2. Il piano denotativo e il piano connotativo
Ogni testo poetico è leggibile
attraverso due piani di lettura, il
piano denotativo, vale a dire il
significato letterale del testo, e il
piano connotativo, cioè il livello
simbolico e allusivo che è tipico dei
testi in cui a prevalere sia la
funzione poetica, ossia la
funzione comunicativa incentrata
sul valore del messaggio.
Per questo motivo, i termini usati
dai poeti nelle loro composizioni
sono polisemici, hanno molteplici
sfumature di significato che è
compito del lettore interpretare.
“Nel mezzo del cammin di nostra
vita/ mi ritrovai per una selva
oscura/ che la diritta via era
smarrita”. (Dante, Inf., I 1-3).
Qual è il livello denotativo di questo
terzina dantesca? Quale quello
connotativo? Quali sono le parole
polisemiche?
3. Il verso: sillabe e accenti ritmici
A differenza dei testi in prosa, i testi
poetici sono scritti in versi, unità
compositive in cui l'andare a capo
è regolato da necessità metriche
ed espressive, che variano a
seconda delle epoche, dei
componimenti e delle scelte dei
singoli poeti.
Il verso tradizionale è composto
da un determinato numero di
sillabe e regolato dalla ripetizione
di accenti ritmici (ictus) che,
ripetendosi a intervalli regolari, ne
determinano appunto il ritmo.
A seconda del numero delle sillabe
metriche, i versi prendono nomi di
trisillabi, quadrisillabi ecc.; se il
numero delle sillabe in un verso è
pari, avremo versi parisillabi, se
dispari, versi imparisillabi.
Il verso libero, che si diffonde
dalla fine dell'Ottocento, non è
regolato da uno schema metrico
preciso e non ha dunque né un
numero prestabilito di sillabe né di
accenti.
4. Le figure metriche
Per computare correttamente le
sillabe di un verso, bisogna tenere
conto delle figure metriche:
Sinalefe: fusione in un'unica
sillaba della vocale finale di una
parola con quella iniziale della
parola seguente.
Dialefe: quando la sinalefe non si
può applicare a causa del fatto che
le due vocali, o una di esse, sono
accentate.
Sineresi: due o più vocali vicine,
ma appartenenti a sillabe diverse,
si fondono in un'unica sillaba.
Dieresi: vengono computate
separatamente due vocali che
normalmente formano dittongo; la
presenza della dieresi è segnalata
da due puntini sulla vocale più
debole.
Solo e pensoso i più deserti
campi... (F. Petrarca)
E tu che se' costì anima viva...
(Dante).
Questi parea che contra me
venisse...( Dante)
Forse perché delle fatal quÏete...(
U. Foscolo)
5. L'enjambement
L'enjambement (fr.
“accavallamento, inarcatura) è la
discordanza che talvolta si verifica
tra le fine di un verso e il significato
della frase. Si verifica quando la
fine di un verso non coincide con la
fine della frase in esso contenuta.
Ma sedendo e mirando,
interminati/spazi di là da quella, e
sovrumani/silenzi...(G. Leopardi)
L'enjambement, forzando la
struttura metrica del
componimento, ne dilata le
potenzialità espressive.
Si sta come/ d'autunno/ sugli
alberi/ le foglie (G. Ungaretti)
6. Il computo delle sillabe
Nel computare le sillabe di un
verso, bisogna anche fare caso
all'accento tonico dell'ultima parola.
Se il verso termina con una parola
tronca, bisognerà immaginare
immaginare che una sillaba sia
caduta, e aggiungere un'unità al
computo delle sillabe.
Se il verso termina con una parola
sdrucciola, le sillabe dopo
l'accento tonico verranno
computate come fossero un'unica
sillaba.
Se il verso termina con parola
piana, il computo avverrà
normalmente.
Deh perché fuggir rapido così ( G.
Carducci)
Sparsa le trecce morbide ( A.
Manzoni)
Soffermati sull'arida sponda ( A.
Manzoni)
7. Dal trisillabo all'endecasillabo
Trisillabo (un ictus sulla seconda
sillaba): Tossísce (A. Palazzeschi)
Quadrisillabo ( due ictus, su prima
e terza sillaba): C'è un castèllo ( G.
Mazzoni)
Quinario (due ictus, su quarta e
prima o seconda sillaba): Il mòrbo
infúria ( A. Fusinato)
Senario (due ictus su seconda e
quinta sillaba): Se cérca, si dìce (P.
Metastasio)
Settenario (un ictus su sesta
sillaba e altri mobili) : L'àlbero a cui
tendévi (G. Carducci)
Ottonario (due ictus sulla settima e
terza sillaba): Arca di dolcézza il
còre! ( L. de' Medici)
Novenario (ictus sulla seconda,
quinta e ottava sillaba): E s'àprono
i fióri nottúrni (G. Pascoli)
Decasillabo (ictus sulla terza, sesta
e nona sillaba): Soffermàti
sull'àrida spónda (A. Manzoni)
Endecasillabo (grande varietà di
ictus):E come quéi che con léna
affannàta (Dante)
8. La rima e le sue varianti
La rima è la perfetta uguaglianza
di suoni finali di due o più versi
a partire dell'ultima sillaba
accentata.
Essa è anche l'accostamento di
suoni da cui scaturiscono
significati.
Si definisce rima equivoca la rima
fra due parole uguali per suono ma
diverse per significato.
Una variante della rima è
l'assonanza, quando la parte finale
di due parole, a partire dalla sillaba
accentata, presenta somiglianza di
vocali e differenza di consonanti.
Un'altra variante della rima è la
consonanza, quando nella parte
finale di due parole sono uguali le
consonanti e diverse le vocali.
Non necessariamente i poeti si
servono delle rime: i versi sciolti
ad esempio, non sono legati da
rime.
9. Dalla rima baciata alla rima interna
Rima baciata se in versi
consecutivi: AA, BB, CC...
Rima alternata quando il primo
verso il rima col terzo, il secondo
col quarto ecc.: ABAB...
Rima incrociata quando il primo
verso rima col quarto e il secondo
col terzo: ABBA...
Rima ripetuta lo stesso gruppo di
rime si ripete in più versi: ABC,
ABC...
Rima incatenata quando le rime
sono legate a catena : ABC, BCB,
CDC...
Rima invertita quando le rime tra
loro si richiamano in senso inverso:
ABC, ACB...
Rima ipermetra quando verso
piano rima con uno sdrucciolo...
Rima interna quando una parola in
fine verso rima con un'altra che si
trova all'interno del verso
successivo...
10. Le strofe
Le strofe sono raggruppamenti
di versi a schema fisso, cioè
costituite da un preciso numero di
versi, oppure libero. Le strofe a
schema fisso sono:
Distico: raggruppamento di due
versi.
Terzina: raggruppamento di tre
versi.
Quartina: raggruppamento di
quattro versi.
Sestina: raggruppamenti sei versi.
Ottava : raggruppamento di otto
versi.
La strofa libera segue invece
l'ispirazione del poeta, alternando il
numero dei versi e la loro tipologia.