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264 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili


             Prevenzione farmacologica
                    del suicidio
                Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili

1.    Strumenti diagnostici e psicometrici
2.    Intervento psicofarmacologico


   I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá indicano che il suicidio
rappresenta un grave problema di salute pubblica con circa un milione di
morti ogni anno nel mondo e che è la causa più frequente di morte in
pazienti affetti da un disturbo psichiatrico (Tatarelli et al. 2005, Harris e
Barraclough 1997).
   Il suicidio, come fenomeno transnosografico, sfugge ai rigorosi criteri
diagnostici propri della patologia descrittiva in generale e della psichiatria
in particolare. Nella descrizione del fenomeno è tuttavia possibile ricono-
scere uno spettro nell’ambito del quale si collocano le manifestazioni auto-
distruttive, citiamo solo l’ideazione suicidaria, il tentativo di suicidio e il
suicidio propriamente detto. Il suicidio vero e proprio va distinto dal
parasuicidio che per contro è un atto che per volere del soggetto manca
della pericolosità che caratterizza i propositi di individui suicidi o che han-
no tentato il suicidio. Una rigorosa conoscenza dei fattori di rischio per il
suicidio costituisce l’elemento più importante per la prevenzione dell’atto
suicidario.
   Questo capitolo analizza le evidenze disponibili in letteratura sul ruolo
di alcuni farmaci nella riduzione del rischio di suicidio.


1. Strumenti diagnostici e psicometrici
   È ingiustificata e spesso dannosa la titubanza degli operatori della salute
mentale a indagare apertamente su ideazione, propositi o precedenti ten-
tativi, in realtà frequentemente, quando il paziente viene interrogato sul
rapporto con il suicidio, si sente sollevato e si mostra disponibile. Questo
contrasta con lo stigma che circonda il comportamento suicidario che si
apprezza nella vita quotidiana: chi è restio circa l’opportunità di interroga-
re il paziente, in realtà lo sottopone a una tacita stigmatizzazione. L’intervi-
sta clinica è quindi uno strumento insostituibile per indagare, valutare e
trattare la suicidalitá in qualsiasi individuo. Di sicuro aiuto sono anche le
interviste strutturate o semi-strutturate che permettono la raccolta sistema-
tica dei dati clinici inclusi quelli inerenti il rischio di suicidio.
   Di grande valore per la valutazione, predizione e prevenzione del suici-
dio sono le scale psicometriche che valutano l’intento, il rischio, i motivi
per non compiere l’atto e il grado di disperazione.
   Di seguito vengono elencate alcune scale di comune uso nella valutazio-
ne del rischio di suicidio.
Prevenzione farmacologica del suicidio 265

   Beck Hopelessness Scale: consiste in 20 item autosomministrati il cui
punteggio superiore al cut-off permette di predire con alta probabilitá il
suicidio.

   Reasons for Living Inventory: consiste in 48 quesiti vero-falso su una
scala Likert a 6 punti; la scala indaga i motivi per non commettere il suici-
dio se l’individuo dovesse pensare a un gesto suicidario.

  Suicide Risk Measure: consiste in 14 item si-no. Questa scala ha per-
messo di discriminare i tentatori di suicidio dai controlli.

   Suicide Intent Scale: consiste in 20 item eterosomministrati con pun-
teggio 0-2. Permette di distinguere coloro che tentano il suicidio da coloro
che lo portano a termine.


Intervento psicofarmacologico
   Le linee guida per il trattamento del comportamento suicidario, sebbe-
ne di grande utilitá, spesso rimandano all’arte del singolo operatore nel
confrontarsi con il rischio di suicidio del singolo. Dunque, il clinico deve
accettare la sfida terapeutica e valutare il miglior intervento sia di tipo
farmacologico che psicoterapeutico. La farmacoterapia di questi pazienti è
generalmente più complessa e meno prevedibile rispetto a quella attuata
nei pazienti psichiatrici non a rischio.


Antidepressivi e stabilizzanti dell’umore
   Il rischio di suicidio è un problema allarmante nei pazienti affetti da
depressione maggiore e disturbo bipolare. Nella tabella 1 sono riportati
alcuni dati che confrontano il rischio nei disturbi dell’umore e in varie
patologie psichiatriche.
   La prevalenza lifetime del disturbo bipolare I è del 1%, mentre la preva-
lenza totale del disturbo bipolare come viene descritto dal DSM-IV è
stimabile intorno al 5%, includendo il disturbo bipolare II e la ciclotimia. Il
suicidio è la principale causa di morte dei pazienti affetti da disturbo bipolare
(Baldessarini et al. 2005a). I tassi di suicidio e tentativo di suicidio nella
popolazione generale sono molto diversi per nazione e continente. Recenti
stime internazionali per il suicidio suggeriscono una media di
0.014±0.007%/anno (14/100.000) nella popolazione generale dei paesi
industrializzati (Baldessarini et al. 2006a). I tassi di suicidio nei pazienti
con diagnosi di disturbo bipolare (soprattutto tipo I) o con forme gravi di
depressione ricorrente sono almeno 20 volte superiori dei tassi di suicidio
nella popolazione generale e sostanzialmente più alti che negli altri distur-
bi psichiatrici, nell’abuso di sostanze e nelle patologie mediche. Nel distur-
bo bipolare il rischio è in media 390/100.000/anno (0,39%/anno), 28 volte
superiore alla popolazione generale. Il suicidio è nel 15-20% dei casi la
causa di morte tra i pazienti con disturbo bipolare.
   Una caratteristica del comportamento suicidario nei pazienti con distur-
bo bipolare e depressione maggiore è la relativa bassa proporzione tra sui-
cidio e tentato suicidio. Nella popolazione generale questo rapporto è tra
266 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili

Tabella 1. Rischio di suicidio in varie patologie

                               Rischio relat.      Tasso di suicidio             Rischio
Disturbo                          (SMR)                (%/anno)               lifetime (%)

Disturbo bipolare                    28                    0.39                    23.4
Depressione grave                    21                    0.29                    17.4
Poliabuso di sostanze                20                    0.28                    16.8
Disturbi d’ansia gravi               11                    0.15                     9.0
Depressione moderata                 9                     0.13                    7.8
Schizofrenia                         9                     0.12                     7.2
Disturbi di personalità               7                    0.10                     6.0
Cancro                               2                     0.03                    1.8

Popolazione generale                 1.0                  0.014                    0.8

SMR = tasso di mortalità standardizzato per il rischio nella popolazione generale, corretto
per età e sesso.
Il rischio lifetime è basato su un tasso annuo di suicidio per 60 anni di rischio potenziale. Il
rischio nel disturbo bipolare I e II è simile ma il tasso di suicidi negli uomini è maggiore
rispetto a quello nelle donne diagnosticate con disturbo bipolare. La depressione grave com-
porta il ricovero; la depressione moderata è una stima della depressione maggiore in pazienti
ambulatoriali più la distimia.
I disturbi d’ansia includono il disturbo di panico con agorafobia e il disturbo ossessivo-
compulsivo.
Da Baldessarini et al. 2006a: adattato con dati riportati da Tondo et al. 2003, Harris e
Barraclough 1997.




10:1 e 20:1, o persino più alto. Nei pazienti con disturbo bipolare questo
rapporto è estremamente più basso dimostrando quanto possa essere ele-
vata la letalità dei tentativi di suicidio, presumibilmente sia a causa dell’in-
tento sia a causa dei metodi (Baldessarini et al. 2006a).
   I farmaci antidepressivi sono senza dubbio un valido ausilio nella pre-
venzione del suicidio e le evidenze cliniche dimostrano i loro vantaggi nei
pazienti a rischio. Tuttavia, la più recente e completa metanalisi relativa
all’impatto dei farmaci antidepressivi sul comportamento suicidario ha
mostrato che tali molecole, pur non meritando la pubblicitá negativa alla
quale da qualche anno si assiste, hanno una modesta azione anti-suicidaria
rispetto ad altre molecole come il litio e la clozapina. Recenti dati, risultati
da una vasta metanalisi comprensiva di tutti gli studi che riportavano atti
suicidari nei quali era presente il confronto di un farmaco antidepressivo
con il placebo, indicano una riduzione del rischio di suicidio non significa-
tiva (Baldessarini et al. 2006b). Infatti il rischio relativo (RR) era pari solo al
1,06 (0,74–1,52), ciò dimostra che l’azione di tali farmaci nella riduzione
del rischio di suicidio non è convincente e che comunque non vi è un au-
mento del rischio durante la terapia.
   Esistono, tuttavia, casi in cui l’uso di tali farmaci deve essere limitato o
addirittura evitato tassativamente: pazienti a rischio di viraggio in mania e
che presentano uno stato misto o disforico. La comparsa di alcuni segni e
sintomi dovrebbe guidare l’uso o la sospensione del farmaco antidepressivo
Prevenzione farmacologica del suicidio 267

(Pompili et al. 2005, Baldessarini et al. 2005) (vedi tabelle 2 e 3). Grande
attenzione è stata posta sul rischio di avvelenamento con antidepressivi di
nuova e vecchia generazione, sottolineando come quest’ultimi permettano
un miglior intervento nel caso di ingestione di quantitá tossiche e dunque
una diminuzione di suicidi.
   Le evidenze metanalitiche più recenti indicano che il litio è la sostanza
più efficace nella riduzione del rischio di suicidio nei pazienti affetti da
disturbo bipolare o da altro disturbo dell’umore (Baldessarini et al. 2006c).



Tabella 2. Fattori di rischio e segnali d’allarme per la suicidalità che può insorgere
durante la terapia con antidepressivi (Pompili et al. 2005 – modificata)

-   Precedenti tentativi di suicidio o atti di violenza
-   Bipolarità accertata o sospettata
-   Depressione grave e ricorrente
-   Psicosi accertata o sospettata
-   Depressione giovanile
-   Agitazione, acatisia, ansia
-   Insonnia
-   Rabbia, aggressivitá o minacce di aggressione
-   Disforia irritabile
-   Switch in stati misti o psicotici
-   Peggioramento della depressione, hopelessness e angoscia
-   Hopelessness, helplessness o isolamento sociale
-   Eventi attuali (perdite, separazioni, scandali, crisi finanziarie)
-   Nuovi sintomi somatici
-   Abuso di alcol o di altri sedativi, incluse le benzodiazepine
-   Accesso ad armi da fuoco o veleni
-   Inadeguata supervisione clinica o al follow-up




Tabella 3. Interventi da effettuare nel caso di suicidalitá emergente durante terapia
con antidepressivi (Pompili et al. 2005 – modificata)

- Diminuire la dose o sospendere la terapia antidepressiva in caso di insorgenza di
  agitazione, insonnia o rabbia
- Introdurre un antipsicotico atipico, antiepilettico o un sedativo
- Considerare il litio per i pazienti collaborativi soprattutto nel caso di fallimento
  di terapie antidepressive precedenti
- Rendere la terapia flessibile ed enfatizzare la disponibilità del clinico nel caso di
  chiarimenti o di chiamate d’emergenza
- Esprimere esplicitamente il rammarico per la disperazione e il disagio
  ingravescente
- Fare riferimento al suicidio direttamente e ripetutamente; monitorare l’accesso a
  mezzi letali
- Ricorrere all’aiuto di un familiare per monitorare il paziente e per la gestione
  dei farmaci
268 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili

Pazienti affetti da disturbo dell’umore e con condizioni cliniche di base
favorevoli dovrebbero essere sottoposti a questa terapia. Dall’osservazione
di tutti i 45 studi sui tassi di suicidio e di tentativi di suicidio durante tera-
pia con litio, i tassi grezzi di comportamenti suicidari durante terapia a
lungo termine con litio sono risultati in media 0,437%/anno contro 2,70%/
anno senza terapia con litio, inducendo come dato conclusivo un rischio di
suicidio sei volte inferiore durante terapia con litio. Nella metanalisi
quantitativa, basata su 31 studi con informazioni su atti suicidari con e sen-
za terapia con litio e con rischio-non-zero in almeno un gruppo di soggetti
in trattamento, il tasso complessivo di atti suicidari (suicidi e tentativi di
suicidio) è quasi 5 volte inferiore (RR=4,81; 95%CI: 3,82-6,31) la durante
terapia con litio, ovvero una riduzione di circa l’80% del rischio di suicidio.
Risultati molto simili sono stati ottenuti sia con i tentativi che con i suicidi
considerati separatamente. Inoltre, questi risultati sono indipendenti dal
tipo di studio (in aperto e naturalistici vs. RCT) e dalla diagnosi (solo di-
sturbo bipolare o i vari disturbi depressivi maggiori). Un’osservazione po-
tenzialmente importante fa riferimento alla forte associazione della terapia
con litio con l’indice di “letalità” degli atti suicidari. Nella popolazione ge-
nerale, la proporzione dei tentativi di suicidio vs. i suicidi (10-30:1) è circa
quattro volte maggiore rispetto a pazienti con disturbi dell’umore, nei quali
il rapporto T/S è solo 3-6 a 1, suggerendo come più alta la letalità degli atti
suicidari associati ai disturbi dell’umore. Nei dati disponibili, il tasso di T/S
era più del doppio maggiore nei pazienti trattati con litio (6,48) rispetto ai
pazienti non trattati con litio (2,93), tale riduzione della letalitá può essere
attribuita alla terapia con litio.
    È importante enfatizzare che, persino con terapia con litio, i tassi grezzi
osservati di 0,187%/anno tra i pazienti con disturbo bipolare, sono più di
venti volte superiori alla media internazionale della popolazione generale,
ovvero 0,014%/anno. I tassi di tentativi di suicidio nella popolazione gene-
rale sono meno precisi, ma sono stimabili 10-30 volte maggiori dei tassi dei
suicidi, o circa 0,14-0,42/anno, suggerendo di nuovo che i tassi grezzi di
tentativi di suicidio osservati durante la terapia con litio, in 0,804/anno
(1,11/anno per il disturbo bipolare) sono maggiori di quelli nella popola-
zione generale.
    I risultati di questo studio comprovano il potente effetto anti-suicidio del
litio che emerge anche dal confronto con altre terapie stabilizzanti dell’umo-
re, includendo anche alcuni anti-epilettici (ad esempio la lamotrigina). Nel
vasto studio epidemiologico condotto da Goodwin et al. (2003), che com-
prendeva oltre 50.000 pazienti, il rischio di atti suicidari (tentativi di suici-
dio e suicidi) durante terapia con litio era pari a 0,78% (%/anno) contro
2,12% durante terapia con anticonvulsivanti, soprattutto acido valproico e
in misura minore carbamazepina.
    I principi della proprietà antisuicidaria del litio non sono noti. Il rischio
di comportamento suicidario, nei pazienti con disturbo dell’umore e altre
forme di disturbi affettivi, è fortemente presente nelle fasi depressivo-
disforiche della malattia e invece raro nella mania/ipomania; il litio dimi-
nuisce le recidive della malattia depressiva sia nel disturbo bipolare I che
nel disturbo bipolare II, e probabilmente anche nelle depressioni non. È
stato inoltre osservato che il litio possiede proprietá antisuicidarie sia nei
responder che nei non responder, proprietà che sembrano essere indipenden-
ti delle proprietà di stabilizzatore dell’umore (Ahrens e Muller-Oerlin-
ghausen 2001).
Prevenzione farmacologica del suicidio 269

Antipsicotici
   Il tasso di suicidio tra i pazienti schizofrenici è solitamente stimato intor-
no al 10-13% anche se percentuali inferiori sono emerse da accurate analisi
metanalitiche (Pompili 2006).
   L’impatto positivo degli antipsicotici atipici sulla suicidalitá dei pazienti
schizofrenici è stato descritto nella review di Keck et al. (2000). Carone et
al. (1991) hanno invece descritto i risultati del trattamento con antipsicotici
tipici e il loro ruolo nella riduzione del rischio di suicidio in pazienti affetti
da schizofrenia. Questi autori hanno seguito 80 giovani pazienti schizofre-
nici con un follow-up fino a 5 anni e hanno osservato che complessivamen-
te vi era un’incidenza di suicidi del 10%; il numero dei suicidi era simile a
quello di pazienti con outcome positivo.
   La Food and Drug Administration ha recentemente incluso nelle indica-
zioni della clozapina la riduzione del rischio di suicidio nei pazienti affetti da
schizofrenia. A tal proposito una consensus conference ha elaborato un algo-
ritmo per la riduzione della suicidalità in questi pazienti (Meltzer et al. 2003)
   Melzer e Okayli (1995) hanno raccolto con un’indagine prospettica dati
sul ruolo della clozapina nella riduzione del comportamento suicidario dei
pazienti schizofrenici. Secondo questi autori il potenziale decremento dei
suicidi durante questa terapia poteva arrivare fino all’85%. Dai loro dati
emergeva il confronto tra rischio e benefici della clozapina. Infatti, ammet-
tendo che circa un paziente su 10.000 sarebbe potuto morire a causa
dell’agranulocitosi (il più temibile effetto collaterale della clozapina) un
numero variabile da 1000 a 1300 pazienti poteva altresì morire a causa del
suicidio durante terapia con neurolettici tradizionali. Questi dati sono stati
tuttavia ridimensionati dallo studio di Sernyak et al. (2001) che conducen-
do un ricerca caso-controllo non hanno osservato l’effetto antisuicidario
della clozapina. Entrambi gli studi hanno alcune limitazioni che impedi-
scono di ottenere un dato univoco. Infatti lo studio di Meltzer e Okayli
(1995) presentava pazienti che fungevano loro stessi da controllo, rinun-
ciando dunque alla rigorositá di uno studio randomizzato-controllato in
doppio cieco. Parimenti, lo studio di Sernyak et al. (2001) ignorava le carat-
teristiche più importanti inerenti il suicidio per la determinazione di un
controllo, ovvero il numero, quando e con quale letalitá ci si riferiva ad un
precedente tentativo di suicidio e la gravitá della depressione al momento
dell’arruolamento.
   Tuttavia più recenti studi hanno ridato maggiore supporto al ruolo
antisuicidario della clozapina (Modestin et al. 2005). Va inoltre sottolineato
che l’olanzapina sembra avere qualche proprietà nella riduzione del rischio
di sucidio e quindi può costituire una possibile alternativa nei casi in cui la
clozapina non possa essere utilizzata.

Ansiolitici
   L’ansia è spesso presente nei soggetti a rischio di suicidio e dunque l’uso
di ansiolitici può essere indicato. È tuttavia emerso che non si apprezzano
riduzioni del rischio di suicidio nei pazienti trattati con ansiolitici rispetto a
quelli trattati con il placebo (Khan et al. 2002)
Paziente a rischio
                                                        di suicidio

                      Si                                                                          No
                        Il pz è a rischio                                               Procedere con antipsicotico atipico
                      imminente di suicidio                                              (no clozapina) se non compliance
                                                                                        o resistenza passare alla clozapina
             Si                                        No


Ricoverare (se vera                                                   Determina diagnosi
 emergenza TEC)


                                                                   Schizofrenia con sintomi                      Disturbo
                                                                                                                                        270 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili




 TEC rifiutata o               Schizofrenia
                                                                      depressivi marcati                       schizofrenico
 non disponibile


                           Terapia con clozapina                 Iniziare o ottimizzare terapia                 Terapia con
 Vai a determina                                                         con clozapina
     diagnosi                                                                                                    clozapina


                              Introdurre altro                  Valutare terapia antidepressiva,          Valutare l’uso di SSRI,
                            antipsicotico atipico                litio o valproato e aggiunta di           SMRI, stabilizzanti
                                                                     un antipsicotico atipico,                  dell’umore
                                                                eventualmente iniziare terapia               soprattutto litio
                            Nel caso di fallimento               con basse dosi di aloperidolo
                           con TEC e valutare uso
                            concomitante di litio,
                           valproato, SSRI, SMRI                                                       Ripreso da Meltzer et al. 2003
Prevenzione farmacologica del suicidio 271

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  • 1. 264 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili Prevenzione farmacologica del suicidio Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili 1. Strumenti diagnostici e psicometrici 2. Intervento psicofarmacologico I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá indicano che il suicidio rappresenta un grave problema di salute pubblica con circa un milione di morti ogni anno nel mondo e che è la causa più frequente di morte in pazienti affetti da un disturbo psichiatrico (Tatarelli et al. 2005, Harris e Barraclough 1997). Il suicidio, come fenomeno transnosografico, sfugge ai rigorosi criteri diagnostici propri della patologia descrittiva in generale e della psichiatria in particolare. Nella descrizione del fenomeno è tuttavia possibile ricono- scere uno spettro nell’ambito del quale si collocano le manifestazioni auto- distruttive, citiamo solo l’ideazione suicidaria, il tentativo di suicidio e il suicidio propriamente detto. Il suicidio vero e proprio va distinto dal parasuicidio che per contro è un atto che per volere del soggetto manca della pericolosità che caratterizza i propositi di individui suicidi o che han- no tentato il suicidio. Una rigorosa conoscenza dei fattori di rischio per il suicidio costituisce l’elemento più importante per la prevenzione dell’atto suicidario. Questo capitolo analizza le evidenze disponibili in letteratura sul ruolo di alcuni farmaci nella riduzione del rischio di suicidio. 1. Strumenti diagnostici e psicometrici È ingiustificata e spesso dannosa la titubanza degli operatori della salute mentale a indagare apertamente su ideazione, propositi o precedenti ten- tativi, in realtà frequentemente, quando il paziente viene interrogato sul rapporto con il suicidio, si sente sollevato e si mostra disponibile. Questo contrasta con lo stigma che circonda il comportamento suicidario che si apprezza nella vita quotidiana: chi è restio circa l’opportunità di interroga- re il paziente, in realtà lo sottopone a una tacita stigmatizzazione. L’intervi- sta clinica è quindi uno strumento insostituibile per indagare, valutare e trattare la suicidalitá in qualsiasi individuo. Di sicuro aiuto sono anche le interviste strutturate o semi-strutturate che permettono la raccolta sistema- tica dei dati clinici inclusi quelli inerenti il rischio di suicidio. Di grande valore per la valutazione, predizione e prevenzione del suici- dio sono le scale psicometriche che valutano l’intento, il rischio, i motivi per non compiere l’atto e il grado di disperazione. Di seguito vengono elencate alcune scale di comune uso nella valutazio- ne del rischio di suicidio.
  • 2. Prevenzione farmacologica del suicidio 265 Beck Hopelessness Scale: consiste in 20 item autosomministrati il cui punteggio superiore al cut-off permette di predire con alta probabilitá il suicidio. Reasons for Living Inventory: consiste in 48 quesiti vero-falso su una scala Likert a 6 punti; la scala indaga i motivi per non commettere il suici- dio se l’individuo dovesse pensare a un gesto suicidario. Suicide Risk Measure: consiste in 14 item si-no. Questa scala ha per- messo di discriminare i tentatori di suicidio dai controlli. Suicide Intent Scale: consiste in 20 item eterosomministrati con pun- teggio 0-2. Permette di distinguere coloro che tentano il suicidio da coloro che lo portano a termine. Intervento psicofarmacologico Le linee guida per il trattamento del comportamento suicidario, sebbe- ne di grande utilitá, spesso rimandano all’arte del singolo operatore nel confrontarsi con il rischio di suicidio del singolo. Dunque, il clinico deve accettare la sfida terapeutica e valutare il miglior intervento sia di tipo farmacologico che psicoterapeutico. La farmacoterapia di questi pazienti è generalmente più complessa e meno prevedibile rispetto a quella attuata nei pazienti psichiatrici non a rischio. Antidepressivi e stabilizzanti dell’umore Il rischio di suicidio è un problema allarmante nei pazienti affetti da depressione maggiore e disturbo bipolare. Nella tabella 1 sono riportati alcuni dati che confrontano il rischio nei disturbi dell’umore e in varie patologie psichiatriche. La prevalenza lifetime del disturbo bipolare I è del 1%, mentre la preva- lenza totale del disturbo bipolare come viene descritto dal DSM-IV è stimabile intorno al 5%, includendo il disturbo bipolare II e la ciclotimia. Il suicidio è la principale causa di morte dei pazienti affetti da disturbo bipolare (Baldessarini et al. 2005a). I tassi di suicidio e tentativo di suicidio nella popolazione generale sono molto diversi per nazione e continente. Recenti stime internazionali per il suicidio suggeriscono una media di 0.014±0.007%/anno (14/100.000) nella popolazione generale dei paesi industrializzati (Baldessarini et al. 2006a). I tassi di suicidio nei pazienti con diagnosi di disturbo bipolare (soprattutto tipo I) o con forme gravi di depressione ricorrente sono almeno 20 volte superiori dei tassi di suicidio nella popolazione generale e sostanzialmente più alti che negli altri distur- bi psichiatrici, nell’abuso di sostanze e nelle patologie mediche. Nel distur- bo bipolare il rischio è in media 390/100.000/anno (0,39%/anno), 28 volte superiore alla popolazione generale. Il suicidio è nel 15-20% dei casi la causa di morte tra i pazienti con disturbo bipolare. Una caratteristica del comportamento suicidario nei pazienti con distur- bo bipolare e depressione maggiore è la relativa bassa proporzione tra sui- cidio e tentato suicidio. Nella popolazione generale questo rapporto è tra
  • 3. 266 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili Tabella 1. Rischio di suicidio in varie patologie Rischio relat. Tasso di suicidio Rischio Disturbo (SMR) (%/anno) lifetime (%) Disturbo bipolare 28 0.39 23.4 Depressione grave 21 0.29 17.4 Poliabuso di sostanze 20 0.28 16.8 Disturbi d’ansia gravi 11 0.15 9.0 Depressione moderata 9 0.13 7.8 Schizofrenia 9 0.12 7.2 Disturbi di personalità 7 0.10 6.0 Cancro 2 0.03 1.8 Popolazione generale 1.0 0.014 0.8 SMR = tasso di mortalità standardizzato per il rischio nella popolazione generale, corretto per età e sesso. Il rischio lifetime è basato su un tasso annuo di suicidio per 60 anni di rischio potenziale. Il rischio nel disturbo bipolare I e II è simile ma il tasso di suicidi negli uomini è maggiore rispetto a quello nelle donne diagnosticate con disturbo bipolare. La depressione grave com- porta il ricovero; la depressione moderata è una stima della depressione maggiore in pazienti ambulatoriali più la distimia. I disturbi d’ansia includono il disturbo di panico con agorafobia e il disturbo ossessivo- compulsivo. Da Baldessarini et al. 2006a: adattato con dati riportati da Tondo et al. 2003, Harris e Barraclough 1997. 10:1 e 20:1, o persino più alto. Nei pazienti con disturbo bipolare questo rapporto è estremamente più basso dimostrando quanto possa essere ele- vata la letalità dei tentativi di suicidio, presumibilmente sia a causa dell’in- tento sia a causa dei metodi (Baldessarini et al. 2006a). I farmaci antidepressivi sono senza dubbio un valido ausilio nella pre- venzione del suicidio e le evidenze cliniche dimostrano i loro vantaggi nei pazienti a rischio. Tuttavia, la più recente e completa metanalisi relativa all’impatto dei farmaci antidepressivi sul comportamento suicidario ha mostrato che tali molecole, pur non meritando la pubblicitá negativa alla quale da qualche anno si assiste, hanno una modesta azione anti-suicidaria rispetto ad altre molecole come il litio e la clozapina. Recenti dati, risultati da una vasta metanalisi comprensiva di tutti gli studi che riportavano atti suicidari nei quali era presente il confronto di un farmaco antidepressivo con il placebo, indicano una riduzione del rischio di suicidio non significa- tiva (Baldessarini et al. 2006b). Infatti il rischio relativo (RR) era pari solo al 1,06 (0,74–1,52), ciò dimostra che l’azione di tali farmaci nella riduzione del rischio di suicidio non è convincente e che comunque non vi è un au- mento del rischio durante la terapia. Esistono, tuttavia, casi in cui l’uso di tali farmaci deve essere limitato o addirittura evitato tassativamente: pazienti a rischio di viraggio in mania e che presentano uno stato misto o disforico. La comparsa di alcuni segni e sintomi dovrebbe guidare l’uso o la sospensione del farmaco antidepressivo
  • 4. Prevenzione farmacologica del suicidio 267 (Pompili et al. 2005, Baldessarini et al. 2005) (vedi tabelle 2 e 3). Grande attenzione è stata posta sul rischio di avvelenamento con antidepressivi di nuova e vecchia generazione, sottolineando come quest’ultimi permettano un miglior intervento nel caso di ingestione di quantitá tossiche e dunque una diminuzione di suicidi. Le evidenze metanalitiche più recenti indicano che il litio è la sostanza più efficace nella riduzione del rischio di suicidio nei pazienti affetti da disturbo bipolare o da altro disturbo dell’umore (Baldessarini et al. 2006c). Tabella 2. Fattori di rischio e segnali d’allarme per la suicidalità che può insorgere durante la terapia con antidepressivi (Pompili et al. 2005 – modificata) - Precedenti tentativi di suicidio o atti di violenza - Bipolarità accertata o sospettata - Depressione grave e ricorrente - Psicosi accertata o sospettata - Depressione giovanile - Agitazione, acatisia, ansia - Insonnia - Rabbia, aggressivitá o minacce di aggressione - Disforia irritabile - Switch in stati misti o psicotici - Peggioramento della depressione, hopelessness e angoscia - Hopelessness, helplessness o isolamento sociale - Eventi attuali (perdite, separazioni, scandali, crisi finanziarie) - Nuovi sintomi somatici - Abuso di alcol o di altri sedativi, incluse le benzodiazepine - Accesso ad armi da fuoco o veleni - Inadeguata supervisione clinica o al follow-up Tabella 3. Interventi da effettuare nel caso di suicidalitá emergente durante terapia con antidepressivi (Pompili et al. 2005 – modificata) - Diminuire la dose o sospendere la terapia antidepressiva in caso di insorgenza di agitazione, insonnia o rabbia - Introdurre un antipsicotico atipico, antiepilettico o un sedativo - Considerare il litio per i pazienti collaborativi soprattutto nel caso di fallimento di terapie antidepressive precedenti - Rendere la terapia flessibile ed enfatizzare la disponibilità del clinico nel caso di chiarimenti o di chiamate d’emergenza - Esprimere esplicitamente il rammarico per la disperazione e il disagio ingravescente - Fare riferimento al suicidio direttamente e ripetutamente; monitorare l’accesso a mezzi letali - Ricorrere all’aiuto di un familiare per monitorare il paziente e per la gestione dei farmaci
  • 5. 268 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili Pazienti affetti da disturbo dell’umore e con condizioni cliniche di base favorevoli dovrebbero essere sottoposti a questa terapia. Dall’osservazione di tutti i 45 studi sui tassi di suicidio e di tentativi di suicidio durante tera- pia con litio, i tassi grezzi di comportamenti suicidari durante terapia a lungo termine con litio sono risultati in media 0,437%/anno contro 2,70%/ anno senza terapia con litio, inducendo come dato conclusivo un rischio di suicidio sei volte inferiore durante terapia con litio. Nella metanalisi quantitativa, basata su 31 studi con informazioni su atti suicidari con e sen- za terapia con litio e con rischio-non-zero in almeno un gruppo di soggetti in trattamento, il tasso complessivo di atti suicidari (suicidi e tentativi di suicidio) è quasi 5 volte inferiore (RR=4,81; 95%CI: 3,82-6,31) la durante terapia con litio, ovvero una riduzione di circa l’80% del rischio di suicidio. Risultati molto simili sono stati ottenuti sia con i tentativi che con i suicidi considerati separatamente. Inoltre, questi risultati sono indipendenti dal tipo di studio (in aperto e naturalistici vs. RCT) e dalla diagnosi (solo di- sturbo bipolare o i vari disturbi depressivi maggiori). Un’osservazione po- tenzialmente importante fa riferimento alla forte associazione della terapia con litio con l’indice di “letalità” degli atti suicidari. Nella popolazione ge- nerale, la proporzione dei tentativi di suicidio vs. i suicidi (10-30:1) è circa quattro volte maggiore rispetto a pazienti con disturbi dell’umore, nei quali il rapporto T/S è solo 3-6 a 1, suggerendo come più alta la letalità degli atti suicidari associati ai disturbi dell’umore. Nei dati disponibili, il tasso di T/S era più del doppio maggiore nei pazienti trattati con litio (6,48) rispetto ai pazienti non trattati con litio (2,93), tale riduzione della letalitá può essere attribuita alla terapia con litio. È importante enfatizzare che, persino con terapia con litio, i tassi grezzi osservati di 0,187%/anno tra i pazienti con disturbo bipolare, sono più di venti volte superiori alla media internazionale della popolazione generale, ovvero 0,014%/anno. I tassi di tentativi di suicidio nella popolazione gene- rale sono meno precisi, ma sono stimabili 10-30 volte maggiori dei tassi dei suicidi, o circa 0,14-0,42/anno, suggerendo di nuovo che i tassi grezzi di tentativi di suicidio osservati durante la terapia con litio, in 0,804/anno (1,11/anno per il disturbo bipolare) sono maggiori di quelli nella popola- zione generale. I risultati di questo studio comprovano il potente effetto anti-suicidio del litio che emerge anche dal confronto con altre terapie stabilizzanti dell’umo- re, includendo anche alcuni anti-epilettici (ad esempio la lamotrigina). Nel vasto studio epidemiologico condotto da Goodwin et al. (2003), che com- prendeva oltre 50.000 pazienti, il rischio di atti suicidari (tentativi di suici- dio e suicidi) durante terapia con litio era pari a 0,78% (%/anno) contro 2,12% durante terapia con anticonvulsivanti, soprattutto acido valproico e in misura minore carbamazepina. I principi della proprietà antisuicidaria del litio non sono noti. Il rischio di comportamento suicidario, nei pazienti con disturbo dell’umore e altre forme di disturbi affettivi, è fortemente presente nelle fasi depressivo- disforiche della malattia e invece raro nella mania/ipomania; il litio dimi- nuisce le recidive della malattia depressiva sia nel disturbo bipolare I che nel disturbo bipolare II, e probabilmente anche nelle depressioni non. È stato inoltre osservato che il litio possiede proprietá antisuicidarie sia nei responder che nei non responder, proprietà che sembrano essere indipenden- ti delle proprietà di stabilizzatore dell’umore (Ahrens e Muller-Oerlin- ghausen 2001).
  • 6. Prevenzione farmacologica del suicidio 269 Antipsicotici Il tasso di suicidio tra i pazienti schizofrenici è solitamente stimato intor- no al 10-13% anche se percentuali inferiori sono emerse da accurate analisi metanalitiche (Pompili 2006). L’impatto positivo degli antipsicotici atipici sulla suicidalitá dei pazienti schizofrenici è stato descritto nella review di Keck et al. (2000). Carone et al. (1991) hanno invece descritto i risultati del trattamento con antipsicotici tipici e il loro ruolo nella riduzione del rischio di suicidio in pazienti affetti da schizofrenia. Questi autori hanno seguito 80 giovani pazienti schizofre- nici con un follow-up fino a 5 anni e hanno osservato che complessivamen- te vi era un’incidenza di suicidi del 10%; il numero dei suicidi era simile a quello di pazienti con outcome positivo. La Food and Drug Administration ha recentemente incluso nelle indica- zioni della clozapina la riduzione del rischio di suicidio nei pazienti affetti da schizofrenia. A tal proposito una consensus conference ha elaborato un algo- ritmo per la riduzione della suicidalità in questi pazienti (Meltzer et al. 2003) Melzer e Okayli (1995) hanno raccolto con un’indagine prospettica dati sul ruolo della clozapina nella riduzione del comportamento suicidario dei pazienti schizofrenici. Secondo questi autori il potenziale decremento dei suicidi durante questa terapia poteva arrivare fino all’85%. Dai loro dati emergeva il confronto tra rischio e benefici della clozapina. Infatti, ammet- tendo che circa un paziente su 10.000 sarebbe potuto morire a causa dell’agranulocitosi (il più temibile effetto collaterale della clozapina) un numero variabile da 1000 a 1300 pazienti poteva altresì morire a causa del suicidio durante terapia con neurolettici tradizionali. Questi dati sono stati tuttavia ridimensionati dallo studio di Sernyak et al. (2001) che conducen- do un ricerca caso-controllo non hanno osservato l’effetto antisuicidario della clozapina. Entrambi gli studi hanno alcune limitazioni che impedi- scono di ottenere un dato univoco. Infatti lo studio di Meltzer e Okayli (1995) presentava pazienti che fungevano loro stessi da controllo, rinun- ciando dunque alla rigorositá di uno studio randomizzato-controllato in doppio cieco. Parimenti, lo studio di Sernyak et al. (2001) ignorava le carat- teristiche più importanti inerenti il suicidio per la determinazione di un controllo, ovvero il numero, quando e con quale letalitá ci si riferiva ad un precedente tentativo di suicidio e la gravitá della depressione al momento dell’arruolamento. Tuttavia più recenti studi hanno ridato maggiore supporto al ruolo antisuicidario della clozapina (Modestin et al. 2005). Va inoltre sottolineato che l’olanzapina sembra avere qualche proprietà nella riduzione del rischio di sucidio e quindi può costituire una possibile alternativa nei casi in cui la clozapina non possa essere utilizzata. Ansiolitici L’ansia è spesso presente nei soggetti a rischio di suicidio e dunque l’uso di ansiolitici può essere indicato. È tuttavia emerso che non si apprezzano riduzioni del rischio di suicidio nei pazienti trattati con ansiolitici rispetto a quelli trattati con il placebo (Khan et al. 2002)
  • 7. Paziente a rischio di suicidio Si No Il pz è a rischio Procedere con antipsicotico atipico imminente di suicidio (no clozapina) se non compliance o resistenza passare alla clozapina Si No Ricoverare (se vera Determina diagnosi emergenza TEC) Schizofrenia con sintomi Disturbo 270 Roberto Tatarelli, Maurizio Pompili TEC rifiutata o Schizofrenia depressivi marcati schizofrenico non disponibile Terapia con clozapina Iniziare o ottimizzare terapia Terapia con Vai a determina con clozapina diagnosi clozapina Introdurre altro Valutare terapia antidepressiva, Valutare l’uso di SSRI, antipsicotico atipico litio o valproato e aggiunta di SMRI, stabilizzanti un antipsicotico atipico, dell’umore eventualmente iniziare terapia soprattutto litio Nel caso di fallimento con basse dosi di aloperidolo con TEC e valutare uso concomitante di litio, valproato, SSRI, SMRI Ripreso da Meltzer et al. 2003
  • 8. Prevenzione farmacologica del suicidio 271 Bibliografia Ahrens B., Muller-Oerlinghausen B. (2001). Does lithium exert an independent antisuicidal effect? Pharmacopsychiatry 34, 132-6. Baldessarini R.J., Pompili M., Tondo L., Tsapakis E., Soldani F., Faedda G.L., Hennen J. (2005). Antidepressants and suicidal behavior: Are we hurting or helping? Clinical Neuropsychiatry 2, 73-75. Baldessarini R.J., Pompili M., Tondo L. (2006a). Bipolar Disorder - Chapter 13. In Simon R.I., Hales R.E. (eds): American Psychiatric Textbook of Suicide Assessment and Management, American Psychiatric Press, Arlington, VA. Baldessarini R.J., Pompili M., Tondo L. Suicide risk in antidepressant trials. Archives of General Psychiatry (2006b). Baldessarini R.J., Hennen J., Pompili M., Davis P., Tondo L. (in press). Decreased suicidal risk during long-term lithium treatment: a meta-analysis. Bipolar Disorders (2006c). Carone B.J., Harrow M., Westermeyer J.F. (1991). Posthospital course and outcome in schizophrenia. Archives of General Psychiatry 48, 247-253. Goodwin F.K., Fireman B., Simon G.E., Hunkeler E.M., Lee J., Revicki D. (2003). Suicide risk in bipolar disorder during treatment with lithium and divalproex. JAMA 290, 1467–1473. Harris E.C., Barraclough B. (1997). Suicide as an outcome for mental disorders: a meta-analysis. British Journal of Psychiatry 170, 205–28. Khan A., Leventhal R.M., Khan S., Brown W.A. (2002). Suicide risk in patients with anxiety disorders: a meta-analysis of the FDA database. Journal of Affective Disorders 68, 183–190. Keck P.E., Strakowski S.M., McElroy S.L. (2000). The efficacy of atypical antipsychotics in the treatment of depressive symptoms, hostility, and suicidality in patients with schizophrenia. Journal of Clinical Psychiatry 61, Suppl 3, s4-s9. Meltzer H.Y., Conley R.R., De Leo D., Green A.I., Kane J.M., Knesevich M.A., Lieberman J.A., Lindenmayer J.P., Potkin S.G. (2003). Intervention strategies for suicidality. Journal of Clinical Psychiatry 6, 1-16 [audiograph series]. Meltzer H.Y., Okayli G. (1995). Reduction of suicidality during clozapine treatment of neuroleptic-resistant schizophrenia: impact on risk-benefit assessment. American Journal Psychiatry 152, 183-190. Modestin J., Dal Pian D., Agarwalla P. (2005). Clozapine diminishes suicidal behavior: a retrospective evaluation of clinical records. Journal of Clinical Psychiatry 66, 534- 538. Pompili M., Tondo L., Baldessarini R.J. (2005). Suicidal risk emerging during anti- depressant treatment: Recognition and intervention. Clinical Neuropsychiatry 2, 66-72. Pompili M. (2006). Suicide risk in schizophrenia. In Tatarelli R., Pompili M., Girardi P. (eds) Suicide in schizophrenia. Nova Editorial Inc., New York. Sernyak M.J., Desai R., Stolar M., Rosenheck R. (2001). Impact of clozapine on completed suicide. American Journal Psychiatry 158, 931-937. Tatarelli R., Pompili M., Lester D. (2005). Prevention of suicidal behaviors: a task for all. Clinical Neuropsychiatry 2, 209-211. Tondo L., Isacsson G., Baldessarini R.J. (2003). Suicide in bipolar disorder: Risk and prevention. CNS Drugs 17, 491–511.