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Quindici anni di Azienda mi hanno fatto capire che un
Manager capace di ascoltare, comunicare, motivare è
fondamentale per sviluppare proattività, interesse,
affezione e - di conseguenza - per avere un impatto
significativo sul rendimento e il conseguente guadagno,
soprattutto in termini economici, per l'Azienda stessa.
È ormai assodato che il clima aziendale, se positivo, è un fattore
che contribuisce alla buona salute di un'Azienda. Chiunque abbia
un ruolo che contempli la gestione delle persone è pertanto
responsabile della creazione di un clima aziendale positivo, fatto
di motivazione e gratificazione del proprio team. Per questo
diventa fondamentale saper comunicare.
La presente guida non vuole sostituire un corso di
comunicazione: considerala un piccolo manuale di
apprendimento di alcune tecniche spesso utilizzate nella
relazione di coaching, dove saper comunicare è indispensabile:
ASCOLTO
DOMANDE
FEEDBACK
Qualche indicazione, accompagnata da brevi esercizi, ti guiderà
verso una maggiore consapevolezza della tua capacità di
ascoltare, di porre domande, di restituire feedback.
La tua modalità di comunicare migliorerà fin da subito.
COMINCIAMO ?
ASCOLTO
La maggior parte della gente ascolta con l'intenzione di
rispondere, non con il desiderio di capire. (A.C. Doyle)
Questo aforisma dell'ideatore di Sherlock Holmes suggerisce il
vero segreto dell'ascolto.
Esistono diversi livelli di ascolto: il più comune è il cosiddetto
"ascolto conversazionale" in cui la nostra attenzione è
suddivisa in circa eguale misura tra noi e l'altro.
Misura subito il tuo livello di ascolto con il seguente
esercizio.
Esercizio #1
Immagina che anziché leggere queste righe, io ti stia parlando.
Meglio ancora, se non sei solo/a in questo momento prova a
scambiare due chiacchiere con qualcuno.
Mentre leggi queste righe, o stai ascoltando qualcuno, cerca di
prestare attenzione a tutti i pensieri che ti attraversano la
mente.
Potrebbero essere pensieri del tipo "Bravo, ma come gli dico
che mi serve un'altra cosa?", oppure "Siamo alle solite: parla
sempre dello stesso problema", magari "Ottimo! Avrei voluto
avere io questa idea", ma anche "Che esercizio è mai questo?
Mi sembra una cosa inutile"...."Non ci riesco...." e via di questo
passo.
Ogni sorta di pensiero attraversa la nostra mente e molti tra
questi descrivono un'emozione che stiamo provando: "Che
noia. Non sopporto più questi discorsi!", "Finalmente ci siamo,
che sollievo!", "Mi fa paura quando parla così...".....
Ora prendi un foglio e prova a scrivere cosa pensi e cosa provi
mentre ascolti qualcuno.
I pensieri che attraversano la nostra mente quando parliamo
con qualcuno generano in noi stati d'animo diversi e spesso ci
inducono a interrompere il nostro interlocutore, a pensare alla
risposta che potremmo dare, a reagire in modo non funzionale
alla conversazione.
L'intelligenza emotiva gioca dunque un ruolo importante nella
nostra capacità di ascolto.
In una relazione di coaching il coach applica il massimo livello di
ascolto che è chiamato "ascolto empatico o globale", ma è
possibile instaurare una comunicazione efficace già solo
limitandosi all'ormai noto "ascolto attivo".
Siamo in ascolto attivo quando il nostro focus è completamente
sull'altro e le caratteristiche principali di questo tipo di ascolto
sono:
• reale interesse verso l'altro
• chi ascolta non parla, o lo fa solo per porre domande che lo
aiutino a comprendere meglio il proprio interlocutore o a
restituire ciò che ha sentito per condividere la sua percezione
• consapevolezza dei pensieri che attraversano la nostra mente
e capacità di non dare loro attenzione
Esercizio #2
Se ti impegnerai in questi semplici esercizi ogni volta che ne
avrai l'occasione, vedrai che il tuo livello di ascolto migliorerà in
breve tempo!
Ora che sei maggiormente consapevole dei pensieri e delle
emozioni che provi mentre ascolti qualcuno, cerca di riportare
la tua attenzione sul tuo interlocutore ogni volta che ti accorgi
di stare pensando a qualcos'altro.
Sarai in grado di sviluppare la capacità di ascoltare chi ti sta di
fronte, imparare a comprendere il suo punto di vista, aiutarlo a
superare le sue difficoltà facendo leva sulle sue risorse
personali.
Per fare tutto questo è necessario evitare di dire all'altro cosa
deve fare, il che minerebbe la sua autostima, aiutandolo invece
a trovare il suo proprio modo per arrivare all'obiettivo che è
stato condiviso.
E' di fondamentale importanza aiutarlo a prendere
consapevolezza delle proprie risorse: il nostro ascolto sarà
pertanto focalizzato sulla ricerca di tutti gli aspetti positivi che
restituiremo sotto forma di feedback.
In breve, saper ascoltare significa capire come vede le cose il
nostro interlocutore, quali sono i suoi punti di forza, i
punti di maggior difficoltà, cosa lo sprona e cosa lo
blocca. Il suo modo per affrontare una situazione o un
problema potrebbe essere completamente diverso dal nostro,
ma per lui/lei sicuramente più efficace e funzionale.
Il modo migliore per aiutare l'altro a trovare la propria modalità
di azione consiste nel porre domande anziché offrire le nostre
risposte.
A fronte di un ascolto attento, la domanda sorgerà spontanea.
Vediamo ora come porre domande in modo corretto.
DOMANDE
Avevo risposte bellissime per le domande che non mi
hai fatto. (ChiaraNonEsiste, Twitter)
Quante preziose informazioni relative ad una persona rischiamo
di perdere se non le poniamo le giuste domande?
E quali sono queste "giuste domande"?
Tutte le domande che nascono da un ascolto attento ed
interessato sono domande "giuste" e, soprattutto, una buona
domanda deve essere utile.
Utile al nostro interlocutore per capire qualcosa in più di sé e
permettergli di trovare la sua risposta, invece che aspettare
quella che gli daremmo noi. Per questo motivo la domanda
dovrebbe essere sempre esplorativa permettendo all'altro di
aprire dentro di sé nuove strade, di vedere le cose da nuove
prospettive.
Come formulare una domanda in modo corretto?
Innanzitutto una domanda deve essere aperta, ovvero non
deve consentire una risposta come un semplice "sì" o "no".
Esempio
"Sai che ore sono?" È una domanda chiusa
"Che ore sono?" È una domanda aperta
"Capisci cosa intendo dire?" E' chiusa
"Cosa hai compreso di ciò che ho detto?" E' aperta
Esercizio #3
Dopo questo esercizio, che ti invito a ripetere ogni volta che ti
accorgi di formulare una domanda chiusa, ti verrà spontaneo
formulare domande in modo corretto.
Formula almeno 5 domande in modalità chiusa e trasformale in
modalità aperta.
Un'altra regola piuttosto importante è imparare a non iniziare
mai una domanda con un perché.
"Perché", unitamente alla frase che ne segue, viene recepito
come un'accusa dal nostro cervello e quindi, pur
inconsapevolmente, tendiamo a metterci sulla difensiva. Al
contrario è opportuno cominciare una domanda con un Come?
oppure un Cosa?
Esercizio #4
Ti sarai accorto quanto ci venga automatico formulare domande
chiuse o che inizino con perché, ma se imparerai ad esserne
consapevole e a riformulare la tua domanda, ti accorgerai presto
dell'impatto differente che avrà sui tuoi interlocutori.
Un'altra modalità molto diffusa ed utilizzata da tutti consiste
nell' inserire un giudizio o un suggerimento nella domanda.
Esempi
"Come ti sei sentito dopo che ti ha chiuso la chiamata,
arrabbiato?"
In questo modo formuliamo un giudizio, stiamo dicendo all'altro
che si sarebbe dovuto arrabbiare. Tuttavia, se il nostro
interlocutore ha avuto una reazione diversa da quella suggerita,
potrebbe sentirsi sbagliato o inadeguato.
La formulazione corretta prevede solo la prima parte della frase,
"Come ti sei sentito dopo che ti ha chiuso la chiamata?"
"Come ti troveresti a scrivere i tuoi impegni su un'agenda?"
Posta così la nostra domanda contiene un consiglio, suggerisce
già una modalità di lavoro a qualcuno che, ad esempio, ci sta
parlando della propria difficoltà ad organizzarsi o a gestire i
propri impegni. Diverso potrebbe essere chiedere: "Quali altre
idee ti vengono in mente?", "Cosa ti piacerebbe fare
diversamente?" invitandolo così a trovare da solo la soluzione
giusta per lui.
Trasforma almeno 5 domande che iniziano con perché in
domande che iniziano con come o cosa
FEEDBACK
Gli specchi dovrebbero riflettere prima di rimandarci
l’immagine. (Jean Cocteau)
Spesso quando qualcuno ci chiede se può "darci un feedback",
tendiamo ad irrigidirci, aspettandoci una critica. Nella mia
esperienza continuo a constatare che, purtroppo e con una
discreta frequenza, abbiamo ragione.
Dare feedback è un'arte che è necessario imparare, soprattutto
quando investe la relazione capo-collaboratore.
Come deve essere formulato il feedback affinché stimoli il nostro
collaboratore a migliorare?
Le parole chiave nel feedback sono potenziante e portatore di
informazioni.
Un'ottima strategia per dare un feedback utile é quella del
cosiddetto "sandwich".
Innanzitutto, metteremo in evidenza gli aspetti positivi del
lavoro e/o del comportamento del nostro collaboratore, in modo
da farlo rilassare e ben predisporlo ad accettare i nostri
suggerimenti. Chiuderemo poi il nostro feedback ricordando
nuovamente questi aspetti positivi, in modo che la persona
sappia di poter fare affidamento su alcune sue risorse così che il
suo livello energetico e la sua motivazione non scendano.
Tuttavia il segreto di un buon feedback si riconosce dalla
"farcitura" del sandwich. E' evidente che se si deve correggere
un lavoro o un comportamento, è necessario mettere in luce
l'errore affinché possa essere sanato. Certo è che se ci si limita
alla critica, ben poco si ottiene. Il nostro feedback dovrà
pertanto essere in grado di mettere in luce l'errore senza
evidenziarlo, oltre che fornire le informazioni utili su come
correggerlo.
Esempio
Uno degli esempi più chiari di come formulare un feedback
correttamente l'ho trovato nel libro "Coaching" di John
Whitmore.
Supponiamo che un giocatore di golf sbagli un tiro: ecco di
seguito tre differenti tipi di feedback che sottolineano il fatto che
il tiro sia sbagliato, ma producono effetti completamente
differenti su chi lo riceve.
A. "Hai sbagliato il tiro"
Viene messo in evidenza l'errore senza dare alcuno stimolo a
migliorarsi. Chi riceve questo tipo di feedback si sentirà poco
capace e la sua motivazione calerà.
B. "La pallina è uscita dal campo"
In questo caso viene messo a fuoco l'errore senza evidenziarlo e
fornendo al contempo un'informazione. Così facendo, mentre si
comunica l'errore viene data anche un'indicazione su come
superarlo. Il giocatore si sentirà pertanto stimolato a migliorare
mettendo meno potenza nel suo tiro.
C. "La pallina era 15 cm oltre la linea di fondocampo"
Questo è il feedback ottimale poiché senza bisogno di
evidenziare l'errore fornisce già l'informazione su quanto dosare
la potenza del tiro affinché la pallina rimanga all'interno del
terreno di gioco. Il giocatore si sentirà vicino al raggiungimento
del risultato e quindi stimolato a dare il meglio di sé avendo
anche a disposizione un'indicazione precisa su come procedere.
In ambito sportivo è sicuramente più semplice fornire indicazioni
precise attraverso un feedback come nell'esempio precedente.
Tuttavia, anche in un contesto aziendale possiamo avvicinarci
molto a questo tipo di modalità.
Esercizio #5
Allenati a formulare feedback potenzianti in varie situazioni e
noterai che con la pratica ti verrà naturale.
Immagina che un tuo collaboratore ti consegni una relazione
che non risponde a ciò che ti aspettavi: è troppo lunga,
dispersiva e il messaggio che deve trasmettere non arriva in
modo efficace. Prova a formulare un feedback che aiuti il tuo
collaboratore a migliorare la relazione e a sviluppare le sue
capacità comunicative.
COMPLIMENTI!
Sei arrivato alla fine di questa breve dispensa.
Se sarai costante nell'applicazione di questi consigli per almeno
21 giorni consecutivi, avrai consolidato nuove abitudini e
comportamenti e - vedrai - anche gli altri si accorgeranno della
differenza.
Se hai apprezzato questo breve percorso, scrivimi per
condividere la tua esperienza: paola.rulfi@newcoach.it
Se desideri approfondire questi concetti possiamo:
Organizzare giornate di "Coaching Pills for Managers" nella
tua Azienda
Sviluppare percorsi di coaching indivuale o di team
Somministrare assessment e ideare percorsi di sviluppo
sull'Intelligenza Emotiva per individui e team
www.newcoach.it
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Coaching Pills for Managers

  • 1.
  • 2.
  • 3.
  • 4.
  • 5. Quindici anni di Azienda mi hanno fatto capire che un Manager capace di ascoltare, comunicare, motivare è fondamentale per sviluppare proattività, interesse, affezione e - di conseguenza - per avere un impatto significativo sul rendimento e il conseguente guadagno, soprattutto in termini economici, per l'Azienda stessa. È ormai assodato che il clima aziendale, se positivo, è un fattore che contribuisce alla buona salute di un'Azienda. Chiunque abbia un ruolo che contempli la gestione delle persone è pertanto responsabile della creazione di un clima aziendale positivo, fatto di motivazione e gratificazione del proprio team. Per questo diventa fondamentale saper comunicare. La presente guida non vuole sostituire un corso di comunicazione: considerala un piccolo manuale di apprendimento di alcune tecniche spesso utilizzate nella relazione di coaching, dove saper comunicare è indispensabile: ASCOLTO DOMANDE FEEDBACK Qualche indicazione, accompagnata da brevi esercizi, ti guiderà verso una maggiore consapevolezza della tua capacità di ascoltare, di porre domande, di restituire feedback. La tua modalità di comunicare migliorerà fin da subito. COMINCIAMO ?
  • 7. La maggior parte della gente ascolta con l'intenzione di rispondere, non con il desiderio di capire. (A.C. Doyle) Questo aforisma dell'ideatore di Sherlock Holmes suggerisce il vero segreto dell'ascolto. Esistono diversi livelli di ascolto: il più comune è il cosiddetto "ascolto conversazionale" in cui la nostra attenzione è suddivisa in circa eguale misura tra noi e l'altro. Misura subito il tuo livello di ascolto con il seguente esercizio. Esercizio #1 Immagina che anziché leggere queste righe, io ti stia parlando. Meglio ancora, se non sei solo/a in questo momento prova a scambiare due chiacchiere con qualcuno. Mentre leggi queste righe, o stai ascoltando qualcuno, cerca di prestare attenzione a tutti i pensieri che ti attraversano la mente. Potrebbero essere pensieri del tipo "Bravo, ma come gli dico che mi serve un'altra cosa?", oppure "Siamo alle solite: parla sempre dello stesso problema", magari "Ottimo! Avrei voluto avere io questa idea", ma anche "Che esercizio è mai questo? Mi sembra una cosa inutile"...."Non ci riesco...." e via di questo passo. Ogni sorta di pensiero attraversa la nostra mente e molti tra questi descrivono un'emozione che stiamo provando: "Che noia. Non sopporto più questi discorsi!", "Finalmente ci siamo, che sollievo!", "Mi fa paura quando parla così..."..... Ora prendi un foglio e prova a scrivere cosa pensi e cosa provi mentre ascolti qualcuno.
  • 8. I pensieri che attraversano la nostra mente quando parliamo con qualcuno generano in noi stati d'animo diversi e spesso ci inducono a interrompere il nostro interlocutore, a pensare alla risposta che potremmo dare, a reagire in modo non funzionale alla conversazione. L'intelligenza emotiva gioca dunque un ruolo importante nella nostra capacità di ascolto. In una relazione di coaching il coach applica il massimo livello di ascolto che è chiamato "ascolto empatico o globale", ma è possibile instaurare una comunicazione efficace già solo limitandosi all'ormai noto "ascolto attivo". Siamo in ascolto attivo quando il nostro focus è completamente sull'altro e le caratteristiche principali di questo tipo di ascolto sono: • reale interesse verso l'altro • chi ascolta non parla, o lo fa solo per porre domande che lo aiutino a comprendere meglio il proprio interlocutore o a restituire ciò che ha sentito per condividere la sua percezione • consapevolezza dei pensieri che attraversano la nostra mente e capacità di non dare loro attenzione Esercizio #2 Se ti impegnerai in questi semplici esercizi ogni volta che ne avrai l'occasione, vedrai che il tuo livello di ascolto migliorerà in breve tempo! Ora che sei maggiormente consapevole dei pensieri e delle emozioni che provi mentre ascolti qualcuno, cerca di riportare la tua attenzione sul tuo interlocutore ogni volta che ti accorgi di stare pensando a qualcos'altro.
  • 9. Sarai in grado di sviluppare la capacità di ascoltare chi ti sta di fronte, imparare a comprendere il suo punto di vista, aiutarlo a superare le sue difficoltà facendo leva sulle sue risorse personali. Per fare tutto questo è necessario evitare di dire all'altro cosa deve fare, il che minerebbe la sua autostima, aiutandolo invece a trovare il suo proprio modo per arrivare all'obiettivo che è stato condiviso. E' di fondamentale importanza aiutarlo a prendere consapevolezza delle proprie risorse: il nostro ascolto sarà pertanto focalizzato sulla ricerca di tutti gli aspetti positivi che restituiremo sotto forma di feedback. In breve, saper ascoltare significa capire come vede le cose il nostro interlocutore, quali sono i suoi punti di forza, i punti di maggior difficoltà, cosa lo sprona e cosa lo blocca. Il suo modo per affrontare una situazione o un problema potrebbe essere completamente diverso dal nostro, ma per lui/lei sicuramente più efficace e funzionale. Il modo migliore per aiutare l'altro a trovare la propria modalità di azione consiste nel porre domande anziché offrire le nostre risposte. A fronte di un ascolto attento, la domanda sorgerà spontanea. Vediamo ora come porre domande in modo corretto.
  • 11. Avevo risposte bellissime per le domande che non mi hai fatto. (ChiaraNonEsiste, Twitter) Quante preziose informazioni relative ad una persona rischiamo di perdere se non le poniamo le giuste domande? E quali sono queste "giuste domande"? Tutte le domande che nascono da un ascolto attento ed interessato sono domande "giuste" e, soprattutto, una buona domanda deve essere utile. Utile al nostro interlocutore per capire qualcosa in più di sé e permettergli di trovare la sua risposta, invece che aspettare quella che gli daremmo noi. Per questo motivo la domanda dovrebbe essere sempre esplorativa permettendo all'altro di aprire dentro di sé nuove strade, di vedere le cose da nuove prospettive. Come formulare una domanda in modo corretto? Innanzitutto una domanda deve essere aperta, ovvero non deve consentire una risposta come un semplice "sì" o "no". Esempio "Sai che ore sono?" È una domanda chiusa "Che ore sono?" È una domanda aperta "Capisci cosa intendo dire?" E' chiusa "Cosa hai compreso di ciò che ho detto?" E' aperta Esercizio #3 Dopo questo esercizio, che ti invito a ripetere ogni volta che ti accorgi di formulare una domanda chiusa, ti verrà spontaneo formulare domande in modo corretto. Formula almeno 5 domande in modalità chiusa e trasformale in modalità aperta.
  • 12. Un'altra regola piuttosto importante è imparare a non iniziare mai una domanda con un perché. "Perché", unitamente alla frase che ne segue, viene recepito come un'accusa dal nostro cervello e quindi, pur inconsapevolmente, tendiamo a metterci sulla difensiva. Al contrario è opportuno cominciare una domanda con un Come? oppure un Cosa? Esercizio #4 Ti sarai accorto quanto ci venga automatico formulare domande chiuse o che inizino con perché, ma se imparerai ad esserne consapevole e a riformulare la tua domanda, ti accorgerai presto dell'impatto differente che avrà sui tuoi interlocutori. Un'altra modalità molto diffusa ed utilizzata da tutti consiste nell' inserire un giudizio o un suggerimento nella domanda. Esempi "Come ti sei sentito dopo che ti ha chiuso la chiamata, arrabbiato?" In questo modo formuliamo un giudizio, stiamo dicendo all'altro che si sarebbe dovuto arrabbiare. Tuttavia, se il nostro interlocutore ha avuto una reazione diversa da quella suggerita, potrebbe sentirsi sbagliato o inadeguato. La formulazione corretta prevede solo la prima parte della frase, "Come ti sei sentito dopo che ti ha chiuso la chiamata?" "Come ti troveresti a scrivere i tuoi impegni su un'agenda?" Posta così la nostra domanda contiene un consiglio, suggerisce già una modalità di lavoro a qualcuno che, ad esempio, ci sta parlando della propria difficoltà ad organizzarsi o a gestire i propri impegni. Diverso potrebbe essere chiedere: "Quali altre idee ti vengono in mente?", "Cosa ti piacerebbe fare diversamente?" invitandolo così a trovare da solo la soluzione giusta per lui. Trasforma almeno 5 domande che iniziano con perché in domande che iniziano con come o cosa
  • 14. Gli specchi dovrebbero riflettere prima di rimandarci l’immagine. (Jean Cocteau) Spesso quando qualcuno ci chiede se può "darci un feedback", tendiamo ad irrigidirci, aspettandoci una critica. Nella mia esperienza continuo a constatare che, purtroppo e con una discreta frequenza, abbiamo ragione. Dare feedback è un'arte che è necessario imparare, soprattutto quando investe la relazione capo-collaboratore. Come deve essere formulato il feedback affinché stimoli il nostro collaboratore a migliorare? Le parole chiave nel feedback sono potenziante e portatore di informazioni. Un'ottima strategia per dare un feedback utile é quella del cosiddetto "sandwich". Innanzitutto, metteremo in evidenza gli aspetti positivi del lavoro e/o del comportamento del nostro collaboratore, in modo da farlo rilassare e ben predisporlo ad accettare i nostri suggerimenti. Chiuderemo poi il nostro feedback ricordando nuovamente questi aspetti positivi, in modo che la persona sappia di poter fare affidamento su alcune sue risorse così che il suo livello energetico e la sua motivazione non scendano. Tuttavia il segreto di un buon feedback si riconosce dalla "farcitura" del sandwich. E' evidente che se si deve correggere un lavoro o un comportamento, è necessario mettere in luce l'errore affinché possa essere sanato. Certo è che se ci si limita alla critica, ben poco si ottiene. Il nostro feedback dovrà pertanto essere in grado di mettere in luce l'errore senza evidenziarlo, oltre che fornire le informazioni utili su come correggerlo. Esempio Uno degli esempi più chiari di come formulare un feedback correttamente l'ho trovato nel libro "Coaching" di John Whitmore.
  • 15. Supponiamo che un giocatore di golf sbagli un tiro: ecco di seguito tre differenti tipi di feedback che sottolineano il fatto che il tiro sia sbagliato, ma producono effetti completamente differenti su chi lo riceve. A. "Hai sbagliato il tiro" Viene messo in evidenza l'errore senza dare alcuno stimolo a migliorarsi. Chi riceve questo tipo di feedback si sentirà poco capace e la sua motivazione calerà. B. "La pallina è uscita dal campo" In questo caso viene messo a fuoco l'errore senza evidenziarlo e fornendo al contempo un'informazione. Così facendo, mentre si comunica l'errore viene data anche un'indicazione su come superarlo. Il giocatore si sentirà pertanto stimolato a migliorare mettendo meno potenza nel suo tiro. C. "La pallina era 15 cm oltre la linea di fondocampo" Questo è il feedback ottimale poiché senza bisogno di evidenziare l'errore fornisce già l'informazione su quanto dosare la potenza del tiro affinché la pallina rimanga all'interno del terreno di gioco. Il giocatore si sentirà vicino al raggiungimento del risultato e quindi stimolato a dare il meglio di sé avendo anche a disposizione un'indicazione precisa su come procedere. In ambito sportivo è sicuramente più semplice fornire indicazioni precise attraverso un feedback come nell'esempio precedente. Tuttavia, anche in un contesto aziendale possiamo avvicinarci molto a questo tipo di modalità. Esercizio #5 Allenati a formulare feedback potenzianti in varie situazioni e noterai che con la pratica ti verrà naturale. Immagina che un tuo collaboratore ti consegni una relazione che non risponde a ciò che ti aspettavi: è troppo lunga, dispersiva e il messaggio che deve trasmettere non arriva in modo efficace. Prova a formulare un feedback che aiuti il tuo collaboratore a migliorare la relazione e a sviluppare le sue capacità comunicative.
  • 16.
  • 17. COMPLIMENTI! Sei arrivato alla fine di questa breve dispensa. Se sarai costante nell'applicazione di questi consigli per almeno 21 giorni consecutivi, avrai consolidato nuove abitudini e comportamenti e - vedrai - anche gli altri si accorgeranno della differenza. Se hai apprezzato questo breve percorso, scrivimi per condividere la tua esperienza: paola.rulfi@newcoach.it Se desideri approfondire questi concetti possiamo: Organizzare giornate di "Coaching Pills for Managers" nella tua Azienda Sviluppare percorsi di coaching indivuale o di team Somministrare assessment e ideare percorsi di sviluppo sull'Intelligenza Emotiva per individui e team www.newcoach.it