Come bocca di pesce i pensieri | Jara marzulli | Le Muse Giovani
1. Jara Marzulli
Come bocca di pesce i pensieri
LeMuse Giovani
Le Muse Giovani
Via Marconi 22,Adelfia (Ba)
e-mail: lemusegiovani@gmail.com
web: www.lemusegiovani.weebly.com
31 marzo-29 aprile 2012
Mostra a cura di
Roberto Eduardo Maria Mazzarago
Adriana M. Soldini
Catalogo a cura di
DariaToriello
Testo critico a cura di
Adriana M. Soldini
Contributi
Giorgia Monti
Chiara Catapano
Iula Marzulli
2. Come bocca di pesce i pensieri
Come fili di lama i sorrisi
Come acqua di cascata gli equilibri
Sei in grado di reggere il raggio del sole?
Morso di cancrena sottile
Crepa sul lago ghiacciato
Ho una stanchezza antica
unghie nere e un'aria sfatta
gravida come cavalla
Dialogo interiore e poi si muore
Sempre all'ombra della tua assenza
suoni vuoto come un fiasco
dopo nessuna festa
Volevo raccontarti la musica
nel mezzo di un prato
ma sono rotolata in un fosso
Solo nuvole, stelle e, a tratti, la luna
in una stessità senza profumo
e senza gloria
Tesa la pelle di tamburo
muove i passi
di una circostanza astratta
dove incontrare la mia faccia
mette paura
Come bolla di sapone il respiro
Come il freddo di un tempio
vuoto di ogni dio
Come gomitolo di polvere all'angolo
lì sto io
a sporcarti l'anima
Ma tu ti svegli stiracchiandoti alla finestra
e con uno sbadiglio hai già chiuso la porta
Ma era l'ora sbagliata
finché poi ho smesso di rincorrerti
e il mio miraggio si è spento dentro al tuo
Cammino bene da sola
e voglio che tu sappia
che la luce di questa mattina
è tutta roba mia.
Senza titolo di Giorgia Monti Adriana M. Soldini narratrice d'arte e curatrice
tratto da "Che razza di mondo", Cicorivolta Edizioni, 2012
Come bocca di pesce i pensieri Come bocca di pesce i pensieri
È in quella bambina dal volto imbronciato di Unica fiaba che uno sguardo più
approfondito avrebbe intravisto le prime tracce del nuovo percorso di Jara Marzulli.
Sono il nastro chiaro tendente al rosa che avvolge il petto infantile e la tavolozza di
colori che si arricchisce di nuove sfumature sul corpo della figlia Maya a costituire gli
indizi di un salto di qualità ormai prossimo.
Dopo il filo guidato dall'ago attraverso le carni che ha saputo attrarre l'attenzione dello
spettatore, provocandogli anche un certo turbamento, Jara Marzulli ha scelto di
addolcire il tono delle figure femminili con la delicatezza del nastro per invitarlo a
proseguire un discorso più confidenziale. Striscia di tessuto, piatta e stretta, è da sempre
strumento di lavoro della madre e della nonna, conservato in scatole e in scrigni come
un tesoro prezioso che attende di uscire per abbellire od orlare gli abiti, intrecciare i
capelli, guarnire bomboniere e regali. Ed è con la sua semplicità che riporta Jara
all'infanzia: la lucentezza le evoca i giorni di festa; la morbidezza al tatto la riconduce al
rito, al suo scivolare tra le mani per eseguire fasciature intorno al corpo.
Ma il nastro sa andare oltre al proprio uso materiale. È simbolo dai diversi significati,
come lo è il “nastro della consapevolezza” che diffonde il suo messaggio attraverso
i colori: giallo, rosso, nero…
Il nastro di Jara lega le vite e le racconta; si srotola nella rivelazione del sussurro della
memoria che narra di gioia e di dolore, di sconfitte e di vittorie, per favorire quella
ricerca dell'identità che non ha mai fine.
L'artista ha affinato la capacità di scegliere i soggetti da rappresentare. Ne analizza lo
sguardo per comprenderne la qualità, se è acuto e profondo. E molto sa dirle il modo in
cui si propongono, con parole e azioni. Devono sapersi mettere in gioco; darle fiducia
tanto da rivelarle parti nascoste della propria anima che, unitamente ai suoi propositi,
sintetizzano la formula giusta di cui si serve per creare un'opera d'arte.
È un lavoro che lei e le modelle fanno insieme, scoprendo e plasmando qualcosa di
magico che la fotografia permette di fissare, dopo che i suoi occhi esperti lo hanno
colto, e che la mano pensante riesce ad apporre sulla tela.
La sua pittura acquista un accenno di onirico, percepibile grazie a un colore filtrato con
l'intelletto. Il colore ad olio viene steso sopra una base di acrilico in modo da lasciarlo
trasparire. In Ederlezi e La scomodata, l'acrilico diventa coprotagonista con
addensamenti di colore in alcuni punti della tela che vanno a dialogare direttamente
con l'olio. L'artista lascia intravedere la bozza, vi stende i verdi e i blu, a cui va a
sovrapporre i rossi e le lacche accesi per poi intervenire con i bianchi e i rosati leggeri,
finendo con tocchi spessi che rendono la composizione dinamica.
Le pennellate richiamano la leggerezza dell'acquarello e si avverte la tridimensionalità
dell'immagine. Un procedere per strati che ricorda la nascita e l'evoluzione della tecnica
fotografica a colori, ma che non rende in alcun modo la sua pittura “fotografica”, già a
partire dagli intenti.
In Meltemi, Jara mostra la piena consapevolezza del cambiamento, intuito da lei
3. stessa poco a poco. E lo rivela allo spettatore con il nastro posto in primo piano che
prende vita e inizia a muoversi nell'aria come un filo di Arianna, trasportato da un vento
secco e fresco – la cui denominazione turca dà il titolo all'opera – per risalire alle
origini del racconto personale e collettivo. Dietro, lo sfondo si anima per la prima volta,
facendo percepire quasi un'aurea di luce attorno alla presenza femminea per
confermarne la centralità ed evocarne la sacralità del suo ruolo di donare la vita con
l'esposizione del triangolo pubico.
Come fece Gustave Courbet con la sua opera L'origine del mondo, l'artista ritorna
indietro nel tempo dando la sua personalissima interpretazione che evoca la prima
divinità adorata dall'uomo, la Dea Madre. Mentre Courbet esalta la capacità di sedurre
della donna avvalendosi di tonalità calde, della posizione del corpo riversa sul letto
dove corre languido il lenzuolo, Jara la pone in piedi con lo sguardo fermo rivolto allo
spettatore e in una posizione non rigida ma rilassata che comunica sicurezza di sé, non
solo del proprio potere attrattivo, ma del sapere magico e ancestrale che detiene.
La dispensatrice di vita protende il suo corpo con le braccia nel gesto di offerta del
nastro, il suo mondo interiore, per dare a quel dono una pienezza di significato:
carnale e spirituale.
Oltre al nastro, altri simboli si aggiungono al repertorio di Jara. Sono come note isolate
che insieme vanno a comporre una melodia. Sono come le prime parole di un nuovo
linguaggio che si esprime con modalità inedite. È importante analizzarli, perché sono
l'accesso alla lettura dell'arte di Jara e al suo pensiero. Con il loro impiego, i concetti si
replicano e si confermano con differenti chiavi di lettura.
Prima a comparire è la parrucca, blu e rossa nelle due figure sedute di
La scomodata e di Osso estraneo.Viene esibita con orgoglio, muovendo la testa e
toccandosela, mentre i nastri sono lasciati pendere, andando a porsi in secondo piano.
La parrucca evoca il travestimento e la capacità di giocare con la propria identità, di
provare a mettersi nei panni dell'altro per meglio comprenderlo, come lasciano intuire
le raffigurazioni di coppie di donne (Acquea,Apice stretto-divento, Ederlezi,
Lyssas), dove i colori sono viola blu e verde.
In Acquea, il nastro passa da una bocca all'altra come se fosse in atto una
conversazione, uno scambio di informazioni; mentre in Apice stretto-divento,
i loro corpi ne sono avvolti, testimoniando la formazione di un legame tra loro.
L'armonia creatasi tra le donne è evidente anche dalla stessa posizione assunta, come
insegna lo studio della comunicazione non verbale.
In Ederlezi, abbiamo una simbologia più complessa. Il titolo riprende una canzone in
lingua romani che si riferisce a una festività serba celebrante la primavera. È a questa
rinascita della natura, del rinnovamento dei corpi, dell'atmosfera di festa e scambio di
doni, che la tela di Jara fa riferimento: la complicità delle mani intrecciate, la posizione
con le schiene appoggiate una contro l'altra, come in un gioco di identità nascoste, il
nastro che le avvolge. L'uso dello specchio che riflette l'immagine della donna con la
parrucca suggerisce labilità di confini, diventa finestra spazio temporale, collegando
passato e futuro; ossia, varco per l'Altrove, a ciò che è altro da noi.
E poi c'è Lyssas. Da Lyssa, Dea greca della rabbia e del furore cieco che nelle Xantriai
di Eschilo fa impazzire le Menadi. Qui, è ritratta una sana follia che è capacità di far
vivere l'emozione più estrema, senza lasciarsi intimorire e senza rinunciare a nulla di se
stesse e che permette di acquisire quella condizione di natura rituale simile a quella
degli officianti di culti antichi o degli sciamani nelle culture primitive. È lo stato che
porta a una elevazione della mente e a un livello superiore di conoscenza che paiono
suggeriti dai colori luminosi delle carni di Jara e dello sfondo. È lei a dominare la scena.
Forte, da essere di sostegno all'amica ancora in preda al suo viaggio estatico; libera, per
essere riuscita a far evadere la sua mente e a condurla nel territorio senza confini
dell'immaginazione.
Jara e le sue donne dall'aspetto fiero compaiono come immerse in un'atmosfera liquida
che ricorda un mare primordiale. Gli sfondi più evoluti si vanno ad accordare ai corpi,
diventando un tutt'uno e dando l'idea di una contestualizzazione delle donne raffigurate.
A dimostrare che l'artista non ha più bisogno di avvalersi di sfondi neutri per
concentrare l'interesse sui corpi. Si sente più libera di muoversi, perché sa che ora lo
spettatore è riuscito ad andare oltre il guardare, si è prestato ad ascoltare il suo racconto
e sta per addentrarsi in un mondo che pare in sospensione, dove tutto può accadere.
La ricerca personale ha fatto apparire sulle tele graffiti e figure ancestrali di animali: il
colibrì (Apice stretto-divento, Lyssas), la sfinge del galio (Diana, Il distacco,
La incantata) e il pesce (Acquea, Ederlezi, La sognatrice, Osso estraneo).
Non un uccello qualunque, ma il colibrì, il più piccolo, dalla tecnica di volo unica che con
lo sbattere rapidissimo delle ali traccia la forma di un otto coricato, simbolo
matematico dell'infinito. Stessa capacità di volo stazionario e vistosa somiglianza per la
sfinge del galio, o farfalla colibrì.Animale simbolico per eccellenza, la farfalla è segno di
trasformazione e di rinascita tra i più diffusi nelle culture dei popoli antichi e
manifestazione della Dea Madre, prima divinità adorata dall'uomo, nel suo aspetto di
vita emergente. Emblema dell'effimero e di ciò che dura in eterno, è simbolo dell'anima,
che fuori dal corpo, raggiunge un grado superiore di perfezione.
Non è un caso la presenza dei pesci. Dalla notte dei tempi, il pesce è simbolo della Dea
Madre, rappresentazione grafica del ventre materno, legato alla sessualità e alla fertilità.
L'artista ha scelto di mettere il pesce nel titolo della mostra:
Come bocca di pesce i pensieri
Inizia così la poesia di Giorgia Monti che richiama la bocca del pesce quando protesa in
avanti assume la forma di un cerchio; qui metafora del pensiero circolare, creativo e
complesso, in cui evolve il pensiero lineare.Alcuni studiosi, come Karl Jaspers,
attribuiscono il pensiero lineare all'uomo e il pensiero circolare alla donna.
Come bocca di pesce i pensieri Come bocca di pesce i pensieri
4. Come bocca di pesce i pensieri Come bocca di pesce i pensieri
opere
Negli intenti della poetessa, è relativo anche all'impossibilità di tradurre in verbo quel mare
che dimora dentro di noi. Mare dentro e mare fuori.
Colibrì, sfingi di galio e pesci sono strettamente connessi ai personaggi femminili, che sono
lontani dall'esprimere un ideale di bellezza classica e fine a se stessa.
Girano attorno a loro e producono sui corpi ferite che si infettano. Un male necessario
che non vuole di per sé danneggiare, ma alludere alla ricerca dell'identità primaria e
dell'unione con gli elementi. In particolare, la scelta del colibrì e della sfinge di galio per
l'assoluta padronanza dei propri movimenti può suggerire la consapevolezza che quel
dolore sia ben controllato dagli stessi animali che vogliono aiutare, così come in natura
permettono ai fiori di moltiplicarsi per perpetuare le specie. Come la scelta dei pesci
riporta alla genesi della nostra esistenza sulla terra e delle nostre credenze, così Jara non
ha avuto remore nel tornare sui suoi passi per risalire alle origini. Ha mostrato coraggio
nell'incorrere in un'apparente involuzione per ritrovare se stessa e da lì ripartire con
energie e idee rinnovate verso una nuova direzione.
Quindi, uno stato di crisi che sfocia nella riscoperta di se stessi. Nel corso del tempo, Jara
sa che occorre trasformare la propria vita coscientemente, così come saper accettare i
cambiamenti per realizzare le proprie aspirazioni. E si avvale di una libertà conquistata con
fatica, respingendo conformismi e dogmi che la società cerca di imporre al singolo.
Una ricerca appassionata che è stata sollecitata da un'altra simbologia adottata ora da Jara:
le trecce tagliate (Diana, Il distacco, La incantata, La sognatrice), che parrebbero un
affronto alla personalità del soggetto. È indubbio che la testa assume nella donna un
significato di cambiamento emotivo che diventa visibile, come affermano psicologi e
psicanalisti. Così, tagliare i capelli equivale a separarsi dal mondo precedente;rende
manifesto il desiderio di diventare indipendente e di superare un evento che ha causato
sofferenza. Oppure, è la volontà di chiudere una fase della vita a cui non si sente più di
appartenere. Nella sua pittura, questa risolutezza coinvolge soggetti di differenti età, perché
è una dote dai contorni rosati. Dipinta sul volto della protagonista nell'opera Il distacco,
dove il taglio della treccia coincide con l'attimo in cui esterna il suo distacco mentale che
di poco lo precede. Una presa di coscienza che si traduce in azione emblematica per una
scelta compiuta. Con gli occhi rivolti al cielo, la treccia tagliata in mano e la bellezza dei
suoi sogni infiocchettati intorno ai polsi e sui capelli, è la figlia Maya (La sognatrice) che
chiude idealmente il cerchio di questa vicenda intima dal respiro universale.
L'arte di Jara è complessa e si sviluppa su diversi piani che si intersecano tra loro.Animata
dallo stesso slancio sincero e passionale che da sempre la connota, sa andare oltre la
poliedricità di significati insiti. Dipende dalla sensibilità dello spettatore passare da un livello
all'altro e scegliere quanto addentrarsi. Una vista attenta e una mente aperta daranno
l'occasione allo spettatore di farsi coinvolgere in una riflessione su se stesso con
l'aspirazione di godere dello stesso dono ricevuto dall'artista nel suo arduo percorso: la
primavera dell'anima.
6. Meltemi
100x70 cm
olio su tela
2011
Bucati da un unico sole
incauti, incauti
mi battevano l'ala
come fosse cosa da nulla
il volo o bagnarsi
in quelle acque.
Potrei venire qui ogni giorno
con le tasche piene di sassi
a costruirti un altare di memoria,
ma sotto il sole che
scalcia la tua corteccia dura
non ci sono fondamenta.
Mi hai urlato la paura forte
e l'incanto tutto
e penetravi le ossa
con un suono metallico
di ruggine e nervi.
Ma bellezza paura e penetrazione
sono parole che si consumano
bianche sulle creste
del mare tuo buio.
Mi lanci un mare solido come questa
umanità che si guarda in faccia
che nessuna distanza chiude
e nelle viscere contengo e non capisco
ma di questa estraneità composta
dolcemente son pianto son ciborio.
Meltemi di Chiara Catapano
11. Apice stretto-divento
La memoria
ha il metro
del rammendo
su cui
scivolare
la corrente
ascendente
liscia
l'ala e apre
il volo
- che non parte
più da terra
come la carne
immobile
del tempo-
pizzicare
la pelle
al cielo
a svanire
il sogno
Apice stretto-divento
di Chiara Catapano
120x100 cm
olio su tela
2011
17. Come bocca di pesce i pensieri Come bocca di pesce i pensieri
schiuma
schiuma di sale
freme
nelle mani, negli occhi rifranti
nel corpo sottile
schiuma
i miei capelli
a te
qui venuta
tu, a me legata
sorella acerba
canto –canticello
qui ti mostro, ti porto all'evidenza
dello sguardo
alla inquieta bellezza che in te risiede
piccola
stupida me
increspatura celeste
volta dei cieli rispecchiati
argilla agile
io volo
mi inarco
ti rendo l'arco di sale
ti invito ogni minuto del giorno
ad avanzarmi
a corroderti
a piegarti
a perderti nelle mie gambe di gazzella
tu dura materia di terra
io sono la rocca
qui termina l'onda
il mio sguardo è granito
che l'onda non spezza
tu me chiami
a te legata
dal tuo richiamo azzurrino
guardo il tuo occhio mobile
perdersi nello scatto nervoso
Testo scritto da Iula Marzulli
per la performance “Mi avvolgi”
dei tuoi inarchi di sale
non mi spezzi
non mi corrodi
sul mio dorso sfibra la sabbia
lingua di grani
che alle rocce sorelle porta
fino alla tua bocca di mare
io, natura incorruttibile
porto nel grano più piccolo
la durezza e la leggerezza delle notti
mi scivoli attorno
mi stringi
mi avvolgi
mi tieni
tuVENTO di alghe e di suoni
Foto di Angela Regina tratta dalla performance “Mi avvolgi” di
Jara e Iula Marzulli con la partecipazione di Marianna Fumai.
18. Jara Marzulli nasce a Bari nel 1977.
Si diploma al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Bari con il massimo dei voti.
Partecipa presto a esposizioni e concorsi ricevendo premi e riconoscimenti.
Insegna tecniche e discipline artistiche nei laboratori di scuole pubbliche e private.
Collabora in uno studio di design e comunicazione.
Nel 2005, viene selezionata per la XII Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e
del Mediterraneo di Castel Sant’Elmo a Napoli.
Nel 2006, partecipa per Copykiller presso la Galleria AKBANK SANAT, Istanbul
(Turchia), testi a cura della scrittrice Perihan Magden, Elif Kolcuoglu e AdnanYildiz la sua
opera “Sensi” è sulla copertina del romanzo “Due ragazze”di Perihan Magden
dell’edizione turca.
Nel 2008 è selezionata per i concorsi Nuova voce per la Fiera del Levante di Bari,
a cura della fondazione Giorgio Correggiari, e viene premiata per il murales realizzato
durante il progetto “Le strade del paesaggio” dalla Provincia di Cosenza.
Nel 2010, è selezionata per Ceres4artTour e nel 2011 per il Combat Prize,
Wannabee Prize e Premio ORA.
Tra le collettive recenti: Il mito del vero. Il ritratto, il volto (2010) alla Fondazione
Durini di Milano; Urban creatures (2010) presso il Palazzo S. Bernardino di
Rossano (CS) e allo Spazioeventi Mondadori di San Marco aVenezia; Archiviarti
(2010) alla Fabbrica Borroni di Bollate (MI); Less is more (2010-2011)
alla Galleria L.I.B.R.A. di Catania; S{corpo]RO (2011)
alla Pinacoteca Comunale “Giovanni da Gaeta” di Gaeta (LT); Locus Animae,
sesto episodio; BiennaleOut Off (2011) al foyer del Kursaal di Jesolo (VE);
Constellacion 3 (2011) al Museo Maguncia di Buenos Aires (RA); Proposte (2011)
a Le Muse Giovani Gallery di Adelfia (BA).
Si segnalano la personale Sotto-pelle (2009) allo Spazio Nodo di Bari, la bipersonale
Pure/Jara Marzulli (2010) alla Galleria Contemporanea Roma.
Biografia
Come bocca di pesce i pensieri
le
muse
GiovaniG
Come bocca di pesce i pensieri