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FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (parte prima)
Sommario
Parleremo di:
- Una breve introduzione alla disciplina
- Modi generali di concepire i fenomeni organizzativi
- Alcuni esempi le teorie organizzative siano fondate su tali concezioni
- Alcuni esempi di come le teorie organizzative influiscano
significativamente sulle pratiche
L’ORGANIZZAZIONE COME DISCIPLINA (1)
• L’organizzazione è una disciplina con caratteristiche peculiari:
• Si occupa di studiare le organizzazioni intese come «fenomeni sociali»
specifici
• le imprese, le istituzioni, gli enti e le amministrazioni pubbliche, le
organizzazioni informali etc.
• Tipici oggetti di studio: le strutture formali, le attività e le mansioni, i
processi di lavoro, etc.
• Si occupa anche dell’organizzazione come «azione» (organizzazione
non come sostantivo ma come verbo: «organizzare»)
• Tipici oggetti di studio: le decisioni e i comportamenti delle
persone nei contesti organizzativi
• Dalle scelte di progettazione organizzative di ampio respiro dei
manager e dirigenti. ai comportamenti quotidiani delle persone
• Gli elementi che influenzano il comportamento delle persone: i sistemi
di incentivi, i sistemi di valutazione, la cultura, i simboli, le relazioni etc.
L’ORGANIZZAZIONE COME DISCIPLINA (2)
• E’ una disciplina che si trova al crocevia di molte altre discipline
• Gli studi manageriali e aziendalistici, l’economia, la psicologia
sociale, la psicologia cognitiva, la sociologia del lavoro, il diritto
del lavoro etc.
• Questa varietà di fenomeni, di temi e di influenze disciplinari genera:
• Una moltitudine di approcci, teorie, strumenti e modi di analizzare
interpretare la realtà
• Vi sono tuttavia alcuni modi generali di concepire i fenomeni
organizzativi
• Le «CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE»
• È importante conoscerli anche per chi non si occupa di teoria ma
di pratica
• Perché da essi discendono direttamente teorie e, di conseguenza,
prassi molto diverse tra di loro
• Hanno una natura epistemologica, cioè riguardano alternative diverse
e non compatibili relative ai possibili modi di conoscere la realtà
sociale (e dunque organizzativa)
LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (in breve)
1. CONCEZIONE OGGETTIVISTA
1. CONCEZIONE MECCANICISTICA
2. CONCEZIONE ORGANICISTICA / FUNZIONALISTICA
2. CONCEZIONE SOGGETTIVISTA
3. CONCEZIONE PROCESSUALE
LA CONCEZIONE OGGETTIVISTICA
• L’organizzazione è un «oggetto»
• Dunque è conoscibile attraverso modalità analoghe a quelle che
utilizziamo per conoscere la realtà fisica
• La realtà organizzativa (e sociale) è oggettiva, esiste a prescindere dai
soggetti che la osservano e la studiano
• Esistono dunque «leggi» e «modelli» universalmente validi che determinano il
funzionamento dei sistemi sociali e organizzativi
• Possono essere più o meno complesse
• Conoscere la realtà sociale e organizzativa significa avvicinarsi il più
possibile a scoprire con precisione tali leggi
• E’ utile distinguere, specialmente nel campo degli studi organizzativi, due
concezioni che hanno la stessa matrice epistemologica, pur differenziandosi
in modi significativi:
• La CONCEZIONE MECCANICISTICA
• La CONCEZIONE FUNZIONALISTICA
LA CONCEZIONE MECCANICISTICA (1)
• La metafora principale è quella di MACCHINA
• L’organizzazione è un grande, complesso sistema di «ingranaggi» (una
macchina, appunto) governato da leggi oggettive, conoscibili e
deterministiche
• Esiste un modello organizzativo ideale e «ottimale», cioè un modo
«perfetto» di organizzare
• Cioè un modello che consente di arrivare al miglior risultato di
efficacia e di efficienza
• Tale modello ottimale può essere contingente alla diversità dei
contesti (per es. i contesti di mercato)
• Lo scopo di chi progetta le organizzazioni è di definire un modello che si
avvicini il più possibile (date le conoscenze del momento) al modello
«ottimale»
• Dato il modello da seguire, il compito di chi dirige è fare in modo che
tale modello sia applicato nel modo più rigoroso possibile
• Occorre dunque evitare devianze rispetto al modello
LA CONCEZIONE MECCANICISTICA (2)
• La fonte principale di devianze sono le persone
• Dunque, le persone, a livello operativo, sono più viste come fonti di
problemi che non come risorse
• Allo scopo di ridurre le devianze, le attività e i processi sono organizzativi
per mansioni
• Mansione come: ATTRIBUZIONE STABILE DI COMPITI ELEMENTARI
• Il lavoro è standardizzato, formalmente definito, parcellizzato
• Questo consente migliore flessibilità nelle progettazione e maggiore
capacità di controllo e prevenzione delle devianze
• La Struttura Organizzativa è essenzialmente una gerarchia di mansioni
• Che risponde ad esigenze di parcellizzazione a livelli diversi, di
supervisione e controllo, di trasmissione delle informazioni dai livelli
decisionali a quelli esecutivi
TAYLORISMO E FORDISMO
• Il Taylorismo è il primo esempio di approccio sistematico
all’organizzazione fondato sulla concezione meccanicistica
• Frederick Taylor propose:
• Uno studio scientifico, accurato e sistematico dei processi di
lavoro, al fine di identificare la «ONE BEST WAY» (il modello ideale)
• Le persone devono essere addestrate e devono attenersi
scrupolosamente al modello
• Il surplus economico derivante dal beneficio di efficienza deve
essere distribuito in parte ai lavoratori, al fine di motivarli ad
accettare di privarsi di ogni prerogativa decisionale
• Henry Ford combinò i principi Tayloristici con l’automazione industriale
• L’automazione consentiva vantaggi di efficienza ma anche di
controllo
• Nasce la grande impresa industriale moderna
• Nasce anche il modo più diffuso di pensare al problema
organizzativo: identificare il miglior modello possibile e
implementarlo scupolosamente attraverso automazione e
controllo
LA CONCEZIONE ORGANICISTICA (1)
• La metafora principale è quella di ORGANISMO
• Come è nel caso degli esseri viventi, le organizzazioni devono soddisfare
REQUISITI FUNZIONALI al fine di poter sopravvivere (o avere successo) e
dunque istituiscono ORGANI che se ne occupino
• Vi sono molti modi di concettualizzare quali siano le funzioni
essenziali, vedremo alcuni esempi in seguito
• Non viene abbandonata l’idea dell’esistenza (e dunque della ricerca)
di un «Modello Ottimale»
• tuttavia vengono riconosciute la complessità e l’incertezza come
elementi sostanzialmente inevitabili
• Dunque, le variazioni e devianze dal modello non sono
necessariamente dannose
• Le variazioni possono essere positive, purché «non disfunzionali», cioè
purché contribuiscano positivamente al soddisfacimento dei requisiti
funzionali dell’organizzazione
LA CONCEZIONE ORGANICISTICA (2)
• L’organizzazione (e la struttura organizzativa) non è più vista come un
sistema di mansioni, ma un sistema di RUOLI
• Il RUOLO è definito come un insieme di aspettative entro le quali il soggetto
può agire in modo discrezionale, purché non lo faccia in modo disfunzionale
• Il perimetro di ruolo può essere più o meno ampio a seconda del
grado di complessità e incertezza dell’attività
• È comunque il «sistema» (dunque il «modello» organizzativo
predefinito) a determinare i confini di ruolo, e dunque a imporsi sul
soggetto
• In modo meno «parcellizzato» e standardizzato rispetto alla concezione
meccanicistica, ma che comunque fa prevalere la razionalità del sistema
(del modello) sulla razionalità (e le attitudini, le preferenze, ecc) dei
soggetti
• Ogni organizzazione deve a sua volta agire in modo funzionale ai meta-
sistema in cui è inserita
• Per esempio il mercato e la società
• Così come ogni sotto-sistema (le unità organizzative, i team, fino alle singole
persone) devono esserlo rispetto all’organizzazione
• Se non si agisce in modo funzioanle, si viene sanzionati o espulsi dal sistema
LA TEORIA CONTINGENTISTA (1)
• L’approccio teorico più diffuso coerente con la concezione organicista
/ funzionalista è quello CONTINGENTISTA
• L’idea principale: la progettazione organizzativa deve adattare
l’organizzazione a vincoli e contingenze esterne
• Per esempio, vincoli e contingenze ambientali (di mercato, ma
non solo) e tecnologiche
• È un altro modo di dire che l’organizzazione deve essere, in
termini organizzativi, funzionali ai meta-sistemi nei quali è inserita
• Un esempio: la teoria delle contingenze ambientali, di Lawrence e
Lorsch
• L’ambiente viene analizzato nei suoi componenti fondamentali:
• Clienti, fornitori, concorrenti, mercato del lavoro, enti ed istituzioni
legislative, istituzioni finanziarie, università e centri di ricerca,
stampa e media, etc.
• Tanto più è complesso e articolato l’ambiente esterno, tanto più
l’organizzazione deve DIFFERENZIARSI al proprio interno
LA TEORIA CONTINGENTISTA (2)
• In altre parole, occorre avvicinarsi il più possibile a una corrispondenza tra complessità
esterna ed interna
• Tanto più complesso l’ambiente, tanto più differenziata al suo interno dovrà
essere l’organizzazione
• E viceversa
• Il grado di complessità / differenziazione della struttura interna può essere analizzato
rispetto a diversi elementi, per esempio:
• Relazioni interne tra varie unità / componenti
• grado di formalità / informalità
• l’orizzonte temporale delle decisioni
• lungo periodo vs. breve periodo
• lo stile comportamentale più diffuso
• orientato ai task vs. orientato alle persone
• l’orientamento verso gli obiettivi
• orientamento a obiettivi di unità vs. obiettivi organizzativi
• Tuttavia, quando c’è un elevato grado di DIFFERENZIAZIONE, occorrono anche
meccanismi di INTEGRAZIONE per ridurre la possibilità di conflitto. Ad esempio
• piani e programmi
• ruoli specificamente dedicati al collegamento
• gruppi interfunzionali, comitati, etc.
CONCEZIONE OGGETTIVISTA, IN SINTESI
• Presume l’esistenza di meccanismi, leggi, modelli universalmente validi
di «buona organizzazione»
• La metafora della macchina, la metafora dell’organismo
• Presume dunque un elevato grado di razionalità
• Pur ammettendo diversi gradi di incertezza
• In termini pratici, questo può tradursi in modi diversi di progettare
l’organizzazione
• Trovare una «one best way» e applicarla in modo rigido, senza
ammettere deviazioni
• Definire «perimetri» di ruolo, purché siano «funzionali» agli obiettivi
organizzativi
• Identificare «leggi di contingenza»: l’organizzazione deve essere
adeguata a vincoli e contingenze esterne, secondo modalità
predefinite
• Nella SECONDA LEZIONE vedremo che ci sono altri modi di pensare e
progettare l’organizzazione
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (parte seconda)
Sommario
Nella lezione precedente abbiamo:
• Introdotto brevemente la disciplina organizzativa
• Introdotto le diverse concezioni di organizzazone
• Descritto la concezione oggettivista
• Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione
In questa seconda lezione parleremo di:
• Concezione soggettivista
• Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione
• Concezione processuale
• Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione
LA CONCEZIONE SOGGETTIVISTA
• Enfasi sulla soggettività, sulle strategie individuali, sugli aspetti emozionali e
non razionali degli individui
• L’organizzazione è vista come un fenomento «emergente», la risultante di
innumerevoli azioni e decisioni soggettive
• La comprensione dell’organizzazione non può basarsi su una
razionalità oggettiva ed ex-ante, come nel caso dell’oggettivismo
• Non c’è una razionalità «collettiva» (organizzativa) ma tante
razionalità soggettive, imperfette, diverse, variabili, indeterminabili
• Non c’è razionalità ex-ante ma «razionalizzazione» (razionalità ex-post)
• Ciò che è condiviso, razionalizzato, dato per scontato, non è
necessariamente più razionale
• L’organizzazione dunque «emerge» in quanto tipizzazione /
istituzionalizzazione di significati condivisi e comportamenti ricorrenti,
accettati, legittimati
• È una costruzione sociale e culturale, non l’affermazione di una
razionalità superiore
• Dunque la realtà organizzativa non è oggettivamente conoscibile, non ci
sono «leggi universali» che determinano i fenomeni sociali
• Possiamo solo descrivere le esperienze soggettive di ciascuno
ESEMPI TEORICI: MEYER E ROWAN E L’ISTITUZIONALIZAZZIONE
• Le strutture organizzative formali, sono “la manifestazione di potenti regole
istituzionali le quali funzionano come miti altamente razionalizzati”
• Le regole istituzionali riguardano prodotti, servizi, tecniche, politiche,
programmi, ecc.
• sono adottate dalle organizzazioni in modo cerimoniale al fine di
acquisire legittimazione
• La ricerca di legittimazione è dunque il meccanismo esplicativo principale
per comprendere le strutture organizzative formali
• Non l’efficacia o l’efficienza!!!
• Come si acquisisce legittimazione? Attraverso la CONFORMITA’
ISTITUZIONALE
• con la conformità (isomorfismo) le organizzazioni conquistano,
manifestano e comunicano all’esterno la propria legittimazione
• la struttura formale riflette i “miti” degli ambienti istituzionali
• Sono “miti” di razionalità, nel senso che le istituzioni rappresentano
modi tipici di agire e pensare a cui viene normalmente associata
razionalità
• in realtà non presentano necessariamente alcuna coerenza con la
razionalità tecnica effettiva
• Dunque non sono miti razionali, ma «razionalizzati»
ESEMPI TEORICI: POWELL E DI MAGGIO E L’ISOMORFISMO
• Isomorfismo COMPETITIVO
• Relativo a come il mercato «spinga» le organizzazioni ad adottare certe strutture e
pratiche
• Isomorfismo COERCITIVO
• Tutte quelle forme di influenza, formali e informali, che vengono esercitate su ogni
organizzazione da altre organizzazioni dalle quali essa è soggetta a dipendenza
• Vere e proprie coercizioni o anche obblighi legislativi
• Isomorfismo MIMETICO
• L’incertezza spinge le organizzazioni a trovare nell’imitazione un modo per
fronteggiarla
• Le organizzazioni di successo diventano “modelli” da imitare, nel tentativo di
replicare tale successo.
• Naturalmente, l’imitazione di chi ha successo non garantisce affatto il successo!
• I processi mimetici possono avere varia natura
• Imitazione di imprese di successo del proprio settore
• Imitazione dovuta alla diffusione di «modelli» e «best practice» (consulenza ecc)
• Isomorfismo NORMATIVO
• processi di professionalizzazione, ossia lo sforzo da parte dei membri di una
professione di definire le condizioni e i metodi del loro lavoro, al fine di controllare e
stabilire la base per la loro legittimazione ad autonomia occupazionale
• processi formativi, dunque la codificazione delle conoscenze e dei percorsi educativi
formalizzati necessari ad accedere ai percorsi occupazionali
LA CONCEZIONE SOGGETTIVISTA, IN SINTESI
• Non c’è razionalità ex-ante, ma razionalizzazione
• L’organizzazione come fenomeno «emergente», che deriva da processi
di interazione tra soggetti, di condivisione di significati, di imitazione, di
ricerca di legittimazione
• Le strutture organizzative, le pratiche, i sistemi hanno una funzione
«rituale» e «cerimoniale», finalizzata ad acquisire legittimazione
• La progettazione organizzativa non ha «senso» in questa prospettiva:
non esistono modelli «razionali», non esistono leggi universali di «buona
organizzazione»
• E’ una prospettiva sostanzialmente descrittiva, che non propone
implicazioni precisi in termini di progettualità
LA CONCEZIONE PROCESSUALE
• L’organizzazione è concepita come sistema complesso di azioni e decisioni
guidate da razionalità intenzionale e limitata
• Non vi è razionalità forte, ma si considerano esplicitamente i limiti
della razionalità umana (sia a livello individuale, sia organizzativo)
• Al tempo stesso, le decisioni e le azioni sono orientate da intenzioni
• Dunque il processo organizzativo è un percorso continuo di apprendimento
relativamente a come connetteri mezzi (azioni) e fini (intenzioni)
• Non ha dunque senso parlare di modello ottimale, ma di soluzioni
continuamente ri-visitate in relazione a quanto i soggetti apprendono
e a come ridefiniscono i propri obiettivi e le proprie azioni
• La valutazione di ogni soluzione organizzativa si riferisce a criteri di
«soddisfazione», non di ottimalità
• Il processo di azioni e decisioni avviene in un contesto, dal quale è
influenzato, ma a sua volta lo influenza (anzi, in un certo senso, lo crea e ri-
crea continuamente)
• Un aspetto decisivo è la «regolazione» di tale processo, cioè l’insieme di
regole (formali e informali, consapevoli e inconsapevoli, previe e
contestuali all’azione) che orientano le azioni e le decisioni
• È dunque decisivo studiare tale processo di regolazione, e il modo in cui il
potere di regolazione (si definire regole per sé e per altri) è distribuito
nell’organizzazione, e nel rapporto tra organizzazione ed ambiente esterno
ESEMPI TEORICI: HERBERT SIMON
• Herbert Simon è è colui che per primo ha teorizzato la razionalità limitata e
intenzionale per lo studio delle organizzazioni
• Studiare le organizzazioni significa studiare le decisioni che i vari soggetti
prendono al fine di raggiungere fini individuali e organizzativi
• Decisioni che vengono prese attraverso una razionalità «umana», dunque
non perfetta, con limiti ma guidata da intenzioni e valori
• Occorre dunque studiare:
• Le modalità e le premesse relative ai processi decisionali
• Le premesse «di fatto» (di natura empirica: le informazioni, etc)
• Le premesse «di valore» (di natura etica: le preferenze, etc)
• Le modalità tipiche attraverso cui le persone valutano e decidono
• LA «ANATOMIA» DELL’ORGANIZZAZIONE
• Cioè il modo in cui il potere decisionale è distribuito
• Per es., modalità più accentrate o più decentrate, con rispettivi vantaggi e
svantaggi
• LA «FISIOLOGIA» DELL’ORGANIZZAZIONE
• Cioè i processi attraverso cui le organizzazioni influiscono sulle decisioni dei
soggetti
• Per es. l’autorità, l’addestramento, la comunicazione, l’identificazione, la
programmazione
LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE, IN SINTESI
• Abbiamo visto i modi fondamentali di concepire i fenomeni organizzativi
• Sono diversi «punti di vista», «visioni del mondo», concezioni del tutto
generali di livello epistemologico e ontologico
• Da ognuna di esse, discendono una pluralità di teorie
• Anche molto diverse tra loro, per variabili considerate, schemi e
strumenti analitici, interpretazioni, etc
• Ogni teoria tuttavia rimanda a un certo tipo di concezione, e
dunque condivide, a seconda della concezione di fondo su cui si
basa, alcuni elementi fondamentali
• Da ogni teoria poi discendono modi diversi di progettare e gestire le
organizzazioni, in tutti i suoi aspetti
• Le strutture formali, l’organizzazione del lavoro, le politiche di
gestione delle persone etc.
• Nelle prossime lezioni vedremo alcuni di questi aspetti
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: I MECCANISMI DI COORDINAMENTO
SOMMARIO
• In questa lezione parleremo di progettazione organizzativa
• Utilizzeremo un approccio classico alla progettazione, che consiste in
due elementi fondamentali:
• La identificazione di alcune variabili di progettazione
• In questa lezione
• La identificazione di alcune forme tipiche di strutture organizzativa
• Nelle prossime lezioni
LE VARIABILI DI PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA
• Secondo l’approccio di H. Mintzberg, le fondamentali variabili di
progettazione organizzativa sono le seguenti:
• I MECCANISMI DI COORDINAMENTO
• Adattamento reciproco
• Supervisione diretta
• Standardizzazione
• Riguardante diversi elementi
• LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE
• Nucleo Operativo
• Vertice Strategico
• Linea Intermedia
• Tecnostruttura
• Staff
STANDARDIZZAZIONE
q La logica è di coordinare
attraverso la predeterminazione
dei comportamenti
q il coordinamento è raggiunto
già in fase di progettazione del
lavoro, prima ancora che
l’attività sia svolta
•Il lavoro è svolto in conformità alle aspettative
•3 TIPI DIVERSI DI STANDARDIZZAZIONE
manager
operatori operatori
analisti
input
processi
di lavoro
output
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (1)
q Sono predeterminati i contenuti del lavoro
• Il processo di lavoro è scomposto in fasi che vengono
strutturate prima dello svolgimento dell’attività
• Il lavoro procede attraverso l’esecuzione delle attività
predisposte seguendo in modo preciso le procedure
stabilite
• È tipico di attività che sono ripetitive e ben codificabili
in procedure precise
Standardizzazione
dei processi
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (2)
q Sono predeterminati i risultati del lavoro
•L’attenzione è sull’esito del lavoro svolto
•Può prevedere discrezionalità da parte
dell’operatore relativa alle modalità di
esecuzione
•Permette il coordinamento preventivo delle
diverse fasi di lavorazione
Standardizzazione
degli output
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (3)
q Sono predeterminate le risorse necessarie per svolgere il
lavoro
•Sono standardizzate le conoscenze e le
capacità necessarie per svolgere il lavoro
•La definizione di un certo background culturale
e il percorso di formazione seguito facilitano
certi modelli comportamenti sul lavoro
Standardizzazione
degli input
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (4)
• I 3 tipi di standardizzazione implicano un diverso grado di discrezionalità
per le persone:
• BASSA nel caso di standardizzazione dei processi
• MEDIA nel caso di standardizzazione degli output
• ELEVATA nel caso di standardizzazione degli input
SUPERVISIONE
DIRETTA
q Il coordinamento avviene
mediante il controllo diretto di
un soggetto sugli altri
q Il supervisore è responsabile del
lavoro altrui, assegna i compiti e
guida nello svolgimento
• La divisione del lavoro e il grado di specializzazione aumentano la
necessità di supervisione
• I diversi standard non sono sufficienti ad assicurare il coordinamento
(oppure non è possibile standardizzare, perché le attività non sono
codificabili o ripetitive)
• Inoltre, il supervisore può avere anche compiti di verifica e controllo
del rispetto delle procedure esistenti, oltre che di coordinamento
manager
operatori operatori
analisti
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (5)
ADATTAMENTO
RECIPROCO
q Il coordinamento avviene mediante la
comunicazione informale e
l’adattamento dei comportamenti in
base alle esigenze reciproche
q Il controllo del lavoro resta nelle mani di
coloro che lo eseguono
• E’ particolarmente adatto a contesti in cui non è possibile standardizzare o creare
una supervisione sufficientemente accurata
• Oppure dove le attività sono complesse e dunque non è possibile codificarle in
anticipo, e c’è bisogno di una combinazione di competenze diverse al fine di
svolgere le attività in modo efficace
• Nelle organizzazioni più grandi caratterizza l’inizio di processi innovativi: in fase di
sperimentazione è impossibile prevedere con esattezza le attività da svolgere e
coordinare adeguatamente il lavoro
• Il successo dipende dalla capacità degli specialisti di adattarsi l’uno all’altro, e di
combinare in modo efficace le rispettive capacità e competenze
manager
operatori operatori
analisti
MECCANISMI DI COORDINAMENTO (6)
Standardizzazione
input
Standardizzazione
output
Standardizzazione
processi
Supervisione diretta
Adattamento
reciproco
In piccoli gruppi o team, le
persone possono adattarsi
reciprocamente.
Più il gruppo cresce, meno è in
grado coordinarsi informalmente.
Emerge il bisogno di leadership
Al crescere del volume delle attività,
il bisogno di standardizzazione
cresce. Se le attività sono semplici,
sono standardizzati i processi
Quando le attività complesse sono
difficilmente codificabili,
l’attenzione si sposta sui risultati
Se neppure i risultati possono essere
standardizzati, si omogeneizzano le
competenze e le conoscenze delle
persone
I MECCANISMI DI COORDINAMENTO: SINTESI
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE
SOMMARIO
• In questa lezione continueremo a parlare di progettazione organizzativa
• Nella lezione precedente abbiamo visto i meccanismi di
coordinamento, ossia
• Adattamento reciproco
• Supervisione diretta
• Standardizzazione dei processi
• Standardizzazione degli output
• Standardizzazione degli input
• In questa lezione vedremo le principali «parti» dell’organizzazione, ossia:
• Nucleo Operativo
• Vertice Strategico
• Linea Intermedia
• Tecnostruttura
• Staff
INTRODUZIONE
• Ogni organizzazione può essere vista, secondo le logica della
progettazione organizzativa classica, come formata da «parti»
• cioè insiemi di persone e attività che sono, in genere:
• collegate tra di loro in modo più diretto rispetto ai collegamenti con
altre persone e attività (collocate in altre parti)
• o che comunque hanno caratteristiche simili, per competenze, ruoli e
responsabilità e funzioni
• possono corrispondere a uffici, unità, divisioni o altre «entità»
organizzative specifiche, o a insiemi di queste; ma il criterio di
differenziazione più importante è quello «logico», legato al tipo di
attività e funzioni svolte, non il criterio di articolazione gerarchico-
formale
• Vediamo quali sono le parti più «tipiche», pur sapendo tuttavia che
nella realtà ogni organizzazione è almeno parzialmente diversa da tutte
le altre, e dunque avrà particolarità e unicità che possono renderle
anche significativamente diverse dalla rappresentazione semplificata
che viene qui proposta
Nucleo operativo
• Il nucleo operativo costituisce la
«base» dell’organizzazione
• Gli operatori svolgono l’attività
fondamentale all’ottenimento di
prodotti e servizi
1) procurano gli input materiali
per la produzione (ad es., il
reparto approvvigionamento”)
2) trasformano gli input in output
3) distribuiscono gli output
4) forniscono un supporto diretto
ad altri operatori (ad es., la
manutenzione dei macchinari)
IL NUCLEO OPERATIVO
Nucleo operativo
•Interpreta l’ambiente e sviluppa
la strategia dell’organizzazione
•Ha la responsabilità del
raggiungimento della «missione»
e degli obiettivi generali
•Alloca le risorse
•Autorizza decisioni importanti
•Interagisce, sviluppa relazioni,
negozia accordi con attori
rilevanti dell’ambiente esterno
Vertice
strategico
IL VERTICE STRATEGICO
Linea
intermedia
Nucleo operativo
• A maggiori livelli di articolazione
e di volume di attività si diffonde
il bisogno di supervisione
• Aumenta il bisogno di
trasmettere informazioni dal
nucleo al vertice strategico, e
viceversa
• Di trasformare le decisioni
strategiche in piani ed azioni
operative
• E di informare il vertice
strategico sull’andamento
dell’attività operativoa
Vertice
strategico
LINEA INTERMEDIA
Linea
intermedia
Nucleo operativo
• I manager di linea svolgono alcune
funzioni fondamentali:
1) Raccolgono informazioni di
feedback sulla performance della
propria unità e le trasmettono ai
manager di livello superiore
2) Intervengono nel flusso delle
decisioni, riportando a livello
superiore quelle più critiche
3) Allocano risorse nella propria
unità
4) Contribuiscono ai processi di
valutazione delle persone
5) Gestiscono le relazioni con i
manager di altre unità
6) Definiscono i piani della propria
unità / gruppo, in modo coerente
con quella aziendale
Vertice
strategico
LINEA INTERMEDIA
Linea
intermedia
Nucleo operativo
•E’ composta da specialisti il cui
compito è definire gli standard
utili al coordinamento
•Le responsabilità degli analisti si
distinguono da quelle dei
manager
•I compiti di controllo dei
manager sono ridimensionati
grazie agli standard prodotti
dalla tecnostruttura
•Viene di fatto istituita un’ulteriore
distinzione: chi esegue, chi dirige,
chi standardizza
Vertice
strategico
TECNOSTRUTTURA
Linea
intermedia
Nucleo operativo
• Sono distinguibili tre tipi di analisti,
in relazione alle tre forme di
standardizzazione
− gli analisti del lavoro che
standardizzano i processi di lavoro
(es. gli ingegneri di produzione)
− gli analisti di pianificazione e
controllo (ad es., addetti al
controllo qualità) che
standardizzano gli output
− gli analisti di problemi del
personale (ad es., i formatori, i
reclutatori), che standardizzano le
capacità
Vertice
strategico
TECNOSTRUTTURA
Linea
intermedia
Nucleo operativo
•Le staff di supporto forniscono
servizi indiretti, spesso di ausilio
alle attività primarie (di
produzione di attività e di servizi)
•Il servizio fornito può essere
considerato come «esterno» al
flusso di lavoro (es.: servizio
pulizie, servizio mensa, ufficio
spedizioni, ecc.)
•Possono essere affidati ad enti
terzi, o svolti internamente
•Possono operare a qualsiasi
livello (es., l’ufficio legale, se
rende servizi al vertice, opera a
livello direzionale)
Vertice
strategico
Tecno-
struttura
Staff
STAFF
- consiglio d’amministrazione
- presidente
- comitato di direzione
- organi di staff del presidente
- ufficio legale
- relazioni pubbliche
- relazioni industriali
- ricerca e sviluppo
- determinazione prezzi
- amministrazione del
personale
- mensa
- pianificazione strategica
- controllo
- formazione
- ricerca operativa
- programmazione
produzione
- analisi del lavoro
- impiegati della
tecnostruttura
- responsabile
marketing
- responsabili
stabilimento
- responsabile
produzione
- manager regionali
vendita
- capireparto
- compratori
- addetti alle macchine
- addetti al montaggio
- venditori e addetti al front-office
LE PARTI: ESEMPI
ORGANIGRAMMA
• Rappresentazione
delle responsabilità
formali
• Tipo di posizioni
• Relazioni formali
Enfasi sulla
supervisione
diretta
FLUSSI DI AUTORITA’ FORMALE
flusso di
informazioni
sulla
produzione
flusso di ordini
discendenti
lungo la
gerarchia:
controllo del
nucleo
operativo
flusso di
informazioni
ascendenti
lungo la
gerarchia:
Feedback
flusso di
informazioni
dalla
tecnostruttura
per le decisioni
flusso di
informazioni
dallo staff per le
decisioni
Enfasi sulla
standardizzazione
e sulla supervisione
FLUSSI DI COMUNICAZIONI FORMALI
Enfasi sull’adattamento
reciproco
• Sociogramma /
rappresentazione
delle relazioni
effettive
• Rappresentazione
informale di potere
FLUSSI DI COMUNICAZIONI INFORMALI
Aggregazione in
gruppi per lo
svolgimento
dell’attività
Enfasi
sull’aggregazione
informale
LE COSTELLAZIONI DI LAVORO
Anche in modi
parzialmente
trasversali alle
gerarchie
formali
Enfasi sui processi
decisionali
1
2
3
4
5
5
6
Organizzazione
come insieme di
decisioni
formulate ai
diversi livelli da
soggetti in
posizioni
differenti
I FLUSSI DI DECISIONI
LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE, IN SINTESI
• E’ possibile identificare parti «tipiche» dell’organizzazione, distinguibili per
attività e funzioni svolte
• E’ possibile identificare flussi e relazioni tipiche tra e dentro tali parti
• Non tutte le parti sono sempre presenti e/o hanno la stessa rilevanza in
tutte le organizzazioni
• Infatti, il modo in cui queste parti si configurano da’ luogo a «forme
tipiche» anche molto diverse tra di loro
• Lo vedremo nella prossima lezione
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
LE FORME ORGANIZZATIVE
Prof. Giovanni Masino
SOMMARIO
• Nelle lezioni precedenti abbiamo visto alcune tra le più importanti
variabili di progettazione organizzativa
• Oggi vedremo come tali variabili possono condurci a identificare forme
organizzative tipiche
• Per «forme organizzative» intendiamo configurazioni formali, riguardanti
la struttura dei ruoli e delle responsabilità
• tuttavia, le configurazioni formali hanno anche influenza su tutti gli
aspetti formali che abbiamo visto in precedenza
• flussi informativi, relazioni, processi decisionali etc.
• Queste forme sono «tipiche» nel senso che si trovano più di frequente.
Tuttavia va considerato che:
• si tratta di rappresentazioni sintetiche e semplificate, che
ovviamente non descrivono in modo preciso la realtà
• ogni organizzazione reale è, per almeno qualche aspetto, unica,
e le «varianti» sono sostanzialmente illimitate
•Tecnostruttura assente o
molto limitata
•Gerarchia manageriale
poco sviluppata
•Linea intermedia trascurabile
•Ricorso minimo a
pianificazione, formazione e
meccanismi di collegamento
•Coordinamento tramite
supervisione diretta
STRUTTURA SEMPLICE
•Il vertice è la parte più importate
dell’organizzazione
•Potere accentrato al vertice (spesso
un’unica persona)
•Ampiezza del controllo elevata
•Comunicazione spesso informale tra
vertice e tutti membri
dell’organizzazione
•Formulazione della strategia da
parte di un’unica persona
•Processo di innovazione legato
all’attività del vertice
STRUTTURA SEMPLICE
q Elevato senso della
missione
q Forte sviluppo del senso di
appartenenza
all’organizzazione
alimentato da rapporti
diretti con il vertice
q Strategia informata da una
elevata conoscenza delle
caratteristiche del nucleo
operativo
q Processi decisionali snelli
q Sovrapposizione tra
problemi strategici e
problemi operativi
q Sorti organizzative
fortemente dipendenti da
una o poche persone
q Accentramento può
rivelarsi inefficace per
fronteggiare ambienti
complessi
VANTAGGI SVANTAGGI
STRUTTURA SEMPLICE
•L’organizzazione è strutturata come
una macchina integrata e regolata
•Le attività operative sono routinarie e
ripetitive (richiedono poco
addestramento)
•Compiti operativi specializzati
•Procedure formalizzate
•Elevato ricorso a regole
•Canali comunicativi formalizzati
•Il coordinamento avviene attraverso
la standardizzazione dei processi di
lavoro
BUROCRAZIA MECCANICA
• La tecnostruttura è la componente
fondamentale dell’organizzazione
• La standardizzazione risolve gran parte
delle interdipendenze. Le responsabilità
dei supervisori sono limitate a:
1. Supervisione diretta del nucleo
operativo
2. Collegamento tra nucleo operativo e
tecnostruttura
3. Trasmissione delle informazioni dal
nucleo operativo al vertice e degli
ordini dal vertice al nucleo operativo
• Enfasi sul controllo
− Efficienza processi/riduzione incer-
tezza
− Riduzione conflitti
BUROCRAZIA MECCANICA
q Enfasi sull’efficienza
q Possibile gestire volumi di
attività elevati e
conseguire economie di
scala
q La ripetitività delle
attività consente
specializzazione e
apprendimento
(economie di
specializzazione)
q Ridotta attenzione alla
componente umana
− Significato del lavoro
− Problemi motivazionali
VANTAGGI SVANTAGGI
BUROCRAZIA MECCANICA
•Caratterizza le organizzazioni nelle
quali le capacità e le conoscenze del
nucleo operativo sono fondamentali
•Il coordinamento è assicurato dalla
standardizzazione delle capacità
•I lavoratori (spesso professionisti)
operano in maniera relativamente
indipendente dai propri colleghi e a
stretto contatto con i clienti
•L’autorità è più legata allo spessore
professionale delle persone che alla
posizione formale nella gerarchia
• I processi sono difficilmente
standardizzabili dalla tecnostruttura
perché troppo complessi
BUROCRAZIA PROFESSIONALE
•Lo staff di supporto è sviluppato ed è al servizio del
nucleo operativo
•Ai professionisti del nucleo operativo sono affidati due
compiti principali:
1) identificare le esigenze del cliente
2) applicare un opportuno programma d’azione
•Gli output non possono essere facilmente quantificati e
misurati
•Il controllo esercitato dai professionisti riguarda il proprio
lavoro e le decisioni amministrative (i manager devono
appartenere alla professione o essere legittimati dai
professionisti)
BUROCRAZIA PROFESSIONALE
q Questa configurazione for-
male appare democratica
perché attribuisce potere ai
membri
q Ampia autonomia dei
membri e bassa esigenza di
coordinamento
q Basso numero di vincoli (a
parte gli standard imposti
dalla professione)
q Meccanismo di
coordinamento «blando»
(basato sulle capacità)
q Scarsa integrazione legata
alla forte autonomia dei
membri
q Potenziali conflitti tra
professionisti interessati a
soddisfare lo stesso
bisogno
VANTAGGI SVANTAGGI
BUROCRAZIA PROFESSIONALE
• Appare come un complesso di entità
quasi-autonome
• Ogni divisone ha una propria
organizzazione
• Le divisioni sono strutturate in base al
mercato (o una combinazione
prodotto/ mercato). Ogni mercato
servito dall’organizzazione viene
gestito da una divisione
FORMA DIVISIONALE
UN ESEMPIO (1)
UN ESEMPIO (2)
Elabora la strategia complessiva
La direzione generale per
ciascuna divisione Alloca le risorse finanziare
Controlla le performance
prodotto: bene o servizio reso
La progettazione avviene sulla
base degli output di produzione
mercato: clienti o bisogni serviti
area geografica: zona territoriale
presidiata dall’unità divisionale
Fornisce servizi di supporto
FORMA DIVISIONALE: CARATTERISTICHE (1)
Molte decisioni delegate alle singole unità
Adattamento alle esigenze di prodotto,
geografiche o di clientela
Si favorisce un maggiore coordinamento tra
le diverse unità funzionali
Controllo del vertice attraverso la definizione
e la standardizzazione dell’output
Velocità di cambiamento e rapidità
nell’adattamento
FORMA DIVISIONALE: CARATTERISTICHE (2)
ADHOCRAZIA
• Adatta a contesti in cui serve un alto grado di
innovazione, creatività
• Tipicamente in ambienti o mercati
particolarmente dinamici o complessi
• Tipica anche di organizzazioni giovani, di
recente costituzione
• Il lavoro è svolto principalmente in team, su
progetti, e la specializzazione è orizzontale (non
verticale)
• Il coordinamento prevalente è il reciproco
adattamento
• I team sono eterogenei, e possono includere
specialisti di vario background, staff e manager
• La distinzione tra linea e staff si sfuma, fino a
confondersi del tutto
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
PROCESSI MOTIVAZIONALI
SOMMARIO
• Nelle lezioni precedenti abbiamo visto alcuni elementi essenziali di
progettazione organizzativa
• con uno specifico focus sulla progettazione delle strutture
• In queste ultime lezioni ci concentreremo su alcuni aspetti relativi alla
gestione delle persone e dei comportamenti organizzativi
• Il focus principale sarà sui processi motivazionali
• E’ un aspetto di enorme importanza perché:
• influisce direttamente sulla performance delle persone e dei
gruppi, e dunque dell’organizzazione
• è strettamente collegato con diverse politiche di gestione delle
risorse umane (in particolare, ma non solo, le politiche di
incentivazione)
• è strettamente collegato con numerosi aspetti di progettazione
organizzativa e, in particolare, di organizzazione del lavoro
TEMI AFFRONTATI e CONCETTO GENERALE
• Vedremo nel dettaglio:
• GLI APPROCCI CLASSICI ALLA MOTIVAZIONE
• LA MOTIVAZIONE INTRINSECA E IL RAPPORTO CON L’ORGANIZZAZIONE
DEL LAVORO
• IL RAPPORTO TRA INCENTIVI, POLITICHE DI INCENTIVAZIONE E
MOTIVAZIONE
• Che cosa intendiamo per motivazione?
• In questa sede adottiamo una accezione molto generale
• Per motivazione (dal latino “movere”) si intende l’insieme delle ragioni e dei
processi che spiegano le azioni delle persone, e che dunque sono collegate
ai loro desideri, intenzioni, bisogni
• Vi sono moltissime teorie e approcci diversi ai contenuti delle motivazioni e
ai processi motivazionali che conducono al comportamento
APPROCCI CLASSICI: MASLOW
Teoria centrata sul
concetto di bisogno
Le ragioni del comportamento umano sono da
ricercarsi nella tensione che accomuna
indistintamente ciascun individuo a soddisfare
specifici bisogni, materiali, biologici o psicologici
Need-Satisfaction Theory
•La spinta a colmare le carenze avvertite “muove”,
anche a livello inconscio, a compiere specifiche
azioni;
•Il comportamento può essere spiegato (e quindi
previsto) a partire dall’analisi dei bisogni
sottostanti
LA «PIRAMIDE DEI BIOSGNI»
BISOGNI FISIOLOGICI (aria, acqua, cibo, sonno, ecc).
Sono bisogni primari e fondamentali propri della natura
umana
BISOGNI DI SICUREZZA , attengono la necessità di raggiungere
la stabilità (casa, famiglia, lavoro)
BISOGNI DI APPARTENENZA, attengono la necessità di essere
accolti, accettati, benvoluti. È il desiderio di appartenere a un
gruppo e di sentirsi necessari agli altri
BISOGNI DI AUTOSTIMA, riguardano il bisogno di competenza o della
padronanza nel fare qualcosa e di riconoscimento che viene dagli
altri
BISOGNI DI AUTO-REALIZZAZIONE, riguardano il bisogno di realizzare la
propria identità e le proprie aspettative occupando una posizione
ritenuta adeguata nel mondo sociale
LA LOGICA SOTTOSTANTE
‘‘È vero che l’uomo vive di solo pane, quando non ce n’è. Ma che
cosa avviene dei desideri umani, quando c’è abbondanza di pane e
quando il ventre è cronicamente pieno? Avviene che subito
compaiono altri (e di più alti) bisogni e sono questi a dominare
l’organismo invece della fame fisiologica. Quando questi, a loro volta
sono soddisfatti, di nuovo nascono altri (e ancora più alti) bisogni, e
così via. E’ questo che intendiamo, quando diciamo che i bisogni
umani fondamentali sono organizzati in una gerarchia di prepotenza
relativa’’
I bisogni determinano il comportamento e organizzano il
comportamento in modo ordinato
I bisogni soddisfatti cessano di determinare azioni finché non
riemergono
Soddisfatto un bisogno, ciò che orienta il comportamento
sono i bisogni ancora insoddisfatti (di ordine superiore)
Il bisogno di ordine superiore non viene ricercato (quindi non è
motivante) finché non viene soddisfatto il bisogno di ordine
inferiore
IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE
politiche di incentivazione: gli incentivi devono essere offerti in
modo da accogliere le esigenze dei lavoratori e provvedere al
soddisfacimento dei bisogni:
essenziali, attraverso il salario e un lavoro
sicuro
sociali e di stima, favorendo le relazioni
umane, le associazioni, il senso di
appartenenza all’impresa, offrendo riscontri
sui risultati ottenuti, ecc.
di autorealizzazione, offrendo lavori
stimolanti, opportunità di crescita, ecc.).
La struttura «gerarchica» dei bisogni suggerisce anche un preciso
ordine di priorità nella progettazione delle politiche di incentivazione
LIMITI E CRITICHE
Quale progressione tra livelli della piramide?
Quale modalità di soddisfacimento?
E’ davvero così semplicistico il rapporto tra diversi tipi
di bisogni? Non è possibile che diversi bisogni,
collocati a livelli diversi, abbiano un effetto
motivazionale in modo non sequenziale?
Gli individui mostrano preferenze diverse in relazione
al modo in cui i bisogni possono essere soddisfatti?
Determinismo / eccesso di generalizzazione:
l’individuo, il soggetto (le differenze individuali)
sembrano avere bassissima o nessuna rilevanza nel
modello di Maslow
Quali differenze individuali?
ALTRI MODELLI SIMILI
• Vi sono numerosi altri approcci simili, per impostazione generale, a
quello di Maslow
• HERZBERG teorizza che diversi fattori agiscono, sempre attraverso il
meccanismo dei bisogni, in modo diverso sulla soddisfazione e sulla
insoddisfazione degli individui
• i fattori IGENICI, se presenti, riducono la insoddisfazione, ma non
generano soddisfazione
• sono i fattori collocati più in basso nella gerarchia di Maslow
• i fattori MOTIVAZIONALI, se presenti, generano soddisfazione
• sono i fattori collocati più in alto nella scala di Maslow
• soddisfazione e insoddisfazione sono viste come variabili distinte,
che possono variare in modo indipendente
• MCCLELLAND ipotizza che i bisogni fondamentali dell’uomo siano il
bisogno di SUCCESSO, il bisogno di POTERE e il bisogno di AFFILIAZIONE
• ogni soggetto è naturalmente più sensibile ad alcuni bisogni
rispetto ad altri
VROOM e L’ASPETTATIVA - VALENZA
• Secondo Vroom, l’approccio focalizzato sui bisogni non è
sufficientemente preciso e completo
• L’individuo agisce perché vuole, attraverso le proprie azioni,
raggiungere un determinato obiettivo o risultato, e agisce in base alle
sue aspettative relative allo sforzo che egli ritiene necessario per
ottenere una certa prestazione, e al rapporto di causa / effetto tra
prestazione e risultato che egli ritiene sussistere
• Vediamo come questa idea si traduce in un modello specifico
10
Percezione di
• Autoefficacia
• Autostima
• Competenze
possedute
• Locus of control
• Chiarezza degli
incentivi
• Trasparenza
delle politiche
• Valori
• Preferenze
• Bisogni
• Obiettivi
Sforzo Prestazione Risultato
Motivazione Aspettativa Strum entalità Valenza
Aspettativa
credenza che un certo
sforzo permetta di
ottenere particolari
prestazioni
Strumentalità:
credenza che una
data prestazione
permetta di ottenere
certe ricompense
Valenza:
preferenza personale
verso una certa
ricompensa
IL MODELLO DI VROOM
IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE
Aspettativa
rimuovere gli ostacoli
al conseguimento dei
risultati
• autonomia
• supporto
• feedback
• mezzi a
disposizione
• Chiarezza politiche
premianti
• Trasparenza
comunicazione
• Valutazione delle
preferenze soggettive nelle
tecniche di incentivazione
Chiarire i
comportamenti
premiati
Indagare le
preferenze dei
lavoratori
Strumentalità
Valenza
IN CONCLUSIONE
• Nel complesso, gli approcci che abbiamo visto, cercano di identificare
meccanismi motivazionali di tipo «universale»
• per esempio, basato sui bisogni e sui loro effetti sulla motivazione
• oppure, basato su rapporti di strumentalità tra azioni e
conseguenze in termini di risultati attesi
• Il vantaggio, importante, è la semplicità dell’approccio, e dunque il
fatto che questi modelli possano essere tradotti facilmente in
suggerimenti e politiche per la gestione delle persone e per
l’organizzazione del lavoro
• Lo svantaggio, altrettanto importante, è che si sottovaluta, o si
trascurano:
• l’unicità dei singoli individui (le preferenze individuali, la
personalità, il percorso esperienziale ecc.)
• l’unicità dei contesti organizzativi (la cultura organizzativa, etc)
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
MOTIVAZIONE INTRINSECA E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
INTRODUZIONE
• Un approccio decisamente diverso dagli approcci classici alla
motivazione è quello pone il focus sulla MOTIVAZIONE INTRINSECA
• Una distinzione essenziale
• la MOTIVAZIONE ESTRINSECA deriva da fattori motivanti che sono
«esterni» all’attività svolta
• INCENTIVI ECONOMICI, BENEFIT, PROMOZIONI etc.
• il presupposto è che tanto più viene incentivata una certa attività (o la
performance relativa a tale attività), tanto più le persone saranno
motivate a svolgere quella attività, e tanto più aumenterà la loro
performance, se correlata appunto all’incentivo
• come vedremo, ci sono alcuni problemi con questa impostazione
• la MOTIVAZIONE INTRINSECA riguarda il fatto che le persone sono
motivate da elementi «interni» all’attività, cioè dal fatto di
svolgere l’attività in sé, purché abbia alcune specifiche
caratteristiche
• è una impostazione estremamente importante ed efficace, ma
ampiamente sottovalutata e sottoutilizzata nella pratica organizzativa
• In questa lezione parleremo di questo
LA MOTIVAZIONE INTRINSECA
• La motivazione intrinseca deriva da una serie di caratteristiche delle
attività svolte (in relazione al soggetto che le svolge)
• la PASSIONE e l’INTERESSE che il soggetto prova per l’attività
• il grado di AUTONOMIA che il soggetto può esercitare sull’attività
• l’opportunità di APPRENDIMENTO e CRESCITA personale che
l’attività procura al soggetto
• il senso di FINALITA’, di condivisione degli OBIETTIVI e l’importanza
del SIGNIFICATO che il soggetto attribuisce all’attività
• Esiste una letteratura molto cospicua che dimostra la forza e
l’importanza della motivazione intrinseca, per quanto riguarda:
• l’impegno, lo sforzo e il coinvolgimento dell’individuo
• la performance conseguita
• il benessere psico-fisico delle persone
• Molto spesso le organizzazioni sottovalutano o trascurano l’importanza
motivazionale di questi aspetti
• E’ possibile invece immaginare una organizzazione del lavoro che
faccia leva precisamente sulla motivazione intrinseca
IL JOB DESIGN CLASSICO
Job Simplification Job Enlargement &
Job Rotation
Job Enrichment
VARIETA
bassa alta
DISCREZIONALITA
caratteristiche
chiave nel JCM
(Hackman e
Oldham 1975, 1980):
- skill /task variety
- discretion
- task identity
- task significance
- feedback
- etc.
TEMPO
Taylorismo / Fordismo Post-fordismo
I PROBLEMI DEL JOB DESIGN TRADIZIONALE
• Si tratta comunque di approcci «top-down»
• il grado di autonomia e partecipazione effettiva alla
progettazione del lavoro, anche nei casi di «job enrichment» è
comunque marginale o di fatto nulla
• il bisogno di autonomia e di condivisione degli obiettivi è solo
marginalmente soddisfatto
• Le differenze individuali sono sostanzialmente trascurate
• sono ridotti i margini di personalizzazione del lavoro, di
valorizzazione dell’iniziativa individuale e della proattività,
• è bassa o nulla l’incidenza delle preferenze, delle attitudini e delle
aspirazioni personali
Quali caratteristiche può avere l’organizzazione per favorire gli effetti
benefici della motivazioni intrinseca?
AUTONOMIA
• Vi sono diversi esempi in cui le organizzazioni si vanno orientando verso
forme di organizzazione del lavoro in cui l’autonomia delle persone è
portata a livelli molto elevati
• con risultati eccellenti in termini di motivazione, performance
individuale, performance organizzativa, benessere
• per esempio:
• riduzione dell’importanza della gerarchia
• anche in senso simbolico, oltre che formale
• creazione di condizioni per favorire la proattività
• sistemi ROWE
• Results Only Work Environment
• sistemi di bootleg time
• Le esperienze sono ancora limitate, anche se solitamente di grande
successo, anche richiedono una trasformazione della cultura
organizzativa e manageriale rispetto a quelle tradizionale
SIGNIFICATO, OBIETTIVI E CRESCITA
• Incrementare in modo rilevante l’autonomia significa anche:
• generare condizioni che favoriscono l’apprendimento e la crescita
personale
• coinvolgere in modo significativo anche nella definizione degli
obiettivi, oltre che delle modalità di lavoro
• aumentare la propensione delle persone a condividere gli scopi e
attribuire significato al lavoro che fanno
• orientare il lavoro in direzioni che sono più coerenti con le
predisposizioni e le preferenze individuali
• tutti questi aspetti sono parti essenziali della motivazione intrinseca
• Elevati livelli di autonomia portano a caos e anarchia?
• Quando le persone sono intrinsecamente motivate, tendono a
identificarsi con l’organizzazione e dunque ad auto-regolarsi in modo
coerente con gli obiettivi organizzativi
• molti esempi di questo tipo
• Non accade questo quando i fattori motivanti sono principalmente
estrinseci
• Deve tuttavia cambiare il ruolo dei leader, e il modo di concepire e
interpretare la leadership
• non come controllore, ma come facilitatore e creatore di condizioni
favorevoli allo sviluppo delle persone e della loro capacità di iniziative
GOAL SETTING
• Il modo in cui vengono definiti gli obiettivi (GOAL SETTING) è
particolarmente importante dal punto di vista della motivazione
intrinseca e della performance
• Il goal setting è particolarmente efficace quando:
• c’è un buon (o alto) livello di partecipazione effettiva alla
definizione dei propri obiettivi
• quando gli obiettivi hanno un grado di difficoltà percepito come
sfidante, ma non impossibile né troppo facile da raggiungere
• quando gli obiettivi sono chiari, ben identificabili, ma non tali per
cui la misurazione dei risultati sia così standardizzata e rigida da
essere percepita come un vincolo che impedisca del tutto un loro
adattamento a mutate circostanze
IN SINTESI
• La motivazione intrinseca è il processo motivazionale più efficace e con
nessuna controindicazione significativa
• vedremo invece che la motivazione estrinseca ha alcune
controindicazioni
• Si basa su alcuni elementi dell’attività di lavoro sui cui è possibile agire a
livello di progettazione organizzativa e del lavoro
• Esistono esempi importanti di imprese e organizzazioni che hanno
cambiato radicalmente il loro modo di pensare all’organizzazione del
lavoro, puntando moltissimo sulla motivazione intrinseca, con risultati
estremamente positivi
• Tuttavia, è necessario un ripensamento molto significativo della cultura
organizzativa, e in particolare del ruolo dei manager e dei leader
FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
MOTIVAZIONE, INCENTIVI E VALUTAZIONE
INTRODUZIONE
• I sistemi di valutazione e incentivazione sono modalità fondamentali
attraverso le quali le organizzazioni possono orientare i comportamenti
delle persone
• Si parla in questi casi di «motivazione estrinseca»
• cioè di comportamenti influenzati dal desiderio di ottenere un
qualcosa (lo stipendio, un premio, un benefit etc) o di evitare
qualcosa (una punizione o una sanzione) che è «esterno» rispetto
all’attività
• è una logica del tipo «do ut des»
• svolgo una certa attività al fine di ottenere qualcosa d’altro
• Gli incentivi sono molto efficaci nel senso che orientano in modo forte i
comportamenti
• siamo molto attratti dall’idea di ottenere incentivi
• tuttavia, vi sono alcuni pericoli e controindicazioni, anche
significative
• vanno dunque usati con consapevolezza e attenzione,
soprattutto per quanto riguarda le ripercussioni comportamentali
MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (1)
• L’uso di MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (es: incentivi economici) può essere
molto efficace quando:
• Nel caso di attività di tipo «algoritmico», cioè dove la
performance non dipende da prestazioni di tipo complesso, che
quindi non necessita di elevati grado di creatività o di problem
solving
• Occorre focalizzare l’attenzione sul breve termine
• Aumentare la capacità di attrarre (o trattenere) persone con
particolari capacità e competenze
• La valenza simbolica degli incentivi
• E’ necessario soddisfare necessità di base delle persone
• Tuttavia, occorre fare attenzione a significativi potenziali problemi e
inconvenienti
MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (2)
Alcuni rischi significativi circa l’uso di incentivi e motivazioni estrinseche
1. L’uso di incentivi tende a «cannibalizzare» le motivazioni intrinseche
• L’aumento di motivazione estrinseca diminuisce la motivazione
estrinseca, e l’effetto netto può essere (e spesso è) negativo,
specie nel medio-lungo termine
2. L’uso di incentivi tende a ridurre la qualità della performance nel caso
di attività creative o che richiedono soluzioni «euristiche» e capacità di
problem solving non banali
• Perché tendono a focalizzare l’attenzione verso direzioni
«convenzionali»
• Perché elevati livelli di incentivo possono aumentare lo stress
3. L’uso di incentivi tende a modificare il modo in cui le persone
interpretano lo «scambio» prestazione – ricompensa
• da scambi interpretati in un contesto di relazioni «sociale» a
interpretazioni che enfatizzano l’aspetto «di mercato»
• può ridursi il senso di identificazione con il gruppo o con
l’organizzazione
MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (3)
Alcuni suggerimenti sull’uso di incentivi e motivazioni estrinseche:
• Attenzione agli aspetti di equità procedurale
• Le persone prestano attenzione non solo all’equità distributiva, ma anche alle
modalità di scelta di distribuzione dei premi ed incentivi
• Utilizzare forme di peer-compensation
• Contribuisce positivamente alla percezione di equità procedurale e al senso di
identità e appartenenza organizzativa
• Utilizzare forme di incentivo ex-post invece che solo incentivi ex-ante
• Si riduce l’effetto di cannibalizzazione delle motivazioni intrinseche
• Associare un «goal-setting» ben calibrato alla distribuzione degli incentivi
• Vedi lezione precedente: livello di difficoltà degli obiettivi, chiarezza, grado di
partecipazione
• Utilizzare non solo incentivi economici ma anche premi «esperienziali»
• Aumenta la soddisfazione nel medio termine, anche se spesso le persone dicono
di preferire incentivi economici
• Attenzione a non penalizzare troppo l’insuccesso
• Specie se si cerca di aumentare comportamenti finalizzati all’innovazione, la
creatività, l’assunzione di rischi
• Certe organizzazioni premiano esplicitamente le «thoughtful failures», ed
enfatizzano l’insuccesso come occasione di apprendimento
VALUTAZIONE DELLE PERSONE
• Il modo in cui si valutano le persone può avere effetti cruciali sui
comportamenti e sulle performance
• Tipicamente si distinguono
• Valutazione della POSIZIONE
• Valutazione della PERSONA
• Valutazione della PERFORMANCE
• Una varietà di obiettivi possono essere perseguiti:
• legittimazione e certificazione di ruoli, competenze,
comportamenti, prestazioni
• verifica e controllo, individuazione e rafforzamento di
comportamenti desiderati
• apprendimento, condivisione di valori e conoscenza
• determinazione di incentivi, progressioni di carriera, etc.
7
VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE
• Oggetto della valutazione: attività e responsabilità relative
alla posizione organizzativa
• Oggettività della valutazione, collegamento diretto con la
dinamica retributiva, concetto di equità organizzativa che
viene quindi “oggettivizzato” e formalizzato
• Tecniche per il processo di valutazione della posizione
• Job evaluation
• Ranking, classification, metodo del punteggio
• In contesti dinamici, il pericolo della rigidità (sia in termini di
approccio generale, sia in termini di tecniche e criteri
utilizzati)
8
TIPICHE FASI DI UNA JOB EVALUATION
JOB ANALYSIS
• esame delle posizioni di lavoro
JOB DESCRIPTION
• descrizione analitica dei compiti di ogni posizione
• .. e delle finalita’ di ogni compito
JOB SPECIFICATION
• individuazione dei requisiti professionali richiesti dai compiti
• condizioni ambientali, di sforzo e di respnsabilita’
JOB EVALUATION
• definizione del valore relativo di ogni posizione
9
UN ESEMPIO DI METODO: HAY
Competenza Tecnica
Capacità Relazionale
Competenza Manageriale
Contesto del pensiero
Difficoltà del processo mentale
Discrezionalità
Dimensione influenzata
Responsabilità
COMPETENZA
COMPLESSITA
DECISIONALE
FINALITA
+
+
= PESO DELLA
POSIZIONE
10
VALUTAZIONE POSIZIONE vs PERSONE
focus sulla posizione
job evaluation
l’individuo si adatta alla posizione
ricerca del piu’ adatto alla
posizione
addestramento
“paga di posto”
focus sul soggetto
skill evaluation
l’individuo struttura la posizione
ricerca (anche) di
potenzialita’
formazione
skill-based pay
POSIZIONE PERSONE
VALUTAZIONE COMPETENZE
• Cosa sono le competenze?
• molteplici significati
• ambito di responsabilita’ (diritto / dovere di occuparsi di una certa attivita’)
• capacita’ di occuparsi di una certa attivita’
• Approccio psicologico-individuale
• Caratteristica intrinseca individuale che è causalmente collegata a
una performance efficace in una mansione
• Approccio strategico-organizzativo
• Competenze distintive dell’organizzazione come fattore primario di
vantaggio competitivo
• Identificare quindi le competenze distintive dell’organizzazione, e di
qui risalire alle competenze chiave per gli individui e i ruoli
11
12
L’APPROCCIO CLASSICO DI BOYATZIS
• competenza come caratteristica intrinseca di un individuo,
causalmente correlata con una prestazione efficace
• Competenze di soglia: generali, necessarie ma non sufficienti per una
performance superiore
• Competenze professionali
• soggette a obsolescenza
• sia espicite (enunciative: sapere che) sia tacite (procedurali: sapere
come)
• Competenze discriminanti: causalmente collegate con la
performance superiore
• Competenze comportamentali
• difficilmente mutabli
• Motivazioni, tratto, immagine di sé, ruolo sociale, skill
13
COMPETENZE COMPORTAMENTALI
motivazioni
tratto
idea di se
atteggiamenti
valori
skill
ruolo sociale
Motivazioni
• schemi mentali, bisogni, spinte interiori
che in modo stabile orientano il
comportamento dell’individuo
Tratto
• Modo caratteristico in cui, per
disposizione naturale, una persona
reagisce a un determinato insieme di
stimoli (es: controllo delle emozioni,
resistenza allo stress)
Immagine di sé
• Concetto di sé, livello di autostima,
atteggiamento. L’autovalutazione del
concetto di sé viene fatta attraverso un
confronto tra se stessi e gli altri
Ruolo sociale
• Percezione che l’individuo ha di un
insieme di norme di comportamento
considerate accettabili e appropriate
nei gruppi e nelle organizzazioni cui
appartiene
Skill
• Abilità di mettere in atto una sequenza
di comportamenti coordinati e
finalizzati al raggiungimento di un
obiettivo in termini di prestazione
14
VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: FASI
Processo di valutazione, in generale
• Definire le competenze soglia relative a ogni posizione
• Individuare le competenze discriminanti osservate nei
comportamenti che hanno ottenuto le migliori
performance
• Definire modelli di riferimento (il “best performer”) per
valutare le persone e identificare gap di competenze
• Diffondere le caratteristiche desiderabili del best performer
e creare le condizioni organizzative ideali per lo sviluppo,
la diffusione e la manifestazione di tali competenze
15
VALUTAZIONE: FASI
Criteri misurazione
prestazioni
Campione di lavoratori
Raccolta dati
Definire task e competenze richieste
Validare modello competenze
Applicazioni
misure dirette, nomination capi,
val. colleghi, clienti, etc.
i performer superiori
interviste BEI, indagini, osservazioni
sistemi esperti, etc.
compiti e caratteristiche dei performe
“modello di competenze”
secondo campione di lavoratori
selezione, formazione
valutazione
percorsi di carriera
16
ESEMPI DI TECNICHE: VALUTAZIONE A 360°
autovalutaz.
superiori
subordinati
pari clienti
Attraverso questionari
strutturati
17
ESEMPI DI TECNICHE: ASSESSMENT CENTER
• “laboratorio” di osservazione dei comportamenti
• individuali o in gruppo
• simulazioni, interviste, questionari
• situazioni progettate specificamente per rappresentare la
specificita’ dei ruoli
• ipotesi: i comportamenti osservati e manifestati nel A.C. sono
rappresentativi dei comportamenti che verranno tenuti nelle
situazioni reali
• obiettivi:
• valutazione del potenziale
• individuazione aree di miglioramento
• selezione (interna ed esterna)
18
VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: LIMITI
Limiti dell’approccio tradizionale
• si tende a sottovalutare l’importanza delle
competenze professionali
• si tende a sottovalutare l’importanza dell’aspetto
relazionale e sociale nei processi di lavoro, anche ai
fini della performance
• Si tende ad assumere che i comportamenti dei best
performer, se replicati da altri, garantiscano
performance analoghe
19
VALUTAZIONE DELLA PRESTAZIONE
FINALITA’ TIPICHE
• Regolazione della dinamica retributiva individuale (per es.,
a supporto di tecniche quali il MBO – management by
objcetives)
• Raccolta di informazioni utili sugli individui
• Per percorsi di carriera, promozioni, turnover, etc.
• Supporto allo sviluppo delle persone e individuazione delle
esigenze di formazione
• Miglioramento della motivazione tramite feedback
• Individuazione delle esigenze di cambiamento
organizzativo
IN SINTESI
• Le organizzazioni possono agire in modo molto influente sui
comportamenti individuali e quindi sulle performance
• Si tratta di scelte che hanno una vera e propria valenza «strategica», nel
senso che possono determinare il successo (o meno) dell’organizzazione
• Per esempio, attraverso:
• la progettazione e l’organizzazione del lavoro
• per massimizzare la motivazione intrinseca attraverso attività che
valorizzino le preferenze e le passioni individuali, l’autonomia, le
opportunità di apprendimento e la condivisione degli obiettivi
• i sistemi di incentivazione e di retribuzione
• per focalizzare gli sforzi su specifici obiettivi, soddisfare i bisogni primari
delle persone, attirare e ritenere persone particolarmente capaci e
competenti
• i sistemi di valutazione
• per garantire percezioni di equità (distributiva e procedurale), per
innescare processi di apprendimento e diffusione delle migliori
pratiche, identificare le competenze necessarie e le esigenze di
miglioramento, collegare alla valutazione le politiche di incentivazione
LEAN THINKING FOR HEALTHCARE
1 – Origini del Lean Thinking
LA  MASS  PRODUCTION
La  fabbrica  modello  della  Mass-­Production  era  Ford:
-­ Henry  Ford  negli  anni  1910-­1920  conia  il  termine  Mass  production,  intesa
come  vendita  di  massa  di  prodotti/servizi  mancanti  sul  mercato  e  fortemente  
standardizzati  (es.  il  famoso  modello  T  in  vendita  fino  al  1928  che  ha  
raggiunto  i  2M  di  auto  vendute  nel  1925)
-­ Alla  base  del  Fordismo  vi  è  la  catena  di  montaggio  ed  il  Taylorismo
-­ La  produzione  era  basata  sull’aumento  continuo  della  produttività.  
Ciò  ha  portato  alla  riduzione  del  costo  unitario  di  prodotto
it  will  be  so  low  in  price  
that  no  man  making  a  good  salary  will  be  unable  to  own  one  (Henry  Ford)
-­ La  produzione di  massa è  tutt’ora utilizzata  in  alcune  parti  del  mondo
ORIGINI DEL LEAN THINKING
MASS  PRODUCTION  NELL’HEALTHCARE  
Specificità  della  Mass  Production:
-­ Mercato  ad  altissima  richiesta  di  prodotti/servizi  (mancavano  !)
-­ Scarsa  personalizzazione  prodotti/servizi
-­ Scarsa  qualità  (il  prodotto/servizio  in  sé  perché  mancava)
-­ Organizzazione  basata  sulla  specializzazione  dei  compiti
-­ Materie  prime  a  basso  costo
Simili  specificità  erano  presenti  in  sanità:
-­ Le  cure  non  erano  intese  come  ‘patient-­centred’
-­ I  percorsi  paziente  erano  poco  personalizzati  e  più  volti  all’efficienza  
tramite  standardizzazione  e  produttività  (patient as a  recipient)
-­ La  sostenibilità  della  spesa  pubblica  sanitaria  era  un  problema  relativo
ORIGINI DEL LEAN THINKING
MASS  PRODUCTION  
…soprattutto  la  MASS  PRODUCTION  ha  abituato  
a  considerare  le  risorse  
in  generale  a  basso  costo  e  ad  alta  accessibilità  !
ORIGINI DEL LEAN THINKING
Lo  scenario  macroeconomico  di  contorno  degli  anni  50-­70
US  ed  Europa:
-­ Materie  prime  ed  elettricità  facilmente  reperibili  a  basso  costo  (inclusi  
farmaci  e  dispositivi  medici)
-­ Manodopera  come  vero  costo  variabile  (US)
-­ Mercato  mai  saturo  e  risorse  finanziarie  abbondanti  
L’ERA  DELLA  MASS-­PRODUCTION  
Giappone:
-­ Materie  prime  da  importare  a  maggior  prezzo
-­ Manodopera  difficilmente  licenziabile
-­ Mercato  interno  asfittico  causa  enorme  crisi  finanziaria
TANTA  INVIDIA  PER  LA  MASS-­PRODUCTION
ORIGINI DEL LEAN THINKING
Nascita  del  TOYOTA  PRODUCTION  SYSTEM  
Di  necessità  virtù…
L’erede  Eiji Toyoda nel  1950  va  negli  Stati  Uniti  per  capire  
come  funzionasse  l’industria  US  dell’auto.  
Il  giovane  Toyoda era  determinato  nell’implementare  la  
Mass-­production  in  Toyota
Tornato in  Giappone e  confrontatosi con  il suo direttore di  stabilimento
Taiichi Ohno,  realizza però che nei suoi stabilimenti è  impossibile applicare la  
mass-­production
Ohno capisce che il sistema occidentale aveva tre grossi difetti:
-­ Difettosità alte
-­ Scarsa personalizzazione
-­ Grossi immobilizzi di  capitale e  spazi
NASCITA  DELLA  QUALITA’  COME  RIDUZIONE  DELLA  VARIABILITA’
La  mass  production  porta  con  sé  la  specializzazione  dei  compiti  e  la  produttività  
massima  del  singolo.  Pertanto  non  vi  è  enfasi  sulla  qualità
I  giapponesi  per  aumentare  la  qualità  dei  loro  prodotti  e  servizi  cominciano  a  
guardare  con  attenzione  quello  che  stava  succedendo  negli  USA  in  alcuni  
settori  avanzati  
ORIGINI DEL LEAN THINKING
LA  NASCITA  DEL  QUALITY  CONTROL  NEGLI  US
Nel  1939  Walter  Andrew  Shewart scrive  il  testo:  
Statistical  method  from  the  viewpoint  of  quality  control
Shewart inventa le  carte  di  controllo e  per  la  prima  volta introduce  il concetto del  
quality  control  (to  control  all’inglese),  spostando l’attenzione dai meri controlli
finali al  fare  bene  le  cose la  prima  volta riducendo la  variabilità insita nei
processi
Sfortunamente in  occidente per  molti anni il quality  control  è  rimasto nell’ambito
nucleare e  aereospaziale
Il  Quality  Control  diventa Total  Quality  Control  (TQC)  nel 1956  grazie ad  
un’importante libro di  Feigenbaum
ORIGINI DEL LEAN THINKING
TPS  E  TQM  (TOTAL  QUALITY  MANAGEMENT)
Taiichi Ohno capisce  che  l’industria  manifatturiera  
e  dei  servizi  Giapponese  doveva  combattere:
-­ Riducendo  gli  sprechi
-­ Aumentando  la  qualità
Il  Giappone comincia ad  acquistare consulenza dagli US.  
Negli anni ’60-­’70  assoldano Deming  e  Juran per  
quanto riguarda la  qualità
ORIGINI DEL LEAN THINKING
JAPANESE  TQC  (JTQC)  -­ TQM
L’  ’umanizzazione’  del  Quality Control  Americano  ad  opera  dei  Giapponesi,  
porta  alla  nascita  nel  1962  dei  primi  circoli  della  qualità.  
Due  fondamentali  principi  introdotti  in  Giappone:
-­ Team-­working
-­ Rapidità  di  risoluzione  dei  problemi  di  qualità.  
I  circoli  della  qualità  partono  in  Giappone  basandosi  prevalentemente  sulla  
volontarietà    
Come  approccio  al  problem solving Deming  nel  1950  inventa  la  famosa  ruota  
Plan-­Do-­Check-­Act (PDCA) che  entra  a  far  parte  del  DNA  di  ogni  processo  
di  miglioramento  (Kaizen)  inclusa  la  certificazione  ISO  9001  e  l’accreditamento
ORIGINI DEL LEAN THINKING
P	
  =	
  Pianificare	
  il	
  miglioramento,	
  darsi	
  obiettivi,	
  
costituire	
  il	
  team,	
  prendere	
  consapevolezza	
  del	
  
Problema,	
  analizzare	
  le	
  cause	
  	
  
D	
  =	
  Fare	
  per	
  migliorare,	
  trovare	
  la	
  radice	
  delle	
  cause,	
  
Piani	
  di	
  azione	
  per	
  ridurre	
  la	
  variabilità	
  	
  	
  
Continuos
Improvement
Kaizen
C	
  =	
  Controllare,	
  verificare	
  le	
  azioni	
  della	
  fase	
  D.	
  
A	
  =	
  	
  Studiare	
  il	
  percorso	
  svolto,	
  capire	
  cosa	
  si	
  può	
  imparare,	
  standardizzare	
  i	
  risultati	
  
ottenuti,	
  	
  pianificare	
  nuovi	
  miglioramenti	
  	
  
PDCA  – LA  RUOTA  DI  DEMING  PER  IL  MIGLIORAMENTO  CONTINUO
Continuos
Improvement
Kaizen
IL  TQM  PARTE  FONDAMENTALE  DEL  TPS
Il  TQM  diventa  una  componente  fondamentale  del  Toyota  Production  system,  in  
particolare  per  quanto  riguarda:
-­ Gestione  delle  risorse  umane
-­ Approccio  ai  problemi
-­ Riduzione  della  variabilità  dei  processi
Elemento  peculiare  del  TPS  diventerà  comunque  la  riduzione  degli  sprechi  e  la  
creazione  di  Valore  Aggiunto  
L’INTERESSE  IN  OCCIDENTE  AI  MODELLI  GIAPPONESI
I  consumatori  a  partire  dagli  anni  ‘70  in  poi  cominciano  a  richiedere  qualità  e  
personalizzazione  (dovuto  all’incremento  del  reddito  pro-­capite)
Le  risorse  di  materie  prime  cominciano  a  costare  sempre  di  più  in  occidente
e  la  spesa  pubblica  sanitaria  (Europea)  aumenta  continuamente  
Negli  anni  ‘80  gli  Stati  Uniti  affrontano  una  grossa  crisi  ed  i  Giapponesi  
invadono  il  mercato
Negli  anni  80-­90  escono  vari  libri  ed  articoli  di  divulgazione  sul  TPS  e  TQM,
in  particolar  modo  il  testo  ‘Lean  Thinking’  di  Womack e  Jones  
ORIGINI DEL LEAN THINKING
L’INTERESSE  IN  OCCIDENTE  AI  MODELLI  GIAPPONESI
Nei  primi  anni  2000  molte  realtà  sia  Americane  sia  Europee  avevano  applicato  
la  Lean  (57%  degli  interventi  totali  negli  USA).
Oggi  si  parla  di:
-­ Toyota  Production  System  -­TPS  (sistema  originale  inventato  da  Ohno)
-­ Lean  Production  (ridefinizione  occidentale  del  TPS)
-­ Lean  Thinking (applicazione  dei  principi  lean a  tutti  i  contesti)
-­ Lean  Office  (applicazione  dei  principi  lean agli  uffici)
-­ Lean  Healthcare  (lean applicata  alla  sanità)
-­ Lean  X  (lean qualsiasi  cosa!)
-­ Six Sigma  (evoluzione  americana  del  TQM)
-­ Lean  Six Sigma
ORIGINI DEL LEAN THINKING
LEAN  HEALTHCARE  
Nei  primi  anni  ‘90  il  sistema  Healthcare  Americano  inizia  ad  approcciare  il  
Lean  Thinking.  
Quattro  livelli  di  applicazione:
-­ Dipartimentale,  limitato  ad  unica  unità  operativa
-­ Percorsi  paziente  
-­ Intera  struttura
-­ A  livello  regionale  (es.  Regione  Toscana)  o  nazionale  (es.  NHS  UK)  
ORIGINI DEL LEAN THINKING
LEAN THINKING FOR HEALTHCARE
2 – I 7 sprechi ed il Valore Aggiunto
TOYOTA  PRODUCTION  SYSTEM  (TPS)  – I  SETTE  SPRECHI
- Sovrapproduzione
- Scorte
- Trasporti
- Difettosità
- Overprocessing
- Attese
- Movimenti umani
Dovuti  al  flusso  
Dovuti  al  lavoro  
SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
SOVRAPPRODURRE  
Sovrapprodurre nell’healthcare significa processare troppo di    
o  in  anticipo rispetto alla richiesta
Sovrapprodurre,  tipicamente,  è  fare  qualcosa quando non  ancora
richiesto
Esempi di  sovrapproduzione:
-­ Preparare in  farmacia troppi farmaci per  il reparto
-­ Programmare troppi interventi nella giornata/periodo
-­ Portare i pazienti troppo presto  in  diagnostica o  sala operatoria
-­ Acquistare troppi dispositivi o  farmaci
SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
SCORTE  
La  scorta è  un  tipico spreco legato  alla sovrapproduzione
Scorta è  qualsiasi cosa che rimane ferma in  qualche specifico spazio
per  un  determinato tempo
Scorta può essere un  insieme di  farmaci in  un  magazzino,  in  un  
armadietto di  reparto,    così come  un  insieme di  
documenti,  file  e  perfino una coda  di  
pazienti!
Cause  tipiche delle scorte:
-­ Sincronizzazione lungo i processi (sovrapproduzione)
-­ Lunghi tempi  di  change-­over  (setup)  
-­ Acquistare farmaci o  servire clienti per  ‘lotti’
-­ Colli di  bottiglia nel flusso/percorso/processo
-­ Parti del  processo che introducono difettosità
-­ Mentalità di  accettare come  fisiologica la  scorta o  le  code
-­ Credere che le  scorte di  prodotti possano dare  più servizio ai
pazienti
SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
TRASPORTI  
Un  eccesso di  scorte o  code  pazienti porta  ad  un  aumento dei trasporti
I  trasporti riguardano:
-­ Spostamenti di  farmaci e  dispostivi all’interno/esterno dell’ospedale
-­ Trasporti di  pazienti da  un  reparto ad  un  altro
-­ Trasporti di  documentazione/invio files
Cause  tipiche:
-­ Scarsa progettazione di  layout
-­ Creazione di  lotti di  prodotti
-­ Etc.
.
SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
OVERPROCESSING  
Overprocessing è  aggiungere/dare  più valore al  servizio rispetto a  quanto
richiesto dai pazienti/clienti interni
Esempi:  
-­ Controllare due  o  più volte  un  referto medico
-­ Effettuare raggi X  o  diagnostiche in  generale quando non  utili
-­ Fornire al  paziente informazioni non  utili
Cause:  
-­ Scarso training  o  skills
-­ Medicina difensiva ‘positiva’
-­ Scarsa comunicazioni fra le  parti
-­ Scarso standard-­work  (es.  documentazione ISO  9001  o  per  
l’accreditamento);;
-­ Macchine e  strumenti inadeguati
-­ Etc.  
.
DIFETTOSITA’  
Spreco di  derivazione TQC-­TQM.  La  difettosità introduce  i cosiddetti
Costi Della  Non  Qualità -­ Costs  Of  Poor  Quality  (COPQ)  
I  Costi della Qualità o  Cost  Of  Quality  (COQ)  sono divisi  di  solito in  3  categorie
chiamate PAF  (Prevention-­Appraisal-­Failure).  
I  COPQ  sono tipicamente legati ai Failure  e  parte  degli Appraisal  
.
COPQ
COQ
DIFETTOSITA’  -­ COST  OF  POOR    QUALITY  -­ ESEMPI  
Cost  Of  Poor  Quality  (COPQ)   Voci  
Difettosità  Esterna  (External  COPQ)   Polizze  per  rischio  clinico  
Danni  risarciti  al  paziente  
Perdite  di  immagine  
Perdite  di  ‘mercato’    
Difettosità  interna  (Internal  COPQ)   Infezioni    
Rifacimenti  di  diagnosi,  terapie,  etc.  
Referti  sbagliati  
Scarti  di  farmaci  e  dispositivi  monousi  
per  errori  
Meeting  e  riunioni  inefficaci  
Etc.    
Controlli  (Appraisal)   Controlli  non  necessari  per  scarsa  
confidenza  del  processo  
MOVIMENTI  DEL  CORPO  UMANO  
Spreco legato  all’eccessivo movimento del  personale
Esempi:
-­ Personale che va da  una parte  all’altra alla ricerca di  strumenti,  documenti,  etc.
-­ Personale che si muove troppo attorno alla postazione (es.  tavolo operatorio)
-­ Etc.
Movimenti sbagliati possono mettere a  rischio
sia la  sicurezza del  personale sia del  paziente
Cause:
-­ Scarsa progettazione del  layout  e  della postazione
-­ Personale con  scarso training  e  skills
-­ Scarso coinvolgimento del  personale
-­ Scarso ordine
-­ Attività svolte in  aeree isolate
-­ Etc.
Concetto della Golden  Zone,  tutto
a  portata di  mano senza muoversi
ATTESE  
Le  attese riguardano personale fermo non  in  attività,  ma  anche pazienti che
aspettano…
Esempi:
-­ Personale fermo davanti a  macchine di  laboratorio in  attesa che finiscano
-­ Medici  in  attesa di  un  referto da  un  altro reparto
-­ Personale fermo per  guasto macchina
-­ Personale in  attesa di  colleghi per  una riunione
Cause:
-­ Scarso bilanciamento fra le  attività
-­ Change-­over  alti
-­ Scarsa manutenzione preventiva
-­ Mancanza di  training  e/o  skills
-­ Mancanza di  ordine
-­ Scarso standard  work  (es.  doc  ISO  9001  o  accreditamento)
COSA  OTTENIAMO  RIDUCENDO  GLI  SPRECHI  ??
La fondamentale equazione Giapponese: meno sprechi=meno tempo
di processo (LEAD TIME, TEMPO DI ATTRAVERSAMENTO)
US motto: Lean means Speed
VELOCITA’  …     …….
SPRECO  E  VALORE  AGGIUNTO
L’opposto delle spreco è	
  il valore aggiunto o	
  VALUE	
  ADDED	
  (VA)	
  
Quando un	
  processo crea valore aggiunto?
VALUE  ADDED  =  EFFICACIA  +  EFFICIENZA  NELLE  ATTIVITA’
Valore Aggiunto è	
  trasformazione di	
  un	
  input	
  in	
  output	
  (lavorazione
o servizio)….
Però la	
  trasformazione deve dare	
  luogo a	
  qualcosa a	
  cui	
  il cliente
associa valore (efficacia,	
  condizione primaria)
e	
  al	
  minor	
  costo (efficienza)
VALORE  AGGIUNTO  E  NON
Leggiamo le seguenti attività, quali di queste attività è veramente a
Valore Aggiunto?
ü Muovere un paziente da un reparto ad un altro
ü Regolare il tavolo operatorio per l’intervento successivo
ü Inviare il referto in una busta ad un collega
ü Aspettare il risultato delle analisi del laboratorio
ü Prelevare un farmaco dall’armadietto per la somministrazione
ü Effettuare una risonanza magnetica da protocollo
ü Richiedere una firma di legge su un documento paziente
Attività  NVA  che
non  possono  essere  
rimosse
75%
Spreco  rimovibile  
15%
VA  <  10%
SPRECO  – VALORE  AGGIUNTO  (VA)  E  NON  (NVA)  
Sfortunatamente non	
  tutti gli sprechi si possono rimuovere….
ma	
  almeno proviamo a	
  ridurne qualcuno….
LEAN THINKING FOR HEALTHCARE
3 – MAPPARE LO SPRECO
MAPPATURE  QUALE  PUNTO  DI  PARTENZA    
Il	
  viaggio di	
  applicazione della Lean	
  Healthcare	
  inizia tipicamente con	
  mappature
Value	
  Stream	
  Map	
  per	
  calcolare quanto valore aggiunto stiamo dando al	
  cliente
-­‐ La	
  Value	
  Stream:
ü Si	
  effettua tipicamente per	
  percorsi paziente (es.	
  frattura femore)	
  
ü E’	
  un	
  documento vivo	
  ‘As-­‐Is’	
  che insegue un	
  ‘Future	
  State’
ü Calcola il Lead	
  Time	
  e	
  lo	
  confronta con	
  il process	
  o cycle	
  time
ü Permette di	
  vedere scorte/WIP	
  di	
  pazienti e/o	
  prodotti
-­‐ Spaghetti	
  Chart:
ü Permette di	
  calcolare le	
  distanze relative	
  ai trasporti pazienti/prodotti
-­‐ Makigami:
ü Entre	
  nel dettaglio del	
  flusso delle attività di	
  un	
  processo
ü Focalizzata su processi transazionali (senza prodotti fisici)
MAPPARE	
  LO	
  SPRECO
‘GO  TO  SEE’  – VALUE  STREAM  MAP  (VSM)  – AS  IS  
A&E	
  patient	
  flow
for	
  orthopaedic	
  
treatment	
  
C/T  =  18  min
2  patients
20  – 1  hour
C/T  =  45  min
Leadtime minim 198	
  min
Leadtime max 9h  13  min
Average time 375,5  min
Total  cycle time 103  min
30-­‐ 1	
  hour
‘SPAGHETTI  CHART’  SUL  LAYOUT  PER  VEDERE  I  TRASPORTI  
  FOE  =  first  orthopaedic  examination.  
FOE  
Radiology  
Orthopaedic  
specialist  
Hospitalisation  
Spaghetti  chart  of  a  patient  
80  m
460  m  
120  m  
First  floor  
450  m  
Up  to  
890  m  
Emergency  
department
Spostiamo	
  il
FOE	
  all’interno	
  
dell’Emergency
Department
Spostiamo	
  lo	
  
specialista	
  al	
  
primo	
  piano
contiguo	
  alla	
  
radiologia
Se	
  dimesso	
  deve	
  
proprio	
  tornare	
  al
Pronto	
  soccorso	
  ?
SPAGHETTI  CHART  
La  maratona  di  New  York  
del  paziente  
e  del  personale  interno  !
MAKIGAMI  MAPPING
ü Il  Makigami è  una tecnica di  mappatura di  dettaglio che si
concentra su un  processo dividendolo in  n attività.  Si  applica
particolarmente quando si ha  a  che fare  con  transazioni piuttosto
che flussi fisici
ü Deriva dalle tecniche Americane IT  di  Business  Process  Re-­
engineering  (BPR)
ü Così come  la  VSM,  il Makigami è  di  due  tipologie:
§ Current  State,  o  ‘as  is’
§ Future  State
ü E’  una potente lente di  ingradimento
Makigami,	
  ‘Visual	
  Management’
Chi  è  responsabile
dell’attività
Flusso delle attività
Dati/informazioni
relative  alle attività e  
ai miglioramenti
Cliente	
   Richiesta	
  
farmaco	
  
Addetto	
  al	
  
banco	
  
Verifica	
  
presenza	
  
prescrizione	
  
eprenotazione	
  
Verifica	
  
tessera	
  
europea	
  
Verifica	
  
presenza	
  
in	
  
magazzino	
  
Effettua	
  
scarico	
  da	
  
magazzino	
  
Verifica	
  
scorta	
  
minima,	
  
lancio	
  
ordine	
  
Addetto	
  
magazzino	
  
Picking	
  del	
  
farmaco	
  
Invio	
  
tramite	
  
scivolo	
  
PT	
   1	
  min	
   1	
  min	
   1	
  min	
   1	
  min	
   5	
  min	
   1	
  min	
   1	
  min	
   2	
  min	
   13	
  min	
  
LT	
   10	
  min	
   10	
  min	
   10	
  min	
   15	
  min	
   10	
  min	
   1	
  min	
   10	
  min	
   3	
  gg	
   3g+	
  66	
  min	
  
C&A	
   80%	
   95%	
   60%	
   95%	
   100%	
   70%	
   95%	
  
Head	
  time	
   10%	
   10%	
   30%	
   60%	
   10%	
   10%	
   20%	
  
IT/Form	
   Prescrizione	
  
via	
  gestionale	
  
Gestionale	
  
ASL	
  
Gestionale	
  
farmacia	
  
Gestionale	
  
farmacia	
  
Gestionale	
  
farmacia	
  
Gestionale	
  
farmacia	
  
Sprechi	
   Il	
  cliente	
  
quando	
  
arriva	
  non	
  
ha	
  una	
  
coda	
  
definita	
  
da	
  
seguire	
  e	
  
perde	
  
tempo	
  
Le	
  prescrizioni	
  
dell’oculistica	
  
spesso	
  sono	
  
errate	
  nel	
  tipo	
  
e	
  quantità	
  	
  
Gestionale	
  
ASL	
  
spesso	
  
lento	
  e	
  
non	
  
risponde	
  
Spesso	
  i	
  
farmaci	
  
compaiono	
  
in	
  giacenza	
  
ma	
  in	
  
realtà	
  non	
  
ci	
  sono	
  
I	
  farmaci	
  sono	
  
a	
  volte	
  negli	
  
scaffali	
  
sbagliati,inoltre	
  
l’addetto	
  al	
  
magazzino	
  può	
  
essere	
  
impegnato	
  con	
  
le	
  consegne	
  e	
  il	
  
banco	
  non	
  lo	
  
vede	
  
Lo	
  scarico	
  
con	
  scanner	
  
si	
  sospetta	
  
non	
  
funzioni	
  
bene	
  
oppure	
  
errore	
  
dell’addetto	
  
Non	
  tutti	
  
gli	
  ordini	
  
sono	
  fatti	
  
subito.	
  A	
  
volte	
  si	
  
rimane	
  
senza	
  
farmaco	
  
Miglioramenti	
   Creare	
  
una	
  sorta	
  
di	
  
corridoio	
  
Riunione	
  con	
  
oculistica	
  
Verifica	
  in	
  
anticipo	
  
Riunione	
  
con	
  
magazzino	
  
Riunione	
  con	
  
magazzino	
  
Provare	
  a	
  
sostituire	
  
scanner	
  
Inserire	
  
warning	
  
automatico	
  
nel	
  sw	
  
LEAN THINKING FOR HEALTHCARE
4 – 5S, UN PRIMO IMPORTANTE STRUMENTO
Il	
  metodo	
  delle	
  5S	
  è	
  il	
  punto	
  di	
  partenza	
  operativo	
  per	
  
l’introduzione	
  di	
  tutti	
  gli	
  altri	
  strumenti
Il	
  nome	
  si	
  riferisce	
  a	
  cinque	
  termini	
  giapponesi	
  che	
  rappresentano	
  le
fasi	
  in	
  cui	
  si	
  divide	
  la	
  metodologia:
1. Seiri – Separazione. Separare le cose utili da quelle inutili.
2. Seiton – Ordine. Sistemare in modo efficiente gli strumenti, le attrezzature,
i materiali e tutto ciò che deve essere utilizzato in prossimità della
postazione di lavoro, in modo da rendere semplice e rapido l’utilizzo da
parte di tutto il personale medico ed infermieristico
3. Seiso – Pulizia. Pulire e mantenere tale il posto di lavoro, attraverso
ispezioni continue e sistematiche delle postazioni e delle attrezzature.
4. Seiketsu – Standardizzazione. Standardizzare le attività del posto di lavoro e
rendere semplice e di facile comprensione per qualunque operatore
addetto, l’applicazione di tali procedure.
5. Shitsuke – Disciplina. Realizzare un posto di lavoro in grado di soddisfare e
rispettare nel tempo gli standard stabiliti.
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
1S
Il	
  Primo	
  passo	
  da	
  compiere	
  per	
  la	
  messa	
  a	
  punto	
  del	
  sistema	
  riguarda	
  
la	
  rimozione	
  dall’area	
  di	
  tutto	
  ciò	
  che	
  non	
  serve	
  al	
  processo	
  in	
  corso.
La corretta applicazione di questo punto permette di utilizzare in
modo ottimale lo spazio disponibile, ridurre le perdite di tempo per
la ricerca degli strumenti, farmaci, documenti, etc.; inoltre garantisce
il rispetto dei principi del JIT, cioè disporre di ciò che serve al
momento giusto. Di conseguenza si ottiene una riduzione di problemi
e interferenze nel flusso lavorativo, una maggiore qualità del servizio
e un aumento della produttività.
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
Durante	
  la	
  fase	
  di	
  separazione	
  tra	
  ciò	
  che	
  utile	
  e	
  non	
  utile,	
  si	
  deve	
  anche	
  
considerare	
  quanto	
  frequentemente	
  viene	
  utilizzato.
In	
  mancanza	
  di	
  questa	
  prima	
  “S”	
  si	
  ha	
  che:
ü I	
  reparti,	
  corsie,	
  sale	
  operatorie,	
  laboratori	
  e	
  perfino	
  le	
  vie	
  di	
  fuga
diventano	
  più	
  angusti
ü Cassetti,	
  armadietti,	
  depositi	
  sono	
  pieni	
  di	
  tutto
ü Attrezzature	
  e	
  strumenti	
  medici	
  in	
  buone	
  o	
  cattive
condizioni	
  sono	
  mescolati
ü Si	
  hanno	
  quantità	
  non	
  adeguate	
  di	
  WIP	
  di	
  farmaci	
  e	
  di	
  dispositivi
ü La	
  roba	
  è	
  nei	
  posti	
  più	
  scomodi
Grazie	
  a	
  questo	
  si	
  comprende	
  ciò	
  che	
  è	
  
effettivamente	
  utile
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
Come  implementare  la  prima  S:
La  tecnica  delle  3  scatole  ed  il  
cartellino  rosso
(Red  Tag)
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
COSE
INDISPENSABILI
COSE
FORSE	
  UTILI
COSE
INUTILI
Tecnica	
  delle	
  tre	
  scatole
1.	
  Identificare	
  tre	
  scatole	
  con	
  le	
  seguenti	
  diciture:	
  
2.	
  Svuotare	
  l’area	
  e	
  riempire	
  le	
  scatole
3.	
  Analizzare	
  i	
  contenuti
COSE
INDISPENSABILI
COSE
FORSE	
  UTILI
COSE
INUTILI
ok
analisi	
  più	
  dettagliata
eliminare!!!
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
Il  cartellino  rosso
ü Se siamo indecisi possiamo appendere un cartellino rosso agli
oggetti e metterli sotto osservazione per un periodo
ü Se qualcuno reclama per l’oggetto, deve dichiarare quale specifico
uso intende farne
ü Tutti gli oggetti che entro 3 – 6 mesi non vengono reclamati
vengono gettati via
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
General  
Information
Cathegory
Red  Tag  
Reason
Action  
to  be  done
Further  
Comments
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  PRIMA  S  
ü SEIRI.	
  Separare le	
  cose.	
  Ciò che serve	
  da	
  ciò che non	
  serve
ü Scegliere:	
  oggetti inutili negli scaffali,	
  documenti obsoleti,	
  file	
  obsoleti,
farmaci,	
  strumentazione,	
  etc
SERVE NON  SERVE
NON  SERVE
CARTELLE  CHE  
NON  SERVONO
?
2S
Le	
  COSE	
  UTILI	
  CHE	
  RIMANGANO	
  VANNO	
  SISTEMATE	
  IN	
  MODO	
  DA	
  
ESSERE	
  FACILMENTE	
  TROVARE,	
  UTILIZZATE	
  E	
  RIPOSTE
ü Codificare,	
  etichettare gli oggetti
ü Riorganizzare spazi,	
  scaffali,	
  armadietti,	
  etc.
ü Disporre gli oggetti secondo	
  la	
  frequenza d’uso:
§ BASSO	
  USO	
  (una volta ogni 6	
  ed oltre mesi)  -­‐ Locazione:	
  magazzini,
scaffalature centralizzate e	
  distanti dal	
  posto di	
  lavoro
§ MEDIO	
  USO	
  (una volta al	
  mese,	
  ogni 2-­‐3	
  mesi)  -­‐ Locazione:	
  magazzino di
reparto o	
  di	
  UO
§ ALTO	
  USO	
  (quotidiano o	
  settimanale)	
  -­‐ Locazione:	
  sul posto di	
  lavoro
ü Oggetti di	
  uso frequente devono essere sistemati in	
  posizioni comode ed
ergonomiche ad	
  altezza spalla-­‐ gomito
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
Oggetti nel magazzino centrale
per	
  chiunque
Il	
  posto di	
  lavoro:	
  
ogni cosa a	
  suo posto
Ergonomia,	
  tutto all’altezza giusta evitando
piegamenti e	
  spostamenti del	
  corpo
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
5S  – ORDINE,  PULIZIA,  LA  SECONDA  S
ü SEITON.	
  Mettere in	
  ordine ciò che serve.	
  Ogni cosa nel posto giusto
ü Classificare e	
  codificare i prodotti che servono.	
  Scegliere posizioni precise,	
  
scaffaluture precise,	
  codificare e	
  rendere ben	
  visibile.	
  Raccoglitori identificati per	
  i
documenti.	
  Cartelle precise	
  per	
  i file…etc.
Prima
PRIMA DOPO
5S	
  – Mettere in	
  ordine è	
  anche organizzare i flussi
Introduzione del	
  
Visual	
  Management
5S	
  – UN	
  PRIMO	
  IMPORTANTE	
  STRUMENTO
5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  TERZA  S  
ü SEISO.	
  Una volta messo tutto in	
  ordine,	
  occorre anche considerare
norme di	
  pulizia ed igiene della postazione di	
  lavoro e	
  di	
  ogni parte	
  della struttura
ü Pulire e	
  sanificare periodicamente,	
  evitare fonti di	
  contaminazione ed infezioni.
Cose molto scontate in	
  sanità…Lean	
  impone però il miglioramento delle condizioni
di	
  illuminazione e	
  di	
  riflettere su come	
  rendere più agevoli e	
  veloci i punti di
sanificazione e	
  pulizia…rendendo al	
  tempo	
  stesso più efficace la	
  pulizia
5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  QUARTA  S,  STANDARDIZZARE  
ü SEIKETSU.	
  Standardizzare e	
  darsi delle regole (possibilmente scritte e	
  visibili)
per	
  mantenere ciò che è	
  stato fatto e	
  condividerlo
STANDARD	
  WORK
ü Lo	
  Standard	
  Work	
  Giapponese non	
  è	
  però una complessa procedura per
l’accreditamento,	
  letta una volta e	
  poi	
  dimenticata,	
  è	
  documentazione semplice,	
  VISIVA,
migliorata continuamente e	
  spiegata a	
  tutti
VISUAL	
  MANAGEMENT	
  DEGLI	
  STANDARD	
  
5S  – ORDINE,  PULIZIA  E…DISCIPLINA  – LA  QUINTA  S  
ü SHITSUKE.	
  La	
  più difficile delle 5S,	
  la	
  prova del	
  nove per	
  capire se	
  siamo Lean	
  !
MANTENERE	
  NEL	
  TEMPO	
  CIO’	
  CHE	
  ABBIAMO	
  CREATO	
  
CON	
  LE	
  PRECEDENTI	
  4S
Mantieni	
  
l’ordine	
  !
LEAN THINKING FOR HEALTHCARE
5 – SMED
From
S.M.E.D.
Single  Minute  Exchange  of  Die
To
S.M.E.P.
Single  Minute  Exchange  of  Patient
SMED
IL  SET-­UP  O  CHANGE-­OVER
Sulla	
  nostra	
  VSM	
  a	
  volte	
  possiamo notare macchine ospedaliere/processi all’interno del	
  
percorso paziente con	
  alto	
  tempo	
  di	
  change-­‐over,	
  ovvero tempo	
  cambio da	
  un	
  paziente
ad	
  un	
  altro.	
  Il	
  change-­‐over	
  o	
  set-­‐up	
  porta	
  a	
  vari sprechi quali:
-­‐ Rallentamenti sul lead-­‐time	
  percorso paziente
-­‐ Formazione di	
  code	
  con	
  tempi	
  di	
  attesa (WIP	
  pazienti)
-­‐ Tendenza a	
  lavorare per	
  ‘lotti’	
  (gruppi di	
  pazienti trattabili similarmente,	
  campioni
simili,	
  etc.	
  )
-­‐ Perdite di	
  produttività personale e	
  infrastrutture ospedaliere (es.	
  Sala	
  operatoria,	
  TC,	
  
etc.)	
  	
  
Come	
  ridurre il Change-­‐Over	
  o	
  set-­‐up?
SMED
Inventato da	
  Shigeo	
  Shingo	
  in	
  Toyota	
  negli anni 1960
Il	
  termine originalmente si riferiva al	
  cambio dello stampo delle presse in	
  un	
  tempo	
  
contenuto in	
  una sola	
  cifra (0-­‐9	
  minuti)
SMED	
  oggi è	
  usato nel cambio rapido (quick-­‐changeover)	
  quando si parla di	
  
prodotti,	
  servizi e	
  perfino in	
  formula	
  uno e	
  nei voli aerei
Tecnica SMED
SMED	
  
SMED  – RIDUZIONE  DEI  TEMPI  DI  CHANGE  OVER
ü SMED.	
  Tecnica per	
  la	
  riduzione dei tempi	
  di	
  approntamento (set-­‐up)	
  delle macchine per
la	
  diagnosi,	
  terapia,	
  incluse la	
  sale	
  operatorie ed altri processi complessi
ü Concetti base	
  SMED:
§ Organizzare tutto al	
  meglio in	
  precedenza (5S,	
  Standard	
  Work,	
  Visual	
  Management)
§ Fare	
  più attività possibili in	
  parallelo durante il precedente intervento
§ Ridurre i tempi	
  delle attività interne	
  alla sala/macchina
ü In	
  sala operatoria si possono ad	
  esempio adottare soluzioni quali:
§ Migliorare i sistemi di	
  movimentazione paziente
§ Predisporre carrelli personalizzati per	
  intervento
§ Rendere più agibili le	
  connessioni ai gas	
  medicali,
rete,	
  etc.
§ Rendere più agevole la	
  pulizia e	
  sterilizzazione
SMED	
  
1-slide-del-corso conduttore impresa agricola 2023.pdf
1-slide-del-corso conduttore impresa agricola 2023.pdf
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  • 1. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (parte prima)
  • 2. Sommario Parleremo di: - Una breve introduzione alla disciplina - Modi generali di concepire i fenomeni organizzativi - Alcuni esempi le teorie organizzative siano fondate su tali concezioni - Alcuni esempi di come le teorie organizzative influiscano significativamente sulle pratiche
  • 3. L’ORGANIZZAZIONE COME DISCIPLINA (1) • L’organizzazione è una disciplina con caratteristiche peculiari: • Si occupa di studiare le organizzazioni intese come «fenomeni sociali» specifici • le imprese, le istituzioni, gli enti e le amministrazioni pubbliche, le organizzazioni informali etc. • Tipici oggetti di studio: le strutture formali, le attività e le mansioni, i processi di lavoro, etc. • Si occupa anche dell’organizzazione come «azione» (organizzazione non come sostantivo ma come verbo: «organizzare») • Tipici oggetti di studio: le decisioni e i comportamenti delle persone nei contesti organizzativi • Dalle scelte di progettazione organizzative di ampio respiro dei manager e dirigenti. ai comportamenti quotidiani delle persone • Gli elementi che influenzano il comportamento delle persone: i sistemi di incentivi, i sistemi di valutazione, la cultura, i simboli, le relazioni etc.
  • 4. L’ORGANIZZAZIONE COME DISCIPLINA (2) • E’ una disciplina che si trova al crocevia di molte altre discipline • Gli studi manageriali e aziendalistici, l’economia, la psicologia sociale, la psicologia cognitiva, la sociologia del lavoro, il diritto del lavoro etc. • Questa varietà di fenomeni, di temi e di influenze disciplinari genera: • Una moltitudine di approcci, teorie, strumenti e modi di analizzare interpretare la realtà • Vi sono tuttavia alcuni modi generali di concepire i fenomeni organizzativi • Le «CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE» • È importante conoscerli anche per chi non si occupa di teoria ma di pratica • Perché da essi discendono direttamente teorie e, di conseguenza, prassi molto diverse tra di loro • Hanno una natura epistemologica, cioè riguardano alternative diverse e non compatibili relative ai possibili modi di conoscere la realtà sociale (e dunque organizzativa)
  • 5. LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (in breve) 1. CONCEZIONE OGGETTIVISTA 1. CONCEZIONE MECCANICISTICA 2. CONCEZIONE ORGANICISTICA / FUNZIONALISTICA 2. CONCEZIONE SOGGETTIVISTA 3. CONCEZIONE PROCESSUALE
  • 6. LA CONCEZIONE OGGETTIVISTICA • L’organizzazione è un «oggetto» • Dunque è conoscibile attraverso modalità analoghe a quelle che utilizziamo per conoscere la realtà fisica • La realtà organizzativa (e sociale) è oggettiva, esiste a prescindere dai soggetti che la osservano e la studiano • Esistono dunque «leggi» e «modelli» universalmente validi che determinano il funzionamento dei sistemi sociali e organizzativi • Possono essere più o meno complesse • Conoscere la realtà sociale e organizzativa significa avvicinarsi il più possibile a scoprire con precisione tali leggi • E’ utile distinguere, specialmente nel campo degli studi organizzativi, due concezioni che hanno la stessa matrice epistemologica, pur differenziandosi in modi significativi: • La CONCEZIONE MECCANICISTICA • La CONCEZIONE FUNZIONALISTICA
  • 7. LA CONCEZIONE MECCANICISTICA (1) • La metafora principale è quella di MACCHINA • L’organizzazione è un grande, complesso sistema di «ingranaggi» (una macchina, appunto) governato da leggi oggettive, conoscibili e deterministiche • Esiste un modello organizzativo ideale e «ottimale», cioè un modo «perfetto» di organizzare • Cioè un modello che consente di arrivare al miglior risultato di efficacia e di efficienza • Tale modello ottimale può essere contingente alla diversità dei contesti (per es. i contesti di mercato) • Lo scopo di chi progetta le organizzazioni è di definire un modello che si avvicini il più possibile (date le conoscenze del momento) al modello «ottimale» • Dato il modello da seguire, il compito di chi dirige è fare in modo che tale modello sia applicato nel modo più rigoroso possibile • Occorre dunque evitare devianze rispetto al modello
  • 8. LA CONCEZIONE MECCANICISTICA (2) • La fonte principale di devianze sono le persone • Dunque, le persone, a livello operativo, sono più viste come fonti di problemi che non come risorse • Allo scopo di ridurre le devianze, le attività e i processi sono organizzativi per mansioni • Mansione come: ATTRIBUZIONE STABILE DI COMPITI ELEMENTARI • Il lavoro è standardizzato, formalmente definito, parcellizzato • Questo consente migliore flessibilità nelle progettazione e maggiore capacità di controllo e prevenzione delle devianze • La Struttura Organizzativa è essenzialmente una gerarchia di mansioni • Che risponde ad esigenze di parcellizzazione a livelli diversi, di supervisione e controllo, di trasmissione delle informazioni dai livelli decisionali a quelli esecutivi
  • 9. TAYLORISMO E FORDISMO • Il Taylorismo è il primo esempio di approccio sistematico all’organizzazione fondato sulla concezione meccanicistica • Frederick Taylor propose: • Uno studio scientifico, accurato e sistematico dei processi di lavoro, al fine di identificare la «ONE BEST WAY» (il modello ideale) • Le persone devono essere addestrate e devono attenersi scrupolosamente al modello • Il surplus economico derivante dal beneficio di efficienza deve essere distribuito in parte ai lavoratori, al fine di motivarli ad accettare di privarsi di ogni prerogativa decisionale • Henry Ford combinò i principi Tayloristici con l’automazione industriale • L’automazione consentiva vantaggi di efficienza ma anche di controllo • Nasce la grande impresa industriale moderna • Nasce anche il modo più diffuso di pensare al problema organizzativo: identificare il miglior modello possibile e implementarlo scupolosamente attraverso automazione e controllo
  • 10. LA CONCEZIONE ORGANICISTICA (1) • La metafora principale è quella di ORGANISMO • Come è nel caso degli esseri viventi, le organizzazioni devono soddisfare REQUISITI FUNZIONALI al fine di poter sopravvivere (o avere successo) e dunque istituiscono ORGANI che se ne occupino • Vi sono molti modi di concettualizzare quali siano le funzioni essenziali, vedremo alcuni esempi in seguito • Non viene abbandonata l’idea dell’esistenza (e dunque della ricerca) di un «Modello Ottimale» • tuttavia vengono riconosciute la complessità e l’incertezza come elementi sostanzialmente inevitabili • Dunque, le variazioni e devianze dal modello non sono necessariamente dannose • Le variazioni possono essere positive, purché «non disfunzionali», cioè purché contribuiscano positivamente al soddisfacimento dei requisiti funzionali dell’organizzazione
  • 11. LA CONCEZIONE ORGANICISTICA (2) • L’organizzazione (e la struttura organizzativa) non è più vista come un sistema di mansioni, ma un sistema di RUOLI • Il RUOLO è definito come un insieme di aspettative entro le quali il soggetto può agire in modo discrezionale, purché non lo faccia in modo disfunzionale • Il perimetro di ruolo può essere più o meno ampio a seconda del grado di complessità e incertezza dell’attività • È comunque il «sistema» (dunque il «modello» organizzativo predefinito) a determinare i confini di ruolo, e dunque a imporsi sul soggetto • In modo meno «parcellizzato» e standardizzato rispetto alla concezione meccanicistica, ma che comunque fa prevalere la razionalità del sistema (del modello) sulla razionalità (e le attitudini, le preferenze, ecc) dei soggetti • Ogni organizzazione deve a sua volta agire in modo funzionale ai meta- sistema in cui è inserita • Per esempio il mercato e la società • Così come ogni sotto-sistema (le unità organizzative, i team, fino alle singole persone) devono esserlo rispetto all’organizzazione • Se non si agisce in modo funzioanle, si viene sanzionati o espulsi dal sistema
  • 12. LA TEORIA CONTINGENTISTA (1) • L’approccio teorico più diffuso coerente con la concezione organicista / funzionalista è quello CONTINGENTISTA • L’idea principale: la progettazione organizzativa deve adattare l’organizzazione a vincoli e contingenze esterne • Per esempio, vincoli e contingenze ambientali (di mercato, ma non solo) e tecnologiche • È un altro modo di dire che l’organizzazione deve essere, in termini organizzativi, funzionali ai meta-sistemi nei quali è inserita • Un esempio: la teoria delle contingenze ambientali, di Lawrence e Lorsch • L’ambiente viene analizzato nei suoi componenti fondamentali: • Clienti, fornitori, concorrenti, mercato del lavoro, enti ed istituzioni legislative, istituzioni finanziarie, università e centri di ricerca, stampa e media, etc. • Tanto più è complesso e articolato l’ambiente esterno, tanto più l’organizzazione deve DIFFERENZIARSI al proprio interno
  • 13. LA TEORIA CONTINGENTISTA (2) • In altre parole, occorre avvicinarsi il più possibile a una corrispondenza tra complessità esterna ed interna • Tanto più complesso l’ambiente, tanto più differenziata al suo interno dovrà essere l’organizzazione • E viceversa • Il grado di complessità / differenziazione della struttura interna può essere analizzato rispetto a diversi elementi, per esempio: • Relazioni interne tra varie unità / componenti • grado di formalità / informalità • l’orizzonte temporale delle decisioni • lungo periodo vs. breve periodo • lo stile comportamentale più diffuso • orientato ai task vs. orientato alle persone • l’orientamento verso gli obiettivi • orientamento a obiettivi di unità vs. obiettivi organizzativi • Tuttavia, quando c’è un elevato grado di DIFFERENZIAZIONE, occorrono anche meccanismi di INTEGRAZIONE per ridurre la possibilità di conflitto. Ad esempio • piani e programmi • ruoli specificamente dedicati al collegamento • gruppi interfunzionali, comitati, etc.
  • 14. CONCEZIONE OGGETTIVISTA, IN SINTESI • Presume l’esistenza di meccanismi, leggi, modelli universalmente validi di «buona organizzazione» • La metafora della macchina, la metafora dell’organismo • Presume dunque un elevato grado di razionalità • Pur ammettendo diversi gradi di incertezza • In termini pratici, questo può tradursi in modi diversi di progettare l’organizzazione • Trovare una «one best way» e applicarla in modo rigido, senza ammettere deviazioni • Definire «perimetri» di ruolo, purché siano «funzionali» agli obiettivi organizzativi • Identificare «leggi di contingenza»: l’organizzazione deve essere adeguata a vincoli e contingenze esterne, secondo modalità predefinite • Nella SECONDA LEZIONE vedremo che ci sono altri modi di pensare e progettare l’organizzazione
  • 15. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE (parte seconda)
  • 16. Sommario Nella lezione precedente abbiamo: • Introdotto brevemente la disciplina organizzativa • Introdotto le diverse concezioni di organizzazone • Descritto la concezione oggettivista • Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione In questa seconda lezione parleremo di: • Concezione soggettivista • Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione • Concezione processuale • Con alcuni esempi di teorie informate da questa concezione
  • 17. LA CONCEZIONE SOGGETTIVISTA • Enfasi sulla soggettività, sulle strategie individuali, sugli aspetti emozionali e non razionali degli individui • L’organizzazione è vista come un fenomento «emergente», la risultante di innumerevoli azioni e decisioni soggettive • La comprensione dell’organizzazione non può basarsi su una razionalità oggettiva ed ex-ante, come nel caso dell’oggettivismo • Non c’è una razionalità «collettiva» (organizzativa) ma tante razionalità soggettive, imperfette, diverse, variabili, indeterminabili • Non c’è razionalità ex-ante ma «razionalizzazione» (razionalità ex-post) • Ciò che è condiviso, razionalizzato, dato per scontato, non è necessariamente più razionale • L’organizzazione dunque «emerge» in quanto tipizzazione / istituzionalizzazione di significati condivisi e comportamenti ricorrenti, accettati, legittimati • È una costruzione sociale e culturale, non l’affermazione di una razionalità superiore • Dunque la realtà organizzativa non è oggettivamente conoscibile, non ci sono «leggi universali» che determinano i fenomeni sociali • Possiamo solo descrivere le esperienze soggettive di ciascuno
  • 18. ESEMPI TEORICI: MEYER E ROWAN E L’ISTITUZIONALIZAZZIONE • Le strutture organizzative formali, sono “la manifestazione di potenti regole istituzionali le quali funzionano come miti altamente razionalizzati” • Le regole istituzionali riguardano prodotti, servizi, tecniche, politiche, programmi, ecc. • sono adottate dalle organizzazioni in modo cerimoniale al fine di acquisire legittimazione • La ricerca di legittimazione è dunque il meccanismo esplicativo principale per comprendere le strutture organizzative formali • Non l’efficacia o l’efficienza!!! • Come si acquisisce legittimazione? Attraverso la CONFORMITA’ ISTITUZIONALE • con la conformità (isomorfismo) le organizzazioni conquistano, manifestano e comunicano all’esterno la propria legittimazione • la struttura formale riflette i “miti” degli ambienti istituzionali • Sono “miti” di razionalità, nel senso che le istituzioni rappresentano modi tipici di agire e pensare a cui viene normalmente associata razionalità • in realtà non presentano necessariamente alcuna coerenza con la razionalità tecnica effettiva • Dunque non sono miti razionali, ma «razionalizzati»
  • 19. ESEMPI TEORICI: POWELL E DI MAGGIO E L’ISOMORFISMO • Isomorfismo COMPETITIVO • Relativo a come il mercato «spinga» le organizzazioni ad adottare certe strutture e pratiche • Isomorfismo COERCITIVO • Tutte quelle forme di influenza, formali e informali, che vengono esercitate su ogni organizzazione da altre organizzazioni dalle quali essa è soggetta a dipendenza • Vere e proprie coercizioni o anche obblighi legislativi • Isomorfismo MIMETICO • L’incertezza spinge le organizzazioni a trovare nell’imitazione un modo per fronteggiarla • Le organizzazioni di successo diventano “modelli” da imitare, nel tentativo di replicare tale successo. • Naturalmente, l’imitazione di chi ha successo non garantisce affatto il successo! • I processi mimetici possono avere varia natura • Imitazione di imprese di successo del proprio settore • Imitazione dovuta alla diffusione di «modelli» e «best practice» (consulenza ecc) • Isomorfismo NORMATIVO • processi di professionalizzazione, ossia lo sforzo da parte dei membri di una professione di definire le condizioni e i metodi del loro lavoro, al fine di controllare e stabilire la base per la loro legittimazione ad autonomia occupazionale • processi formativi, dunque la codificazione delle conoscenze e dei percorsi educativi formalizzati necessari ad accedere ai percorsi occupazionali
  • 20. LA CONCEZIONE SOGGETTIVISTA, IN SINTESI • Non c’è razionalità ex-ante, ma razionalizzazione • L’organizzazione come fenomeno «emergente», che deriva da processi di interazione tra soggetti, di condivisione di significati, di imitazione, di ricerca di legittimazione • Le strutture organizzative, le pratiche, i sistemi hanno una funzione «rituale» e «cerimoniale», finalizzata ad acquisire legittimazione • La progettazione organizzativa non ha «senso» in questa prospettiva: non esistono modelli «razionali», non esistono leggi universali di «buona organizzazione» • E’ una prospettiva sostanzialmente descrittiva, che non propone implicazioni precisi in termini di progettualità
  • 21. LA CONCEZIONE PROCESSUALE • L’organizzazione è concepita come sistema complesso di azioni e decisioni guidate da razionalità intenzionale e limitata • Non vi è razionalità forte, ma si considerano esplicitamente i limiti della razionalità umana (sia a livello individuale, sia organizzativo) • Al tempo stesso, le decisioni e le azioni sono orientate da intenzioni • Dunque il processo organizzativo è un percorso continuo di apprendimento relativamente a come connetteri mezzi (azioni) e fini (intenzioni) • Non ha dunque senso parlare di modello ottimale, ma di soluzioni continuamente ri-visitate in relazione a quanto i soggetti apprendono e a come ridefiniscono i propri obiettivi e le proprie azioni • La valutazione di ogni soluzione organizzativa si riferisce a criteri di «soddisfazione», non di ottimalità • Il processo di azioni e decisioni avviene in un contesto, dal quale è influenzato, ma a sua volta lo influenza (anzi, in un certo senso, lo crea e ri- crea continuamente) • Un aspetto decisivo è la «regolazione» di tale processo, cioè l’insieme di regole (formali e informali, consapevoli e inconsapevoli, previe e contestuali all’azione) che orientano le azioni e le decisioni • È dunque decisivo studiare tale processo di regolazione, e il modo in cui il potere di regolazione (si definire regole per sé e per altri) è distribuito nell’organizzazione, e nel rapporto tra organizzazione ed ambiente esterno
  • 22. ESEMPI TEORICI: HERBERT SIMON • Herbert Simon è è colui che per primo ha teorizzato la razionalità limitata e intenzionale per lo studio delle organizzazioni • Studiare le organizzazioni significa studiare le decisioni che i vari soggetti prendono al fine di raggiungere fini individuali e organizzativi • Decisioni che vengono prese attraverso una razionalità «umana», dunque non perfetta, con limiti ma guidata da intenzioni e valori • Occorre dunque studiare: • Le modalità e le premesse relative ai processi decisionali • Le premesse «di fatto» (di natura empirica: le informazioni, etc) • Le premesse «di valore» (di natura etica: le preferenze, etc) • Le modalità tipiche attraverso cui le persone valutano e decidono • LA «ANATOMIA» DELL’ORGANIZZAZIONE • Cioè il modo in cui il potere decisionale è distribuito • Per es., modalità più accentrate o più decentrate, con rispettivi vantaggi e svantaggi • LA «FISIOLOGIA» DELL’ORGANIZZAZIONE • Cioè i processi attraverso cui le organizzazioni influiscono sulle decisioni dei soggetti • Per es. l’autorità, l’addestramento, la comunicazione, l’identificazione, la programmazione
  • 23. LE CONCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE, IN SINTESI • Abbiamo visto i modi fondamentali di concepire i fenomeni organizzativi • Sono diversi «punti di vista», «visioni del mondo», concezioni del tutto generali di livello epistemologico e ontologico • Da ognuna di esse, discendono una pluralità di teorie • Anche molto diverse tra loro, per variabili considerate, schemi e strumenti analitici, interpretazioni, etc • Ogni teoria tuttavia rimanda a un certo tipo di concezione, e dunque condivide, a seconda della concezione di fondo su cui si basa, alcuni elementi fondamentali • Da ogni teoria poi discendono modi diversi di progettare e gestire le organizzazioni, in tutti i suoi aspetti • Le strutture formali, l’organizzazione del lavoro, le politiche di gestione delle persone etc. • Nelle prossime lezioni vedremo alcuni di questi aspetti
  • 24. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: I MECCANISMI DI COORDINAMENTO
  • 25. SOMMARIO • In questa lezione parleremo di progettazione organizzativa • Utilizzeremo un approccio classico alla progettazione, che consiste in due elementi fondamentali: • La identificazione di alcune variabili di progettazione • In questa lezione • La identificazione di alcune forme tipiche di strutture organizzativa • Nelle prossime lezioni
  • 26. LE VARIABILI DI PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA • Secondo l’approccio di H. Mintzberg, le fondamentali variabili di progettazione organizzativa sono le seguenti: • I MECCANISMI DI COORDINAMENTO • Adattamento reciproco • Supervisione diretta • Standardizzazione • Riguardante diversi elementi • LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE • Nucleo Operativo • Vertice Strategico • Linea Intermedia • Tecnostruttura • Staff
  • 27. STANDARDIZZAZIONE q La logica è di coordinare attraverso la predeterminazione dei comportamenti q il coordinamento è raggiunto già in fase di progettazione del lavoro, prima ancora che l’attività sia svolta •Il lavoro è svolto in conformità alle aspettative •3 TIPI DIVERSI DI STANDARDIZZAZIONE manager operatori operatori analisti input processi di lavoro output MECCANISMI DI COORDINAMENTO (1)
  • 28. q Sono predeterminati i contenuti del lavoro • Il processo di lavoro è scomposto in fasi che vengono strutturate prima dello svolgimento dell’attività • Il lavoro procede attraverso l’esecuzione delle attività predisposte seguendo in modo preciso le procedure stabilite • È tipico di attività che sono ripetitive e ben codificabili in procedure precise Standardizzazione dei processi MECCANISMI DI COORDINAMENTO (2)
  • 29. q Sono predeterminati i risultati del lavoro •L’attenzione è sull’esito del lavoro svolto •Può prevedere discrezionalità da parte dell’operatore relativa alle modalità di esecuzione •Permette il coordinamento preventivo delle diverse fasi di lavorazione Standardizzazione degli output MECCANISMI DI COORDINAMENTO (3)
  • 30. q Sono predeterminate le risorse necessarie per svolgere il lavoro •Sono standardizzate le conoscenze e le capacità necessarie per svolgere il lavoro •La definizione di un certo background culturale e il percorso di formazione seguito facilitano certi modelli comportamenti sul lavoro Standardizzazione degli input MECCANISMI DI COORDINAMENTO (4) • I 3 tipi di standardizzazione implicano un diverso grado di discrezionalità per le persone: • BASSA nel caso di standardizzazione dei processi • MEDIA nel caso di standardizzazione degli output • ELEVATA nel caso di standardizzazione degli input
  • 31. SUPERVISIONE DIRETTA q Il coordinamento avviene mediante il controllo diretto di un soggetto sugli altri q Il supervisore è responsabile del lavoro altrui, assegna i compiti e guida nello svolgimento • La divisione del lavoro e il grado di specializzazione aumentano la necessità di supervisione • I diversi standard non sono sufficienti ad assicurare il coordinamento (oppure non è possibile standardizzare, perché le attività non sono codificabili o ripetitive) • Inoltre, il supervisore può avere anche compiti di verifica e controllo del rispetto delle procedure esistenti, oltre che di coordinamento manager operatori operatori analisti MECCANISMI DI COORDINAMENTO (5)
  • 32. ADATTAMENTO RECIPROCO q Il coordinamento avviene mediante la comunicazione informale e l’adattamento dei comportamenti in base alle esigenze reciproche q Il controllo del lavoro resta nelle mani di coloro che lo eseguono • E’ particolarmente adatto a contesti in cui non è possibile standardizzare o creare una supervisione sufficientemente accurata • Oppure dove le attività sono complesse e dunque non è possibile codificarle in anticipo, e c’è bisogno di una combinazione di competenze diverse al fine di svolgere le attività in modo efficace • Nelle organizzazioni più grandi caratterizza l’inizio di processi innovativi: in fase di sperimentazione è impossibile prevedere con esattezza le attività da svolgere e coordinare adeguatamente il lavoro • Il successo dipende dalla capacità degli specialisti di adattarsi l’uno all’altro, e di combinare in modo efficace le rispettive capacità e competenze manager operatori operatori analisti MECCANISMI DI COORDINAMENTO (6)
  • 33. Standardizzazione input Standardizzazione output Standardizzazione processi Supervisione diretta Adattamento reciproco In piccoli gruppi o team, le persone possono adattarsi reciprocamente. Più il gruppo cresce, meno è in grado coordinarsi informalmente. Emerge il bisogno di leadership Al crescere del volume delle attività, il bisogno di standardizzazione cresce. Se le attività sono semplici, sono standardizzati i processi Quando le attività complesse sono difficilmente codificabili, l’attenzione si sposta sui risultati Se neppure i risultati possono essere standardizzati, si omogeneizzano le competenze e le conoscenze delle persone I MECCANISMI DI COORDINAMENTO: SINTESI
  • 34. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE
  • 35. SOMMARIO • In questa lezione continueremo a parlare di progettazione organizzativa • Nella lezione precedente abbiamo visto i meccanismi di coordinamento, ossia • Adattamento reciproco • Supervisione diretta • Standardizzazione dei processi • Standardizzazione degli output • Standardizzazione degli input • In questa lezione vedremo le principali «parti» dell’organizzazione, ossia: • Nucleo Operativo • Vertice Strategico • Linea Intermedia • Tecnostruttura • Staff
  • 36. INTRODUZIONE • Ogni organizzazione può essere vista, secondo le logica della progettazione organizzativa classica, come formata da «parti» • cioè insiemi di persone e attività che sono, in genere: • collegate tra di loro in modo più diretto rispetto ai collegamenti con altre persone e attività (collocate in altre parti) • o che comunque hanno caratteristiche simili, per competenze, ruoli e responsabilità e funzioni • possono corrispondere a uffici, unità, divisioni o altre «entità» organizzative specifiche, o a insiemi di queste; ma il criterio di differenziazione più importante è quello «logico», legato al tipo di attività e funzioni svolte, non il criterio di articolazione gerarchico- formale • Vediamo quali sono le parti più «tipiche», pur sapendo tuttavia che nella realtà ogni organizzazione è almeno parzialmente diversa da tutte le altre, e dunque avrà particolarità e unicità che possono renderle anche significativamente diverse dalla rappresentazione semplificata che viene qui proposta
  • 37. Nucleo operativo • Il nucleo operativo costituisce la «base» dell’organizzazione • Gli operatori svolgono l’attività fondamentale all’ottenimento di prodotti e servizi 1) procurano gli input materiali per la produzione (ad es., il reparto approvvigionamento”) 2) trasformano gli input in output 3) distribuiscono gli output 4) forniscono un supporto diretto ad altri operatori (ad es., la manutenzione dei macchinari) IL NUCLEO OPERATIVO
  • 38. Nucleo operativo •Interpreta l’ambiente e sviluppa la strategia dell’organizzazione •Ha la responsabilità del raggiungimento della «missione» e degli obiettivi generali •Alloca le risorse •Autorizza decisioni importanti •Interagisce, sviluppa relazioni, negozia accordi con attori rilevanti dell’ambiente esterno Vertice strategico IL VERTICE STRATEGICO
  • 39. Linea intermedia Nucleo operativo • A maggiori livelli di articolazione e di volume di attività si diffonde il bisogno di supervisione • Aumenta il bisogno di trasmettere informazioni dal nucleo al vertice strategico, e viceversa • Di trasformare le decisioni strategiche in piani ed azioni operative • E di informare il vertice strategico sull’andamento dell’attività operativoa Vertice strategico LINEA INTERMEDIA
  • 40. Linea intermedia Nucleo operativo • I manager di linea svolgono alcune funzioni fondamentali: 1) Raccolgono informazioni di feedback sulla performance della propria unità e le trasmettono ai manager di livello superiore 2) Intervengono nel flusso delle decisioni, riportando a livello superiore quelle più critiche 3) Allocano risorse nella propria unità 4) Contribuiscono ai processi di valutazione delle persone 5) Gestiscono le relazioni con i manager di altre unità 6) Definiscono i piani della propria unità / gruppo, in modo coerente con quella aziendale Vertice strategico LINEA INTERMEDIA
  • 41. Linea intermedia Nucleo operativo •E’ composta da specialisti il cui compito è definire gli standard utili al coordinamento •Le responsabilità degli analisti si distinguono da quelle dei manager •I compiti di controllo dei manager sono ridimensionati grazie agli standard prodotti dalla tecnostruttura •Viene di fatto istituita un’ulteriore distinzione: chi esegue, chi dirige, chi standardizza Vertice strategico TECNOSTRUTTURA
  • 42. Linea intermedia Nucleo operativo • Sono distinguibili tre tipi di analisti, in relazione alle tre forme di standardizzazione − gli analisti del lavoro che standardizzano i processi di lavoro (es. gli ingegneri di produzione) − gli analisti di pianificazione e controllo (ad es., addetti al controllo qualità) che standardizzano gli output − gli analisti di problemi del personale (ad es., i formatori, i reclutatori), che standardizzano le capacità Vertice strategico TECNOSTRUTTURA
  • 43. Linea intermedia Nucleo operativo •Le staff di supporto forniscono servizi indiretti, spesso di ausilio alle attività primarie (di produzione di attività e di servizi) •Il servizio fornito può essere considerato come «esterno» al flusso di lavoro (es.: servizio pulizie, servizio mensa, ufficio spedizioni, ecc.) •Possono essere affidati ad enti terzi, o svolti internamente •Possono operare a qualsiasi livello (es., l’ufficio legale, se rende servizi al vertice, opera a livello direzionale) Vertice strategico Tecno- struttura Staff STAFF
  • 44. - consiglio d’amministrazione - presidente - comitato di direzione - organi di staff del presidente - ufficio legale - relazioni pubbliche - relazioni industriali - ricerca e sviluppo - determinazione prezzi - amministrazione del personale - mensa - pianificazione strategica - controllo - formazione - ricerca operativa - programmazione produzione - analisi del lavoro - impiegati della tecnostruttura - responsabile marketing - responsabili stabilimento - responsabile produzione - manager regionali vendita - capireparto - compratori - addetti alle macchine - addetti al montaggio - venditori e addetti al front-office LE PARTI: ESEMPI
  • 45. ORGANIGRAMMA • Rappresentazione delle responsabilità formali • Tipo di posizioni • Relazioni formali Enfasi sulla supervisione diretta FLUSSI DI AUTORITA’ FORMALE
  • 46. flusso di informazioni sulla produzione flusso di ordini discendenti lungo la gerarchia: controllo del nucleo operativo flusso di informazioni ascendenti lungo la gerarchia: Feedback flusso di informazioni dalla tecnostruttura per le decisioni flusso di informazioni dallo staff per le decisioni Enfasi sulla standardizzazione e sulla supervisione FLUSSI DI COMUNICAZIONI FORMALI
  • 47. Enfasi sull’adattamento reciproco • Sociogramma / rappresentazione delle relazioni effettive • Rappresentazione informale di potere FLUSSI DI COMUNICAZIONI INFORMALI
  • 48. Aggregazione in gruppi per lo svolgimento dell’attività Enfasi sull’aggregazione informale LE COSTELLAZIONI DI LAVORO Anche in modi parzialmente trasversali alle gerarchie formali
  • 49. Enfasi sui processi decisionali 1 2 3 4 5 5 6 Organizzazione come insieme di decisioni formulate ai diversi livelli da soggetti in posizioni differenti I FLUSSI DI DECISIONI
  • 50. LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE, IN SINTESI • E’ possibile identificare parti «tipiche» dell’organizzazione, distinguibili per attività e funzioni svolte • E’ possibile identificare flussi e relazioni tipiche tra e dentro tali parti • Non tutte le parti sono sempre presenti e/o hanno la stessa rilevanza in tutte le organizzazioni • Infatti, il modo in cui queste parti si configurano da’ luogo a «forme tipiche» anche molto diverse tra di loro • Lo vedremo nella prossima lezione
  • 51. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE LE FORME ORGANIZZATIVE Prof. Giovanni Masino
  • 52. SOMMARIO • Nelle lezioni precedenti abbiamo visto alcune tra le più importanti variabili di progettazione organizzativa • Oggi vedremo come tali variabili possono condurci a identificare forme organizzative tipiche • Per «forme organizzative» intendiamo configurazioni formali, riguardanti la struttura dei ruoli e delle responsabilità • tuttavia, le configurazioni formali hanno anche influenza su tutti gli aspetti formali che abbiamo visto in precedenza • flussi informativi, relazioni, processi decisionali etc. • Queste forme sono «tipiche» nel senso che si trovano più di frequente. Tuttavia va considerato che: • si tratta di rappresentazioni sintetiche e semplificate, che ovviamente non descrivono in modo preciso la realtà • ogni organizzazione reale è, per almeno qualche aspetto, unica, e le «varianti» sono sostanzialmente illimitate
  • 53. •Tecnostruttura assente o molto limitata •Gerarchia manageriale poco sviluppata •Linea intermedia trascurabile •Ricorso minimo a pianificazione, formazione e meccanismi di collegamento •Coordinamento tramite supervisione diretta STRUTTURA SEMPLICE
  • 54. •Il vertice è la parte più importate dell’organizzazione •Potere accentrato al vertice (spesso un’unica persona) •Ampiezza del controllo elevata •Comunicazione spesso informale tra vertice e tutti membri dell’organizzazione •Formulazione della strategia da parte di un’unica persona •Processo di innovazione legato all’attività del vertice STRUTTURA SEMPLICE
  • 55. q Elevato senso della missione q Forte sviluppo del senso di appartenenza all’organizzazione alimentato da rapporti diretti con il vertice q Strategia informata da una elevata conoscenza delle caratteristiche del nucleo operativo q Processi decisionali snelli q Sovrapposizione tra problemi strategici e problemi operativi q Sorti organizzative fortemente dipendenti da una o poche persone q Accentramento può rivelarsi inefficace per fronteggiare ambienti complessi VANTAGGI SVANTAGGI STRUTTURA SEMPLICE
  • 56. •L’organizzazione è strutturata come una macchina integrata e regolata •Le attività operative sono routinarie e ripetitive (richiedono poco addestramento) •Compiti operativi specializzati •Procedure formalizzate •Elevato ricorso a regole •Canali comunicativi formalizzati •Il coordinamento avviene attraverso la standardizzazione dei processi di lavoro BUROCRAZIA MECCANICA
  • 57. • La tecnostruttura è la componente fondamentale dell’organizzazione • La standardizzazione risolve gran parte delle interdipendenze. Le responsabilità dei supervisori sono limitate a: 1. Supervisione diretta del nucleo operativo 2. Collegamento tra nucleo operativo e tecnostruttura 3. Trasmissione delle informazioni dal nucleo operativo al vertice e degli ordini dal vertice al nucleo operativo • Enfasi sul controllo − Efficienza processi/riduzione incer- tezza − Riduzione conflitti BUROCRAZIA MECCANICA
  • 58. q Enfasi sull’efficienza q Possibile gestire volumi di attività elevati e conseguire economie di scala q La ripetitività delle attività consente specializzazione e apprendimento (economie di specializzazione) q Ridotta attenzione alla componente umana − Significato del lavoro − Problemi motivazionali VANTAGGI SVANTAGGI BUROCRAZIA MECCANICA
  • 59. •Caratterizza le organizzazioni nelle quali le capacità e le conoscenze del nucleo operativo sono fondamentali •Il coordinamento è assicurato dalla standardizzazione delle capacità •I lavoratori (spesso professionisti) operano in maniera relativamente indipendente dai propri colleghi e a stretto contatto con i clienti •L’autorità è più legata allo spessore professionale delle persone che alla posizione formale nella gerarchia • I processi sono difficilmente standardizzabili dalla tecnostruttura perché troppo complessi BUROCRAZIA PROFESSIONALE
  • 60. •Lo staff di supporto è sviluppato ed è al servizio del nucleo operativo •Ai professionisti del nucleo operativo sono affidati due compiti principali: 1) identificare le esigenze del cliente 2) applicare un opportuno programma d’azione •Gli output non possono essere facilmente quantificati e misurati •Il controllo esercitato dai professionisti riguarda il proprio lavoro e le decisioni amministrative (i manager devono appartenere alla professione o essere legittimati dai professionisti) BUROCRAZIA PROFESSIONALE
  • 61. q Questa configurazione for- male appare democratica perché attribuisce potere ai membri q Ampia autonomia dei membri e bassa esigenza di coordinamento q Basso numero di vincoli (a parte gli standard imposti dalla professione) q Meccanismo di coordinamento «blando» (basato sulle capacità) q Scarsa integrazione legata alla forte autonomia dei membri q Potenziali conflitti tra professionisti interessati a soddisfare lo stesso bisogno VANTAGGI SVANTAGGI BUROCRAZIA PROFESSIONALE
  • 62. • Appare come un complesso di entità quasi-autonome • Ogni divisone ha una propria organizzazione • Le divisioni sono strutturate in base al mercato (o una combinazione prodotto/ mercato). Ogni mercato servito dall’organizzazione viene gestito da una divisione FORMA DIVISIONALE
  • 65. Elabora la strategia complessiva La direzione generale per ciascuna divisione Alloca le risorse finanziare Controlla le performance prodotto: bene o servizio reso La progettazione avviene sulla base degli output di produzione mercato: clienti o bisogni serviti area geografica: zona territoriale presidiata dall’unità divisionale Fornisce servizi di supporto FORMA DIVISIONALE: CARATTERISTICHE (1)
  • 66. Molte decisioni delegate alle singole unità Adattamento alle esigenze di prodotto, geografiche o di clientela Si favorisce un maggiore coordinamento tra le diverse unità funzionali Controllo del vertice attraverso la definizione e la standardizzazione dell’output Velocità di cambiamento e rapidità nell’adattamento FORMA DIVISIONALE: CARATTERISTICHE (2)
  • 67. ADHOCRAZIA • Adatta a contesti in cui serve un alto grado di innovazione, creatività • Tipicamente in ambienti o mercati particolarmente dinamici o complessi • Tipica anche di organizzazioni giovani, di recente costituzione • Il lavoro è svolto principalmente in team, su progetti, e la specializzazione è orizzontale (non verticale) • Il coordinamento prevalente è il reciproco adattamento • I team sono eterogenei, e possono includere specialisti di vario background, staff e manager • La distinzione tra linea e staff si sfuma, fino a confondersi del tutto
  • 68. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE PROCESSI MOTIVAZIONALI
  • 69. SOMMARIO • Nelle lezioni precedenti abbiamo visto alcuni elementi essenziali di progettazione organizzativa • con uno specifico focus sulla progettazione delle strutture • In queste ultime lezioni ci concentreremo su alcuni aspetti relativi alla gestione delle persone e dei comportamenti organizzativi • Il focus principale sarà sui processi motivazionali • E’ un aspetto di enorme importanza perché: • influisce direttamente sulla performance delle persone e dei gruppi, e dunque dell’organizzazione • è strettamente collegato con diverse politiche di gestione delle risorse umane (in particolare, ma non solo, le politiche di incentivazione) • è strettamente collegato con numerosi aspetti di progettazione organizzativa e, in particolare, di organizzazione del lavoro
  • 70. TEMI AFFRONTATI e CONCETTO GENERALE • Vedremo nel dettaglio: • GLI APPROCCI CLASSICI ALLA MOTIVAZIONE • LA MOTIVAZIONE INTRINSECA E IL RAPPORTO CON L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO • IL RAPPORTO TRA INCENTIVI, POLITICHE DI INCENTIVAZIONE E MOTIVAZIONE • Che cosa intendiamo per motivazione? • In questa sede adottiamo una accezione molto generale • Per motivazione (dal latino “movere”) si intende l’insieme delle ragioni e dei processi che spiegano le azioni delle persone, e che dunque sono collegate ai loro desideri, intenzioni, bisogni • Vi sono moltissime teorie e approcci diversi ai contenuti delle motivazioni e ai processi motivazionali che conducono al comportamento
  • 71. APPROCCI CLASSICI: MASLOW Teoria centrata sul concetto di bisogno Le ragioni del comportamento umano sono da ricercarsi nella tensione che accomuna indistintamente ciascun individuo a soddisfare specifici bisogni, materiali, biologici o psicologici Need-Satisfaction Theory •La spinta a colmare le carenze avvertite “muove”, anche a livello inconscio, a compiere specifiche azioni; •Il comportamento può essere spiegato (e quindi previsto) a partire dall’analisi dei bisogni sottostanti
  • 72. LA «PIRAMIDE DEI BIOSGNI» BISOGNI FISIOLOGICI (aria, acqua, cibo, sonno, ecc). Sono bisogni primari e fondamentali propri della natura umana BISOGNI DI SICUREZZA , attengono la necessità di raggiungere la stabilità (casa, famiglia, lavoro) BISOGNI DI APPARTENENZA, attengono la necessità di essere accolti, accettati, benvoluti. È il desiderio di appartenere a un gruppo e di sentirsi necessari agli altri BISOGNI DI AUTOSTIMA, riguardano il bisogno di competenza o della padronanza nel fare qualcosa e di riconoscimento che viene dagli altri BISOGNI DI AUTO-REALIZZAZIONE, riguardano il bisogno di realizzare la propria identità e le proprie aspettative occupando una posizione ritenuta adeguata nel mondo sociale
  • 73. LA LOGICA SOTTOSTANTE ‘‘È vero che l’uomo vive di solo pane, quando non ce n’è. Ma che cosa avviene dei desideri umani, quando c’è abbondanza di pane e quando il ventre è cronicamente pieno? Avviene che subito compaiono altri (e di più alti) bisogni e sono questi a dominare l’organismo invece della fame fisiologica. Quando questi, a loro volta sono soddisfatti, di nuovo nascono altri (e ancora più alti) bisogni, e così via. E’ questo che intendiamo, quando diciamo che i bisogni umani fondamentali sono organizzati in una gerarchia di prepotenza relativa’’ I bisogni determinano il comportamento e organizzano il comportamento in modo ordinato I bisogni soddisfatti cessano di determinare azioni finché non riemergono Soddisfatto un bisogno, ciò che orienta il comportamento sono i bisogni ancora insoddisfatti (di ordine superiore) Il bisogno di ordine superiore non viene ricercato (quindi non è motivante) finché non viene soddisfatto il bisogno di ordine inferiore
  • 74. IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE politiche di incentivazione: gli incentivi devono essere offerti in modo da accogliere le esigenze dei lavoratori e provvedere al soddisfacimento dei bisogni: essenziali, attraverso il salario e un lavoro sicuro sociali e di stima, favorendo le relazioni umane, le associazioni, il senso di appartenenza all’impresa, offrendo riscontri sui risultati ottenuti, ecc. di autorealizzazione, offrendo lavori stimolanti, opportunità di crescita, ecc.). La struttura «gerarchica» dei bisogni suggerisce anche un preciso ordine di priorità nella progettazione delle politiche di incentivazione
  • 75. LIMITI E CRITICHE Quale progressione tra livelli della piramide? Quale modalità di soddisfacimento? E’ davvero così semplicistico il rapporto tra diversi tipi di bisogni? Non è possibile che diversi bisogni, collocati a livelli diversi, abbiano un effetto motivazionale in modo non sequenziale? Gli individui mostrano preferenze diverse in relazione al modo in cui i bisogni possono essere soddisfatti? Determinismo / eccesso di generalizzazione: l’individuo, il soggetto (le differenze individuali) sembrano avere bassissima o nessuna rilevanza nel modello di Maslow Quali differenze individuali?
  • 76. ALTRI MODELLI SIMILI • Vi sono numerosi altri approcci simili, per impostazione generale, a quello di Maslow • HERZBERG teorizza che diversi fattori agiscono, sempre attraverso il meccanismo dei bisogni, in modo diverso sulla soddisfazione e sulla insoddisfazione degli individui • i fattori IGENICI, se presenti, riducono la insoddisfazione, ma non generano soddisfazione • sono i fattori collocati più in basso nella gerarchia di Maslow • i fattori MOTIVAZIONALI, se presenti, generano soddisfazione • sono i fattori collocati più in alto nella scala di Maslow • soddisfazione e insoddisfazione sono viste come variabili distinte, che possono variare in modo indipendente • MCCLELLAND ipotizza che i bisogni fondamentali dell’uomo siano il bisogno di SUCCESSO, il bisogno di POTERE e il bisogno di AFFILIAZIONE • ogni soggetto è naturalmente più sensibile ad alcuni bisogni rispetto ad altri
  • 77. VROOM e L’ASPETTATIVA - VALENZA • Secondo Vroom, l’approccio focalizzato sui bisogni non è sufficientemente preciso e completo • L’individuo agisce perché vuole, attraverso le proprie azioni, raggiungere un determinato obiettivo o risultato, e agisce in base alle sue aspettative relative allo sforzo che egli ritiene necessario per ottenere una certa prestazione, e al rapporto di causa / effetto tra prestazione e risultato che egli ritiene sussistere • Vediamo come questa idea si traduce in un modello specifico 10
  • 78. Percezione di • Autoefficacia • Autostima • Competenze possedute • Locus of control • Chiarezza degli incentivi • Trasparenza delle politiche • Valori • Preferenze • Bisogni • Obiettivi Sforzo Prestazione Risultato Motivazione Aspettativa Strum entalità Valenza Aspettativa credenza che un certo sforzo permetta di ottenere particolari prestazioni Strumentalità: credenza che una data prestazione permetta di ottenere certe ricompense Valenza: preferenza personale verso una certa ricompensa IL MODELLO DI VROOM
  • 79. IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE Aspettativa rimuovere gli ostacoli al conseguimento dei risultati • autonomia • supporto • feedback • mezzi a disposizione • Chiarezza politiche premianti • Trasparenza comunicazione • Valutazione delle preferenze soggettive nelle tecniche di incentivazione Chiarire i comportamenti premiati Indagare le preferenze dei lavoratori Strumentalità Valenza
  • 80. IN CONCLUSIONE • Nel complesso, gli approcci che abbiamo visto, cercano di identificare meccanismi motivazionali di tipo «universale» • per esempio, basato sui bisogni e sui loro effetti sulla motivazione • oppure, basato su rapporti di strumentalità tra azioni e conseguenze in termini di risultati attesi • Il vantaggio, importante, è la semplicità dell’approccio, e dunque il fatto che questi modelli possano essere tradotti facilmente in suggerimenti e politiche per la gestione delle persone e per l’organizzazione del lavoro • Lo svantaggio, altrettanto importante, è che si sottovaluta, o si trascurano: • l’unicità dei singoli individui (le preferenze individuali, la personalità, il percorso esperienziale ecc.) • l’unicità dei contesti organizzativi (la cultura organizzativa, etc)
  • 81. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE MOTIVAZIONE INTRINSECA E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
  • 82. INTRODUZIONE • Un approccio decisamente diverso dagli approcci classici alla motivazione è quello pone il focus sulla MOTIVAZIONE INTRINSECA • Una distinzione essenziale • la MOTIVAZIONE ESTRINSECA deriva da fattori motivanti che sono «esterni» all’attività svolta • INCENTIVI ECONOMICI, BENEFIT, PROMOZIONI etc. • il presupposto è che tanto più viene incentivata una certa attività (o la performance relativa a tale attività), tanto più le persone saranno motivate a svolgere quella attività, e tanto più aumenterà la loro performance, se correlata appunto all’incentivo • come vedremo, ci sono alcuni problemi con questa impostazione • la MOTIVAZIONE INTRINSECA riguarda il fatto che le persone sono motivate da elementi «interni» all’attività, cioè dal fatto di svolgere l’attività in sé, purché abbia alcune specifiche caratteristiche • è una impostazione estremamente importante ed efficace, ma ampiamente sottovalutata e sottoutilizzata nella pratica organizzativa • In questa lezione parleremo di questo
  • 83. LA MOTIVAZIONE INTRINSECA • La motivazione intrinseca deriva da una serie di caratteristiche delle attività svolte (in relazione al soggetto che le svolge) • la PASSIONE e l’INTERESSE che il soggetto prova per l’attività • il grado di AUTONOMIA che il soggetto può esercitare sull’attività • l’opportunità di APPRENDIMENTO e CRESCITA personale che l’attività procura al soggetto • il senso di FINALITA’, di condivisione degli OBIETTIVI e l’importanza del SIGNIFICATO che il soggetto attribuisce all’attività • Esiste una letteratura molto cospicua che dimostra la forza e l’importanza della motivazione intrinseca, per quanto riguarda: • l’impegno, lo sforzo e il coinvolgimento dell’individuo • la performance conseguita • il benessere psico-fisico delle persone • Molto spesso le organizzazioni sottovalutano o trascurano l’importanza motivazionale di questi aspetti • E’ possibile invece immaginare una organizzazione del lavoro che faccia leva precisamente sulla motivazione intrinseca
  • 84. IL JOB DESIGN CLASSICO Job Simplification Job Enlargement & Job Rotation Job Enrichment VARIETA bassa alta DISCREZIONALITA caratteristiche chiave nel JCM (Hackman e Oldham 1975, 1980): - skill /task variety - discretion - task identity - task significance - feedback - etc. TEMPO Taylorismo / Fordismo Post-fordismo
  • 85. I PROBLEMI DEL JOB DESIGN TRADIZIONALE • Si tratta comunque di approcci «top-down» • il grado di autonomia e partecipazione effettiva alla progettazione del lavoro, anche nei casi di «job enrichment» è comunque marginale o di fatto nulla • il bisogno di autonomia e di condivisione degli obiettivi è solo marginalmente soddisfatto • Le differenze individuali sono sostanzialmente trascurate • sono ridotti i margini di personalizzazione del lavoro, di valorizzazione dell’iniziativa individuale e della proattività, • è bassa o nulla l’incidenza delle preferenze, delle attitudini e delle aspirazioni personali Quali caratteristiche può avere l’organizzazione per favorire gli effetti benefici della motivazioni intrinseca?
  • 86. AUTONOMIA • Vi sono diversi esempi in cui le organizzazioni si vanno orientando verso forme di organizzazione del lavoro in cui l’autonomia delle persone è portata a livelli molto elevati • con risultati eccellenti in termini di motivazione, performance individuale, performance organizzativa, benessere • per esempio: • riduzione dell’importanza della gerarchia • anche in senso simbolico, oltre che formale • creazione di condizioni per favorire la proattività • sistemi ROWE • Results Only Work Environment • sistemi di bootleg time • Le esperienze sono ancora limitate, anche se solitamente di grande successo, anche richiedono una trasformazione della cultura organizzativa e manageriale rispetto a quelle tradizionale
  • 87. SIGNIFICATO, OBIETTIVI E CRESCITA • Incrementare in modo rilevante l’autonomia significa anche: • generare condizioni che favoriscono l’apprendimento e la crescita personale • coinvolgere in modo significativo anche nella definizione degli obiettivi, oltre che delle modalità di lavoro • aumentare la propensione delle persone a condividere gli scopi e attribuire significato al lavoro che fanno • orientare il lavoro in direzioni che sono più coerenti con le predisposizioni e le preferenze individuali • tutti questi aspetti sono parti essenziali della motivazione intrinseca • Elevati livelli di autonomia portano a caos e anarchia? • Quando le persone sono intrinsecamente motivate, tendono a identificarsi con l’organizzazione e dunque ad auto-regolarsi in modo coerente con gli obiettivi organizzativi • molti esempi di questo tipo • Non accade questo quando i fattori motivanti sono principalmente estrinseci • Deve tuttavia cambiare il ruolo dei leader, e il modo di concepire e interpretare la leadership • non come controllore, ma come facilitatore e creatore di condizioni favorevoli allo sviluppo delle persone e della loro capacità di iniziative
  • 88. GOAL SETTING • Il modo in cui vengono definiti gli obiettivi (GOAL SETTING) è particolarmente importante dal punto di vista della motivazione intrinseca e della performance • Il goal setting è particolarmente efficace quando: • c’è un buon (o alto) livello di partecipazione effettiva alla definizione dei propri obiettivi • quando gli obiettivi hanno un grado di difficoltà percepito come sfidante, ma non impossibile né troppo facile da raggiungere • quando gli obiettivi sono chiari, ben identificabili, ma non tali per cui la misurazione dei risultati sia così standardizzata e rigida da essere percepita come un vincolo che impedisca del tutto un loro adattamento a mutate circostanze
  • 89. IN SINTESI • La motivazione intrinseca è il processo motivazionale più efficace e con nessuna controindicazione significativa • vedremo invece che la motivazione estrinseca ha alcune controindicazioni • Si basa su alcuni elementi dell’attività di lavoro sui cui è possibile agire a livello di progettazione organizzativa e del lavoro • Esistono esempi importanti di imprese e organizzazioni che hanno cambiato radicalmente il loro modo di pensare all’organizzazione del lavoro, puntando moltissimo sulla motivazione intrinseca, con risultati estremamente positivi • Tuttavia, è necessario un ripensamento molto significativo della cultura organizzativa, e in particolare del ruolo dei manager e dei leader
  • 90. FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE MOTIVAZIONE, INCENTIVI E VALUTAZIONE
  • 91. INTRODUZIONE • I sistemi di valutazione e incentivazione sono modalità fondamentali attraverso le quali le organizzazioni possono orientare i comportamenti delle persone • Si parla in questi casi di «motivazione estrinseca» • cioè di comportamenti influenzati dal desiderio di ottenere un qualcosa (lo stipendio, un premio, un benefit etc) o di evitare qualcosa (una punizione o una sanzione) che è «esterno» rispetto all’attività • è una logica del tipo «do ut des» • svolgo una certa attività al fine di ottenere qualcosa d’altro • Gli incentivi sono molto efficaci nel senso che orientano in modo forte i comportamenti • siamo molto attratti dall’idea di ottenere incentivi • tuttavia, vi sono alcuni pericoli e controindicazioni, anche significative • vanno dunque usati con consapevolezza e attenzione, soprattutto per quanto riguarda le ripercussioni comportamentali
  • 92. MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (1) • L’uso di MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (es: incentivi economici) può essere molto efficace quando: • Nel caso di attività di tipo «algoritmico», cioè dove la performance non dipende da prestazioni di tipo complesso, che quindi non necessita di elevati grado di creatività o di problem solving • Occorre focalizzare l’attenzione sul breve termine • Aumentare la capacità di attrarre (o trattenere) persone con particolari capacità e competenze • La valenza simbolica degli incentivi • E’ necessario soddisfare necessità di base delle persone • Tuttavia, occorre fare attenzione a significativi potenziali problemi e inconvenienti
  • 93. MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (2) Alcuni rischi significativi circa l’uso di incentivi e motivazioni estrinseche 1. L’uso di incentivi tende a «cannibalizzare» le motivazioni intrinseche • L’aumento di motivazione estrinseca diminuisce la motivazione estrinseca, e l’effetto netto può essere (e spesso è) negativo, specie nel medio-lungo termine 2. L’uso di incentivi tende a ridurre la qualità della performance nel caso di attività creative o che richiedono soluzioni «euristiche» e capacità di problem solving non banali • Perché tendono a focalizzare l’attenzione verso direzioni «convenzionali» • Perché elevati livelli di incentivo possono aumentare lo stress 3. L’uso di incentivi tende a modificare il modo in cui le persone interpretano lo «scambio» prestazione – ricompensa • da scambi interpretati in un contesto di relazioni «sociale» a interpretazioni che enfatizzano l’aspetto «di mercato» • può ridursi il senso di identificazione con il gruppo o con l’organizzazione
  • 94. MOTIVAZIONI ESTRINSECHE (3) Alcuni suggerimenti sull’uso di incentivi e motivazioni estrinseche: • Attenzione agli aspetti di equità procedurale • Le persone prestano attenzione non solo all’equità distributiva, ma anche alle modalità di scelta di distribuzione dei premi ed incentivi • Utilizzare forme di peer-compensation • Contribuisce positivamente alla percezione di equità procedurale e al senso di identità e appartenenza organizzativa • Utilizzare forme di incentivo ex-post invece che solo incentivi ex-ante • Si riduce l’effetto di cannibalizzazione delle motivazioni intrinseche • Associare un «goal-setting» ben calibrato alla distribuzione degli incentivi • Vedi lezione precedente: livello di difficoltà degli obiettivi, chiarezza, grado di partecipazione • Utilizzare non solo incentivi economici ma anche premi «esperienziali» • Aumenta la soddisfazione nel medio termine, anche se spesso le persone dicono di preferire incentivi economici • Attenzione a non penalizzare troppo l’insuccesso • Specie se si cerca di aumentare comportamenti finalizzati all’innovazione, la creatività, l’assunzione di rischi • Certe organizzazioni premiano esplicitamente le «thoughtful failures», ed enfatizzano l’insuccesso come occasione di apprendimento
  • 95. VALUTAZIONE DELLE PERSONE • Il modo in cui si valutano le persone può avere effetti cruciali sui comportamenti e sulle performance • Tipicamente si distinguono • Valutazione della POSIZIONE • Valutazione della PERSONA • Valutazione della PERFORMANCE • Una varietà di obiettivi possono essere perseguiti: • legittimazione e certificazione di ruoli, competenze, comportamenti, prestazioni • verifica e controllo, individuazione e rafforzamento di comportamenti desiderati • apprendimento, condivisione di valori e conoscenza • determinazione di incentivi, progressioni di carriera, etc.
  • 96. 7 VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE • Oggetto della valutazione: attività e responsabilità relative alla posizione organizzativa • Oggettività della valutazione, collegamento diretto con la dinamica retributiva, concetto di equità organizzativa che viene quindi “oggettivizzato” e formalizzato • Tecniche per il processo di valutazione della posizione • Job evaluation • Ranking, classification, metodo del punteggio • In contesti dinamici, il pericolo della rigidità (sia in termini di approccio generale, sia in termini di tecniche e criteri utilizzati)
  • 97. 8 TIPICHE FASI DI UNA JOB EVALUATION JOB ANALYSIS • esame delle posizioni di lavoro JOB DESCRIPTION • descrizione analitica dei compiti di ogni posizione • .. e delle finalita’ di ogni compito JOB SPECIFICATION • individuazione dei requisiti professionali richiesti dai compiti • condizioni ambientali, di sforzo e di respnsabilita’ JOB EVALUATION • definizione del valore relativo di ogni posizione
  • 98. 9 UN ESEMPIO DI METODO: HAY Competenza Tecnica Capacità Relazionale Competenza Manageriale Contesto del pensiero Difficoltà del processo mentale Discrezionalità Dimensione influenzata Responsabilità COMPETENZA COMPLESSITA DECISIONALE FINALITA + + = PESO DELLA POSIZIONE
  • 99. 10 VALUTAZIONE POSIZIONE vs PERSONE focus sulla posizione job evaluation l’individuo si adatta alla posizione ricerca del piu’ adatto alla posizione addestramento “paga di posto” focus sul soggetto skill evaluation l’individuo struttura la posizione ricerca (anche) di potenzialita’ formazione skill-based pay POSIZIONE PERSONE
  • 100. VALUTAZIONE COMPETENZE • Cosa sono le competenze? • molteplici significati • ambito di responsabilita’ (diritto / dovere di occuparsi di una certa attivita’) • capacita’ di occuparsi di una certa attivita’ • Approccio psicologico-individuale • Caratteristica intrinseca individuale che è causalmente collegata a una performance efficace in una mansione • Approccio strategico-organizzativo • Competenze distintive dell’organizzazione come fattore primario di vantaggio competitivo • Identificare quindi le competenze distintive dell’organizzazione, e di qui risalire alle competenze chiave per gli individui e i ruoli 11
  • 101. 12 L’APPROCCIO CLASSICO DI BOYATZIS • competenza come caratteristica intrinseca di un individuo, causalmente correlata con una prestazione efficace • Competenze di soglia: generali, necessarie ma non sufficienti per una performance superiore • Competenze professionali • soggette a obsolescenza • sia espicite (enunciative: sapere che) sia tacite (procedurali: sapere come) • Competenze discriminanti: causalmente collegate con la performance superiore • Competenze comportamentali • difficilmente mutabli • Motivazioni, tratto, immagine di sé, ruolo sociale, skill
  • 102. 13 COMPETENZE COMPORTAMENTALI motivazioni tratto idea di se atteggiamenti valori skill ruolo sociale Motivazioni • schemi mentali, bisogni, spinte interiori che in modo stabile orientano il comportamento dell’individuo Tratto • Modo caratteristico in cui, per disposizione naturale, una persona reagisce a un determinato insieme di stimoli (es: controllo delle emozioni, resistenza allo stress) Immagine di sé • Concetto di sé, livello di autostima, atteggiamento. L’autovalutazione del concetto di sé viene fatta attraverso un confronto tra se stessi e gli altri Ruolo sociale • Percezione che l’individuo ha di un insieme di norme di comportamento considerate accettabili e appropriate nei gruppi e nelle organizzazioni cui appartiene Skill • Abilità di mettere in atto una sequenza di comportamenti coordinati e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo in termini di prestazione
  • 103. 14 VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: FASI Processo di valutazione, in generale • Definire le competenze soglia relative a ogni posizione • Individuare le competenze discriminanti osservate nei comportamenti che hanno ottenuto le migliori performance • Definire modelli di riferimento (il “best performer”) per valutare le persone e identificare gap di competenze • Diffondere le caratteristiche desiderabili del best performer e creare le condizioni organizzative ideali per lo sviluppo, la diffusione e la manifestazione di tali competenze
  • 104. 15 VALUTAZIONE: FASI Criteri misurazione prestazioni Campione di lavoratori Raccolta dati Definire task e competenze richieste Validare modello competenze Applicazioni misure dirette, nomination capi, val. colleghi, clienti, etc. i performer superiori interviste BEI, indagini, osservazioni sistemi esperti, etc. compiti e caratteristiche dei performe “modello di competenze” secondo campione di lavoratori selezione, formazione valutazione percorsi di carriera
  • 105. 16 ESEMPI DI TECNICHE: VALUTAZIONE A 360° autovalutaz. superiori subordinati pari clienti Attraverso questionari strutturati
  • 106. 17 ESEMPI DI TECNICHE: ASSESSMENT CENTER • “laboratorio” di osservazione dei comportamenti • individuali o in gruppo • simulazioni, interviste, questionari • situazioni progettate specificamente per rappresentare la specificita’ dei ruoli • ipotesi: i comportamenti osservati e manifestati nel A.C. sono rappresentativi dei comportamenti che verranno tenuti nelle situazioni reali • obiettivi: • valutazione del potenziale • individuazione aree di miglioramento • selezione (interna ed esterna)
  • 107. 18 VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE: LIMITI Limiti dell’approccio tradizionale • si tende a sottovalutare l’importanza delle competenze professionali • si tende a sottovalutare l’importanza dell’aspetto relazionale e sociale nei processi di lavoro, anche ai fini della performance • Si tende ad assumere che i comportamenti dei best performer, se replicati da altri, garantiscano performance analoghe
  • 108. 19 VALUTAZIONE DELLA PRESTAZIONE FINALITA’ TIPICHE • Regolazione della dinamica retributiva individuale (per es., a supporto di tecniche quali il MBO – management by objcetives) • Raccolta di informazioni utili sugli individui • Per percorsi di carriera, promozioni, turnover, etc. • Supporto allo sviluppo delle persone e individuazione delle esigenze di formazione • Miglioramento della motivazione tramite feedback • Individuazione delle esigenze di cambiamento organizzativo
  • 109. IN SINTESI • Le organizzazioni possono agire in modo molto influente sui comportamenti individuali e quindi sulle performance • Si tratta di scelte che hanno una vera e propria valenza «strategica», nel senso che possono determinare il successo (o meno) dell’organizzazione • Per esempio, attraverso: • la progettazione e l’organizzazione del lavoro • per massimizzare la motivazione intrinseca attraverso attività che valorizzino le preferenze e le passioni individuali, l’autonomia, le opportunità di apprendimento e la condivisione degli obiettivi • i sistemi di incentivazione e di retribuzione • per focalizzare gli sforzi su specifici obiettivi, soddisfare i bisogni primari delle persone, attirare e ritenere persone particolarmente capaci e competenti • i sistemi di valutazione • per garantire percezioni di equità (distributiva e procedurale), per innescare processi di apprendimento e diffusione delle migliori pratiche, identificare le competenze necessarie e le esigenze di miglioramento, collegare alla valutazione le politiche di incentivazione
  • 110. LEAN THINKING FOR HEALTHCARE 1 – Origini del Lean Thinking
  • 111. LA  MASS  PRODUCTION La  fabbrica  modello  della  Mass-­Production  era  Ford: -­ Henry  Ford  negli  anni  1910-­1920  conia  il  termine  Mass  production,  intesa come  vendita  di  massa  di  prodotti/servizi  mancanti  sul  mercato  e  fortemente   standardizzati  (es.  il  famoso  modello  T  in  vendita  fino  al  1928  che  ha   raggiunto  i  2M  di  auto  vendute  nel  1925) -­ Alla  base  del  Fordismo  vi  è  la  catena  di  montaggio  ed  il  Taylorismo -­ La  produzione  era  basata  sull’aumento  continuo  della  produttività.   Ciò  ha  portato  alla  riduzione  del  costo  unitario  di  prodotto it  will  be  so  low  in  price   that  no  man  making  a  good  salary  will  be  unable  to  own  one  (Henry  Ford) -­ La  produzione di  massa è  tutt’ora utilizzata  in  alcune  parti  del  mondo ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 112. MASS  PRODUCTION  NELL’HEALTHCARE   Specificità  della  Mass  Production: -­ Mercato  ad  altissima  richiesta  di  prodotti/servizi  (mancavano  !) -­ Scarsa  personalizzazione  prodotti/servizi -­ Scarsa  qualità  (il  prodotto/servizio  in  sé  perché  mancava) -­ Organizzazione  basata  sulla  specializzazione  dei  compiti -­ Materie  prime  a  basso  costo Simili  specificità  erano  presenti  in  sanità: -­ Le  cure  non  erano  intese  come  ‘patient-­centred’ -­ I  percorsi  paziente  erano  poco  personalizzati  e  più  volti  all’efficienza   tramite  standardizzazione  e  produttività  (patient as a  recipient) -­ La  sostenibilità  della  spesa  pubblica  sanitaria  era  un  problema  relativo ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 113. MASS  PRODUCTION   …soprattutto  la  MASS  PRODUCTION  ha  abituato   a  considerare  le  risorse   in  generale  a  basso  costo  e  ad  alta  accessibilità  ! ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 114. Lo  scenario  macroeconomico  di  contorno  degli  anni  50-­70 US  ed  Europa: -­ Materie  prime  ed  elettricità  facilmente  reperibili  a  basso  costo  (inclusi   farmaci  e  dispositivi  medici) -­ Manodopera  come  vero  costo  variabile  (US) -­ Mercato  mai  saturo  e  risorse  finanziarie  abbondanti   L’ERA  DELLA  MASS-­PRODUCTION   Giappone: -­ Materie  prime  da  importare  a  maggior  prezzo -­ Manodopera  difficilmente  licenziabile -­ Mercato  interno  asfittico  causa  enorme  crisi  finanziaria TANTA  INVIDIA  PER  LA  MASS-­PRODUCTION ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 115. Nascita  del  TOYOTA  PRODUCTION  SYSTEM   Di  necessità  virtù… L’erede  Eiji Toyoda nel  1950  va  negli  Stati  Uniti  per  capire   come  funzionasse  l’industria  US  dell’auto.   Il  giovane  Toyoda era  determinato  nell’implementare  la   Mass-­production  in  Toyota Tornato in  Giappone e  confrontatosi con  il suo direttore di  stabilimento Taiichi Ohno,  realizza però che nei suoi stabilimenti è  impossibile applicare la   mass-­production Ohno capisce che il sistema occidentale aveva tre grossi difetti: -­ Difettosità alte -­ Scarsa personalizzazione -­ Grossi immobilizzi di  capitale e  spazi
  • 116. NASCITA  DELLA  QUALITA’  COME  RIDUZIONE  DELLA  VARIABILITA’ La  mass  production  porta  con  sé  la  specializzazione  dei  compiti  e  la  produttività   massima  del  singolo.  Pertanto  non  vi  è  enfasi  sulla  qualità I  giapponesi  per  aumentare  la  qualità  dei  loro  prodotti  e  servizi  cominciano  a   guardare  con  attenzione  quello  che  stava  succedendo  negli  USA  in  alcuni   settori  avanzati   ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 117. LA  NASCITA  DEL  QUALITY  CONTROL  NEGLI  US Nel  1939  Walter  Andrew  Shewart scrive  il  testo:   Statistical  method  from  the  viewpoint  of  quality  control Shewart inventa le  carte  di  controllo e  per  la  prima  volta introduce  il concetto del   quality  control  (to  control  all’inglese),  spostando l’attenzione dai meri controlli finali al  fare  bene  le  cose la  prima  volta riducendo la  variabilità insita nei processi Sfortunamente in  occidente per  molti anni il quality  control  è  rimasto nell’ambito nucleare e  aereospaziale Il  Quality  Control  diventa Total  Quality  Control  (TQC)  nel 1956  grazie ad   un’importante libro di  Feigenbaum ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 118. TPS  E  TQM  (TOTAL  QUALITY  MANAGEMENT) Taiichi Ohno capisce  che  l’industria  manifatturiera   e  dei  servizi  Giapponese  doveva  combattere: -­ Riducendo  gli  sprechi -­ Aumentando  la  qualità Il  Giappone comincia ad  acquistare consulenza dagli US.   Negli anni ’60-­’70  assoldano Deming  e  Juran per   quanto riguarda la  qualità ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 119. JAPANESE  TQC  (JTQC)  -­ TQM L’  ’umanizzazione’  del  Quality Control  Americano  ad  opera  dei  Giapponesi,   porta  alla  nascita  nel  1962  dei  primi  circoli  della  qualità.   Due  fondamentali  principi  introdotti  in  Giappone: -­ Team-­working -­ Rapidità  di  risoluzione  dei  problemi  di  qualità.   I  circoli  della  qualità  partono  in  Giappone  basandosi  prevalentemente  sulla   volontarietà     Come  approccio  al  problem solving Deming  nel  1950  inventa  la  famosa  ruota   Plan-­Do-­Check-­Act (PDCA) che  entra  a  far  parte  del  DNA  di  ogni  processo   di  miglioramento  (Kaizen)  inclusa  la  certificazione  ISO  9001  e  l’accreditamento ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 120. P  =  Pianificare  il  miglioramento,  darsi  obiettivi,   costituire  il  team,  prendere  consapevolezza  del   Problema,  analizzare  le  cause     D  =  Fare  per  migliorare,  trovare  la  radice  delle  cause,   Piani  di  azione  per  ridurre  la  variabilità       Continuos Improvement Kaizen C  =  Controllare,  verificare  le  azioni  della  fase  D.   A  =    Studiare  il  percorso  svolto,  capire  cosa  si  può  imparare,  standardizzare  i  risultati   ottenuti,    pianificare  nuovi  miglioramenti     PDCA  – LA  RUOTA  DI  DEMING  PER  IL  MIGLIORAMENTO  CONTINUO
  • 121. Continuos Improvement Kaizen IL  TQM  PARTE  FONDAMENTALE  DEL  TPS Il  TQM  diventa  una  componente  fondamentale  del  Toyota  Production  system,  in   particolare  per  quanto  riguarda: -­ Gestione  delle  risorse  umane -­ Approccio  ai  problemi -­ Riduzione  della  variabilità  dei  processi Elemento  peculiare  del  TPS  diventerà  comunque  la  riduzione  degli  sprechi  e  la   creazione  di  Valore  Aggiunto  
  • 122. L’INTERESSE  IN  OCCIDENTE  AI  MODELLI  GIAPPONESI I  consumatori  a  partire  dagli  anni  ‘70  in  poi  cominciano  a  richiedere  qualità  e   personalizzazione  (dovuto  all’incremento  del  reddito  pro-­capite) Le  risorse  di  materie  prime  cominciano  a  costare  sempre  di  più  in  occidente e  la  spesa  pubblica  sanitaria  (Europea)  aumenta  continuamente   Negli  anni  ‘80  gli  Stati  Uniti  affrontano  una  grossa  crisi  ed  i  Giapponesi   invadono  il  mercato Negli  anni  80-­90  escono  vari  libri  ed  articoli  di  divulgazione  sul  TPS  e  TQM, in  particolar  modo  il  testo  ‘Lean  Thinking’  di  Womack e  Jones   ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 123. L’INTERESSE  IN  OCCIDENTE  AI  MODELLI  GIAPPONESI Nei  primi  anni  2000  molte  realtà  sia  Americane  sia  Europee  avevano  applicato   la  Lean  (57%  degli  interventi  totali  negli  USA). Oggi  si  parla  di: -­ Toyota  Production  System  -­TPS  (sistema  originale  inventato  da  Ohno) -­ Lean  Production  (ridefinizione  occidentale  del  TPS) -­ Lean  Thinking (applicazione  dei  principi  lean a  tutti  i  contesti) -­ Lean  Office  (applicazione  dei  principi  lean agli  uffici) -­ Lean  Healthcare  (lean applicata  alla  sanità) -­ Lean  X  (lean qualsiasi  cosa!) -­ Six Sigma  (evoluzione  americana  del  TQM) -­ Lean  Six Sigma ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 124. LEAN  HEALTHCARE   Nei  primi  anni  ‘90  il  sistema  Healthcare  Americano  inizia  ad  approcciare  il   Lean  Thinking.   Quattro  livelli  di  applicazione: -­ Dipartimentale,  limitato  ad  unica  unità  operativa -­ Percorsi  paziente   -­ Intera  struttura -­ A  livello  regionale  (es.  Regione  Toscana)  o  nazionale  (es.  NHS  UK)   ORIGINI DEL LEAN THINKING
  • 125. LEAN THINKING FOR HEALTHCARE 2 – I 7 sprechi ed il Valore Aggiunto
  • 126. TOYOTA  PRODUCTION  SYSTEM  (TPS)  – I  SETTE  SPRECHI - Sovrapproduzione - Scorte - Trasporti - Difettosità - Overprocessing - Attese - Movimenti umani Dovuti  al  flusso   Dovuti  al  lavoro   SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
  • 127. SOVRAPPRODURRE   Sovrapprodurre nell’healthcare significa processare troppo di     o  in  anticipo rispetto alla richiesta Sovrapprodurre,  tipicamente,  è  fare  qualcosa quando non  ancora richiesto Esempi di  sovrapproduzione: -­ Preparare in  farmacia troppi farmaci per  il reparto -­ Programmare troppi interventi nella giornata/periodo -­ Portare i pazienti troppo presto  in  diagnostica o  sala operatoria -­ Acquistare troppi dispositivi o  farmaci SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
  • 128. SCORTE   La  scorta è  un  tipico spreco legato  alla sovrapproduzione Scorta è  qualsiasi cosa che rimane ferma in  qualche specifico spazio per  un  determinato tempo Scorta può essere un  insieme di  farmaci in  un  magazzino,  in  un   armadietto di  reparto,    così come  un  insieme di   documenti,  file  e  perfino una coda  di   pazienti! Cause  tipiche delle scorte: -­ Sincronizzazione lungo i processi (sovrapproduzione) -­ Lunghi tempi  di  change-­over  (setup)   -­ Acquistare farmaci o  servire clienti per  ‘lotti’ -­ Colli di  bottiglia nel flusso/percorso/processo -­ Parti del  processo che introducono difettosità -­ Mentalità di  accettare come  fisiologica la  scorta o  le  code -­ Credere che le  scorte di  prodotti possano dare  più servizio ai pazienti SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
  • 129. TRASPORTI   Un  eccesso di  scorte o  code  pazienti porta  ad  un  aumento dei trasporti I  trasporti riguardano: -­ Spostamenti di  farmaci e  dispostivi all’interno/esterno dell’ospedale -­ Trasporti di  pazienti da  un  reparto ad  un  altro -­ Trasporti di  documentazione/invio files Cause  tipiche: -­ Scarsa progettazione di  layout -­ Creazione di  lotti di  prodotti -­ Etc. . SPRECHI E VALORE AGGIUNTO
  • 130. OVERPROCESSING   Overprocessing è  aggiungere/dare  più valore al  servizio rispetto a  quanto richiesto dai pazienti/clienti interni Esempi:   -­ Controllare due  o  più volte  un  referto medico -­ Effettuare raggi X  o  diagnostiche in  generale quando non  utili -­ Fornire al  paziente informazioni non  utili Cause:   -­ Scarso training  o  skills -­ Medicina difensiva ‘positiva’ -­ Scarsa comunicazioni fra le  parti -­ Scarso standard-­work  (es.  documentazione ISO  9001  o  per   l’accreditamento);; -­ Macchine e  strumenti inadeguati -­ Etc.   .
  • 131. DIFETTOSITA’   Spreco di  derivazione TQC-­TQM.  La  difettosità introduce  i cosiddetti Costi Della  Non  Qualità -­ Costs  Of  Poor  Quality  (COPQ)   I  Costi della Qualità o  Cost  Of  Quality  (COQ)  sono divisi  di  solito in  3  categorie chiamate PAF  (Prevention-­Appraisal-­Failure).   I  COPQ  sono tipicamente legati ai Failure  e  parte  degli Appraisal   . COPQ COQ
  • 132. DIFETTOSITA’  -­ COST  OF  POOR    QUALITY  -­ ESEMPI   Cost  Of  Poor  Quality  (COPQ)   Voci   Difettosità  Esterna  (External  COPQ)   Polizze  per  rischio  clinico   Danni  risarciti  al  paziente   Perdite  di  immagine   Perdite  di  ‘mercato’     Difettosità  interna  (Internal  COPQ)   Infezioni     Rifacimenti  di  diagnosi,  terapie,  etc.   Referti  sbagliati   Scarti  di  farmaci  e  dispositivi  monousi   per  errori   Meeting  e  riunioni  inefficaci   Etc.     Controlli  (Appraisal)   Controlli  non  necessari  per  scarsa   confidenza  del  processo  
  • 133. MOVIMENTI  DEL  CORPO  UMANO   Spreco legato  all’eccessivo movimento del  personale Esempi: -­ Personale che va da  una parte  all’altra alla ricerca di  strumenti,  documenti,  etc. -­ Personale che si muove troppo attorno alla postazione (es.  tavolo operatorio) -­ Etc. Movimenti sbagliati possono mettere a  rischio sia la  sicurezza del  personale sia del  paziente Cause: -­ Scarsa progettazione del  layout  e  della postazione -­ Personale con  scarso training  e  skills -­ Scarso coinvolgimento del  personale -­ Scarso ordine -­ Attività svolte in  aeree isolate -­ Etc. Concetto della Golden  Zone,  tutto a  portata di  mano senza muoversi
  • 134. ATTESE   Le  attese riguardano personale fermo non  in  attività,  ma  anche pazienti che aspettano… Esempi: -­ Personale fermo davanti a  macchine di  laboratorio in  attesa che finiscano -­ Medici  in  attesa di  un  referto da  un  altro reparto -­ Personale fermo per  guasto macchina -­ Personale in  attesa di  colleghi per  una riunione Cause: -­ Scarso bilanciamento fra le  attività -­ Change-­over  alti -­ Scarsa manutenzione preventiva -­ Mancanza di  training  e/o  skills -­ Mancanza di  ordine -­ Scarso standard  work  (es.  doc  ISO  9001  o  accreditamento)
  • 135. COSA  OTTENIAMO  RIDUCENDO  GLI  SPRECHI  ?? La fondamentale equazione Giapponese: meno sprechi=meno tempo di processo (LEAD TIME, TEMPO DI ATTRAVERSAMENTO) US motto: Lean means Speed VELOCITA’  …    …….
  • 136. SPRECO  E  VALORE  AGGIUNTO L’opposto delle spreco è  il valore aggiunto o  VALUE  ADDED  (VA)   Quando un  processo crea valore aggiunto?
  • 137. VALUE  ADDED  =  EFFICACIA  +  EFFICIENZA  NELLE  ATTIVITA’ Valore Aggiunto è  trasformazione di  un  input  in  output  (lavorazione o servizio)…. Però la  trasformazione deve dare  luogo a  qualcosa a  cui  il cliente associa valore (efficacia,  condizione primaria) e  al  minor  costo (efficienza)
  • 138. VALORE  AGGIUNTO  E  NON Leggiamo le seguenti attività, quali di queste attività è veramente a Valore Aggiunto? ü Muovere un paziente da un reparto ad un altro ü Regolare il tavolo operatorio per l’intervento successivo ü Inviare il referto in una busta ad un collega ü Aspettare il risultato delle analisi del laboratorio ü Prelevare un farmaco dall’armadietto per la somministrazione ü Effettuare una risonanza magnetica da protocollo ü Richiedere una firma di legge su un documento paziente
  • 139. Attività  NVA  che non  possono  essere   rimosse 75% Spreco  rimovibile   15% VA  <  10% SPRECO  – VALORE  AGGIUNTO  (VA)  E  NON  (NVA)   Sfortunatamente non  tutti gli sprechi si possono rimuovere…. ma  almeno proviamo a  ridurne qualcuno….
  • 140. LEAN THINKING FOR HEALTHCARE 3 – MAPPARE LO SPRECO
  • 141. MAPPATURE  QUALE  PUNTO  DI  PARTENZA     Il  viaggio di  applicazione della Lean  Healthcare  inizia tipicamente con  mappature Value  Stream  Map  per  calcolare quanto valore aggiunto stiamo dando al  cliente -­‐ La  Value  Stream: ü Si  effettua tipicamente per  percorsi paziente (es.  frattura femore)   ü E’  un  documento vivo  ‘As-­‐Is’  che insegue un  ‘Future  State’ ü Calcola il Lead  Time  e  lo  confronta con  il process  o cycle  time ü Permette di  vedere scorte/WIP  di  pazienti e/o  prodotti -­‐ Spaghetti  Chart: ü Permette di  calcolare le  distanze relative  ai trasporti pazienti/prodotti -­‐ Makigami: ü Entre  nel dettaglio del  flusso delle attività di  un  processo ü Focalizzata su processi transazionali (senza prodotti fisici) MAPPARE  LO  SPRECO
  • 142. ‘GO  TO  SEE’  – VALUE  STREAM  MAP  (VSM)  – AS  IS   A&E  patient  flow for  orthopaedic   treatment   C/T  =  18  min 2  patients 20  – 1  hour C/T  =  45  min Leadtime minim 198  min Leadtime max 9h  13  min Average time 375,5  min Total  cycle time 103  min 30-­‐ 1  hour
  • 143. ‘SPAGHETTI  CHART’  SUL  LAYOUT  PER  VEDERE  I  TRASPORTI    FOE  =  first  orthopaedic  examination.   FOE   Radiology   Orthopaedic   specialist   Hospitalisation   Spaghetti  chart  of  a  patient   80  m 460  m   120  m   First  floor   450  m   Up  to   890  m   Emergency   department Spostiamo  il FOE  all’interno   dell’Emergency Department Spostiamo  lo   specialista  al   primo  piano contiguo  alla   radiologia Se  dimesso  deve   proprio  tornare  al Pronto  soccorso  ?
  • 144. SPAGHETTI  CHART   La  maratona  di  New  York   del  paziente   e  del  personale  interno  !
  • 145. MAKIGAMI  MAPPING ü Il  Makigami è  una tecnica di  mappatura di  dettaglio che si concentra su un  processo dividendolo in  n attività.  Si  applica particolarmente quando si ha  a  che fare  con  transazioni piuttosto che flussi fisici ü Deriva dalle tecniche Americane IT  di  Business  Process  Re-­ engineering  (BPR) ü Così come  la  VSM,  il Makigami è  di  due  tipologie: § Current  State,  o  ‘as  is’ § Future  State ü E’  una potente lente di  ingradimento
  • 146. Makigami,  ‘Visual  Management’ Chi  è  responsabile dell’attività Flusso delle attività Dati/informazioni relative  alle attività e   ai miglioramenti
  • 147. Cliente   Richiesta   farmaco   Addetto  al   banco   Verifica   presenza   prescrizione   eprenotazione   Verifica   tessera   europea   Verifica   presenza   in   magazzino   Effettua   scarico  da   magazzino   Verifica   scorta   minima,   lancio   ordine   Addetto   magazzino   Picking  del   farmaco   Invio   tramite   scivolo   PT   1  min   1  min   1  min   1  min   5  min   1  min   1  min   2  min   13  min   LT   10  min   10  min   10  min   15  min   10  min   1  min   10  min   3  gg   3g+  66  min   C&A   80%   95%   60%   95%   100%   70%   95%   Head  time   10%   10%   30%   60%   10%   10%   20%   IT/Form   Prescrizione   via  gestionale   Gestionale   ASL   Gestionale   farmacia   Gestionale   farmacia   Gestionale   farmacia   Gestionale   farmacia   Sprechi   Il  cliente   quando   arriva  non   ha  una   coda   definita   da   seguire  e   perde   tempo   Le  prescrizioni   dell’oculistica   spesso  sono   errate  nel  tipo   e  quantità     Gestionale   ASL   spesso   lento  e   non   risponde   Spesso  i   farmaci   compaiono   in  giacenza   ma  in   realtà  non   ci  sono   I  farmaci  sono   a  volte  negli   scaffali   sbagliati,inoltre   l’addetto  al   magazzino  può   essere   impegnato  con   le  consegne  e  il   banco  non  lo   vede   Lo  scarico   con  scanner   si  sospetta   non   funzioni   bene   oppure   errore   dell’addetto   Non  tutti   gli  ordini   sono  fatti   subito.  A   volte  si   rimane   senza   farmaco   Miglioramenti   Creare   una  sorta   di   corridoio   Riunione  con   oculistica   Verifica  in   anticipo   Riunione   con   magazzino   Riunione  con   magazzino   Provare  a   sostituire   scanner   Inserire   warning   automatico   nel  sw  
  • 148. LEAN THINKING FOR HEALTHCARE 4 – 5S, UN PRIMO IMPORTANTE STRUMENTO
  • 149. Il  metodo  delle  5S  è  il  punto  di  partenza  operativo  per   l’introduzione  di  tutti  gli  altri  strumenti Il  nome  si  riferisce  a  cinque  termini  giapponesi  che  rappresentano  le fasi  in  cui  si  divide  la  metodologia: 1. Seiri – Separazione. Separare le cose utili da quelle inutili. 2. Seiton – Ordine. Sistemare in modo efficiente gli strumenti, le attrezzature, i materiali e tutto ciò che deve essere utilizzato in prossimità della postazione di lavoro, in modo da rendere semplice e rapido l’utilizzo da parte di tutto il personale medico ed infermieristico 3. Seiso – Pulizia. Pulire e mantenere tale il posto di lavoro, attraverso ispezioni continue e sistematiche delle postazioni e delle attrezzature. 4. Seiketsu – Standardizzazione. Standardizzare le attività del posto di lavoro e rendere semplice e di facile comprensione per qualunque operatore addetto, l’applicazione di tali procedure. 5. Shitsuke – Disciplina. Realizzare un posto di lavoro in grado di soddisfare e rispettare nel tempo gli standard stabiliti. 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 150. 1S Il  Primo  passo  da  compiere  per  la  messa  a  punto  del  sistema  riguarda   la  rimozione  dall’area  di  tutto  ciò  che  non  serve  al  processo  in  corso. La corretta applicazione di questo punto permette di utilizzare in modo ottimale lo spazio disponibile, ridurre le perdite di tempo per la ricerca degli strumenti, farmaci, documenti, etc.; inoltre garantisce il rispetto dei principi del JIT, cioè disporre di ciò che serve al momento giusto. Di conseguenza si ottiene una riduzione di problemi e interferenze nel flusso lavorativo, una maggiore qualità del servizio e un aumento della produttività. 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 151. Durante  la  fase  di  separazione  tra  ciò  che  utile  e  non  utile,  si  deve  anche   considerare  quanto  frequentemente  viene  utilizzato. In  mancanza  di  questa  prima  “S”  si  ha  che: ü I  reparti,  corsie,  sale  operatorie,  laboratori  e  perfino  le  vie  di  fuga diventano  più  angusti ü Cassetti,  armadietti,  depositi  sono  pieni  di  tutto ü Attrezzature  e  strumenti  medici  in  buone  o  cattive condizioni  sono  mescolati ü Si  hanno  quantità  non  adeguate  di  WIP  di  farmaci  e  di  dispositivi ü La  roba  è  nei  posti  più  scomodi Grazie  a  questo  si  comprende  ciò  che  è   effettivamente  utile 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 152. Come  implementare  la  prima  S: La  tecnica  delle  3  scatole  ed  il   cartellino  rosso (Red  Tag) 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 153. COSE INDISPENSABILI COSE FORSE  UTILI COSE INUTILI Tecnica  delle  tre  scatole 1.  Identificare  tre  scatole  con  le  seguenti  diciture:   2.  Svuotare  l’area  e  riempire  le  scatole 3.  Analizzare  i  contenuti COSE INDISPENSABILI COSE FORSE  UTILI COSE INUTILI ok analisi  più  dettagliata eliminare!!! 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 154. Il  cartellino  rosso ü Se siamo indecisi possiamo appendere un cartellino rosso agli oggetti e metterli sotto osservazione per un periodo ü Se qualcuno reclama per l’oggetto, deve dichiarare quale specifico uso intende farne ü Tutti gli oggetti che entro 3 – 6 mesi non vengono reclamati vengono gettati via 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 155. General   Information Cathegory Red  Tag   Reason Action   to  be  done Further   Comments 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 156. 5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  PRIMA  S   ü SEIRI.  Separare le  cose.  Ciò che serve  da  ciò che non  serve ü Scegliere:  oggetti inutili negli scaffali,  documenti obsoleti,  file  obsoleti, farmaci,  strumentazione,  etc SERVE NON  SERVE NON  SERVE CARTELLE  CHE   NON  SERVONO ?
  • 157. 2S Le  COSE  UTILI  CHE  RIMANGANO  VANNO  SISTEMATE  IN  MODO  DA   ESSERE  FACILMENTE  TROVARE,  UTILIZZATE  E  RIPOSTE ü Codificare,  etichettare gli oggetti ü Riorganizzare spazi,  scaffali,  armadietti,  etc. ü Disporre gli oggetti secondo  la  frequenza d’uso: § BASSO  USO  (una volta ogni 6  ed oltre mesi)  -­‐ Locazione:  magazzini, scaffalature centralizzate e  distanti dal  posto di  lavoro § MEDIO  USO  (una volta al  mese,  ogni 2-­‐3  mesi)  -­‐ Locazione:  magazzino di reparto o  di  UO § ALTO  USO  (quotidiano o  settimanale)  -­‐ Locazione:  sul posto di  lavoro ü Oggetti di  uso frequente devono essere sistemati in  posizioni comode ed ergonomiche ad  altezza spalla-­‐ gomito 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 158. Oggetti nel magazzino centrale per  chiunque Il  posto di  lavoro:   ogni cosa a  suo posto Ergonomia,  tutto all’altezza giusta evitando piegamenti e  spostamenti del  corpo 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 159. 5S  – ORDINE,  PULIZIA,  LA  SECONDA  S ü SEITON.  Mettere in  ordine ciò che serve.  Ogni cosa nel posto giusto ü Classificare e  codificare i prodotti che servono.  Scegliere posizioni precise,   scaffaluture precise,  codificare e  rendere ben  visibile.  Raccoglitori identificati per  i documenti.  Cartelle precise  per  i file…etc. Prima PRIMA DOPO
  • 160. 5S  – Mettere in  ordine è  anche organizzare i flussi Introduzione del   Visual  Management 5S  – UN  PRIMO  IMPORTANTE  STRUMENTO
  • 161. 5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  TERZA  S   ü SEISO.  Una volta messo tutto in  ordine,  occorre anche considerare norme di  pulizia ed igiene della postazione di  lavoro e  di  ogni parte  della struttura ü Pulire e  sanificare periodicamente,  evitare fonti di  contaminazione ed infezioni. Cose molto scontate in  sanità…Lean  impone però il miglioramento delle condizioni di  illuminazione e  di  riflettere su come  rendere più agevoli e  veloci i punti di sanificazione e  pulizia…rendendo al  tempo  stesso più efficace la  pulizia
  • 162. 5S  – ORDINE,  PULIZIA  – LA  QUARTA  S,  STANDARDIZZARE   ü SEIKETSU.  Standardizzare e  darsi delle regole (possibilmente scritte e  visibili) per  mantenere ciò che è  stato fatto e  condividerlo STANDARD  WORK ü Lo  Standard  Work  Giapponese non  è  però una complessa procedura per l’accreditamento,  letta una volta e  poi  dimenticata,  è  documentazione semplice,  VISIVA, migliorata continuamente e  spiegata a  tutti VISUAL  MANAGEMENT  DEGLI  STANDARD  
  • 163. 5S  – ORDINE,  PULIZIA  E…DISCIPLINA  – LA  QUINTA  S   ü SHITSUKE.  La  più difficile delle 5S,  la  prova del  nove per  capire se  siamo Lean  ! MANTENERE  NEL  TEMPO  CIO’  CHE  ABBIAMO  CREATO   CON  LE  PRECEDENTI  4S Mantieni   l’ordine  !
  • 164. LEAN THINKING FOR HEALTHCARE 5 – SMED
  • 165. From S.M.E.D. Single  Minute  Exchange  of  Die To S.M.E.P. Single  Minute  Exchange  of  Patient SMED
  • 166. IL  SET-­UP  O  CHANGE-­OVER Sulla  nostra  VSM  a  volte  possiamo notare macchine ospedaliere/processi all’interno del   percorso paziente con  alto  tempo  di  change-­‐over,  ovvero tempo  cambio da  un  paziente ad  un  altro.  Il  change-­‐over  o  set-­‐up  porta  a  vari sprechi quali: -­‐ Rallentamenti sul lead-­‐time  percorso paziente -­‐ Formazione di  code  con  tempi  di  attesa (WIP  pazienti) -­‐ Tendenza a  lavorare per  ‘lotti’  (gruppi di  pazienti trattabili similarmente,  campioni simili,  etc.  ) -­‐ Perdite di  produttività personale e  infrastrutture ospedaliere (es.  Sala  operatoria,  TC,   etc.)     Come  ridurre il Change-­‐Over  o  set-­‐up? SMED
  • 167. Inventato da  Shigeo  Shingo  in  Toyota  negli anni 1960 Il  termine originalmente si riferiva al  cambio dello stampo delle presse in  un  tempo   contenuto in  una sola  cifra (0-­‐9  minuti) SMED  oggi è  usato nel cambio rapido (quick-­‐changeover)  quando si parla di   prodotti,  servizi e  perfino in  formula  uno e  nei voli aerei Tecnica SMED SMED  
  • 168. SMED  – RIDUZIONE  DEI  TEMPI  DI  CHANGE  OVER ü SMED.  Tecnica per  la  riduzione dei tempi  di  approntamento (set-­‐up)  delle macchine per la  diagnosi,  terapia,  incluse la  sale  operatorie ed altri processi complessi ü Concetti base  SMED: § Organizzare tutto al  meglio in  precedenza (5S,  Standard  Work,  Visual  Management) § Fare  più attività possibili in  parallelo durante il precedente intervento § Ridurre i tempi  delle attività interne  alla sala/macchina ü In  sala operatoria si possono ad  esempio adottare soluzioni quali: § Migliorare i sistemi di  movimentazione paziente § Predisporre carrelli personalizzati per  intervento § Rendere più agibili le  connessioni ai gas  medicali, rete,  etc. § Rendere più agevole la  pulizia e  sterilizzazione SMED