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BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
Bruno Vivaldi
“Progetto ILEX per prevenire le alluvioni
riqualificando il territorio della provincia
della Spezia ”
Premessa
Il clima di tutto il nostro pianeta è regolato da due fattori principali: la posizione del
sole e la vegetazione .
La posizione dell'astro che ci regala luce e calore varia, rispetto alla Terra, secondo
le fasi dell'orbita, ed influisce sul clima differenziandosi nelle varie latitudini; così
abbiamo stagioni differenti e contrapposte nei due emisferi, ed una certa stabilità
termico/climatica sull'equatore. Ciò fa sì che quando in Europa è estate, nel sud
dell'Africa sia inverno e viceversa, mentre sulla linea equatoriale è costantemente
caldo.
Le masse oceaniche fungono da importante contenitore ed ammortizzatore
termico, nonché da “polmone” per la regolazione dell'atmosfera, partecipando allo
scambio biologico dei gas ed all'ossigenazione dell'aria, grazie anche alla
consistente biomassa della popolazione fotosintetica marina (alghe, idrofite, ecc).
I viventi fotosintetici , sia terrestri che acquatici, hanno la capacità, tra le altre, di
liberare ossigeno nell'aria e nell'acqua “smontandolo” da altri composti nocivi
come gli ossidi di carbonio, mantenendo quindi la tipologia di atmosfera
attualmente vivibile dagli altri esseri viventi, compreso l'uomo.
Nella regolazione del clima in ogni zona del pianeta, ed in particolare sulle terre
emerse, è perciò fondamentale il ruolo della vegetazione. In questa sede sarebbe
troppo complesso entrare nel merito generale di tutti i fattori che influenzano le
varie fasce climatiche, ma ci soffermeremo su quello che succede concretamente
nell'arco della costa ligure, pesantemente colpita dalle recenti alluvioni.
All'apparenza inconsueta, tale analisi è fondamentale per comprendere i
meccanismi che agiscono sul clima e sull'assetto idrogeologico della Liguria.
Breve analisi ambientale
La fascia costiera ligure è un importante punto d'incontro tra due grandi
ecosistemi complessi, quello marino e quello terrestre; in particolare per latitudine
e piano altitudinale la nostra costa è sede delle sclerofille sempreverdi e delle
latifoglie termofile. Questi termini significano sostanzialmente che la vegetazione
originaria è formata da piante “a foglia larga” (latifoglia), con preponderanza sulla
fascia più vicina al mare di piante “a foglia rigida”(sclerofilla) e sempreverdi.
Le sclerofille sono anche particolarmente resistenti al vento di mare, che è più
“salato”: le loro foglie hanno un continuo ricambio, quindi spuntano e cadono
continuamente formando uno strato sul terreno detto “humus”, che ha
innumerevoli caratteristiche, ma a noi interessa sapere, in questa sede, che forma
una sorta di “materassino” che mantiene costanti temperatura ed umidità del
terreno; inoltre impedisce che l'impatto delle gocce della pioggia dilavino il terreno
dando luogo a smottamenti. L'impatto delle gocce che cadono è già smorzato
dalle foglie (dure) degli alberi e degli arbusti, per cui ciò che arriva sull'humus è già
“filtrato” fisicamente .
Le nostre sclerofille, che sono il mirto, il lentisco, il terebinto, il corbezzolo,
l'oleastro ecc, fino al principe che è il leccio (ci sarebbe anche la quercia da
sughero, a dire il vero...., ma è ormai quasi scomparsa) hanno radici molto potenti
1
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
e sono adatte a formare un reticolo sotterraneo che tiene ben fermo il terreno. Più
a monte trovano alloggio anche le piante a foglia più “morbida”, il cui fogliame
cade nella stagione fredda, consentendo un maggiore passaggio della radiazione
solare laddove l'influsso termico del mare si affievolisce. La perdita delle foglie
forma sempre un congruo strato di humus che preserva il terreno invernale da
sbalzi termici ed igrometrici, oltre a ripararlo, sempre, dall'impatto della pioggia,
evitando in tal modo la formazione di smottamenti. Anche questi alberi hanno un
apparato radicale di tutto rispetto, che svolge una fondamentale azione di tenuta
nel terreno dei pendii. Per conoscere meglio questa categoria di piante sarà
opportuno citare almeno qualche esempio dei principali esponenti locali degli “alti
fusti”: il cerro e la roverella (cugini del leccio nella famiglia delle querce), i frassini
(carpinus ed excelsior), l'ontano, gli aceri, il ciliegio selvatico ecc. fino alle altitudini
del faggio. Un ruolo non meno importante viene svolto dalla cosiddetta “macchia
bassoarbustiva”, composta da un'infinità di specie che hanno una funzione basilare
nell'equilibrio idrogeologico dei nostri versanti. Ci sono poi specie coltivate, come il
castagno, che in alcuni punti hanno assunto valore di bosco, ma che sono
destinate ad una drastica riduzione da fitoepidemie che imperversano su questi
popolamenti a causa dell'abbandono delle pratiche silvestri.
La nota dolente è costituita dai boschi di Pinus pinaster (una conifera infestante
piantata dall'uomo e diffusasi in modo esponenziale), che, con i loro quasi
trentamila ettari dei quali oltre la metà nella provincia spezzina, occupano
indebitamente spazi che, come abbiamo appena appreso, dovrebbero
appartenere ad altre essenze.
Il meccanismo delle alluvioni
Cosa succede al microclima locale? Semplice : le pinete non producono
praticamente humus, per cui il terreno è scoperto, assoggettato a tutte le
situazioni meteorologiche, per cui quando la terra della fascia costiera ha un grado
termico superiore a quello del mare, cede rapidamente quest'energia creando
correnti ascensionali che innalzano i cumulonembi provenienti dal mare, portando
il “cappello” a quote alle quali congela rapidamente e “schiaccia” la nube
sottostante come una spugna, creando temporali autorigeneranti
(semplificatamente :dove il ghiaccio che cade si scioglie dentro la nube creando
condizioni di rapida condensazione, quindi altra pioggia nella piogia), le cosiddette
“bombe d'acqua” , con un effetto che è notissimo e che in altre zone del mondo
viene denominato “monsone” . Se , invece, la temperatura del suolo è più fredda,
la mancanza di humus (ovvero il terreno “nudo” ) favorisce lo scambio termico con
le nubi , creando una corrente discensionale che induce la condensazione , quindi
la caduta della pioggia, prima dello spartiacque appenninico (dove c'è l'enorme
bacino imbrifero del Po) e fa piovere sulla costa per giorni .Inoltre nel periodo
estivo la terra “nuda” secca e crepa (è argillosa) e la prima pioggia che arriva
s'insinua nelle fenditure e stacca zolle che poi serviranno come materiale per le
frane. Questa movimentazione del terreno influisce pesantemente anche sulle
falde acquifere sotterranee, cambiandone il corso ed il recapito; ciò significa che le
acque sotterranee possono andare ovunque, quindi alcune “polle” seccano ed altri
luoghi non deputati iniziano a ricevere acque, ovvero si formano nuovi canali che
spingono zolle e pietre e producono frane per farsi largo. A quanto detto si
aggiungano l'abbandono delle campagne, accompagnato dalla mancata
regimazione delle acque sui terrazzamenti, la formazione di nuove strade e
l'intubamento dei torrenti.
Questa situazione generale viene amplificata dalla malattia che ha colpito le
pinete, il Matsucoccus feytaudi, meglio nota come “cocciniglia del pino.” Il decorso
di tale patologia porta le pinete alla distruzione ed i tronchi, che hanno perso la
2
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
resina e sono devastati dai tarli (larve di coleotteri), diventano molto più leggeri e
trasportabili dall'acqua, per cui è facile trovarne consistenti cataste ai piedi dei
declivi, dove solitamente scorrono i torrenti.
Le “dighe” formate da queste masse di legname occludono la normale portata dei
corsi d'acqua, per poi cedere improvvisamente (non hanno più l'elasticità del
legno fresco) creando onde di piena estremamente pericolose e che trasportano
anche pezzi consistenti di materiale ligneo che si trasformano in veri e propri
“proiettili” che distruggono i manufatti . Inoltre nei boschi di pinastro colpiti dalla
cocciniglia le piante morte lasciano considerevoli fosse derivanti dalla
marcescenza delle radici, che si riempiono di acqua e poi tracimano trascinando
fango e detriti a valle e contribuendo a “rompere” lo strato di terreno.
In questo scenario hanno poi il sopravvento una serie di piante infestanti e
“straniere”, sempre introdotte dall'uomo, tra le quali si annoverano le robinie
(dette “acacie”) e l'ailanto, quest'ultimo da considerare con grande attenzione a
causa della sua nocività ambientale.
Un altro aspetto importante legato all'invasione di piante alloctone(non del luogo)
infestanti è quella dei popolamenti perifluviali, la cosiddetta vegetazione riparia.
Prescindendo da tutte le ottime qualità di una corretta vegetazione riparia, in
questa sede saranno considerate soltanto le sue peculiarità in materia di assetto
idrogeologico e climatico.
Alcune specie vegetali, come i salici, hanno sviluppato la capacità di resistere
fisicamente alle piene fluviali, anche le più terribili, per cui sono in grado di
consolidare efficacemente le sponde evitando cambiamenti di percorso, erosioni e
spesso persino le esondazioni. Questi popolamenti hanno necessità di occupare un
determinato habitat, e se questo “spazio” è occupato da infestanti che riescono ad
avere una crescita maggiore in tempi considerevolmente più ristretti, nella lotta
per la sopravvivenza le nostre piante riparie hanno la peggio e non riescono più
ad avere la loro naturale espansione, quindi a giocare il loro insostituibile ruolo.
Purtroppo, le infestanti o le piantagioni di origine antropica non hanno grandi
chances quando arrivano le piene improvvise, perché vengono sradicate e
trascinate nella corrente, contribuendo anch'esse all'erosione delle sponde ed alla
formazione di dighe e “tappi” contro i ponti .
Le soluzioni
In sintesi, per evitare gran parte degli eventi catastrofici che stanno
caratterizzando questi ultimi anni, basterebbe semplicemente applicare le norme
forestali (ad esempio il disatteso D.M. 22.11.96, che prevede la rimozione delle
piante malate), ed accedere anche ai contributi previsti per i miglioramenti
forestali (Decreto 2 febbraio 2005 , Decreto 23 dicembre 2002 n.44),
utilizzare la L.R. n° 18 del 1996 in attuazione della L. 04.08.1978, n° 440, che
consente l'utilizzo dei terreni abbandonati ed incolti, impiantare un albero per ogni
nato, come previsto ex L. 113/92 (una norma dal carattere simbolico, che
comunque ben pone l'attenzione sul problema). In tal modo si scoprirebbe che
riqualificare i nostri boschi è meno oneroso che riparare i danni delle frane e
senz'altro meno pericoloso. Parallelamente, occorre pianificare adeguatamente gli
interventi negli alvei dei corpi idrici attraverso uno studio progettuale che affronti il
problema nella sua complessità e soprattutto nella sua genesi, evitando
improvvisazioni e dragaggi localizzati che servono a poco se non si “risolve a
monte”.
E non si può neppure pensare con concupiscenza di “approfittarne” per macinare
tonnellate di detriti fluviali per “abbassare le quote” e “compensare le spese”,
perché sarebbe un ulteriore dispendio di energie. Senza dimenticare che le rocce
dei nostri corsi d'acqua contengono significative quantità di asbesto (amianto), per
3
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
cui la loro macinazione senza le dovute precauzioni aggiungerebbe ulteriore
pericolo.
IL PROGETTO ILEX
Area d’intervento:
L’intervento inizia come progetto pilota nel comprensorio della provincia
spezzina dove si possono rinvenire tutte le specie di vegetazione pioniera
e la specie arborea “Quercus ilex “ (Leccio),con esemplari anche secolari
dai quali ricavare semi di sicura origine autoctona .
Il progetto ha la finalità di contribuire alla ricostruzione dell'orizzonte delle
sclerofille sempreverdi (sempreverdi a foglia dura ) attraverso la
produzione di plantule di Leccio e di altre specie della macchia
mediterranea per i rimboschimenti, in via prioritaria, delle aree costiere
della provincia, che si interfacciano con il mare e che costituiscono la prima
fascia d'impatto microclimatico con l'ecosistema marino e per i
rimboschimenti dei versanti esposti a maggior rischio idrogeologico
dell'entroterra, ta i quali spicca la Val di Vara .
Tale progetto ha una valenza :
a) Ambientale: la conservazione del patrimonio ambientale attraverso
la riqualificazione vegetazionale del territorio, finalizzata
prioritariamente al riassetto climatico della fascia litorale e
dell'entroterra, produce contestualmente un miglioramento degli
ecosistemi, creando condizioni ideali per il ripristino delle catene
alimentari e favorendo il ritorno di quelle presenze faunistiche che
avevano abbandonato il territorio a causa delle diverse condizioni
ambientali.
b) Sociale: L'attuazione del progetto ilex può avvenire solo attraverso
un'azione partecipata, in quanto nella sua realizzazione richiede un
lavoro collettivo attuato da gruppi di persone che possono
appartenere a contesti diversificati, quali gli abitanti di un luogo, gli
appartenenti ad un'associazione, ad un gruppo, ecc., creando
momenti di aggregazione sociale che valorizzino la cura e la
conservazione collettiva del territorio; nel suo contesto potrà essere
introdotta la “silvicoltura sociale”, ovvero la realizzazione di opere di
rimboschimento attraverso la manodopera di persone con disagi
sociali e/o psichiatrici. Rispetto alla già ampiamente sperimentata
“orticoltura sociale”, il rapporto con l'albero o gli alberi piantati
diviene indubbiamente più solido e duraturo nel tempo, stante la
longevità delle specie messe a dimora.
4
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
c) Culturale: favorendo la ricostruzione degli ambienti originari si
propone la riscoperta delle tradizioni e della storia legate al territorio
della provincia spezzina, luogo d’insediamento umano fin da epoche
preistoriche.
d) Economica: la realizzazione di questo progetto presenta costi molto
ridotti e facilità di attuazione. I benefici economici si estenderanno
inequivocabilmente al miglioramento della qualità del territorio,
rendendolo maggiormente appetibile ad investimenti per nuove
realtà produttive ecocompatibili legate alle attività agrosilvopastorali
e all’incentivazione dell’interesse turistico. Si ribadisce che la
particolare cura del territorio dal punto di vista della qualità della
vegetazione ha come effetto un miglioramento dell’assetto
idrogeologico, soprattutto in relazione alla tenuta dei declivi ed alla
prevenzione di frane e smottamenti, problematica che incide
pesantemente sulle risorse economiche degli Enti pubblici, e quindi
dei cittadini.
Obiettivi:
 Promuovere la rivalutazione sociale del territorio come bene comune
da utilizzare creando opportunità occupazionali e nuovi strumenti
d'inserimento anche per le persone portatrici di disabilità e/o disagi
sociali
 Contribuire attraverso la ricostruzione della fitocenosi autoctona al
riequilibrio del clima, limitando gli eventi catastrofici legati agli
eccessi meteorici, al dissesto idrogeologico e contestualmente
conservare un'area di pregio ambientale, proponendone un utilizzo
ecosostenibile;
 Promuovere le risorse locali attraverso una programmazione a lungo
termine, che consenta alle aziende eventualmente presenti sul
territorio la conversione a metodologie a minor impatto ambientale;
 Incentivare l’afflusso turistico attraverso la creazione di eventi e
percorsi di interesse storico e naturalistico, favorendo l’insediamento
di nuove strutture ricettive e di servizi.
 Salvaguardare le tradizioni e creare nuovi impulsi per una ricerca
storico/etnografica.
 Avviare uno studio ambientale su base scientifica, finalizzato alla
conservazione degli ecosistemi e delle biodiversità autoctone.
 Promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche derivanti dalla
combustione o uso delle biomasse.
5
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
Attività previste:
I. Studio preliminare storico e naturalistico del territorio con
censimento della vegetazione ed azioni mirate a favorire le specie
autoctone e la conservazione della biodiversità;
II. Attuazione del D.M. 22.11.1996 e rimozione ove possibile delle
piante alloctone;
III. Raccolta delle ghiande di Quercus ilex per produrre plantule
destinate alla riforestazione del territorio e altre azioni mirate a
favorire la moltiplicazione delle specie autoctone;
IV. Coltivazione delle specie autoctone in apposite strutture
dedicate con la creazione di un vivaio forestale;
V. Pianificazione della silvicoltura in funzione del riassetto
idrogeologico del territorio, con individuazione delle aree prioritarie
per avviare un programma di ricostruzione del bosco climax;
VI. Elaborazione di proposte per la razionalizzazione delle colture
presenti favorendo la produzione tipica locale, il recupero delle
cultivar tradizionali e le metodologie di agricoltura a lotta integrata
e/o biologica;
VII. Perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di tutela
ambientale per garantire la realizzazione del progetto ;
Business plan
Questo progetto si svolge in due tipologie di centri di spesa: i luoghi
destinati a vivaio ed i luoghi interessati alle opere di riforestazione.
Per i luoghi destinati a vivaio si deve tener conto delle spese vive di primo
impianto, che sono relative ad eventuali recinzioni, canalizzazione
dell'acqua irrigua, eventuali impianti d'irrigazione automatica, pulizia
periodica da infestanti, posa in opera delle reti ombreggianti per le plantule
sciafile(quelle che temono il soleggiamento diretto) ed ordinaria
manutenzione. Non occorrono serre o altre strutture in quanto si allevano
piante autoctone e ben adattate alle variazioni climatiche locali.
Relativamente ai luoghi destinatari della produzione forestale ed alle azioni
di riforestazione, i costi da ascrivere sono quelli per il trasporto delle piante
e quelli relativi alle ordinarie esigenze dei gruppi dei soggetti partecipanti,
con preferenza dell'utilizzo del volontariato locale.
Per questa tipologia di azioni sono previsti contributi da parte degli Enti
interessati (principalmente Provincia, Regione , Stato e Comunità Europea)
che potrebbero ulteriormente diminuire i costi.
6
BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it
Conclusioni
Questo progetto, nel rispetto dei suoi obiettivi, vede impegnate
le istituzioni scientifiche e storiche, gli enti locali e gli abitanti.
Si propone di conservare e migliorare il territorio
contribuendo ad uno sviluppo economico e sociale nel
rispetto della salute e dell’ambiente e potrà senza dubbio
essere accolto positivamente dalla comunità che intende
attuarlo.
Bruno Vivaldi
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Progetto ilex uv sp

  • 1. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it Bruno Vivaldi “Progetto ILEX per prevenire le alluvioni riqualificando il territorio della provincia della Spezia ” Premessa Il clima di tutto il nostro pianeta è regolato da due fattori principali: la posizione del sole e la vegetazione . La posizione dell'astro che ci regala luce e calore varia, rispetto alla Terra, secondo le fasi dell'orbita, ed influisce sul clima differenziandosi nelle varie latitudini; così abbiamo stagioni differenti e contrapposte nei due emisferi, ed una certa stabilità termico/climatica sull'equatore. Ciò fa sì che quando in Europa è estate, nel sud dell'Africa sia inverno e viceversa, mentre sulla linea equatoriale è costantemente caldo. Le masse oceaniche fungono da importante contenitore ed ammortizzatore termico, nonché da “polmone” per la regolazione dell'atmosfera, partecipando allo scambio biologico dei gas ed all'ossigenazione dell'aria, grazie anche alla consistente biomassa della popolazione fotosintetica marina (alghe, idrofite, ecc). I viventi fotosintetici , sia terrestri che acquatici, hanno la capacità, tra le altre, di liberare ossigeno nell'aria e nell'acqua “smontandolo” da altri composti nocivi come gli ossidi di carbonio, mantenendo quindi la tipologia di atmosfera attualmente vivibile dagli altri esseri viventi, compreso l'uomo. Nella regolazione del clima in ogni zona del pianeta, ed in particolare sulle terre emerse, è perciò fondamentale il ruolo della vegetazione. In questa sede sarebbe troppo complesso entrare nel merito generale di tutti i fattori che influenzano le varie fasce climatiche, ma ci soffermeremo su quello che succede concretamente nell'arco della costa ligure, pesantemente colpita dalle recenti alluvioni. All'apparenza inconsueta, tale analisi è fondamentale per comprendere i meccanismi che agiscono sul clima e sull'assetto idrogeologico della Liguria. Breve analisi ambientale La fascia costiera ligure è un importante punto d'incontro tra due grandi ecosistemi complessi, quello marino e quello terrestre; in particolare per latitudine e piano altitudinale la nostra costa è sede delle sclerofille sempreverdi e delle latifoglie termofile. Questi termini significano sostanzialmente che la vegetazione originaria è formata da piante “a foglia larga” (latifoglia), con preponderanza sulla fascia più vicina al mare di piante “a foglia rigida”(sclerofilla) e sempreverdi. Le sclerofille sono anche particolarmente resistenti al vento di mare, che è più “salato”: le loro foglie hanno un continuo ricambio, quindi spuntano e cadono continuamente formando uno strato sul terreno detto “humus”, che ha innumerevoli caratteristiche, ma a noi interessa sapere, in questa sede, che forma una sorta di “materassino” che mantiene costanti temperatura ed umidità del terreno; inoltre impedisce che l'impatto delle gocce della pioggia dilavino il terreno dando luogo a smottamenti. L'impatto delle gocce che cadono è già smorzato dalle foglie (dure) degli alberi e degli arbusti, per cui ciò che arriva sull'humus è già “filtrato” fisicamente . Le nostre sclerofille, che sono il mirto, il lentisco, il terebinto, il corbezzolo, l'oleastro ecc, fino al principe che è il leccio (ci sarebbe anche la quercia da sughero, a dire il vero...., ma è ormai quasi scomparsa) hanno radici molto potenti 1
  • 2. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it e sono adatte a formare un reticolo sotterraneo che tiene ben fermo il terreno. Più a monte trovano alloggio anche le piante a foglia più “morbida”, il cui fogliame cade nella stagione fredda, consentendo un maggiore passaggio della radiazione solare laddove l'influsso termico del mare si affievolisce. La perdita delle foglie forma sempre un congruo strato di humus che preserva il terreno invernale da sbalzi termici ed igrometrici, oltre a ripararlo, sempre, dall'impatto della pioggia, evitando in tal modo la formazione di smottamenti. Anche questi alberi hanno un apparato radicale di tutto rispetto, che svolge una fondamentale azione di tenuta nel terreno dei pendii. Per conoscere meglio questa categoria di piante sarà opportuno citare almeno qualche esempio dei principali esponenti locali degli “alti fusti”: il cerro e la roverella (cugini del leccio nella famiglia delle querce), i frassini (carpinus ed excelsior), l'ontano, gli aceri, il ciliegio selvatico ecc. fino alle altitudini del faggio. Un ruolo non meno importante viene svolto dalla cosiddetta “macchia bassoarbustiva”, composta da un'infinità di specie che hanno una funzione basilare nell'equilibrio idrogeologico dei nostri versanti. Ci sono poi specie coltivate, come il castagno, che in alcuni punti hanno assunto valore di bosco, ma che sono destinate ad una drastica riduzione da fitoepidemie che imperversano su questi popolamenti a causa dell'abbandono delle pratiche silvestri. La nota dolente è costituita dai boschi di Pinus pinaster (una conifera infestante piantata dall'uomo e diffusasi in modo esponenziale), che, con i loro quasi trentamila ettari dei quali oltre la metà nella provincia spezzina, occupano indebitamente spazi che, come abbiamo appena appreso, dovrebbero appartenere ad altre essenze. Il meccanismo delle alluvioni Cosa succede al microclima locale? Semplice : le pinete non producono praticamente humus, per cui il terreno è scoperto, assoggettato a tutte le situazioni meteorologiche, per cui quando la terra della fascia costiera ha un grado termico superiore a quello del mare, cede rapidamente quest'energia creando correnti ascensionali che innalzano i cumulonembi provenienti dal mare, portando il “cappello” a quote alle quali congela rapidamente e “schiaccia” la nube sottostante come una spugna, creando temporali autorigeneranti (semplificatamente :dove il ghiaccio che cade si scioglie dentro la nube creando condizioni di rapida condensazione, quindi altra pioggia nella piogia), le cosiddette “bombe d'acqua” , con un effetto che è notissimo e che in altre zone del mondo viene denominato “monsone” . Se , invece, la temperatura del suolo è più fredda, la mancanza di humus (ovvero il terreno “nudo” ) favorisce lo scambio termico con le nubi , creando una corrente discensionale che induce la condensazione , quindi la caduta della pioggia, prima dello spartiacque appenninico (dove c'è l'enorme bacino imbrifero del Po) e fa piovere sulla costa per giorni .Inoltre nel periodo estivo la terra “nuda” secca e crepa (è argillosa) e la prima pioggia che arriva s'insinua nelle fenditure e stacca zolle che poi serviranno come materiale per le frane. Questa movimentazione del terreno influisce pesantemente anche sulle falde acquifere sotterranee, cambiandone il corso ed il recapito; ciò significa che le acque sotterranee possono andare ovunque, quindi alcune “polle” seccano ed altri luoghi non deputati iniziano a ricevere acque, ovvero si formano nuovi canali che spingono zolle e pietre e producono frane per farsi largo. A quanto detto si aggiungano l'abbandono delle campagne, accompagnato dalla mancata regimazione delle acque sui terrazzamenti, la formazione di nuove strade e l'intubamento dei torrenti. Questa situazione generale viene amplificata dalla malattia che ha colpito le pinete, il Matsucoccus feytaudi, meglio nota come “cocciniglia del pino.” Il decorso di tale patologia porta le pinete alla distruzione ed i tronchi, che hanno perso la 2
  • 3. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it resina e sono devastati dai tarli (larve di coleotteri), diventano molto più leggeri e trasportabili dall'acqua, per cui è facile trovarne consistenti cataste ai piedi dei declivi, dove solitamente scorrono i torrenti. Le “dighe” formate da queste masse di legname occludono la normale portata dei corsi d'acqua, per poi cedere improvvisamente (non hanno più l'elasticità del legno fresco) creando onde di piena estremamente pericolose e che trasportano anche pezzi consistenti di materiale ligneo che si trasformano in veri e propri “proiettili” che distruggono i manufatti . Inoltre nei boschi di pinastro colpiti dalla cocciniglia le piante morte lasciano considerevoli fosse derivanti dalla marcescenza delle radici, che si riempiono di acqua e poi tracimano trascinando fango e detriti a valle e contribuendo a “rompere” lo strato di terreno. In questo scenario hanno poi il sopravvento una serie di piante infestanti e “straniere”, sempre introdotte dall'uomo, tra le quali si annoverano le robinie (dette “acacie”) e l'ailanto, quest'ultimo da considerare con grande attenzione a causa della sua nocività ambientale. Un altro aspetto importante legato all'invasione di piante alloctone(non del luogo) infestanti è quella dei popolamenti perifluviali, la cosiddetta vegetazione riparia. Prescindendo da tutte le ottime qualità di una corretta vegetazione riparia, in questa sede saranno considerate soltanto le sue peculiarità in materia di assetto idrogeologico e climatico. Alcune specie vegetali, come i salici, hanno sviluppato la capacità di resistere fisicamente alle piene fluviali, anche le più terribili, per cui sono in grado di consolidare efficacemente le sponde evitando cambiamenti di percorso, erosioni e spesso persino le esondazioni. Questi popolamenti hanno necessità di occupare un determinato habitat, e se questo “spazio” è occupato da infestanti che riescono ad avere una crescita maggiore in tempi considerevolmente più ristretti, nella lotta per la sopravvivenza le nostre piante riparie hanno la peggio e non riescono più ad avere la loro naturale espansione, quindi a giocare il loro insostituibile ruolo. Purtroppo, le infestanti o le piantagioni di origine antropica non hanno grandi chances quando arrivano le piene improvvise, perché vengono sradicate e trascinate nella corrente, contribuendo anch'esse all'erosione delle sponde ed alla formazione di dighe e “tappi” contro i ponti . Le soluzioni In sintesi, per evitare gran parte degli eventi catastrofici che stanno caratterizzando questi ultimi anni, basterebbe semplicemente applicare le norme forestali (ad esempio il disatteso D.M. 22.11.96, che prevede la rimozione delle piante malate), ed accedere anche ai contributi previsti per i miglioramenti forestali (Decreto 2 febbraio 2005 , Decreto 23 dicembre 2002 n.44), utilizzare la L.R. n° 18 del 1996 in attuazione della L. 04.08.1978, n° 440, che consente l'utilizzo dei terreni abbandonati ed incolti, impiantare un albero per ogni nato, come previsto ex L. 113/92 (una norma dal carattere simbolico, che comunque ben pone l'attenzione sul problema). In tal modo si scoprirebbe che riqualificare i nostri boschi è meno oneroso che riparare i danni delle frane e senz'altro meno pericoloso. Parallelamente, occorre pianificare adeguatamente gli interventi negli alvei dei corpi idrici attraverso uno studio progettuale che affronti il problema nella sua complessità e soprattutto nella sua genesi, evitando improvvisazioni e dragaggi localizzati che servono a poco se non si “risolve a monte”. E non si può neppure pensare con concupiscenza di “approfittarne” per macinare tonnellate di detriti fluviali per “abbassare le quote” e “compensare le spese”, perché sarebbe un ulteriore dispendio di energie. Senza dimenticare che le rocce dei nostri corsi d'acqua contengono significative quantità di asbesto (amianto), per 3
  • 4. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it cui la loro macinazione senza le dovute precauzioni aggiungerebbe ulteriore pericolo. IL PROGETTO ILEX Area d’intervento: L’intervento inizia come progetto pilota nel comprensorio della provincia spezzina dove si possono rinvenire tutte le specie di vegetazione pioniera e la specie arborea “Quercus ilex “ (Leccio),con esemplari anche secolari dai quali ricavare semi di sicura origine autoctona . Il progetto ha la finalità di contribuire alla ricostruzione dell'orizzonte delle sclerofille sempreverdi (sempreverdi a foglia dura ) attraverso la produzione di plantule di Leccio e di altre specie della macchia mediterranea per i rimboschimenti, in via prioritaria, delle aree costiere della provincia, che si interfacciano con il mare e che costituiscono la prima fascia d'impatto microclimatico con l'ecosistema marino e per i rimboschimenti dei versanti esposti a maggior rischio idrogeologico dell'entroterra, ta i quali spicca la Val di Vara . Tale progetto ha una valenza : a) Ambientale: la conservazione del patrimonio ambientale attraverso la riqualificazione vegetazionale del territorio, finalizzata prioritariamente al riassetto climatico della fascia litorale e dell'entroterra, produce contestualmente un miglioramento degli ecosistemi, creando condizioni ideali per il ripristino delle catene alimentari e favorendo il ritorno di quelle presenze faunistiche che avevano abbandonato il territorio a causa delle diverse condizioni ambientali. b) Sociale: L'attuazione del progetto ilex può avvenire solo attraverso un'azione partecipata, in quanto nella sua realizzazione richiede un lavoro collettivo attuato da gruppi di persone che possono appartenere a contesti diversificati, quali gli abitanti di un luogo, gli appartenenti ad un'associazione, ad un gruppo, ecc., creando momenti di aggregazione sociale che valorizzino la cura e la conservazione collettiva del territorio; nel suo contesto potrà essere introdotta la “silvicoltura sociale”, ovvero la realizzazione di opere di rimboschimento attraverso la manodopera di persone con disagi sociali e/o psichiatrici. Rispetto alla già ampiamente sperimentata “orticoltura sociale”, il rapporto con l'albero o gli alberi piantati diviene indubbiamente più solido e duraturo nel tempo, stante la longevità delle specie messe a dimora. 4
  • 5. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it c) Culturale: favorendo la ricostruzione degli ambienti originari si propone la riscoperta delle tradizioni e della storia legate al territorio della provincia spezzina, luogo d’insediamento umano fin da epoche preistoriche. d) Economica: la realizzazione di questo progetto presenta costi molto ridotti e facilità di attuazione. I benefici economici si estenderanno inequivocabilmente al miglioramento della qualità del territorio, rendendolo maggiormente appetibile ad investimenti per nuove realtà produttive ecocompatibili legate alle attività agrosilvopastorali e all’incentivazione dell’interesse turistico. Si ribadisce che la particolare cura del territorio dal punto di vista della qualità della vegetazione ha come effetto un miglioramento dell’assetto idrogeologico, soprattutto in relazione alla tenuta dei declivi ed alla prevenzione di frane e smottamenti, problematica che incide pesantemente sulle risorse economiche degli Enti pubblici, e quindi dei cittadini. Obiettivi:  Promuovere la rivalutazione sociale del territorio come bene comune da utilizzare creando opportunità occupazionali e nuovi strumenti d'inserimento anche per le persone portatrici di disabilità e/o disagi sociali  Contribuire attraverso la ricostruzione della fitocenosi autoctona al riequilibrio del clima, limitando gli eventi catastrofici legati agli eccessi meteorici, al dissesto idrogeologico e contestualmente conservare un'area di pregio ambientale, proponendone un utilizzo ecosostenibile;  Promuovere le risorse locali attraverso una programmazione a lungo termine, che consenta alle aziende eventualmente presenti sul territorio la conversione a metodologie a minor impatto ambientale;  Incentivare l’afflusso turistico attraverso la creazione di eventi e percorsi di interesse storico e naturalistico, favorendo l’insediamento di nuove strutture ricettive e di servizi.  Salvaguardare le tradizioni e creare nuovi impulsi per una ricerca storico/etnografica.  Avviare uno studio ambientale su base scientifica, finalizzato alla conservazione degli ecosistemi e delle biodiversità autoctone.  Promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche derivanti dalla combustione o uso delle biomasse. 5
  • 6. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it Attività previste: I. Studio preliminare storico e naturalistico del territorio con censimento della vegetazione ed azioni mirate a favorire le specie autoctone e la conservazione della biodiversità; II. Attuazione del D.M. 22.11.1996 e rimozione ove possibile delle piante alloctone; III. Raccolta delle ghiande di Quercus ilex per produrre plantule destinate alla riforestazione del territorio e altre azioni mirate a favorire la moltiplicazione delle specie autoctone; IV. Coltivazione delle specie autoctone in apposite strutture dedicate con la creazione di un vivaio forestale; V. Pianificazione della silvicoltura in funzione del riassetto idrogeologico del territorio, con individuazione delle aree prioritarie per avviare un programma di ricostruzione del bosco climax; VI. Elaborazione di proposte per la razionalizzazione delle colture presenti favorendo la produzione tipica locale, il recupero delle cultivar tradizionali e le metodologie di agricoltura a lotta integrata e/o biologica; VII. Perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di tutela ambientale per garantire la realizzazione del progetto ; Business plan Questo progetto si svolge in due tipologie di centri di spesa: i luoghi destinati a vivaio ed i luoghi interessati alle opere di riforestazione. Per i luoghi destinati a vivaio si deve tener conto delle spese vive di primo impianto, che sono relative ad eventuali recinzioni, canalizzazione dell'acqua irrigua, eventuali impianti d'irrigazione automatica, pulizia periodica da infestanti, posa in opera delle reti ombreggianti per le plantule sciafile(quelle che temono il soleggiamento diretto) ed ordinaria manutenzione. Non occorrono serre o altre strutture in quanto si allevano piante autoctone e ben adattate alle variazioni climatiche locali. Relativamente ai luoghi destinatari della produzione forestale ed alle azioni di riforestazione, i costi da ascrivere sono quelli per il trasporto delle piante e quelli relativi alle ordinarie esigenze dei gruppi dei soggetti partecipanti, con preferenza dell'utilizzo del volontariato locale. Per questa tipologia di azioni sono previsti contributi da parte degli Enti interessati (principalmente Provincia, Regione , Stato e Comunità Europea) che potrebbero ulteriormente diminuire i costi. 6
  • 7. BRUNO VIVALDI – Progetto ilex – mail : brunovivaldi@libero.it Conclusioni Questo progetto, nel rispetto dei suoi obiettivi, vede impegnate le istituzioni scientifiche e storiche, gli enti locali e gli abitanti. Si propone di conservare e migliorare il territorio contribuendo ad uno sviluppo economico e sociale nel rispetto della salute e dell’ambiente e potrà senza dubbio essere accolto positivamente dalla comunità che intende attuarlo. Bruno Vivaldi 7