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Paratesti
Dalla quarta di copertina
ai metadati
Prometeo, che rubò il fuoco agli dèi per darlo agli uomini, è assunto da David
Landes come simbolo della maggiore trasformazione che l'umanità abbia
conosciuto: la rivoluzione industriale. Dall'artigianato alla manifattura, fino alla
fabbrica come sistema di produzione, la storia della competizione internazionale
per la ricchezza ha preso un andamento vorticoso, caratterizzato da aspetti
diversi eppure omogenei, tra accelerazioni e frenate. Le innovazioni
tecnologiche hanno dato origine e continuità al processo di industrializzazione e
al tempo stesso a una serie di mutamenti nella struttura del potere, nei modi di
governo, negli ordinamenti sociali e negli atteggiamenti culturali. In questo
quadro, muovendosi con attenzione tra i vari modelli interpretativi, Landes
indaga sulle cause, il corso e la localizzazione dello sviluppo. La struttura del
credito e il sistema scolastico, il potenziale militare e l'incremento demografico
ci vengono resi nei loro rapporti di interdipendenza e di subalternità alle leggi e
ai ritmi dell'industrializzazione. Una gara a inseguimento in cui la guida spesso
cambia di mano, responsabile di enormi costi sociali. Ogni innovazione è infatti
affidata all'intelligenza dell'uomo, ai suoi timori e alla sua speranza.
Copertina e quarta
Sono un vestito
E un biglietto da visita
Se il libro è un supporto per copertina,
come diceva Manganelli, è perché la
copertina non è una geometria amena
e di capriccio: un contenitore di sola
qualità decorativa.
Nei suoi spazi, l’editore e il lettore si
danno il buongiorno. E si stringono la
mano. Per i suoi luoghi strategici passa
l’iniziativa progettuale. L’intimidazione
pubblicitaria, quando si va al peggio.
Lo strillonaggio del titolo, quando
si va al chiassoso. Lo stile di una scelta
e di una riconoscibilità,
se lo sbracciamento e le cerimonie
si ricompongono in confidenza
e cordialità d’incontro.
Le risorse della copertina si condensano
nel risvolto. Per il quale vale la «teoria»
che Borges elaborò per il prologo: «Nella
triste maggioranza dei casi», il risvolto
«confina con l’oratoria del dopotavola o
con i panegirici funebri e indulge a
iperboli irresponsabili che lettura
incredula ammette come convenzioni
del genere».
Ma «quando gli astri sono propizi»,
il risvolto «non è una forma
subalterna del brindisi;
è una specie collaterale della critica».
Salvatore Silvano Nigro
Rex Stout, Due rampe per l’abisso
In quel suo vasto e attento studio sulla Tecnica del
romanzo novecentesco, Joseph Warren Beach dice di
questo libro: «Rex Stout, pur inserendo una
considerevole vicenda nelle meditazioni retrospettive
del protagonista, limita tuttavia in un modo
particolarmente interessante le circostanze in cui quelle
meditazioni hanno luogo. Il personaggio sta salendo le
scale per raggiungere un appartamento dell’ultimo
piano. Gli stadi della salita sono indicati da brani in
corsivo messi in testa a ciascuno dei sedici capitoli, e
quello che accade all’arrivo viene sbrigato brevemente
alla fine del sedicesimo.
Il corpo di ciascun capitolo consiste di quella parte della
vicenda che il personaggio ripensa durante un breve
tratto della salita. In tal modo tutta la vicenda passa per
la sua mente nel breve tempo richiesto per salire quelle
scale. È un’impresa tecnica molto interessante…». Rex
Stout è lo scrittore dei gialli con Nero Wolfe
protagonista. Questo suo romanzo, del 1929, precede
la sua attività di giallista e forse ne è (la parola cade in
taglio) il movente): per l’insuccesso che allora ebbe.
Ingiusto insuccesso, come ogni lettore sarà in grado di
giudicare.
(1980)
Fjòdor Dostojevskij, Il villaggio
di Stepàncikovo
A parodia del famoso incipit di un capitolo di
promessi sposi – «Carneade! Chi era costui?» – nel
recente racconto di uno scrittore italiano corre ad
un certo punto la domanda «Fomà Fomíč! Chi era
costui?»; e vi si svolge una grottesca ricerca
dell’identità del personaggio. Che è poi il
protagonista di questo «romanzo umoristico» di
Dostojevskij, ma assunto dallo scrittore italiano a
prefigurazione, premonizione e simbolo dello
stalinismo.
Il libro è del 1859. Probabilmente, Dostojevskij lo
scrisse a caricaturare uno di quei letterati inconclusi
e inconcludenti, prepotenti ipocriti e parassiti della
società aristocratico-borghese della provincia russa,
che non mancavano nel suo tempo come non
mancano nel nostro. Ma crediamo valga la pena di
provare a leggerlo nella chiave del senno del poi, a
fronte degli avvenimenti tragicamente grotteschi o
grottescamente tragici che l’intolleranza ha
generato dal suo secolo al nostro.
(1981)
Massimo Bontempelli,
La scacchiera davanti allo specchio
Sarebbe da inventariare il posto e il ruolo che gli
specchi hanno nella letteratura, e specialmente
dall’Uno nessuno centomila di Pirandello in poi.
Ma anche annovera, la letteratura, scacchiere e
partite a scacchi allusive, simboliche, reali e
surreali da tenere in conto: memorabile, e quasi
sconfinante nella recente cronaca di una partita
campionale, quella del Nostro agente all’Avana
di Graham Greene.
In questo racconto di Bontempelli, scritto per i
ragazzi ma godibile ad ogni età, abbiamo
specchio e scacchiera: e con effetti visuali e
fantastici tra i più alti raggiunti dal suo «realismo
magico», approssimativa, come tutte le
definizioni che vogliono essere concise e rapide,
ma non infondate a rendere la capacità di
Bontempelli ad assumere spazio, tempo ed
oggetti in una sfera (e pensiamo alla sfera di
cristallo dei veggenti) appunto magica e
visionaria.
(1981)
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inquinati. Tuttavia questo è anche un libro diverso, perché, ispirato alla storia antica e più recente della città e della sua
provincia nota, meritatamente, come Marca Gioiosa. Quest’opera di Maffioli, è testimonianza d’amore per questa nobile
terra, e soprattutto un punto di riferimento autorevole e ineguagliabile, la cui importanza può essere colta da ognuno
quando si pensi che Treviso e la sua Marca sono divenute (per riconoscimento degli addetti ai lavori), la città e la provincia
gastronomicamente al primo posto in Italia. Il volume illumina, attraverso rapidi excursus storici, personali memorie di
tempi più vicini ed una ricchissima proposta di ricette remote e attuali (sono ben 850), un aspetto non trascurabile della
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fiumi ancora non inquinati. Tuttavia questo è anche un libro diverso, perché, ispirato
alla storia antica e più recente della città e della sua provincia nota, meritatamente,
come Marca Gioiosa. Quest’opera di Maffioli è testimonianza d’amore per questa
nobile terra, e soprattutto un punto di riferimento autorevole e ineguagliabile, la cui
importanza può essere colta da ognuno quando si pensi che Treviso e la sua Marca
sono divenute (per riconoscimento degli addetti ai lavori), la città e la provincia
gastronomicamente al primo posto in Italia. Il volume illumina, attraverso rapidi
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Virginio B. Sala - Testo e testualità la scrittura per l’editoria digitale

  • 1. Paratesti Dalla quarta di copertina ai metadati
  • 2.
  • 3.
  • 4.
  • 5. Prometeo, che rubò il fuoco agli dèi per darlo agli uomini, è assunto da David Landes come simbolo della maggiore trasformazione che l'umanità abbia conosciuto: la rivoluzione industriale. Dall'artigianato alla manifattura, fino alla fabbrica come sistema di produzione, la storia della competizione internazionale per la ricchezza ha preso un andamento vorticoso, caratterizzato da aspetti diversi eppure omogenei, tra accelerazioni e frenate. Le innovazioni tecnologiche hanno dato origine e continuità al processo di industrializzazione e al tempo stesso a una serie di mutamenti nella struttura del potere, nei modi di governo, negli ordinamenti sociali e negli atteggiamenti culturali. In questo quadro, muovendosi con attenzione tra i vari modelli interpretativi, Landes indaga sulle cause, il corso e la localizzazione dello sviluppo. La struttura del credito e il sistema scolastico, il potenziale militare e l'incremento demografico ci vengono resi nei loro rapporti di interdipendenza e di subalternità alle leggi e ai ritmi dell'industrializzazione. Una gara a inseguimento in cui la guida spesso cambia di mano, responsabile di enormi costi sociali. Ogni innovazione è infatti affidata all'intelligenza dell'uomo, ai suoi timori e alla sua speranza.
  • 6. Copertina e quarta Sono un vestito E un biglietto da visita
  • 7. Se il libro è un supporto per copertina, come diceva Manganelli, è perché la copertina non è una geometria amena e di capriccio: un contenitore di sola qualità decorativa.
  • 8. Nei suoi spazi, l’editore e il lettore si danno il buongiorno. E si stringono la mano. Per i suoi luoghi strategici passa l’iniziativa progettuale. L’intimidazione pubblicitaria, quando si va al peggio.
  • 9. Lo strillonaggio del titolo, quando si va al chiassoso. Lo stile di una scelta e di una riconoscibilità, se lo sbracciamento e le cerimonie si ricompongono in confidenza e cordialità d’incontro.
  • 10. Le risorse della copertina si condensano nel risvolto. Per il quale vale la «teoria» che Borges elaborò per il prologo: «Nella triste maggioranza dei casi», il risvolto «confina con l’oratoria del dopotavola o con i panegirici funebri e indulge a iperboli irresponsabili che lettura incredula ammette come convenzioni del genere».
  • 11. Ma «quando gli astri sono propizi», il risvolto «non è una forma subalterna del brindisi; è una specie collaterale della critica». Salvatore Silvano Nigro
  • 12. Rex Stout, Due rampe per l’abisso In quel suo vasto e attento studio sulla Tecnica del romanzo novecentesco, Joseph Warren Beach dice di questo libro: «Rex Stout, pur inserendo una considerevole vicenda nelle meditazioni retrospettive del protagonista, limita tuttavia in un modo particolarmente interessante le circostanze in cui quelle meditazioni hanno luogo. Il personaggio sta salendo le scale per raggiungere un appartamento dell’ultimo piano. Gli stadi della salita sono indicati da brani in corsivo messi in testa a ciascuno dei sedici capitoli, e quello che accade all’arrivo viene sbrigato brevemente alla fine del sedicesimo.
  • 13. Il corpo di ciascun capitolo consiste di quella parte della vicenda che il personaggio ripensa durante un breve tratto della salita. In tal modo tutta la vicenda passa per la sua mente nel breve tempo richiesto per salire quelle scale. È un’impresa tecnica molto interessante…». Rex Stout è lo scrittore dei gialli con Nero Wolfe protagonista. Questo suo romanzo, del 1929, precede la sua attività di giallista e forse ne è (la parola cade in taglio) il movente): per l’insuccesso che allora ebbe. Ingiusto insuccesso, come ogni lettore sarà in grado di giudicare. (1980)
  • 14. Fjòdor Dostojevskij, Il villaggio di Stepàncikovo A parodia del famoso incipit di un capitolo di promessi sposi – «Carneade! Chi era costui?» – nel recente racconto di uno scrittore italiano corre ad un certo punto la domanda «Fomà Fomíč! Chi era costui?»; e vi si svolge una grottesca ricerca dell’identità del personaggio. Che è poi il protagonista di questo «romanzo umoristico» di Dostojevskij, ma assunto dallo scrittore italiano a prefigurazione, premonizione e simbolo dello stalinismo.
  • 15. Il libro è del 1859. Probabilmente, Dostojevskij lo scrisse a caricaturare uno di quei letterati inconclusi e inconcludenti, prepotenti ipocriti e parassiti della società aristocratico-borghese della provincia russa, che non mancavano nel suo tempo come non mancano nel nostro. Ma crediamo valga la pena di provare a leggerlo nella chiave del senno del poi, a fronte degli avvenimenti tragicamente grotteschi o grottescamente tragici che l’intolleranza ha generato dal suo secolo al nostro. (1981)
  • 16. Massimo Bontempelli, La scacchiera davanti allo specchio Sarebbe da inventariare il posto e il ruolo che gli specchi hanno nella letteratura, e specialmente dall’Uno nessuno centomila di Pirandello in poi. Ma anche annovera, la letteratura, scacchiere e partite a scacchi allusive, simboliche, reali e surreali da tenere in conto: memorabile, e quasi sconfinante nella recente cronaca di una partita campionale, quella del Nostro agente all’Avana di Graham Greene.
  • 17. In questo racconto di Bontempelli, scritto per i ragazzi ma godibile ad ogni età, abbiamo specchio e scacchiera: e con effetti visuali e fantastici tra i più alti raggiunti dal suo «realismo magico», approssimativa, come tutte le definizioni che vogliono essere concise e rapide, ma non infondate a rendere la capacità di Bontempelli ad assumere spazio, tempo ed oggetti in una sfera (e pensiamo alla sfera di cristallo dei veggenti) appunto magica e visionaria. (1981)
  • 18.
  • 19.
  • 20.
  • 21.
  • 22.
  • 23.
  • 24.
  • 25.
  • 26.
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  • 28.
  • 29.
  • 30.
  • 31.
  • 32.
  • 33.
  • 34.
  • 35. Nel content.opf di un epub <metadata xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/"> <meta name="generator" content="Adobe InDesign" /> <meta name="cover" content="cover.jpg" /> <dc:publisher>TARKA</dc:publisher> <dc:title>La cucina trevigiana</dc:title> <dc:creator>Giuseppe Maffioli</dc:creator> <dc:date>2013-12-20</dc:date> <dc:language>it</dc:language> <dc:rights xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/">Copyright © 2013 Tarka/Fattoria del Mare s.a.s di Franco Muzzio</dc:rights> <dc:subject>Cucina / Alimentazione / Cucine regionali italiane / Veneto / Treviso</dc:subject> <dc:description>Dopo aver proposto storia e piatti della cucina veneziana di città e di mare, Giuseppe Maffioli si rivolge ora alla storia e alle ricette della cucina trevigiana, che è cucina di terraferma, la “cucina in villa” con tutte le risorse della campagna, con quelle della caccia e della pesca, nelle “chiare dolci e fresche acque” di laghetti e di fiumi ancora non inquinati. Tuttavia questo è anche un libro diverso, perché, ispirato alla storia antica e più recente della città e della sua provincia nota, meritatamente, come Marca Gioiosa. Quest’opera di Maffioli, è testimonianza d’amore per questa nobile terra, e soprattutto un punto di riferimento autorevole e ineguagliabile, la cui importanza può essere colta da ognuno quando si pensi che Treviso e la sua Marca sono divenute (per riconoscimento degli addetti ai lavori), la città e la provincia gastronomicamente al primo posto in Italia. Il volume illumina, attraverso rapidi excursus storici, personali memorie di tempi più vicini ed una ricchissima proposta di ricette remote e attuali (sono ben 850), un aspetto non trascurabile della civiltà di questa terra, che ha saputo usare con amore, intelligenza e continua creatività le risorse di una natura ricca, varia e amabile come quella trevigiana. </dc:description> <meta property="dcterms:modified">2013-12-20T12:00:00Z</meta> <dc:identifier id="bookid">9788898823123</dc:identifier> </metadata>
  • 36. <metadata xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/"> <meta name="generator" content="Adobe InDesign" /> <meta name="cover" content="cover.jpg" /> <dc:publisher>TARKA</dc:publisher> <dc:title>La cucina trevigiana</dc:title> <dc:creator>Giuseppe Maffioli</dc:creator> <dc:date>2013-12-20</dc:date> <dc:language>it</dc:language> <dc:rights xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/"> Copyright © 2013 Tarka/Fattoria del Mare s.a.s di Franco Muzzio</dc:rights>
  • 37. <dc:subject>Cucina / Alimentazione / Cucine regionali italiane / Veneto / Treviso</dc:subject> <dc:description>Dopo aver proposto storia e piatti della cucina veneziana di città e di mare, Giuseppe Maffioli si rivolge ora alla storia e alle ricette della cucina trevigiana, che è cucina di terraferma, la “cucina in villa” con tutte le risorse della campagna, con quelle della caccia e della pesca, nelle “chiare dolci e fresche acque” di laghetti e di fiumi ancora non inquinati. Tuttavia questo è anche un libro diverso, perché, ispirato alla storia antica e più recente della città e della sua provincia nota, meritatamente, come Marca Gioiosa. Quest’opera di Maffioli è testimonianza d’amore per questa nobile terra, e soprattutto un punto di riferimento autorevole e ineguagliabile, la cui importanza può essere colta da ognuno quando si pensi che Treviso e la sua Marca sono divenute (per riconoscimento degli addetti ai lavori), la città e la provincia gastronomicamente al primo posto in Italia. Il volume illumina, attraverso rapidi excursus storici, personali memorie di tempi più vicini ed una ricchissima proposta di ricette remote e attuali (sono ben 850), un aspetto non trascurabile della civiltà di questa terra, che ha saputo usare con amore, intelligenza e continua creatività le risorse di una natura ricca, varia e amabile come quella trevigiana. </dc:description> <meta property="dcterms:modified">2013-12-20T12:00:00Z</meta> <dc:identifier id="bookid">9788898823123</dc:identifier> </metadata>