2. Del 2020 non è ancora trascorso il primo quarto
ma quest’anno sicuramente entrerà a far parte
della storia economica mondiale. Il COVID-19
si sta dimostrando un nemico duro da battere
nonostante gli sforzi del nostro sistema
sanitario, e di quelli di tutto il mondo, impegnati
a curare chi è stato più colpito e a studiare un
vaccino in grado di contrastare in maniera
definitiva la malattia.
La partita contro questo avversario invisibile
sta, al contempo, limitando la libertà delle
persone di circolare tranquillamente, di
aggregarsi e di viaggiare. Nel corso delle ultime
due settimane hanno così sofferto:
- le vendite retail food, -80% e -96% nel non
food (fashion)
- il turismo, con diversi paesi Europei e
compagnie aeree e navali che hanno
cancellato i collegamenti da e verso il nostro
Paese
- le stesse compagnie aeree, preoccupate di
perdere gli slot di decollo e atterraggio negli
aeroporti.
Questo scenario sembra vanificare una ripresa
che stava affiorando poco meno di 3 anni fa e
che metteva in luce la rinnovata interazione tra
clienti e punti vendita, sempre più vicini e
contenuti negli spazi, per tenere testa e sfruttare
le potenzialità di un online che talvolta ha eroso
le loro quote di mercato.
All’inizio del 3° quarter del 2017 il valore del
retail italiano era stimato in 920mln € generati
da un tessuto di 750 mila punti vendita e con
una stima di crescita, per il biennio successivo,
pari al 2,7%. I motori erano due grandi
eccellenze del nostro sistema produttivo:
Food e Fashion.
Da queste stesse fondamenta, unitamente al
turismo, deve ripartire la pianificazione del
rilancio della nostra economia che può contare
su risorse raramente ritrovabili altrove. Tuttavia
all’indomani di un fenomeno pandemico come
quello attuale, il panorama di un sistema-Paese
è assimilabile a quello che si presenta al termine
di un conflitto di guerra.
All’inizio degli anni ’50 l’Italia andò incontro a
un boom economico derivante da una necessità
di costruire e ricostruire quello che non c’era,
di far evolvere il mercato del lavoro che dal
settore primario si stava spostando verso il
terziario, di far emergere il bisogno latente di
consumo di un popolazione che andava incontro
ad una nuova e più dinamica fase della propria
vita.
Quando il COVID-19 sarà un lontano ricordo
non avremo ricostruzioni fisiche da affrontare e
non dovremo andare alla ricerca di nuovi
stimoli per un pubblico attivamente sollecitato
anche in questi momenti.
Conterà solo essere pronti e reattivi alla ripresa
di un mercato costretto ad addormentarsi sotto
l’effetto di un’anestesia doverosa ma che, se
non troverà un tessuto imprenditoriale
sufficientemente reattivo, al suo risveglio
potrebbe soffrire danni ulteriori se non saprà
soddisfare una domanda che tornerà a crescere a
ritmi serrati.
Ad oggi non possiamo prevedere con certezza
quando la pandemia raggiungerà il suo picco e
inizierà la sua contrazione, grazie anche allo
sviluppo di cure efficaci. Tuttavia la velocità
con cui economia e consumi si sono fermati
potrebbe essere pari a quella con cui
ripartiranno.
Al termine degli anni ‘40 molti Paesi
risorgevano dalle loro ceneri, c’era una
riconversione industriale da affrontare da
bellica a civile e l’umanità non disponeva di
canali di informazione e di vetrine globali simili
a quelle del nostro tempo. In Italia, però, già a
partire dal 1954 iniziarono la loro crescita Pil e
reddito pro-capite che nel 1964 erano
incrementati rispettivamente del 75% e del
63%.
L’accelerazione dell’economia dell’epoca poté
contare sullo spostamento di molta forza lavoro
proveniente dal settore agricolo verso
l’industria. Oggi sono invece le tecnologie i
nuovi catalizzatori dei processi che dovranno
essere messi in atto per recuperare, il più
possibile, gli effetti negativi che ha generato
questo primo trimestre del 2020.
In questo momento è essenziale stare vicino ai
propri clienti, tenere viva la loro attenzione e
passare sempre segnali di fiducia.
Attraversiamo la fase della solidarietà in cui
operatori del food e non food azzerano le spese
di consegna, le compagnie telefoniche offrono
giga gratuitamente e il governo studia concrete
soluzioni di sostegno all’impresa. Sono tutte
azioni necessarie che rendono più confortevole
il torpore di un sistema commerciale che ha
portato i battiti al minimo per la sopravvivenza.
Ma questo cuore potrebbe accelerare di colpo e
in qualsiasi istante, così come da un momento
all’altro ha dovuto scegliere di rallentare.
Se dunque tutti i retailer, soprattutto quelli che
possono essere inclusi nel largo mondo delle
PMI, hanno bisogno della rassicurazione che gli
organi di governo centrale stanno cercando
attivamente di garantire, anche i clienti devono
avere delle conferme. Dovranno essere sicuri
ora: non possono frequentare i punti vendita che
preferiscono ma devono sapere che questi
continuano a coltivare e custodire i loro sogni e
desideri. Dovranno essere sorpresi dopo:
azzerando i timori di ritrovare uno scenario che
non era quello che avevano lasciato fuori di
casa qualche tempo fa.
Il modello dei negozi di prossimità è vincente in
questa ottica di cura della relazione, soprattutto
se sfrutta al meglio tutte le potenzialità offerte
dall’online. Se è quindi vero che il cliente
italiano si informa in rete per poi finalizzare
l’acquisto in negozio, questo è il momento
durante il quale più che mai bisogna fargli
sentire che si è presenti. Ci sono i mezzi,
Instagram e Facebook e c’è anche il tempo,
nemico delle casse che non possono fatturare,
ma alleato di chi vuol intraprendere e far sentire
ancora di più la sua voce in rete. Le stesse
regole valgono per il turismo perché come sarà
facile uscire di nuovo casa e riaccendere la
scintilla degli acquisti altrettanto lo sarà
prenotare un volo e un vacanza comodamente
dal proprio soggiorno.
L’Italia deve sonnecchiare ancora per avviarsi
alla guarigione ma deve anche farsi trovare di
nuovo bella. Il risveglio potrà essere repentino e
potrebbe non esserci neanche il tempo per rifare
il trucco prima di tornare alla vita.