Un limoncello all'inferno (prima stazione)elnovovassor
Quel 27 gennaio mio papà mi ha liberata dalle zavorre della nostalgia; mi ha permesso di accettare la mia identità composta da due anime, da due culture, da due patrie: non potrei consistere senza una delle due.
Storia di un reduce dai campi di sterminio nazisti, fra i molti che racchiude, è questo forse il messaggio conclusivo del libro memoria-romanzo di Centonze. Quello che condensa i caratteri del suo animo esuberante e mette in luce il legame profondo con il padre. Legame che non è banale attaccamento al genitore preferito, ma elogio della paternità – il senso acuto della responsabilità sopravvissuto in uomo pur così ferito e segnato da una esperienza atroce - e della maternità. Perché Cosetta (colei che scrive in prima persona) l’ha preso veramente per mano, come quei bambini che si sono persi in un contesto non più familiare, e che il sentimento materno spinge a raccogliere per “riportare a casa”. Rapporto unico ed esemplare sul quale fiorisce come sentimento maturo il perdono di Lui ai suoi aguzzini e la sapiente - sperimentata sulla sua carne - fraternità di Lei.
Quel 27 gennaio mio papà mi ha liberata dalle zavorre della nostalgia; mi ha permesso di accettare la mia identità composta da due anime, da due culture, da due patrie: non potrei consistere senza una delle due.
Storia di un reduce dai campi di sterminio nazisti, fra i molti che racchiude, è questo forse il messaggio conclusivo del libro memoria-romanzo di Centonze. Quello che condensa i caratteri del suo animo esuberante e mette in luce il legame profondo con il padre. Legame che non è banale attaccamento al genitore preferito, ma elogio della paternità – il senso acuto della responsabilità sopravvissuto in uomo pur così ferito e segnato da una esperienza atroce - e della maternità. Perché Cosetta (colei che scrive in prima persona) l’ha preso veramente per mano, come quei bambini che si sono persi in un contesto non più familiare, e che il sentimento materno spinge a raccogliere per “riportare a casa”. Rapporto unico ed esemplare sul quale fiorisce come sentimento maturo il perdono di Lui ai suoi aguzzini e la sapiente - sperimentata sulla sua carne - fraternità di Lei.
Un limoncello all'inferno (prima stazione)elnovovassor
Quel 27 gennaio mio papà mi ha liberata dalle zavorre della nostalgia; mi ha permesso di accettare la mia identità composta da due anime, da due culture, da due patrie: non potrei consistere senza una delle due.
Storia di un reduce dai campi di sterminio nazisti, fra i molti che racchiude, è questo forse il messaggio conclusivo del libro memoria-romanzo di Centonze. Quello che condensa i caratteri del suo animo esuberante e mette in luce il legame profondo con il padre. Legame che non è banale attaccamento al genitore preferito, ma elogio della paternità – il senso acuto della responsabilità sopravvissuto in uomo pur così ferito e segnato da una esperienza atroce - e della maternità. Perché Cosetta (colei che scrive in prima persona) l’ha preso veramente per mano, come quei bambini che si sono persi in un contesto non più familiare, e che il sentimento materno spinge a raccogliere per “riportare a casa”. Rapporto unico ed esemplare sul quale fiorisce come sentimento maturo il perdono di Lui ai suoi aguzzini e la sapiente - sperimentata sulla sua carne - fraternità di Lei.
Quel 27 gennaio mio papà mi ha liberata dalle zavorre della nostalgia; mi ha permesso di accettare la mia identità composta da due anime, da due culture, da due patrie: non potrei consistere senza una delle due.
Storia di un reduce dai campi di sterminio nazisti, fra i molti che racchiude, è questo forse il messaggio conclusivo del libro memoria-romanzo di Centonze. Quello che condensa i caratteri del suo animo esuberante e mette in luce il legame profondo con il padre. Legame che non è banale attaccamento al genitore preferito, ma elogio della paternità – il senso acuto della responsabilità sopravvissuto in uomo pur così ferito e segnato da una esperienza atroce - e della maternità. Perché Cosetta (colei che scrive in prima persona) l’ha preso veramente per mano, come quei bambini che si sono persi in un contesto non più familiare, e che il sentimento materno spinge a raccogliere per “riportare a casa”. Rapporto unico ed esemplare sul quale fiorisce come sentimento maturo il perdono di Lui ai suoi aguzzini e la sapiente - sperimentata sulla sua carne - fraternità di Lei.
2. La poesia è un bisogno naturale dell’uomo. Ma la poesia così come viene insegnata nella scuola spesso ha poco di attraente: la poesia, infatti, non la si può “insegnare”, la si può solo “praticare”. È questo lo spirito che informa queste pagine, nelle quali si cerca di accostarsi ai testi poetici provando a riscoprire non solo la comprensione dell’essenza della poesia, ma anche il naturale godimento emozionale che essa trasmette.
5. O mia Lesbia Godiamoci la vita, mia Lesbia, l'amore, e il mormorio dei vecchi inaciditi consideriamolo un soldo bucato. I giorni che muoiono possono tornare, ma se questa nostra breve luce muore noi dormiremo un'unica notte senza fine. Dammi mille baci e ancora cento, dammene altri mille e ancora cento, sempre, sempre mille e ancora cento. E quando alla fine saranno migliaia per scordare tutto ne imbroglieremo il conto, perché nessuno possa stringere in malie un numero di baci cosí grande .
6. Dante Alighieri Tanto gentile e tanto onesta pare Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ ardiscon di guardare. Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi no la prova: e par che de la sua labbia si mova uno spirito soave pien d’amore, che va dicendo all’ anima: Sospira.
8. Erano i capei d'oro a l'aura sparsi Erano i capei d'oro a l'aura sparsi che 'n mille dolci nodi gli avolgea, e ‘l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi, ch'or ne son sí scarsi; e 'l viso di pietosi color farsi, non so se vero o falso, mi parea: i' che l'ésca amorosa al petto avea, qual meraviglia se di súbito arsi? Non era l'andar suo cosa mortale, ma d'angelica forma; e le parole sonavan altro, che pur voce umana. Uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch'i'vidi: e se non fosse or tale, piaga per allentar d'arco non sana.
9. Che sempre amai Che sempre amai questo ti sia di prova: che per quanto abbia amato non ho vissuto abbastanza che amerò sempre te lo assicuro l’ amore è vita e la vita è immortale. Dubiti ancora, amore? Ecco, allora non ho altro da mostrare che il mio calvario.
10. Che sia l'amore tutto ciò che esiste Che sia l'amore tutto ciò che esiste e ciò che noi sappiamo dell'amore; e può bastare che il suo peso sia uguale al solco che lascia nel cuore. Il cuore è la capitale della mente la mente è uno stato singolo, cuore e mente insieme compongono un singolo continente. La popolazione è numerosa quanto basta, questa nazione estatica cercala : sei tu.
11. HERMANN HESSE Canto d’amore Io sono il cervo, il capriolo tu tu sei l’uccello e l’albero son io il sole tu ed io la neve, tu il giorno sei, il sogno io. Di notte dalla mia bocca dormiente vola un uccello d’oro, fino a te, chiara la voce, l’ali variopinte ti canta questo canto che dice dell’amore, questo canto che dice di me.
12. Canzone d’amore Per dire cos’hai fatto di me, non ho parole. Cerco solo la notte fuggo davanti al sole. La notte mi par d’oro più di ogni sole al mondo sogno allora una bella donna dal capo biondo. Sogno le dolci cose che il tuo sguardo annunciava, remoto paradiso di canti risuonava. Guardo a lungo la notte e una nube veloce per dire cos’ hai fatto di me, non ho la voce. Carta del Paese dell'Amore
13. Federico Garcia Lorca Madrigaletto Quattro melograni ha il tuo giardino (prendi il mio cuore nuovo). Quattro cipressi avrà il tuo giardino (prendi il mio cuore vecchio). Sole e luna, poi... nè cuore nè giardino.
14. La Lola Sotto l’arancio lava pezzuole di cotone. Sono verdi i suoi occhi e viola la sua voce. Ay, amore, sotto l’arancio in fiore! Scorreva nel canale l’acqua piena di sole, nel piccolo oliveto cantava un passerotto. Ay, amore, sotto l’arancio in fiore! Dopo, quando la Lola terminerà il sapone, giungeranno i toreri. Ay, amore, sotto l’arancio in fiore .
15. Michelangelo Buonarroti Amor la tua beltà non è mortale Amor la tua beltà non è mortale: nessun volto fra noi è che pareggi l’immagine del cor, che’nffiammi e reggi con l’altro foco e muovi con altr’ale.
16. Plantone Ti amo Chi ama il tuo corpo non ti abbandona forse quando non sfiorisce ? Invece, chi ama l’anima non se ne va, finchè essa procede sulla via del meglio. Ecco io sono colui che non ti abbandona, ma rimane quando il tuo corpo sfiorisce, mentre gli altri si sono allontanati. Cerca, allora, di essere bello quanto più è possibile.
17. Eros Eros è, fra gli dèi, il più amico degli uomini, perchè è soccorritore degli uomini e medico di quei mali che se fossero risanati, ne verrebbe alla stirpe umana la più grande felicità.
18. Giacomo Leopardi A Silvia Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi? Sonavan le quiete stanze, e le vie d’intorno, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intenta sedevi, assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi così menare il giorno.
19. Io gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte, d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice quel ch'io sentiva in seno.
20. Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, un affetto mi preme acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,da chiuso morbo combattuta e vinta,perivi, o tenerella.
21. E non vedevi il fior degli anni tuoi; non ti molceva il core la dolce lode or delle negre chiome, or degli sguardi innamorati e schivi; né teco le compagne ai dì festivi ragionavan d'amore. Anche peria tra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro i fati la giovanezza. Ahi come, come passata sei, cara compagna dell'età mia nova, mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? Questi i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano.
22. Pablo Neruda AMORE Donna, avrei voluto essere tuo figlio, per berti il latte dai seni come da una sorgente, per guardarti e sentirti al mio fianco e averti nel riso d’oro e nella voce di cristallo. Per sentirti nelle mie vene come Dio nei fiumi e adorarti nelle tristi ossa di polvere e di calce, perché il tuo essere passasse senza pena al mio fianco e uscisse dalla strofa –puro d’ogni male-. Come saprei amarti, donna, come saprei amarti, amarti come nessuno seppe, mai! Morire e amarti ancor più. E ancor più amarti, di più.
23. SE TU MI DIMENTICHI Voglio che tu sappia una cosa. Tu sai com’è questa cosa: se sguardo la luna di cristallo, il ramo rosso del lento autunno alla mia finestra, se tocco vicino al fuoco l’impalpabile cenere o il rugoso corpo della legna, tutto mi conduce a te, come se ciò che esiste aromi, luce, metalli, fossero piccole navi che vanno verso le tue isole che m’attendono. Orbene, se a poco a poco cessi di amarmi cesserò d’amarti poco a poco. Se d’improvviso Mi dimentichi, non cercarmi, che già ti avrò dimenticata. Se consideri lungo e pazzo Il vento di bandiere che passa per la mia vita e ti decidi a lasciarmi sulla riva del cuore in cui ho le radici, pensa che in quel giorno, in quell’ora, leverò in alto le braccia e le mie radici usciranno a cercare altra terra. Ma se ogni giorno, ogni ora senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile. Se ogni giorno sale alle tue labbra un fiore a cercarmi, ahi, amor mio, ahi mia, in me tutto quel fuoco si ripete, in me nulla si spegne nè si dimentica, il mio amore si nutre del tuo amore, amata, e finché tu vivrai starà tra le tue braccia senza uscire dalle mie.
24. Pascoli con la sorella Mariù La pendola batte Nel cuor della casa Ho l’anima invasa Dal tempo che fu. La pendola batte Ribatte: mai più… mai più… mai più… mai più… la pendola oscilla nel cuor della notte tra l’ombra interrotta chi viene ?sei tu? La pendola oscilla Tranquilla: mai più… mai più… mai più…mai più… sei forse qualcuno che amai?che perdei? Che torni? Chi sei Che torni quassù Un bacio!sol uno! Sol uno! Mai più… mai più… Mai più… mai più… Un bacio!Oh!nemmeno! Vederti soltanto! Sentire al tuo pianto Che m’ami anche tu! Ridirtelo almeno! Nemmeno! Mai più… mai più… Mai più… mai più…
26. Andiamo Via Andiamo via, creatura mia via verso l'Altrove. Li ci sono giorni sempre miti e campi sempre belli. La luna che splende su chi là vaga contento e libero. Ha intessuto la sua luce con le tenebre dell'immortalità. Lì s'incominciano a vedere le cose, le favole narrate sono dolci come quelle non raccontate. Là le canzoni reali-sognate sono cantate da labbra che si possono contemplare. Il tempo lì è un momento di allegria, la vita una sete soddisfatta, l'amore come quello di un bacio quando quel bacio è il primo. Non abbiamo bisogno di una nave, creatura mia, ma delle nostre speranze finché saranno ancora belle, non di rematori, ma di sfrenate fantasie. Oh, andiamo a cercar l'Altrove.
27. Jacques Prévert Pensiero Ho pensato alla mia vita senza di lui... Ho conosciuto la paura per la prima volta in quel momento la mia mente mi è affogata in una voragine di pensieri e ho pensato al giorno e alla notte, che si inseguono senza potersi mai incontrare ho pensato al mare che alla riva bacia la spiaggia, senza potere però mai avere, ho pensato al sole e alla luna che non si incontreranno mai e fondono il loro amore in un’ eclissi poi ho ripreso il fiato e la prima cosa che ho pensato è che ti Amo in cinque lettere, ti ho detto la cosa più grande del mondo.
28.
29. I ragazzi che si amano I ragazzi che si amano si abbracciano ritti Contro le porte della notte E i passanti che passano li segnano a dito Ma i ragazzi che si amano non sono là per nessuno Ed è la loro ombra soltanto che trema nella notte Stimolando la rabbia dei passanti La loro rabbia, il loro disprezzo, le risa, la loro invidia. I ragazzi che si amano non sono là per nessuno Essi sono altrove Molto più lontani della notte Molto più in alto del giorno Nell’abbagliante splendore del loro primo amore.
30. Niccolò Tommaseo A Giovinetta T’arrisi, ti compiansi e dal tuo labbro un pio sorriso, un detto di mal celato affetto colsi, no altro un fiore. Com’orfano fanciul che, poveretto, giovane donna rincontri per via e lo raccolga,nel leggiadro petto ancor degnasti l’immagine mia, ma fu virgineo sogno. A te venia riconoscente e pio, ma sfruttato il cor mio, mio povero d’amore. Non son per te. Tu troppo nuova ancora, io troppo antico dell’ aspro sentiero. Né medesmi dolor non s’ addolora, né s’abbraccia il tuo col mio pensiero. Men ch’i’non bramo e più ch’ì non ispero, sei buona, amante e bella. Troppo è per me, sorella, ed è poco,il tuo core. Più puro cor, più giovane del mio forse nel tuo cammino incontrerai, forse ingannata dall’ alto desìo, aspettando la vita invecchierai. Forse un giorno i’dirò, meglio era assai abbandonarsi a lei, meglio abbellire i miei pensier del suo candore.
31. Non sono in queste rive Non sono in queste rive fiori così vermigli come le labbra della donna mia né il suon de l’aure estive tra fonti e rose e gigli fa del suo canto più dolce armonia, canto che m’ ardi e piaci t’ interrompono solo i nostri baci. Torquato Tasso
32.
33. Non vivere su questa terra come un estraneo o come un turista della natura. Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre: credi al grano, alla terra, al mare ma, prima di tutto, credi nell'uomo. Ama le nuvole, le macchine, i libri ma, prima di tutto, ama l'uomo. Senti la tristezza del ramo che si secca, dell'astro che si spegne, dell'animale ferito, ma, prima di tutto, senti la tristezza e il dolore dell'uomo. Ti diano gioia tutti i beni della terra: l'ombra e la luce ti diano gioia, le quattro stagioni ti diano gioia, ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l'uomo!