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Il mondo femminile
Cittadinanza e costituzione
La concezione della donna
Simone de Beauvoir, la scrittrice francese considerata un’antesignana del femminismo, condivide questa
concezione: “La società è sempre stata maschile; il potere è sempre appartenuto agli uomini”.
Infatti la condizione femminile è stata quasi sempre caratterizzata da assenza, esclusione e
da uno stato di inferiorità sia sul piano sociale che politico e giuridico. Emerge l’immagine
di una donna che via via è una presenza priva di rilievo, oggetto, schiava, domestica, casalinga,
regina, eroina. Nell’oscurantismo socio-culturale del mondo antico, non mancano tuttavia elementi
che offrono un ritratto diverso della donna, vista come creatura dotata di un intelletto, di un cuore e virtù pari a
quelli degli uomini.
Soprattutto in alcuni scrittori cristiani dei primi secoli, acquista luce e spessore storico una variegata presenza
femminile, ognuna con una propria dignità e personalità inalienabile. Esse vengono rappresentate come madri ed
educatrici premurose dei figli, spose laboriose e sostegno forte e discreto dei mariti, amministratrici sagge della
casa.
In tutte le civiltà però esiste una distinzione tra ruolo femminile, unicamente considerato per la sfera dell’interno e
ruolo maschile considerato soprattutto per la sfera dell’esterno.
La donna nelle diverse civiltà
• la donna nella civiltà greca, soprattutto quella ateniese,
vive isolata. La sua capacità giuridica è praticamente
nulla.
Civiltà greca
• la donna gode di maggiore libertà. I romani infatti
affidavano alle loro spose il dominio della casa. La parola
donna infatti deriva dal latino “domina”, che significa
padrona.
Civiltà etrusca
• La donna assume un’immagine più spirituale.
Con il
cristianesimo e il
medioevo
Il loro difficile percorso…
Il suffragio universale, introdotto in Italia il primo febbraio 1945, è stata dura, e parte da lontano.
Alla fine del settecento Olympe de Gouges firma in Francia la 'Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine'
non va lontano perché verrà ghigliottinata.
Attraverso un’intensa campagna fatta di conferenze, cortei, marce spesso violente, alla fine in Gran Bretagna le
saranno ammesse al voto nel 1928.
In Italia, Mussolini le ammette al voto amministrativo nel 1924, ma è pura e semplice propaganda, poiché in
all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926 le elezioni per le nomine comunali
proibite.
E' il primo febbraio 1945 la data storica in cui, con un decreto legislativo il Consiglio dei Ministri presieduto da
Bonomi riconosce il voto femminile, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi.
Sempre più in sviluppo…
Il 2 giugno dello stesso anno parteciperanno ad un voto di ben altra importanza storica: si tratta
del referendum istituzionale per scegliere tra monarchia e repubblica e l’elezione dell’Assemblea
Costituente.  Le donne elette saranno 21 su 226 candidate, pari al 3,7 %. Un gruppetto che sarà
ricordato come 'madri costituenti' che, pur appartenendo a schieramenti politici diversi, saprà applicare
un gioco di squadra su temi come l'uguaglianza, la famiglia, il riconoscimento dei figli nati fuori dal
matrimonio, la parità salariale, l'accesso delle donne alle professioni.
Nel 1948 la Costituzione repubblicana ha esteso alle donne il diritto di accedere in condizioni di
uguaglianza a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive. Inoltre ha approvato alla donna la facoltà di
di trasmettere la cittadinanza italiana ai figli, pertanto alle donne di discendenza italiana nate all'estero, è
riconosciuta la facoltà di trasmettere la cittadinanza solo ai figli nati dopo il 1 gennaio del 1948, ovvero
dopo l'entrata in vigore della Carta Costituzionale.
Negli anni 50 e 60 iniziano a svilupparsi norme sulla tutela della lavoratrice madre, il divieto di
licenziamento durante la gestazione, l’astensione obbligatoria prima e dopo il parto.
Fino ad arrivare…
Nel 1960, con la sentenza della Corte costituzionale si è concluso il ricorso che ha aperto
alle donne la carriera prefettizia e quella diplomatica.
Nel 1963, ha trovato applicazione la Costituzione con una legge che ha ammesso la donna
a tutte le cariche, professioni o impieghi pubblici in vari ruoli, carriere e categorie.
Nel 1999, è diventata possibile anche la carriera militare.
Giovanni verga
La donna umile di cui ci parla
Un po’ della sua vita…
GiovanniVerga nacque a Catania il 2 settembre del 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri di origini nobiliari. I
genitori nel 1851 lo affidano all’insegnamento di Antonio Abate, che fa nascere in lui quel culto per i valori nazionali e
unitari.
I suoi primi tre romanzi d’esordio di gusto romantico ed incentrati su temi storico-patriottici sono: Amore e patria (narra
un episodio della guerra d’indipendenza americana); I carbonari della montagna (incentrato sul patriottismo che guida la
rivolta dei carbonari calabresi contro i francesi di Murat); e Sulle lagune (narra la storia d’amore impossibile di un ufficiale
ungherese con una donna veneziana, sullo sfondo dell’occupazione asburgica nelVeneto).
Tra il 1865 e il 1870Verga compie numerosi viaggi a Firenze, dove ha la possibilità di frequentare ambienti intellettuali e
mondani. Nel 1866 pubblica Una peccatrice, dove racconta la vicenda del giovane Pietro Brusio che si trasferisce a
Catania per amore di Narcisa e che giunge alla fama come scrittore, mosso dal desiderio di conquistarla, ma a un breve
idillio segue la disillusione: Narcisa dopo essersi rea conto che nel cuore di Pietro alla passione è subentrata
l’indifferenza, si suicida avvelenandosi.
Il successo letterario perVerga giunge con la pubblicazione del romanzo epistolare Storia di una capinera, incentrato
sulle disavventure di una giovane costretta alla monacazione che, impossibilitata a vivere il suo amore, si abbandona ad
una follia che la porterà alla morte.
Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con il movimento della Scapigliatura. Negli anni successivi
vengono pubblicati altri tre romanzi di ambientazione borghese: Eros, dove racconta del degradante viaggio nel eros di
un nobile che si conclude con il suicidio; Tigre reale, incentrato sulle vicende di un giovane aristocratico diviso tra la
passione per Nata e la moglie; ed Eva che narra la storia della passione infelice della scrittore Enrico Lanti.
Nel 1874 pubblica Nedda, bozzetto che si incentra sulla vita di stenti di un’umile raccoglitrice di olive della
piana di Catania che, concepisce una bambina con il giovane Janu. Successivamente Nedda vedrà morire
prima il giovane amato colpito dalle febbri malariche e poi la sua bambina, vittima della miseria.
Nel 1878 ci sarà la pubblicazione di Rosso Malpelo dove c’è un eclissi totale dell’autore e risulta esserci anche
l’impiego di un narratore popolare. Successivamente dà alle stampe i suoi capolavori:Vita dei campi (1880) e I
Malavoglia (1881).
Nel 1883 torna nel verismo con le Novelle rusticane, dopo di che seguirà un periodo d’interesse per il teatro,
fino al 1893 quando tornerà nella sua città natale, da cui si allontanerà solo per i viaggi legati alla sua attività
di scrittore. Come nel 1903 quando viene rappresentato a Milano il dramma dal tuo al mio, quest’opera
testimonia un visione sociale conservatrice e sempre più pessimista da parte dello scrittore.
Nel 1920 viene nominato senatore del Regno, trascorre gli ultimi anni della sua vita isolato ed in solitudine
fino alla sua morte che ci sarà il 27 gennaio del 1922.
La donna umile nei Malavoglia
Mena, diminutivo di Filomena, è una delle protagoniste del romanzo. E’ una ragazza giovane, nipote di
padron ‘Ntoni e figlia di Bastianazzo e della Longa, cheVerga ci descrive con queste parole: "La Mena
entrava nei diciassett'anni, e cominciava a far voltare i giovanotti quando andava a messa".
Fin dall'inizio del romanzo viene delineato il suo carattere pacifico “Ella era giudiziosa come sua madre”
sottomesso alla volontà della famiglia: questa è la prima descrizione che di lei viene data: “Mena
soprannominata «Sant’ Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di
pollaio, e triglia di gennaio»”.
Dopo la morte della madre, sarà lei a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore,
Lia. Subisce molto l’influenza della società del suo tempo, tanto che alla fine non sposerà Alfio, pur
avendone la possibilità, temendo che si torni a parlare della fuga della sorella Lia.
In conclusione possiamo dire che il personaggio, nel corso delle vicende narrate daVerga, mantiene una
certa staticità dovuta soprattutto ad un carattere troppo fragile ed alle condizioni in cui si trova la società
in cui la protagonista vive, Mena deve affrontare il matrimonio con un uomo che non ama, ma non
oppone resistenza, in quanto sono i suoi genitori che scelgono per lei. Inoltre Mena non riesce a prendere
decisioni personali senza farsi influenzare pesantemente dalle "chiacchiere di paese".
Il rapporto con Brasi Cipolla
l suo promesso sposo è Brasi figlio di padron Cipolla “Il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava
pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano con gli occhi”. Mena non è contenta
di questo matrimonio, ma non si oppone alla festa di fidanzamento.
Dopo poco tempo le condizioni economiche dei Malavoglia entrano in crisi e padron ‘Ntoni è
costretto a vendere la casa del Nespolo allo zio Crocifisso, con conseguente umiliazione ed
emarginazione della propria famiglia.
Il matrimonio allora va a monte, “Mena però era tranquilla, e s’era rimessa la spadina d’argento nelle
trecce da se stessa, senza dir nulla. [...] Sua madre la covava cogli occhi, mentre lavorava accanto a
lei, e l’accarezzava col tono della voce, quando le diceva: - Dammi la forbice, o, tiemmi la matassa -
che se la sentiva nelle viscere, la sua figliuola, ora che tutti le voltavano le spalle; ma la ragazza
cantava come uno stornello, perché aveva diciotto anni, e a quella età se il cielo è azzurro vi ride
negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore. Per altro il cuore non ce lo aveva mai avuto per quel
cristiano, lo disse all’orecchio della mamma, mentre ordinavano la trama”.
Il rapporto con Alfio
L’amore tra Alfio e Mena, due tipici “vinti” verghiani, si tinge nel corso del romanzo di malinconia e di
amarezza.
Dapprima la ragazza si sacrifica alla religione della casa e rinuncia all'amore per Alfio, che è solo un povero
carrettiere, per seguire la volontà del nonno che vorrebbe sposarla a Brasi Cipolla (figlio di padron Cipolla,
il benestante del paese).
Poi il matrimonio va a monte, ma intanto Alfio ha lasciato il paese e con molti sacrifici è riuscito a
migliorare la propria condizione economica. Dopo otto anni torna ad AciTrezza ed il seguente passo,
tratto dal capitolo finale del romanzo, sottolinea cambiamento di Alfio: “Giacché tutti si maritavano,Alfio
Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia
s’era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la
domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti
alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo. Anche lei
guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: – Se voi mi volete ancora, comare
Mena, – disse finalmente; – io per me son qua. La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che
compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le
pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella. – Ora sono vecchia, compare
Alfio, – rispose, – e non mi marito più”.
Ella rifiuta, prima nascondendo il motivo, poi dichiarando di non voler far parlare male di nuovo della
sorella.
Concludendo
«La morale batte l’amore»
Tempo fa come si può osservare il nucleo familiare era all’apice della
considerazione, un esempio lo danno i Malavoglia, dove viene proprio esaltata la
tradizione familiare.
In particolare, la storia di Mena, membro dei Malavoglia, rientra ancor di più nel
contesto. Per il bene della famiglia, infatti, essa dovrà rinunciare all’amore due
volte. La prima perché obbligata a sposare un signorotto del luogo come tentativo
di risvolto economico; la seconda per non infangare nuovamente la sua famiglia in
relazione ad eventi avvenuti in passato. Mena si dimostra perciò attaccata alla
famiglia portando avanti i propri valori morali per il bene della stessa, rinunciando
addirittura ai sentimenti propri.
Grazie per
l’attenzione!
Lisa Giansante 5°D 04/04/2020

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  • 2. La concezione della donna Simone de Beauvoir, la scrittrice francese considerata un’antesignana del femminismo, condivide questa concezione: “La società è sempre stata maschile; il potere è sempre appartenuto agli uomini”. Infatti la condizione femminile è stata quasi sempre caratterizzata da assenza, esclusione e da uno stato di inferiorità sia sul piano sociale che politico e giuridico. Emerge l’immagine di una donna che via via è una presenza priva di rilievo, oggetto, schiava, domestica, casalinga, regina, eroina. Nell’oscurantismo socio-culturale del mondo antico, non mancano tuttavia elementi che offrono un ritratto diverso della donna, vista come creatura dotata di un intelletto, di un cuore e virtù pari a quelli degli uomini. Soprattutto in alcuni scrittori cristiani dei primi secoli, acquista luce e spessore storico una variegata presenza femminile, ognuna con una propria dignità e personalità inalienabile. Esse vengono rappresentate come madri ed educatrici premurose dei figli, spose laboriose e sostegno forte e discreto dei mariti, amministratrici sagge della casa. In tutte le civiltà però esiste una distinzione tra ruolo femminile, unicamente considerato per la sfera dell’interno e ruolo maschile considerato soprattutto per la sfera dell’esterno.
  • 3. La donna nelle diverse civiltà • la donna nella civiltà greca, soprattutto quella ateniese, vive isolata. La sua capacità giuridica è praticamente nulla. Civiltà greca • la donna gode di maggiore libertà. I romani infatti affidavano alle loro spose il dominio della casa. La parola donna infatti deriva dal latino “domina”, che significa padrona. Civiltà etrusca • La donna assume un’immagine più spirituale. Con il cristianesimo e il medioevo
  • 4. Il loro difficile percorso… Il suffragio universale, introdotto in Italia il primo febbraio 1945, è stata dura, e parte da lontano. Alla fine del settecento Olympe de Gouges firma in Francia la 'Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine' non va lontano perché verrà ghigliottinata. Attraverso un’intensa campagna fatta di conferenze, cortei, marce spesso violente, alla fine in Gran Bretagna le saranno ammesse al voto nel 1928. In Italia, Mussolini le ammette al voto amministrativo nel 1924, ma è pura e semplice propaganda, poiché in all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926 le elezioni per le nomine comunali proibite. E' il primo febbraio 1945 la data storica in cui, con un decreto legislativo il Consiglio dei Ministri presieduto da Bonomi riconosce il voto femminile, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi.
  • 5. Sempre più in sviluppo… Il 2 giugno dello stesso anno parteciperanno ad un voto di ben altra importanza storica: si tratta del referendum istituzionale per scegliere tra monarchia e repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente.  Le donne elette saranno 21 su 226 candidate, pari al 3,7 %. Un gruppetto che sarà ricordato come 'madri costituenti' che, pur appartenendo a schieramenti politici diversi, saprà applicare un gioco di squadra su temi come l'uguaglianza, la famiglia, il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la parità salariale, l'accesso delle donne alle professioni. Nel 1948 la Costituzione repubblicana ha esteso alle donne il diritto di accedere in condizioni di uguaglianza a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive. Inoltre ha approvato alla donna la facoltà di di trasmettere la cittadinanza italiana ai figli, pertanto alle donne di discendenza italiana nate all'estero, è riconosciuta la facoltà di trasmettere la cittadinanza solo ai figli nati dopo il 1 gennaio del 1948, ovvero dopo l'entrata in vigore della Carta Costituzionale. Negli anni 50 e 60 iniziano a svilupparsi norme sulla tutela della lavoratrice madre, il divieto di licenziamento durante la gestazione, l’astensione obbligatoria prima e dopo il parto.
  • 6.
  • 7. Fino ad arrivare… Nel 1960, con la sentenza della Corte costituzionale si è concluso il ricorso che ha aperto alle donne la carriera prefettizia e quella diplomatica. Nel 1963, ha trovato applicazione la Costituzione con una legge che ha ammesso la donna a tutte le cariche, professioni o impieghi pubblici in vari ruoli, carriere e categorie. Nel 1999, è diventata possibile anche la carriera militare.
  • 8. Giovanni verga La donna umile di cui ci parla
  • 9. Un po’ della sua vita… GiovanniVerga nacque a Catania il 2 settembre del 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri di origini nobiliari. I genitori nel 1851 lo affidano all’insegnamento di Antonio Abate, che fa nascere in lui quel culto per i valori nazionali e unitari. I suoi primi tre romanzi d’esordio di gusto romantico ed incentrati su temi storico-patriottici sono: Amore e patria (narra un episodio della guerra d’indipendenza americana); I carbonari della montagna (incentrato sul patriottismo che guida la rivolta dei carbonari calabresi contro i francesi di Murat); e Sulle lagune (narra la storia d’amore impossibile di un ufficiale ungherese con una donna veneziana, sullo sfondo dell’occupazione asburgica nelVeneto). Tra il 1865 e il 1870Verga compie numerosi viaggi a Firenze, dove ha la possibilità di frequentare ambienti intellettuali e mondani. Nel 1866 pubblica Una peccatrice, dove racconta la vicenda del giovane Pietro Brusio che si trasferisce a Catania per amore di Narcisa e che giunge alla fama come scrittore, mosso dal desiderio di conquistarla, ma a un breve idillio segue la disillusione: Narcisa dopo essersi rea conto che nel cuore di Pietro alla passione è subentrata l’indifferenza, si suicida avvelenandosi. Il successo letterario perVerga giunge con la pubblicazione del romanzo epistolare Storia di una capinera, incentrato sulle disavventure di una giovane costretta alla monacazione che, impossibilitata a vivere il suo amore, si abbandona ad una follia che la porterà alla morte. Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con il movimento della Scapigliatura. Negli anni successivi vengono pubblicati altri tre romanzi di ambientazione borghese: Eros, dove racconta del degradante viaggio nel eros di un nobile che si conclude con il suicidio; Tigre reale, incentrato sulle vicende di un giovane aristocratico diviso tra la passione per Nata e la moglie; ed Eva che narra la storia della passione infelice della scrittore Enrico Lanti.
  • 10. Nel 1874 pubblica Nedda, bozzetto che si incentra sulla vita di stenti di un’umile raccoglitrice di olive della piana di Catania che, concepisce una bambina con il giovane Janu. Successivamente Nedda vedrà morire prima il giovane amato colpito dalle febbri malariche e poi la sua bambina, vittima della miseria. Nel 1878 ci sarà la pubblicazione di Rosso Malpelo dove c’è un eclissi totale dell’autore e risulta esserci anche l’impiego di un narratore popolare. Successivamente dà alle stampe i suoi capolavori:Vita dei campi (1880) e I Malavoglia (1881). Nel 1883 torna nel verismo con le Novelle rusticane, dopo di che seguirà un periodo d’interesse per il teatro, fino al 1893 quando tornerà nella sua città natale, da cui si allontanerà solo per i viaggi legati alla sua attività di scrittore. Come nel 1903 quando viene rappresentato a Milano il dramma dal tuo al mio, quest’opera testimonia un visione sociale conservatrice e sempre più pessimista da parte dello scrittore. Nel 1920 viene nominato senatore del Regno, trascorre gli ultimi anni della sua vita isolato ed in solitudine fino alla sua morte che ci sarà il 27 gennaio del 1922.
  • 11. La donna umile nei Malavoglia Mena, diminutivo di Filomena, è una delle protagoniste del romanzo. E’ una ragazza giovane, nipote di padron ‘Ntoni e figlia di Bastianazzo e della Longa, cheVerga ci descrive con queste parole: "La Mena entrava nei diciassett'anni, e cominciava a far voltare i giovanotti quando andava a messa". Fin dall'inizio del romanzo viene delineato il suo carattere pacifico “Ella era giudiziosa come sua madre” sottomesso alla volontà della famiglia: questa è la prima descrizione che di lei viene data: “Mena soprannominata «Sant’ Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»”. Dopo la morte della madre, sarà lei a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore, Lia. Subisce molto l’influenza della società del suo tempo, tanto che alla fine non sposerà Alfio, pur avendone la possibilità, temendo che si torni a parlare della fuga della sorella Lia. In conclusione possiamo dire che il personaggio, nel corso delle vicende narrate daVerga, mantiene una certa staticità dovuta soprattutto ad un carattere troppo fragile ed alle condizioni in cui si trova la società in cui la protagonista vive, Mena deve affrontare il matrimonio con un uomo che non ama, ma non oppone resistenza, in quanto sono i suoi genitori che scelgono per lei. Inoltre Mena non riesce a prendere decisioni personali senza farsi influenzare pesantemente dalle "chiacchiere di paese".
  • 12. Il rapporto con Brasi Cipolla l suo promesso sposo è Brasi figlio di padron Cipolla “Il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano con gli occhi”. Mena non è contenta di questo matrimonio, ma non si oppone alla festa di fidanzamento. Dopo poco tempo le condizioni economiche dei Malavoglia entrano in crisi e padron ‘Ntoni è costretto a vendere la casa del Nespolo allo zio Crocifisso, con conseguente umiliazione ed emarginazione della propria famiglia. Il matrimonio allora va a monte, “Mena però era tranquilla, e s’era rimessa la spadina d’argento nelle trecce da se stessa, senza dir nulla. [...] Sua madre la covava cogli occhi, mentre lavorava accanto a lei, e l’accarezzava col tono della voce, quando le diceva: - Dammi la forbice, o, tiemmi la matassa - che se la sentiva nelle viscere, la sua figliuola, ora che tutti le voltavano le spalle; ma la ragazza cantava come uno stornello, perché aveva diciotto anni, e a quella età se il cielo è azzurro vi ride negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore. Per altro il cuore non ce lo aveva mai avuto per quel cristiano, lo disse all’orecchio della mamma, mentre ordinavano la trama”.
  • 13. Il rapporto con Alfio L’amore tra Alfio e Mena, due tipici “vinti” verghiani, si tinge nel corso del romanzo di malinconia e di amarezza. Dapprima la ragazza si sacrifica alla religione della casa e rinuncia all'amore per Alfio, che è solo un povero carrettiere, per seguire la volontà del nonno che vorrebbe sposarla a Brasi Cipolla (figlio di padron Cipolla, il benestante del paese). Poi il matrimonio va a monte, ma intanto Alfio ha lasciato il paese e con molti sacrifici è riuscito a migliorare la propria condizione economica. Dopo otto anni torna ad AciTrezza ed il seguente passo, tratto dal capitolo finale del romanzo, sottolinea cambiamento di Alfio: “Giacché tutti si maritavano,Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia s’era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo. Anche lei guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: – Se voi mi volete ancora, comare Mena, – disse finalmente; – io per me son qua. La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella. – Ora sono vecchia, compare Alfio, – rispose, – e non mi marito più”. Ella rifiuta, prima nascondendo il motivo, poi dichiarando di non voler far parlare male di nuovo della sorella.
  • 14. Concludendo «La morale batte l’amore» Tempo fa come si può osservare il nucleo familiare era all’apice della considerazione, un esempio lo danno i Malavoglia, dove viene proprio esaltata la tradizione familiare. In particolare, la storia di Mena, membro dei Malavoglia, rientra ancor di più nel contesto. Per il bene della famiglia, infatti, essa dovrà rinunciare all’amore due volte. La prima perché obbligata a sposare un signorotto del luogo come tentativo di risvolto economico; la seconda per non infangare nuovamente la sua famiglia in relazione ad eventi avvenuti in passato. Mena si dimostra perciò attaccata alla famiglia portando avanti i propri valori morali per il bene della stessa, rinunciando addirittura ai sentimenti propri.