contrariamente a quanto ho esposto nel capitolo precedente, il caso della Guerra del Golfo non potrebbe afferire ad una realtà che possa esprimersi pienamente in ciò che può ricomprendersi nella dottrina della „guerra giusta‟. Il motivo per cui questo conflitto del ‟91 debba essere ricompreso nella schiera interminabile delle „guerre imperfettamente giuste‟, ci dice Padre John Langan (gesuita e allora professore di Etica cristiana presso la Georgetown University), è perché “for many other people, equally serious and well-intentioned, the war was terrible, a ‗catastrophe for humanity and for the peoples of the Middle East, and … a moral disgrace for the 85 La discettazione del Santo in merito alla questione della legittima difesa non sembra avere pari nella storia (perlomeno) del mondo Occidentale. V. San Tommaso d’Aquino: Summa theologiae, II-II, Ed. Leon 9, 74. 86 David R. Smock, che appunto scrive l’omonimo libro per la serie di monografie ‘Perspective Series’ dello United States Institute of Peace.
  • 34. 34 United States‘”87 . Opinione che, stando a quanto ci dice l‟autore, sembra essere stata condivisa dallo stesso Papa Giovanni Paolo II. Il punto è che la stessa conduzione della guerra sembra aver innalzato una pluralità di dubbi moralmente insidiosi, afferma Padre Langan. Il primo aspetto concernerebbe la strategia di coalizione adottata nel conflitto aereo, che ha messo nei fatti a rischio la vita di molti civili senza che questo fosse stato esplicitato come un‟inevitabilità nella conduzione delle belligeranze. Ad esempio, come continua ad esporre Padre Langan nella sua analisi, non si comprenderebbe quale fosse la necessità alla base della distruzione, da parte degli alleati, del sistema elettrico iracheno, che era il nucleo centrale per il funzionamento del sistema di purificazione e di filtrazione dell‟acqua, utilizzata per fini innanzitutto sanitari, prim‟ancora che di industria88 . Per il resto, non sembrerebbe esservi stata nemmeno l‟intimazione, altrimenti rivolta alle truppe irachene datesi alla fuga, del dovere-opportunità di arrendersi. D‟altronde, nemmeno il prosieguo dell‟opzione militare è stata svolta nell‟ottica della definitiva pacificazione dell‟Iraq stesso: e ciò si spiegherebbe con la fretta di concludere il dossier iracheno89 . D‟altro canto, un professore della Università di Notre Dame, tale Robert Johansen, lo interrogava, con retorica “whether just war criteria are useful if they condone war more easily than do criteria for wisdom. Is Cristian doctrine less restrictive than wisdom?”90 . Altri arrivavano addirittura a negare la bontà del principio della „guerra giusta‟, in quanto ritenevano che “the use of just war criteria merely provided a rationale before the war and a rationalization after the war was concluded, rather than influencing or altering in any way wartime decision making”91 . L‟autore conclude infine la sua trattazione mettendo per iscritto le testimonianze della „guerra giusta‟ secondo la mentalità storica ebraica e musulmana, quella che promana dai testi di fede, arrivando alla conclusione che il miglior principio dovrebbe essere un concetto di „guerra giusta‟ condiviso tra tutti i credo, poiché, proprio questi concetti di legittima difesa, di guerra preventiva ed, infine, di „guerra giusta‟, sembrano essere legittimati solo nella misura in cui sono accompagnati a criteri di proporzionalità ed umanità (salvaguardia per i diritti dei civili, per le infrastrutture pubbliche o private e avendo riguardo all‟ambiente), sono volti all‟eliminazione completa della minaccia (vero 87 Smock, David R.: Religious perspectives on war, Perspective Series, UISP Press, Revised Edition, 2003, p. 5. 88 Ibidem. 89 In realtà, sappiamo bene che per George Bush Sr. fu di fondamentale importanza – nell’ottica delle vicinissime elezioni presidenziali del 1992 – concludere l’assalto nel minor tempo possibile, proprio perché ciò gli avrebbe permesso di guadagnare una certa celebrità politico-mediatica che gli avrebbe poi garantito di lanciarsi con successo nelle elezioni omonime che sarebbero seguite l’anno dopo. Ciò non accadde, ed egli uscì sconfitto nei confronti di un Bill Clinton che prometteva un’America meno favorevole ai conflitti armati, in ogni caso. 90 Ibidem, p. 9. 91 Ibidem, p. 10.
  • 35. 35 portatore di pace, come già statuisce il diritto di Allah) e trovandosi quindi nel rispetto delle tradizioni talmudiche e coraniche delle rispettive fedi ebraiche e musulmane. Un processo che doveva in realtà specchiarsi in una successiva, doverosa fase: quella più complessa delle politiche di riforme e di redistribuzione della ricchezza nell‟area mediorientale92 . La ‘guerra giusta’ … e i droni. Ma come si concilia il concetto di „guerra giusta‟, qualora nel campo entri anche quella trasformazione tecnologico-militare che ha portato allo sviluppo, e all‟utilizzo, dei famosi droni? A questo legittimo interrogativo non sembra esservi, ad oggi, ancora nessuna risposta pragmatica. Non mi resta dunque che raccogliere il poco materiale ottenuto per cercare di fornire una risposta, che, mi rendo ben conto, sarà certamente insufficiente per dare esiti tangibili alla questione. Prendendo nuovamente in riferimento i concetti centrali del Catechismo della Chiesa cattolica, abbiamo scoperto che la „guerra giusta‟ deve essere quella che utilizza strumenti ove ―tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci‖. Ora, abbiamo già chiarito all‟inizio del documento come si è conclusa la scelta tra le opzioni che quasi un anno fa si trovavano sul „rovente‟ tavolo del presidente Obama: e cioè se fosse meglio optare per un „surge strategico‟93 , orientandosi sulla possibilità dell‟apertura di un sostanziale rafforzamento della presenza militare in Afghanistan ed in Pakistan, oppure verso una scelta che coinvolgesse sempre più la presenza di unità speciali, usufruendo in questa decisione di settori sempre più prominenti di intelligence, ove sarebbero state ricomprese anche le attività degli UAV (non potendosi considerare realistica la terza ipotesi, quella di lasciare il Paese a sé stesso, essendo il territorio ancora incredibilmente fragile a pulsioni centripete, seppur di natura tirannica)94 . Ebbene, la „virata presidenziale‟ verso la tecnologizzazione ed informatizzazione della guerra, è sembrata essenzialmente consistere già di per sé in una scelta ben precisa, alla quale non è seguito il ricorso ad altri mezzi, come poteva essere lo stesso invio di numerose altre truppe – cosa che però avrebbe comportato la presenza di ulteriori morti. Con la possibilità di limitare le perdite umane, sembra legittimo utilizzare la migliore tecnologia di cui si dispone. 92 Ibidem, p. 31. 93 Opzione favorita dall’ormai ex comandante delle operazioni medio-orientali Stanley McChrystal, anche visto il successo dell’operazione presso l’Iraq nel 2003. 94 V. quotidiano il Foglio Anno XIV, n. 252, giovedì 22 ottobre 2009: L’impatto delle diverse strategie sui fortini afghani. p. I.
  • 36. 36 Ma, nonostante tutto, ciò ci porta a delle legittime considerazioni: come percepirà lo stesso nemico questa trasformazione nella conduzione delle belligeranze? Questa porterà alla creazione di mezzi risolutivi, capaci di donare agli States notevoli possibilità di vittoria? Secondo Mubashar Jawed Akbar, giornalista interessato alle vicende mediorientali e fondatore della rivista Asian Age, “unmanned systems take this collision of human psychologies to the next level. They are the ultimate means of avoiding sacrifice. But what seems so logical and reasonable to the side using them may strike other societies as weak and comptemptible. Using robots in war can create fear, but also unintentionally reveal it”. Per l‟analista di scenario indiano, infatti, “the greater the use of unmanned systems, the more likely it will motivate terrorists to strikes at America‘s homeland‖ poichè ―it will be seen as a sign of American unwillingness to face death”95 . Questo sarebbe confermato anche da un altro studioso di affari internazionali, questa volta americano, che sottolineava come “fighting more and more unmanned systems would not be a huge quantum leap to the insurgent psychology. With things like F-16s, it‘s not like they are fighting face-to-face now anyway. […] in their rhetoric, they‘ll make fun of the Americans for not being man enough to fight face-to-face […] for insurgent, it already feels like they are fighting robots of sort”96 . Tutti questi aspetti psicologici che si pongono non verrebbero sollevati unicamente dall‟apparato terrorista indottrinato, bensì potrebbero equivalere anche per gli abitanti di queste terre, poiché “the average person sees it as just another sign of coldhearted, cruel Israelis and Americans, who are also cowards because they send out machines to fight us, … that they don‘t want to fight us like real men, but are afraid to fight. So we just have to kill a few of their soldiers to defeat them”97 . A ben vedere, dunque, sembrerebbe che il risultato della „transformation‟, incominciata già negli anni ‟70, abbia davvero portato gli Stati Uniti verso la tendenza alla detenzione di arsenale realmente dotato di un gran potere strategico ed offensivo, cosa però che tuttavia andrebbe a ledere quell‟aspetto morale che è l‟elemento della „proporzionalità‟, necessario per lo stabilirsi del presupposto fondamentale di una „guerra giusta‟. Proprio tale sproporzione nei mezzi utilizzati sul „campo di guerra‟ potrebbe dunque comportare uno sfibramento nell‟effettività degli stessi, proiettando un immagine esterna (ad un popolo così dedicato alla guerra come quello afgano-pakistano islamizzante, non immeritatamente considerato civiltà-tomba degl‟Imperi) che potrebbe consegnare a questo terrorismo la suggestione di combattere un nemico sempre più debole, e dunque, si assisterebbe in misura ancora maggiore al rischio di avere un risultato opposto a quello desiderato dalle truppe alleate: che è anche l‟effetto di annichilimento psicologico 95 V. Singer, P. W.: Wired for War, the Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century, NY, Penguin Press, 2009, p. 313. 96 Ibidem, p. 307. 97 Parole di Rami Khouri, direttore dell’Issam Fares Institute of Public Policy and International Affairs. Ibidem, p. 309.
  • 37. 37 alimentato dalla superiorità degli armamenti detenuti dalla stessa coalizione occidentale, da cui discenderebbe, poi, la capacità di avere ragionevoli possibilità in merito alla distruzione effettiva del virus terroristico a sfondo religioso. Come il mondo sa bene, non è questa una problematica di natura ordinaria, non ragionando le cellule terroristiche islamiche con la stessa mentalità propria agli eserciti degli Stati, che non andrebbero mai a contrapporre (autolesionistici) sforzi superiori a quello che è il momento di maggiore impegno dell‟‟invasore‟. Insomma, salvare le vite dei propri uomini risulterebbe più che doveroso da parte del governo, su questo non vi sarebbe dubbio; ma non lo sarebbe invece per l‟effetto secondario e perverso derivante dall‟utilizzo intensivo dei droni, e cioè proprio quell‟elemento psicologico che potrebbe costare a tutte le nazioni coinvolte nella bolgia mediorientale altri lunghi anni spesi nella caccia di frammenti di una mai pericolante scala di eversione terroristico – totalitaria, che ben facilmente potrebbe esser foriera di altre divisioni inter-alleate nel futuro più o meno prossimo. Realmente il più grande pericolo da scongiurare.
  • 38. 38 Conclusioni Le conseguenze della drone strategy statunitense, lo abbiamo visto, sono molteplici. Ma evitando untuose parole di chiusura, onestamente, una domanda sembra permanere. I droni, gli Unmanned-Vehicle di nuova generazione, sono davvero ciò che promettono di essere? Riusciranno a tirare fuori la coalizione occidentale dal rischio perpetuo della minaccia terroristica? Faranno realmente cessare la tirannia, anche osteggiata dai confinanti moti liberali della marea Verde? Su queste domande, solo la storia saprà rispondere correttamente. A ben vedere, oggi, sussistono troppe risposte, che però consigliano facili e vaghe soluzioni: dunque i pronostici non risultano consigliabili. C‟è chi ci dice che il conflitto col Medio Oriente alter - culturale e rigidamente dottrinario cesserà quando i governi europei avranno smesso di perpetrare i loro interessi commerciali su risorse (tesi immortale) di colore nero, e dunque al momento di una grande metamorfosi collettiva (o collettivista) di mentalità, magari verso un più o meno probabile ecologismo di massa. Altri sostengono invece la bontà della presenza massiccia delle unità armate alleate, a guida umana e non, che prima o poi avranno saldamente controllo (grazie all‟impegno continuato ed alle contromisure tecnologiche attuali), nei paesi quali l‟Afghanistan ed il Pakistan, riuscendo infine, e con successo, a passare il testimonio a soggetti dotati di poteri decisamente più civili, che sanzioneranno definitivamente il nascere di vere democrazie popolari. Infine, c‟è una vastissima fetta di pensiero che non riesce a decidersi sul da farsi. L‟unica certezza che ho avuto redigendo questa ricerca, è che siamo moralmente responsabili per tutti quegli abitanti di queste lontane nazioni, che realmente desiderano la pace. Ma ho davvero timore che solo con i ripetuti e continuati rapporti diplomatici e commerciali, tra est ed ovest, riuscirà ad instaurarsi davvero una globalizzazione positiva, che permetterà a queste realtà mediorientali di scoprire la vera importanza della libertà dalla tirannia, che non è solo culturalmente presente in taluni nuclei familiari, ma anche mondialmente attiva fuori dai loro bordi nazionali, con la sempre presente minaccia fanatica e terroristica. Con una guerra serrata, in questi habitat inospitali, c‟è la possibilità che si arrivi ad un esito incerto, come ho già spiegato, ma questo giungerà in tempi relativamente brevi. Allora la questione fondamentale da chiedersi è come reagiranno le popolazioni locali a questo confronto (talvolta) tra „ciechi‟. Riuscirà la coalizione occidentale a far piegare l‟ago della bilancia verso una collaborazione afgano-pakistana in ottica anti – terroristica,