Saottini, Macchi - Il trattamento nelle comunità residenziali orientamenti e...
Sofia Bignamini - Nuovi Preadolescenti (Relazione)
1. 1
Nuovi preadolescenti
Sofia Bignamini
In questo intervento intenderei offrire uno scorcio su un modo di interpretare il lavoro con i
preadolescenti e di allestire un setting a loro specificamente rivolto, alla luce della prospettiva
evolutiva e del modello semeiotico elaborato da Franco Fornari e sviluppato in questi anni da
Charmet e dagli altri soci del Minotauro. La cornice entro cui si muoverà il mio discorso è
perciò ampiamente stata delineata da Alfio Maggiolini nel suo intervento introduttivo.
La prima questione è definire lo statuto evolutivo del preadolescente, individuare i compiti di
crescita con cui egli si confronta e comprendere dove e come essi vengano da lui elaborati e
significati. L’evento principale che organizza i compiti di crescita dei preadolescenti è
certamente lo sviluppo puberale. Si tratta di una grande rivoluzione che interviene dopo un
periodo non breve di relativa stasi, e che corrisponde all’insieme delle trasformazioni
corporee che fanno sì che il soggetto acquisisca i caratteri sessuali secondari ed approdi ad un
corpo pienamente differenziato dal punto di vista del genere, in grado di accedere alla
sessualità matura e alla capacità di riprodursi. Il compito prevalente durante la
preadolescenza è iniziare a interpretare, innanzitutto attraverso il corpo, il problema
dell’essere maschio e dell’essere femmina e avviare la riorganizzazione di assetti identitari e
mitologie di riferimento.
Calarsi nell’esperienza psichica di un preadolescente e provare a descriverla in parole non è
semplice, poiché si tratta di provare a dare una forma verbale ed esplicita a vissuti emotivi
profondamente incistati nel corpo e non ancora pensabili, sia perché lo sviluppo cognitivo di
un preadolescente non ha ancora un pieno accesso al registro simbolico, sia perché egli si
trova a maneggiare tensioni, impacci, disorientamenti e rotture, che nel corpo hanno origine
ed espressione. In questo senso, il preadolescente costituisce una realtà a sé stante, con tratti
differenti sia dalla dimensione infantile che da quella adolescenziale, che richiedono chiavi di
lettura e strumenti di intervento clinico specifici. Non è un caso che la letteratura
2. 2
sull’argomento utilizzi espressioni che rimandano alla preadolescenza come “terra di mezzo”,
realtà intermedia complessa da intercettare e da agganciare nel lavoro psicoterapeutico.
Si potrebbe affermare che il preadolescente sia in qualche modo scisso: non sa quasi nulla di
quello che il suo corpo sta iniziando ad organizzare, la sua mente è ancora lontana
dall’integrare le trasformazioni fisiche e gli avvenimenti che si susseguono sul piano delle
azioni e dei comportamenti; la sua consapevolezza è ancora molto ancorata al sé infantile, alle
sue credenze e ai suoi valori. Le nuove verità affettive portate dalla crescita sono per il
preadolescente ancora fondamentalmente iscritte nel corpo, espresse in un linguaggio
implicito, che attraversa il piano delle azioni concrete e che si avvale del gioco delle imitazioni
reciproche. È visibile agli occhi di tutti come il preadolescente sia spaccato in due, un corpo
cresciuto ed una mente infantile, di giorno un ragazzino che impenna con il motorino, di sera
un bambino che ricerca l’abbraccio della mamma. Sarà solo con l’adolescenza piena, con i
nuovi strumenti del pensiero astratto, che corpo e mente consapevole torneranno a integrarsi
e che le nuove mitologie maschili e femminili decolleranno definitivamente.
Talvolta accade che il preadolescente prenda contatto con il cambiamento in corso nel corpo.
Si tratta di istanti rari e intermittenti, in cui stupore, meraviglia ed estraneità occupano gli
affetti e i pensieri, in un modo che forse solo i poeti sanno davvero descrivere. Victor Hugo,
per esempio, tratteggia una simile scoperta in una ragazza che coglie improvvisamente nel
proprio corpo i segni di una nascente femminilità:
Un giorno che si guardava per caso nello specchio, parve a Cosette d’esser carina, cosa che la
gettò in uno strano turbamento. Fino ad allora non aveva pensato al suo viso, si vedeva nello
specchio, ma senza guardarsi (…) Non dormì tutta la notte. “Se fossi bella?” pensava. “Come
sarebbe curioso che fossi bella!”. (Victor Hugo, 1862)
Verso il finire della preadolescenza i momenti di contatto si fanno più frequenti e offrono le
premesse per dei veri e propri impegni etici e valoriali nei confronti dell’identità di genere e
del corpo che ne è portatore. Scrive ad esempio Daniel Pennac:
13 anni, 1 mese, 2 giorni: Sono uscito dalla mia camera, sono andato nella biblioteca in punta di
piedi, ho aperto il Larousse, ho tagliato la tavola anatomica con il righello (…) ho infilato la
tavola nello specchio dell’armadio e ho confrontato l’uomo lì raffigurato e me. In realtà non
abbiamo assolutamente nulla in comune. Il tizio della tavola anatomica è un atleta adulto. Ha le
3. 3
spalle larghe. Se ne sta dritto sulle gambe muscolose. Io invece ho un aspetto insignificante. Sono
un ragazzetto flaccidino, bianco, con il torace incavato, così magro che mi si potrebbe infilare la
posta sotto le scapole (…) Ebbene io ti difenderò! Ti difenderò anche da me stesso! Ti farò i
muscoli, ti fortificherò i nervi, mi occuperò di te ogni giorno, mi interesserò a tutto quello che
senti.
Daniel Pennac (2012, Storia di un corpo)
Se quelli appena descritti costituiscono eventi psichici che accompagnano in modo universale
i cambiamenti puberali, attraversando la psiche sotto forma di emozioni prima ancora che
come pensieri, possiamo chiederci quali specifici correlati psichici assuma la pubertà oggi. La
mia impressione è che un fenomeno attuale specifico sia quello che descrive Charmet, ossia
che il corpo pubertario è oggi lungamente idealizzato e sognato fin dall’infanzia, costruito in
fantasia e investito di affetti prima ancora che esso sia realmente parte dell’assetto psico-
fisico dei ragazzi. Se è vero che da sempre l’infanzia, attraverso le fantasie e i giochi, è una
lunga rincorsa preparatoria alla crescita, i preadolescenti di oggi, complici modelli culturali ed
educativi che spingono all’adultizzazione e all’erotizzazione precoce, sembrano giungere al
momento in cui il loro corpo si trasforma con un’esperienza già lunga di “attesa” di questo
cambiamento, e con un forte preinvestimento narcisistico sulla loro identità e sul loro futuro
corpo sessuato. Una ragazza seguita in questi anni per comportamenti autolesivi mi
raccontava, per esempio, di come a sette anni fosse solita, prima di dormire, indugiare nella
fantasia di risvegliarsi cresciuta, con un seno florido e gambe lunghe e snelle. Quale pesante
delusione lo scoprirsi, a 13 anni, assai diversa da questo modello!
Dunque si potrebbe rappresentare il preadolescente di oggi come un soggetto impegnato,
come tutti i suoi predecessori, a digerire le trasformazioni in atto nel suo corpo, con in
aggiunta la necessità di gestire l’impatto con lo scarto tra le proprie aspettative narcisistiche
intorno al corpo sognato e costruito nella mente ed il corpo reale. Prendendo a prestito la
metafora di un’autrice a noi cara, Silvia Vegetti Finzi, potremmo descrivere l’attesa della
trasformazione pubertaria come la gestazione, nella mente, di un nuovo corpo, una sorta di
“corpo della notte”, involucro di un sé maschile o femminile dotato di grandi potenzialità,
4. 4
contraltare ideale di quel corpo reale che la pubertà chiama, con tempi e forme fuori dalla
regia del preadolescente, pesantemente sulla scena.
All’universale compito di digerire i fisiologici sentimenti di discontinuità e disarmonia si
aggiunge, per il preadolescente di oggi, la necessità di elaborare una quota di vissuti
narcisistici di gran lunga più elevata. Tornando alle parole di Victor Hugo, oggi Cosette
aspetterebbe indispettita la scoperta della sua nuova immagine, e riterrebbe il fatto di
“trovarsi bella” il minimo indispensabile. Da un punto di vista strettamente psicodinamico,
potremmo descrivere il preadolescente di oggi come assolutamente poco disponibile a
rinunciare all’onnipotenza bisessuale infantile e disposto a trovare un accettabile
risarcimento solo nel passaggio ad una sorta di “superpotenza di genere” che compensi la
triste rinuncia. Forse non è un caso che i preadolescenti, e una parte dell’animo
preadolescente che alberga in tutti noi, siano molto affascinati dai supereroi! Soggetti che
costruiscono la loro adultità non su una onnipotenza assoluta, spesso nella loro vita reale
hanno accumulato insuccessi e ferite, ma sulla possibilità di affiancare alle loro fragili identità
delle “identità alternative” dotate di superpoteri, non prive di costi e oneri. Un classico
esempio è la storia di Peter Parker, un ragazzino impacciato con gli occhiali, che non riesce a
fare colpo sulla ragazza desiderata, che si trasforma nell’Uomo Ragno. Per i preadolescenti, il
nuovo corpo donato dalla pubertà si fa luogo in cui mettere concretamente alla prova la
propria capacità di incarnare i modelli maschili e femminili coltivati nel corso degli anni e
nutriti delle proiezioni narcisistiche soggettive e del contesto. Gli effetti emotivi di ciò sono
inevitabilmente ad alta intensità: un’ipereccitazione difficile da contenere, se predomina
l’impressione di avvicinarsi ai canoni attesi, un’insopportabile mortificazione se così non
accade.
Si potrebbe anche provare a organizzare le principali problematiche che ci troviamo ad
incontrare come psicoterapeuti di preadolescenti a partire dalle considerazioni appena
formulate. Estremizzando e semplificando, come è del resto inevitabile quando si
costruiscono delle classificazioni, è possibile organizzare i preadolescenti in crisi in due
grandi categorie, a ciascuna delle quali si possono ricondurre specifiche ricadute sintomatiche
e comportamentali.
Alla prima categoria appartengono quei preadolescenti che si gettano in avanti, accelerano, si
lanciano senza freni nella nuova identità sessuata, imbevendosi di eccitanti vissuti narcisistici
5. 5
e costruendo appartenenze a loro volta motori di esperienze sempre più precoci. Forse uno
dei rischi maggiori in questi casi ha a che fare con il fatto che i nuovi strumenti della
mascolinità e della femminilità sessuate vengano asserviti a bisogni che sono ancora
parzialmente infantili, con una scarsa possibilità di mediazione simbolica. Nel caso delle
ragazze, ad essere esasperata è la ricerca di un linguaggio seduttivo spesso frainteso, poiché in
realtà lontano, negli intenti e nei significati, dalla sessualità delle adolescenti o delle donne
adulte. Nel caso dei maschi, il nuovo corpo prestativo si carica di pulsionalità aggressive
scarsamente contenibili, e nelle mani delle ancora immature capacità di maneggiamento del
ragazzo appare pericoloso come un motorino truccato fino ad avere la potenza di una moto da
corsa nelle mani di un guidatore che ha appena preso il patentino. Gli esiti problematici di
queste situazioni si esprimono il più delle volte in comportamenti a rischio, di tipo aggressivo
o sessuale a seconda del genere, sperimentazioni precoci nell’area delle sostanze, fughe da
casa, altre forme di agito impulsivo.
Alla seconda categoria appartengono quei preadolescenti che sembrano compiere un
movimento di marca completamente opposta, vivendo l’idea della trasformazione del corpo
come una ferita narcisistica intollerabile e restando aggrappati ad una identità infantile
difficile da abbandonare. Il corpo, che del cambiamento è incontrollabile portatore, viene in
questi casi rifiutato e dismesso, con un conseguente rifugio nella mente. L’iperinvestimento
sul pensiero genera la fantasia di poter semplicemente “saltare” la sgradevole fase
dell’adolescenza e identificarsi direttamente con un sé adultizzato, a propria volta dotato di
superpoteri. Gli esiti sintomatologi di tali dinamiche, dalle cause differenti e variegate,
possono essere le situazioni di ritiro (prevalenti nei maschi e accompagnate o meno da
ideazioni ossessive e comportamenti compulsivi), lo sviluppo di sintomi della condotta
alimentare (tipicamente femminili), gli agiti autolesivi. Come abbiamo spesso constatato con
Elena Riva, è molto frequente che all’origine di sintomatologie anoressiche preadolescenziali
vi sia il confronto con un gruppo femminile precocemente sessualizzato, capace di generare
sentimenti di mortificazione ed esclusione che facilitano, in soggetti già fragili
narcisisticamente, la scelta di ripudiare per intero i valori della propria identità di genere ed
attaccarne i segni nel proprio corpo attraverso il digiuno. Nei maschi, è la condizione di
vittima ancora troppo identificata con lo sguardo degli adulti a favorire il rifugio tra le pareti
domestiche, e spesso la ricerca di un’identità alternativa nel mondo virtuale.
6. 6
Come è descritto in queste casistiche, la misura della capacità di corrispondere ai modelli
identitari narcisisticamente modificati è in gran parte stabilita dallo sguardo del gruppo dei
pari, luogo spietato di messa alla prova, contenitore in cui i valori delle “superpotenze di
genere” vengono depositati ed eretti a canoni a cui corrispondere, pena l’esclusione o
l’invisibilità. La cultura del gruppo preadolescenziale più che venire in aiuto per compiere
operazioni di ammorbidimento della pervasività dell’ideale, rischia di concretizzare il peso
delle aspettative e del costo che si paga a non corrispondervi. La componente di rischio è
accentuata dal fatto che gli adulti risultano oggi molto impreparati di fronte ai nuovi gruppi
preadolescenziali, di cui faticano a comprendere logiche e linguaggi. L’impossibilità dell’adulto
di accedere anche a minimi spazi di interlocutorietà facilita ulteriormente la degenerazione
del gruppo in banda.
Date queste premesse, notevoli sono le ricadute sul compito che lo psicoterapeuta si trova a
svolgere. La prima complicata questione ha a che fare con il problema di come costruire
un’alleanza con soggetti che per statuto hanno raramente una personale motivazione al lavoro
psicologico. Il più delle volte, infatti, i preadolescenti non sentono dolore, poiché la loro
sofferenza si colloca in un registro assai lontano dalla consapevolezza, e si esprime, come
abbiamo visto, nei linguaggi criptici dei sintomi corporei o degli agiti. Se con l’adolescente al
primo colloquio è piuttosto usuale partire dal definire quale sia, dal suo punto di vista, il
problema per cui è arrivato da noi, con il preadolescente ciò rischia di essere sconveniente,
poiché fa scaturire perplessità o tutt’al più ripetizioni stereotipate delle parole dei genitori o
degli insegnanti. Dopo molte domande andate a vuoto, ho potuto comprendere le ragioni
profonde per cui Sergio a 12 anni era intenzionato a morire soltanto accettando di mettermi
buona a guardarlo giocare a Star Wars sul suo portatile. Luke Skywalker rappresentava la
perfetta incarnazione del suo sé infantile, destinato ad essere annientato poichè da stupido
ingenuo, quale era stato lui, credeva nel lato buono della forza, avrebbe certamente difeso i
valori della sua mamma, e sarebbe finito per essere, come lui, umiliato dall’imperatore oscuro
e dai suoi sgherri. Meglio allora assumere il controllo del proprio destino e compiere una
degna e indignata uscita di scena!
Come si intuisce da quest’esempio, è cruciale, con il preadolescente, disporsi ad utilizzare
linguaggi specifici, intrinsecamente portatori di quello statuto di “commistione”, di terra di
mezzo, tra infanzia e adolescenza, concretezza ed astrazione, che è tipico di questa età. Si
7. 7
tratta di intercettare l’esperienza psichica esattamente nel suo registro e lì sostare,
interpretando su un piano implicito e concreto. Posso dire di non avere individuato strumenti
forti da utilizzare in modo generale, non ho regole assolute sul cosa fare, può accadere di
giocare e disegnare, ma lo si fa in modo diverso che coi bambini, poiché si tratta con ogni
preadolescente di cercare la sua specifica declinazione di quel luogo intermedio o terra di
mezzo ora citato. Concludo con qualche esempio.
Per elaborare i valori ideali legati all’aurorale costruzione dell’identità di genere, si rivelano
spunti preziosi quelli forniti da alcune figure che a questa età assumono particolare rilievo
quali “oggetti sé” su cui vengono proiettate importanti funzioni narcisistiche, o restando nel
nostro gergo “figure transizionali”, tra mondo interno ed esterno, ideale e reale, concretezza e
simbolo. Uno di questi è sicuramente la migliore amica, per le femmine, o il gruppo-banda di
appartenenza, per i maschi. Una preadolescente è in grado di passare ore a descrivere la sua
migliore amica, disegnarla, elencarne pregi e difetti, ed in queste operazioni ci offre
l’occasione per esplicitare importanti aspetti ideali di sé e mettere in discussione
appartenenze esclusive e simboliche. È così che è andata con Clara, impegnata a collocare in
una tabella gli aspetti in comune e le differenze con l’amica Giulia. La tabella, come altri tipi di
produzione simili (grafici, schemi, mappe ecc), ha questa natura mista, di oggetto concreto che
rappresenta pensieri, che risulta molto sintonica con il funzionamento psichico
preadolescenziale. Inoltre, questi tipi di attività offrono l’immediata impressione di “mettere
ordine”, organizzare categorie, individuare spazi e tempi, rispetto al diffuso senso di caos e
disorientamento che abita il mondo interno del preadolescente.
Un’altra figura tipica di questa età è l’idolo, quale forma concreta e vivente di
rappresentazione dell’ideale narcisistico, utile non solo come fonte di informazioni, ma anche
come potenziale agente trasformativo. Angelo, ragazzino informe con brufoli e tuta da
ginnastica di 12 anni, era deciso ad espellere i tratti infantili ancora preponderanti nella sua
identità attraverso un sistematico attacco al pensiero e ai suoi più fastidiosi rappresentanti, gli
insegnanti. Il passaggio in seduta dall’umorismo più bieco di certi personaggi a lui cari agli
sketch di Roberto Benigni ha costituito una fonte importante di mediazione, dall’ascolto
insieme dell’Inno del corpo sciolto al momento in cui genitori basiti lo hanno scoperto
imparare di nascosto a memoria brani della Divina Commedia.
8. 8
Un altro fronte promettente è offerto dai prodotti culturali tipici di questa età. Uno di questi è
costituito dai giochi online e dai personaggi che in quelle cornici vengono costruiti: un’area
molto investita dai ragazzi ritirati, come Lorenzo, che dopo l’ennesima umiliazione sul campo
di calcetto si è trovato preda di un mal di stomaco così doloroso da costringerlo a restare a
casa e a trovare consolazione nel gioco di ruolo, dove con un suggestivo nickname si ritagliava
uno spazio ben più piacevole. Al primo incontro con Lorenzo, per nulla propenso a discutere
della possibilità di “avere un problema”, gli ho proposto disegnare il suo nickname e ne è
emersa una suggestiva opera, a partire dalla quale è stato per la prima volta possibile a
Lorenzo dare volto e corpo al suo irraggiungibile ideale di genere.
Anche i fumetti costituiscono un prodotto culturale che attraverso la grafica dà espressione a
pensieri e affetti. Abbiamo citato prima i supereroi della Marvel, ma forse ancora più sintonici
con la psicologia preadolescenziale sono i manga giapponesi, sia per il tratto bisessuale di
molti personaggi, sia per il linguaggio iconico che essi utilizzano, sia per la centralità di
vicende che hanno a che fare con la vita e la morte, l’amore e le trasformazioni. Un ragazzino
agli albori della sua preadolescenza ha, per esempio, utilizzato la riproduzione in seduta del
suo ninja preferito per mostrare quanto fosse ancora per lui arduo gettare uno sguardo sulla
propria corporeità, e cominciare ad appropriarsene.
Come è possibile notare da questi esempi, entrare in contatto con la psiche di un
preadolescente è un’impresa ardua ma possibile, a patto che si sia disposti a calarsi nel suo
mondo, e lì sostare, investendolo di un autentico interesse. Se ne ricava, in cambio,
un’esperienza interessante e reciprocamente gratificante.