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Leadership
evoluzione del concetto di leadership
“Non ci sono cattivi reggimenti,
solo cattivi comandanti”
(Napoleone Bonaparte)
Definizione di leadership
Leadership = uso di un’influenza non coercitiva per dirigere e
coordinare le attività dei membri di un gruppo organizzato verso il
raggiungimento di obiettivi di gruppo (processo)
Leadership = insieme di qualità attribuite a chi viene ritenuto
capace di attuare con successo tale influenza (caratteristica)
L’attività della leadership:
1.definizione della missione e del ruolo istituzionale dell’organizzazione
2.incorporazione istituzionale dello scopo favorendo l’interiorizzazione di dati
modi di agire e di pensare
3.difesa dell’integrità istituzionale
4.composizione dei conflitti interni
Pietro Rocchegiani 2
L'impresa come sistema cooperativo
Barnard
Un uomo si trova per la strada di fronte a un masso che gli blocca il cammino.
Egli tenterà dapprima di smuoverlo con le sue forze, ma se il masso è troppo
grande dovrà attendere che sopraggiungano altre persone interessate a spostare
il masso in modo da riunire gli sforzi.
Se gli uomini direttamente interessati a smuovere il masso dalla strada non ce
la fanno da soli e hanno bisogno di altro aiuto, essi dovranno ottenere il
contributo di persone non direttamente interessate a rimuovere il masso.
Le nuove persone accetteranno di cooperare solo se otterranno una ricompensa
che è diversa dalla rimozione del masso stesso (il fine per cui la cooperazione
originale era stata creata), e che sia capace di motivarle sufficientemente.
Pietro Rocchegiani 3
La teoria dell'autorità - Barnard
Il fondamento cooperativo dell'autorità nasce da:
- la fonte dell'autorità non risiede nella forza di imposizione di chi dirige ma
nell’accettazione dei sottoposti;
- l'autorità non consiste nella posizione gerarchica ma nel riconoscimento da
parte dei sottoposti del carattere di “ordine” a particolari tipi di comunicazioni.
Centrale è il buon funzionamento del sistema di comunicazioni:
a. l'ordine deve essere capito nel suo contenuto e nelle linee
di autorità;
b. il contenuto dell'ordine non deve apparire in contrasto con i
fini generali e conosciuti dell'organizzazione;
c. il contenuto deve essere compatibile con gli interessi legittimi delle persone
a cui l'ordine è diretto;
d. gli individui a cui è diretto l'ordine devono essere in grado di eseguirlo.
Pietro Rocchegiani 4
Le funzioni del dirigente
Barnard individua tre principali funzioni dell’attività dirigenziale:
1) assicurare un efficiente sistema di comunicazioni, il che significa stabilire
solide premesse per il buon funzionamento dell'organizzazione;
2) garantire l'acquisizione regolare e costante delle risorse
necessarie per il funzionamento dell'organizzazione;
3) determinare i fini dell'organizzazione.
Un buon dirigente è quello che garantisce l'equilibrio attraverso atti discreti e
poco visibili.
"La raffinata arte di decisione del dirigente consiste nel non decidere problemi
che non siano rilevanti ora, nel non decidere prematuramente, nel non prendere
decisioni che non possano essere prese efficacemente, e nel non
prendere decisioni che altri potrebbero prendere".
Pietro Rocchegiani 5
Evoluzione delle teorie sulla leadership
Pietro Rocchegiani 6
Fattori personali
Approccio innatista
La leadership si basa caratteristiche personali intrinseche, tratti
della personalità, che solo pochi individui possiedono.
Tra i tratti della personalità più significativi:
- apertura all’innovazione e attitudine al rischio
- volontà e capacità di assumersi responsabilità
- orientamento all’azione
- capacità di mobilitare le persone nell’organizzazione
- capacità di gestire e di imparare dagli insuccessi.
Pietro Rocchegiani 7
Fattori personali
Approccio comportamentista
La leadership emerge come stile di direzione e ne vengono
analizzati gli effetti sulla produttività e sul clima socio
relazionale.
Secondo McGregor, le persone rispondono in maniera
consona allo stile di direzione adottato nei loro confronti:
Teoria X: naturale tendenza dell’uomo medio a considerare il
lavoro come un peso e ad evitare le responsabilità.
Il capo deve comandare, controllare, minacciare punizioni e dare
incentivi (in denaro).
Teoria Y: naturale tendenza dell’uomo medio all’attività,
all’autorealizzazione e all’autodisciplina.
Il capo deve motivare e trattare le persone come responsabili e
competenti.
Pietro Rocchegiani 8
Teorie sulla leadership
(Mc Gregor): la teoria X
• Di norma l’uomo non ama il lavoro e tende ad evitare di
impegnarsi per quanto gli è possibile
• Di conseguenza la massima parte dei dipendenti deve essere
corretta, controllata, guidata e minacciata di sanzioni al fine di
ottenere gli sforzi necessari verso il conseguimento degli
obiettivi organizzativi
• D’altronde, sono gli stessi dipendenti che preferiscono essere
guidati per evitare responsabilità poiché, essendo scarsamente
ambiziosi, mirano soprattutto alla sicurezza nel lavoro
• Soltanto i capi, quindi, possono assumersi responsabilità di
decidere e di organizzare i vari fattori produttivi
Pietro Rocchegiani 9
Teorie sulla leadership
(Mc Gregor): la teoria Y
 Il lavoro è un’attività naturale che impegna l’uomo verso
obiettivi a cui è naturalmente orientato
 La capacità di esercitare doti di immaginazione,
ingegnosità, creatività nella soluzione di problemi org.vi è
vista positivamente ed è incentivata
 I dipendenti possono essere coinvolti e responsabilizzati se
il sistema di ricompense è adeguato
 Esiste la possibilità che il perseguimento degli obiettivi
org.vi sia visto dai dipendenti come un modo per
conseguire i propri
 I capi, quindi, devono progettare contenuti del lavoro
coerentemente con questo assunto, essendo consapevoli
delle determinanti della motivazione e del comportamento
individuale
Pietro Rocchegiani 10
Pietro Rocchegiani 11
LE TEORIE MOTIVAZIONALI o
comportamentiste
MASLOW A.: la scala dei bisogni umani
HERZBERG F.: fattori di igiene e fattori di motivazione
ARGYRIS C.: conflitto tra individuo e organizzazione
LIKERT R.: gli stili di leadership
TESI PRINCIPALE: i fini dell’organizzazione possono essere
perseguiti tanto più proficuamente quanto più vengono
soddisfatte le esigenze di crescita personale dei soggetti.
Pietro Rocchegiani 12
ABRAHAM MASLOW (Motivation and
Personality 1954)
I bisogni dell’uomo sono al primo posto, in particolare il bisogno
di autorealizzazione sul lavoro.
Se i lavori sono stimolanti e autorealizzano la cooperazione dei
singoli ai fini organizzativi sarà più alta.
Quali sono i bisogni umani? C’è un ordine gerarchico tra i
seguenti bisogni:
• Bisogni fisiologici (sopravvivenza immediata)
• Bisogni di sicurezza (sopravvivenza nel lungo periodo)
• Bisogni sociali (ambiente sociale gradevole)
• Bisogni dell’ego (riconoscimento sociale di status)
• Bisogni di autorealizzazione
Pietro Rocchegiani 13
Pietro Rocchegiani 14
FREDERICK HERZBERG (Work and the Nature of
Man 1966)
Pietro Rocchegiani 15
Pietro Rocchegiani 16
HERZBERG: Motivazione e soddisfazione
Punto di partenza:
Ricerca del significato del lavoro per l’individuo.
Lavoro inteso come luogo all’interno del quale è possibile
individuare e rendere operanti i fattori motivazionali degli
individui.
Pietro Rocchegiani 17
Pietro Rocchegiani 18
Pietro Rocchegiani 19
Pietro Rocchegiani 20
Pietro Rocchegiani 21
McClelland: La centralità del successo
• Motivazione al successo:
spinta a raggiungere le mete desiderate, realizzare pienamente le
proprie capacità e migliorare continuamente le proprie
prestazioni;
• Motivazione al potere:
spinta ad influenzare le persone e a modificare le situazioni;
• Motivazione all’affiliazione:
spinta ad evitare l’isolamento e a creare dei legami sociali con le
altre persone;
• Motivazione alla competenza:
spinta a sviluppare continuamente le proprie abilità e a svolgere i
compiti mantenendo standard di qualità elevati
Pietro Rocchegiani 22
RENSIS LIKERT (New Pattern of Management
1961)
Pietro Rocchegiani 23
Pietro Rocchegiani 24
Gli stili direzionali - Likert
Pietro Rocchegiani 25
CHRIS ARGYRIS (Personality and Organization
1957)
Pietro Rocchegiani 26
Punti critici teorie esposte
Pietro Rocchegiani 27
Impatti dei diversi stili direzionali
L’impatto degli stili direzionali sui risultati conseguiti
dall’azienda (variabili “risultanti”) passa attraverso due grandi
categorie di variabili organizzative:
• le variabili “causali”: comprendono la struttura
dell’organizzazione e del suo management, delle politiche, delle
decisioni, delle strategie commerciali e di guida del personale.
Sono variabili indipendenti che possono essere modificate o
cambiate dall’organizzazione e dalla sua direzione,
• le variabili “intercorrenti”: riflettono lo stato interno e la
“salute” dell’organizzazione, ad esempio: fedeltà, atteggiamenti,
motivazioni, obiettivi di rendimento, capacità di efficace
interazione, comunicazione e presa di decisioni.Pietro Rocchegiani 28
Pietro Rocchegiani 29
Impatti dei diversi stili direzionali
I risultati delle scelte effettuate dal management passa attraverso
il filtro delle variabili “intercorrenti”:
- uno stile direzionale Autoritario indebolisce le variabili
intercorrenti e quindi peggiora i risultati nel lungo periodo
- uno stile direzionale Partecipativo rafforza tali variabili e
quindi contribuisce al miglioramento dei risultati nel lungo
periodo
Pietro Rocchegiani 30
Fattori ambientali
Approccio situazionale
La leadership:
- è funzione della situazione in cui si trova il gruppo e dei valori-
atteggiamenti che lo caratterizzano
- è efficace se favorisce il raggiungimento degli obiettivi e la
chiarezza dei ruoli.
Il leader non deve adottare uno stile stabile ma adattarsi alle
situazioni:
- situazioni partecipative
- situazioni autocratiche
Pietro Rocchegiani 31
Fattori ambientali
Approccio transazionale
Gli stili di leadership risultano dalla combinazione tra:
- guida = orientamento al compito
- sostegno = orientamento alle relazioni con un’interazione
dinamica tra il leader e la situazione (follower e contesto
generale).
La caratteristica più rilevante dei collaboratori è la maturità,
intesa come capacità e disponibilità delle persone ad assumersi la
responsabilità di indirizzare il proprio comportamento:
- maturità lavorativa = capacità, in relazione all’istruzione e
all’esperienza
- maturità psicologica = disponibilità.
Un manager efficace deve riuscire ad incidere sulla maturità dei
suoi collaboratori Pietro Rocchegiani 32
Maturità e leadership
Hersey e Blanchard
Pietro Rocchegiani 33
Cambiamento
Leadership carismatica
Il leader carismatico non si limita ad adattarsi ad una situazione
ma è in grado di modificarla in relazione ad una sua visione e
strategia personale:
- si pone nei confronti dei seguaci come modello di
comportamento
- elabora finalità di connotazione etica che hanno presa profonda
sui suoi seguaci
- è capace di sacrificarsi e di correre rischi
- nutre elevate aspettative e fiducia nei confronti dei seguaci.
Il leader carismatico tende ad emergere in condizioni ambientali
di incertezza dove è difficile specificare/misurare le performance.
Pietro Rocchegiani 34
Cambiamento
Leadership trasformazionale
Il leader trasformazionale è capace di attuare il cambiamento
attraverso tre momenti:
- riconoscimento dell’esigenza di rivitalizzazione: coglie
disfunzioni e problemi che altri non vedono
- creazione di una visione: si distacca dagli schemi del passato
con proposte in grado di rispondere alle pressioni dell’ambiente
interno ed esterno
- istituzionalizzazione del cambiamento: mette in pratica il
progetto coinvolgendo le persone e creando un team direzionale
Pietro Rocchegiani 35
LA LEADERSHIP SI ESPRIME
ATTRAVERSO:
 la creazione di una vision (sogno) e la capacità di trasmetterla
ed infonderla.
 la definizione di una mission (motivo per cui si vuole
raggiungere il sogno)
 trasmissione di valori e cultura
 una buona gestione della comunicazione
 l’uso dei suoi valori per orientare
 la diffusione di questi valori all’interno della struttura di
appartenenza.
Pietro Rocchegiani 36
Le 12 capacità manageriali
Pietro Rocchegiani 37
Gli stili di leadership
Lewin, Lippit e White (1939)
 Autocratico
 Democratico
 Permissivo
Valutati in base a:
 produttività di gruppo
 clima di gruppo
Pietro Rocchegiani 38
Pietro Rocchegiani 39
Pietro Rocchegiani 40
Pietro Rocchegiani 41
Pietro Rocchegiani 42
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Leadership

  • 1. 1 Leadership evoluzione del concetto di leadership “Non ci sono cattivi reggimenti, solo cattivi comandanti” (Napoleone Bonaparte)
  • 2. Definizione di leadership Leadership = uso di un’influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le attività dei membri di un gruppo organizzato verso il raggiungimento di obiettivi di gruppo (processo) Leadership = insieme di qualità attribuite a chi viene ritenuto capace di attuare con successo tale influenza (caratteristica) L’attività della leadership: 1.definizione della missione e del ruolo istituzionale dell’organizzazione 2.incorporazione istituzionale dello scopo favorendo l’interiorizzazione di dati modi di agire e di pensare 3.difesa dell’integrità istituzionale 4.composizione dei conflitti interni Pietro Rocchegiani 2
  • 3. L'impresa come sistema cooperativo Barnard Un uomo si trova per la strada di fronte a un masso che gli blocca il cammino. Egli tenterà dapprima di smuoverlo con le sue forze, ma se il masso è troppo grande dovrà attendere che sopraggiungano altre persone interessate a spostare il masso in modo da riunire gli sforzi. Se gli uomini direttamente interessati a smuovere il masso dalla strada non ce la fanno da soli e hanno bisogno di altro aiuto, essi dovranno ottenere il contributo di persone non direttamente interessate a rimuovere il masso. Le nuove persone accetteranno di cooperare solo se otterranno una ricompensa che è diversa dalla rimozione del masso stesso (il fine per cui la cooperazione originale era stata creata), e che sia capace di motivarle sufficientemente. Pietro Rocchegiani 3
  • 4. La teoria dell'autorità - Barnard Il fondamento cooperativo dell'autorità nasce da: - la fonte dell'autorità non risiede nella forza di imposizione di chi dirige ma nell’accettazione dei sottoposti; - l'autorità non consiste nella posizione gerarchica ma nel riconoscimento da parte dei sottoposti del carattere di “ordine” a particolari tipi di comunicazioni. Centrale è il buon funzionamento del sistema di comunicazioni: a. l'ordine deve essere capito nel suo contenuto e nelle linee di autorità; b. il contenuto dell'ordine non deve apparire in contrasto con i fini generali e conosciuti dell'organizzazione; c. il contenuto deve essere compatibile con gli interessi legittimi delle persone a cui l'ordine è diretto; d. gli individui a cui è diretto l'ordine devono essere in grado di eseguirlo. Pietro Rocchegiani 4
  • 5. Le funzioni del dirigente Barnard individua tre principali funzioni dell’attività dirigenziale: 1) assicurare un efficiente sistema di comunicazioni, il che significa stabilire solide premesse per il buon funzionamento dell'organizzazione; 2) garantire l'acquisizione regolare e costante delle risorse necessarie per il funzionamento dell'organizzazione; 3) determinare i fini dell'organizzazione. Un buon dirigente è quello che garantisce l'equilibrio attraverso atti discreti e poco visibili. "La raffinata arte di decisione del dirigente consiste nel non decidere problemi che non siano rilevanti ora, nel non decidere prematuramente, nel non prendere decisioni che non possano essere prese efficacemente, e nel non prendere decisioni che altri potrebbero prendere". Pietro Rocchegiani 5
  • 6. Evoluzione delle teorie sulla leadership Pietro Rocchegiani 6
  • 7. Fattori personali Approccio innatista La leadership si basa caratteristiche personali intrinseche, tratti della personalità, che solo pochi individui possiedono. Tra i tratti della personalità più significativi: - apertura all’innovazione e attitudine al rischio - volontà e capacità di assumersi responsabilità - orientamento all’azione - capacità di mobilitare le persone nell’organizzazione - capacità di gestire e di imparare dagli insuccessi. Pietro Rocchegiani 7
  • 8. Fattori personali Approccio comportamentista La leadership emerge come stile di direzione e ne vengono analizzati gli effetti sulla produttività e sul clima socio relazionale. Secondo McGregor, le persone rispondono in maniera consona allo stile di direzione adottato nei loro confronti: Teoria X: naturale tendenza dell’uomo medio a considerare il lavoro come un peso e ad evitare le responsabilità. Il capo deve comandare, controllare, minacciare punizioni e dare incentivi (in denaro). Teoria Y: naturale tendenza dell’uomo medio all’attività, all’autorealizzazione e all’autodisciplina. Il capo deve motivare e trattare le persone come responsabili e competenti. Pietro Rocchegiani 8
  • 9. Teorie sulla leadership (Mc Gregor): la teoria X • Di norma l’uomo non ama il lavoro e tende ad evitare di impegnarsi per quanto gli è possibile • Di conseguenza la massima parte dei dipendenti deve essere corretta, controllata, guidata e minacciata di sanzioni al fine di ottenere gli sforzi necessari verso il conseguimento degli obiettivi organizzativi • D’altronde, sono gli stessi dipendenti che preferiscono essere guidati per evitare responsabilità poiché, essendo scarsamente ambiziosi, mirano soprattutto alla sicurezza nel lavoro • Soltanto i capi, quindi, possono assumersi responsabilità di decidere e di organizzare i vari fattori produttivi Pietro Rocchegiani 9
  • 10. Teorie sulla leadership (Mc Gregor): la teoria Y  Il lavoro è un’attività naturale che impegna l’uomo verso obiettivi a cui è naturalmente orientato  La capacità di esercitare doti di immaginazione, ingegnosità, creatività nella soluzione di problemi org.vi è vista positivamente ed è incentivata  I dipendenti possono essere coinvolti e responsabilizzati se il sistema di ricompense è adeguato  Esiste la possibilità che il perseguimento degli obiettivi org.vi sia visto dai dipendenti come un modo per conseguire i propri  I capi, quindi, devono progettare contenuti del lavoro coerentemente con questo assunto, essendo consapevoli delle determinanti della motivazione e del comportamento individuale Pietro Rocchegiani 10
  • 12. LE TEORIE MOTIVAZIONALI o comportamentiste MASLOW A.: la scala dei bisogni umani HERZBERG F.: fattori di igiene e fattori di motivazione ARGYRIS C.: conflitto tra individuo e organizzazione LIKERT R.: gli stili di leadership TESI PRINCIPALE: i fini dell’organizzazione possono essere perseguiti tanto più proficuamente quanto più vengono soddisfatte le esigenze di crescita personale dei soggetti. Pietro Rocchegiani 12
  • 13. ABRAHAM MASLOW (Motivation and Personality 1954) I bisogni dell’uomo sono al primo posto, in particolare il bisogno di autorealizzazione sul lavoro. Se i lavori sono stimolanti e autorealizzano la cooperazione dei singoli ai fini organizzativi sarà più alta. Quali sono i bisogni umani? C’è un ordine gerarchico tra i seguenti bisogni: • Bisogni fisiologici (sopravvivenza immediata) • Bisogni di sicurezza (sopravvivenza nel lungo periodo) • Bisogni sociali (ambiente sociale gradevole) • Bisogni dell’ego (riconoscimento sociale di status) • Bisogni di autorealizzazione Pietro Rocchegiani 13
  • 15. FREDERICK HERZBERG (Work and the Nature of Man 1966) Pietro Rocchegiani 15
  • 17. HERZBERG: Motivazione e soddisfazione Punto di partenza: Ricerca del significato del lavoro per l’individuo. Lavoro inteso come luogo all’interno del quale è possibile individuare e rendere operanti i fattori motivazionali degli individui. Pietro Rocchegiani 17
  • 22. McClelland: La centralità del successo • Motivazione al successo: spinta a raggiungere le mete desiderate, realizzare pienamente le proprie capacità e migliorare continuamente le proprie prestazioni; • Motivazione al potere: spinta ad influenzare le persone e a modificare le situazioni; • Motivazione all’affiliazione: spinta ad evitare l’isolamento e a creare dei legami sociali con le altre persone; • Motivazione alla competenza: spinta a sviluppare continuamente le proprie abilità e a svolgere i compiti mantenendo standard di qualità elevati Pietro Rocchegiani 22
  • 23. RENSIS LIKERT (New Pattern of Management 1961) Pietro Rocchegiani 23
  • 25. Gli stili direzionali - Likert Pietro Rocchegiani 25
  • 26. CHRIS ARGYRIS (Personality and Organization 1957) Pietro Rocchegiani 26
  • 27. Punti critici teorie esposte Pietro Rocchegiani 27
  • 28. Impatti dei diversi stili direzionali L’impatto degli stili direzionali sui risultati conseguiti dall’azienda (variabili “risultanti”) passa attraverso due grandi categorie di variabili organizzative: • le variabili “causali”: comprendono la struttura dell’organizzazione e del suo management, delle politiche, delle decisioni, delle strategie commerciali e di guida del personale. Sono variabili indipendenti che possono essere modificate o cambiate dall’organizzazione e dalla sua direzione, • le variabili “intercorrenti”: riflettono lo stato interno e la “salute” dell’organizzazione, ad esempio: fedeltà, atteggiamenti, motivazioni, obiettivi di rendimento, capacità di efficace interazione, comunicazione e presa di decisioni.Pietro Rocchegiani 28
  • 30. Impatti dei diversi stili direzionali I risultati delle scelte effettuate dal management passa attraverso il filtro delle variabili “intercorrenti”: - uno stile direzionale Autoritario indebolisce le variabili intercorrenti e quindi peggiora i risultati nel lungo periodo - uno stile direzionale Partecipativo rafforza tali variabili e quindi contribuisce al miglioramento dei risultati nel lungo periodo Pietro Rocchegiani 30
  • 31. Fattori ambientali Approccio situazionale La leadership: - è funzione della situazione in cui si trova il gruppo e dei valori- atteggiamenti che lo caratterizzano - è efficace se favorisce il raggiungimento degli obiettivi e la chiarezza dei ruoli. Il leader non deve adottare uno stile stabile ma adattarsi alle situazioni: - situazioni partecipative - situazioni autocratiche Pietro Rocchegiani 31
  • 32. Fattori ambientali Approccio transazionale Gli stili di leadership risultano dalla combinazione tra: - guida = orientamento al compito - sostegno = orientamento alle relazioni con un’interazione dinamica tra il leader e la situazione (follower e contesto generale). La caratteristica più rilevante dei collaboratori è la maturità, intesa come capacità e disponibilità delle persone ad assumersi la responsabilità di indirizzare il proprio comportamento: - maturità lavorativa = capacità, in relazione all’istruzione e all’esperienza - maturità psicologica = disponibilità. Un manager efficace deve riuscire ad incidere sulla maturità dei suoi collaboratori Pietro Rocchegiani 32
  • 33. Maturità e leadership Hersey e Blanchard Pietro Rocchegiani 33
  • 34. Cambiamento Leadership carismatica Il leader carismatico non si limita ad adattarsi ad una situazione ma è in grado di modificarla in relazione ad una sua visione e strategia personale: - si pone nei confronti dei seguaci come modello di comportamento - elabora finalità di connotazione etica che hanno presa profonda sui suoi seguaci - è capace di sacrificarsi e di correre rischi - nutre elevate aspettative e fiducia nei confronti dei seguaci. Il leader carismatico tende ad emergere in condizioni ambientali di incertezza dove è difficile specificare/misurare le performance. Pietro Rocchegiani 34
  • 35. Cambiamento Leadership trasformazionale Il leader trasformazionale è capace di attuare il cambiamento attraverso tre momenti: - riconoscimento dell’esigenza di rivitalizzazione: coglie disfunzioni e problemi che altri non vedono - creazione di una visione: si distacca dagli schemi del passato con proposte in grado di rispondere alle pressioni dell’ambiente interno ed esterno - istituzionalizzazione del cambiamento: mette in pratica il progetto coinvolgendo le persone e creando un team direzionale Pietro Rocchegiani 35
  • 36. LA LEADERSHIP SI ESPRIME ATTRAVERSO:  la creazione di una vision (sogno) e la capacità di trasmetterla ed infonderla.  la definizione di una mission (motivo per cui si vuole raggiungere il sogno)  trasmissione di valori e cultura  una buona gestione della comunicazione  l’uso dei suoi valori per orientare  la diffusione di questi valori all’interno della struttura di appartenenza. Pietro Rocchegiani 36
  • 37. Le 12 capacità manageriali Pietro Rocchegiani 37
  • 38. Gli stili di leadership Lewin, Lippit e White (1939)  Autocratico  Democratico  Permissivo Valutati in base a:  produttività di gruppo  clima di gruppo Pietro Rocchegiani 38
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