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Ing. Andrea Bossola
Direttore Generale– ETRA S.p.A.
«La validità nel tempo dell’esito referendario. Riflessioni a 10
anni dalla consultazione del 2011»
1
I referendum abrogativi in Italia del 2011 si tennero
il 12 e il 13 giugno ed ebbero ad oggetto quattro distinti quesiti.
Primo quesito​
Titolo: Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione
Descrizione: Il quesito prevede l'abrogazione della norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica solo a soggetti privati scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica o a società di diritto pubblico con partecipazione azionaria di
privati, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al
mercato.
Secondo quesito​
Titolo: Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale
di norma
Descrizione: Il quesito propone l'abrogazione parziale della norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l'erogazione dell'acqua,
nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.
Terzo quesito​
Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.
Quarto quesito​
Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei
Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale
Per tutti i quattro quesiti il numero dei voti favorevoli ha superato il numero dei voti contrari; le norme sottoposte a referendum sono state
quindi TUTTE abrogate a norma dell'articolo 75 della Costituzione.
2
La quiete dopo la tempesta....
Sul fatto che sui referendum del 12 e 13 giugno del 2011 ci sia stata poca informazione, si registra una diffusa, se non unanime,
convinzione.
Ancor più diffusa convinzione, si registra sul fatto che quella battaglia referendaria, per innumerevoli ragioni, non si svolse sui contenuti
ma, nel contesto temporale in cui si inserì, ha rappresentato il vero ultimo scontro politico degli schieramenti di allora, prima che “la
tempesta” della crisi di quei tempi imponesse un rimescolamento totale delle carte ed un mutamento del quadro politico.
Ovviamente a distanza di 10 anni è possibile sviluppare pacatamente un’analisi oggettiva dei fatti e registrare altrettanto pacatamente la
reale situazione odierna e quello che si deve e si può ancor di più fare in un settore che, a dispetto di alcuni, resta un settore industriale
ed imprenditoriale del Paese dalle grandi capacita anti recessive e dalle enormi possibilità occupazionali.
Un settore chiamato quindi a dare un contributo non indifferente al rilancio dell’economia e del lavoro in tempi pandemici….
Il referendum fu uno scontro tra partiti…
Nello stesso PD, che in occasione del referendum impose una sofferta ma “decisa” chiamata a coorte, contrastata solo da poche voci
controcorrente (vedi: chiari e consapevoli voci dell'allora sindaco dei sindaci Chiamparino), dopo poco più di un anno dalla
consultazione si registrò una unanime consapevolezza sulla necessità di uscire dal “pantano” inconsapevolmente creato dal
referendum.
3
Proviamo a ripercorrere il “corso di quel fiume tortuoso”, nella speranza che giunga la quiete della ragione e della ragionevolezza dopo la
tempesta della passione, nell’interesse di tutti.
Il governo della “risorsa acqua”, nei suoi diversi profili di tutela, difesa del suolo nel senso di prevenzione dei rischi da inondazioni e siccità,
nonché di gestione dell’approvvigionamento e della depurazione, pone da sempre sfide importanti ai legislatori e agli altri livelli istituzionali.
E’ indubbio che è necessaria una non formale presa d’atto che il buon governo dell’acqua rappresenta un elemento decisivo per la
salvaguardia ambientale, per la crescita economica e, quindi, per la sostenibilità del modello di vita nel lungo periodo.
Sono moltissimi gli aspetti coinvolti da un approccio che voglia essere serio e costruttivo su questo tema: obiettivi di qualità delle acque,
politiche di risparmio e salvaguardia della risorsa, principi e obiettivi della gestione, impiantistica e infrastrutture, interrelazione con le politiche
urbanistiche, usi diversi della risorsa..; tutti strettamente interdipendenti e perciò bisognosi di una pianificazione e di una “governance
integrata”.
Affrontare il tema dell’acqua e di una sua efficace gestione nell’interesse generale è perciò complesso e delicato, perché intorno a questo
elemento ruotano paure ataviche che, da sempre, hanno condizionato l’umanità e lo sviluppo della dimensione sociale.
La consapevolezza che senza l’acqua la vita stessa non sarebbe possibile induce un’attenzione e al contempo sviluppa una sensibilità molto
particolare.
Intere civiltà sono prosperate e sono decadute grazie all’acqua. Tuttora nel mondo la risorsa è contesa tra popoli e talvolta tra interessi diversi.
Più che per ogni altra risorsa naturale si sono combattute guerre e alimentati conflitti.
4
5
L'acqua spesso, purtroppo, divide più che unire.
La stessa protervia e sicumera della modernità, che ci induce a pensare che, per l’Uomo di oggi, ogni cosa sia possibile e non esistano limiti
insuperabili alla tecnica, diviene gracile e crolla di fronte ad un inaspettato periodo di siccità.
Non dimentichiamo che nella patria della pioggia, proprio alla vigilia di un evento planetario come le Olimpiadi, persino a Londra quindi,
furono costretti a chiudere le fontane pubbliche, sospendere l’innaffiamento dei giardini e razionare l’acqua potabile a seguito di un
imprevedibile periodo siccitoso.
Ricordo che proprio qui nel Veneto ed in Toscana, a causa di una straordinaria siccità, la peggiore degli ultimi 60 anni, vivemmo un’estate
molto difficile proprio l’anno successivo al referendum.
Personalmente ricordo che ad un solo anno dal referendum, Sua Eccellenza il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nei
momenti critici della secca dell’Arno (fonte di approvvigionamento idropotabile di Firenze Prato Pistoia) aveva rivolto un invito a pregare per
il dono della pioggia ed aveva sollecitato i fedeli a maggior sobrietà dei consumi e responsabilità nell’uso di questo bene prezioso e limitato.
Se è vero che in larga misura si tratta di paure emotive, le cui ragioni si perdono nella storia, è altresì innegabile che l’acqua merita una
conoscenza e un'attenzione molto particolare e, nonostante abbia caratteristiche molto simili alla distribuzione dell’energia elettrica e del
gas naturale sia per processi operativi che per tipologia di infrastruttura, è percepita socialmente in maniera molto diversa.
Il referendum popolare, poi, in Italia ha sancito una sbrigativa e distorta verità assoluta, che ha fatto leva sull'emotività dell'approccio
piuttosto che sulla razionalità delle scelte da compiere ed è divenuto ancora più complicato valutare con serenità come assicurare tutte le
prerogative pubbliche per garantire l’equità nell’accesso alla risorsa, la priorità dell’uso per l’uomo e il rispetto della natura, la sua
riproducibilità nel futuro insieme ad una gestione efficiente che costi il meno possibile.
I cambiamenti climatici spingono oggi come allora a sviluppare una capacità di governo diffuso della risorsa e sarebbe auspicabile si
compiessero passi in avanti che permettano l’uso razionale e la sua salvaguardia aldilà degli interessi dei singoli stati.
Mentre nel passato la disciplina sovranazionale riguardava gli interessi di più paesi su di un singolo corpo idrico, in genere un fiume o un
lago, con l’irrompere della questione climatica e dell’inquinamento globale l’esigenza di un governo sovranazionale si estenderà sempre
di più e saremo chiamati ad affrontare problemi mai affrontati prima.
Tale dimensione non è ancora sufficientemente presidiata ed avvertita sia dalle opinioni pubbliche che dai governi, eppure sono proprio
queste le scelte e le questioni più rilevanti. Occorre affermare, con pratiche concrete, il principio che la risorsa appartiene all’intera
umanità e può essere usata, ma ciò deve avvenire in maniera consapevole e solidale tra i popoli e le generazioni.
Accesso universale, salvaguardia e disponibilità per i diversi usi sono aspetti fortemente interrelati che necessitano di una gestione
unitaria, efficiente e sostenibile sotto l'aspetto ambientale, sociale ed economico.
Autorizzare un prelievo da un fiume per l’industria, l’agricoltura o un acquedotto; decidere la costruzione di un invaso o di un
trasferimento di acqua da un’area ricca ad una priva di risorsa; sono questioni per le quali solo autorevoli istituzioni pubbliche dotate di
poteri efficaci possono garantire un controllo e, si spera, compiere in tempo utile tutte le scelte opportune.
Solo un “governo” pubblico con lo sguardo lungo può essere in grado di preparare il Paese e persino il mondo ai cambiamenti che ci
aspettano nel futuro. Tali funzioni di “governance” sono sempre più urgenti sia a livello dei singoli Stati membri, che in genere se ne
occupano poco e male, sia in una dimensione che per sua stessa natura geomorfologica non può essere gestita entro confini
amministrativi ma necessita di una gestione di area vasta e di un'ottica spaziale che superi l'egoistico approccio provinciale regionale o
nazionale e si estenda a livello europeo per poi essere in grado di farne realmente questione "planetaria".
6
Mi preme ricordarVI che a tale riguardo che uno degli obiettivi di sviluppo del Millennio era proprio “ridurre della metà, entro il 2015, la
percentuale di popolazione mondiale senza un accesso sostenibile all'acqua potabile e agli impianti igienici di base”.
«Sebbene dal 2000 ad oggi più di 1,8 miliardi di persone abbiano ottenuto l’accesso all’acqua potabile e ai servizi idrici di base, il 29%
della popolazione, ovvero 2,2 miliardi di persone, ancora non gode di questo diritto.
L’esperienza della pandemia da Covid-19 ha bene evidenziato l’importanza dell’utilizzo dell’acqua come forma di prevenzione per la
salute umana e quindi la necessità di garantire il suo utilizzo. »
A supporto del tema della cooperazione decentralizzata nel settore idrico, ovvero della solidarietà nei confronti dei paesi in via di
sviluppo, mi preme ricordare Manifesto Parlamentare sottoscritto a Marsiglia in occasione del Forum mondiale dell'acqua del 2012 nel
quale si legge (cito espressamente) "noi rappresentanti dei Parlamenti di tutto il mondo agiremo nelle nostre rispettive assemblee
parlamentari per promuovere meccanismi di solidarietà efficaci affinché questi ultimi possano essere inclusi nell’apparato legislativo di
tutte le nazioni dando priorità all’accesso all’acqua potabile ed ai servizi sanitari di base”.
Quanto sopra non è "altro" rispetto ad affermare che la risorsa idrica necessita di una gestione efficiente all'interno di una governance
pubblica con regole e finalità chiare e certe.
Quanti sanno che quella degli acquedotti è solo il 10% della risorsa prelevata dai corpi idrici dall’uomo per i diversi usi?
7
E quanti saprebbero dire chi controlla, quanto costa e chi decide sull’90% usata in agricoltura e nell’industria?
Per disciplinare i prelievi dall’Arno, dal Po o dal Tevere e decidere come destinare la risorsa ai diversi usi, c’è un’autorità nazionale per
ogni fiume importante, con una “governance” che, per ciascuno di essi, coinvolge diversi ministeri, le regioni, e tutte le province
interessate. Quando c’è una crisi idrica, per esempio, e si tratta di ridurre i prelievi ad uso irriguo o industriale per salvaguardare l’uso
umano e talvolta la sopravvivenza dell’ecosistema fluviale, è necessario un lungo e complesso processo istituzionale che certe volte
non riesce neppure a concludersi per la complessità e la quantità dei soggetti coinvolti.
Questo livello di governo può essere reso più efficace, tempestivo e trasparente ma deve essere assicurato da istituzioni pubbliche.
E’ la risorsa, intesa come sorgenti, laghi, fiumi, che meritano un rigoroso ed esperto controllo strategico pubblico ed il suo uso merita
un’attenta disciplina pubblica che assicuri le adeguate priorità tra interessi ed usi concorrenti e che garantisca che queste risorse
siano disponibili per le generazioni future, che, in altre parole, possano rigenerarsi anno dopo anno a beneficio dei nostri figli, nipoti e
pronipoti.
Tanto per intendersi il nostro Paese deve rimediare a scelte pubbliche non sufficientemente avvertite del passato.
8
La prima Legge in Italia per la tutela dei corpi idrici è la Legge
Merli del 1976.
Dunque è solo dagli anni ‘80, del secolo scorso, che si è cominciato a porre il problema di tutelare fiumi, laghi e sorgenti. Quindi solo
da poche generazioni, la comunità è chiamata a colmare un atavico gap infrastrutturale in termini di fognature e depuratori. Eppure i
temi dell’ambiente, della salute, della preservazione della natura e del creato, dell’inquinamento dei mari e dei fiumi avrebbe dovuto
smuovere le coscienze, generare consapevolezza ed azione e impegnare risorse economiche e di ingegno più tempestivamente.
Fino ad allora, ed in molte regioni anche molto dopo, si è continuato a sperperare e sciupare preziosissime risorse strategiche. Ad
oggi, il nostro meraviglioso paese è ultimo in Europa al netto della Grecia per il servizio di collettamento e depurazione delle acque
reflue.
Il principale cimento di fronte a noi oggi è appunto di riparare a quei guasti e garantire che l’acqua, una volta “usata”, ritorni depurata
a fiumi e laghi in condizioni accettabili e la risorsa sia così salvaguardata per il futuro.
Se le scelte strategiche sull’uso della risorsa devono inderogabilmente essere assicurate da meccanismi di governo pubblico, il
discorso cambia per la gestione del “sistema acqua” per gli utenti finali.
I sistemi di gestione acquedottistici e fognari-depurativi, infatti sono divenuti sempre più complessi e grandi, ciò è accaduto
soprattutto per garantire sistemi di depurazione sovracomunali in grado di restituire la risorsa ai fiumi e laghi senza alterarne
l’equilibrio ma anche per raggiungere una dimensione di gestione nella quale conseguire economie.
Si tratta di attività, dove l’efficienza operativa è intimamente connessa alla qualità del servizio sia in termini di prestazioni agli utenti
finali (pressioni di esercizio, tempi di allacciamento, qualità dell’acqua) sia per quel che riguarda la prestazione verso l’ambiente e
dunque qualità degli scarichi, che per l’efficiente uso energetico.
9
Aldilà della proprietà delle società di gestione è indispensabile una cultura di tipo industriale orientata all’efficienza e questa, nella
storia concreta del nostro Paese, raramente si ritrova nelle piccole imprese frammentate e prive di accesso al credito.
Una volta compiute le scelte strategiche, si tratta di realizzare investimenti orientati all’efficienza operativa e al minimo dispendio
di energie economiche, di assicurare una costante gestione e manutenzione di complessi impianti talvolta distribuiti in centinaia di
chilometri quadrati.
Si tratta inoltre di disporre di capacità di accesso al credito che oggi più che mai è sinonimo di cultura imprenditoriale,
adeguatezza nella gestione tecnico-economico-finanziaria, indipendenza da logiche non industriali, propensione al rischio e
capacità organizzative – necessarie a gestire al meglio il processo produttivo in questione.
Quindi non è da demonizzare la concorrenza “per” il mercato, ossia il contributo di tutti (o meglio dei migliori) alla gestione.
Da questo punto di vista, la proprietà pubblica della rete nei suoi diversi segmenti della captazione, dell’adduzione,
dell’acquedotto, della fognatura e della depurazione, svolge un ruolo specifico, a fianco della proprietà pubblica della risorsa: è
condizione affinché il gestore del servizio si configuri come gestore pro-tempore, non solo nel senso che al termine
dell’affidamento è tenuto retrocedere la rete agli enti locali ma anche nel senso che l’affidamento stesso sia rescindibile ove il
soggetto gestore non si conformi alle regole stabilite (in un contesto di regolazione peraltro stabile e non sottoposto ad arbitrio
politico).
Solo un soggetto con una solida esperienza e un approccio industriale può quindi ambire a gestire in maniera economica ed
efficiente il complesso sistema dell’ACQUA.
Naturalmente il tema dell’efficienza nella gestione di un monopolio naturale come la distribuzione dell’acqua non può restare
oggetto di un’autovalutazione orientata dalle convinzioni politiche. Gli utenti non possono scegliere tra operatori in concorrenza
perché la rete è una sola esattamente come avviene nella distribuzione elettrica e nel gas.
10
Quindi e lo ribadisco con forza no si tratta di scegliere tra operatori pubblici o privati o misti, ma tra operatori efficienti ed operatori
inefficienti.
La tariffa copre (e deve coprire per consolidate norme europee) i costi sia d’investimento sia di gestione e ciò che pagano gli
utenti sarà dunque funzione della bravura/efficienza del gestore.
Nel caso del servizio idrico – un servizio di interesse economico generale che utilizza un bene comune – la struttura tariffaria, è
chiamata a contemperare diversi obiettivi: coprire i costi (efficienti) del servizio, disincentivare l’uso eccessivo della risorsa
comune e tutelarne la riproduzione nel tempo (equità intergenerazionale), garantire l’accessibilità del prezzo per tutti gli utenti
(giudizio di meritorietà ed equità infragenerazionale, da cui servizio universale).
Se il servizio è gestito male sperperando risorse in investimenti inutili e alimentando costi operativi esagerati il conto lo pagano
gli utenti con la tariffa ed il gestore deve essere punito….
C’è quindi un alto profilo d’interesse pubblico che riguarda la regolazione e il controllo e che incide direttamente nella tutela degli
utenti.
Tale tutela è indispensabile a prescindere dall’assetto proprietario del gestore. Gli effetti distorsivi, infatti, possono riguardare
qualunque operatore si trovi nella condizione di gestire un monopolio.
Nel nostro Paese le competenze di regolazione e controllo sull’acqua sono state demandate all’allora Autorità per l’energia
elettrica ora ARERA e quindi ora c’è, grazie a Dio da tempo, un soggetto indipendente che ha stimolato con la leva della
premialità e delle penalità un graduale miglioramento del servizio.
A tale proposito spero che presto anche nel settore dei rifiuti grazie all’intervento di ARERA si potranno realizzare processi simili
a beneficio della salvaguardia dell’ambiente ma anche e soprattutto nello sviluppo di una vera economia circolare.
11
Certo l’ARERA si è dovuta “immergere” nelle peculiarità dell’acqua e più in generale del SII: lungo lo stivale
italico infatti per disponibilità della risorsa, per condizioni socio-economiche, per cultura ed anche, aimè, per
condizionamenti non sempre “potabili” la gestione del ciclo integrato dell’acqua non è omogenea e tanto meno
potrà esserlo.
Parimenti la stessa Autorità, diversamente da quanto fatto per lo start up della regolazione elettrica e del gas, ha
dovuto fare i conti con un diverso quadro economico-finanziario e, soprattutto, con le mutate condizioni di accesso
al credito e di “bancabilità” degli investimenti infrastrutturali.
La responsabilità di rilanciare un settore per le sorti di un paese;
La responsabilità di consegnare alle generazioni future mari e fiumi più puliti e accesso costante e continuativo di
acqua potabile;
è stata e resta sulle spalle di tutti ed è questa la vera sfida di questi tempi…
Sono sicuro, comunque, che quanto la regolazione ha fatto e continuerà a fare nel rivitalizzare investimenti e
buona pratica, oggi più che mai attenuerà l’attenzione sugli assetti proprietari dei gestori e ci permetterà sempre
più di guardare ai risultati che gli operatori sono in grado di conseguire in termini di efficienza operativa e
d’investimento.
Il nodo del Know-how industriale ha permesso di consolidare in Italia più soggetti industriali capaci di assicurare
questi servizi nel futuro.
In sintesi, con fermezza e convinzione, credo che la sinergia tra i vari settori del paese non solo sia necessaria ad
assicurare uno sviluppo sostenibile ma possa essere addirittura virtuosa.
OGGI c’è un campo di gara con regole chiare e stabili nel tempo dove la maggiore efficienza e capacità
produce risultati sia per gli operatori che per egli utenti e soprattutto per le generazioni future.
Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, …..Ecco il sereno ……E chiaro nella
valle il fiume appare. …….Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua della novella
piova.
12
Consumo del 76% più alto della media Europea
13

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La validità nel tempo dell’esito referendario. Riflessioni a 10 anni dalla consultazione del 2011

  • 1. Ing. Andrea Bossola Direttore Generale– ETRA S.p.A. «La validità nel tempo dell’esito referendario. Riflessioni a 10 anni dalla consultazione del 2011» 1
  • 2. I referendum abrogativi in Italia del 2011 si tennero il 12 e il 13 giugno ed ebbero ad oggetto quattro distinti quesiti. Primo quesito​ Titolo: Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione Descrizione: Il quesito prevede l'abrogazione della norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica solo a soggetti privati scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica o a società di diritto pubblico con partecipazione azionaria di privati, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato. Secondo quesito​ Titolo: Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma Descrizione: Il quesito propone l'abrogazione parziale della norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l'erogazione dell'acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Terzo quesito​ Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. Quarto quesito​ Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale Per tutti i quattro quesiti il numero dei voti favorevoli ha superato il numero dei voti contrari; le norme sottoposte a referendum sono state quindi TUTTE abrogate a norma dell'articolo 75 della Costituzione. 2
  • 3. La quiete dopo la tempesta.... Sul fatto che sui referendum del 12 e 13 giugno del 2011 ci sia stata poca informazione, si registra una diffusa, se non unanime, convinzione. Ancor più diffusa convinzione, si registra sul fatto che quella battaglia referendaria, per innumerevoli ragioni, non si svolse sui contenuti ma, nel contesto temporale in cui si inserì, ha rappresentato il vero ultimo scontro politico degli schieramenti di allora, prima che “la tempesta” della crisi di quei tempi imponesse un rimescolamento totale delle carte ed un mutamento del quadro politico. Ovviamente a distanza di 10 anni è possibile sviluppare pacatamente un’analisi oggettiva dei fatti e registrare altrettanto pacatamente la reale situazione odierna e quello che si deve e si può ancor di più fare in un settore che, a dispetto di alcuni, resta un settore industriale ed imprenditoriale del Paese dalle grandi capacita anti recessive e dalle enormi possibilità occupazionali. Un settore chiamato quindi a dare un contributo non indifferente al rilancio dell’economia e del lavoro in tempi pandemici…. Il referendum fu uno scontro tra partiti… Nello stesso PD, che in occasione del referendum impose una sofferta ma “decisa” chiamata a coorte, contrastata solo da poche voci controcorrente (vedi: chiari e consapevoli voci dell'allora sindaco dei sindaci Chiamparino), dopo poco più di un anno dalla consultazione si registrò una unanime consapevolezza sulla necessità di uscire dal “pantano” inconsapevolmente creato dal referendum. 3
  • 4. Proviamo a ripercorrere il “corso di quel fiume tortuoso”, nella speranza che giunga la quiete della ragione e della ragionevolezza dopo la tempesta della passione, nell’interesse di tutti. Il governo della “risorsa acqua”, nei suoi diversi profili di tutela, difesa del suolo nel senso di prevenzione dei rischi da inondazioni e siccità, nonché di gestione dell’approvvigionamento e della depurazione, pone da sempre sfide importanti ai legislatori e agli altri livelli istituzionali. E’ indubbio che è necessaria una non formale presa d’atto che il buon governo dell’acqua rappresenta un elemento decisivo per la salvaguardia ambientale, per la crescita economica e, quindi, per la sostenibilità del modello di vita nel lungo periodo. Sono moltissimi gli aspetti coinvolti da un approccio che voglia essere serio e costruttivo su questo tema: obiettivi di qualità delle acque, politiche di risparmio e salvaguardia della risorsa, principi e obiettivi della gestione, impiantistica e infrastrutture, interrelazione con le politiche urbanistiche, usi diversi della risorsa..; tutti strettamente interdipendenti e perciò bisognosi di una pianificazione e di una “governance integrata”. Affrontare il tema dell’acqua e di una sua efficace gestione nell’interesse generale è perciò complesso e delicato, perché intorno a questo elemento ruotano paure ataviche che, da sempre, hanno condizionato l’umanità e lo sviluppo della dimensione sociale. La consapevolezza che senza l’acqua la vita stessa non sarebbe possibile induce un’attenzione e al contempo sviluppa una sensibilità molto particolare. Intere civiltà sono prosperate e sono decadute grazie all’acqua. Tuttora nel mondo la risorsa è contesa tra popoli e talvolta tra interessi diversi. Più che per ogni altra risorsa naturale si sono combattute guerre e alimentati conflitti. 4
  • 5. 5 L'acqua spesso, purtroppo, divide più che unire. La stessa protervia e sicumera della modernità, che ci induce a pensare che, per l’Uomo di oggi, ogni cosa sia possibile e non esistano limiti insuperabili alla tecnica, diviene gracile e crolla di fronte ad un inaspettato periodo di siccità. Non dimentichiamo che nella patria della pioggia, proprio alla vigilia di un evento planetario come le Olimpiadi, persino a Londra quindi, furono costretti a chiudere le fontane pubbliche, sospendere l’innaffiamento dei giardini e razionare l’acqua potabile a seguito di un imprevedibile periodo siccitoso. Ricordo che proprio qui nel Veneto ed in Toscana, a causa di una straordinaria siccità, la peggiore degli ultimi 60 anni, vivemmo un’estate molto difficile proprio l’anno successivo al referendum. Personalmente ricordo che ad un solo anno dal referendum, Sua Eccellenza il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nei momenti critici della secca dell’Arno (fonte di approvvigionamento idropotabile di Firenze Prato Pistoia) aveva rivolto un invito a pregare per il dono della pioggia ed aveva sollecitato i fedeli a maggior sobrietà dei consumi e responsabilità nell’uso di questo bene prezioso e limitato. Se è vero che in larga misura si tratta di paure emotive, le cui ragioni si perdono nella storia, è altresì innegabile che l’acqua merita una conoscenza e un'attenzione molto particolare e, nonostante abbia caratteristiche molto simili alla distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale sia per processi operativi che per tipologia di infrastruttura, è percepita socialmente in maniera molto diversa. Il referendum popolare, poi, in Italia ha sancito una sbrigativa e distorta verità assoluta, che ha fatto leva sull'emotività dell'approccio piuttosto che sulla razionalità delle scelte da compiere ed è divenuto ancora più complicato valutare con serenità come assicurare tutte le prerogative pubbliche per garantire l’equità nell’accesso alla risorsa, la priorità dell’uso per l’uomo e il rispetto della natura, la sua riproducibilità nel futuro insieme ad una gestione efficiente che costi il meno possibile.
  • 6. I cambiamenti climatici spingono oggi come allora a sviluppare una capacità di governo diffuso della risorsa e sarebbe auspicabile si compiessero passi in avanti che permettano l’uso razionale e la sua salvaguardia aldilà degli interessi dei singoli stati. Mentre nel passato la disciplina sovranazionale riguardava gli interessi di più paesi su di un singolo corpo idrico, in genere un fiume o un lago, con l’irrompere della questione climatica e dell’inquinamento globale l’esigenza di un governo sovranazionale si estenderà sempre di più e saremo chiamati ad affrontare problemi mai affrontati prima. Tale dimensione non è ancora sufficientemente presidiata ed avvertita sia dalle opinioni pubbliche che dai governi, eppure sono proprio queste le scelte e le questioni più rilevanti. Occorre affermare, con pratiche concrete, il principio che la risorsa appartiene all’intera umanità e può essere usata, ma ciò deve avvenire in maniera consapevole e solidale tra i popoli e le generazioni. Accesso universale, salvaguardia e disponibilità per i diversi usi sono aspetti fortemente interrelati che necessitano di una gestione unitaria, efficiente e sostenibile sotto l'aspetto ambientale, sociale ed economico. Autorizzare un prelievo da un fiume per l’industria, l’agricoltura o un acquedotto; decidere la costruzione di un invaso o di un trasferimento di acqua da un’area ricca ad una priva di risorsa; sono questioni per le quali solo autorevoli istituzioni pubbliche dotate di poteri efficaci possono garantire un controllo e, si spera, compiere in tempo utile tutte le scelte opportune. Solo un “governo” pubblico con lo sguardo lungo può essere in grado di preparare il Paese e persino il mondo ai cambiamenti che ci aspettano nel futuro. Tali funzioni di “governance” sono sempre più urgenti sia a livello dei singoli Stati membri, che in genere se ne occupano poco e male, sia in una dimensione che per sua stessa natura geomorfologica non può essere gestita entro confini amministrativi ma necessita di una gestione di area vasta e di un'ottica spaziale che superi l'egoistico approccio provinciale regionale o nazionale e si estenda a livello europeo per poi essere in grado di farne realmente questione "planetaria". 6
  • 7. Mi preme ricordarVI che a tale riguardo che uno degli obiettivi di sviluppo del Millennio era proprio “ridurre della metà, entro il 2015, la percentuale di popolazione mondiale senza un accesso sostenibile all'acqua potabile e agli impianti igienici di base”. «Sebbene dal 2000 ad oggi più di 1,8 miliardi di persone abbiano ottenuto l’accesso all’acqua potabile e ai servizi idrici di base, il 29% della popolazione, ovvero 2,2 miliardi di persone, ancora non gode di questo diritto. L’esperienza della pandemia da Covid-19 ha bene evidenziato l’importanza dell’utilizzo dell’acqua come forma di prevenzione per la salute umana e quindi la necessità di garantire il suo utilizzo. » A supporto del tema della cooperazione decentralizzata nel settore idrico, ovvero della solidarietà nei confronti dei paesi in via di sviluppo, mi preme ricordare Manifesto Parlamentare sottoscritto a Marsiglia in occasione del Forum mondiale dell'acqua del 2012 nel quale si legge (cito espressamente) "noi rappresentanti dei Parlamenti di tutto il mondo agiremo nelle nostre rispettive assemblee parlamentari per promuovere meccanismi di solidarietà efficaci affinché questi ultimi possano essere inclusi nell’apparato legislativo di tutte le nazioni dando priorità all’accesso all’acqua potabile ed ai servizi sanitari di base”. Quanto sopra non è "altro" rispetto ad affermare che la risorsa idrica necessita di una gestione efficiente all'interno di una governance pubblica con regole e finalità chiare e certe. Quanti sanno che quella degli acquedotti è solo il 10% della risorsa prelevata dai corpi idrici dall’uomo per i diversi usi? 7
  • 8. E quanti saprebbero dire chi controlla, quanto costa e chi decide sull’90% usata in agricoltura e nell’industria? Per disciplinare i prelievi dall’Arno, dal Po o dal Tevere e decidere come destinare la risorsa ai diversi usi, c’è un’autorità nazionale per ogni fiume importante, con una “governance” che, per ciascuno di essi, coinvolge diversi ministeri, le regioni, e tutte le province interessate. Quando c’è una crisi idrica, per esempio, e si tratta di ridurre i prelievi ad uso irriguo o industriale per salvaguardare l’uso umano e talvolta la sopravvivenza dell’ecosistema fluviale, è necessario un lungo e complesso processo istituzionale che certe volte non riesce neppure a concludersi per la complessità e la quantità dei soggetti coinvolti. Questo livello di governo può essere reso più efficace, tempestivo e trasparente ma deve essere assicurato da istituzioni pubbliche. E’ la risorsa, intesa come sorgenti, laghi, fiumi, che meritano un rigoroso ed esperto controllo strategico pubblico ed il suo uso merita un’attenta disciplina pubblica che assicuri le adeguate priorità tra interessi ed usi concorrenti e che garantisca che queste risorse siano disponibili per le generazioni future, che, in altre parole, possano rigenerarsi anno dopo anno a beneficio dei nostri figli, nipoti e pronipoti. Tanto per intendersi il nostro Paese deve rimediare a scelte pubbliche non sufficientemente avvertite del passato. 8
  • 9. La prima Legge in Italia per la tutela dei corpi idrici è la Legge Merli del 1976. Dunque è solo dagli anni ‘80, del secolo scorso, che si è cominciato a porre il problema di tutelare fiumi, laghi e sorgenti. Quindi solo da poche generazioni, la comunità è chiamata a colmare un atavico gap infrastrutturale in termini di fognature e depuratori. Eppure i temi dell’ambiente, della salute, della preservazione della natura e del creato, dell’inquinamento dei mari e dei fiumi avrebbe dovuto smuovere le coscienze, generare consapevolezza ed azione e impegnare risorse economiche e di ingegno più tempestivamente. Fino ad allora, ed in molte regioni anche molto dopo, si è continuato a sperperare e sciupare preziosissime risorse strategiche. Ad oggi, il nostro meraviglioso paese è ultimo in Europa al netto della Grecia per il servizio di collettamento e depurazione delle acque reflue. Il principale cimento di fronte a noi oggi è appunto di riparare a quei guasti e garantire che l’acqua, una volta “usata”, ritorni depurata a fiumi e laghi in condizioni accettabili e la risorsa sia così salvaguardata per il futuro. Se le scelte strategiche sull’uso della risorsa devono inderogabilmente essere assicurate da meccanismi di governo pubblico, il discorso cambia per la gestione del “sistema acqua” per gli utenti finali. I sistemi di gestione acquedottistici e fognari-depurativi, infatti sono divenuti sempre più complessi e grandi, ciò è accaduto soprattutto per garantire sistemi di depurazione sovracomunali in grado di restituire la risorsa ai fiumi e laghi senza alterarne l’equilibrio ma anche per raggiungere una dimensione di gestione nella quale conseguire economie. Si tratta di attività, dove l’efficienza operativa è intimamente connessa alla qualità del servizio sia in termini di prestazioni agli utenti finali (pressioni di esercizio, tempi di allacciamento, qualità dell’acqua) sia per quel che riguarda la prestazione verso l’ambiente e dunque qualità degli scarichi, che per l’efficiente uso energetico. 9
  • 10. Aldilà della proprietà delle società di gestione è indispensabile una cultura di tipo industriale orientata all’efficienza e questa, nella storia concreta del nostro Paese, raramente si ritrova nelle piccole imprese frammentate e prive di accesso al credito. Una volta compiute le scelte strategiche, si tratta di realizzare investimenti orientati all’efficienza operativa e al minimo dispendio di energie economiche, di assicurare una costante gestione e manutenzione di complessi impianti talvolta distribuiti in centinaia di chilometri quadrati. Si tratta inoltre di disporre di capacità di accesso al credito che oggi più che mai è sinonimo di cultura imprenditoriale, adeguatezza nella gestione tecnico-economico-finanziaria, indipendenza da logiche non industriali, propensione al rischio e capacità organizzative – necessarie a gestire al meglio il processo produttivo in questione. Quindi non è da demonizzare la concorrenza “per” il mercato, ossia il contributo di tutti (o meglio dei migliori) alla gestione. Da questo punto di vista, la proprietà pubblica della rete nei suoi diversi segmenti della captazione, dell’adduzione, dell’acquedotto, della fognatura e della depurazione, svolge un ruolo specifico, a fianco della proprietà pubblica della risorsa: è condizione affinché il gestore del servizio si configuri come gestore pro-tempore, non solo nel senso che al termine dell’affidamento è tenuto retrocedere la rete agli enti locali ma anche nel senso che l’affidamento stesso sia rescindibile ove il soggetto gestore non si conformi alle regole stabilite (in un contesto di regolazione peraltro stabile e non sottoposto ad arbitrio politico). Solo un soggetto con una solida esperienza e un approccio industriale può quindi ambire a gestire in maniera economica ed efficiente il complesso sistema dell’ACQUA. Naturalmente il tema dell’efficienza nella gestione di un monopolio naturale come la distribuzione dell’acqua non può restare oggetto di un’autovalutazione orientata dalle convinzioni politiche. Gli utenti non possono scegliere tra operatori in concorrenza perché la rete è una sola esattamente come avviene nella distribuzione elettrica e nel gas. 10
  • 11. Quindi e lo ribadisco con forza no si tratta di scegliere tra operatori pubblici o privati o misti, ma tra operatori efficienti ed operatori inefficienti. La tariffa copre (e deve coprire per consolidate norme europee) i costi sia d’investimento sia di gestione e ciò che pagano gli utenti sarà dunque funzione della bravura/efficienza del gestore. Nel caso del servizio idrico – un servizio di interesse economico generale che utilizza un bene comune – la struttura tariffaria, è chiamata a contemperare diversi obiettivi: coprire i costi (efficienti) del servizio, disincentivare l’uso eccessivo della risorsa comune e tutelarne la riproduzione nel tempo (equità intergenerazionale), garantire l’accessibilità del prezzo per tutti gli utenti (giudizio di meritorietà ed equità infragenerazionale, da cui servizio universale). Se il servizio è gestito male sperperando risorse in investimenti inutili e alimentando costi operativi esagerati il conto lo pagano gli utenti con la tariffa ed il gestore deve essere punito…. C’è quindi un alto profilo d’interesse pubblico che riguarda la regolazione e il controllo e che incide direttamente nella tutela degli utenti. Tale tutela è indispensabile a prescindere dall’assetto proprietario del gestore. Gli effetti distorsivi, infatti, possono riguardare qualunque operatore si trovi nella condizione di gestire un monopolio. Nel nostro Paese le competenze di regolazione e controllo sull’acqua sono state demandate all’allora Autorità per l’energia elettrica ora ARERA e quindi ora c’è, grazie a Dio da tempo, un soggetto indipendente che ha stimolato con la leva della premialità e delle penalità un graduale miglioramento del servizio. A tale proposito spero che presto anche nel settore dei rifiuti grazie all’intervento di ARERA si potranno realizzare processi simili a beneficio della salvaguardia dell’ambiente ma anche e soprattutto nello sviluppo di una vera economia circolare. 11
  • 12. Certo l’ARERA si è dovuta “immergere” nelle peculiarità dell’acqua e più in generale del SII: lungo lo stivale italico infatti per disponibilità della risorsa, per condizioni socio-economiche, per cultura ed anche, aimè, per condizionamenti non sempre “potabili” la gestione del ciclo integrato dell’acqua non è omogenea e tanto meno potrà esserlo. Parimenti la stessa Autorità, diversamente da quanto fatto per lo start up della regolazione elettrica e del gas, ha dovuto fare i conti con un diverso quadro economico-finanziario e, soprattutto, con le mutate condizioni di accesso al credito e di “bancabilità” degli investimenti infrastrutturali. La responsabilità di rilanciare un settore per le sorti di un paese; La responsabilità di consegnare alle generazioni future mari e fiumi più puliti e accesso costante e continuativo di acqua potabile; è stata e resta sulle spalle di tutti ed è questa la vera sfida di questi tempi… Sono sicuro, comunque, che quanto la regolazione ha fatto e continuerà a fare nel rivitalizzare investimenti e buona pratica, oggi più che mai attenuerà l’attenzione sugli assetti proprietari dei gestori e ci permetterà sempre più di guardare ai risultati che gli operatori sono in grado di conseguire in termini di efficienza operativa e d’investimento. Il nodo del Know-how industriale ha permesso di consolidare in Italia più soggetti industriali capaci di assicurare questi servizi nel futuro. In sintesi, con fermezza e convinzione, credo che la sinergia tra i vari settori del paese non solo sia necessaria ad assicurare uno sviluppo sostenibile ma possa essere addirittura virtuosa. OGGI c’è un campo di gara con regole chiare e stabili nel tempo dove la maggiore efficienza e capacità produce risultati sia per gli operatori che per egli utenti e soprattutto per le generazioni future. Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, …..Ecco il sereno ……E chiaro nella valle il fiume appare. …….Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua della novella piova. 12
  • 13. Consumo del 76% più alto della media Europea 13