Il progetto per il corso di Organizzazione e gestione degli eventi culturali con il Prof. Philippe Daverio all'Università IULM.
Il compito era quello di ideare un evento culturale di nostro interesse. Gli autori di questo documento hanno pensato ad una mostra d'arte, meno usuale e più esperenziale, che abbia come tema il fenomeno del falso nell'arte....
MUSEI S.P.A. di Giovanni N. Ciullo per D Supplemente del sabato di RepubblicaFrattura Scomposta
Qualcuno sostiene
che “con la cultura
non si mangia”, ma
questo sembra essere
vero solo per la
dieta italica. Soprattutto
quando si parla
di musei, e in quel campo l’abisso
fra i caterpillar internazionali (diventati
vere S.p.A, società per azioni con
super fatturati e indotto a tanti zeri) e
i carrozzoni di casa nostra è sempre
più evidente.
Camden Market, Londra: shopping center alternativoMarco Tirelli
Un microcosmo di oltre 700 negozi e bancarelle accomunati dalla presunta fede alternativa, ribelle e controcorrente, che rappresentano un luogo commerciale molto lucrativo da cui trarre esempio.
Non fosse per le riflessioni di due iconoclasti degli iconoclasti, Joseph Heath e Andrew Potter, la Londra alternativa che si aggrega nell’area fra l’High Street e la Chalk Farm Road di Camden Town ci avrebbe forse turbato con le sue atmosfere a dir poco inquietanti. Al luogo non mancano i “weird characters”: dal predicatore pazzo che annuncia il ritorno punitivo di Cristo al drug dealer che vi bisbiglia qualcosa sulla sua marijuana, sino a Prince Albert, che in alternativa alla monotonia di un lavoro regolare si è coperto il viso e il corpo di centinaia di piercing allo scopo di farsi immortalare dagli inorriditi turisti. In sintesi, si può affermare che quel che accade in questo quartiere rappresenta un altro caso eccellente di retail marketing da cui v’è molto da imparare. Certo, il luogo pullula degli apparenti paradossi così tipici dell’odierna cultura di consumo, ma s’ispira al contempo all’antico precetto per cui “pecunia non olet”. Piaccia o no ai puristi, teorici dell’accademia, siamo di fronte a uno shopping center per antonomasia, a un posto bizzarro fin che si vuole, astratto dalle regole manualistiche, ma pur sempre un luogo commerciale molto lucrativo da cui trarre esempio.
Il progetto per il corso di Organizzazione e gestione degli eventi culturali con il Prof. Philippe Daverio all'Università IULM.
Il compito era quello di ideare un evento culturale di nostro interesse. Gli autori di questo documento hanno pensato ad una mostra d'arte, meno usuale e più esperenziale, che abbia come tema il fenomeno del falso nell'arte....
MUSEI S.P.A. di Giovanni N. Ciullo per D Supplemente del sabato di RepubblicaFrattura Scomposta
Qualcuno sostiene
che “con la cultura
non si mangia”, ma
questo sembra essere
vero solo per la
dieta italica. Soprattutto
quando si parla
di musei, e in quel campo l’abisso
fra i caterpillar internazionali (diventati
vere S.p.A, società per azioni con
super fatturati e indotto a tanti zeri) e
i carrozzoni di casa nostra è sempre
più evidente.
Camden Market, Londra: shopping center alternativoMarco Tirelli
Un microcosmo di oltre 700 negozi e bancarelle accomunati dalla presunta fede alternativa, ribelle e controcorrente, che rappresentano un luogo commerciale molto lucrativo da cui trarre esempio.
Non fosse per le riflessioni di due iconoclasti degli iconoclasti, Joseph Heath e Andrew Potter, la Londra alternativa che si aggrega nell’area fra l’High Street e la Chalk Farm Road di Camden Town ci avrebbe forse turbato con le sue atmosfere a dir poco inquietanti. Al luogo non mancano i “weird characters”: dal predicatore pazzo che annuncia il ritorno punitivo di Cristo al drug dealer che vi bisbiglia qualcosa sulla sua marijuana, sino a Prince Albert, che in alternativa alla monotonia di un lavoro regolare si è coperto il viso e il corpo di centinaia di piercing allo scopo di farsi immortalare dagli inorriditi turisti. In sintesi, si può affermare che quel che accade in questo quartiere rappresenta un altro caso eccellente di retail marketing da cui v’è molto da imparare. Certo, il luogo pullula degli apparenti paradossi così tipici dell’odierna cultura di consumo, ma s’ispira al contempo all’antico precetto per cui “pecunia non olet”. Piaccia o no ai puristi, teorici dell’accademia, siamo di fronte a uno shopping center per antonomasia, a un posto bizzarro fin che si vuole, astratto dalle regole manualistiche, ma pur sempre un luogo commerciale molto lucrativo da cui trarre esempio.
Esempio di spazio assediato dalle merci, non esistono pareti, solo vetrine. Ci si può ancora sedere su una panchina, ma solo se si è fortunati. Anche i bagni sono a pagamento
Pagine di Moda: Maria Canella ed Elena Puccinelli, Centro MIC Università degl...Sergio Primo Del Bello
Giornate di studio nell’ambito del progetto nazionale
“Archivi della moda del Novecento”, Milano, 7 marzo 2013
" 'Archivi della moda del Novecento'. Gli archivi dell’editoria femminile e di moda", Maria Canella e Elena Puccinelli, Centro MIC Università degli Studi di Milano
Info e programma: http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?news=convegno-pagine-di-moda
Progetto Archivi della Moda: http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/
Videoregistrazione dell'intervento: https://vimeo.com/album/2307514/video/61964970
Album fotografico:
https://picasaweb.google.com/117290793877692021380/ConvegnoPagineDiModaMilano2013?authuser=0&feat=directlink
Un viaggio alla scoperta delle ricche collezioni di circa 50 musei e archivi d'impresa italiani: e' la mostra gratuita 'Che storie! Oggetti miti e memorie', aperta dall'11 aprile al 12 maggio, al Palazzo della Ragione di Milano. L'esposizione e' promossa dal Comune di Milano e da Museimpresa e organizzata in occasione del Salone del Mobile.
La mostra, patrocinata dal Ministero dei Beni Culturali e da Assolombarda è stata realizzata grazie alla collaborazione di MinaDesign (azienda specializzata nella creazione di prodotti e accessori di design per il food e il beverage), e' un tuffo negli ultimi 100 anni di storia attraverso materiale filmico e fotografico, oggetti e prototipi, bozzetti, manifesti, lettere e disegni provenienti dalle collezioni delle piu' importanti aziende del nostro Paese, tra cui Campari, Branca, Martini, Barilla, Piaggio, Pirelli, Ducati, Ferrari, Alfa Romeo, Ferragamo, Borsalino, Alessi, Guzzini, Kartell.
Museums in a troubled age - Progettare l'immagine digitale e non di un museo...Maria Elena Colombo
Come si costruisce l'identità visiva di un museo?
Quali domande è necessario porsi?
Quali i temi, le suggestioni, le scelte tecnologiche che compongono il quadro attuale?
Ho proposto questo percorso di riflessione, racconto e confronto agli studenti del Corso di Design della comunicazione del Politecnico di Milano.
La Stampa: Maxi biblioteca della Storia nel nuovo Polo del NovecentoGianguido Passoni
Entro fine anno verrà inaugurato negli ex Quartieri Militari juvarriani del quadrilatero San Celso e San Daniele a Torino il Polo del 900 con 12 Istituti storici e 300mila volumi.
Breve storia della Pubblicità - Il secolo dell'Arte (1880-1980)Hydrogen Branding
Quello del pubblicitario è forse il secondo mestiere più antico del mondo.
Fin dagli albori della civiltà, le persone hanno avvertito il profondo desiderio di comunicare e di far sapere agli altri che cosa gli frullasse per la testa.
Una delle cose più difficili però, è sempre stata quella di risultare più interessanti degli altri. In un marasma di linguaggi e parole bisogna catturare l’attenzione per poter parlare a quante più persone possibili.
Andremo alla scoperta della pubblicità dall’età Classica alla Seconda Rivoluzione Industriale. Curioseremo qua e la per trovare qualche annuncio pubblicitario vecchio di secoli. Magari quell’offerta di carta da papiro egiziano, prendi 3 paghi 2, è ancora valida…
Esempio di spazio assediato dalle merci, non esistono pareti, solo vetrine. Ci si può ancora sedere su una panchina, ma solo se si è fortunati. Anche i bagni sono a pagamento
Pagine di Moda: Maria Canella ed Elena Puccinelli, Centro MIC Università degl...Sergio Primo Del Bello
Giornate di studio nell’ambito del progetto nazionale
“Archivi della moda del Novecento”, Milano, 7 marzo 2013
" 'Archivi della moda del Novecento'. Gli archivi dell’editoria femminile e di moda", Maria Canella e Elena Puccinelli, Centro MIC Università degli Studi di Milano
Info e programma: http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?news=convegno-pagine-di-moda
Progetto Archivi della Moda: http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/
Videoregistrazione dell'intervento: https://vimeo.com/album/2307514/video/61964970
Album fotografico:
https://picasaweb.google.com/117290793877692021380/ConvegnoPagineDiModaMilano2013?authuser=0&feat=directlink
Un viaggio alla scoperta delle ricche collezioni di circa 50 musei e archivi d'impresa italiani: e' la mostra gratuita 'Che storie! Oggetti miti e memorie', aperta dall'11 aprile al 12 maggio, al Palazzo della Ragione di Milano. L'esposizione e' promossa dal Comune di Milano e da Museimpresa e organizzata in occasione del Salone del Mobile.
La mostra, patrocinata dal Ministero dei Beni Culturali e da Assolombarda è stata realizzata grazie alla collaborazione di MinaDesign (azienda specializzata nella creazione di prodotti e accessori di design per il food e il beverage), e' un tuffo negli ultimi 100 anni di storia attraverso materiale filmico e fotografico, oggetti e prototipi, bozzetti, manifesti, lettere e disegni provenienti dalle collezioni delle piu' importanti aziende del nostro Paese, tra cui Campari, Branca, Martini, Barilla, Piaggio, Pirelli, Ducati, Ferrari, Alfa Romeo, Ferragamo, Borsalino, Alessi, Guzzini, Kartell.
Museums in a troubled age - Progettare l'immagine digitale e non di un museo...Maria Elena Colombo
Come si costruisce l'identità visiva di un museo?
Quali domande è necessario porsi?
Quali i temi, le suggestioni, le scelte tecnologiche che compongono il quadro attuale?
Ho proposto questo percorso di riflessione, racconto e confronto agli studenti del Corso di Design della comunicazione del Politecnico di Milano.
La Stampa: Maxi biblioteca della Storia nel nuovo Polo del NovecentoGianguido Passoni
Entro fine anno verrà inaugurato negli ex Quartieri Militari juvarriani del quadrilatero San Celso e San Daniele a Torino il Polo del 900 con 12 Istituti storici e 300mila volumi.
Breve storia della Pubblicità - Il secolo dell'Arte (1880-1980)Hydrogen Branding
Quello del pubblicitario è forse il secondo mestiere più antico del mondo.
Fin dagli albori della civiltà, le persone hanno avvertito il profondo desiderio di comunicare e di far sapere agli altri che cosa gli frullasse per la testa.
Una delle cose più difficili però, è sempre stata quella di risultare più interessanti degli altri. In un marasma di linguaggi e parole bisogna catturare l’attenzione per poter parlare a quante più persone possibili.
Andremo alla scoperta della pubblicità dall’età Classica alla Seconda Rivoluzione Industriale. Curioseremo qua e la per trovare qualche annuncio pubblicitario vecchio di secoli. Magari quell’offerta di carta da papiro egiziano, prendi 3 paghi 2, è ancora valida…
1. Il prodotto Italia: dalla notorietà al consolidamento
Giorgio Castoldi
“L’Italia ha il maggior patrimonio artistico-culturale del mondo”. Quante volte abbiamo sentito
ripetere questa frase?
Qualcuno cerca di rafforzare l’affermazione citando i numeri del Touring Club: 95.000 chiese
monumentali, 40.000 fra rocche e castelli, 30.000 dimore storiche con 4.000 giardini, 36.000 fra
archivi e biblioteche, 20.000 centri storici, 5.600 musei ed aree archeologiche, 1.500 conventi.
Emilio Becheri da anni osserva che per fare un paragone bisognerebbe da una parte definire meglio
l’oggetto del confronto e dall’altra disporre di dati certi da affiancare.
In realtà il punto è un altro: la famosa (e ormai un po’ stucchevole) frase è per lo più usata per
cercare di dare risposta a chi chiede come mai un’offerta così ricca dia luogo a una domanda
continuamente in calo.
La cosa interessante è che chi fornisce una giustificazione formale e retorica, in realtà finisce per
mostrare, forse involontariamente, quella vera.
Il messaggio talvolta implicito ma spesso anche esplicito è che il colpevole è chi non capisce, non
sa, non accorre, non approfitta. Insomma, il colpevole è il turista, che qualche sociologo continua a
contrapporre, nella sua miseria culturale, al ben più preparato e gradevole “viaggiatore”.
Gli aspetti discutibili di questo messaggio sono molti.
Vediamone alcuni.
Il primo è il più banale: il turismo, tutti lo riconoscono a parole, costituisce un consumo di massa e
quindi il suo mercato segue le regole del mass marketing, materia in continua evoluzione ma ormai
studiata in tutti i settori produttivi coinvolti.
In sostanza siamo ancora fermi a quel che il vecchio Kotler (il guru del marketing) stigmatizzava
circa quarant’anni fa: siamo orientati al prodotto e ci occupiamo poco di applicare la regola numero
uno del marketing, che consiste nel comprendere i bisogni dei potenziali consumatori e trasformarli
in desiderio di acquisto.
Ma c’è di più.
Un prodotto, per essere tale, per essere cioè qualche cosa di vendibile, si deve sempre comporre di
tre elementi: una materia prima, una trasformazione, una distribuzione.
E in una cultura che è arrivata al postfordismo, cioè a un modo di produrre e quindi di pensare che
ha perso le sue connotazioni di organizzazione di tipo manifatturiero, sempre più legata al servizio e
inevitabilmente votata dalle delocalizzazioni alla ricerca del servizio creativo, si parla addirittura di
società liquida, cioè di una società che, come l’acqua, non ha forma, ma assume di volta in volta
quella dei contenitori.
In una situazione del genere il valore della materia prima, nella creazione del prodotto, è sempre più
irrilevante. In un paio di scarpe che, già imballate, escono dalla Malaysia a 2,70 dollari e in Europa
sono vendute a più di 100 euro è evidente che non solo la materia prima, ma anche il processo di
trasformazione non valgono quasi nulla.
E il nostro famoso patrimonio artistico altro non è che materia prima.
Come mai la città più visitata del mondo è Las Vegas, che di materia prima (artistica, climatica,
paesaggistica) non ha proprio nulla?
Come mai il ponte di Millau, una bella opera ingegneristica nel centro della Francia, ma pur sempre
un ponte, con il suoi due milioni e mezzo di visitatori, ha otto volte quelli di Agrigento?
Perché Lourdes ha più arrivi turistici di Roma?
L’elenco delle apparenti incongruenze potrebbe continuare a lungo.
Certo, si può dire, chi nel mondo non conosce il Colosseo e non vuole vederlo? La tour Eiffel, il
Big Ben, l’Empire State Building sono simboli noti, visti e rivisti alla televisione, al cinema, sulle
riviste, sui libri di studio.
Si può dire che hanno una bella distribuzione…
2. E costituiscono una materia prima trasformata dal fatto di essere mostrati dappertutto. Insomma,
una materia prima che diventa un prodotto-notorietà.
Quanti italiani, a Copenhagen, resistono alla tentazione di percorre l’interminabile strada del porto
che conduce a quel deludente oggetto di bronzo che è la sirenetta?
La caratteristica del prodotto-notorietà è questa. Lo si va a vedere perché è conosciuto, non se ne
può fare a meno. Come rinunciare a una fotografia che ha sulla sfondo San Pietro, in particolare
sotto la finestra da cui tutte le domeniche vediamo il Papa in televisione? E farsi ritrarre sotto il
balcone di Romeo e Giulietta a Verona? Oggi ci si può anche sposare.
Il prodotto notorietà è facile per chi lo propone: non deve fare nulla, si costruisce da solo.
Ecco, forse si potrebbe trasformare la frase riferita all’inizio proprio in questi termini: “L’Italia
assomma una quantità molto grande di elementi di patrimonio artistico culturale famosi”.
Beh, però, allora, per un americano, andare al Venice di Las Vegas, dove il Canal Grande è più
grande e ha anche l’acqua pulita è più facile, meno costoso e forse più divertente.
La notorietà è un elemento di trasformazione della materia prima facile ma ambiguo. In molti casi
volatile, come sa chi la notorietà l’ha cercata tramite film e fiction non supportate da altri elementi.
Come sanno a Salsomaggiore, la città che, pur comparendo per qualche giorno all’anno in prima
serata alla televisione grazie a Miss Italia, pur essendo citata in tutti i giornali, nonostante sia vista
da milioni di persone per ore, ancora per la maggior parte degli spettatori ha una collocazione
geografica sconosciuta.
Ma se Firenze ha “quel” Palazzo Vecchio, Venezia ha “quel” San Marco, Napoli ha “quella” Piazza
Politeama non si possono certo cambiare…
Ed ecco l’errore. Le materie prime, tutte le materie prime, come la plastica, possono essere
manipolate, formate, sformate, trasformate nei prodotti più diversi.
La Piazza Argentina di Roma non necessariamente dovrebbe essere un rifugio per gatti, la via dei
Calzaiuoli a Firenze potrebbe anche non essere il regno del fast food, del gelato e
dell’abbigliamento a basso prezzo, la Piazza Duomo a Milano potrebbe anche non ospitare
capannoni con le esposizioni più strane e ingombranti.
Forse la via tracciata da chi organizza esposizioni e mostre di successo, che fanno vedere come la
notorietà si possa consolidare se unita alla divulgazione, è quella giusta.
Forse le destinazioni turistiche, prima di proporle si potrebbe “pensarle”, applicando a esse, in
quanto prodotti, tecniche di marketing collaudate e consolidate.
Forse.