2. C’è accordo?
• Presentazioni «robuste» e coerenti se viste
ciascuna nel proprio contesto
• Però:
– Peasso: le sindromi hanno soppiantato le malattie
– Giordano: reingegnerizzare i processi;
bisogna accettare di essere misurati
– Belleri: no a metodo top-down
– Donzelli: contano gli esiti, non i processi
3. E le Regioni?
• Non mi sembra che i punti di vista siano
strettamente compatibili e coerenti tra loro
• Anche le regioni con esperienze più consolidate di
controllo dei processi, provano l’esistenza di una
ventina di Sistemi sanitari diversi e (magari) una
ventina (?) di visioni diverse della riorganizzazione
possibile della MG
• La voce della MG non si sente comunque: un po’ per
afonia da un lato, e un po’ per sordità dall’altro
(doppio cieco e doppio sordo?)
4. Altri interessati (gli specialisti)
• I tre «pilastri» di Cota: il terzo pilastro della «post-acuzie
», ovvero come portare gli specialisti sul
territorio (per assicurare processi?)
• Diverse voci (ad esempio Gensini) parlano di
collaborazione, ma la sensazione è che si voglia
affidare ai MMG quello che i MMG affiderebbero (se
li avessero!) agli infermieri, cioè la cronicità stabile
• Maciocco parla correttamente di empowerment,
potenziamento dell’auto-cura: la direzione è opposta,
verso un maggiore decentramento
5. Sindromi vs. malattie
• Il «caso clinico» non è più (al di là dell’interesse che
solleva ancora) l’oggetto privilegiato della
professione medica
– Sicuramente nella MG
– Ma in parte neanche nei contesti specialistici
• I cambiamenti epidemiologici hanno avuto
ripercussioni sostanziali anche nella MG individuale
(le cartelle cliniche, i «dati», i SW)
– I risultati assicurati (ad esempio in ambito CVS) dalla MG
(Peasso) non sembrano disprezzabili, a fronte certo di una
scarsa «intensività» diagnostica e terapeutica (Donzelli).
Attenzione però a morbilità (Maciocco), ma è ciò di cui
stiamo parlando ipotizzando scenari per cui organizzarsi
6. PDTA?
• Quale possibile «standardizzazione dei processi»?
• Con quali risultati?
– Un punto di vista critico (processi vs. esiti), non può
comunque negare che i risultati seguono in qualche modo
determinati processi
– e che la MG deve quindi darsi un’organizzazione finalizzata
a produrre salute e anche a gestire la cronicità
– E’ giusto chiedersi che relazione c’è tra i processi
«misurabili» e gli esiti rilevati
– R&P, appena concluso, ci dirà qualcosa in più: lo «standard
reale» di una coorte di pazienti seguita in modo ottimale
(nella pratica della MG, non delle linee-guida)
7. I CREG
• Sembra che i pazienti si dividano in due tipi: quelli
che stanno nei PDTA e quelli che non ci stanno
(Mangiagalli)
• Ma tra la voce dei MMG, delle amministrazioni
regionali, degli altri co-interessati, qual è la «voce»
dei pazienti?
• Pazienti - cittadini, popolazioni e diritti di
cittadinanza (il paziente come soggetto biologico,
psicologico e di diritto)
8. E la MG? Che fa, che dice?
• Per dire, dice poco, pur essendo una categoria
notoriamente «sbraitante»
– Serve capacità propositiva
– Le proposte in ambito CSeRMEG ci sono state
• Qual è il suo prodotto?
– Un prodotto in gran parte «invisibile» (l’obiettivo è che
«non succeda niente»)
– Medico della Persona (Salvestroni)
– Non tutto ciò che ha senso è misurabile
– Non tutto ciò che è misurabile ha senso
9. Quale spazio per
l’orientamento al paziente?
Il paziente è il miglior esperto di se stesso per la sua infermità,
il medico per le sue conoscenze scientifiche sa qualcosa di più
sul suo possibile futuro (esperto di prognosi?).
Da questa divaricazione, potenziale o effettiva a seconda delle
persone, e dalla necessità di una sua ricomposizione sul piano
individuale, deriva l’importanza della partnership medico-paziente
(considerata infatti una forma di collaborazione tra
esperti) che si può realizzare solo riconoscendo la MG come
ambito negoziale ma anche, di conseguenza, l’intrinseca
necessità di un principio di negozialità quando si parla di
cure.
E’ qui che cadono, o meglio divengono potenzialmente troppo
rigidi e impraticabili, i modelli basati su standard fissi.
10. La salute non è, come afferma l’OMS, una condizione
(improbabile, utopistica e statica) di “completo benessere fisco e
psichico”, ma essenzialmente una condizione dinamica
caratterizzata da capacità di adattamento, reattività
all’ambiente e alle condizioni personali, anche di malattia.
La capacità di un efficace ed attivo adattamento (la “ability to
cope” degli anglosassoni) mobilizza necessariamente risorse
psicologiche finalizzate alla comprensione e al raggiungimento di
una percezione soggettiva di controllo.
M Tombesi. La promozione della salute. In: M
Tombesi “Prevenzione nella pratica clinica”.
Utet, Torino: 2005
What is health? The ability to adapt.
Editoriale. Lancet. 2009:373:781.
11. • Al di là dei risultati, e pur senza voler attribuire alla MG
meriti plausibili ma non documentabili, il MMG opera a
questo livello.
• Non perché sia più “empatico” di altri o magari “un po’
psicologo” come vorrebbero certi vecchi stereotipi, ma
perché promuove la salute (attuale o residua)
facilitando la percezione di controllo da parte del
paziente, coinvolto attivamente nel processo di cura
attraverso la spiegazione e comprensione di ciò che gli
sta accadendo, di quali possono essere i percorsi da
seguire, i benefici attesi e i rischi da evitare.
12. • Aumentare la consapevolezza, ridurre le incertezze,
assicurare presa in carico, introdurre elementi di razionalità
nelle decisioni attenuando le reazioni più emotive, è
esattamente quella parte del lavoro del MMG che
costituisce una sorta di “scatola nera” per l’osservatore
esterno
• si svela ai solo diretti interessati nel momento della
consultazione e non risulta visibile anche perché il
principale suo prodotto, paradossalmente, è il fatto che si
ricomponga nella percezione del paziente una normalità
minacciata, cioè che non avvenga nulla o che tutto si
esaurisca nei semplici interventi che il MMG stesso realizza,
siano essi diagnostici, terapeutici o soltanto rassicurativi.