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Breve storia
della Pubblicità
Il secolo dell’Arte (1880-1980)
INDICE
Introduzione 3
Le Avanguardie 9
Il primo dopoguerra 21
Il secondo dopoguerra 32
Gli anni‘60 e‘70 40
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100 anni di pubblicità
100 anni di pubblicità
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INTRODUZIONE
Q
uello del pubblicitario è forse il secondo mestiere più antico del mondo... ça va sans dire.
Fin dagli albori della civiltà, le persone hanno avvertito il profondo desiderio di comu-
nicare e di far sapere agli altri che cosa gli frullasse per la testa.
Una delle cose più difficili però, è sempre stata quella di risultare più interessanti degli altri.
In un marasma di linguaggi e parole bisogna catturare l’attenzione per poter parlare a quante
più persone possibili.
Andremo alla scoperta della pubblicità dall’età Classica alla Seconda Rivoluzione Industriale.
Curioseremo qua e la per trovare qualche annuncio pubblicitario vecchio di secoli.
Magari quell’offerta di carta da papiro egiziano, prendi 3 paghi 2, è ancora valida…
L’ETÀ ANTICA
Il più antico annuncio pubblicitario viene dall’Antico Egitto. Si tratta di un annuncio su carta
di papiro, prodotta da un tessitore.
Una moneta d’oro a chiunque avesse trovato il suo schiavo fuggitivo. A seguire una piccola
reclame: “Il negozio del tessitore Hapù, dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il
gusto di ciascuno”. Complimenti Hapù, il tailor made è una strategia che funziona ancora oggi.
Introduzione
100 anni di pubblicità
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INTRODUZIONE
Spostiamoci in avanti di qualche secolo ed eccoci davanti al Partenone di Atene.
È l’inizio dei grandi commerci. I greci avevano colonizzato buona parte delle coste mediterra-
nee e il commercio era alla base degli incontri culturali e sociali del tempo. Potremmo dire che
già all’epoca il mercato fosse saturo e che quindi la pubblicità aiutasse a ristabilire le
sorti economiche dei commercianti. Qui la pubblicità si faceva urlando.
I grandi banditori annunciavano i loro messaggi dando fiato ai polmoni per farsi sentire in
tutta la piazza. Immaginate di dover farsi capire in mezzo ad una piazza affollatissima e piena
di mercanti. Questa tradizione sopravvive ancora oggi. In molti mercati del Mediterraneo
si trovano i famosi “cantatori” , pescivendoli e fruttivendoli, che espongono le loro merci
dando letteralmente fiato alle trombe.
A Roma, il grande Impero, le cose non andavano così diversamente rispetto agli ateniesi.
Era una cultura globalizzata, dove si parlavano molte lingue diverse. Insomma se qualcuno si
fosse messo ad urlare in mezzo ad una piazza, molto probabilmente avrebbe perso l’opportu-
nità di “comprarsi” la fidelity di qualche dignitario macedone o germanico.
Ecco allora che la pubblicità evolve in un linguaggio multiculturale e
comprensibile a tutti.
Nasce l’uso delle immagini. Cosa c’è di meglio che esporre i disegni
dei prodotti all’esterno della propria bottega? “Bella matrona! Hai visto
che melanzane ti fa trovare Claudius stamattina?”
È proprio tra gli scavi di Pompei che gli archeologi hanno trovato dei
murales con annunci pubblicitari del primo secolo dopo Cristo, espo-
sti proprio all’esterno delle botteghe.
Hapù, ci avresti mai pensato?
Ovviamente questo valeva anche per le campagne politiche. Insom-
ma per farsi eleggere in senato, le possibilità erano due, o commis-
sionare una statua nel foro, oppure appendere cartelloni per strada.
Indovinate quale dei due mezzi veniva utilizzata di più…
100 anni di pubblicità
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INTRODUZIONE
IL MEDIOEVO E IL RINASCIMENTO
È noto che al giorno d’oggi la pubblicità sia un po’ d’ovunque. Siamo bombardati da circa 3000
messaggi pubblicitari al giorno. Si tratta di una mole enorme di stimoli per il nostro cervello.
Nel Medioevo le cose non andavano diversamente. Immaginando di camminare in un borgo
di qualche secolo fa. Saremmo stati travolti da centinaia di messaggi. Quasi ogni bottega
era sovrastata da un’insegna oro, ottone o ferro battuto. Vi era una specie di rincorsa a trovare
l’insegna più bella di quella del concorrente. Falegnami, orafi e scalpellini davano sfogo alle loro
abilità di grafica. Molte autorità dell’epoca trovarono questa pratica piuttosto eccessiva.
Si cercò quindi di mitigare il fenomeno creando delle imposte sulle insegne pubblicitarie.
Oggi sono rimasti solo pochi esempi di insegne medievali e continuano ad ispirare la fantasia
di molti, sopratutto degli scrittori di libri fantasy. Chissà quanto sarà costata di tasse l’insegna di
Olivander, la famosa bottega di bacchette magiche frequentata da Harry Potter.
Per quanto riguarda l’ADV cartacea?
Per quella bisognerà aspettare l’invenzione della stampa. Nonostante il tentativo di Hapù, in-
fatti, riprodurre messaggi pubblicitari da diffondere a grandi numeri necessitava di un buon
numero di amanuensi. In seguito alla scoperta di Gutemberg, la pubblicità iniziò timidamente
ad evolvere cercando di sfruttare i caratteri mobili. Un po’ come quando i pubblicitari contem-
poranei compresero che i social network potevano essere usati anche per scopi pubblicitari.
Il primo Copywriter della storia fu William Caxton, uno stampatore inglese, che nel 1479
pubblicò un annuncio che promuoveva le cure termali a Salisbury.
Piccola curiosità, la parola inglese che oggi utilizziamo per tradurre il termine pubblicità è
“advertising”. Nasce proprio nello stesso periodo di Caxton. All’epoca con questo termine si
indicavano gli annunci dei banditori nelle piazze.
Tuttavia, bisognerà attendere ancora un secolo e mezzo prima di assistere all’invasione delle
pubblicità su carta.
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INTRODUZIONE
Nel 1600, grazie alla diffusione delle Gazzette, iniziarono a comparire i primi annunci su
commissione, comunemente chiamati réclames. Insomma i primi sponsor della storia.
Un esempio lo troviamo nella Gazzette del 1631 di Théophraste Renaudot dove troviamo un’in-
serzione dell’acqua minerale Forges.
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INTRODUZIONE
L’EVOLUZIONE OTTOCENTESCA
Per tutto il ‘700 la pubblicità aveva trovato il suo posto fisso sulla quarta pagina dei giornali.
In seguito alle due rivoluzioni industriali le cose iniziarono a mutare.
Nel 1840 in America sorsero le prime agenzie pubblicitarie, che si occupavano della mediazio-
ne tra i clienti e le redazioni dei giornali. Inoltre, con l’aumentare delle fabbriche, si diede inizio
al processo comunemente definito “consumo di massa”.
Se prima tutto veniva venduto sfuso e a peso, i produttori incomin-
ciarono a realizzare i loro prodotti in piccole dosi, come barrette di
sapone, pacchi di pasta e sigarette.
Tutto avvolto in carta stampata e timbrata. Insomma, assistiamo
alla nascita del logo design e del packaging.
Gli involucri del prodotto dovevano risultare piacevoli agli occhi,
mettendo in bella vista il marchio della casa madre.
Nello stesso periodo, le così dette “stampe pubblicitarie” iniziarono
a diventare una moda sempre più diffusa. Nelle capitali Europee
si percepiva l’aria frizzante della modernità e artisti e disegnatori
iniziarono a dare libero sfogo alla loro creatività grazie a questo vei-
colo.
Si trattava di un modo più economico per far lavorare gli artisti. La
realizzazione di una stampa aveva delle spese di commissioni più
basse rispetto a quelle di un quadro.
Questi manifesti sono considerati ancora oggi di grande pregio e
molti di essi sono stati realizzati da artisti di chiara fama, come la
pubblicità dell’hotel diurno “Chat noir” che porta la firma di
Henri de Toulouse-Lautrec.
L’INVENTORE DEL MANIFESTO PUBBLICITARIO
La paternità di questo veicolo pubblicitario così rivoluzionario va al pittore Jules Chéret.
Egli comprese al volo l’importanza che aveva l’immagine e la sua capacità di attirare l’attenzio-
ne più delle parole.
Fu così che in vita realizzò più di mille manifesti, contribuendo a trasmettere quella che ormai
era diventata una forma d’arte. Per la prima volta nella storia, la pittura era entrata in dialogo
con le masse del popolo. Le raffinate arti visive, trovarono una culla perfetta al termine delle
rivoluzioni industriali. Apprezzate da tutti, comprate da ciascuno.
Al nobile Chéret va anche il “merito” di aver introdotto le donne al mondo della pubbli-
cità. La raffigurazione femminile sui manifesti pubblicitari nasce proprio grazie a lui.
Tornée du Chat Noir, Théophile Alexandre Steinlen, 1896
100 anni di pubblicità
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INTRODUZIONE
La scelta di questo elemento deve le sue origini alle correnti artistiche del tempo. Il Romanti-
cismo e il Neoclassicismo, infatti, ponevano il femminile al centro del loro linguaggio artistico.
Basti pensare a “La libertà che guida il Popolo” di Eugène Delacroix dove una donna raffigurante
la libertà e la patria guida il suo Popolo con un seno scoperto, oppure a “La colazione sull’erba”
di Manet dove una ragazza conversa con due giovani borghesi e ci guarda senza vergognarsi
del suo corpo nudo.
Insomma la pubblicità è stata per secoli il motore principale della comunicazione.
Ancora oggi, grazie all’invenzione di radio, televisori e computer, continua ad essere uno degli
elementi più presenti nella nostra vita.
La libertà guida il popolo, Eugéne delacroix, 1830 La colazione sull’erba, olio su tela, Édouard Manet, 1863.
100 ANNI DI PUBBLICITà
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Le Avanguardie
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LE AVANGUARDIE
L
a storia profuma di vita. Non è una semplice affermazione dal tono poetico e ridon-
dante. Si tratta di un dato di fatto. La morte non ha colto ciò che osserviamo in quei
vecchi filmati sgranati in bianco e nero, la musica che ascoltiamo, i quadri chiusi nei
musei come conchiglie nella mano di un bambino sulla spiaggia quale tesoro inesti-
mabile di una fruttuosa giornata al mare.
Tutto è vivo e profuma di vita. La storia è scritta sulla nostra pelle, nel nostro DNA sociale. I gran-
di artisti del passato camminano con le nostre gambe e continuano a sussurrarci nell’orecchio
parole d’arte, di passione infuocata e futuro.
La pubblicità negli ultimi secoli è cresciuta grazie anche agli sviluppi economici e socioculturali
avvenuti dalla seconda metà del diciannovesimo secolo in poi.
La comunicazione è insita nel DNA umano e subisce gli influssi della storia. Il messaggio pub-
blicitario incarna la vita di un’epoca ed è quindi indispensabile parlare della sua storia, partendo
proprio dall’analisi e lo studio di tutto ciò che ruotava intorno ad essa. Economia, musica, pittu-
ra, scienza. Tutto è utile per scoprire e soprattutto capire cos’è la pubblicità e da dove essa pro-
viene. L’arte è bellezza e a noi non basta mai.
“La bellezza salverà il mondo” esclamava il
principe Miškin nel romanzo “L’idiota” di Do-
stoevskij. Era il 1869 e il mondo era alle
porte di quella che per sempre sarà ricor-
data come l’Epoca Bella .
Il nostro viaggio inizia qui, o meglio, inizia in
quest’epoca in un punto preciso del Pianeta.
In un giardino: “Un angolo del parco nella pro-
prietà di Sorin. Un largo viale che conduce in
fondo al parco, verso il lago, è sbarrato da un
palcoscenico improvvisato per uno spettacolo di
famiglia, che nasconde la vista del lago.
A destra e a sinistra del palcoscenico alcune
Le Avanguardie
Nordic Summer Evening,
Richard Bergh, 1899
100 anni di pubblicità
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LE AVANGUARDIE
piante. Sedie, un tavolino. Il sole è appena tramontato. Sul palcoscenico, dietro il sipario abbassato,
Jakov e altri operai; si odono colpi di martello e di tosse. Maša e Medvèdenko giungono da sinistra, di
ritorno da una passeggiata.”
C’è da ammettere che si è trattata di una piccola bugia, questo luogo non è realmente esistito.
Al contrario è esistito nell’immaginazione di uno dei più grandi drammaturghi del ‘900, Anton
Čechov. Nel 1896 scrisse una sceneggiatura intitolata “Il gabbiano”, mettendo in scena amori e
drammi della borghesia russa a lui contemporanea. Quello che avete letto è la descrizione della
composizione scenica del primo atto.
Tutto avviene en plein air, in questo parco, cornice di feste serali e godimento, è l’icona della
Belle Époque.
IN PRINCIPIO L’UOMO INVENTÒ IL MOTORE…
Ci troviamo al termine della Seconda Rivoluzione Industriale. Grazie alla scoperta del moto-
re a scoppio avvenuta nel 1856, la società occidentale inizia a dare un’accelerata al progresso
e alla produzione.
Col termine Belle Époque si indica un periodo storico piuttosto lungo che va dal 1870
al 1914.
Le grandi monarchie feudali sono ormai un lontano ricordo grazie all’avanzare delle idee illu-
ministiche che portarono alla Rivoluzione Francese e a quelle napoleoniche che si diffusero in
tutta Europa con le conquiste di Napoleone Bonaparte.
La scena culturale ed economica è dominata dalla ricca borghesia che gode di diritti democra-
tici e illuminati.
La stabilità culturale è accompagnata da una certa stabilità economica, le monete sono colle-
gate al valore dell’oro e la svalutazione è un fenomeno sconosciuto. In quel periodo un franco
resta tale per tutta la vita.
Mentre la potenza industriale delle nazioni europee continua a crescere, iniziano a sorgere le
prime grandi realtà coloniali. Non a caso il ministro delle colonie britanniche, Joseph Cham-
berlain, durante un discorso tenuto alla camera dei Lord nel 1895 afferma che l’era degli stati è
giunta al termine, questo è il tempo degli imperi.
È così che Inghilterra, Francia, Austria e Germania diventano i principali produttori ed esporta-
tori del tempo.
Ma non finisce qui. Parigi e Vienna vengono investite del titolo di capitali della scienza, dell’ar-
te, della moda e della cultura. Ci troviamo in un periodo di fermento scientifico ed eccitazione.
Come in un grande e movimentato Can Can si danno alla luce: le automobili (1886), la radio (1890),
il cinema (1895), i raggi X (1895), la psicoanalisi (1899), i vaccini di massa (1901) e l’aereo (1903).
A Parigi dal 1870 nasce la scuola d’arte che per importanza è paragonabile al Rinascimento
fiorentino, l’Impressionismo. Che chiama a se artisti del calibro di Picasso, Degas e Monet.
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LE AVANGUARDIE
Inoltre, con l’aumentare delle fabbriche, si da inizio al processo comunemente definito
“consumo di massa”. Se prima tutto veniva venduto sfuso e a peso, i produttori incominciano
a realizzare i loro prodotti in piccole dosi, come barrette di sapone, pacchi di pasta e sigarette.
Tutto avvolto in carta stampata e timbrata.
Insomma, assistiamo alla nascita del logo design e del packaging.
Gli involucri del prodotto devono risultare piacevoli agli occhi, mettendo in bella vista
il marchio della casa madre.
Certamente è un’epoca dolce per i privilegiati del potere e del denaro. Per gli aristocratici che
affollano i numerosi café delle capitali. Le frontiere possono essere attraversate facilmente e
senza passaporto grazie alle forti alleanze tra gli imperi. Agevolando così la veicolazione di
merci e idee.
La dolcezza di questa’epoca trova il suo naturale riflesso all’interno dello “Stile Liberty”, che
spopola tra il 1890 e il 1910. Pittura, architettura e grafica subiscono le influenze di queste linee
ornamentali e dinamiche. La Primavera ricopre di vita nuova ogni elemento artistico.
Persino le grafiche pubblicitarie, con i loro font arrotondati, i colori sgargianti e le cornici floreali,
diventano manifesti non solo di un semplice messaggio pubblicitario ma di una vera e propria
corrente artistica.
Le stamperie del tempo diventano un fermento d’Arte, dove l'inchiostro si lega alla creatività
per farsi veicolo di comunicazione.
A sinistra:
Manifesto L'Exposition
d'art décoratif der Galeries,
Poirel, Camille Martin,
1894
A fianco:
San Vito a Praga, vetrata,
Alfons Mucha, 1931
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LE AVANGUARDIE
Ogni stampa, dalla decorativa alla pubblicitaria, viene realizzata come un pezzo unico,
un disegno fatto a mano. Standardizzata soltanto dalla portata del ciclostile. Insomma, è que-
sta l’epoca in cui si pongono le basi di una vita nuova.
…POI CREÒ GLI OPERAI…
Il grande fermento industriale cambia radicalmente la società del tempo. Se da un lato la bor-
ghesia gode di stabilità economica e culturale, dall’altra parte la popolazione più povera
continua a subire la propria condizione.
In un epoca dove l’igiene, la scoperta dei batteri e i vaccini hanno abbassato notevolmente il
tasso di mortalità, assistiamo ad una vera e propria esplosione demografica.
L’Europa vede aumentare la propria popolazione da 180 a 460 milioni di abitanti tra il 1880 e il 1900.
La costruzione e il mantenimento delle fabbriche necessita di un gran numero di operai.
È così che assistiamo in quel periodo ad un graduale spopolamento delle campagne a favore
dei centri industriali. La vita operaia è dura e funzionale alla sola produzione della macchina
industriale. Tra i poveri e i privilegiati la piccola borghesia, fatta di commercianti e piccoli
imprenditori, funge da ponte tra le due realtà. Assorbendo il disagio dei più deboli e le ambi-
zioni dei nobili.
In questa fascia “cuscinetto” della società si da il via al fenomeno delle così dette avanguardie.
Cosa sono le avanguardie?
Il termine avanguardia appare per la prima volta nel “De bello gallico” di Giulio Cesare.
Le avanguardie erano gruppi di soldati che precedevano le legioni in battaglia. Fungevano in
un certo senso da campioni per testare le capacità belliche del nemico. Inutile precisare che
erano quelli che al termine della battaglia tornavano a casa spennati, per così dire.
Immaginate di trovarvi alle sette del mattino di qualche decennio fa, in una città della Pianura
Milano Museo del ‘900,
Il quarto stato, olio
su tela, Giuseppe Pellizza
da Volpedo, 1901
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LE AVANGUARDIE
Padana. Ci saremmo trovati davanti ad un mare di biciclette pronte a varcare i cancelli delle
fabbriche. Quelle centinaia di persone viaggiavano tutte dirette verso la stessa direzione, in
maniera più o meno ordinata. Questa è quella che viene definita una massa.
Gli avanguardisti del tempo, dunque, si trovano a dialogare con gli ambienti culturali più alti nei
salotti e café, comunicando il disagio e la sofferenza di un popolo in cammino. Questo perché
gli artisti avanguardisti non precedono più le legioni ma una massa.
Siamo negli anni ’90 del 1800 e inizia adesso la sfida della comunicazione. In un periodo di
fermento e progresso, le masse camminano verso un’unica direzione.
Se dunque le avanguardie iniziano a guidare la società. Alla pubblicità andrà il compito
di essere, appunto, all’avanguardia.
…POI SI RIPOSÒ.
Svago, cabaret, vita notturna . Grazie alla diffusione della corrente elettrica, le strade delle
grandi città iniziano a popolarsi di vita notturna.
Potremmo quasi affermare che la “movida” sia un genere di divertimento nato in quegli anni.
Si passa da un locale all’altro, si balla, si beve e si incontrano gli amici. Nulla è cambiato.
NewYorkGuggenheim
Museum,Moulindela
Galette, olio su tela, Pablo
Picasso 1900.
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LE AVANGUARDIE
Il brio elettrizzante di questo entusiasmo avvolge tutta la società, compresi gli artisti avanguardisti.
Lo scopo di molti pittori del tempo è quello di raccontare questa eterna “domenica della vita”
con la gioia di chi rinasce in un universo tutto da scoprire fra sapori materici e brillii luminosi.
Unadomenicachesedaunlatoèspessoripetitivaenoiosaperlanobiltà,comequellarappresenta-
ta da Čechov, dall’altro è l’unico giorno di libertà concesso alla piccola borghesia e ai proletari.
Anche il mondo dell’arte è colto con piacere da questo stile di vita rilassato e amichevole, per
questo motivo alle grandi commissioni artistiche di Chiese e sovrani, pittori e scultori preferiro-
no dare voce alla loro verità interiore.
Una verità ibrida tra povertà e nobiltà, tra cultura e ignoranza. Cambia così il loro linguaggio
artistico. Non trasmettono più immagini nobili e celestiali, ma portano fuori di se ciò che è vivo
dentro i loro cuori. Immagini offuscate, spazi annebbiati da fasci di luce, forme irregolari.
New York, Metropolitan
Museum of Modern Art,
“Classe di danza“, olio su
tela, Edgar Degas 1871.
Musée d’Orsay, I papaveri,
olio su tela, Claude Monet,
1873
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LE AVANGUARDIE
Perché la voce del cuore non rispetta il vocabolario e la grammatica reazionaria.
Chi li aiuterà in questo percorso di esplorazione del proprio io e dei loro sentimenti, sarà un
medico viennese, Sigmund Freud, che nel 1899 pubblica “L’interpretazione dei sogni”, il testo
che darà vita al nuovo studio della psiche.
La nascita della psicoanalisi nel 1899 è forse una delle più grandi scoperte dell’umanità.
L’essere umano, una volta presa coscienza delle proprie potenzialità interiori diviene capace di
costruire un mondo ad immagine e somiglianza dei propri sogni.
L’occhio umano inizia a dilatare l’orizzonte visivo in attesa di un futuro aperto e libero,
senza barriere. Iniziano a cadere i primi tabù, grazie anche alle considerazioni di Freud su Eros e
Tanatos, intesi come fulcro portante dell’animo umano. Ecco che il sesso e il corpo divengono
un mistero sublime.
Autori come Degas posano il loro sguardo sul corpo umano come un elemento mistico.
La chiave dell’universo risiede nelle forme geometriche che sono prodotte dai movimenti di
muscoli e arti. La materia si fonde con lo spirito, il concetto teorico trova pace nella forma.
Ecco che ci vengono donate dagli autori delle istantanee sublimi prodotte dal loro occhio.
NASCE LA “PARIGI DA BERE”
L’arte e il prestigio di questi autori non smette di
stupirci. Come già accennato anche l’advertising
trova spazio in questo mondo da sogno.
La culla fertile della pubblicità contemporanea
non può che essere questo universo leggero e
spensierato. La produzione di massa inizia a per-
cepire il bisogno di comunicare ai consumatori i
loro prodotti e non c’è modo migliore che attira-
re l’attenzione con lo stesso spirito creativo che
anima gli occhi e il cuore della gente durante le
loro lunghe domeniche.
Nello stesso periodo, le “stampe pubblicitarie”
iniziano a diventare una moda sempre più diffu-
sa. Nelle capitali Europee si percepisce l’aria friz-
zante della modernità e artisti e disegnatori ini-
ziano a dare libero sfogo alla loro creatività grazie
a questo veicolo.
Si tratta di una via più economica per far
lavorare gli artisti.
Tornée du Chat Noir, Théophile Alexandre Steinlen, 1896
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LE AVANGUARDIE
La realizzazione di una stampa ha delle spese di commissioni più basse
rispetto a quelle di un quadro. Questi manifesti sono considerati anco-
ra oggi di grande pregio e molti di essi sono stati realizzati da artisti di
chiara fama, come la pubblicità della serata di cabaret “Chat noir”
del 1898, che porta la firma di Théophile Alexandre Steinlen.
Tra i grandi nomi che accompagnano le immagini pubblicitarie com-
pare anche quello del grande Henri de Toulouse-Lautrec (1864-
1901), che giunge alla consapevolezza di dedicarsi all’advertising quasi
per caso. Trasferitosi a Parigi nel 1882, si racconta che una sera, passeg-
giando per le vie di Parigi, avesse notato la pubblicità di una bottiglia
di champagne realizzata dal suo collega Bonnard. Rapito dalla poten-
za di quella immagine decise che anche lui avrebbe realizzato opere
pubblicitarie.
Ecco che anche la pubblicità si insinua nel DNA artistico del tempo,
comprendendo la necessità di offrire ai clienti forme e colori gradevoli
e affascinanti. Prende vita una pubblicità/specchio della società.
Più o meno consapevolmente gli artisti del tempo danno vita a delle réclame intrise di cultura.
La paternità di questo veicolo pubblicitario così rivoluzionario va al pittore Jules Chéret (1836-
1932). Egli comprende al volo l’importanza che ha l’immagine e la sua capacità di atti-
rare l’attenzione più delle parole.
È così che in vita realizza più di mille manifesti, contribuendo a trasmettere quella che ormai è
diventata una forma d’arte.
Per la prima volta nella storia, la pittura entra in dialogo con le masse del popolo.
Ambassadeurs: Aristide
Bruant,litografiaapennello
e spruzzo, Henri de
Toulouse-Lautrec, 1892
A sinistra:
Manifesto per la vedette
Camille Stéfani al locale
Casino de Paris, litografia,
Jules Chéret, 1891
A fianco:
Manifesto per la vedette
Lidia al locale Alcazar
d’Été, litografia, Jules
Chéret, 1895
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LE AVANGUARDIE
Le raffinate arti visive, trovano una culla perfetta al termine delle rivoluzioni industriali.
Apprezzate da tutti, comprate da ciascuno.
Al nobile Chéret va anche il “merito” dell’introduzione delle donne nel mondo della
pubblicità. La raffigurazione femminile sui manifesti pubblicitari di questo periodo
nasce proprio grazie a lui.
La scelta di questo elemento deve le sue origini alle correnti artisti-
che del tempo. Il Romanticismo e il Neoclassicismo, infatti, ponevano
il femminile al centro del loro linguaggio artistico.
Basti pensare a “La libertà che guida il Popolo” di Eugène Delacroix
dove una donna raffigurante la libertà e la patria guida il suo Popolo
con un seno scoperto, oppure a “La colazione sull’erba” di Manet
dove una ragazza conversa con due giovani borghesi e ci guarda sen-
za vergognarsi del suo corpo nudo.
Un altro degli autori più diffusi del tempo è il ceco Alfons Mucha
(1860-1939). Nelle sue opere la donna è protagonista incontrastata.
Se l’eros infatti è motore della vita, la donna è il veicolo grafico più
accattivante per attirare l’attenzione.
Sopra:
La libertà guida il popolo,
Eugéne delacroix, 1830
A fianco:
La colazione sull’erba,
olio su tela, Édouard
Manet, 1863.
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LE AVANGUARDIE
La donna non è semplicemente una funzione erotica, ma un vero e proprio archetipo
di bellezza. All’interno dei suoi ritratti pubblicitari, Mucha, rappresenta la donna con delle vive
tonalità di rosso.
C’è sempre qualche elemento tinto di rosso nei manifesti del tempo. Un vestito, un cap-
pellino, una cornice a fiori. Grazie al giovane studio sugli archetipi, il colore assume rilevanza
nella comunicazione.
Le grafiche del tempo denotano eleganza, erotismo e urgenza.
Insomma, senza aver studiato tecniche di neuro-marketing, gli artisti avanguardisti sono già
consapevoli di come toccare le corde del cuore di chi li guarda.
La pubblicità emoziona ed entra in empatia con il popolo. Da allora il concetto di marketing
resterà invariato. Si è trovata la chiave giusta per veicolare un messaggio: sogno e passione. Il
sogno diventa l’arma per accendere il desiderio nelle persone.
Il termine desiderare proviene dal latino de-sidus, provare mancanza delle stelle. Esprime un
senso di voglia, quasi erotica, verso il raggiungimento di uno scopo e di un obiettivo.
Ed è proprio alludendo al “desiderare le stelle” che nel 1910 la bevanda Cinzano lancia una
campagna pubblicitaria che praticamente parla da se. Ci racconta di una società che
sogna e spera per un futuro in grande.
Praga Mucha Museum,
Litografie pubblicitarie,
Alfons Mucha 1899 circa
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LE AVANGUARDIE
Questa è l’epoca dei sogni insomma, ma l’idillio non durerà per sempre. L’Europa sta per risve-
gliarsi da questa dolce “domenica della vita” per piombare in uno stato di buio e depressione
che durerà per molto tempo.
Cinzano, litografia
su cartoncino, Leonetto
Cappiello, 1910
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Il primo
dopoguerra
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IL PRIMO DOPOGUERRA
S
iamo davanti ad un bivio storico di lunghissima durata. Si apre un periodo nuovo,
bello e brutto insieme, un po’ come una pandemia inattesa che ci costringe chiusi in
casa a riscoprire sentimenti come la noia, la paura ma anche la vita in famiglia, tempo
per riflettere e tornare in noi stessi.
Il passaggio dalla Belle Époque all’età dei grandi conflitti mondiali si riassume in una sola
parola, addio.
L’opera, appunto intitolata "l’Addio", raffigura
una donna intenta a salutare un gruppo di
militari in partenza per la guerra.
è il 1917 e il primo grande conflitto mili-
tare  è già alle porte del suo terzo anno.
Nell’animo dell’autore persistono ancora quel-
la vivacità di colori tipiche delle avanguardie.
Il movimento della mano tratteggiato su più
punti, quasi rappresentato a rallentatore, è in-
triso di spazialità futurista.
Le forme dal tono onirico, invece, accennano
a quella che da lì a poco diverrà la nuova nar-
rativa dell’arte: il cubismo. Con le sue forme
scomposte ma squadrate, Bucci rievoca un
addio doloroso.
Addio alle notti gioiose al Quartiere Latino di Parigi.
Addio alle domeniche spensierate al Café des Artistes.
Addio alle passeggiate en plein air in Bretagna.
Addio al fuoco rivoluzionario delle nuove tecnologie.
L’unico fuoco rimasto è quello dei fucili che tra il 1915 e il 1918 terrorizza l’Europa.
A seguire solo declino e confusione.
L’addio (Saluto alle truppe),
Anselmo Bucci, collezione
privata, 1917.
Il primo
dopoguerra
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IL PRIMO DOPOGUERRA
L’epidemia di Spagnola (1918-1920), l’ascesa del Fascismo in Italia (1922), il crollo della Borsa di
Wall Street (1929), il Nazismo in Germania (1933), le persecuzioni razziali e la Seconda Guerra
Mondiale (1939-1945). Una scia di eventi drammatici che decretarono il blocco spirituale e so-
ciale dell’Europa intera.
Insomma, addio.
LA BELLE ÉPOQUE AMERICANA
Se da un lato dopo lo scoppio della Grande Guerra l’Europa inizia un
lento percorso verso il declino, in America persiste ancora un cer-
to benessere. Sembra quasi, infatti, che all’inizio del 1915, lo spirito
dell’arte e della gioia, fatte le valigie, attraversi l’ Oceano Atlantico per
approdare in America, insieme a milioni di irlandesi, italiani e polacchi,
in cerca di futuro.
Gi anni ’20 diventano per gli USA un periodo di crescita e benessere.
Un jazz sfrenato di libertà e opulenza . Gli anni ruggenti, la cui
unica sobrietà è quella imposta dal Governo che nel 1920 emana una
legge sul proibizionismo per il consumo di alcolici.
Birra a parte, la vita notturna di New York è pura follia.
Nel 2000 la Disney realizza un episodio di “Fantasia2000” interamente
dedicato a questo periodo. Sulle note di “Rapsodie in Blu” composta
da George Gershwin nel 1924, si delinea lo skyline di una New York in
espansione. È un’epoca di benessere economico.
Qui prende forma quello che sarà per sempre ricordato come il sogno
americano. Anche l’uomo della strada inizia ad investire in azioni e le
vede salire incessantemente, senza mai fermarsi, nell’arco di dieci anni,
tra il ’20 e il ’29.
Impressionato dallo sfarzo del tempo, lo scrittore Francis Scott Fitzge-
rald nel 1925 pubblica uno dei suoi romanzi più di successo “Il grande
Gatsby” . Un’opera letteraria dai toni vivaci e scandalistici. Anche
qui, sullo sfondo, un mondo in costante evoluzione. A tutti viene con-
cesso di sognare, ma sopratutto di possedere.
Nasce in questi anni l’idea di pagamento a rate.
Lo slogan “Compra oggi, paghi domani” diventa un tormentone co-
stante in pubblicità.
Il domani tanto acclamato dai copywriter del tempo, è un futuro im-
precisato ma certamente felice. Non c’è nulla che possa turbare l’entu-
siasmo della “new era” americana.
Si può acquistare di tutto. Tutti possono possedere radio, stufe, condi-
zionatori e deodoranti. Mary Garden Perfume, anni’20
Radiator company, 1926
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IL PRIMO DOPOGUERRA
Le immagini sono figlie della réclame tradizionale ma intrise di un modello socio culturale
nuovo. L’urgenza espressa dalle ripetizioni delle parole “now” e “buy” è seguita da allettanti
proposte di rateizzazioni del pagamento.
Sono realizzate a mano e ricalcano l’originalità dell’autore. Le figure, così a metà tra materico e
onirico, sono raffigurazioni realiste ma fantasiose. Esattamente come dettato dal canone arti-
stico del tempo.
Si tratta del “Precisionismo”, una corrente nata in quel periodo in America ed è una fusione tra
cubismo e realismo.
L’arte visiva trova ampio spazio anche nel cinema, dove le nuove tecniche audio e suono ini-
ziano a spopolare.
Artisti del calibro di Charlie Chaplin e il duo Stan Laureln e Oliver Hardy, prendono voce sullo
schermo e strappano un sorriso al pubblico raccontando di un mondo un po’ ingenuo ma
pienamente felice.
Nel 1928 si aprono le candidature alle elezioni presidenziali. Il repubblicano Herbert Clark Hoo-
ver, preso da insaziabile spirito di ottimismo rilascia una dichiarazione che potrebbe quasi suo-
nare come le sue ultime parole famose: “Questo è l’inizio di una nuova era per il nostro Paese. È in
atto un cambiamento senza precedenti che ci condurrà a debellare definitivamente la povertà dalla
nostra Nazione”.
È il 1928. Solamente un anno dopo Hoover salirà in carica come 31° Presidente degli Stati Uniti.
Ma il destino ha in serbo un brutto scherzo da giocare all’ottimismo degli americani.
Art Institute of Chicago Building, Nighthawks, Edward Hopper, 1942 Aucassin and Nicolette, Charles Demuth, 1926
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IL PRIMO DOPOGUERRA
SANTA CLAUS IS COMING TO TOWN
Nel 1936 un affermato Charlie Chaplin sbalordisce migliaia di spettatori in tutto il mondo cer-
cando di svincolarsi dalle morse di un macchinario infernale. Il film è “Tempi moderni” , una
critica agrodolce nei confronti delle condizioni dell’americano medio in quel periodo. Condi-
zioni non più rosee rispetto al decennio precedente.
La situazione economica americana a fine anni ’20 è ormai in caduta libera.
File di donne e uomini riempiono le piazze dei centri urbani in attesa di ricevere pacchi alimen-
tari in beneficenza.
Ma a cosa è dovuta questa crisi terrificante?
Se da un lato negli anni ’20 la crescita e l’espansione economica trovano terreno fertile, dalla
fine del 1928 in poi, l’iperproduzione inizia a rallentare gli introiti delle casse aziendali.
Si produce troppo e si vende poco.
I titoli in borsa crescono a dismisura e nel settembre del 1929 gli investitori attirati da facili gua-
dagni vendono più di 13 milioni di titoli. Tutto questo porterà alla crisi del giovedì 24 ottobre.
Il giovedì nero della borsa americana.
I numeri della crisi sono devastanti. Risparmiatori sul lastrico, speculatori senza un centesimo,
banche e imprese fallite, recessione, 13 milioni di disoccupati.
Gli USA ritirarono i propri capitali dall'Europa, portando la crisi anche nel Vecchio Continente.
È l’inizio di un nuovo periodo nero per la storia mondiale.
La grande depressione durerà oltre dieci anni, tra il 1929 e il 1939.
In questo periodo l’arte Precisionista diventa occhio privilegiato della realtà. Lo sguardo dell’ar-
tista è limitato, senza orizzonte. Ai grandi paesaggi impressionisti si sostituisce una realtà fatta
di ferro e cemento.
Clip dal film “Modern
Times, regia di Charlie
Chaplin, 1936.
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IL PRIMO DOPOGUERRA
Prevale lo studio degli interni. Studi, cucine, salotti sono i soggetti ritratti, quasi ad indicare che
ormai l’unico luogo accogliente e sicuro non è per le grandi vie parigine e viennesi, ma nell’in-
timo della propria casa.
Forme solide ma senza fondamento da cui traspare l’insensatezza della realtà.
I quadri precisionisti sono pubblicità. Arte e realismo si fondono nelle rappresentazioni di
artisti come Sheeler per raccontare una storia e parlare con il pubblico. Nelle opere precisio-
niste l’osservatore del tempo ritrova la propria vita, il disagio e l’attesa per un futuro più felice.
Insomma se la pubblicità è specchio del consumatore, Sheeler è da considerarsi il più bravo
Art Director della storia.
Sono proprio le pubblicità che attingono a questo realismo artistico per parlare al pubblico in
un periodo di crisi profonda.
In questi anni nasce l’utilizzo dei testimonial. Figure di fiducia, forti e belle, capaci di conso-
lare e ispirare il pubblico toccato dalla crisi. Sono personaggi gentili e carini.
Proprio in questo periodo “The Coca-Cola Company” ha l’idea della storia.
Già nel 1889 infatti il fumettista politico Thomas Nast aveva rilasciato diverse vignette di San
Nicola vestito di rosso intento a distribuire doni nelle case. Vi era stata una forte crisi nel paese
e il personaggio servì di conforto agli americani del XIX secolo.
Quarant’anni dopo una seconda crisi travolge gli USA e l’immagine si rende nuovamente utile
allo scopo. Fa così colpo per i colori, la dolcezza e la simpatia del personaggio che Coca-Cola
decide di utilizzare l’immagine del Santo nelle sue pubblicità. È il 1931 e Coca Cola inventa
Babbo Natale .
Ma la coca Cola non è l’unica bevanda che circola per le strade americane del tempo.
Nel 1933 infatti il Governo degli Stati Uniti ritira la legge sul proibizionismo reintroducendo
l’utilizzo degli alcolici in pubblico.
Di conseguenza torna legale sponsorizzare questo genere di bevande. Prima fra tutte compare
la Guinness con i suoi manifesti d’epoca.
A sinistra:
American landscape,
Charles Sheeler, 1930
Sopra:
Home sweet home,
Charles Sheeler, 1931
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IL PRIMO DOPOGUERRA
La compagnia di birra irlandese esplode con campagne pubblicitarie che ancora oggi deco-
rano i pub di tutto il mondo. Si alternano immagini surrealiste e precisioniste, ridonando al
prodotto un nuovo concept capace di superare la prova del tempo. Dopo anni di silenzio è ora
di ritornare sul mercato.
Ma la rivincita è tanto creativa quanto strategica. È tempo di comunicare sicurezza e vicinanza
alla popolazione e i messaggi lanciati da Guinness sono di incoraggiamento e forza.
La più famosa è la campagna che per l’intero arco degli anni ’30 accompagna le pubblicità del
prodotto, “Guinnes for strenght”, un invito a riprendere fiducia in se stessi per ricostruire ciò che
la crisi ha portato via.
Cocacola e babbo Natale,
illustrazione di Haddon
Sundblom, 1931
Campagna anni ’30 di
Guinnes for strenght, John
Thomas Young Gilroy.
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IL PRIMO DOPOGUERRA
Non manca certo un pizzico di ironia che da sempre accompagnerà
il tono di voce del brand. Tutto merito dell’illustratore inglese John
Thomas Young Gilroy.
Ma non è solo la cartellonistica ad essere protagonista della pubblicità.
La radio ha ormai conquistato le case di tutti gli americani.
In questo periodo nasce l’idea pubblicitaria della soap opera. Un rac-
conto a puntate sponsorizzate da un’azienda. Il termine “soap” deriva
proprio dall’azienda Procter and Gamble, produttrice di saponi, che ha
per prima questa idea di marketing. Una delle serie più famose è “Sen-
tieri” o “The guiding light” che a partire dal 1937 appassiona milioni di
radioascoltatori di tutto il mondo con più di 15.000 puntate.
Insomma la pubblicità diventa entertainment, per strappare un sorriso agli americani e libe-
rare le loro teste dai pensieri negativi. Nessuno può però immaginare in quell’epoca che a male
si aggiungerà presto altro male ed avrà le forme e il suono di un Kawasaki Ki-48.
L'ORA DELLE DECISIONI IRREVOCABILI
È il 1939 in Italia e un giovane Gilberto Mazzi infiamma le piste da ballo con i suoi fox trot.
È un’Italia in piena era fascista, anestetizzata dalle parole del Duce che impone ordine e rigore
ma sopratutto in economia detta la legge che “anoibastasolol’essenziale” tutto il resto è un in più.
The guiding light, dell’azienda Procter & Gamble.
Murales di David Alfaro Siqueiros, Tecpan (Guatemala)
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IL PRIMO DOPOGUERRA
“Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare sarei certo di trovare tutta la felicità” .
Insomma uno stipendio di circa 850 Euro mensili sono più che sufficienti.
Se da un lato dunque il rigore dittatoriale impone sobrietà, dall’altro la pubblicità non fa altro
che adattarsi all’ideologia. Conservando, tuttavia, quello spirito artistico che anima i mani-
festi d’epoca.
L’arte e la cultura non sono più libere ma sono in mano alla propaganda di stato. Nel 1927 gli
artisti diventano la diciassettesima corporazione della Carta del Lavoro redatta dal fascismo.
Se il di più non serve, in arte solo due sono le forme essenziali: il Muralismo e il Futurismo.
In quest’epoca di sconvolgimenti geopolitici, nel 1910 in Messico nasce il Muralismo o arte dei
murales. Si diffonde a seguito della sanguinosissima Rivoluzione Messicana che vede sconfitto
il dittatore Porfirio Diaz a favore di uno stato costituzionale e democratico.
È il movimento artistico più semplice.
Ancora oggi infatti i murales sono espressione artistica del popolo libero. Niente gallerie, niente
mecenati e niente ideologie guidate. L’arte si esprime per strada, sullo sfondo di una civiltà del
cemento in espansione.
Intorno agli anni ’30 anche l’Europa viene investita da questo movimento, finendo però per
essere messo completamente a tacere dalle dittature.
Al contrario il futurismo fascista trova la sua espressione in autori del calibro di Umberto Boc-
cioni. Forme sicure e fiere che rappresentano la rivincita dell’uomo su un passato fatto
New York Museum
of modern Art, La città che
sale, bozzetto di Umberto
Boccioni, 1910.
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IL PRIMO DOPOGUERRA
di schiavitù e dominio sui più poveri.
Come affermato dal poeta Tommaso Marinetti nel suo “Manifesto futurista” del 1909, ora è la
tecnologia a proiettare l’uomo verso le alte vette dei principii dell’uomo forte.
Non da meno l’architettura. Diventa imponente ergendosi nelle città italiane e tedesche dando
vita ad opere squadrate, precise, autorevoli e funzionali.
Ma ad essere ugualmente squadrata, precisa, autorevole e funzionale è la pubblicità del tempo.
La parola d’ordine è una sola: autarchia!
Le immagini, sono figlie di quel Futurismo e di quel Cubismo solido ed irremovibile.
I copy sono austeri e imperativi. Insomma l’arte pubblicitaria è completamente assoggettata
alle figure di Mussolini e Hitler.
Gli esponenti del Futurismo italiano sfruttano le potenzialità della comunicazione di massa,
ponendosi soprattutto al servizio della produzione industriale loro contemporanea.
Se i manifesti ideologici degli artisti futuristi vengono realizzati con le tecniche di una comu-
nicazione assertiva, dai colori forti e con un uso sapiente dei caratteri tipografici e della loro
disposizione, queste caratteristiche vengono ugualmente impiegate anche fuori dall’attività
Manifesti pubblicitari per Campari e Ilva,
Fortunato del Pero, 1927 circa.
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IL PRIMO DOPOGUERRA
artistica strettamente intesa, particolarmente in pubblicità.
La produzione seriale industriale trova dunque nel linguaggio futurista un mezzo ideale per
celebrare la modernità e la velocità, ed enfatizzare così il messaggio pubblicitario attraverso
l’efficacia della composizione artistica.
Tra i pubblicitari di maggior successo in quell’epoca troviamo Fortunato del Pero, trentino, clas-
se 1892. Artista poliedrico che collabora per tutta la sua vita con il mondo della pubblicità.
La pubblicità approda in un periodo ancor più difficile per la cultura e la pace mondiale.
Le grandi agenzie dei Mad Man americani sono ancora lontane.
Questa è l’era della volumetria, della chiarezza e pesantezza di forme...
...l’ora delle decisioni irrevocabili .
Matite Fila compongono un Fascio Littorio,
Lucio Venna, 1938
Pubblicità Fiat, Giuseppe Riccobaldi Del Bava, 1928
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Il secondo
dopoguerra
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IL SECONDO DOPOGUERRA
È
quasi silenziosa la bomba che pone fine alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo anni
di terrore e sangue, un bagliore illumina le città di Yroshima e Nagasaki. Vento caldo,
poi bruciante, poi nulla. Tutto in un attimo viene raso al suolo. È la fine di una guerra.
Il 2 settembre 1945 gli eserciti cessano di combattere.
Si apre una nuova epoca per l’umanità. Un’epoca dove il concetto di pace e di paura convivono
insieme in strana armonia nei termini “Guerra Fredda” e “Bomba Nucleare”.
Lo sviluppo economico ritorna a vivere e le antiche monarchie europee cedono il passo alla
democrazia repubblicana.
Un’evoluzione e un progresso lontani però dagli sfarzi e gli eccessi della belle époque o dagli
anni ruggenti americani.
Il mondo riprende a camminare velocemente verso il progresso ma lo fa silenziosamente.
Come se quei sei anni di guerra e bombe avessero impresso una ferita profonda nel cuore
dell’umanità. Ai ritmi coinvolgenti del jazz, si sostituiscono quelli più pacati e lenti della
musica soul e blues .
Ogni militare in quel periodo si spoglia della
divisa per ritornare a indossare gli abiti bor-
ghesi, cercando di lasciare indietro gli anni di
terrore. Ma un vuoto persiste, incolmabile e
inspiegabile nell’animo delle persone.
La guerra era finita fuori ma restava ancora
viva dentro di loro.
Così l’umano assiste da spettatore passivo
alla fine di una guerra difficile e drammatica,
come un uomo che guarda fuori dalla finestra
in cerca di un orizzonte che non riesce più a
trovare.
È l’inizio del secondo dopoguerra.
Office in a small city, Edward Hopper, 1953.
Il secondo
dopoguerra
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IL SECONDO DOPOGUERRA
LA RINASCITA
La fine della Seconda Guerra Mondiale restituisce all’Europa un volto completamente modifi-
cato sia nell’animo che al di fuori di esso. I giochi geopolitici mutano definitivamente e i confini
geografici iniziano a prendere quella forma che conosciamo ancora oggi.
Due blocchi contrapposti prendono piede sulla scena del mondo. È l’epoca delle grandi dichia-
razioni di pace e dei diritti umani ma è anche l’epoca di muri e divisione.
Ci si guarda ancora da lontano con diffidenza e spirito critico.
Dalle macerie dei bombardamenti si inizia a costruire ciò che si era perso.
Il 5 giugno 1947 il Segretario degli Stati Uniti George Marshall, dichiara che il primo passo da
fare è quello di aiutare l’Europa a rinascere. È così che da quell’anno fino al 1951 lo Stato Federa-
le versa ai paesi del Vecchio Continente 13 miliardi di dollari utilizzati per la costruzione. Espor-
tando di fatto il benessere e insieme ad esso le dottrine economiche a stampo capitalistico.
Per tutti gli anni ’50 c’è un susseguirsi di date fondamentali per la politica mondiale.
Nel 1945 viene istituita l’ONU.
Nel 1947 in Europa nasce il GAT, il primo accordo dei paesi per la circolazione di merci con una
tariffa fissa sulle dogane.
Nel 1951 viene istituita la CECA, Comunità del Carbone e Acciaio, per poi diventare nel 1957 la
CEE, Comunità Economica Europea.
Nel giro di pochissimi anni l’Europa torna a respirare e la Germania dell’Ovest diventa la prima
potenza economica del continente. Pur essendo divisa in se stessa dalla dominazione a Est
dello Stato Sovietico.
Se da un lato, quindi, la Russia continua a dominare su tutto l’Oriente Europeo, l’Occidente con-
tinua a industrializzarsi in maniera quasi uniforme.
Persino l’Italia nel suo piccolo diventa fulcro della rinascita, grazie alla sua posizione strategica
nel Mediterraneo e all’industrializzazione del Meridione.
Ma sono gli Stati Uniti ad essere il protagonista principale di questa corsa all’oro.
Una maggiore produzione conduce ad un più ampio sviluppo dei consumi.
Nel 1955 aprono Disneyland e McDonald. Considerati ancora oggi due enormi colossi dell’eco-
nomia americana. Per non parlare della NASA, fondata nel 1958.
Ovviamente, in tutto questo rilancio economico e produttivo, il Pontefice indiscusso tra pro-
duttori e consumatori resta sempre lei, la pubblicità.
È L’ORA DEL CAROSELLO
La televisione è considerata una delle più grandi invenzioni della storia e causa, a dire di molti
ironici, dell’abbassamento dei dati di nascita nel mondo occidentale.
Tra il 1951 e il 1954 vengono inventati in ordine la tv a colori e il telecomando. Si stima che dal
1955 in poi ogni famiglia americana avesse in casa un televisore.
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IL SECONDO DOPOGUERRA
Parliamo di una rivoluzione in termini di comunicazione. Per la prima volta c’è un mezzo
capace di uniformare le masse e di farle guardare in contemporanea lo stesso program-
ma. Chi riesce ad apparire in televisione ha il potere di lanciare un messaggio a tutti con uno
sforzo minore rispetto alla radio e alla réclame tradizionale.
Uno dei primissimi colossi a comprendere le potenzialità degli spot video è Volkswagen che dal
1949 inizia a girare una serie di spot dal tono di voce vivace e accattivante, come il primissimo
“VW Bug at an auto show ad with Wink Martindale”.
La portata di questo cambiamento è epocale. Se nel ’45 infatti gli americani conquistarono la
Germania, a soli quattro anni di distanza tocca ai tedeschi conquistare gli americani con un’au-
tomobile, considerata iconica ancora oggi.
Ma non è solo la portata del messaggio a interessare l’industria della pubblicità.
Se è importante parlare alla televisione, ancora più importante è capire con chi si sta parlando.
È così che in quegli anni nasce il concetto di targeting, ovvero lo studio del pubblico per attiva-
re pubblicità su misura per i bisogni dei diversi consumatori.
Un altro elemento onnipresente negli spot di quegli anni sono le sigarette .
L’industria di tabacco americano in quegli anni subisce un duro colpo a causa di un report del
1953 in cui si conferma il legame tra il fumo di sigaretta e il manifestarsi del cancro.
Il Governo degli Stati Uniti impone alle grandi aziende di non invogliare più i consumatori a
fumare troppo e ordina che nelle pubblicità non si affermi più che il fumo fa bene alla salute.
Pubblicità Malboro e Lucky Strike, anni '60
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IL SECONDO DOPOGUERRA
Ecco che i pubblicitari si trovano davanti ad una grande sfida comunicativa, dovendo trovare
nuove modalità per istigare le persone a fumare.
Ma il genio dei grandi pubblicitari dell’epoca non si arresta. Sono comunemente chiamati
MadMan a causa della loro vita lontana dai canoni di perfezione borghese.
Si ingegnano ad arte per restituire un nuovo volto all’industria del tabacco che non urti la sen-
sibilità del Governo.
Nasce il mito del CowBoy fumatore, l’uomo americano che parte alla conquista del West,
legando così le sigarette ad un messaggio di forza e potere maschile.
In alternativa si punta al sapore delle sigarette come qualità gradevole, legandole all’immagine di
erba tostata come il buon pane al mattino.
Cosa accade invece dall’altra parte dell’Oceano?
In Europa tutto procede più lentamente. In Italia la televisione ci metterà qualche anno in più
prima di prendere piede su larga scala, ovvero, quando l’invenzione delle cambiali consentirà ai
cittadini di acquistare prodotti di lusso a rate.
È il 3 febbraio 1957 e già in alcune case italiane risuonano per la prima volta le note della sigla
del Carosello . Il primo show per famiglie con inserimenti pubblicitari.
L’Italia si trova davanti ad un fenomeno nuovo. La cultura non è ancora abituata alla mentalità
consumistica americana, tuttavia l’economia chiede agli italiani di fare uno sforzo in più da
questo punto di vista.
È così che per indorare la pillola, gli spot del Carosello si presentano sottoforma di cartoni ani-
mati e soap opera avvincenti, dove il protagonista non è il prodotto ma il racconto di una storia.
Il risultato però a volte è deludente. Ancora oggi, molte delle persone che da piccoli guarda-
vano Carosello ricordano benissimo le avventure di Carmencita e il Caballero ma difficilmente
ricordano di quale compagnia di Caffè fossero i testimonial. Si tratta inoltre di pubblicità molto
lunghe. Lo spot televisivo “RCA Air Conditioner” andato in onda nel 1960 dura più di 90 secondi.
Un tempo infinito per noi contemporanei.
L’ARTE DEI CONSUMI
Verso la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 il boom economico e capitalistico subisce un
brusco freno, tutti i paesi industrializzati affrontano una crisi economica, ma soprattutto cultu-
rale. La prima a pagarne le spese è la pubblicità.
I pubblicitari, infatti, subiscono numerose critiche da parte degli intellettuali, dai giovani e da
numerose persone che condividono le ideologie anticonsumistiche. L’accusa è quella di cre-
are negli individui bisogni di consumo “falsi” e “superflui”. Nel 1964-65, anche in Italia
arrivano i primi segnali di tale contestazione verso il mondo della pubblicità.
Passata l’epoca della ricchezza consumistica indisturbata, i linguaggi iniziano ad evolvere e il
mondo dell’arte conosce un rifiorire grazie all’avanzare dei due più grandi movimenti del tem-
po: la Pop-Art e il Minimalismo. Entrambe i movimenti sono figli del dopoguerra, della cultura
consumistica e della pubblicità.
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IL SECONDO DOPOGUERRA
La Pop Art in particolare, può essere considerata la prima forma d’arte nata dalla pubblicità e
non viceversa. Si presenta con Foto, Rielaborazione di immagini pubblicitarie, Fumetti, Perfor-
mance e improvvisazioni, dove l'artista realizza le sue opere davanti ai suoi spettatori.
Tutto diventa manifestazione del disagio causato dal bombardamento pubblicitario e la voglia
di consumare fino a scoppiare.
Nata tra il Regno Unito e gli Stati Uniti, vede come principali protagonisti artisti del calibro
di Andy Warhol , Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Richard Hamilton, Robert Rau-
schenberg e Jasper Johns. Le loro opere sono semplici ed immediate, quasi una caricatura
delle copertine patinate delle riviste. È un’arte che si rivolge alle masse mettendo in mostra
elettrodomestici, lattine di zuppa e fumetti. Esattamente come la pubblicità, le opere di questo
movimento non sono altro che prodotti commerciali.
Questa volta però non con l’intenzione di vendere ma di trasmettere un messaggio.
Tate Modern Art Museum, Whaam, Roy Lichtenstein, 1963
MoMA, Campbell Soup,
Andy Wharol, 1962
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IL SECONDO DOPOGUERRA
In questo caso gli elementi si fondono e la pubblicità si fa uguale all’arte, o meglio il contrario.
L’arte dei cesti di frutta e dei fagiani posati sul tavolo è finita, le nuove nature morte sono cucine
piene di barattoli brandizzati e pacchi di cereali.
Se volessimo fare un paragone tra le pubblicità dell’epoca e i quadri qui riportati, non riusci-
remmo quasi a distinguere uno stile da un altro.
Di tutt’altro avviso invece è l’Arte Minimalista. Il termine viene coniato nel 1965 dal filosofo
inglese Richard Wollheim.
L’arte minimalista nasce in seno alle proteste anticonsumistiche della pubblicità e rifiuta ogni
forma di iconografia e di immagine.
Propone solo elementi semplici, ridotti all’osso, al minimo della comunicazione. Guarda alle
forme dei grattacieli che sovrastano le città e rifiuta tutto ciò che è rappresentativo della reli-
gione capitalista. In un’epoca in cui la gran parte delle persone in vita era stata assordata dal
rumore di bombe e carri armati, il minimalismo impone il silenzio e la
tranquillità. Emergendo dal caos distopico generato dalla Guerra Fred-
da. All’interno del panorama pubblicitario troviamo un famosissimo
esempio di pubblicità minimalista.
Il caso è nato grazie al bisogno della Volkswagen di indurre i consuma-
tori a optare per il famoso Maggiolino. Nell’era del consumismo tutto
doveva essere grande. Dagli elettrodomestici alle auto, la grandezza
era indice di benessere. Come invogliare allora la gente ad acquistare
una delle auto più piccole mai prodotte nella storia?
A venire in aiuto del colosso automobilistico arriva Bill Bernbach, fon-
datore dell’agenzia DDB e geniale copywriter autore di moltissime
pubblicità di successo dal 1959 in poi.
L’idea del copywriter è semplice ed efficace, ridurre al minimo il concetto
A sinistra:
Pubblicità del Ketchup
Heintz del 1957.
Sopra:
MoMA, Still life n.30, Tom
Wesselmann, 1963
Tate Modern, Hyena Stomp, Frank Stella, 1962
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e distogliere l’attenzione dalle grandi produzioni di massa. Si chiamerà “Think small”.
Se non è Minimal Art questa...
La Pop Art e la Minimal Art contribuiscono definitivamente a rivoluzionare il mondo della
pubblicità. Apportando cambiamenti non solo nell’arte ma anche nella mentalità delle persone,
grazie alla loro distribuzione di massa dovuta ai messaggi semplici e immediati che propongono.
Ora toccherà a quelle stesse masse, dare il via ad una delle più grandi rivoluzioni culturali
mai viste prima.
Bill Bernbach, Think Small, 1959.
Gli anni '60 & '70
100 ANNI DI PUBBLICITà
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100 anni di pubblicità
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GLI ANNI '60 E '70
I
movimenti di massa sono da sempre uno dei successi mediatici più importanti della storia.
Alla base di questi movimenti c’è un sostanziale rifiuto di ciò che è venuto prima. L’umanità
intera incanala tutto in strutture fisse, confini, terminologie e regole. Fin dagli albori la sche-
maticità delle cose ha aiutato gli esseri umani a gestire le informazioni che arrivano dall’ester-
no. Tuttavia, arrivano dei momenti nella storia dove tutto, ogni elemento giunto dal passato,
inizia a diventare obsoleto e necessita di essere cambiato, o meglio, rivoluzionato. Nasce così la
rivolta dell’uomo che si scrolla di dosso canoni e principi vecchi per vestirne di nuovi.
«Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un
uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini,
giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando.» (L'Homme révolté. Essais, Albert Camus)
Museo d’arte di Rivoli, Alighiero Boetti, Mappa, 1971-1973.
Gli anni '60 e '70
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GLI ANNI '60 E '70
Tra la fine degli anni ’60 e l’intero decennio successivo, queste rivolte sono state le protagoniste
più o meno violente della storia.
I confini delineati dai patti del Secondo Dopoguerra iniziavano a stare stretti un po’ a tutti e un
vento di novità stava per travolgere l’Occidente.
I’D LIKE TO BUY THE WORLD A COKE
La seconda metà degli anni ’60 è caratterizzata da avvenimenti di portata epocale.
Nel ’65 inizia la sanguinosa guerra in Vietnam e la Kodak lancia l’innovativa pellicola Super8.
Mao Tse-tung avvia la Rivoluzione Culturale in Cina nel 1966.
E poi il ’68 l’anno delle grandi contestazioni di massa per gli studenti di tutto l’Occiden-
te marciando a passo sostenuto verso la libertà. Mentre nel 1969 c'è un unico, goffo, piede,
a fare la differenza, calcando per la prima volta la crosta lunare.
C’è aria di novità insomma e questo la pubblicità lo percepisce benissimo.
Uno dei più grandi colossi al mondo, la Coca Cola, torna a far parlare di se con una strategia che
resterà per sempre negli annali della Storia pubblicitaria.
Nel 1971 va in onda uno spot targato dal marchio di bibite dal titolo “Hilltop” .
Ragazzi di tutto il mondo, in abito hippy, si ritrovano su una collina in Italia per cantare in nome
della Cocacola e inneggiare alla pace. “I’d like to buy the World a Coke and furnish it with
love…”. Una visione onirica e pacifica ma anche rivoluzionaria.
Coca Cola punta alle nuove generazioni come motore principale delle proprie campagne.
Lasciati alle spalle gli spot “classici”, composti da famigliole felici, bianche e benestanti, il mar-
chio utilizza dei ragazzi che nella mentalità
americana dell’epoca sono paragonati a de-
gli scapestrati senza futuro. Quei “ragazzacci”
che rifiutano ogni forma di incatenamento
borghese e che inneggiano alla libertà.
Come abbiamo visto, l’arte dell’epoca si è
apertamente schierata contro il consumismo
dilagante. Dagli anni ’60 in poi la pubblicità di-
venta uno strumento sempre più distante dai
manuali di pittura e dai concetti espressivi dei
pittori. Inizia così a diventare un’espressione a
se’ con movimenti e correnti indipendenti.
Grazie al sorgere delle grandi agenzie pubblicitarie in tutto il Mondo ogni Art Director
e Copywriter diventa il fondatore di una scuola di pensiero autonoma.
Creatività ed arte iniziano a prendere strade diverse. Il marketing prende il posto del pennello
e il copy d’assalto sostituisce il concetto artistico.
Il cambiamento della pubblicità diventa epocale e inizia ad avvicinarsi sempre di più a quello
di pubblicità contemporanea. Ma non è solo la “nuova scuola” pubblicitaria a rendere diverso
Spot CocaCola, 1971
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GLI ANNI '60 E '70
il volto dei banner pubblicitari. C’è una nuova rivoluzione in atto nel concetto di immagine
stessa. Inizia l’era della fotografia.
GLI ANNI DI PIOMBO E L’ITALIA CHE FA PUBBLICITÀ
È l’8 giugno 1972 Kim Phuc, bambina vietnamita di 9 anni, si trova vicino al tempio di Cao Dai
con la famiglia, che tenta di sfuggire ai bombardamenti tra le forze del Vietnam.
Nick Ut, fotografo 21enne dell’Associated Press, si trova nei pressi del tempio quando vede que-
sta bambina, completamente nuda, correre verso di lui in preda allo shock. Riesce a scattare un
paio di fotogrammi prima di vedere Kim svenire.
Questa immagine è il biglietto da visita di un decennio ricco di criticità, sofferenza e paure.
Un decennio i cui eventi principali sono stati immortalati per sempre da grandi fotografi.
È l’epoca del fotogiornalimo, in cui si comprende che spesso un’ immagine racconta più
di mille parole.
La pubblicità del tempo comprende la portata di questo movimento e ne diventa la naturale
prosecuzione. Dando alla luce scatti pubblicitari degni delle più prestigiose gallerie d’arte.
Nel frattempo i così detti “mad man” americani approdano in Italia e iniziano a dare libero
sfogo alla loro creatività attraverso i canali pubblicitari, rendendo memorabili brand e slogan.
Tra questi spicca per genialità Emanuele Pirella, classe 1940, da molti considerato il padre della
pubblicità creativa in Italia. Pirella una volta affermò: “Lo scopo della pubblicità creativa non è
vendere il prodotto, ma farsi comprare”.
Nick Ut, Reportage dal Vietnam
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GLI ANNI '60 E '70
È il 1973 quando le vie principali del Nord Italia si riempiono di cartellonistiche provocatorie e
dal tono mistico. Si tratta della pubblicità dei “Jesus Jeans, chi mi ama mi segua”, realizzata
da Pirella in qualità di copy, Michael Goettsche e la fotografia dell’artista Oliviero Toscani.
Sono gli anni in cui attraverso le immagini diventa possibile far cadere ogni tabù imposto dalla so-
cietà e diventano lo strumento di contestazione di quella cultura reazionaria, moralista e patriarcale.
Già negli anni sessanta infatti il mondo femminile ottiene la sua prima grande emancipazione
attraverso l’invenzione e la più ampia diffusione di elettrodomestici come la lavatrice e l’aspira-
polvere. La tecnologia conduce il mondo femminile fuori dall’universo casalingo e lo proietta
in un mondo globalizzato e ricreato dal mezzo televisivo.
Le donne iniziano ad essere più libere. Tra queste compare la figura della prima grande pubbli-
citaria donna in Italia, è AnnaMaria Testa.
Tra l’incontro di Testa con il suo maestro, Emanuele Pirella, nasce una delle collaborazioni cre-
ative più fiorenti della storia pubblicitaria italiana. Anni dopo si potrà affermare che Annamaria
Testa con la sua bravura ha raggiunto, se non superato, la bravura del suo maestro.
Nel gennaio 1976 presso “Agenzia Italia” Testa inizia a lavorare con il suo maestro. Si tratta di un
ambiente popolato da gente di profonda cultura, dove la curiosità è stimolata verso la ricerca e
lo studio. Un ambiente frizzante e a volte persino divertente. Tra i migliori compaiono fra tutti
Michael Göttsche. Qui incontra anche il futuro socio di TPR, l’art Paolo Rossetti. Ai tempi l’am-
biente creativo è popolato da uomini così detti di cultura.
Till Neuburg, direttore creativo, in un suo articolo su Testa così ricorda lo stile dei creativi che
lavorano nelle agenzie in quegli anni:
“Fino a pochi pixel, tweet ed euro fa, i creativi pubblicitari sono stati una sorta di arancioni che vesti-
Lowe Pirella, Affissioni per Jesus Jeans, 1973.
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GLI ANNI '60 E '70
vano rigorosamente dark. Ci chiamavamo fuori dal conformismo, mentre il vero conformismo erava-
mo noi: sempre attentamente trasandati, tiratardi a tutte le ore AM, vagamente trendy e á la page e,
non di meno, inevitabilmente progressisti e femministi”.
Tutto il lavoro è eseguito a mano senza l’ausilio dei moderni computer. Disegni e impaginati
divengono prodotti originali e d’artigianato.
La società inizia a cambiare. La potente mora-
le patriarcale degli anni Sessanta cede il passo
al rock, agli spinelli ed a un mercato costan-
temente in crescita e in lotta per affermare il
proprio prodotto.
Il linguaggio trova ampio spazio nei nuovi
slang giovanili e nell’introduzione di termino-
logie anglosassoni che grazie ai mezzi di co-
municazione attraversano l’oceano.
I figli dei fiori e dei Barbapapà si sono trasfor-
mati in veloci consumatori e acquirenti.
Per Perlana Testa crea il famoso tormentone:
“È nuovo? No, lavato con Perlana!” .
Lo stile di Annamaria Testa è così inconfon-
dibile. Non lavora sul suono e il senso delle
parole ma sulla struttura del messaggio.
Gli anni ’70, sono anni di crisi e austerità. Dopo
la crisi petrolifera del 1973 infatti, l’inflazione si
fa sempre più pesante. Sembrano essere anni
sterili per la pubblicità. Un periodo nel quale
invogliare la gente a spendere soldi per com-
prare beni materiali suona come un lusso che
nessuno avrebbe potuto permettersi.
Ecco che Testa, consapevole di questo dato, per FIAT (un’azienda che desiderava uscire dalla
stagnazione comunicativa) produce la copyad “DOMANI”. Su questa parola, nel 1977 FIAT inve-
stirà mille miliardi.”
Il messaggio è chiaro. Non si comunica alla gente di comprare prodotti FIAT. Chiede loro di
fidarsi del marchio, di affrontare la crisi. Ispira nelle persone la consapevolezza che dalla crisi
prima o poi si uscirà.
In quest’epoca la pubblicità è coerente con il dato storico del tempo. Si è soliti dire “c’è
crisi e la gente non vuole spendere soldi”. La pubblicità contemporanea al contrario, pur consa-
pevole della crisi economica, tralascia di comunicare in maniera coerente questo fatto, a volte
persino mentendo spudoratamente alle persone. Si giunge alla consapevolezza che la pubbli-
cità non è un mero mezzo per comunicare prodotti e merci. Si tratta di uno strumento potente
per trasmettere valori e idee.
Nel 1979 Pirella e Testa lavorano alla prima campagna delle elezioni europee.
AnnaMaria Testa,
Pubblicità Ferrarelle, 1981.
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GLI ANNI '60 E '70
Mentre un prodotto commerciale ha già un piano strategico di marketing, un partito politico
non sempre ha un’idea chiara di cosa e come comunicare al pubblico. Secondo Testa, il pro-
blema della comunicazione partitica italiana è che i politici comunicano idee che in realtà non
hanno, cercano solo visibilità pensando che più sono visibili più consenso ottengono. I partiti
mancano di chiarezza e concretezza.
Le sfide dell’ottavo decennio del secolo scorso si rivelano molteplici. Una DC ormai vecchia,
presto scomparirà dalla politica italiana. La società sta per conoscere un virus terribile, l’HIV.
Ben presto le giovani generazioni di paninari e punk saranno rapite dal format di un canale
televisivo nascente: MTV.
E la Gran Milàn si perderà in un meraviglioso bicchiere di Amaro Ramazzotti “da bere” .
Il tempo di pubblicità moraliste e raffinate è ormai finito. Il linguaggio chiede di essere condi-
viso tra marca, buon uso e cittadino. Ora è il tempo di lanciarsi in nuove sfide grammaticali e
sintattiche: “Golia Bianca sfrizza il velopendulo” così Testa ispira il marchio Golia.
Questo è il sintomo di un’Italia che vuole arrivare lontano, molto più veloce di quanto
riuscirà veramente a fare. Sono gli anni ’80, l’anticamera della nostra vita.
La culla del nostro mestiere.
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Testi
Pietro Vito Spina
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Breve storia della Pubblicità - Il secolo dell'Arte (1880-1980)

  • 1. Breve storia della Pubblicità Il secolo dell’Arte (1880-1980)
  • 2. INDICE Introduzione 3 Le Avanguardie 9 Il primo dopoguerra 21 Il secondo dopoguerra 32 Gli anni‘60 e‘70 40 © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 100 anni di pubblicità
  • 3. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 3 INTRODUZIONE Q uello del pubblicitario è forse il secondo mestiere più antico del mondo... ça va sans dire. Fin dagli albori della civiltà, le persone hanno avvertito il profondo desiderio di comu- nicare e di far sapere agli altri che cosa gli frullasse per la testa. Una delle cose più difficili però, è sempre stata quella di risultare più interessanti degli altri. In un marasma di linguaggi e parole bisogna catturare l’attenzione per poter parlare a quante più persone possibili. Andremo alla scoperta della pubblicità dall’età Classica alla Seconda Rivoluzione Industriale. Curioseremo qua e la per trovare qualche annuncio pubblicitario vecchio di secoli. Magari quell’offerta di carta da papiro egiziano, prendi 3 paghi 2, è ancora valida… L’ETÀ ANTICA Il più antico annuncio pubblicitario viene dall’Antico Egitto. Si tratta di un annuncio su carta di papiro, prodotta da un tessitore. Una moneta d’oro a chiunque avesse trovato il suo schiavo fuggitivo. A seguire una piccola reclame: “Il negozio del tessitore Hapù, dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il gusto di ciascuno”. Complimenti Hapù, il tailor made è una strategia che funziona ancora oggi. Introduzione
  • 4. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 4 INTRODUZIONE Spostiamoci in avanti di qualche secolo ed eccoci davanti al Partenone di Atene. È l’inizio dei grandi commerci. I greci avevano colonizzato buona parte delle coste mediterra- nee e il commercio era alla base degli incontri culturali e sociali del tempo. Potremmo dire che già all’epoca il mercato fosse saturo e che quindi la pubblicità aiutasse a ristabilire le sorti economiche dei commercianti. Qui la pubblicità si faceva urlando. I grandi banditori annunciavano i loro messaggi dando fiato ai polmoni per farsi sentire in tutta la piazza. Immaginate di dover farsi capire in mezzo ad una piazza affollatissima e piena di mercanti. Questa tradizione sopravvive ancora oggi. In molti mercati del Mediterraneo si trovano i famosi “cantatori” , pescivendoli e fruttivendoli, che espongono le loro merci dando letteralmente fiato alle trombe. A Roma, il grande Impero, le cose non andavano così diversamente rispetto agli ateniesi. Era una cultura globalizzata, dove si parlavano molte lingue diverse. Insomma se qualcuno si fosse messo ad urlare in mezzo ad una piazza, molto probabilmente avrebbe perso l’opportu- nità di “comprarsi” la fidelity di qualche dignitario macedone o germanico. Ecco allora che la pubblicità evolve in un linguaggio multiculturale e comprensibile a tutti. Nasce l’uso delle immagini. Cosa c’è di meglio che esporre i disegni dei prodotti all’esterno della propria bottega? “Bella matrona! Hai visto che melanzane ti fa trovare Claudius stamattina?” È proprio tra gli scavi di Pompei che gli archeologi hanno trovato dei murales con annunci pubblicitari del primo secolo dopo Cristo, espo- sti proprio all’esterno delle botteghe. Hapù, ci avresti mai pensato? Ovviamente questo valeva anche per le campagne politiche. Insom- ma per farsi eleggere in senato, le possibilità erano due, o commis- sionare una statua nel foro, oppure appendere cartelloni per strada. Indovinate quale dei due mezzi veniva utilizzata di più…
  • 5. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 5 INTRODUZIONE IL MEDIOEVO E IL RINASCIMENTO È noto che al giorno d’oggi la pubblicità sia un po’ d’ovunque. Siamo bombardati da circa 3000 messaggi pubblicitari al giorno. Si tratta di una mole enorme di stimoli per il nostro cervello. Nel Medioevo le cose non andavano diversamente. Immaginando di camminare in un borgo di qualche secolo fa. Saremmo stati travolti da centinaia di messaggi. Quasi ogni bottega era sovrastata da un’insegna oro, ottone o ferro battuto. Vi era una specie di rincorsa a trovare l’insegna più bella di quella del concorrente. Falegnami, orafi e scalpellini davano sfogo alle loro abilità di grafica. Molte autorità dell’epoca trovarono questa pratica piuttosto eccessiva. Si cercò quindi di mitigare il fenomeno creando delle imposte sulle insegne pubblicitarie. Oggi sono rimasti solo pochi esempi di insegne medievali e continuano ad ispirare la fantasia di molti, sopratutto degli scrittori di libri fantasy. Chissà quanto sarà costata di tasse l’insegna di Olivander, la famosa bottega di bacchette magiche frequentata da Harry Potter. Per quanto riguarda l’ADV cartacea? Per quella bisognerà aspettare l’invenzione della stampa. Nonostante il tentativo di Hapù, in- fatti, riprodurre messaggi pubblicitari da diffondere a grandi numeri necessitava di un buon numero di amanuensi. In seguito alla scoperta di Gutemberg, la pubblicità iniziò timidamente ad evolvere cercando di sfruttare i caratteri mobili. Un po’ come quando i pubblicitari contem- poranei compresero che i social network potevano essere usati anche per scopi pubblicitari. Il primo Copywriter della storia fu William Caxton, uno stampatore inglese, che nel 1479 pubblicò un annuncio che promuoveva le cure termali a Salisbury. Piccola curiosità, la parola inglese che oggi utilizziamo per tradurre il termine pubblicità è “advertising”. Nasce proprio nello stesso periodo di Caxton. All’epoca con questo termine si indicavano gli annunci dei banditori nelle piazze. Tuttavia, bisognerà attendere ancora un secolo e mezzo prima di assistere all’invasione delle pubblicità su carta.
  • 6. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 6 INTRODUZIONE Nel 1600, grazie alla diffusione delle Gazzette, iniziarono a comparire i primi annunci su commissione, comunemente chiamati réclames. Insomma i primi sponsor della storia. Un esempio lo troviamo nella Gazzette del 1631 di Théophraste Renaudot dove troviamo un’in- serzione dell’acqua minerale Forges.
  • 7. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 7 INTRODUZIONE L’EVOLUZIONE OTTOCENTESCA Per tutto il ‘700 la pubblicità aveva trovato il suo posto fisso sulla quarta pagina dei giornali. In seguito alle due rivoluzioni industriali le cose iniziarono a mutare. Nel 1840 in America sorsero le prime agenzie pubblicitarie, che si occupavano della mediazio- ne tra i clienti e le redazioni dei giornali. Inoltre, con l’aumentare delle fabbriche, si diede inizio al processo comunemente definito “consumo di massa”. Se prima tutto veniva venduto sfuso e a peso, i produttori incomin- ciarono a realizzare i loro prodotti in piccole dosi, come barrette di sapone, pacchi di pasta e sigarette. Tutto avvolto in carta stampata e timbrata. Insomma, assistiamo alla nascita del logo design e del packaging. Gli involucri del prodotto dovevano risultare piacevoli agli occhi, mettendo in bella vista il marchio della casa madre. Nello stesso periodo, le così dette “stampe pubblicitarie” iniziarono a diventare una moda sempre più diffusa. Nelle capitali Europee si percepiva l’aria frizzante della modernità e artisti e disegnatori iniziarono a dare libero sfogo alla loro creatività grazie a questo vei- colo. Si trattava di un modo più economico per far lavorare gli artisti. La realizzazione di una stampa aveva delle spese di commissioni più basse rispetto a quelle di un quadro. Questi manifesti sono considerati ancora oggi di grande pregio e molti di essi sono stati realizzati da artisti di chiara fama, come la pubblicità dell’hotel diurno “Chat noir” che porta la firma di Henri de Toulouse-Lautrec. L’INVENTORE DEL MANIFESTO PUBBLICITARIO La paternità di questo veicolo pubblicitario così rivoluzionario va al pittore Jules Chéret. Egli comprese al volo l’importanza che aveva l’immagine e la sua capacità di attirare l’attenzio- ne più delle parole. Fu così che in vita realizzò più di mille manifesti, contribuendo a trasmettere quella che ormai era diventata una forma d’arte. Per la prima volta nella storia, la pittura era entrata in dialogo con le masse del popolo. Le raffinate arti visive, trovarono una culla perfetta al termine delle rivoluzioni industriali. Apprezzate da tutti, comprate da ciascuno. Al nobile Chéret va anche il “merito” di aver introdotto le donne al mondo della pubbli- cità. La raffigurazione femminile sui manifesti pubblicitari nasce proprio grazie a lui. Tornée du Chat Noir, Théophile Alexandre Steinlen, 1896
  • 8. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 8 INTRODUZIONE La scelta di questo elemento deve le sue origini alle correnti artistiche del tempo. Il Romanti- cismo e il Neoclassicismo, infatti, ponevano il femminile al centro del loro linguaggio artistico. Basti pensare a “La libertà che guida il Popolo” di Eugène Delacroix dove una donna raffigurante la libertà e la patria guida il suo Popolo con un seno scoperto, oppure a “La colazione sull’erba” di Manet dove una ragazza conversa con due giovani borghesi e ci guarda senza vergognarsi del suo corpo nudo. Insomma la pubblicità è stata per secoli il motore principale della comunicazione. Ancora oggi, grazie all’invenzione di radio, televisori e computer, continua ad essere uno degli elementi più presenti nella nostra vita. La libertà guida il popolo, Eugéne delacroix, 1830 La colazione sull’erba, olio su tela, Édouard Manet, 1863.
  • 9. 100 ANNI DI PUBBLICITà © Hydrogen. Tutti i diritti riservati hydrogen-code.com Le Avanguardie
  • 10. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 10 LE AVANGUARDIE L a storia profuma di vita. Non è una semplice affermazione dal tono poetico e ridon- dante. Si tratta di un dato di fatto. La morte non ha colto ciò che osserviamo in quei vecchi filmati sgranati in bianco e nero, la musica che ascoltiamo, i quadri chiusi nei musei come conchiglie nella mano di un bambino sulla spiaggia quale tesoro inesti- mabile di una fruttuosa giornata al mare. Tutto è vivo e profuma di vita. La storia è scritta sulla nostra pelle, nel nostro DNA sociale. I gran- di artisti del passato camminano con le nostre gambe e continuano a sussurrarci nell’orecchio parole d’arte, di passione infuocata e futuro. La pubblicità negli ultimi secoli è cresciuta grazie anche agli sviluppi economici e socioculturali avvenuti dalla seconda metà del diciannovesimo secolo in poi. La comunicazione è insita nel DNA umano e subisce gli influssi della storia. Il messaggio pub- blicitario incarna la vita di un’epoca ed è quindi indispensabile parlare della sua storia, partendo proprio dall’analisi e lo studio di tutto ciò che ruotava intorno ad essa. Economia, musica, pittu- ra, scienza. Tutto è utile per scoprire e soprattutto capire cos’è la pubblicità e da dove essa pro- viene. L’arte è bellezza e a noi non basta mai. “La bellezza salverà il mondo” esclamava il principe Miškin nel romanzo “L’idiota” di Do- stoevskij. Era il 1869 e il mondo era alle porte di quella che per sempre sarà ricor- data come l’Epoca Bella . Il nostro viaggio inizia qui, o meglio, inizia in quest’epoca in un punto preciso del Pianeta. In un giardino: “Un angolo del parco nella pro- prietà di Sorin. Un largo viale che conduce in fondo al parco, verso il lago, è sbarrato da un palcoscenico improvvisato per uno spettacolo di famiglia, che nasconde la vista del lago. A destra e a sinistra del palcoscenico alcune Le Avanguardie Nordic Summer Evening, Richard Bergh, 1899
  • 11. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 11 LE AVANGUARDIE piante. Sedie, un tavolino. Il sole è appena tramontato. Sul palcoscenico, dietro il sipario abbassato, Jakov e altri operai; si odono colpi di martello e di tosse. Maša e Medvèdenko giungono da sinistra, di ritorno da una passeggiata.” C’è da ammettere che si è trattata di una piccola bugia, questo luogo non è realmente esistito. Al contrario è esistito nell’immaginazione di uno dei più grandi drammaturghi del ‘900, Anton Čechov. Nel 1896 scrisse una sceneggiatura intitolata “Il gabbiano”, mettendo in scena amori e drammi della borghesia russa a lui contemporanea. Quello che avete letto è la descrizione della composizione scenica del primo atto. Tutto avviene en plein air, in questo parco, cornice di feste serali e godimento, è l’icona della Belle Époque. IN PRINCIPIO L’UOMO INVENTÒ IL MOTORE… Ci troviamo al termine della Seconda Rivoluzione Industriale. Grazie alla scoperta del moto- re a scoppio avvenuta nel 1856, la società occidentale inizia a dare un’accelerata al progresso e alla produzione. Col termine Belle Époque si indica un periodo storico piuttosto lungo che va dal 1870 al 1914. Le grandi monarchie feudali sono ormai un lontano ricordo grazie all’avanzare delle idee illu- ministiche che portarono alla Rivoluzione Francese e a quelle napoleoniche che si diffusero in tutta Europa con le conquiste di Napoleone Bonaparte. La scena culturale ed economica è dominata dalla ricca borghesia che gode di diritti democra- tici e illuminati. La stabilità culturale è accompagnata da una certa stabilità economica, le monete sono colle- gate al valore dell’oro e la svalutazione è un fenomeno sconosciuto. In quel periodo un franco resta tale per tutta la vita. Mentre la potenza industriale delle nazioni europee continua a crescere, iniziano a sorgere le prime grandi realtà coloniali. Non a caso il ministro delle colonie britanniche, Joseph Cham- berlain, durante un discorso tenuto alla camera dei Lord nel 1895 afferma che l’era degli stati è giunta al termine, questo è il tempo degli imperi. È così che Inghilterra, Francia, Austria e Germania diventano i principali produttori ed esporta- tori del tempo. Ma non finisce qui. Parigi e Vienna vengono investite del titolo di capitali della scienza, dell’ar- te, della moda e della cultura. Ci troviamo in un periodo di fermento scientifico ed eccitazione. Come in un grande e movimentato Can Can si danno alla luce: le automobili (1886), la radio (1890), il cinema (1895), i raggi X (1895), la psicoanalisi (1899), i vaccini di massa (1901) e l’aereo (1903). A Parigi dal 1870 nasce la scuola d’arte che per importanza è paragonabile al Rinascimento fiorentino, l’Impressionismo. Che chiama a se artisti del calibro di Picasso, Degas e Monet.
  • 12. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 12 LE AVANGUARDIE Inoltre, con l’aumentare delle fabbriche, si da inizio al processo comunemente definito “consumo di massa”. Se prima tutto veniva venduto sfuso e a peso, i produttori incominciano a realizzare i loro prodotti in piccole dosi, come barrette di sapone, pacchi di pasta e sigarette. Tutto avvolto in carta stampata e timbrata. Insomma, assistiamo alla nascita del logo design e del packaging. Gli involucri del prodotto devono risultare piacevoli agli occhi, mettendo in bella vista il marchio della casa madre. Certamente è un’epoca dolce per i privilegiati del potere e del denaro. Per gli aristocratici che affollano i numerosi café delle capitali. Le frontiere possono essere attraversate facilmente e senza passaporto grazie alle forti alleanze tra gli imperi. Agevolando così la veicolazione di merci e idee. La dolcezza di questa’epoca trova il suo naturale riflesso all’interno dello “Stile Liberty”, che spopola tra il 1890 e il 1910. Pittura, architettura e grafica subiscono le influenze di queste linee ornamentali e dinamiche. La Primavera ricopre di vita nuova ogni elemento artistico. Persino le grafiche pubblicitarie, con i loro font arrotondati, i colori sgargianti e le cornici floreali, diventano manifesti non solo di un semplice messaggio pubblicitario ma di una vera e propria corrente artistica. Le stamperie del tempo diventano un fermento d’Arte, dove l'inchiostro si lega alla creatività per farsi veicolo di comunicazione. A sinistra: Manifesto L'Exposition d'art décoratif der Galeries, Poirel, Camille Martin, 1894 A fianco: San Vito a Praga, vetrata, Alfons Mucha, 1931
  • 13. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 13 LE AVANGUARDIE Ogni stampa, dalla decorativa alla pubblicitaria, viene realizzata come un pezzo unico, un disegno fatto a mano. Standardizzata soltanto dalla portata del ciclostile. Insomma, è que- sta l’epoca in cui si pongono le basi di una vita nuova. …POI CREÒ GLI OPERAI… Il grande fermento industriale cambia radicalmente la società del tempo. Se da un lato la bor- ghesia gode di stabilità economica e culturale, dall’altra parte la popolazione più povera continua a subire la propria condizione. In un epoca dove l’igiene, la scoperta dei batteri e i vaccini hanno abbassato notevolmente il tasso di mortalità, assistiamo ad una vera e propria esplosione demografica. L’Europa vede aumentare la propria popolazione da 180 a 460 milioni di abitanti tra il 1880 e il 1900. La costruzione e il mantenimento delle fabbriche necessita di un gran numero di operai. È così che assistiamo in quel periodo ad un graduale spopolamento delle campagne a favore dei centri industriali. La vita operaia è dura e funzionale alla sola produzione della macchina industriale. Tra i poveri e i privilegiati la piccola borghesia, fatta di commercianti e piccoli imprenditori, funge da ponte tra le due realtà. Assorbendo il disagio dei più deboli e le ambi- zioni dei nobili. In questa fascia “cuscinetto” della società si da il via al fenomeno delle così dette avanguardie. Cosa sono le avanguardie? Il termine avanguardia appare per la prima volta nel “De bello gallico” di Giulio Cesare. Le avanguardie erano gruppi di soldati che precedevano le legioni in battaglia. Fungevano in un certo senso da campioni per testare le capacità belliche del nemico. Inutile precisare che erano quelli che al termine della battaglia tornavano a casa spennati, per così dire. Immaginate di trovarvi alle sette del mattino di qualche decennio fa, in una città della Pianura Milano Museo del ‘900, Il quarto stato, olio su tela, Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1901
  • 14. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 14 LE AVANGUARDIE Padana. Ci saremmo trovati davanti ad un mare di biciclette pronte a varcare i cancelli delle fabbriche. Quelle centinaia di persone viaggiavano tutte dirette verso la stessa direzione, in maniera più o meno ordinata. Questa è quella che viene definita una massa. Gli avanguardisti del tempo, dunque, si trovano a dialogare con gli ambienti culturali più alti nei salotti e café, comunicando il disagio e la sofferenza di un popolo in cammino. Questo perché gli artisti avanguardisti non precedono più le legioni ma una massa. Siamo negli anni ’90 del 1800 e inizia adesso la sfida della comunicazione. In un periodo di fermento e progresso, le masse camminano verso un’unica direzione. Se dunque le avanguardie iniziano a guidare la società. Alla pubblicità andrà il compito di essere, appunto, all’avanguardia. …POI SI RIPOSÒ. Svago, cabaret, vita notturna . Grazie alla diffusione della corrente elettrica, le strade delle grandi città iniziano a popolarsi di vita notturna. Potremmo quasi affermare che la “movida” sia un genere di divertimento nato in quegli anni. Si passa da un locale all’altro, si balla, si beve e si incontrano gli amici. Nulla è cambiato. NewYorkGuggenheim Museum,Moulindela Galette, olio su tela, Pablo Picasso 1900.
  • 15. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 15 LE AVANGUARDIE Il brio elettrizzante di questo entusiasmo avvolge tutta la società, compresi gli artisti avanguardisti. Lo scopo di molti pittori del tempo è quello di raccontare questa eterna “domenica della vita” con la gioia di chi rinasce in un universo tutto da scoprire fra sapori materici e brillii luminosi. Unadomenicachesedaunlatoèspessoripetitivaenoiosaperlanobiltà,comequellarappresenta- ta da Čechov, dall’altro è l’unico giorno di libertà concesso alla piccola borghesia e ai proletari. Anche il mondo dell’arte è colto con piacere da questo stile di vita rilassato e amichevole, per questo motivo alle grandi commissioni artistiche di Chiese e sovrani, pittori e scultori preferiro- no dare voce alla loro verità interiore. Una verità ibrida tra povertà e nobiltà, tra cultura e ignoranza. Cambia così il loro linguaggio artistico. Non trasmettono più immagini nobili e celestiali, ma portano fuori di se ciò che è vivo dentro i loro cuori. Immagini offuscate, spazi annebbiati da fasci di luce, forme irregolari. New York, Metropolitan Museum of Modern Art, “Classe di danza“, olio su tela, Edgar Degas 1871. Musée d’Orsay, I papaveri, olio su tela, Claude Monet, 1873
  • 16. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 16 LE AVANGUARDIE Perché la voce del cuore non rispetta il vocabolario e la grammatica reazionaria. Chi li aiuterà in questo percorso di esplorazione del proprio io e dei loro sentimenti, sarà un medico viennese, Sigmund Freud, che nel 1899 pubblica “L’interpretazione dei sogni”, il testo che darà vita al nuovo studio della psiche. La nascita della psicoanalisi nel 1899 è forse una delle più grandi scoperte dell’umanità. L’essere umano, una volta presa coscienza delle proprie potenzialità interiori diviene capace di costruire un mondo ad immagine e somiglianza dei propri sogni. L’occhio umano inizia a dilatare l’orizzonte visivo in attesa di un futuro aperto e libero, senza barriere. Iniziano a cadere i primi tabù, grazie anche alle considerazioni di Freud su Eros e Tanatos, intesi come fulcro portante dell’animo umano. Ecco che il sesso e il corpo divengono un mistero sublime. Autori come Degas posano il loro sguardo sul corpo umano come un elemento mistico. La chiave dell’universo risiede nelle forme geometriche che sono prodotte dai movimenti di muscoli e arti. La materia si fonde con lo spirito, il concetto teorico trova pace nella forma. Ecco che ci vengono donate dagli autori delle istantanee sublimi prodotte dal loro occhio. NASCE LA “PARIGI DA BERE” L’arte e il prestigio di questi autori non smette di stupirci. Come già accennato anche l’advertising trova spazio in questo mondo da sogno. La culla fertile della pubblicità contemporanea non può che essere questo universo leggero e spensierato. La produzione di massa inizia a per- cepire il bisogno di comunicare ai consumatori i loro prodotti e non c’è modo migliore che attira- re l’attenzione con lo stesso spirito creativo che anima gli occhi e il cuore della gente durante le loro lunghe domeniche. Nello stesso periodo, le “stampe pubblicitarie” iniziano a diventare una moda sempre più diffu- sa. Nelle capitali Europee si percepisce l’aria friz- zante della modernità e artisti e disegnatori ini- ziano a dare libero sfogo alla loro creatività grazie a questo veicolo. Si tratta di una via più economica per far lavorare gli artisti. Tornée du Chat Noir, Théophile Alexandre Steinlen, 1896
  • 17. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 17 LE AVANGUARDIE La realizzazione di una stampa ha delle spese di commissioni più basse rispetto a quelle di un quadro. Questi manifesti sono considerati anco- ra oggi di grande pregio e molti di essi sono stati realizzati da artisti di chiara fama, come la pubblicità della serata di cabaret “Chat noir” del 1898, che porta la firma di Théophile Alexandre Steinlen. Tra i grandi nomi che accompagnano le immagini pubblicitarie com- pare anche quello del grande Henri de Toulouse-Lautrec (1864- 1901), che giunge alla consapevolezza di dedicarsi all’advertising quasi per caso. Trasferitosi a Parigi nel 1882, si racconta che una sera, passeg- giando per le vie di Parigi, avesse notato la pubblicità di una bottiglia di champagne realizzata dal suo collega Bonnard. Rapito dalla poten- za di quella immagine decise che anche lui avrebbe realizzato opere pubblicitarie. Ecco che anche la pubblicità si insinua nel DNA artistico del tempo, comprendendo la necessità di offrire ai clienti forme e colori gradevoli e affascinanti. Prende vita una pubblicità/specchio della società. Più o meno consapevolmente gli artisti del tempo danno vita a delle réclame intrise di cultura. La paternità di questo veicolo pubblicitario così rivoluzionario va al pittore Jules Chéret (1836- 1932). Egli comprende al volo l’importanza che ha l’immagine e la sua capacità di atti- rare l’attenzione più delle parole. È così che in vita realizza più di mille manifesti, contribuendo a trasmettere quella che ormai è diventata una forma d’arte. Per la prima volta nella storia, la pittura entra in dialogo con le masse del popolo. Ambassadeurs: Aristide Bruant,litografiaapennello e spruzzo, Henri de Toulouse-Lautrec, 1892 A sinistra: Manifesto per la vedette Camille Stéfani al locale Casino de Paris, litografia, Jules Chéret, 1891 A fianco: Manifesto per la vedette Lidia al locale Alcazar d’Été, litografia, Jules Chéret, 1895
  • 18. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 18 LE AVANGUARDIE Le raffinate arti visive, trovano una culla perfetta al termine delle rivoluzioni industriali. Apprezzate da tutti, comprate da ciascuno. Al nobile Chéret va anche il “merito” dell’introduzione delle donne nel mondo della pubblicità. La raffigurazione femminile sui manifesti pubblicitari di questo periodo nasce proprio grazie a lui. La scelta di questo elemento deve le sue origini alle correnti artisti- che del tempo. Il Romanticismo e il Neoclassicismo, infatti, ponevano il femminile al centro del loro linguaggio artistico. Basti pensare a “La libertà che guida il Popolo” di Eugène Delacroix dove una donna raffigurante la libertà e la patria guida il suo Popolo con un seno scoperto, oppure a “La colazione sull’erba” di Manet dove una ragazza conversa con due giovani borghesi e ci guarda sen- za vergognarsi del suo corpo nudo. Un altro degli autori più diffusi del tempo è il ceco Alfons Mucha (1860-1939). Nelle sue opere la donna è protagonista incontrastata. Se l’eros infatti è motore della vita, la donna è il veicolo grafico più accattivante per attirare l’attenzione. Sopra: La libertà guida il popolo, Eugéne delacroix, 1830 A fianco: La colazione sull’erba, olio su tela, Édouard Manet, 1863.
  • 19. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 19 LE AVANGUARDIE La donna non è semplicemente una funzione erotica, ma un vero e proprio archetipo di bellezza. All’interno dei suoi ritratti pubblicitari, Mucha, rappresenta la donna con delle vive tonalità di rosso. C’è sempre qualche elemento tinto di rosso nei manifesti del tempo. Un vestito, un cap- pellino, una cornice a fiori. Grazie al giovane studio sugli archetipi, il colore assume rilevanza nella comunicazione. Le grafiche del tempo denotano eleganza, erotismo e urgenza. Insomma, senza aver studiato tecniche di neuro-marketing, gli artisti avanguardisti sono già consapevoli di come toccare le corde del cuore di chi li guarda. La pubblicità emoziona ed entra in empatia con il popolo. Da allora il concetto di marketing resterà invariato. Si è trovata la chiave giusta per veicolare un messaggio: sogno e passione. Il sogno diventa l’arma per accendere il desiderio nelle persone. Il termine desiderare proviene dal latino de-sidus, provare mancanza delle stelle. Esprime un senso di voglia, quasi erotica, verso il raggiungimento di uno scopo e di un obiettivo. Ed è proprio alludendo al “desiderare le stelle” che nel 1910 la bevanda Cinzano lancia una campagna pubblicitaria che praticamente parla da se. Ci racconta di una società che sogna e spera per un futuro in grande. Praga Mucha Museum, Litografie pubblicitarie, Alfons Mucha 1899 circa
  • 20. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 20 LE AVANGUARDIE Questa è l’epoca dei sogni insomma, ma l’idillio non durerà per sempre. L’Europa sta per risve- gliarsi da questa dolce “domenica della vita” per piombare in uno stato di buio e depressione che durerà per molto tempo. Cinzano, litografia su cartoncino, Leonetto Cappiello, 1910
  • 21. 100 ANNI DI PUBBLICITà © Hydrogen. Tutti i diritti riservati hydrogen-code.com Il primo dopoguerra
  • 22. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 22 IL PRIMO DOPOGUERRA S iamo davanti ad un bivio storico di lunghissima durata. Si apre un periodo nuovo, bello e brutto insieme, un po’ come una pandemia inattesa che ci costringe chiusi in casa a riscoprire sentimenti come la noia, la paura ma anche la vita in famiglia, tempo per riflettere e tornare in noi stessi. Il passaggio dalla Belle Époque all’età dei grandi conflitti mondiali si riassume in una sola parola, addio. L’opera, appunto intitolata "l’Addio", raffigura una donna intenta a salutare un gruppo di militari in partenza per la guerra. è il 1917 e il primo grande conflitto mili- tare  è già alle porte del suo terzo anno. Nell’animo dell’autore persistono ancora quel- la vivacità di colori tipiche delle avanguardie. Il movimento della mano tratteggiato su più punti, quasi rappresentato a rallentatore, è in- triso di spazialità futurista. Le forme dal tono onirico, invece, accennano a quella che da lì a poco diverrà la nuova nar- rativa dell’arte: il cubismo. Con le sue forme scomposte ma squadrate, Bucci rievoca un addio doloroso. Addio alle notti gioiose al Quartiere Latino di Parigi. Addio alle domeniche spensierate al Café des Artistes. Addio alle passeggiate en plein air in Bretagna. Addio al fuoco rivoluzionario delle nuove tecnologie. L’unico fuoco rimasto è quello dei fucili che tra il 1915 e il 1918 terrorizza l’Europa. A seguire solo declino e confusione. L’addio (Saluto alle truppe), Anselmo Bucci, collezione privata, 1917. Il primo dopoguerra
  • 23. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 23 IL PRIMO DOPOGUERRA L’epidemia di Spagnola (1918-1920), l’ascesa del Fascismo in Italia (1922), il crollo della Borsa di Wall Street (1929), il Nazismo in Germania (1933), le persecuzioni razziali e la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Una scia di eventi drammatici che decretarono il blocco spirituale e so- ciale dell’Europa intera. Insomma, addio. LA BELLE ÉPOQUE AMERICANA Se da un lato dopo lo scoppio della Grande Guerra l’Europa inizia un lento percorso verso il declino, in America persiste ancora un cer- to benessere. Sembra quasi, infatti, che all’inizio del 1915, lo spirito dell’arte e della gioia, fatte le valigie, attraversi l’ Oceano Atlantico per approdare in America, insieme a milioni di irlandesi, italiani e polacchi, in cerca di futuro. Gi anni ’20 diventano per gli USA un periodo di crescita e benessere. Un jazz sfrenato di libertà e opulenza . Gli anni ruggenti, la cui unica sobrietà è quella imposta dal Governo che nel 1920 emana una legge sul proibizionismo per il consumo di alcolici. Birra a parte, la vita notturna di New York è pura follia. Nel 2000 la Disney realizza un episodio di “Fantasia2000” interamente dedicato a questo periodo. Sulle note di “Rapsodie in Blu” composta da George Gershwin nel 1924, si delinea lo skyline di una New York in espansione. È un’epoca di benessere economico. Qui prende forma quello che sarà per sempre ricordato come il sogno americano. Anche l’uomo della strada inizia ad investire in azioni e le vede salire incessantemente, senza mai fermarsi, nell’arco di dieci anni, tra il ’20 e il ’29. Impressionato dallo sfarzo del tempo, lo scrittore Francis Scott Fitzge- rald nel 1925 pubblica uno dei suoi romanzi più di successo “Il grande Gatsby” . Un’opera letteraria dai toni vivaci e scandalistici. Anche qui, sullo sfondo, un mondo in costante evoluzione. A tutti viene con- cesso di sognare, ma sopratutto di possedere. Nasce in questi anni l’idea di pagamento a rate. Lo slogan “Compra oggi, paghi domani” diventa un tormentone co- stante in pubblicità. Il domani tanto acclamato dai copywriter del tempo, è un futuro im- precisato ma certamente felice. Non c’è nulla che possa turbare l’entu- siasmo della “new era” americana. Si può acquistare di tutto. Tutti possono possedere radio, stufe, condi- zionatori e deodoranti. Mary Garden Perfume, anni’20 Radiator company, 1926
  • 24. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 24 IL PRIMO DOPOGUERRA Le immagini sono figlie della réclame tradizionale ma intrise di un modello socio culturale nuovo. L’urgenza espressa dalle ripetizioni delle parole “now” e “buy” è seguita da allettanti proposte di rateizzazioni del pagamento. Sono realizzate a mano e ricalcano l’originalità dell’autore. Le figure, così a metà tra materico e onirico, sono raffigurazioni realiste ma fantasiose. Esattamente come dettato dal canone arti- stico del tempo. Si tratta del “Precisionismo”, una corrente nata in quel periodo in America ed è una fusione tra cubismo e realismo. L’arte visiva trova ampio spazio anche nel cinema, dove le nuove tecniche audio e suono ini- ziano a spopolare. Artisti del calibro di Charlie Chaplin e il duo Stan Laureln e Oliver Hardy, prendono voce sullo schermo e strappano un sorriso al pubblico raccontando di un mondo un po’ ingenuo ma pienamente felice. Nel 1928 si aprono le candidature alle elezioni presidenziali. Il repubblicano Herbert Clark Hoo- ver, preso da insaziabile spirito di ottimismo rilascia una dichiarazione che potrebbe quasi suo- nare come le sue ultime parole famose: “Questo è l’inizio di una nuova era per il nostro Paese. È in atto un cambiamento senza precedenti che ci condurrà a debellare definitivamente la povertà dalla nostra Nazione”. È il 1928. Solamente un anno dopo Hoover salirà in carica come 31° Presidente degli Stati Uniti. Ma il destino ha in serbo un brutto scherzo da giocare all’ottimismo degli americani. Art Institute of Chicago Building, Nighthawks, Edward Hopper, 1942 Aucassin and Nicolette, Charles Demuth, 1926
  • 25. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 25 IL PRIMO DOPOGUERRA SANTA CLAUS IS COMING TO TOWN Nel 1936 un affermato Charlie Chaplin sbalordisce migliaia di spettatori in tutto il mondo cer- cando di svincolarsi dalle morse di un macchinario infernale. Il film è “Tempi moderni” , una critica agrodolce nei confronti delle condizioni dell’americano medio in quel periodo. Condi- zioni non più rosee rispetto al decennio precedente. La situazione economica americana a fine anni ’20 è ormai in caduta libera. File di donne e uomini riempiono le piazze dei centri urbani in attesa di ricevere pacchi alimen- tari in beneficenza. Ma a cosa è dovuta questa crisi terrificante? Se da un lato negli anni ’20 la crescita e l’espansione economica trovano terreno fertile, dalla fine del 1928 in poi, l’iperproduzione inizia a rallentare gli introiti delle casse aziendali. Si produce troppo e si vende poco. I titoli in borsa crescono a dismisura e nel settembre del 1929 gli investitori attirati da facili gua- dagni vendono più di 13 milioni di titoli. Tutto questo porterà alla crisi del giovedì 24 ottobre. Il giovedì nero della borsa americana. I numeri della crisi sono devastanti. Risparmiatori sul lastrico, speculatori senza un centesimo, banche e imprese fallite, recessione, 13 milioni di disoccupati. Gli USA ritirarono i propri capitali dall'Europa, portando la crisi anche nel Vecchio Continente. È l’inizio di un nuovo periodo nero per la storia mondiale. La grande depressione durerà oltre dieci anni, tra il 1929 e il 1939. In questo periodo l’arte Precisionista diventa occhio privilegiato della realtà. Lo sguardo dell’ar- tista è limitato, senza orizzonte. Ai grandi paesaggi impressionisti si sostituisce una realtà fatta di ferro e cemento. Clip dal film “Modern Times, regia di Charlie Chaplin, 1936.
  • 26. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 26 IL PRIMO DOPOGUERRA Prevale lo studio degli interni. Studi, cucine, salotti sono i soggetti ritratti, quasi ad indicare che ormai l’unico luogo accogliente e sicuro non è per le grandi vie parigine e viennesi, ma nell’in- timo della propria casa. Forme solide ma senza fondamento da cui traspare l’insensatezza della realtà. I quadri precisionisti sono pubblicità. Arte e realismo si fondono nelle rappresentazioni di artisti come Sheeler per raccontare una storia e parlare con il pubblico. Nelle opere precisio- niste l’osservatore del tempo ritrova la propria vita, il disagio e l’attesa per un futuro più felice. Insomma se la pubblicità è specchio del consumatore, Sheeler è da considerarsi il più bravo Art Director della storia. Sono proprio le pubblicità che attingono a questo realismo artistico per parlare al pubblico in un periodo di crisi profonda. In questi anni nasce l’utilizzo dei testimonial. Figure di fiducia, forti e belle, capaci di conso- lare e ispirare il pubblico toccato dalla crisi. Sono personaggi gentili e carini. Proprio in questo periodo “The Coca-Cola Company” ha l’idea della storia. Già nel 1889 infatti il fumettista politico Thomas Nast aveva rilasciato diverse vignette di San Nicola vestito di rosso intento a distribuire doni nelle case. Vi era stata una forte crisi nel paese e il personaggio servì di conforto agli americani del XIX secolo. Quarant’anni dopo una seconda crisi travolge gli USA e l’immagine si rende nuovamente utile allo scopo. Fa così colpo per i colori, la dolcezza e la simpatia del personaggio che Coca-Cola decide di utilizzare l’immagine del Santo nelle sue pubblicità. È il 1931 e Coca Cola inventa Babbo Natale . Ma la coca Cola non è l’unica bevanda che circola per le strade americane del tempo. Nel 1933 infatti il Governo degli Stati Uniti ritira la legge sul proibizionismo reintroducendo l’utilizzo degli alcolici in pubblico. Di conseguenza torna legale sponsorizzare questo genere di bevande. Prima fra tutte compare la Guinness con i suoi manifesti d’epoca. A sinistra: American landscape, Charles Sheeler, 1930 Sopra: Home sweet home, Charles Sheeler, 1931
  • 27. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 27 IL PRIMO DOPOGUERRA La compagnia di birra irlandese esplode con campagne pubblicitarie che ancora oggi deco- rano i pub di tutto il mondo. Si alternano immagini surrealiste e precisioniste, ridonando al prodotto un nuovo concept capace di superare la prova del tempo. Dopo anni di silenzio è ora di ritornare sul mercato. Ma la rivincita è tanto creativa quanto strategica. È tempo di comunicare sicurezza e vicinanza alla popolazione e i messaggi lanciati da Guinness sono di incoraggiamento e forza. La più famosa è la campagna che per l’intero arco degli anni ’30 accompagna le pubblicità del prodotto, “Guinnes for strenght”, un invito a riprendere fiducia in se stessi per ricostruire ciò che la crisi ha portato via. Cocacola e babbo Natale, illustrazione di Haddon Sundblom, 1931 Campagna anni ’30 di Guinnes for strenght, John Thomas Young Gilroy.
  • 28. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 28 IL PRIMO DOPOGUERRA Non manca certo un pizzico di ironia che da sempre accompagnerà il tono di voce del brand. Tutto merito dell’illustratore inglese John Thomas Young Gilroy. Ma non è solo la cartellonistica ad essere protagonista della pubblicità. La radio ha ormai conquistato le case di tutti gli americani. In questo periodo nasce l’idea pubblicitaria della soap opera. Un rac- conto a puntate sponsorizzate da un’azienda. Il termine “soap” deriva proprio dall’azienda Procter and Gamble, produttrice di saponi, che ha per prima questa idea di marketing. Una delle serie più famose è “Sen- tieri” o “The guiding light” che a partire dal 1937 appassiona milioni di radioascoltatori di tutto il mondo con più di 15.000 puntate. Insomma la pubblicità diventa entertainment, per strappare un sorriso agli americani e libe- rare le loro teste dai pensieri negativi. Nessuno può però immaginare in quell’epoca che a male si aggiungerà presto altro male ed avrà le forme e il suono di un Kawasaki Ki-48. L'ORA DELLE DECISIONI IRREVOCABILI È il 1939 in Italia e un giovane Gilberto Mazzi infiamma le piste da ballo con i suoi fox trot. È un’Italia in piena era fascista, anestetizzata dalle parole del Duce che impone ordine e rigore ma sopratutto in economia detta la legge che “anoibastasolol’essenziale” tutto il resto è un in più. The guiding light, dell’azienda Procter & Gamble. Murales di David Alfaro Siqueiros, Tecpan (Guatemala)
  • 29. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 29 IL PRIMO DOPOGUERRA “Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare sarei certo di trovare tutta la felicità” . Insomma uno stipendio di circa 850 Euro mensili sono più che sufficienti. Se da un lato dunque il rigore dittatoriale impone sobrietà, dall’altro la pubblicità non fa altro che adattarsi all’ideologia. Conservando, tuttavia, quello spirito artistico che anima i mani- festi d’epoca. L’arte e la cultura non sono più libere ma sono in mano alla propaganda di stato. Nel 1927 gli artisti diventano la diciassettesima corporazione della Carta del Lavoro redatta dal fascismo. Se il di più non serve, in arte solo due sono le forme essenziali: il Muralismo e il Futurismo. In quest’epoca di sconvolgimenti geopolitici, nel 1910 in Messico nasce il Muralismo o arte dei murales. Si diffonde a seguito della sanguinosissima Rivoluzione Messicana che vede sconfitto il dittatore Porfirio Diaz a favore di uno stato costituzionale e democratico. È il movimento artistico più semplice. Ancora oggi infatti i murales sono espressione artistica del popolo libero. Niente gallerie, niente mecenati e niente ideologie guidate. L’arte si esprime per strada, sullo sfondo di una civiltà del cemento in espansione. Intorno agli anni ’30 anche l’Europa viene investita da questo movimento, finendo però per essere messo completamente a tacere dalle dittature. Al contrario il futurismo fascista trova la sua espressione in autori del calibro di Umberto Boc- cioni. Forme sicure e fiere che rappresentano la rivincita dell’uomo su un passato fatto New York Museum of modern Art, La città che sale, bozzetto di Umberto Boccioni, 1910.
  • 30. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 30 IL PRIMO DOPOGUERRA di schiavitù e dominio sui più poveri. Come affermato dal poeta Tommaso Marinetti nel suo “Manifesto futurista” del 1909, ora è la tecnologia a proiettare l’uomo verso le alte vette dei principii dell’uomo forte. Non da meno l’architettura. Diventa imponente ergendosi nelle città italiane e tedesche dando vita ad opere squadrate, precise, autorevoli e funzionali. Ma ad essere ugualmente squadrata, precisa, autorevole e funzionale è la pubblicità del tempo. La parola d’ordine è una sola: autarchia! Le immagini, sono figlie di quel Futurismo e di quel Cubismo solido ed irremovibile. I copy sono austeri e imperativi. Insomma l’arte pubblicitaria è completamente assoggettata alle figure di Mussolini e Hitler. Gli esponenti del Futurismo italiano sfruttano le potenzialità della comunicazione di massa, ponendosi soprattutto al servizio della produzione industriale loro contemporanea. Se i manifesti ideologici degli artisti futuristi vengono realizzati con le tecniche di una comu- nicazione assertiva, dai colori forti e con un uso sapiente dei caratteri tipografici e della loro disposizione, queste caratteristiche vengono ugualmente impiegate anche fuori dall’attività Manifesti pubblicitari per Campari e Ilva, Fortunato del Pero, 1927 circa.
  • 31. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 31 IL PRIMO DOPOGUERRA artistica strettamente intesa, particolarmente in pubblicità. La produzione seriale industriale trova dunque nel linguaggio futurista un mezzo ideale per celebrare la modernità e la velocità, ed enfatizzare così il messaggio pubblicitario attraverso l’efficacia della composizione artistica. Tra i pubblicitari di maggior successo in quell’epoca troviamo Fortunato del Pero, trentino, clas- se 1892. Artista poliedrico che collabora per tutta la sua vita con il mondo della pubblicità. La pubblicità approda in un periodo ancor più difficile per la cultura e la pace mondiale. Le grandi agenzie dei Mad Man americani sono ancora lontane. Questa è l’era della volumetria, della chiarezza e pesantezza di forme... ...l’ora delle decisioni irrevocabili . Matite Fila compongono un Fascio Littorio, Lucio Venna, 1938 Pubblicità Fiat, Giuseppe Riccobaldi Del Bava, 1928
  • 32. 100 ANNI DI PUBBLICITà © Hydrogen. Tutti i diritti riservati hydrogen-code.com Il secondo dopoguerra
  • 33. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 33 IL SECONDO DOPOGUERRA È quasi silenziosa la bomba che pone fine alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo anni di terrore e sangue, un bagliore illumina le città di Yroshima e Nagasaki. Vento caldo, poi bruciante, poi nulla. Tutto in un attimo viene raso al suolo. È la fine di una guerra. Il 2 settembre 1945 gli eserciti cessano di combattere. Si apre una nuova epoca per l’umanità. Un’epoca dove il concetto di pace e di paura convivono insieme in strana armonia nei termini “Guerra Fredda” e “Bomba Nucleare”. Lo sviluppo economico ritorna a vivere e le antiche monarchie europee cedono il passo alla democrazia repubblicana. Un’evoluzione e un progresso lontani però dagli sfarzi e gli eccessi della belle époque o dagli anni ruggenti americani. Il mondo riprende a camminare velocemente verso il progresso ma lo fa silenziosamente. Come se quei sei anni di guerra e bombe avessero impresso una ferita profonda nel cuore dell’umanità. Ai ritmi coinvolgenti del jazz, si sostituiscono quelli più pacati e lenti della musica soul e blues . Ogni militare in quel periodo si spoglia della divisa per ritornare a indossare gli abiti bor- ghesi, cercando di lasciare indietro gli anni di terrore. Ma un vuoto persiste, incolmabile e inspiegabile nell’animo delle persone. La guerra era finita fuori ma restava ancora viva dentro di loro. Così l’umano assiste da spettatore passivo alla fine di una guerra difficile e drammatica, come un uomo che guarda fuori dalla finestra in cerca di un orizzonte che non riesce più a trovare. È l’inizio del secondo dopoguerra. Office in a small city, Edward Hopper, 1953. Il secondo dopoguerra
  • 34. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 34 IL SECONDO DOPOGUERRA LA RINASCITA La fine della Seconda Guerra Mondiale restituisce all’Europa un volto completamente modifi- cato sia nell’animo che al di fuori di esso. I giochi geopolitici mutano definitivamente e i confini geografici iniziano a prendere quella forma che conosciamo ancora oggi. Due blocchi contrapposti prendono piede sulla scena del mondo. È l’epoca delle grandi dichia- razioni di pace e dei diritti umani ma è anche l’epoca di muri e divisione. Ci si guarda ancora da lontano con diffidenza e spirito critico. Dalle macerie dei bombardamenti si inizia a costruire ciò che si era perso. Il 5 giugno 1947 il Segretario degli Stati Uniti George Marshall, dichiara che il primo passo da fare è quello di aiutare l’Europa a rinascere. È così che da quell’anno fino al 1951 lo Stato Federa- le versa ai paesi del Vecchio Continente 13 miliardi di dollari utilizzati per la costruzione. Espor- tando di fatto il benessere e insieme ad esso le dottrine economiche a stampo capitalistico. Per tutti gli anni ’50 c’è un susseguirsi di date fondamentali per la politica mondiale. Nel 1945 viene istituita l’ONU. Nel 1947 in Europa nasce il GAT, il primo accordo dei paesi per la circolazione di merci con una tariffa fissa sulle dogane. Nel 1951 viene istituita la CECA, Comunità del Carbone e Acciaio, per poi diventare nel 1957 la CEE, Comunità Economica Europea. Nel giro di pochissimi anni l’Europa torna a respirare e la Germania dell’Ovest diventa la prima potenza economica del continente. Pur essendo divisa in se stessa dalla dominazione a Est dello Stato Sovietico. Se da un lato, quindi, la Russia continua a dominare su tutto l’Oriente Europeo, l’Occidente con- tinua a industrializzarsi in maniera quasi uniforme. Persino l’Italia nel suo piccolo diventa fulcro della rinascita, grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo e all’industrializzazione del Meridione. Ma sono gli Stati Uniti ad essere il protagonista principale di questa corsa all’oro. Una maggiore produzione conduce ad un più ampio sviluppo dei consumi. Nel 1955 aprono Disneyland e McDonald. Considerati ancora oggi due enormi colossi dell’eco- nomia americana. Per non parlare della NASA, fondata nel 1958. Ovviamente, in tutto questo rilancio economico e produttivo, il Pontefice indiscusso tra pro- duttori e consumatori resta sempre lei, la pubblicità. È L’ORA DEL CAROSELLO La televisione è considerata una delle più grandi invenzioni della storia e causa, a dire di molti ironici, dell’abbassamento dei dati di nascita nel mondo occidentale. Tra il 1951 e il 1954 vengono inventati in ordine la tv a colori e il telecomando. Si stima che dal 1955 in poi ogni famiglia americana avesse in casa un televisore.
  • 35. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 35 IL SECONDO DOPOGUERRA Parliamo di una rivoluzione in termini di comunicazione. Per la prima volta c’è un mezzo capace di uniformare le masse e di farle guardare in contemporanea lo stesso program- ma. Chi riesce ad apparire in televisione ha il potere di lanciare un messaggio a tutti con uno sforzo minore rispetto alla radio e alla réclame tradizionale. Uno dei primissimi colossi a comprendere le potenzialità degli spot video è Volkswagen che dal 1949 inizia a girare una serie di spot dal tono di voce vivace e accattivante, come il primissimo “VW Bug at an auto show ad with Wink Martindale”. La portata di questo cambiamento è epocale. Se nel ’45 infatti gli americani conquistarono la Germania, a soli quattro anni di distanza tocca ai tedeschi conquistare gli americani con un’au- tomobile, considerata iconica ancora oggi. Ma non è solo la portata del messaggio a interessare l’industria della pubblicità. Se è importante parlare alla televisione, ancora più importante è capire con chi si sta parlando. È così che in quegli anni nasce il concetto di targeting, ovvero lo studio del pubblico per attiva- re pubblicità su misura per i bisogni dei diversi consumatori. Un altro elemento onnipresente negli spot di quegli anni sono le sigarette . L’industria di tabacco americano in quegli anni subisce un duro colpo a causa di un report del 1953 in cui si conferma il legame tra il fumo di sigaretta e il manifestarsi del cancro. Il Governo degli Stati Uniti impone alle grandi aziende di non invogliare più i consumatori a fumare troppo e ordina che nelle pubblicità non si affermi più che il fumo fa bene alla salute. Pubblicità Malboro e Lucky Strike, anni '60
  • 36. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 36 IL SECONDO DOPOGUERRA Ecco che i pubblicitari si trovano davanti ad una grande sfida comunicativa, dovendo trovare nuove modalità per istigare le persone a fumare. Ma il genio dei grandi pubblicitari dell’epoca non si arresta. Sono comunemente chiamati MadMan a causa della loro vita lontana dai canoni di perfezione borghese. Si ingegnano ad arte per restituire un nuovo volto all’industria del tabacco che non urti la sen- sibilità del Governo. Nasce il mito del CowBoy fumatore, l’uomo americano che parte alla conquista del West, legando così le sigarette ad un messaggio di forza e potere maschile. In alternativa si punta al sapore delle sigarette come qualità gradevole, legandole all’immagine di erba tostata come il buon pane al mattino. Cosa accade invece dall’altra parte dell’Oceano? In Europa tutto procede più lentamente. In Italia la televisione ci metterà qualche anno in più prima di prendere piede su larga scala, ovvero, quando l’invenzione delle cambiali consentirà ai cittadini di acquistare prodotti di lusso a rate. È il 3 febbraio 1957 e già in alcune case italiane risuonano per la prima volta le note della sigla del Carosello . Il primo show per famiglie con inserimenti pubblicitari. L’Italia si trova davanti ad un fenomeno nuovo. La cultura non è ancora abituata alla mentalità consumistica americana, tuttavia l’economia chiede agli italiani di fare uno sforzo in più da questo punto di vista. È così che per indorare la pillola, gli spot del Carosello si presentano sottoforma di cartoni ani- mati e soap opera avvincenti, dove il protagonista non è il prodotto ma il racconto di una storia. Il risultato però a volte è deludente. Ancora oggi, molte delle persone che da piccoli guarda- vano Carosello ricordano benissimo le avventure di Carmencita e il Caballero ma difficilmente ricordano di quale compagnia di Caffè fossero i testimonial. Si tratta inoltre di pubblicità molto lunghe. Lo spot televisivo “RCA Air Conditioner” andato in onda nel 1960 dura più di 90 secondi. Un tempo infinito per noi contemporanei. L’ARTE DEI CONSUMI Verso la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 il boom economico e capitalistico subisce un brusco freno, tutti i paesi industrializzati affrontano una crisi economica, ma soprattutto cultu- rale. La prima a pagarne le spese è la pubblicità. I pubblicitari, infatti, subiscono numerose critiche da parte degli intellettuali, dai giovani e da numerose persone che condividono le ideologie anticonsumistiche. L’accusa è quella di cre- are negli individui bisogni di consumo “falsi” e “superflui”. Nel 1964-65, anche in Italia arrivano i primi segnali di tale contestazione verso il mondo della pubblicità. Passata l’epoca della ricchezza consumistica indisturbata, i linguaggi iniziano ad evolvere e il mondo dell’arte conosce un rifiorire grazie all’avanzare dei due più grandi movimenti del tem- po: la Pop-Art e il Minimalismo. Entrambe i movimenti sono figli del dopoguerra, della cultura consumistica e della pubblicità.
  • 37. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 37 IL SECONDO DOPOGUERRA La Pop Art in particolare, può essere considerata la prima forma d’arte nata dalla pubblicità e non viceversa. Si presenta con Foto, Rielaborazione di immagini pubblicitarie, Fumetti, Perfor- mance e improvvisazioni, dove l'artista realizza le sue opere davanti ai suoi spettatori. Tutto diventa manifestazione del disagio causato dal bombardamento pubblicitario e la voglia di consumare fino a scoppiare. Nata tra il Regno Unito e gli Stati Uniti, vede come principali protagonisti artisti del calibro di Andy Warhol , Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Richard Hamilton, Robert Rau- schenberg e Jasper Johns. Le loro opere sono semplici ed immediate, quasi una caricatura delle copertine patinate delle riviste. È un’arte che si rivolge alle masse mettendo in mostra elettrodomestici, lattine di zuppa e fumetti. Esattamente come la pubblicità, le opere di questo movimento non sono altro che prodotti commerciali. Questa volta però non con l’intenzione di vendere ma di trasmettere un messaggio. Tate Modern Art Museum, Whaam, Roy Lichtenstein, 1963 MoMA, Campbell Soup, Andy Wharol, 1962
  • 38. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 38 IL SECONDO DOPOGUERRA In questo caso gli elementi si fondono e la pubblicità si fa uguale all’arte, o meglio il contrario. L’arte dei cesti di frutta e dei fagiani posati sul tavolo è finita, le nuove nature morte sono cucine piene di barattoli brandizzati e pacchi di cereali. Se volessimo fare un paragone tra le pubblicità dell’epoca e i quadri qui riportati, non riusci- remmo quasi a distinguere uno stile da un altro. Di tutt’altro avviso invece è l’Arte Minimalista. Il termine viene coniato nel 1965 dal filosofo inglese Richard Wollheim. L’arte minimalista nasce in seno alle proteste anticonsumistiche della pubblicità e rifiuta ogni forma di iconografia e di immagine. Propone solo elementi semplici, ridotti all’osso, al minimo della comunicazione. Guarda alle forme dei grattacieli che sovrastano le città e rifiuta tutto ciò che è rappresentativo della reli- gione capitalista. In un’epoca in cui la gran parte delle persone in vita era stata assordata dal rumore di bombe e carri armati, il minimalismo impone il silenzio e la tranquillità. Emergendo dal caos distopico generato dalla Guerra Fred- da. All’interno del panorama pubblicitario troviamo un famosissimo esempio di pubblicità minimalista. Il caso è nato grazie al bisogno della Volkswagen di indurre i consuma- tori a optare per il famoso Maggiolino. Nell’era del consumismo tutto doveva essere grande. Dagli elettrodomestici alle auto, la grandezza era indice di benessere. Come invogliare allora la gente ad acquistare una delle auto più piccole mai prodotte nella storia? A venire in aiuto del colosso automobilistico arriva Bill Bernbach, fon- datore dell’agenzia DDB e geniale copywriter autore di moltissime pubblicità di successo dal 1959 in poi. L’idea del copywriter è semplice ed efficace, ridurre al minimo il concetto A sinistra: Pubblicità del Ketchup Heintz del 1957. Sopra: MoMA, Still life n.30, Tom Wesselmann, 1963 Tate Modern, Hyena Stomp, Frank Stella, 1962
  • 39. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 39 IL SECONDO DOPOGUERRA e distogliere l’attenzione dalle grandi produzioni di massa. Si chiamerà “Think small”. Se non è Minimal Art questa... La Pop Art e la Minimal Art contribuiscono definitivamente a rivoluzionare il mondo della pubblicità. Apportando cambiamenti non solo nell’arte ma anche nella mentalità delle persone, grazie alla loro distribuzione di massa dovuta ai messaggi semplici e immediati che propongono. Ora toccherà a quelle stesse masse, dare il via ad una delle più grandi rivoluzioni culturali mai viste prima. Bill Bernbach, Think Small, 1959.
  • 40. Gli anni '60 & '70 100 ANNI DI PUBBLICITà © Hydrogen. Tutti i diritti riservati hydrogen-code.com
  • 41. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 41 GLI ANNI '60 E '70 I movimenti di massa sono da sempre uno dei successi mediatici più importanti della storia. Alla base di questi movimenti c’è un sostanziale rifiuto di ciò che è venuto prima. L’umanità intera incanala tutto in strutture fisse, confini, terminologie e regole. Fin dagli albori la sche- maticità delle cose ha aiutato gli esseri umani a gestire le informazioni che arrivano dall’ester- no. Tuttavia, arrivano dei momenti nella storia dove tutto, ogni elemento giunto dal passato, inizia a diventare obsoleto e necessita di essere cambiato, o meglio, rivoluzionato. Nasce così la rivolta dell’uomo che si scrolla di dosso canoni e principi vecchi per vestirne di nuovi. «Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando.» (L'Homme révolté. Essais, Albert Camus) Museo d’arte di Rivoli, Alighiero Boetti, Mappa, 1971-1973. Gli anni '60 e '70
  • 42. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 42 GLI ANNI '60 E '70 Tra la fine degli anni ’60 e l’intero decennio successivo, queste rivolte sono state le protagoniste più o meno violente della storia. I confini delineati dai patti del Secondo Dopoguerra iniziavano a stare stretti un po’ a tutti e un vento di novità stava per travolgere l’Occidente. I’D LIKE TO BUY THE WORLD A COKE La seconda metà degli anni ’60 è caratterizzata da avvenimenti di portata epocale. Nel ’65 inizia la sanguinosa guerra in Vietnam e la Kodak lancia l’innovativa pellicola Super8. Mao Tse-tung avvia la Rivoluzione Culturale in Cina nel 1966. E poi il ’68 l’anno delle grandi contestazioni di massa per gli studenti di tutto l’Occiden- te marciando a passo sostenuto verso la libertà. Mentre nel 1969 c'è un unico, goffo, piede, a fare la differenza, calcando per la prima volta la crosta lunare. C’è aria di novità insomma e questo la pubblicità lo percepisce benissimo. Uno dei più grandi colossi al mondo, la Coca Cola, torna a far parlare di se con una strategia che resterà per sempre negli annali della Storia pubblicitaria. Nel 1971 va in onda uno spot targato dal marchio di bibite dal titolo “Hilltop” . Ragazzi di tutto il mondo, in abito hippy, si ritrovano su una collina in Italia per cantare in nome della Cocacola e inneggiare alla pace. “I’d like to buy the World a Coke and furnish it with love…”. Una visione onirica e pacifica ma anche rivoluzionaria. Coca Cola punta alle nuove generazioni come motore principale delle proprie campagne. Lasciati alle spalle gli spot “classici”, composti da famigliole felici, bianche e benestanti, il mar- chio utilizza dei ragazzi che nella mentalità americana dell’epoca sono paragonati a de- gli scapestrati senza futuro. Quei “ragazzacci” che rifiutano ogni forma di incatenamento borghese e che inneggiano alla libertà. Come abbiamo visto, l’arte dell’epoca si è apertamente schierata contro il consumismo dilagante. Dagli anni ’60 in poi la pubblicità di- venta uno strumento sempre più distante dai manuali di pittura e dai concetti espressivi dei pittori. Inizia così a diventare un’espressione a se’ con movimenti e correnti indipendenti. Grazie al sorgere delle grandi agenzie pubblicitarie in tutto il Mondo ogni Art Director e Copywriter diventa il fondatore di una scuola di pensiero autonoma. Creatività ed arte iniziano a prendere strade diverse. Il marketing prende il posto del pennello e il copy d’assalto sostituisce il concetto artistico. Il cambiamento della pubblicità diventa epocale e inizia ad avvicinarsi sempre di più a quello di pubblicità contemporanea. Ma non è solo la “nuova scuola” pubblicitaria a rendere diverso Spot CocaCola, 1971
  • 43. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 43 GLI ANNI '60 E '70 il volto dei banner pubblicitari. C’è una nuova rivoluzione in atto nel concetto di immagine stessa. Inizia l’era della fotografia. GLI ANNI DI PIOMBO E L’ITALIA CHE FA PUBBLICITÀ È l’8 giugno 1972 Kim Phuc, bambina vietnamita di 9 anni, si trova vicino al tempio di Cao Dai con la famiglia, che tenta di sfuggire ai bombardamenti tra le forze del Vietnam. Nick Ut, fotografo 21enne dell’Associated Press, si trova nei pressi del tempio quando vede que- sta bambina, completamente nuda, correre verso di lui in preda allo shock. Riesce a scattare un paio di fotogrammi prima di vedere Kim svenire. Questa immagine è il biglietto da visita di un decennio ricco di criticità, sofferenza e paure. Un decennio i cui eventi principali sono stati immortalati per sempre da grandi fotografi. È l’epoca del fotogiornalimo, in cui si comprende che spesso un’ immagine racconta più di mille parole. La pubblicità del tempo comprende la portata di questo movimento e ne diventa la naturale prosecuzione. Dando alla luce scatti pubblicitari degni delle più prestigiose gallerie d’arte. Nel frattempo i così detti “mad man” americani approdano in Italia e iniziano a dare libero sfogo alla loro creatività attraverso i canali pubblicitari, rendendo memorabili brand e slogan. Tra questi spicca per genialità Emanuele Pirella, classe 1940, da molti considerato il padre della pubblicità creativa in Italia. Pirella una volta affermò: “Lo scopo della pubblicità creativa non è vendere il prodotto, ma farsi comprare”. Nick Ut, Reportage dal Vietnam
  • 44. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 44 GLI ANNI '60 E '70 È il 1973 quando le vie principali del Nord Italia si riempiono di cartellonistiche provocatorie e dal tono mistico. Si tratta della pubblicità dei “Jesus Jeans, chi mi ama mi segua”, realizzata da Pirella in qualità di copy, Michael Goettsche e la fotografia dell’artista Oliviero Toscani. Sono gli anni in cui attraverso le immagini diventa possibile far cadere ogni tabù imposto dalla so- cietà e diventano lo strumento di contestazione di quella cultura reazionaria, moralista e patriarcale. Già negli anni sessanta infatti il mondo femminile ottiene la sua prima grande emancipazione attraverso l’invenzione e la più ampia diffusione di elettrodomestici come la lavatrice e l’aspira- polvere. La tecnologia conduce il mondo femminile fuori dall’universo casalingo e lo proietta in un mondo globalizzato e ricreato dal mezzo televisivo. Le donne iniziano ad essere più libere. Tra queste compare la figura della prima grande pubbli- citaria donna in Italia, è AnnaMaria Testa. Tra l’incontro di Testa con il suo maestro, Emanuele Pirella, nasce una delle collaborazioni cre- ative più fiorenti della storia pubblicitaria italiana. Anni dopo si potrà affermare che Annamaria Testa con la sua bravura ha raggiunto, se non superato, la bravura del suo maestro. Nel gennaio 1976 presso “Agenzia Italia” Testa inizia a lavorare con il suo maestro. Si tratta di un ambiente popolato da gente di profonda cultura, dove la curiosità è stimolata verso la ricerca e lo studio. Un ambiente frizzante e a volte persino divertente. Tra i migliori compaiono fra tutti Michael Göttsche. Qui incontra anche il futuro socio di TPR, l’art Paolo Rossetti. Ai tempi l’am- biente creativo è popolato da uomini così detti di cultura. Till Neuburg, direttore creativo, in un suo articolo su Testa così ricorda lo stile dei creativi che lavorano nelle agenzie in quegli anni: “Fino a pochi pixel, tweet ed euro fa, i creativi pubblicitari sono stati una sorta di arancioni che vesti- Lowe Pirella, Affissioni per Jesus Jeans, 1973.
  • 45. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 45 GLI ANNI '60 E '70 vano rigorosamente dark. Ci chiamavamo fuori dal conformismo, mentre il vero conformismo erava- mo noi: sempre attentamente trasandati, tiratardi a tutte le ore AM, vagamente trendy e á la page e, non di meno, inevitabilmente progressisti e femministi”. Tutto il lavoro è eseguito a mano senza l’ausilio dei moderni computer. Disegni e impaginati divengono prodotti originali e d’artigianato. La società inizia a cambiare. La potente mora- le patriarcale degli anni Sessanta cede il passo al rock, agli spinelli ed a un mercato costan- temente in crescita e in lotta per affermare il proprio prodotto. Il linguaggio trova ampio spazio nei nuovi slang giovanili e nell’introduzione di termino- logie anglosassoni che grazie ai mezzi di co- municazione attraversano l’oceano. I figli dei fiori e dei Barbapapà si sono trasfor- mati in veloci consumatori e acquirenti. Per Perlana Testa crea il famoso tormentone: “È nuovo? No, lavato con Perlana!” . Lo stile di Annamaria Testa è così inconfon- dibile. Non lavora sul suono e il senso delle parole ma sulla struttura del messaggio. Gli anni ’70, sono anni di crisi e austerità. Dopo la crisi petrolifera del 1973 infatti, l’inflazione si fa sempre più pesante. Sembrano essere anni sterili per la pubblicità. Un periodo nel quale invogliare la gente a spendere soldi per com- prare beni materiali suona come un lusso che nessuno avrebbe potuto permettersi. Ecco che Testa, consapevole di questo dato, per FIAT (un’azienda che desiderava uscire dalla stagnazione comunicativa) produce la copyad “DOMANI”. Su questa parola, nel 1977 FIAT inve- stirà mille miliardi.” Il messaggio è chiaro. Non si comunica alla gente di comprare prodotti FIAT. Chiede loro di fidarsi del marchio, di affrontare la crisi. Ispira nelle persone la consapevolezza che dalla crisi prima o poi si uscirà. In quest’epoca la pubblicità è coerente con il dato storico del tempo. Si è soliti dire “c’è crisi e la gente non vuole spendere soldi”. La pubblicità contemporanea al contrario, pur consa- pevole della crisi economica, tralascia di comunicare in maniera coerente questo fatto, a volte persino mentendo spudoratamente alle persone. Si giunge alla consapevolezza che la pubbli- cità non è un mero mezzo per comunicare prodotti e merci. Si tratta di uno strumento potente per trasmettere valori e idee. Nel 1979 Pirella e Testa lavorano alla prima campagna delle elezioni europee. AnnaMaria Testa, Pubblicità Ferrarelle, 1981.
  • 46. 100 anni di pubblicità © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com 46 GLI ANNI '60 E '70 Mentre un prodotto commerciale ha già un piano strategico di marketing, un partito politico non sempre ha un’idea chiara di cosa e come comunicare al pubblico. Secondo Testa, il pro- blema della comunicazione partitica italiana è che i politici comunicano idee che in realtà non hanno, cercano solo visibilità pensando che più sono visibili più consenso ottengono. I partiti mancano di chiarezza e concretezza. Le sfide dell’ottavo decennio del secolo scorso si rivelano molteplici. Una DC ormai vecchia, presto scomparirà dalla politica italiana. La società sta per conoscere un virus terribile, l’HIV. Ben presto le giovani generazioni di paninari e punk saranno rapite dal format di un canale televisivo nascente: MTV. E la Gran Milàn si perderà in un meraviglioso bicchiere di Amaro Ramazzotti “da bere” . Il tempo di pubblicità moraliste e raffinate è ormai finito. Il linguaggio chiede di essere condi- viso tra marca, buon uso e cittadino. Ora è il tempo di lanciarsi in nuove sfide grammaticali e sintattiche: “Golia Bianca sfrizza il velopendulo” così Testa ispira il marchio Golia. Questo è il sintomo di un’Italia che vuole arrivare lontano, molto più veloce di quanto riuscirà veramente a fare. Sono gli anni ’80, l’anticamera della nostra vita. La culla del nostro mestiere.
  • 47. © Hydrogen. Tutti i diritti riservati. hydrogen-code.com Testi Pietro Vito Spina Progetto Editoriale Hydrogen © Hydrogen - Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera, inclusi la registrazione e il trattamento informatico, senza previo permesso scritto di Hydrogen. hydrogen-code.com 100 anni di pubblicità
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