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Un caso veramente imprevisto

L’Istituto Comprensivo “L. Da Vinci “ di Misterbianco , da me diretto per
14 anni , ha sempre operato cercando di risolvere tutti i problemi didattici e non che si sono
via via presentati nel corso degli anni.
Ricordo però che un anno si è presentato un problema inaspettato che non è stato
possibile risolvere in nessun modo anche se tutti gli operatori scolastici si sono
impegnati al massimo e hanno messo in atto tutte le strategie possibili.
Si sono iscritti alla classe 3^ media due alunni cinesi i cui genitori svolgevano attività
lavorativa a Misterbianco e con i quali la scuola manteneva rapporti di collaborazione.
I due ragazzi frequentavano quasi regolarmente le lezioni mantenendo invece un
rapporto di assoluto distacco con i docenti e con i compagni .
Per tutto l’anno i due alunni non hanno fatto mai un sorriso e non hanno mai rivolto
la parola a nessuno.
Viene quindi da pensare che talvolta i canditi non servono ma vanno proprio di traverso .

                                                              Maria Elena Buscemi

                                            *****


                   Francesco e i canditi

Francesco era un ragazzo di dodici anni, ripeteva per la seconda volta la prima media in un
piccolo paese di montagna. Francesco non era un ragazzo come gli altri, aveva una storia
particolare alle spalle, un vissuto che lo condizionava ancora. Viveva solo con il padre che
lavorava in campagna e con un amico del padre. La madre non c’era. Il ragazzo viveva
continuamente questo disagio e i compagni e il paese non lo aiutavano di certo. I saperi che la
scuola gli forniva non lo interessavano ed era refrattario a qualsiasi regola comportamentale. I
compagni lo chiamavano “il pecoraio” e lui non faceva niente per migliorare la sua situazione.
I giorni passavano tutti uguali e Francesco era sempre più difficile da gestire. Nei consigli di
classe e nelle riunioni si spendevano fiumi di parole, si decise anche di dargli un supporto
psicologico, che però, non sembrò sortire nessun risultato. Si arrivò a maggio e si cominciò a
parlare di viaggi d’istruzione e visite guidate. Francesco ascoltava, distaccato, perché lui la
gita non se la poteva permettere. Io vedevo la delusione crescere nei suoi occhi. Un giorno
convocai il padre e lo convinsi, non senza difficoltà, a mandarlo assumendomene io tutta la
responsabilità. Ricordo ancora la felicità di Francesco appena saputa la notizia. Per tutto il
viaggio mostrò interesse e curiosità per un mondo che aveva visto solo in televisione. Ricordo
anche quando durante un trasferimento in metrò, si alzò per cedere il posto ad una signora
anziana, tra la meraviglia dei presenti non più abituati a questi gesti di civismo. Francesco
aveva accettato “i canditi” che forse nessuno gli aveva mai offerto.

                                                               Silvana Dinolfo


                                            *****




                                                                                              1
Asso in Italiano

…..si mise le mani in tasca estraendone una scatola di canditi….che distribuì come
premi….uno per ciascuno…..
    Questo era solito fare l’insegnante Bellocchi, docente d’Italiano nella classe quinta A della
Scuola primaria: una classe eterogenea, ma con prevalenza di alunni di livello medio-basso
dal punto di vista dell’apprendimento; ma non funzionava, in quanto le richieste formative
degli alunni erano diverse. Lucilla, infatti, un’alunna vivace e molto intelligente, spesso
veniva richiamata per scarso interesse e poca partecipazione all’attività scolastica. Il
commento della bambina: “la maestra ripete sempre le stesse cose, la scuola è una noia!”
Un giorno.. ’ un certo trambusto..’, nella classe, scuote Lucilla; la bambina viene scelta per
partecipare alle ‘Olimpiadi d’Italiano’, una gara importante per i bambini più bravi. Questo
evento fu come una scintilla che illuminò la vita di Lucilla e che la portò ad impegnarsi nello
studio, a vincere le Olimpiadi e a diventare ‘Asso in Italiano’. Un momento didattico si era
trasformato in un’ emozionante avventura.
La scuola era riuscita a dare “ sapore ai saperi “.
Lucilla finalmente aveva ricevuto la giusta dose di canditi.

                                                              Agrippina Barone

                                             *****

IL CAMBIO DI PROSPETTIVA: DALL’EMARGINAZIONE ALLA LEADERSHIP
POSITIVA

Siamo agli inizi degli anni 90 in un Istituto Professionale per l’Agricoltura, una scuola di
frontiera. Un ragazzo, un gigante, Alberto, all’apparenza violento, da fuoco alle gambe di un
compagno con il quale aveva litigato. Secondo le norme vigenti, quello studente non doveva
più mettere piede a scuola e quindi.......................
Assiste alla scena un insegnante strano, ma che ha preso nella sua vita sempre il toro per le
corna. Nell’immediato, rimane attonito, smarrito ma nell’arco di venti secondi, forse
sbagliando, forse no ma così è andata comincia a schiaffeggiare Alberto il quale rimane
immobile, non reagisce, non dice una parola.
Alberto continua negli anni il suo percorso formativo, dimostrando maturità, responsabilità e
grande entusiasmo. Insieme alla sua classe è protagonista di un fatto eccezionale, assume
l’impegno di accudire, durante il viaggio di istruzione a Parigi nel 1995, un compagno che
non deabulava bene. Rivolgendosi all’insegnante che ha chiesto l’impegno solidale alla classe
si esprime in perfetto dialetto “PROFESSU’ U TINIMU COMU U BAMBINEDDU”. Ancora
non c’erano gli insegnanti di sostegno e nemmeno gli assistenti igienico sanitari. La classe, su
sua sollecitazione condivide e fa proprio l’impegno di Alberto. Il viaggio è stato
semplicemente splendido.
Il ragazzo disabile, Mario, aveva detto che non sarebbe partito, era conscio di essere un
ostacolo, un fattore di limitazione per la classe.
Mario, ogni volta che incontra quell’insegnante, ricorda sempre quel viaggio che è stato
l’unico della sua vita e il suo caro compagno.
Agli esami di Stato Alberto risulta essere l’alunno migliore.



                                                                                                2
Stefano Neglia




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  • 1. Un caso veramente imprevisto L’Istituto Comprensivo “L. Da Vinci “ di Misterbianco , da me diretto per 14 anni , ha sempre operato cercando di risolvere tutti i problemi didattici e non che si sono via via presentati nel corso degli anni. Ricordo però che un anno si è presentato un problema inaspettato che non è stato possibile risolvere in nessun modo anche se tutti gli operatori scolastici si sono impegnati al massimo e hanno messo in atto tutte le strategie possibili. Si sono iscritti alla classe 3^ media due alunni cinesi i cui genitori svolgevano attività lavorativa a Misterbianco e con i quali la scuola manteneva rapporti di collaborazione. I due ragazzi frequentavano quasi regolarmente le lezioni mantenendo invece un rapporto di assoluto distacco con i docenti e con i compagni . Per tutto l’anno i due alunni non hanno fatto mai un sorriso e non hanno mai rivolto la parola a nessuno. Viene quindi da pensare che talvolta i canditi non servono ma vanno proprio di traverso . Maria Elena Buscemi ***** Francesco e i canditi Francesco era un ragazzo di dodici anni, ripeteva per la seconda volta la prima media in un piccolo paese di montagna. Francesco non era un ragazzo come gli altri, aveva una storia particolare alle spalle, un vissuto che lo condizionava ancora. Viveva solo con il padre che lavorava in campagna e con un amico del padre. La madre non c’era. Il ragazzo viveva continuamente questo disagio e i compagni e il paese non lo aiutavano di certo. I saperi che la scuola gli forniva non lo interessavano ed era refrattario a qualsiasi regola comportamentale. I compagni lo chiamavano “il pecoraio” e lui non faceva niente per migliorare la sua situazione. I giorni passavano tutti uguali e Francesco era sempre più difficile da gestire. Nei consigli di classe e nelle riunioni si spendevano fiumi di parole, si decise anche di dargli un supporto psicologico, che però, non sembrò sortire nessun risultato. Si arrivò a maggio e si cominciò a parlare di viaggi d’istruzione e visite guidate. Francesco ascoltava, distaccato, perché lui la gita non se la poteva permettere. Io vedevo la delusione crescere nei suoi occhi. Un giorno convocai il padre e lo convinsi, non senza difficoltà, a mandarlo assumendomene io tutta la responsabilità. Ricordo ancora la felicità di Francesco appena saputa la notizia. Per tutto il viaggio mostrò interesse e curiosità per un mondo che aveva visto solo in televisione. Ricordo anche quando durante un trasferimento in metrò, si alzò per cedere il posto ad una signora anziana, tra la meraviglia dei presenti non più abituati a questi gesti di civismo. Francesco aveva accettato “i canditi” che forse nessuno gli aveva mai offerto. Silvana Dinolfo ***** 1
  • 2. Asso in Italiano …..si mise le mani in tasca estraendone una scatola di canditi….che distribuì come premi….uno per ciascuno….. Questo era solito fare l’insegnante Bellocchi, docente d’Italiano nella classe quinta A della Scuola primaria: una classe eterogenea, ma con prevalenza di alunni di livello medio-basso dal punto di vista dell’apprendimento; ma non funzionava, in quanto le richieste formative degli alunni erano diverse. Lucilla, infatti, un’alunna vivace e molto intelligente, spesso veniva richiamata per scarso interesse e poca partecipazione all’attività scolastica. Il commento della bambina: “la maestra ripete sempre le stesse cose, la scuola è una noia!” Un giorno.. ’ un certo trambusto..’, nella classe, scuote Lucilla; la bambina viene scelta per partecipare alle ‘Olimpiadi d’Italiano’, una gara importante per i bambini più bravi. Questo evento fu come una scintilla che illuminò la vita di Lucilla e che la portò ad impegnarsi nello studio, a vincere le Olimpiadi e a diventare ‘Asso in Italiano’. Un momento didattico si era trasformato in un’ emozionante avventura. La scuola era riuscita a dare “ sapore ai saperi “. Lucilla finalmente aveva ricevuto la giusta dose di canditi. Agrippina Barone ***** IL CAMBIO DI PROSPETTIVA: DALL’EMARGINAZIONE ALLA LEADERSHIP POSITIVA Siamo agli inizi degli anni 90 in un Istituto Professionale per l’Agricoltura, una scuola di frontiera. Un ragazzo, un gigante, Alberto, all’apparenza violento, da fuoco alle gambe di un compagno con il quale aveva litigato. Secondo le norme vigenti, quello studente non doveva più mettere piede a scuola e quindi....................... Assiste alla scena un insegnante strano, ma che ha preso nella sua vita sempre il toro per le corna. Nell’immediato, rimane attonito, smarrito ma nell’arco di venti secondi, forse sbagliando, forse no ma così è andata comincia a schiaffeggiare Alberto il quale rimane immobile, non reagisce, non dice una parola. Alberto continua negli anni il suo percorso formativo, dimostrando maturità, responsabilità e grande entusiasmo. Insieme alla sua classe è protagonista di un fatto eccezionale, assume l’impegno di accudire, durante il viaggio di istruzione a Parigi nel 1995, un compagno che non deabulava bene. Rivolgendosi all’insegnante che ha chiesto l’impegno solidale alla classe si esprime in perfetto dialetto “PROFESSU’ U TINIMU COMU U BAMBINEDDU”. Ancora non c’erano gli insegnanti di sostegno e nemmeno gli assistenti igienico sanitari. La classe, su sua sollecitazione condivide e fa proprio l’impegno di Alberto. Il viaggio è stato semplicemente splendido. Il ragazzo disabile, Mario, aveva detto che non sarebbe partito, era conscio di essere un ostacolo, un fattore di limitazione per la classe. Mario, ogni volta che incontra quell’insegnante, ricorda sempre quel viaggio che è stato l’unico della sua vita e il suo caro compagno. Agli esami di Stato Alberto risulta essere l’alunno migliore. 2