Lettura del racconto nel mosaico di otranto al 23 marzo 2015Andrea Biagioni
Il Libro nasce con lo scopo di comprendere e divulgare il racconto criptato che il monaco Pantaleone ha inserito nel mosaico di Otranto da lui costruito nel XII secolo.
Per quanto possa sembrare assurdo visto che il mosaico è stato costruito nel XII secolo ed a quell’epoca non si sapeva ancora nulla di DNA, secondo me il monaco Pantaleone nella sua opera ci parla di genetica.
Ci racconta di un antico esperimento realizzato in provetta da nostri antichi avi evoluti che generarono dei cloni, e cosa accadde a livello cosmico e sulla Terra una volta che quei cloni furono messi fuori dal giardino terrestre. Cioè messi fuori dal luogo dove erano tenuti e fatti mischiare con gli umani possessori di Anima iscritti nel Libro della Vita.
Ci racconta quindi la ragione per cui l’umanità è caduta e da allora ha dovuto girovagare e subire le catastrofi che sono avvenute, perché dobbiamo temere i tempi finali, e di chi è messaggera la figura che disegna alla fine del racconto e che scioglierà "i nodi". ·
presentazione della filosofia di Nietzsche in 20 slides non realizzata da me ma da un autore di cui non conosco il nome e che mi ha linkato questa presentazione nel forum scolastico da me utilizzato con imiei studenti
Lettura del racconto nel mosaico di otranto al 23 marzo 2015Andrea Biagioni
Il Libro nasce con lo scopo di comprendere e divulgare il racconto criptato che il monaco Pantaleone ha inserito nel mosaico di Otranto da lui costruito nel XII secolo.
Per quanto possa sembrare assurdo visto che il mosaico è stato costruito nel XII secolo ed a quell’epoca non si sapeva ancora nulla di DNA, secondo me il monaco Pantaleone nella sua opera ci parla di genetica.
Ci racconta di un antico esperimento realizzato in provetta da nostri antichi avi evoluti che generarono dei cloni, e cosa accadde a livello cosmico e sulla Terra una volta che quei cloni furono messi fuori dal giardino terrestre. Cioè messi fuori dal luogo dove erano tenuti e fatti mischiare con gli umani possessori di Anima iscritti nel Libro della Vita.
Ci racconta quindi la ragione per cui l’umanità è caduta e da allora ha dovuto girovagare e subire le catastrofi che sono avvenute, perché dobbiamo temere i tempi finali, e di chi è messaggera la figura che disegna alla fine del racconto e che scioglierà "i nodi". ·
presentazione della filosofia di Nietzsche in 20 slides non realizzata da me ma da un autore di cui non conosco il nome e che mi ha linkato questa presentazione nel forum scolastico da me utilizzato con imiei studenti
La presentazione è una libera rielaborazione dei capitoli su Hegel dei testi di Brandolini,
Debernardi, Leggero, Simposio vol 2, Laterza e di Sacchetto, Desideri, Petterlini,
L'esperienza del pensiero vol 4, Loescher.
Tesi liceale sull'esistenza, un percorso filosofico ed introspettivo per concepire meglio l'esistenza individuale e la sua fragilità, nonché la sua potenza.
1. uomo, natura e storia
Concezione umana, naturale e storica durante il periodo
umanistico e rinascimentale tra arte e letteratura.
2. I TEMI FONDAMENTALI
• Concezione
dell’uomo
• Concezione della
natura
• Concezione della
storia
3. «Adamo, non ti diedi una stabile dimora, nè un'immagine propria, nè alcuna peculiare prerogativa,
perchè tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà quella dimora,
quell'immagine, quella prerogativa che avrai scelto da te stesso. Una volta definita la natura alle
restanti cose, sarà pure contenuta entro prescritte leggi. Ma tu senz'essere costretto da nessuna
limitazione, potrai determinarla da te medesimo, secondo quell'arbitrio che ho posto nelle tue
mani. Ti ho collocato al centro del mondo perchè potessi così contemplare più comodamente tutto
quanto è nel mondo. Non ti ho fatto del tutto nè celeste nè terreno, nè mortale, nè immortale
perchè tu possa plasmarti, libero artefice di te stesso, conforme a quel modello che ti sembrerà
migliore. Potrai degenerare sino alle cose inferiori, i bruti, e potrai rigenerarti, se vuoi, sino alle
creature superne, alle divine.» - Giovanni Pico della Mirandola “Oratio de hominis dignitate”
4. DATI TECNICI
• Autore: Michelangelo Buonarroti
• Nome dell’opera: Creazione di Adamo
• Datazione: 1508-1512
• Tecnica esecutiva: affresco (280x570cm)
• Collocazione: Roma, Cappella Sistina
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Dopo aver creato Adamo, Dio gli infonde il soffio vitale così l’uomo diviene un essere
vivente. Il Padre risulta teso nell’atto misericordioso della creazione, il suo braccio è
rivolto verso Adamo che, al contrario, è raffigurato disteso ed inerme sulla terra informe, a
testimoniarne la provenienza.
Adamo esprime un’elevatissima bellezza formale deliberatamente ispirata ai modelli
classici.
E’ sicuramente particolare l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di Dio; sembra tendergli
il dito ed allo stesso tempo distaccarsi cercando quasi di fuggire. Si nota, dunque, tutto il
desiderio di emancipazione dell’essere umano che si riconosce come reale centro
dell’universo.
Inoltre Adamo risulta evidentemente giovanile in contrasto con Dio, virtuoso e possente
ma pur sempre una figura per così dire “antica”.
6. DATI TECNICI
• Autore: Donato di Niccolò di Betto
Bardi, detto Donatello
• Nome dell’opera: San Giorgio
• Datazione: 1416
• Tecnica esecutiva: scultura
• Collocazione: Firenze, Museo del
Bargello
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Realizzato a partire dal 1416, il San Giorgio è un perfetto esempio del gusto artistico
fiorentino della rappresentazione dei corpi e degli oggetti in relazione tra loro, inseriti in uno
spazio costruito razionalmente attraverso la prospettiva, e sulla raffigurazione naturalistica
sempre, però, in stretta relazione alla figura umana.
La figura è sorretta dalle game salde e leggermente divaricate, e dallo scudo che disegna una
linea obliqua rispetto al perno centrale della composizione. Sono presenti svariati
accorgimenti anatomici particolarmente dettagliati tra cui è possibile intravedere i tendini tesi
e la forte determinazione dello sguardo a rafforzare il senso di sfida e di dignità espresso dalla
figura stessa. In tal senso la struttura all’interno della quale è inserita l’opera ne completa la
forza espressiva. Le linee compositive sono dirette verso la cuspide centrale, ed è evidente
l’intento di Donatello nel rendere centrale la figura del guerriero riducendola alle strutture
essenziali, senza però rinunciare al decorativismo e all’eleganza.
7. “[…] e lui nondimanco con la sua ferocità ed impeto si mosse personalmente a quella
spedizione […] ” – Niccolò Machiavelli “Principe”
8. DATI TECNICI
• Autore: Raffaello Sanzio
• Nome dell’opera: Ritratto di Giulio II
• Datazione: 1512
• Tecnica esecutiva: Olio su tela
• Collocazione: Firenze, Galleria degli
Uffizi
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Il pontefice è raffigurato seduto sulla sedia camerale con la presenza, sui braccioli dello
schienale, di pigne a simbolo dell’importante casata dei Della Rovere a cui apparteneva egli
stesso.
La sua figura è curva e girata di circa tre quarti in un tipo di prospettiva innovativa e particolare
creata da Raffaello stesso, che faceva in modo che lo spettatore si sentisse a stretto contatto
fisico con il soggetto raffigurato. Se da una parte vi sono tutti gli elementi classificatori di un
tipico ritratto di un personaggio potente ed influente, come i simboli del potere pontificio,
dall’altra abbiamo sicuramente una forte ed immediata introspezione psicologica del soggetto.
La sua figura risulta stanca ed affaticata, in perfetta assonanza con il corso degli eventi del 1512
che avevano portato il pontefice ad una posizione scomoda in relazione ai conflitti iniziati con i
Francesi.
Raffaello, da maestro del ritratto, riesce dunque nell’intento di raffigurare il proprio soggetto
rispettandone sia i tratti fisici sia quelli psicologici.
9. La concezione dell’uomo
L’uomo nella visione naturalistica
Questo è sicuramente il filone che fa dell’uomo un essere completamente indipendente e volto solo al proprio utile. Tale visione pone
l’uomo al centro di un gigantesco sistema che affonda le sue radici nella realtà concreta ed in essa si esaurisce senza spaziare,
necessariamente, nell’argomento del divino. Così l’uomo diventa “specialista della vita”, è capace di controllare gli eventi terreni e di
porsi in contrapposizione alla disarmante “casualità” degli eventi di cui può essere passivamente partecipe o ,al contrario, attivamente
artefice. Particolare dunque è la doppia natura umana: se infatti l’uomo è uomo in quanto fenomeno di natura allora, proprio a tal
proposito, dovrà necessariamente possedere una propria parte animalesca formata essenzialmente da istinti ed indole naturale. Questo
aspetto dell’uomo, che sembra rinnegare l’idea tipica del rinascimento come armonia e perfezione anche in relazione all’idea classica, gli
concede, al contrario, un elemento ulteriore di concretezza e veridicità. L’uomo non può assolutamente negare la propria parte
animalesca né tanto meno, prescinderne; deve dunque saper distinguere le giuste occasioni, e prendere con senno la decisione di
affidarsi alla ragione o all’impeto. Non è assolutamente negato il libero arbitrio che si riferisce non all’ascesa al divino o alla discesa verso
l’infimo, come nel pensiero idealizzante, ma all’utilizzo della parte animalesca o di quella più tipicamente umana per giungere all’utile più
immediato ed importante. Ciò sicuramente rende un’immagine di uomo più consapevole di se stesso.
L’uomo nella visione idealizzante
Il Rinascimento fu profondamente influenzato dalla riscoperta del pensiero neoplatonico reintrodotto dagli esponenti della famiglia fiorentina
dei Medici. Sulla scorta di tale dottrina nasce un connubio che pone l’uomo come perno centrale dell’idealizzata realtà e, allo stesso modo,
della propria ricerca.
Si riscopre il gusto della ricerca interiore che porta l’uomo al massimo livello di consapevolezza delle proprie facoltà razionalistiche in merito
alla comprensione di ciò che lo circonda; questa situazione gli permette un totale controllo sull’universo di cui egli , e solo egli, ne è il centro,
riuscendo dunque prima a comprenderlo e successivamente, sulla scorta di quanto ci è stato tramandato da Pico della Mirandola, a
dominarlo. Anche in questo caso ,dunque, l’uomo è dotato del libero arbitrio che gli permette di raggiungere le schiere angeliche o di
abbassarsi all’infimo livello delle creature private della possibilità della beatitudine.
Cambia dunque il metro di prospettiva che, in questo caso, in perfetta armonia con l’idea neoplatonica del super essente, è Dio, il quale ,in un
atto di infinita misericordia , concede all’uomo tali capacità.
Persiste dunque l’elemento trascendentale che comunque non intacca in modo determinante l’assoluta indipendenza umana.
L’idea di uomo rinascimentale è sostanzialmente diversa da quella intesa, invece, in periodo Medievale. L’uomo acquista maggiore
consapevolezza di se stesso e delle proprie capacità anche e ,soprattutto, in merito alla realtà empirica che lo circonda. Così dunque l’uomo è
posto, per così dire, al “centro dell’universo”, ne è l’osservatore e l’artefice, la sola creatura capace di comprenderlo e dominarlo. L’elemento
trascendentale, da cui prima dipendeva in modo diretto, scompare o assume un’importanza via via sempre minore; lasciando dunque spazio alla
propria autonomia e capacità di giudizio. L’uomo ,difatti, a differenza delle altre creature, divine o brute, è dotato del “libero arbitrio”, tramite il
quale gli è possibile giungere al sommo o abbassarsi all’infimo, secondo le proprie scelte.
10. “FOCUS”
La ritrattistica
Il gusto per la ritrattistica rinascimentale si manifesta quasi con gli stessi motivi sia nell’arte
più tipicamente intesa come tale, quella figurativa, sia invece in ambito più squisitamente
letterario.
La ricerca dei caratteri fisici e psicologici dei soggetti da raffigurare o da trattare era infatti
una prerogativa importante in tale periodo, in quanto si sposava benissimo con la tensione
verso la ricerca interiore dell’uomo per giungere a piena consapevolezza di sé.
Sulla scorta di quanto detto possiamo dunque affermare con sicurezza che siano esistite delle
norme comuni che legavano, nella ritrattistica come in altri ambiti, arti figurative con arti
letterarie.
Premessa necessaria è però la nuova condizione dell’artista quattrocentesco e
cinquecentesco. Non più artigiano di bottega, ma intellettuale vero e proprio, grande
conoscitore delle “humanae litterae”, ed educato secondo ideali tipicamente classici. Così è
possibile comprendere come il gusto di ricerca di pathos in un espressione del viso, o nella
posizione delle mani, di un artista del calibro di Raffaello, è facilmente paragonabile all’analisi
dei comportamenti tipica invece di una grande personalità letteraria come quella di
Machiavelli.
Si esplica così, in ambedue i casi, la ricerca di caratteri tipicamente fisici (evidentemente più
presenti nell’arte figurativa che non in quella letteraria) e, allo stesso modo, di caratteri
psicologici ove il collegamento fra i due è ovviamente strettissimo. I ritratti, sia letterari, che
figurativi, si basano proprio su questa curiosità empirica per la mimica, per il manifestarsi dei
sentimenti, per la varietà dei caratteri. Ritorna alla prima pagina
11. “Tutta la sfera del fuoco, et indi vanno al regno della luna” – Ludovico
Ariosto “Orlando Furioso”
12. DATI TECNICI
• Autore: Raffaello Sanzio
• Nome dell’opera: Sposalizio della
Vergine
• Datazione: 1504
• Tecnica esecutiva: Olio su tavola
(174 x 121cm)
• Collocazione: Milano, Pinacoteca
di Brera
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Il soggetto raffigurato è tipicamente biblico: si tratta infatti dell’unione tra la Vergine
Maria e San Giuseppe. In primo piano sono presenti i due soggetti principali
accompagnati, sul lato di Maria, da un gruppo di donne, sul lato di Giuseppe, da un
gruppo di uomini, com’era tradizione comune.
Particolare è sicuramente lo sfondo dell’opera occupato da una gigantesca piazza
lastricata a grandi riquadri, al termine della quale vi è un edificio, probabilmente un
tempio, a pianta centrale sul quale convergono tutte le linee prospettiche del dipinto.
Un gruppo di figure secondarie occupa lo spazio della piazza al fine di rafforzare l’effetto
di profondità grazie alle dimensioni che vanno via via riducendosi in un perfetto ordine
scalare.
Si nota la ricerca del riferimento classico nella raffigurazione priva di pathos, sostituito
qui da una generale armonia data dalla disposizione compositiva ad emiciclo delle
figure in primo piano che si conclude nel giovane sulla destra, il quale viene
leggermente avanzato in un primissimo piano, nel gesto di spezzare il proprio bastone.
13. “spazio ideale aperto all'invenzione e insieme luogo concreto della vita associata e sede del
potere politico” – Leonardo Bruni – definizione di “urbs”
14. DATI TECNICI
• Nome: Pienza
• Commissione: Pio II Piccolomini
• Progettista: Bernardo Rossellino
• Datazione: 1459-1462
DESCRIZIONE
In viaggio verso Mantova, accompagnato fra gli altri da Leon Battista Alberti, papa Pio II
Piccolomini visita nel 1459 il nativo borgo di Corsigliano e decide di ristrutturarlo per
farne la sua sede ideale. Dopo aver ottenuto in brevissimo tempo i vari permessi
necessari al proseguimento del progetto, su consiglio di Leon Battista Alberti, il
pontefice convoca ,in qualità di architetto e progettista, un brillante Bernardo
Gambarelli, detto il Rossellino. Così, successivamente, nel 1462, il borgo di Corsigliano
viene definitivamente ribattezzato con il nome di Pienza.
Dell’intero borgo è cruciale sicuramente l’apparato della piazza, costruita mediante
precisi schemi tipicamente rinascimentali.
Ogni singolo elemento: il pozzo di gusto squisitamente classico, la facciata del palazzo
Piccolomini, è perfettamente proporzionato agli altri creando così una visione
prospettica dell’area che trova il suo punto di fuga sulla facciata del duomo, affrontata
da quella del palazzo, che supera il confine naturale del crinale per diventare anche
dalla valle l’elemento dominante. Il senso prospettico è inoltre rafforzato dalla
pavimentazione lastricata della piazza che porta lo sguardo dell’osservatore,
naturalmente, verso il suo vertice prospettico.
15. La concezione della natura
l’uomo conquista lo spazio
La natura e lo spazio assumono, nel rinascimento, importanza se associati ai nuovi movimenti filosofici
diffusi nel periodo; primo fra tutti era sicuramente il neoplatonismo.
L’artista rinascimentale sente il bisogno di una raffigurazione della realtà non più improntata sull’orma
medievale e gotica, ma, da una parte, su un fortissimo realismo che trova le sue basi nella natura stessa e
nello studio filologico dei canoni classici, dall’altra invece, su una razionalizzazione matematica che porta
l’uomo al completo dominio della realtà; concedendogli addirittura di creare, sia in letteratura che in arte,
spazi assolutamente verosimili ed ideologicamente perfetti.
La rappresentazione della natura assume poi una particolare efficacia nel messaggio neoplatonico,
all’interno del quale quest’ultima non assume le caratteristiche di semplice luogo di attuazione di fenomeni
empirici, ma diviene un macrocosmo retto da rapporti di armonia e di perfezione assoluti in cui l’uomo ha un
ruolo centrale, in quanto racchiude in sé un microcosmo altrettanto perfetto. Ed è così che l’uomo, creatura
terrestre e divina, può dunque giungere al completo controllo sul mondo empirico : attraverso la sua
costante idealizzazione e razionalizzazione, che trova il suo massimo apice nella nascita, tutta rinascimentale,
della “Prospettiva scientifica”, basata per l’appunto su specifiche regole matematiche.
La realtà diviene dunque luogo di perfezione e di pace filtrata in arte attraverso raffigurazioni del calibro
della celebre “Primavera” di Botticelli secondo gli schemi ed i modelli tipicamente classici come delle
“Metamorfosi” di Ovidio.
Non è poi un caso che tali raffigurazioni fossero commissionate agli artisti, da personaggi appartenenti al
ceto dell’illustre aristocrazia signorile che, oramai, non sente più la necessità di un concreto impegno nella
vita civile e culturale della collettività, come ancora invece avveniva nel primo Quattrocento. L’arte è
espressione dell’ “otium” di corte che, attraverso essa, si diletta e dimostra la propria magnificenza.
16. “Focus”
La prospettiva
Sicuramente l’aspetto più caratteristico del periodo rinascimentale è la nascita della cosiddetta “Prospettiva
scientifica”.
Tale innovazione non poteva che nascere sotto l’influsso di movimenti artistici quali quelli Quattrocenteschi
e Cinquecenteschi che pongono l’uomo al centro dell’universo come essere capace di comprenderlo e
razionalizzarlo, portandolo poi all’importantissima conquista dello spazio.
E’ proprio il sentimento di controllo rigoroso tramite canoni matematici alla base della scoperta della
Prospettiva, a partire dalle applicazioni Brunelleschiane. che altro non è che il conseguente ed inevitabile
risultato artistico-figurativo, di un movimento che aveva coinvolto ogni singolo campo del sapere.
La visione prospettica, dunque, si articola nella rappresentazione di un determinato spazio tramite l’utilizzo
di linee prospettiche rivolte tutte in un unico punto detto vertice prospettico o punto di fuga.
In questo modo l’artista potrà modellare ogni singola figura della propria opera sulla base di uno schema
armonioso e perfetto, che gli concede di avere un completo dominio sulla possibilità di creazione di spazi,
spesso, completamente immaginari, basti pensare alle raffigurazioni delle “città ideali”.
Caratteristica intrigante e cruciale della visione prospettica è sicuramente la vastissima conoscenza
anatomica e matematica necessaria per poter attuare il processo sopra descritto.
I primi artisti, che si cimentarono nella raffigurazione prospettica, incapparono immediatamente
nell’ostacolo della forma tondeggiante dell’occhio umano per il quale era impensabile una riproduzione
fedele di ciò che si vedeva. Infatti la maggior parte delle linee che all’occhio risultano curve posseggono, al
contrario, una natura retta.
Pertanto è possibile affermare che la prospettiva scientifica è sostanzialmente un’illusione ottica che
induce l’occhio a trovare una natura tridimensionale in una raffigurazione bidimensionale.
Così è possibile ritrovare il gusto rinascimentale per l’idealizzazione della realtà, e per la figura umana capace
di dominare se stessa e la realtà empirica. Ritorna alla prima pagina
17. “La scuola di Atene”
Raffaello, 1509-1511,
affresco, 500 x 770cm,
Roma, Musei Vaticani
18. ”Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”
La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita,
messaggera dell’antichità – Marco Tullio Cicerone “De Oratore”
.
19. DATI TECNICI
• Autore: Donatello
• Nome dell’opera: Monumento equestre
• al Gattamelata
• Datazione: 1446-1453
• Tecnica esecutiva: scultura a cera persa
in bronzo
• Collocazione: Padova, Piazza del Santo
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Prima scultura equestre di periodo moderno, il Gattamelata doveva essere un’opera dedicata all’omonimo capitano
di ventura del comune di Padova, su commissione e finanziamento della vedova Giacoma Bocarini Brunori. L’inizio
del lavoro era previsto da Donatello per il 1443 ma fu costretto ad iniziare a lavorare sull’opera 3 anni più tardi, nel
1446, a causa di svariati inconvenienti con i modelli della raffigurazione del cavallo e del cavaliere.
La statua riesce a coniugare sia un'idealizzazione imponente, sia un sensibile realismo, che conferiscono all'insieme
la caratteristica espressività. Sia il cavallo che il cavaliere sono ritratti con connotazioni psicologiche che
arricchiscono l'opera di significati e possibile letture.
La figura del cavallo è possente e chiaramente in tensione, presentando, inoltre, delle proporzioni leggermente
superiori a quelle del cavaliere al fine di sottolineare la difficoltà dell’atto di cavalcare un animale tanto più grande.
L’andatura dell’animale si rivela stabile ed in perfetta armonia con la sicurezza del suo cavalcatore il quale raffigura
la vittoria della razionalità umana. Nel Gattamelata invece si scorge la passione di Donatello per la ritrattistica che
giustifica l’assenza dell’elmo da battaglia che avrebbe annientato l’aspetto psicologico del cavaliere. Il volto è quello
di un uomo ormai avanti con gli anni, ma non è l'uomo anziano e ammalato dei suoi ultimi giorni, morto poco prima
dell'arrivo di Donatello a Padova. Ma ciò non toglie che il ritratto sia somigliante al vero condottiero, vista la
profonda caratterizzazione espressiva dei lineamenti. L'effigie, che si ispira innegabilmente alla ritrattistica romana,
raggiunge quindi un equilibrio tra realismo fisionomico e idealizzazione psicologica. Il gruppo equestre è una
profonda meditazione sull’antichità, a partire dal modello a cui Donatello fece riferimento per la realizzazione della
propria opera: quel grandioso “ Marco Aurelio” che ebbe modo di ammirare nel corso del suo viaggio a Roma,
certificatoci dal Vasari.
20. “ […] debbe un uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi, e quelli che sono
stati eccellentissimi imitare, acciò che, se la sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche
odore […]” – Niccolò Machiavelli “Principe”
21. DATI TECNICI
• Autore: Antonio del Pollaiolo (incerto)
• Nome dell’opera: Gemelli (aggiunta
rinascimentale alla “Lupa Capitolina)
• Datazione: tardo XV secolo
• Tecnica esecutiva: scultura bronzea
• Collocazione: Roma, Musei Capitolini
DESCRIZIONE DELL’OPERA
La coppia di amorini rappresentanti i due gemelli della mitica leggenda di
Romolo e Remo è, come facilmente intuibile, un’aggiunta rinascimentale
alla scultura della “Lupa Capitolina”.
Le due sculture bronzee si presentano all’osservatore in posizione
cosiddetta “orante” nell’atto dell’allattamento. Si notino i dettagliatissimi
particolari anatomici con cui l’artista tratta la raffigurazione dei gemelli,
eseguiti col particolare virtuosismo tipicamente rinascimentale.
E’ sicuramente particolare l’idea di fondo che spinge a tale aggiunta: un
recupero di un’opera-simbolo della classicità più squisitamente romana,
seppur sia dubbia la datazione della Lupa. L’autore probabilmente idealizza
la presenza dei mitici fondatori grazie ad alcune loro raffigurazioni
precedenti, come, ad esempio, quella celebre dell’opera “Mirabilia Urbis
Romae”.
22. La concezione della storia
Muta completamente l’assetto di approccio alla storia da parte dell’uomo rinascimentale in comparazione a quello, invece, medievale.
La storia non è più un susseguirsi di eventi calcolati al fine di giungere al piano divino, secondo quella che era stata la cosiddetta visione
provvidenziale; ma diviene un universo a sé stante costellato da azioni di uomini illustri e cruciali. A suo modo poi la storia può manifestarsi
come un gigantesco contenitore di esperienze da cui è possibile ricavare degli importanti esempi o, al contrario, un qualcosa di rilegato al
passato e caratterizzato solamente dalle grandi individualità di cui è possibile cogliere l’aspetto più specificatamente psicologico.
Historia magistra vitae
La storia prende, sotto questa particolare ideologia, una sfumatura che la classifica come luogo migliore in assoluto da dove è possibile trarre
degli esempi tra i più illustri in assoluto.
Tale è il tipico pensiero in merito alla storia del grande Niccolò Machiavelli, il quale ipotizza, anzitutto, una condizione dell’uomo assolutamente
particolare. Questi difatti è uomo in quanto fenomeno di natura e, come tale, è destinato a manifestarsi sempre con le stesse peculiarità,
facendo dunque della storia un susseguirsi di azioni portate avanti da uomini con le stesse aspirazioni all’interno di situazioni analoghe.
Sono ovviamente presenti delle forti ripercussioni di questa visione sostanzialmente pessimistica dell’uomo che portano poi alla composizione
del singolare pensiero politico.
E’ proprio così che la storia può e, anzi, deve diventare un esempio da seguire. Ritrovando le medesime situazioni nel passato, l’uomo più
moderno può imitare quelle di successo ed evitare di commettere gli stessi errori. Si possono allora creare delle leggi di validità universale.
Il tutto si sposa sicuramente bene con la tensione di “imitatio” tipicamente rinascimentale. L’uomo deve guardarsi indietro ed imparare, proprio
come lo stesso Machiavelli ci propone più volte all’interno della sua più celebre opera, vale a dire il “Principe”.
Una visione laica e del “particulare”
In controtendenza al pensiero Machiavelliano possiamo trovare sicuramente quello espresso dal vero e proprio primo storico, inteso in senso
moderno: Guicciardini.
Egli, infatti, esprime una visione della storia che esclude assolutamente il principio di imitazione ipotizzato, invece, da Machiavelli, al fine di
adottare una visione di insieme più specifica e dai tratti più scientifici.
Bisogna, ancora una volta, partire dall’idea della condizione dell’uomo intesa da Guicciardini come tesa in continuazione al “particulare”, ovvero,
alla sostanziale impossibilità di ripetersi nel corso del tempo. Questo concetto, più ottimistico di quello Machiavelliano, porta alla razionale
conclusione di impossibilità nel creare leggi universali che regolino la politica e la vita stessa dell’uomo ed anche nel poter trovare esempi da
poter seguire nella storia. Puntualizza attentamente Guicciardini, infatti, che sarà impossibile il verificarsi di situazioni assolutamente identiche o
l’esistere di due uomini con le medesime idee.
Da ciò sicuramente l’attenzione focalizzata sulla psicologia e sulla ritrattistica dei vari personaggi, e su determinati eventi storici sulla base dei
modelli annalistici del periodo classico sia greco che latino.
23. “ Focus”
Il principio di imitatio
Principio rinascimentale di stampo sia artistico che letterario è senza alcun dubbio quello dell’
“imitatio”.
La riprese di forme e stili esemplari è un tentativo di rintracciare nel passato le più elevate
manifestazioni artistiche da cui trarre modelli illustri ed immortali nel tempo a cui sarà poi
possibile ispirarsi. Tale fenomeno però non va confuso con un ritorno, per così dire, “totale” al
mondo classico tipicamente greco e latino; la classicità non è il fine, il punto di arrivo, ma è più
che altro il mezzo grazie al quale l’artista può esprimere tematiche affini al proprio periodo.
In questo caso dunque ritroviamo una volontà di portare a livelli estremamente elevati, sotto
ogni punto di vista, elementi affini agli interessi ed alle ideologie del tempo.
Non è un caso, infatti, che il modello diventi proprio il mondo classico. L’uomo rinascimentale è
l’uomo artefice dell’universo, colui che con la propria razionalità ed intelligenza è capace di
orientarsi nella realtà, comprenderla e farla sua.
L’idealizzazione ed il perfezionamento su basi di armonia e perfezione era stato un qualcosa
nato e sviluppatosi a partire dall’antica Grecia.
In periodo rinascimentale dunque è possibile ritrovare esempi di tal gusto in ogni singolo campo
artistico, figurativo o letterario che sia: a partire dalla riscoperta del linguaggio classicheggiante
adoperato, ad esempio, da Guicciardini nella celebre opera “Historie d’Italia”, sino al
riadattamento dei canoni di proporzione, identificabili in svariate opere tra cui il celebre “David”
di Michelangelo. Ritorna alla prima pagina