1. COLPO DI STATO DIGITALE Alessio Marziale 5D
“Le fiamme sono dappertutto e l’incendio ha minacciato di abbattere la democrazia stessa”.
L’incendio cui si riferisce Shoshana Zuboff è quello che ha divampato al termine delle
elezioni presidenziali degli Stati Uniti, vinte da Joe Biden. Difatti i sostenitori di Donald
Trump (quali i noti Redneck) hanno assaltato Capital Hill poiché convinti che ci fossero stati
dei brogli. Questo tentativo di contrastare i risultati elettorali è l’esito di un processo che si
protrae da venti anni.
Nel 2001, con l’attentato alle Torri Gemelle, il governo americano sottoscrive il Patriot Act.
Con tale atto si vogliono porre restrizioni agli spostamenti, ma anche tenere sotto controllo i
cittadini, data la presenza di terroristi. La conclusione è il decremento dei limiti nel
raccoglimento di dati privati. I politici, decisi ad approfittare delle innovazioni digitali per
evitare nuove catastrofi, appaltano la privacy dei singoli ai colossi del Web. Ed è da questo
momento che i “Giganti digitali” acquisiscono sempre maggiore potere e rilevanza, ponendo
le basi a quello che la Zuboff definisce “capitalismo della sorveglianza”, un golpe che si
articola in quattro fasi.
La prima è l’appropriazione dei diritti cognitivi, ovvero della miniera di dati, informazioni e
opinioni che i governi hanno ceduto. Il che è sbagliato, poiché è come se nell’Ottocento si
fosse lasciata mano libera ai petrolieri, rendendoli possessori della risorsa più importante
dell’epoca (oltre che estremamente ricchi) senza avanzare nulla in cambio. Poi viene la
disuguaglianza cognitiva, la fase in cui si distingue tra ciò che un individuo può conoscere e
ciò che si può sapere di lui. La terza è il caos cognitivo, in cui si diviene dei “dementi
digitali” a causa dell’amplificazione algoritmica delle notizie. I software registrano una serie
enorme di dati (like, preferenze) e sulla base di questi propongono altri contenuti per
venderli. Non vi è differenza tra i contenuti reali e quelli fake, come il famoso Pizzagate (una
leggenda metropolitana secondo cui da una pizzeria di Washington si dirama una rete, che
percorre la città, dove sono intrappolati migliaia di bambini dai democratici, i quali hanno
scoperto di poter divenire immortali succhiando il liquido della ghiandola pineale dei ragazzi)
che ha causato l’assalto di qualche squilibrato ad un locale. L’importante per i colossi del
digitale è che il contenuto sia coinvolgente, in quanto il loro scopo è soltanto lucrare, fare
profitto. A dimostrazione di ciò vi sono i dati legati alla pandemia da Covid-19, che mostrano
come le visite degli utenti ai siti dell’OMS siano state soltanto di sei milioni rispetto alle
ottanta milioni dei siti di complottisti e negazionisti. E così l’opinione di molte persone è
basata su informazioni false distribuite da una macchina. La quarta e ultima fase è l’egemonia
cognitiva, in cui le multinazionali digitali sostituiscono le nazioni a seguito di un colpo di
Stato digitale. Data l’esponenziale accelerazione tecnologica, questo stadio è alla porta.
Dopo la sconfitta di Trump e a seguito della pandemia, sono state introdotte delle politiche di
checking per controllare la veridicità dei contenuti e già da tempo esistono i cookies, con cui
l’utente acconsente o meno al dare le proprie informazioni. Per la Zuboff questo non è
abbastanza: le democrazie devono stabilire i diritti digitali dei cittadini (alla privacy, alla
disconnessione, all’oblio) creando una vera e propria Carta. Inoltre deve essere tolto potere
alle grandi corporazioni del Web, per esempio tassando i dati che queste prelevano dalla
navigazione dei cittadini, evitando che la quarta fase del golpe divenga realtà.
2. Il capitalismo della sorveglianza rientra sicuramente nell’ottica marxista. Marx vede i diritti,
la rappresentanza come finti e illusori, poiché sono salvaguardati soltanto quelli della classe
dominante, mentre sono oppressi quelli della classe dominata: i colossi del Web sono liberi di
derubare informazioni e di diffonderle senza freni. Invece i cittadini sono vittime dei like, dei
post spammati senza controllo, quando al contrario dovrebbero essere liberi e la loro libertà
andrebbe difesa. Irrimediabilmente anche oggi le fievoli soluzioni dei governi appaiono come
delle sovrastrutture che celano il grande profitto dei capitalisti digitali a scapito degli utenti, i
quali si vedono usurpati dei propri dati personali. Questo perché la realtà si basa sui modi di
produzione e chi possiede ed utilizza tali mezzi vara un cambiamento nella società in ogni
aspetto: economico, sociale o giuridico. Dal sistema feudale, al capitalismo borghese fino a
quello digitale: lo Stato è uno strumento degli interessi particolari delle classi più forti. I Big
Data sono il nuovo petrolio, e chi li possiede e ne possiede i mezzi di produzione non ha
intenzione di cedere. Il capitalista della sorveglianza, come quello borghese, è alienato
rispetto alla realtà che lo circonda: sfrutta al massimo le preferenze, i dati degli utenti,
distribuendo una quantità inimmaginabile di contenuti dei quali non controlla l’autenticità, al
solo fine di aumentare il proprio potere e di arricchire il proprio capitale.