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TESI	CONSIGLIERE	LUCA	GIULIANI	
	
	
GOVERNIAMO	IL	PRESENTE,	GUIDIAMO	IL	FUTURO	
	
	
	
	
CONGRESSO		P.A.T.T.		
13	MARZO	2016
2	
	
	
Dal	passato	del	P.A.T.T.		le	ragioni	del	suo	futuro	
Il	congresso	del	Patt		si	innesta	su	un	quadro	politico	locale	denso	di	
movimenti	e	ricco	di	incognite.	Numerosi	i	temi	sul	tappeto,	variegato	
il	 panorama	 partitico,	 ma	 soprattutto	 l’insidia	 di	 	 un	 comune	
denominatore:	 quello	 della	 riduzione	 importante	 di	 risorse	 a	 fronte	
delle	crescenti	necessità	finanziarie.		
Questa	premessa	è	indispensabile	per	evitare	un	errore,	che	potrebbe	
costituire	 un	 alibi	 per	 molti	 ma	 non	 per	 il	 Patt,	 di	 addormentare	 le	
coscienze	attorno	alla	convinzione	che	tanto	in	assenza	delle	essenziali		
risorse	economiche,	poco	si	possa	fare.	La	diminuzione	di	risorse	non	
è	 assenza	 di	 risorse,	 ma	 obbliga	 ad	 ripensamento	 delle	 politiche	 di	
investimento.	
Rispetto	 a	 ciò	 gli	 Autonomisti	 sono	 chiamati	 ad	 un	 supplemento	 di	
impegno.	 Per	 troppo	 tempo	 infatti	 l’	 Autonomia	 del	 Trentino	 è	 stata	
vista,	 e	 non	 a	 torto,	 come	 una	 sorta	 di	 bancomat,	 quasi	 una	 Banca	
pubblica	dalle	risorse	interminabili,	che	tanto	elargiva,	tutto	poteva	ed	
alla	 quale	 non	 sempre	 i	 più	 attrezzati,	 ma	 spesso	 i	 maggiormente	
introdotti,	accedevano	a	man	bassa.	Ecco,	questo	sistema	va	detto	con	
forza,	 ha	 rappresentato	 una	 sorta	 di	 cancro	 endemico	 alla	 nostra	
società	trentina,		una	metastasi	culturale	che	ha	purtroppo	adulterato	
anche	vari	strati	produttivi	ed	economici	della	nostra	società.
3	
	
Autonomia:	capitale	inagito	
	
Adesso	 in	 Trentino	 l’Autonomia	 è	 una	 sorta	 di	 capitale	 inagito,	 dalle	
potenzialità	 inespresse	 per	 il	 timore	 ingiustificato	 a	 rischiare	
interventi	 di	 impatto.	 Frena	 in	 questo	 la	 sindrome	 del	 consenso	
immediato	 ed	 a	 ogni	 costo,	 ma	 anche	 un’attenzione	 morbosamente	
deleteria	alla	mediatizzazione	degli	effetti,	cui	si	dedica	uno	smodato	e	
stonato	ruolo.	
Ciò	 che	 oggi	 il	 Governo	 provinciale,	 motore	 politico	 della	 nostra	
Autonomia,	 non	 può	 permettersi,	 è	 di	 offrire	 l’impressione	 di	
governare	 la	 Comunità	 attraverso	 soluzioni	 brevi,	 individuali	 o	
decontestualizzate;	 deve	 invece	 prevalere	 l’idea	 che	 le	 alleanze	 sono	
funzionali	al	raggiungimento	di	una	sintesi	politica	le	cui	ricadute	sulla	
collettività	siano	percepite	e	reali.	Non	spetta	al	Patt	sindacare	sulla	
volontà	 di	 attori	 terzi	 di	 andare	 ad	 alimentare	 nuovi	 soggetti	 o	 a	
costruirne	altri.		Spetta	però	al	Patt,	questo	sì,	garantire	una	stabilità	di	
equilibri	 in	 virtù	 di	 un	 suo	 ruolo	 di	 governo	 che	 lo	 vuole	 oggi	
espressione	della	più	alta	carica,	quella	di	Governatore.	Detta	carica	è	
prima	di	tutto	super	partes	perché	governa	l’intera	società,	ma	non	è	
extra	partes	perché	nasce	da	un	contesto	politico	democraticamente	
eletto	e	figlio	di	un’appartenenza	che	è	anche	partitica.			
E’	dunque	incardinato	anche		nel	Patt	il	compito	alto	di	tenere	molto	
stabile	 la	 barra	 della	 coalizione,	 unica	 condizione	 capace	 di	 evitare	
fibrillazioni	che	produrrebbero	ricadute	deleterie	a	livello	di	efficacia	e	
fungibilità	governativa.	Chi	ha	presente	il	livello,		quello	strumento	che	
i	 geometri	 usano	 per	 controllare	 la	 messa	 in	 orizzontale	 dell’opera,	
ricorderà	quanto	poco	basti	per	spostare	l’indicatore,	la	bolla,	ovvero	il	
Governo	 provinciale.	 Oggi	 gli	 interventi	 più	 o	 meno	 scomposti	 di	
coloro	 i	 quali	 stanno	 vivendo	 con	 evidente	 disagio	 una	 propria	
scompaginata	 dimensione	 politica,	 non	 possono	 immaginare	 di
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riempire	 un	 naturale	 disorientamento,	 un’anemica	 fase	 di	
progettualità	attraverso	l’insistito		
	
	
innesto	 di	 detonatori.	 Ancora	 più	 grave	 è	 farlo	 in	 una	 fase	 di	 crisi	
pesante	 all’interno	 della	 quale	 ogni	 minimo	 bradisismo	 non	 fa	 che	
moltiplicare	 il	 rischio	 di	 trasformare	 uno	 sciame	 sismico	 in	 vero	 e	
proprio	 terremoto.	 Nel	 parlare	 prima	 di	 capitale	 inagito	
dell’Autonomia,	 richiamo	 proprio	 ad	 una	 corresponsabilizzazione	
diffusa	 di	 tutte	 le	 forze	 della	 coalizione,	 a	 rafforzare	 il	 concetto	 di	
concretezza	 operativa	 di	 governo,	 magari	 attraverso	 l’individuazione	
di	una	prospettiva	a	medio	e	lungo	raggio:	la	stessa	che	consente	alle	
grandi	Democrazie,	qui	alle	grandi	Autonomie,	di	staccare	il	biglietto	
della	responsabilità	attiva.		
Questa	 emergenza,	 diversamente	 gestita,	 trasformerebbe	 gli	 attori	
politici	 in	 comparse,	 pupazzi	 capaci	 	 di	 interpretare	 solo	 una	 storia	
qualsiasi,	autoreferenziale	e	vuota,		non	certamente	la	storia	di	questa	
Terra.	
Questa	stabilità	coalizionale	è	tanto	più	garantita	quanto	gli	elementi	
di	vulnerabilità	verranno	marginalizzati	e	depotenziati.		
Non	 sempre	 la	 semplificazione	 formale	 del	 quadro	 funge	 da	
agevolatore	 sostanziale:	 possiamo	 perdere	 per	 strada	 una	 sigla,	 ma	
pagarne	prezzi	in	termini	di	equilibrio	complessivo	sproporzionati	alla	
resa.	 	 Così	 come	 le	 transumanze	 elettorali,	 figlie	 quasi	 sempre	 di	
contingenti	opportunismi,	producono	inquinamento	nel	campo	di	chi	
le	ospita,	ed	insanabili	anemie	tra	chi	il	salasso	lo	subisce.	Rischiare	
attività	 telluriche	 per	 azzardare	 scenari	 di	semplificazione	dai	dubbi	
approdi	la	Comunità	trentina	non	piò	permetterselo.
5	
	
	
	
	
	
Autonomia	leva	di	progresso	
Sta	 decisamente	 stufando	 la	 fissa	 romana	 di	 considerare	 la	 nostra	
Autonomia	privilegio	ingiusto,	immeritato,	nella	migliore	delle	ipotesi	
prerogativa	non	più	attuale	e	superata	dalla	storia.		Pare	che	oltre	a	
questo		la	politica	rappresentata	anche	all’interno	della	regioni	a	noi	
confinanti	non	sappia	andare.		
Facciamo	attenzione		a	ritenere	che	la	contestazione	afferisca	solo	a	
motivazioni	 di	 ordine	 economico.	 Non	 è	 purtroppo	 così.	 Dico	
purtroppo	perché	a	volte	gli	aspetti	culturali	ed	i	pregiudizi	sono	molto	
più	 difficili	 da	 combattere	 e	 sconfiggere	 che	 non	 le	 questioni	
puramente,	seppur	importanti,	finanziarie.		
La	 percezione	 generale	 che	 anche	 la	 nostra	 truppa	 parlamentare	
regionale	 ha,	 netta,	 è	 che	 il	 modello	 autonomistico,	 e	 con	 esso	 il	
Trentino,	 stia	 molto	 antipatico	 a	 Roma	 e	 sia	 a	 malapena	 sopportato.		
Prevale	 cioè	 l’assurdo	 concetto	 che	 il	 modello	 Trentino,	 riconosciuto	
valido	sotto	il	profilo	dei	riscontri	oggettivi,	siano	essi	legati	allo	stato	
di	 benessere	 generale,	 della	 qualità	 dei	 servizi,	 del	 livello	 socio	
economico	 conquistato,	 in	 sostanza	 della	 qualità	 generale	 della	 vita,	
non	 debba	 essere	 imitato,	 esportato,	 ma	 cancellato.	 Appare	 questo	
ragionamento	incredibile	ai	più,	ma	a	fronte	di	questo	che	rappresenta	
un	 evidente	 problema	 culturale,	 è	 necessario	 rispondere	 con	
compattezza	e	veemenza.	L’obbiettivo	romanocentrico	non	è	in	buona	
sostanza	 quello	 di	 tentare	 di	 risintonizzare	 sull’esterno	 il	 modulo	
trentino,	ma	di	sfruttarne	fino	in	fondo	gli	effetti		fiscali,	per	spremerlo
6	
	
e	 tradurre	 così	 il	 sistema	 amministrativo	 nostro,	 rispettoso	 dei	 vari	
patti	di	stabilità	e	di	rigore	finanziario,	in	una	sorta	di	fondo	di	riserva,	
di	forziere,	di	bancomat	dell’Autonomia	nei	confronti	di	Roma.	Quasi	
che		
	
	
sia	normale	risanare	i	debiti	degli	sperperi	siciliani,	per	esemplificare,	
con	il	frutto	delle	nostre	manovre	provinciali	di	rigore.		Tutto	questo	è	
inammissibile.	 Da	 parte	 nostra,	 accanto	 ad	 una	 politica	 anche	
comunicativa	 di	 alto	 presidio	 del	 sistema	 autonomistico,	 dobbiamo	
fare	in	modo	di	coinvolgere	pure	le	altre	forze	politiche	a	mantenere	
alto	il	livello	di	attenzione	su	questa	tematica,	tifando	per	l’Autonomia	
e	 tutelandone	 il	 brand	 in	 ogni	 occasione	 questo	 diventa	 possibile,	 a	
prescindere	dall’appartenenza	ad	uno	o	l’altro	schieramento.	Se	infatti	
perde	l’Autonomia	è	tutto	il	Trentino	che	ci	rimette,	non	solo	una	sua	
parte.	Sul	come	poi	declinare	al	meglio	il	sistema	autonomistico	nella	
politica	del	governo	provinciale	questo	è	un	tema	sul	quale	ogni	forza	
avrà	la	propria	peculiare	ricetta.	Ovvio	che	il	Partito	dovrà	continuare	
ad	avere,	come	del	resto	ha	ben	impostato	fino	ad	ora	la	soluzione	del	
problema,	una	forte	attenzione	alla	gestione	di	tematiche	simbolo	e	di	
riverbero	 nazionale,	 quale	 quella	 dei	 vitalizi,	 che	 permangono	
strumenti	 micidiali	 di	 discredito	 in	 mano	 ai	 detrattori	 della	 nostra	
Terra.
7	
	
	
	
Autonomia	del	terzo	millennio	
	
Noi	esistiamo	oggi	anche	per	affermare	le	ragioni	di	una	Autonomia	
che	 a	 prescindere	 dal	 concetto	 materiale	 della	 politica,	 vuole	
formalizzare	il	potere	del	pensiero,	della	innovazione,	della	voglia	di	
rischiare,	della	nobiltà	del	come	fare	le	cose,	e	non	semplicemente	del	
farle	a	qualunque	costo	anche	quando	non	ne	sussistono	le	premesse.		
La	prerogativa	dell’Autonomia	del	terzo	millennio,	con	gli	Autonomisti	
alla	sua	guida,	è	quella	capace	di	lanciare	oltre	l’ostacolo	le	energie	di	
una	politica	in	grado	di	pensare,	programmare,	realizzare	bene	e	tanto	
con	 risorse	 fortemente	 ridotte.	 Questo	 comporta	 un	 investimento	
robusto	 	 in	 ricerca	 ed	 in	 alta	 professionalizzazione,	 strumenti	 con	 i	
quali	affiancare		un’	impresa	oggi	obbligata	a	vincere	il	confronto	con	
un	mercato,	non	solo	nazionale,	molto	aggressivo.	Ma	significa	anche	
incominciare	 ad	 evidenziare	 il	 valore	 insostituibile	 del	 lavoro	
materiale	 e	 non	 solo	 intellettuale,	 perché	 anche	 di	 questo	 le	 nostre	
aziende	 hanno	 bisogno:	 di	 gente	 formata	 a	 praticare	 professioni	
storicamente	 meno	 ambite	 ma	 invece	 basilari	 per	 l’equilibrio	
dell’intero	sistema	lavoro	in	Trentino.	
In	 questa	 dinamica	 gioca	 un	 ruolo	 fondamentale	 	 la	 scuola,	
un’istruzione	 collegata	 al	 mondo	 del	 lavoro,	 un’impresa	 che	 sappia	
rapportarsi	 con	 il	 mercato,	 un’attenzione	 al	 mondo	 giovanile	 non	
piegata	alle	logiche	di	un	semplice	liberismo	senza	guida,	ma	con	una	
prospettiva	futura.	Il	rilancio	in	questo	senso	di	un’	offensiva	in	favore	
degli	 istituti	 tecnici,	 che	 affianchino	 il	 già	 ottimo	 livello	 delle	 scuole	
professionali,	 è	 premessa	 indispensabile	 contro	 quello	 che	 sta
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prefigurandosi	 come	 la	 fabbrica	 dei	 laureati	 di	 alta	 specialità	 	 e	
bassissima	appetibilità.	
	
	
Classe	 dirigente:	 blocco	 generazionale,	 tra		
ingessature	ed	incrostazioni.		
Da	 chiedersi	 c’è	 	 come	 mai,	 dopo	 un	 trentennio	 di	 politica	 dellaiana	
esercitata	 al	 massimo	 livello,	 il	 progetto	 di	 un	 Trentino	 che	 tenta	 la	
ricerca	di	nuove	soluzioni	non	riesca	ad	incontrare	promotori	capaci,	
da	un	punto	di	vista	generazionale,	di	rappresentarlo	in	maniera	più	
fresca?	 E	 qui	 la	 risposta,	 complessa,	 andrebbe	 drammaticamente	
cercata	 all’interno	 delle	 motivazioni	 che	 sottendono	 a		
quell’astensionismo	silenzioso,	così	come	a	quel	voto	abulico	e	triste	
ad	ogni	appuntamento	elettorale	in	costante	crescita,		che	certificano	
una	 disaffezione	 di	 intere	 generazioni	 di	 popolazione	 alla	 politica.		
L’atteggiamento	di	una	politica	difensiva,	conservatrice	e	che	non	osa,	
non	giova	ad	un	Trentino	lanciato	verso	un	terzo	Statuto	che	richiede	
fantasia,	ingegno,	capacità	di	immaginazione	e	di	programmazione	da	
parte	 della	 pluralità	 degli	 attori	 sociali.	 	 A	 volte	 questo	 Trentino,	
intimidito	 dall’arroganza	 degli	 altri	 piuttosto	 che	 dal	 pudore	 di	 non	
apparire	all’altezza,	può	dare	l’impressione	di	un	eccessivo	rigorismo,	
paralizzante,	 	 ingiustificato	 se	 paragonato	 a	 quanto	 avviene	 appena	
fuori	dai	nostri	confini	regionali.		Ma	si	sta	facendo	tutto	il	possibile	
per	permettere	la	nascita	di	condizioni	praticabili	verso	una	primavera	
partecipativa,	 un	 rinverdimento	 della	 classe	 dirigente	 politica?	 O	 ciò	
che	profuma	di	fresco	rappresenta	il	negativo?	Non	lo	credo,	ed	anzi,	
penso	che	tutto	si	debba	fare	per	introdurre	forze	giovani,	che	di	per	
sé	 non	 sono	 per	 forza	 migliori,	 ma	 occorre	 	 consentire	 a	 quelle	 più	
illuminate	e	dotate,	semplicemente,	di	mettersi	in	campo,	di	giocare	la
9	
	
partita	 e	 poter	 mostrare	 se	 e	 quanto	 valgono:	 offrire	 loro	 insomma	
un’occasione.	
	
	
	
Partito	tra	popolarismo	e	modernità	
	
Il	carattere	popolare	del	Patt	è	sicuramente	uno	dei	suoi		punti	di	forza	
indiscusso;	 	 questo,	 	 accompagnato	 ad	 un	 radicamento	 capillare	 e	
diffuso	 	 lo	 rende	 una	 movimento	 territoriale	 importante.	 Forse	 il	
partito		regionale,	oggi,	che	assieme	alla	S.V.P.	meglio	rappresenta	la	
sintesi		necessaria,	direi	indispensabile,	tra	partito	in	senso	classico	ed	
associazionismo	 politico.	 	 Che	 questa	 formula	 funzioni	 dunque	 è	
dimostrato	 dalla	 sua	 permanenza	 all’interno	 del	 quadro	 politico	
regionale	da	ben	67	anni,	sempre	col	suo	onorato	e	stimato	simbolo	
delle	due	stelle	alpine.	La	risposta	delle	liste	civiche,	come	tentativo	di	
superamento	 laico	 del	 partito	 quale	 formula	 associativa	 ed	 attore	
partitico,	dimostra	che	questo	del	territorio	rimane	ancora	il	terreno	
di	massima	agibilità	ed	interesse.	E’	opportuno	quindi	continuare	su	
questa	strada,	ma	pensando	altresì	ad	implementarla	con	un	rilancio	
ulteriore	di	programmazione	che	possa	non	farci	trovare	impreparati	
di	fronte	alle	nuove	sfide	di	una	modernità	digitale	e	virtuale,	che	sta	
viaggiando	 a	 velocità	 altissima	 ed	 appare	 molto	 poco	 avvezza	 a	
credere	 ancora	 in	 una	 forma	 di	 partito	 vecchia	 ed	 autoreferenziale.	
Vale,	in	questo	senso	affermare	la	centralità	del	Partito	come	agenzia	
formativa	 delle	 classi	 dirigenti	 prossime,	 capace	 di	 selezionare	 le	
future	 intelligenze	 politiche,	 mai	 dimenticando	 l’indispensabile	
collegamento	 col	 territorio	 e	 soprattutto	 con	 il	 singolo,	 l’uomo.	 Il	
Partito,	il	Patt	del	2015	deve	essere	in	grado	di	ricordare	il	passato	per
10	
	
trarre	 da	 questo	 una	 rimodulazione	 anche	 strutturale	 che	 non	 ne	
cancelli	 il	 suo	 spirito	 di	 partito	 popolare,	 ma	 lo	 riadatti	 e	 lo	 renda	
maggiormente	 fungibile	 ad	 una	 platea	 esigente	 e	 mutevole.	 Certo	 le	
tessere,	ma	apertura	anche	agli	autonomisti	che	tessere	non	vogliono	
avere;	 certo	 partecipazione,	 ma	 no	 elefantiasi	 organogratica	 fatta	 di	
organi	 pletorici	 e	 fintamente	 rappresentativi,	 sì	 al	 reclutamento	
attento,	ma	solo	per	idee	e	non	per	appartenenza.		
Ogni	 contributo	 è	 valido	 per	 la	 cifra	 del	 suo	 contenuto	 e	 non	 per	 la	
collateralità	ad	uno	od	altro	dirigente.	Occorre	dunque		pensare	alla	
sovrastruttura	 di	 questa	 crisi,	 al	 contenitore	 politico,	 alla	 rete,	
all’architrave	 portante	 di	 un	 pensiero	 organizzato	 ed	 interno	 ad	 un	
Partito	 nuovo	 speculare	 alla	 velocità	 e	 rapidità	 di	 una	 società	
accelerata,	 rapida,	 complessa	 e	 fortemente	 condizionata	 dalla	 sua	
dimensione	globale.			
Il	Patt	in	questo	senso,	al	netto	di	qualche	immagine	caricaturale	non	a	
caso	 rilanciata	 da	 competitor	 fermi,	 nell’era	 digitale,	 alla	 clessidra,	
garantisce	un’ottima	opportunità	di	investimento.	A	patto	che	sappia	
lanciare	il	cuore	oltre	l’ostacolo	della	rendita	di	posizione	immediata,	
non	solo	elettorale.	
Mai	come	oggi	il	giovane	ha	bisogno	di	riferimenti	valoriali	certi,	e	la	
politica	 in	 questo	 momento	 costituisce,	 purtroppo,	 un	 freno	 alla	
creatività	del	giovane	e	non	certo	lo	sprone.		
All’interno	 del	 parlamento	 	 provinciale	 oggi	 le	 forze	 che	 reggono	 le	
sorti	 del	 centro	 sinistra	 autonomista	 risultano	 schiacciate	 dal	
desiderio,	da	una	parte,	di	esprimere	fino	in	fondo	le	proprie	spinte	
programmatiche,	 e	 dall’altra	 si	 rendono	 conto	 che	 una	 disciplina	 di	
coalizione	 le	 obbliga	 al	 massimo	 rigore	 politico	 nei	 confronti	 del	
proprio	 Presidente.	 Il	 Presidente	 è	 alle	 prese	 con	 contrazioni	 di	
bilancio	e	difficoltà	immense	legate	ad	una	crisi	che	morde,	e,	quindi,	
va	 capito	 allorquando	 richiama	 al	 massimo	 allineamento.	 Una	 via
11	
	
intermedia	 andrà	 però	 	 trovata,	 anche	 perché	 in	 caso	 contrario	
davvero	 il	 ruolo	 ragionieristico	 e	 di	 formale	 burocrate	 calzerebbe	 a	
pennello	in	capo	ai	singoli	consiglieri		di	maggioranza.		
Il	senso	della	coalizione	non	può		essere	quello	supremo,	quello	per	il	
quale	ogni	ed	indifferente	provvedimento	debba	fare	un	passo	indietro	
in	 nome	 della	 ricerca	 di	 	 un	 ingiustificato	 unanimismo.	 E’	 plurale	 la	
società,	 è	 plurale	 la	 politica,	 anche	 la	 visione	 plurale	 delle	 cose	 non	
può	 abdicare,	 per	 definizione,	 ad	 un	 provvedimento	 imperfetto,	
insoddisfacente	o	semplicemente	non	condiviso.			
Il	Patt	non	è	partito	ideologico	ma	è	partito	ideale;	ha	quindi	idee	che	
viaggiano	libere	e	prive	di	obblighi,	di	approdi	precostituiti.	
Ritengo	 opportuno,	 mantenendo	 fede	 all’attuale	 quadro	 coalizionale	
ovviamente,	 	 garantirci	 rapporti	 di	 dialogo	 aperti	 con	 quanti	 hanno	
una	 visione	 della	 società	 fondata	 su	 quella	 sorta	 di	 ponderato	
liberismo	di	cui	è	innervato	il	sistema	impresa	in	Trentino.	Si	tratta	in	
buona	 sostanza	 di	 monitorare	 con	 attenzione	 anche	 	 le	 evoluzioni	
politiche	interne	a	quei	movimenti	che	non	appartengono	all’area	di	
governo,	 ma	 con	 cui	 su	 temi	 specifici	 si	 possono	 aprire	 temi	 di	
confronto	 interessanti.	 	 Il	 panorama	 partitico	 della	 nostra	 provincia,	
probabilmente	 troppo	 frammentato	 in	 rapporto	 alle	 dimensioni	 di	
quest’ultima,	obbliga,	tutti,	ad	un	supplemento		di	studio	di	ciò	che	sta	
avvenendo		in	particolare	nel	variegato	mondo	di	quello	che	una	volta	
si	 definiva	 il	 centro.	 Oggi,	 di	 questo	 è	 rimasto	 	 una	 sorta	 di	 magma	
privo	di	un	chiaro	indirizzo	di	riferimento.	Il	Patt	è	già	stato	in	parte	
elettoralmente	attrattivo	due	anni	fa	nei	confronti	di	questo	bacino.	Ma	
ci	sono	ampie	praterie	di	intervento	in	questo	senso,	pronte	ad	essere	
occupate	 stabilmente	 da	 una	 forza	 autonomista	 dinamica	 e	
convincente.
12	
	
	
	
	
	
Governo	provinciale	
Il	governo	provinciale,		dal	quale	non	è	certo	possibile	pretendere	in	
ventiquattro	 	 mesi	 di	 dare	 corpo	 a	 soluzioni	 taumaturgiche,	 che	
richiedono	 tempi	 in	 termini	 di	 ricaduta	 a	 medio/lungo	 termine,	 in	
questo	 secondo	 anno	 qualche	 segnale	 importante	 di	 discontinuità	
positiva	 l’ha	 prodotto:	 scuola,	 sanità,	 riforma	 urbanistica,	 pubblica	
amministrazione,	 politiche	 sociali,	 per	 fare	 qualche	 esempio,	
rappresentano	 ambiti	 di	 intervento	 che	 lasciano	 intravvedere	 un	
pensiero,	 un	 indirizzo.	 Va	 riconosciuito,	 al	 governo	 provinciale,	 	 il		
tentativo	di	utilizzare	uno	schema	di	gioco	coraggioso.	Qui	il	rischio	è	
quello	 di	 un	 atteggiamento	 agonistico,	 quale	 quello	 di	 renziana		
matrice,	 che	 vada	 a	 preferire	 magari	 la	 velocità	 alla	 qualità,	 l’istinto	
alla	programmazione.	Attenzione	a	non	confondere	l’efficienza	con	la	
velocità,	 perché	 troppo	 spesso	 la	 seconda	 è	 nemica	 della	 prima.	 La	
rapidità	 spesso	 pregiudica	 quella	 condivisione	 del	 provvedimento		
senza	la	quale,	poi,	spesso	il	legislatore	rimane	intrappolato.	Il	valore	
della	politica	è	misurabile	non	solo	dal	risultato	immediato,		ma	dal	
modo	con	cui	questo	si	raggiunge,	se	vogliamo		puntare	ad	una	qualità	
duratura	degli	accordi	e	dei	provvedimenti.	
Oggi	 il	 Patt	 occupa	 stabilmente	 quell’area	 di	 centro	 di	 cui	 non	 può	
certo	 pretendere	 di	 rappresentare	 la	 totalità:	 nessun	 monopolio	 del	
centro	politico	è	dunque	in	discussione,	perché	il	monopolio	prelude	
ad	una	gestione		orizzontale	della	politica	che	non	credo	rappresenti	
un	modello	interessante	per	il	Patt.	Però	gli	Autonomisti		costituiscono
13	
	
un	 unicum	 nel	 panorama	 provinciale,	 	 affondando	 le	 radici	 nel	
popolarismo	e	nella	territorialità	diffuse,	e		questo	è	un	fatto,	non	una	
tesi,	 che	 va	 inteso	 quale	 rapporto	 verticale	 e	 stratificato	 con	 l’intera	
società	nelle	sue	articolazioni	e	categorie:	si	tratta	di	una	caratteristica	
che	 fa	 degli	 Autonomisti	 una	 risorsa	 valoriale	 e	 di	 riferimento	 per	
l’intero	Trentino.		
Trentino	 tra	 mercato	 globale	 e	 tutela	 della	 sua	
identità	di	sviluppo.	
Gli	 investimenti	 dei	 decenni	 scorsi	 in	 favore	 di	 diversi	 settori	
economici	 trentini	 rappresentano	 un	 capitale	 investito	 dinamico,	 sul	
quale	 il	 governo	 provinciale	 deve	 programmare:	 il	 modello	
conseguente	 di	 approccio	 deve	 tenere	 conto	 delle	 caratteristiche	
socio-culturali	del	territorio	sul	quale	è	innestato.	Gli	Autonomisti,	la	
cui	 natura	 ambientalista	 costituisce	 corredo	 genetico	 di	 programma,	
deve	 da	 una	 parte	 puntare	 a	 criteri	 di	 sviluppo	 compatibile	 con	 la	
natura	anche	numerica	di	una	Terra	dai	bassi	numeri	anagrafici	e	fisici,	
e	dall’altra	potenziare	specifiche	centralità	di	settore	quale	il	recupero	
del	 patrimonio	 edilizio	 secondo	 criteri	 di	 ecosostenibilità,	 la	
valorizzazione	delle	imprese	creative	dell’artigianato	e	dei	servizi,	lo	
sviluppo	 dell’informatica	 applicata	 all’impresa	 e	 la	 progettazione	 di	
nuovi	 percorsi	 in	 favore	 della	 commercializzazione	 dei	 prodotti	
dell’agricoltura	di	montagna.	Il	tutto	deve	ripartire	da	un	nuovo	patto	
tra	 pubblico	 e	 privato	 attraverso	 un	 investimento	 in	 favore	 di	 una	
nuova	cultura	del	rischio	temperato	e	di	strategie	di	nicchia.		
Il	 futuro	 del	 Trentino	 sarà	 il	 turismo	 come	 attivatore	 di	 filiera.	 Le	
caratteristiche	del	territorio	si	prestano	per	la	valorizzazione	di	questo	
settore	 che	 riuscirà	 anche	 a	 trainare	 il	 commercio	 l’artigianato	 e	
l’industria	e	l’agricoltura.
14	
	
La	costruzione	della	rete	fra	le	varie	realtà	economiche	locali	sarà	la	
fonte	 di	 successo	 delle	 nostre	 micro	 imprese	 che	 sono	 la	 maggior	
parte.	Le	grandi	realtà,	se	non	in	pochi	casi,	hanno	dimostrato	di	non	
attecchire.		
Non	dimentichiamoci	che	per	mettere	in	atto	questo,	dobbiamo	avere	
anche	 le	 infrastrutture	 e	 una	 viabilità	 adeguata.	 L’opera	 del	 tunnel	
denominato	 Loppio	 –	 Busa,	 è	 un’opera	 che	 non	 interessa	 solo	 la	
Comunità	dell’Alto	Garda	e	Ledro	ma	tutto	il	Trentino.	L’opportunità	di	
sfruttare	e	alimentare	il	lago	di	Garda,	per	far	conoscere	il	Trentino	nel	
mondo,	è	un’opportunità	che	non	possiamo	farci	sfuggire.	
Ma	attenzione,	ciò	che	ci	contraddistingue	da	altri	territori	è	il	nostro	
bellissimo	territorio.	Nell’arco	di	pochi	km	passiamo	dalla	pianura	e	il	
lago,	 alle	 montagne	 incontaminate.	 Un’ambiente	 particolarmente	
adatto	 a	 una	 moltitudine	 di	 sport	 che	 da	 poche	 parti	 	 in	 Italia	 e	 nel	
mondo	 si	 trova.	 Il	 mantenimento	 del	 territorio,	 senza	 consumarne	
ulteriormente	 con	 edificazioni,	 è	 elemento	 fondamentale	 e	
imprescindibile	per	lo	sviluppo	di	tutto	questo.	Meno	edificazioni	ma	
anche	la	volontà	di	utilizzare	sistemi	di	trasporto	alternativi	alle	auto.	
La	ferrovia	è	sicuramente	un	mezzo	da	spingere	anche	in	riferimento	
al	 fatto	 che	 l’Unione	 Europea	 ha	 dato	 indicazioni	 in	 merito	 con	
l’opportunità	di	poter	accedere	a	finanziamenti	per	tale	scopo.	Il	treno,	
per	 la	 tratta	 Rovereto-Riva,	 non	 è	 un’utopia,	 ci	 sono	 le	 condizioni,	
anche	economiche	per	poterlo	fare.		
L’unione	 del	 Comune	 di	 Ledro,	 con	 l’Alto	 Garda,	 attraverso	 una	
seggiovia	 garantirebbe	 un	 sicuro	 sviluppo	 turistico	 di	 tutta	 la	
Comunità		e	un	valore	aggiunto	importante.		
	
Rapporti	con	la	S.V.P.
15	
	
Gli	storici	rapporti	con	i	cugini	della	S.V.P.	hanno	costituito	nel	tempo,	
tra	 momenti	 anche	 di	 qualche	 conflitto,	 ma	 sempre	 improntati	 alla	
massima	lealtà	e	rispetto,	un	legame	fondamentale	per	il	P.A.T.T.	
Esprimiamo	 oggi,	 concretamente,	 una	 rappresentanza	 parlamentare	
nostra	che	è	frutto	di	un’alleanza	non	solo	tecnica	ma	propriamente	
politica	 con	 il	 partito	 di	 maggioranza	 relativa	 sudtirolese.	 Il	 nostro	
Senatore	ed	il	nostro	Deputato	sono	il	risultato	evidente	di	un’unione	
che	ha	dato	frutti	importanti.	Ma	si	pensi	anche	al	quadro	regionale	
ovviamente,	e,	fondamentale,	all’accordo	che	ha	consentito	di	eleggere	
l’europarlamentare	 Dorfmann	 attraverso	 i	 voti	 trentini.	 In	
quest’ultimo	caso	si	è	trattato	di	una	scelta	doppiamente	importante,	
perché	non	scaturita		da	necessità	di	ordine	elettorale,	ma	di	chiara	e	
gratuita	 opzione	 politica,	 non	 obbligata,	 maturata	 	 politicamente	 dal	
Patt	in	appoggio	agli	autonomisti	dell’Alto	Adige.		
Su	 alcuni	 temi,	 come	 quello	 legato	 al	 ruolo	 della	 Regione,	 i	 punti	 di	
vista	come	è	bene	noto	non	sono	concordanti.	E’	dunque	basilare	per	
la	nostra	forza	continuare	in	questo	rapporto	dialettico	con	la	S.V.P.	che	
non	 sia	 di	 sudditanza	 ma	 di	 grande	 franchezza.	 In	 politica	 i	 numeri	
sono	importanti,	ma	le	ragioni	politiche	si	sostengono	attraverso	tesi	
che	 sono	 o	 non	 sono	 giuste	 a	 prescindere	 dalla	 forza	 che	 le	
rappresenta.	Chiaro	dunque	che	sul	tema	regionale	il	Patt	sconti	non	
può	pensarne	di	fare.	
	
	
	
	
Europa	e	Trentino
16	
	
Sono	 trascorsi	 vent’anni	 dall’apertura	 dell’ufficio	 della	 Provincia	
autonoma	 di	 Trento	 per	 i	 rapporti	 con	 l’Unione	 europea:	 una	 pietra	
miliare	 nell’ambito	 della	 costruzione,	 mattone	 dopo	 mattone,	
dell’Euregio.	 Oggi	 il	 clima	 è	 maturato,	 sembrano	 passati	 secoli	 da	
quella	 diffidenza	 per	 un	 atto	 amministrativo	 che	 sottintendeva	 una	
sorta	 di	 legittimazione	 politica	 dell’Euregio,	 passaggio	 allora	
osteggiatissimo	dal	centralismo	romano	e	soprattutto	dalle	Segreterie	
dei	 Partiti	 nazionali.	 Tant’è,	 oggi	 nessuno	 mette	 più	 in	 discussione	 l’	
Euregio	 come	 realtà	 politica	 ma	 ne	 combatte	 piuttosto	 una	 limitata	
capacità	 di	 incidere	 sul	 piano	 socioeconomico	 complessivo.	 L’Europa	
nel	frattempo	continua	a	rappresentare	una	sorta	di	entità	economica	
percepita	 dalla	 popolazione	 quale	 contenitore	 	 che	 impone	 regole	 e	
distribuisce	 risorse	 secondo	 criteri	 tutelanti	 i	 Paesi	 più	 ricchi	 e		
soffocanti	di	contro	quelli	ad		economie	più	fragili.	Il	tutto	secondo	il	
metro	 del	 risultato	 invece	 che	 quello	 del	 merito.	 Appare	
insopportabile	il	più	delle	volte	constatare	come	poco	rilevi		la	singola	
specialità	dello	Stato	e	quanto	invece	la	cruda	contabilizzazione	del	Pil	
costituisca	esclusivo	punto	dirimente	tra	coloro	che	meritano	sostegno	
e	 coloro	 che	 sono	 sempre	 sul	 tavolo	 degli	 imputati.	 Numerosi	 i	
referendum,	alto	il	livello	di	insofferenza	da	parte	delle	Comunità	più	
piccole,	 basti	 pensare	 alla	 Scozia	 ad	 esempio.	 Questo	 deve	 farci	
riflettere	su	quanto	la	condivisione	dei	territori	e	la	necessità	di	unioni	
sociali,	 prima	 ancora	 che	 finanziarie,	 giochino	 ruoli	 fondamentali.	 Il	
tema	 della	 immigrazione	 o	 del	 terrorismo	 	 ha	 dimostrato	 la	 fragilità	
dell’Europa	 ma	 nel	 contempo	 la	 necessità	 che	 la	 stessa	 trovi	 nuove	
formule	 di	 compartecipazione	 e	 responsabilizzazione.	 Ecco,	 gli	
Autonomisti	in	questo	senso	sanno	che	la	strada	dell’Europa	dei	popoli	
è	quella	giusta.	Il	Patt	di	governo	non	può	ignorare	che	sempre	più	poi	
argomenti	 come	 l’	 agricoltura,	 i	 trasporti,	 l’università,	 la	 sanità,	
l’ambiente,	sono	correlati	al	peso	specifico	che	attraverso	l’Euregio	il	
Trentino	saprà	affermare.
17	
	
L’Europa	 deve	 avere	 il	 coraggio	 di	 andare	 oltre	 creando	 sistemi	
Comuni	che	identifichi	che	realmente	ci		stiamo	dirigendo	verso	uno	
Stato	unito,	partendo	in	particolare	da	un	unico	esercito	europeo	che	
sia	presente	e	visibile,	garantendo	quella	sicurezza	che	tutti	i	cittadini	
pretendono	per	poter	vivere	in	tranquillità	e	serenità	e	controllando	e	
vigilando	le	frontiere	Europee.		
Euregio	
Il	 Patt	 è	 un	 Partito	 che	 guarda	 avanti	 con	 l’occhio	 attentamente	
puntato	allo	specchietto	retrovisore.	Questo	significa	che	attraverso	il	
suo	passato,	fatto	di	orgogliose	battaglie,	maturati	ricordi	e	premature	
visioni	 di	 quello	 che	 sarebbe	 stato	 lo	 scenario	 europeo	 del	 terzo	
millennio,	 sa	 di	 dover	 avere	 una	 visione	 del	 futuro	 del	 Trentino.	
L’avvenire	del	Trentino	è	un	crocevia	tra	la	scelta	filo	statalista	di	un	
centralismo	 sordo	 e	 cieco	 alle	 istanze	 della	 periferia	 virtuosa,	 e	 la	
scommessa	 euroregionale.	 Si	 tratta	 in	 primis	 di	 comprendere	 se	 e	
quanto	 il	 Trentino	 sia	 disposto	 ad	 attendere	 i	 tempi	 nazionali	 del	
riequilibrio.	Altra	e	fondamentale		è	anche	la	domanda	che	riguarda	se	
è	interesse	del	Trentino	attendere	questi	tempi	del	riequilibrio,	atteso	
che	 il	 quadro	 nazionale	 è	 talmente	 stratificato,	 articolato,	
disomogeneo	e	congestionato	che	prevederne	a	medio	e	lungo	termine	
eventuali	capacità	di	positivo	riscontro	appare	quantomeno	velleitario.	
Dove	 per	 noi	 Autonomisti	 è	 importante	 tracciare	 una	 linea	 di	
demarcazione	 che	 ci	 faccia	 capire	 il	 senso	 vero	 dell’essere	
autonomisti?	 Io	 dico	 nel	 senso	 identitario,	 di	 appartenenza	 ad	 una	
nazione,	 quella	 trentina,	 che	 sarà	 piccola,	 sarà	 schiacciata	 dai	 macro	
Pil	 delle	 altre	 regioni,	 ma	 possiede	 una	 sua	 storia	 millenaria	 di	
coesione	 che	 trasuda	 valore	 di	 appartenenza,	 figlio	 non	 di	 righe	
burocratiche	 su	 carta	 geografica,	 	 ma	 di	 vero	 e	 proprio	 senso	 di	
nazione	 alpina.	 Il	 Patt	 non	 può	 avere	 dubbi	 su	 quale	 sia	 la	 opzione	
futura.	Partecipa	per	quello	che	è	di	sua	competenza	alla	crescita	del
18	
	
suo	 Stato	 di	 appartenenza,	 ma	 investe	 in	 maniera	 assoluta	 a	 Nord.	
L’Euregio	è	e	rappresenta	una	opportunità	nella	misura	in	cui	si	punta	
dal	 basso	 alla	 creazione	 di	 una	 regione	 alpina	 voluta	 dalla	 gente,	
secondo	i	tempi	della	popolazione,	e	nel	nome	della	difesa	identitaria	
delle	 singole	 popolazioni.	 In	 caso	 contrario	 si	 incontrerebbero	 le	
stesse	 complicazioni,	 le	 stesse	 problematiche	 cui	 questa	 unione	
teconcratica	dell’Europa	ci	ha	condotto.	
Sanità	e	qualità	
	
Se	esiste	un	ambito	che	tocca	direttamente	ogni	cittadino,	questo	è	di	
sicuro	 quello	 sanitario.	 Pensare	 di	 ridurre	 un	 tema	 come	 questo	 a	
micro	 problemi	 di	 zona,	 rivendicando	 strumentalmente	 rendite	 di	
posizione	 è	 disonesto.	 Il	 Patt	 deve	 fare	 in	 modo	 che	 la	 questione	
sanitaria	venga	trattata	all’interno	di	un	contesto	che		faccia	i	conti	con	
la	reale	,	indispensabile	richiesta	del	cittadino:	la	qualità	del	servizio.		
Qualità	del	servizio	sanitario	significa	puntare	per	esso	su	capillarità	
che	 faccia	 rima	 con	 sicurezza.	 Va	 inserita	 	 detta	 tematica	 all’interno	
della	filiera	più	generale	della	qualità	di	tutti	i	servizi	pubblici	in	un	
rapporto	 di	 equilibrio	 funzionale	 tra	 centro	 e	 periferia.	 So	 che	 ad	
alcuni	non	piace	sentire	parlare	di	centro	e	periferia,	sostenendo	che	il	
Trentino	 è	 uno.	 Il	 Trentino	 è	 sì	 uno	 ma	 fortemente	 diversificato	 e	 il	
nostro	 Patt	 del	 terzo	 millennio	 deve	 giocare	 fino	 in	 fondo	 la	
scommessa	di	garantire	ovunque		il	massimo	di	qualità	in	termini	di	
sanità,	istruzione,	sistema	viario	e	di	ogni	servizio.Non	può	esistere	il	
concetto	 di	 cittadini	 di	 serie	 A	 e	 di	 serie	 B,	 ma	 semplicemente	 di	
comunità,	di	cittadini	garantiti,	tutti,	da	una	sanità	di	prima	fascia;		in	
una	 dinamica	 di	 pari	 garanzia	 qualitativa	 del	 servizio.	 Servono	
sicuramente	più	servizi	sul	territorio,	su	questo	non	vi	sono	dubbi,	ma	
questo	deve	essere	modulato	con	attenzione	su	quelle	prestazioni	che	
per	 costi	 e	 requisiti	 non	 abbiano	 ricaduto	 deficitarie	 in	 termini	 di
19	
	
qualità	 sull’utente.	 Così	 come	 un	 forte	 investimento	 andrà	 fatto	 nei	
confronti	dei		medici	di	base,	in	maniera	da	garantire	sulle	24	ore	la	
copertura	di	tutti	i	codici	bianchi	e	sgravare	l’intervento	ospedaliero.	
Insomma	no	a	quella	sorta	di	guerra	di	religione	che	sta	montando,	tra	
il	 monocentrismo	 ospedaliero	 e	 i	 servizi	 sul	 territorio,	 ma	
individuazione	 coraggiosa	 di	 un	 linea	 di	 mediazione	 che	 va	 però	
assunta	a	breve	e	con	il	coraggio	del	legislatore	vero.	
Elemento	 imprescindibile	 che	 l’emergenza	 sia	 garantita	 in	 tutto	 il	
Trentino	anche	nelle	valli.	Il	potenziamento	della	catena	del	soccorso	
nelle	valli	dev’essere	fatto	con	mezzi,	infrastrutture,	risorse	umane	e	
formazione,	 prevedendo	 anche	 la	 rotazione	 del	 personale	 sanitario	
nella	rete	sanitaria.		
	
	
UNIVERSITA’	EUREGIONALE	
	
All’università	 trentina,	 che	 rappresenta	 un	 ottimo	 livello	 qualitativo,	
come	recentemente	confermato	dalla	indagine	del	Sole	24	ore,	che	la	
colloca	 al	 secondo	 posto	 in	 Italia,	 possiamo	 pensare	 di	 chiedere	
qualche	cosa		di	più.	Va	garantito	un	rapporto	maggiore	con	il	mondo	
del	 lavoro.	 In	 particolare	 attraverso	 una	 riduzione	 dell’offerta	
generalista	di	corsi	di	laurea	con	impatto	lavorativo	minore.	E’	questo	
un	tema	piuttosto	diffuso	sul	piano	nazionale,	e	da		noi	meno.	Ma	se,	
come	 ritengo,	 dobbiamo	 continuare	 davvero	 puntare	 all’eccellenza	
formativa	universitaria,	qualche	passo	di	avvicinamento	al	mondo	del	
lavoro	anche	la	nostra	università	è	chiamato	a	farlo.		
Un	 aggiornamento	 in	 chiave	 europea	 della	 nostra	 università	 	 passa	
certamente	attraverso	la	condivisione,	con	le		regioni,	a	noi	limitrofe,
20	
	
di	un	progetto	accademico	in	chiave	euroregionale.	Dovrebbe	trattarsi	
di	 un	 programma	 basato	 in	 particolare	 sull’approfondimento	 delle	
lingue	in	forma	sistematica,	basato	su	un	interscambio	culturale	che	
permetta	anche	il	recupero	stesso	di	esami,	in	forma	interdisciplinare,	
tra	un	Ateneo	e	l’altro.	La	possibilità	insomma	di	ridurre	al	minimo	i	
confini	culturali	universitari,	perché	anche	questo	deve	essere	lo	scopo	
che	si	prefigge	una	importante	città	universitaria.	
	
Sviluppo	 tra	 economia	 virtuale	 ed	 economia	
percepita:	 il	 sistema	 trentino	 nella	 sfida	 della	
globalizzazione	
	
E’	 sicuramente	 vero	 che	 la	 gente	 incontra,	 tutti	 i	 giorni,	 il	 problema	
della	 cassa	 al	 supermercato,	 del	 potere	 di	 acquisto	 che	 diminuisce,	
della	data	giornaliera		che	sembra	sempre	troppo	distante	dal	27,	del	
sistema	 fiscale	 eccessivamente	 puntuale	 e	 meticoloso	 rispetto	 al	
deficitario	 rapporto	 con	 la	 qualità	 dei	 servizi.	 Vero	 è	 anche	 che	 il	
primario	 tema	 della	 soluzione	 della	 difficoltà	 rimane	 l’unico	 dato	
tangibile	che	interessa	in	linea	diretta	il	cittadino.	Ma	non	possiamo	
pensare	 che	 ciò	 costituisca	 il	 punto	 di	 partenza	 e	 di	 arrivo	 di	 un		
prodotto	politico	serio,		che	punti	non	solo	a	risolvere	la	criticità	ma	a	
prevederla	e	quindi	a	prevenirla.			
La	 scelta	 che	 ho	 fortemente	 voluto	 	 tradotta	 in	 disegno	 di	 legge,	
relativa	 alla	 concessione	 di	 incentivi	 a	 favore	 di	 imprese	 che	
incrementano	 progressivamente	 il	 proprio	 reddito,	 ha	 avuto	 questo	
specifico	 obbiettivo:	 rivolgendosi	 ai	 soggetti	 economicamente	 sani	
incentivare	lo	sviluppo	produttivo	e	tecnologico.	Certo	una	goccia	nel	
mare	di	un’economica	trentina	complessa,	ma	un	segnale	che	si	può	
pensare	 ed	 agire	 attraverso	 un	 coointervento	 pubblico	 e	 privato	 	 di
21	
	
tipo	mutualistico	ma	non	assistenzialista.	Normare	significa	trarre	lo	
spunto	concreto	dal	dato	reale	e	percepito:	questa	deve	secondo	me	
essere	la	parola	d’ordine	di	un	legislatore	che	punti	a	legiferare	bene	e	
non	 a	 legiferare	 tanto.	 Porto	 l’esempio	 della	 “Mariani”	 di	 Ledro	
rispetto		al		quale	l’intera	classe	dirigente	politica	di	una	provincia	non	
può	fingere	di	nascondersi.	Al	di	là	degli	aspetti	specifici	il	tema	del	
rapporto	tra	Provincia	ed	aziende	di	fuori	provincia,	non	può	essere	
delegato	 ad	 una	 sorta	 di	 evento	 casuale,	 singolo,	 e	 non	 governato.	
Lombardia	o	Cina	che	sia,	non	possiamo	non	difendere	il	nostro	essere	
impresa:	consci	della	mondializzazione	dell’economia,	certamente,	ma	
anche	 degli	 obblighi	 nei	 confronti	 della	 serietà	 di	 un	 nostro	 sistema	
impresa	 il	 quale	 tante	 volte	 richiede	 né	 più	 nè	 meno	 che	 di	 essere	
valorizzato	 e	 riconosciuto	 per	 quanto	 anche	 in	 termini	 di	 ricadute	
garantisce	alla	nostra	Terra.	
Il	tipo	di	economia	cui	la	nostra	provincia	può	pensare	di	ambire,	per	il	
prossimo	 medio	 e	 lungo	 periodo,	 deve	 fare	 i	 conti	 con	 un	 sistema	
paese,	quello	in	particolare	confinante,	che	per	numeri	ed	estensione	
ci	 sovrasta	 e	 di	 gran	 lunga.	 Dobbiamo	 rispondere	 con	 la	 qualità,	
indubbiamente,	 e	 contrapponendo	 quelle	 che	 sono	 le	 nostre	 leve	
maggiori.	Penso	qui,	in	particolare,	alle	immense	opportunità	offerte	
dal	 turismo.	 Fino	 ad	 ora	 la	 gran	 parte	 delle	 aziende	 in	 Trentino	 è	
costituita	da		micro	imprese	che	agiscono	secondo	criteri	di	gestione	
familiare	 o	 comunque	 a	 ridotto	 impatto	 numerico.	 La	 loro	 forza	 è	 e	
dovrà	sempre	di	più	concentrarsi	sulla	qualità	e	di	conseguenza	a	loro	
sostegno,	 il	 governo	 provinciale	 dovrà	 affiancare	 politiche	 di	 ricerca	
atte	a	mantener	sempre	alto	lo	standard	del	prodotto.	In	ciò		il	ruolo	
delle	 competenze	 si	 interseca	 perfettamente	 in	 questo	 mondo	
dell’economia	di	nicchia	che	proprio	di	specializzazione	si	nutre.		
Ma	 quale	 deve	 essere	 il	 modello	 di	 riferimento	 più	 adatto	 ad	
ingaggiare	 questa	 sfida?	 Quella	 del	 consorzio	 la	 reputo	 un’opzione	
irrinunciabile	 ed	 assai	 adatta	 ad	 un	 Trentino	 virtuoso.	 Non	 penso	 al
22	
	
cosiddetto	 consorzio	 di	 tipo	 orizzontale,	 nel	 quale	 è	 la	 produzione	
dello	 stesso	 bene	 il	 comune	 denominatore,	 ma	 a	 quello	 verticale,		
attraverso	il	quale		le	aziende	consorziate	sono	coloro	le	quali		fanno	
produzioni	diverse,	così	da	stimolare	l’aggregazione	allo	sviluppo.	La	
unificazione	poi	in	un’unica	azienda	che	gestisca	commercializzazione	
e	marketing	è	certamente	un	passo	non	più	procrastinabile.		
Crediti	di	imposta,	opportunità	
	Ora	 che	 abbiamo	 ottenuto	 da	 Roma	 la	 possibilità	 di	 utilizzare	 	 i	
cosiddetti	 crediti	 	 d’imposta	 (compensazioni),	 l’occasione	 non	 può	
essere	lasciata	deperire.	Va	trasformata	in	opportunità	concreta	atta	a	
ridurre		la	pressione	fiscale	e	lasciare	che	il	mercato	si	regolamenti	da	
solo	senza	creare	ulteriori	distorsioni.	
Si	 approfondisca	 anche,	 e	 con	 massima	 	 urgenza,	 	 la	 necessità	 di	
intervenire,		contro	la	politica	di	lease	back,	fondi	per	sovvenzionare	le	
imprese	in	crisi,	che	nella	maggior	parte	dei	casi	hanno	semplicemente	
allontanato	 il	 problema,	 procrastinandone	 gli	 esiti	 nefasti.	 Insomma,	
interventi	palliativi	che	non	sono	stati	capaci	di	intervenire	nel	merito	
delle	 crisi	 aziendali,	 sedando	 momentaneamente	 gli	 acuti	 depressivi	
ed	 addormentando	 ogni	 tipo	 di	 soluzione.	 Il	 recupero	 invece	 di	 una	
filiera	tra	le	varie	aziende,	quelle	capaci	di	mantenersi	sul	mercato	con	
eccellenze	 vere,	 questa	 rappresenta	 il	 futuro	 su	 cui	 anche	 la	 politica	
provinciale	dovrebbe	mostrarsi	concretamente	più	attenta.
23	
	
	
	
	
	
Internazionalizzazione	e	marchio	trentino.	
Il	 tema	 della	 internazionalizzazione	 non	 può	 rimanere	 uno	 slogan	
vuoto	comodo	all’	occorrenza	nelle	occasioni	convegnistiche	o	di	gala,	
quasi	 a	 riempire	 un	 vuoto	 di	 idee.	 E’	 del	 tutto	 impensabile	 che	 la	
Provincia	 di	 Trento	 	 abbia,	 attivo	 sul	 territorio,	 un	 sistema	 di	 rete	
internazionale	 che	 punti	 a	 dare	 anima	 a	 piattaforme	 di	 commercio	
internazionale	con	contatti	ad	alto	livello	con	i	diversi	paesi	europei	ed	
extraeuropei.	Questo	sistema	di	collegamento	deve	essere	in	capo	ad	
una	 regia	 pubblica,	 capace	 di	 offrire	 le	 relative	 ricadute	 all’interno	
delle	 aziende	 private	 operanti	 in	 Trentino.	 	 Una	 politica	 provinciale	
dunque	che,	superato	il	triste	periodo	del	contributo	a	pioggia,	reo	di	
avere	nel	tempo	ingessato	e	paralizzato	le	idee,	sterilizzando	la	volontà	
di	 imprendere	 delle	 nostre	 aziende,	 sappia	 dare	 un	 impulso	 forte	 al	
marchio	 di	 fabbrica	 del	 Trentino.	 Godiamo	 di	 ottime	 credenziali	 di	
serietà	 e	 capacità	 sul	 mercato,	 e	 non	 si	 capisce	 allora	 perché	 non	 si	
possa	certificarlo,	un	po’	come	accade	in	Alto	Adige.	Penso	al	brand,	in	
Alto	Adige	chiamato	anche	marchio	ombrello,	che	contraddistingue	il	
made	in	Sudtirol.	Da	noi	esiste	formalmente	ma	non	“buca”	i	mercati.	
Sul	marchio	“Trentino”	si	deve	assolutamente	investire	con	coraggio	e	
rapidità.
24	
	
	
	
	
	
Conclusioni	
Un	 Trentino	 forte	 è	 un	 Trentino	 che	 deve	 avere,	 al	 suo	 interno,	 un	
Partito	autonomista	autorevole,	credibile,	strutturato,	capace	di	porre	
al	primo	posto	le	istanze	di	chi	si	attarda	o	non	ha	la	forza	di	arrivare.		
Nella	 storia	 degli	 Autonomisti	 sta	 la	 garanzia	 di	 un	 futuro	 affidato	 a	
gente	seria	e	dal	forte	spirito	solidaristico.	L’impegno	del	singolo	è	la	
forza	 della	 comunità	 trentina:	 la	 	 garanzia	 in	 un	 futuro	 autonomista	
per	la	nostra	Terra	è	assicurato	dalla	grandezza	dei	piccoli;	dei	piccoli	
centri,	delle	piccole	realtà	imprenditoriali,	della	piccola	mutualità,	che	
fanno	 funzionare	 un	 grande	 sistema.	 Questa	 spina	 dorsale	 è	 quella	
sulla	 quale	 le	 donne,	 i	 giovani,	 gli	 anziani,	 militanti	 tutti	 devono	
scommettere	 per	 continuare	 a	 rappresentare	 un	 Trentino	 virtuoso	
dimostrando	di	essere	capac	di	rimboccarsi	le	maniche.		
Queste	 continuano	 	 ad	 essere	 le	 ragioni	 dell’autonomia	 del	 nuovo	
millennio.
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Governiamo il presente, guidiamo il futuro

  • 2. 2 Dal passato del P.A.T.T. le ragioni del suo futuro Il congresso del Patt si innesta su un quadro politico locale denso di movimenti e ricco di incognite. Numerosi i temi sul tappeto, variegato il panorama partitico, ma soprattutto l’insidia di un comune denominatore: quello della riduzione importante di risorse a fronte delle crescenti necessità finanziarie. Questa premessa è indispensabile per evitare un errore, che potrebbe costituire un alibi per molti ma non per il Patt, di addormentare le coscienze attorno alla convinzione che tanto in assenza delle essenziali risorse economiche, poco si possa fare. La diminuzione di risorse non è assenza di risorse, ma obbliga ad ripensamento delle politiche di investimento. Rispetto a ciò gli Autonomisti sono chiamati ad un supplemento di impegno. Per troppo tempo infatti l’ Autonomia del Trentino è stata vista, e non a torto, come una sorta di bancomat, quasi una Banca pubblica dalle risorse interminabili, che tanto elargiva, tutto poteva ed alla quale non sempre i più attrezzati, ma spesso i maggiormente introdotti, accedevano a man bassa. Ecco, questo sistema va detto con forza, ha rappresentato una sorta di cancro endemico alla nostra società trentina, una metastasi culturale che ha purtroppo adulterato anche vari strati produttivi ed economici della nostra società.
  • 3. 3 Autonomia: capitale inagito Adesso in Trentino l’Autonomia è una sorta di capitale inagito, dalle potenzialità inespresse per il timore ingiustificato a rischiare interventi di impatto. Frena in questo la sindrome del consenso immediato ed a ogni costo, ma anche un’attenzione morbosamente deleteria alla mediatizzazione degli effetti, cui si dedica uno smodato e stonato ruolo. Ciò che oggi il Governo provinciale, motore politico della nostra Autonomia, non può permettersi, è di offrire l’impressione di governare la Comunità attraverso soluzioni brevi, individuali o decontestualizzate; deve invece prevalere l’idea che le alleanze sono funzionali al raggiungimento di una sintesi politica le cui ricadute sulla collettività siano percepite e reali. Non spetta al Patt sindacare sulla volontà di attori terzi di andare ad alimentare nuovi soggetti o a costruirne altri. Spetta però al Patt, questo sì, garantire una stabilità di equilibri in virtù di un suo ruolo di governo che lo vuole oggi espressione della più alta carica, quella di Governatore. Detta carica è prima di tutto super partes perché governa l’intera società, ma non è extra partes perché nasce da un contesto politico democraticamente eletto e figlio di un’appartenenza che è anche partitica. E’ dunque incardinato anche nel Patt il compito alto di tenere molto stabile la barra della coalizione, unica condizione capace di evitare fibrillazioni che produrrebbero ricadute deleterie a livello di efficacia e fungibilità governativa. Chi ha presente il livello, quello strumento che i geometri usano per controllare la messa in orizzontale dell’opera, ricorderà quanto poco basti per spostare l’indicatore, la bolla, ovvero il Governo provinciale. Oggi gli interventi più o meno scomposti di coloro i quali stanno vivendo con evidente disagio una propria scompaginata dimensione politica, non possono immaginare di
  • 4. 4 riempire un naturale disorientamento, un’anemica fase di progettualità attraverso l’insistito innesto di detonatori. Ancora più grave è farlo in una fase di crisi pesante all’interno della quale ogni minimo bradisismo non fa che moltiplicare il rischio di trasformare uno sciame sismico in vero e proprio terremoto. Nel parlare prima di capitale inagito dell’Autonomia, richiamo proprio ad una corresponsabilizzazione diffusa di tutte le forze della coalizione, a rafforzare il concetto di concretezza operativa di governo, magari attraverso l’individuazione di una prospettiva a medio e lungo raggio: la stessa che consente alle grandi Democrazie, qui alle grandi Autonomie, di staccare il biglietto della responsabilità attiva. Questa emergenza, diversamente gestita, trasformerebbe gli attori politici in comparse, pupazzi capaci di interpretare solo una storia qualsiasi, autoreferenziale e vuota, non certamente la storia di questa Terra. Questa stabilità coalizionale è tanto più garantita quanto gli elementi di vulnerabilità verranno marginalizzati e depotenziati. Non sempre la semplificazione formale del quadro funge da agevolatore sostanziale: possiamo perdere per strada una sigla, ma pagarne prezzi in termini di equilibrio complessivo sproporzionati alla resa. Così come le transumanze elettorali, figlie quasi sempre di contingenti opportunismi, producono inquinamento nel campo di chi le ospita, ed insanabili anemie tra chi il salasso lo subisce. Rischiare attività telluriche per azzardare scenari di semplificazione dai dubbi approdi la Comunità trentina non piò permetterselo.
  • 5. 5 Autonomia leva di progresso Sta decisamente stufando la fissa romana di considerare la nostra Autonomia privilegio ingiusto, immeritato, nella migliore delle ipotesi prerogativa non più attuale e superata dalla storia. Pare che oltre a questo la politica rappresentata anche all’interno della regioni a noi confinanti non sappia andare. Facciamo attenzione a ritenere che la contestazione afferisca solo a motivazioni di ordine economico. Non è purtroppo così. Dico purtroppo perché a volte gli aspetti culturali ed i pregiudizi sono molto più difficili da combattere e sconfiggere che non le questioni puramente, seppur importanti, finanziarie. La percezione generale che anche la nostra truppa parlamentare regionale ha, netta, è che il modello autonomistico, e con esso il Trentino, stia molto antipatico a Roma e sia a malapena sopportato. Prevale cioè l’assurdo concetto che il modello Trentino, riconosciuto valido sotto il profilo dei riscontri oggettivi, siano essi legati allo stato di benessere generale, della qualità dei servizi, del livello socio economico conquistato, in sostanza della qualità generale della vita, non debba essere imitato, esportato, ma cancellato. Appare questo ragionamento incredibile ai più, ma a fronte di questo che rappresenta un evidente problema culturale, è necessario rispondere con compattezza e veemenza. L’obbiettivo romanocentrico non è in buona sostanza quello di tentare di risintonizzare sull’esterno il modulo trentino, ma di sfruttarne fino in fondo gli effetti fiscali, per spremerlo
  • 6. 6 e tradurre così il sistema amministrativo nostro, rispettoso dei vari patti di stabilità e di rigore finanziario, in una sorta di fondo di riserva, di forziere, di bancomat dell’Autonomia nei confronti di Roma. Quasi che sia normale risanare i debiti degli sperperi siciliani, per esemplificare, con il frutto delle nostre manovre provinciali di rigore. Tutto questo è inammissibile. Da parte nostra, accanto ad una politica anche comunicativa di alto presidio del sistema autonomistico, dobbiamo fare in modo di coinvolgere pure le altre forze politiche a mantenere alto il livello di attenzione su questa tematica, tifando per l’Autonomia e tutelandone il brand in ogni occasione questo diventa possibile, a prescindere dall’appartenenza ad uno o l’altro schieramento. Se infatti perde l’Autonomia è tutto il Trentino che ci rimette, non solo una sua parte. Sul come poi declinare al meglio il sistema autonomistico nella politica del governo provinciale questo è un tema sul quale ogni forza avrà la propria peculiare ricetta. Ovvio che il Partito dovrà continuare ad avere, come del resto ha ben impostato fino ad ora la soluzione del problema, una forte attenzione alla gestione di tematiche simbolo e di riverbero nazionale, quale quella dei vitalizi, che permangono strumenti micidiali di discredito in mano ai detrattori della nostra Terra.
  • 7. 7 Autonomia del terzo millennio Noi esistiamo oggi anche per affermare le ragioni di una Autonomia che a prescindere dal concetto materiale della politica, vuole formalizzare il potere del pensiero, della innovazione, della voglia di rischiare, della nobiltà del come fare le cose, e non semplicemente del farle a qualunque costo anche quando non ne sussistono le premesse. La prerogativa dell’Autonomia del terzo millennio, con gli Autonomisti alla sua guida, è quella capace di lanciare oltre l’ostacolo le energie di una politica in grado di pensare, programmare, realizzare bene e tanto con risorse fortemente ridotte. Questo comporta un investimento robusto in ricerca ed in alta professionalizzazione, strumenti con i quali affiancare un’ impresa oggi obbligata a vincere il confronto con un mercato, non solo nazionale, molto aggressivo. Ma significa anche incominciare ad evidenziare il valore insostituibile del lavoro materiale e non solo intellettuale, perché anche di questo le nostre aziende hanno bisogno: di gente formata a praticare professioni storicamente meno ambite ma invece basilari per l’equilibrio dell’intero sistema lavoro in Trentino. In questa dinamica gioca un ruolo fondamentale la scuola, un’istruzione collegata al mondo del lavoro, un’impresa che sappia rapportarsi con il mercato, un’attenzione al mondo giovanile non piegata alle logiche di un semplice liberismo senza guida, ma con una prospettiva futura. Il rilancio in questo senso di un’ offensiva in favore degli istituti tecnici, che affianchino il già ottimo livello delle scuole professionali, è premessa indispensabile contro quello che sta
  • 8. 8 prefigurandosi come la fabbrica dei laureati di alta specialità e bassissima appetibilità. Classe dirigente: blocco generazionale, tra ingessature ed incrostazioni. Da chiedersi c’è come mai, dopo un trentennio di politica dellaiana esercitata al massimo livello, il progetto di un Trentino che tenta la ricerca di nuove soluzioni non riesca ad incontrare promotori capaci, da un punto di vista generazionale, di rappresentarlo in maniera più fresca? E qui la risposta, complessa, andrebbe drammaticamente cercata all’interno delle motivazioni che sottendono a quell’astensionismo silenzioso, così come a quel voto abulico e triste ad ogni appuntamento elettorale in costante crescita, che certificano una disaffezione di intere generazioni di popolazione alla politica. L’atteggiamento di una politica difensiva, conservatrice e che non osa, non giova ad un Trentino lanciato verso un terzo Statuto che richiede fantasia, ingegno, capacità di immaginazione e di programmazione da parte della pluralità degli attori sociali. A volte questo Trentino, intimidito dall’arroganza degli altri piuttosto che dal pudore di non apparire all’altezza, può dare l’impressione di un eccessivo rigorismo, paralizzante, ingiustificato se paragonato a quanto avviene appena fuori dai nostri confini regionali. Ma si sta facendo tutto il possibile per permettere la nascita di condizioni praticabili verso una primavera partecipativa, un rinverdimento della classe dirigente politica? O ciò che profuma di fresco rappresenta il negativo? Non lo credo, ed anzi, penso che tutto si debba fare per introdurre forze giovani, che di per sé non sono per forza migliori, ma occorre consentire a quelle più illuminate e dotate, semplicemente, di mettersi in campo, di giocare la
  • 9. 9 partita e poter mostrare se e quanto valgono: offrire loro insomma un’occasione. Partito tra popolarismo e modernità Il carattere popolare del Patt è sicuramente uno dei suoi punti di forza indiscusso; questo, accompagnato ad un radicamento capillare e diffuso lo rende una movimento territoriale importante. Forse il partito regionale, oggi, che assieme alla S.V.P. meglio rappresenta la sintesi necessaria, direi indispensabile, tra partito in senso classico ed associazionismo politico. Che questa formula funzioni dunque è dimostrato dalla sua permanenza all’interno del quadro politico regionale da ben 67 anni, sempre col suo onorato e stimato simbolo delle due stelle alpine. La risposta delle liste civiche, come tentativo di superamento laico del partito quale formula associativa ed attore partitico, dimostra che questo del territorio rimane ancora il terreno di massima agibilità ed interesse. E’ opportuno quindi continuare su questa strada, ma pensando altresì ad implementarla con un rilancio ulteriore di programmazione che possa non farci trovare impreparati di fronte alle nuove sfide di una modernità digitale e virtuale, che sta viaggiando a velocità altissima ed appare molto poco avvezza a credere ancora in una forma di partito vecchia ed autoreferenziale. Vale, in questo senso affermare la centralità del Partito come agenzia formativa delle classi dirigenti prossime, capace di selezionare le future intelligenze politiche, mai dimenticando l’indispensabile collegamento col territorio e soprattutto con il singolo, l’uomo. Il Partito, il Patt del 2015 deve essere in grado di ricordare il passato per
  • 10. 10 trarre da questo una rimodulazione anche strutturale che non ne cancelli il suo spirito di partito popolare, ma lo riadatti e lo renda maggiormente fungibile ad una platea esigente e mutevole. Certo le tessere, ma apertura anche agli autonomisti che tessere non vogliono avere; certo partecipazione, ma no elefantiasi organogratica fatta di organi pletorici e fintamente rappresentativi, sì al reclutamento attento, ma solo per idee e non per appartenenza. Ogni contributo è valido per la cifra del suo contenuto e non per la collateralità ad uno od altro dirigente. Occorre dunque pensare alla sovrastruttura di questa crisi, al contenitore politico, alla rete, all’architrave portante di un pensiero organizzato ed interno ad un Partito nuovo speculare alla velocità e rapidità di una società accelerata, rapida, complessa e fortemente condizionata dalla sua dimensione globale. Il Patt in questo senso, al netto di qualche immagine caricaturale non a caso rilanciata da competitor fermi, nell’era digitale, alla clessidra, garantisce un’ottima opportunità di investimento. A patto che sappia lanciare il cuore oltre l’ostacolo della rendita di posizione immediata, non solo elettorale. Mai come oggi il giovane ha bisogno di riferimenti valoriali certi, e la politica in questo momento costituisce, purtroppo, un freno alla creatività del giovane e non certo lo sprone. All’interno del parlamento provinciale oggi le forze che reggono le sorti del centro sinistra autonomista risultano schiacciate dal desiderio, da una parte, di esprimere fino in fondo le proprie spinte programmatiche, e dall’altra si rendono conto che una disciplina di coalizione le obbliga al massimo rigore politico nei confronti del proprio Presidente. Il Presidente è alle prese con contrazioni di bilancio e difficoltà immense legate ad una crisi che morde, e, quindi, va capito allorquando richiama al massimo allineamento. Una via
  • 11. 11 intermedia andrà però trovata, anche perché in caso contrario davvero il ruolo ragionieristico e di formale burocrate calzerebbe a pennello in capo ai singoli consiglieri di maggioranza. Il senso della coalizione non può essere quello supremo, quello per il quale ogni ed indifferente provvedimento debba fare un passo indietro in nome della ricerca di un ingiustificato unanimismo. E’ plurale la società, è plurale la politica, anche la visione plurale delle cose non può abdicare, per definizione, ad un provvedimento imperfetto, insoddisfacente o semplicemente non condiviso. Il Patt non è partito ideologico ma è partito ideale; ha quindi idee che viaggiano libere e prive di obblighi, di approdi precostituiti. Ritengo opportuno, mantenendo fede all’attuale quadro coalizionale ovviamente, garantirci rapporti di dialogo aperti con quanti hanno una visione della società fondata su quella sorta di ponderato liberismo di cui è innervato il sistema impresa in Trentino. Si tratta in buona sostanza di monitorare con attenzione anche le evoluzioni politiche interne a quei movimenti che non appartengono all’area di governo, ma con cui su temi specifici si possono aprire temi di confronto interessanti. Il panorama partitico della nostra provincia, probabilmente troppo frammentato in rapporto alle dimensioni di quest’ultima, obbliga, tutti, ad un supplemento di studio di ciò che sta avvenendo in particolare nel variegato mondo di quello che una volta si definiva il centro. Oggi, di questo è rimasto una sorta di magma privo di un chiaro indirizzo di riferimento. Il Patt è già stato in parte elettoralmente attrattivo due anni fa nei confronti di questo bacino. Ma ci sono ampie praterie di intervento in questo senso, pronte ad essere occupate stabilmente da una forza autonomista dinamica e convincente.
  • 12. 12 Governo provinciale Il governo provinciale, dal quale non è certo possibile pretendere in ventiquattro mesi di dare corpo a soluzioni taumaturgiche, che richiedono tempi in termini di ricaduta a medio/lungo termine, in questo secondo anno qualche segnale importante di discontinuità positiva l’ha prodotto: scuola, sanità, riforma urbanistica, pubblica amministrazione, politiche sociali, per fare qualche esempio, rappresentano ambiti di intervento che lasciano intravvedere un pensiero, un indirizzo. Va riconosciuito, al governo provinciale, il tentativo di utilizzare uno schema di gioco coraggioso. Qui il rischio è quello di un atteggiamento agonistico, quale quello di renziana matrice, che vada a preferire magari la velocità alla qualità, l’istinto alla programmazione. Attenzione a non confondere l’efficienza con la velocità, perché troppo spesso la seconda è nemica della prima. La rapidità spesso pregiudica quella condivisione del provvedimento senza la quale, poi, spesso il legislatore rimane intrappolato. Il valore della politica è misurabile non solo dal risultato immediato, ma dal modo con cui questo si raggiunge, se vogliamo puntare ad una qualità duratura degli accordi e dei provvedimenti. Oggi il Patt occupa stabilmente quell’area di centro di cui non può certo pretendere di rappresentare la totalità: nessun monopolio del centro politico è dunque in discussione, perché il monopolio prelude ad una gestione orizzontale della politica che non credo rappresenti un modello interessante per il Patt. Però gli Autonomisti costituiscono
  • 13. 13 un unicum nel panorama provinciale, affondando le radici nel popolarismo e nella territorialità diffuse, e questo è un fatto, non una tesi, che va inteso quale rapporto verticale e stratificato con l’intera società nelle sue articolazioni e categorie: si tratta di una caratteristica che fa degli Autonomisti una risorsa valoriale e di riferimento per l’intero Trentino. Trentino tra mercato globale e tutela della sua identità di sviluppo. Gli investimenti dei decenni scorsi in favore di diversi settori economici trentini rappresentano un capitale investito dinamico, sul quale il governo provinciale deve programmare: il modello conseguente di approccio deve tenere conto delle caratteristiche socio-culturali del territorio sul quale è innestato. Gli Autonomisti, la cui natura ambientalista costituisce corredo genetico di programma, deve da una parte puntare a criteri di sviluppo compatibile con la natura anche numerica di una Terra dai bassi numeri anagrafici e fisici, e dall’altra potenziare specifiche centralità di settore quale il recupero del patrimonio edilizio secondo criteri di ecosostenibilità, la valorizzazione delle imprese creative dell’artigianato e dei servizi, lo sviluppo dell’informatica applicata all’impresa e la progettazione di nuovi percorsi in favore della commercializzazione dei prodotti dell’agricoltura di montagna. Il tutto deve ripartire da un nuovo patto tra pubblico e privato attraverso un investimento in favore di una nuova cultura del rischio temperato e di strategie di nicchia. Il futuro del Trentino sarà il turismo come attivatore di filiera. Le caratteristiche del territorio si prestano per la valorizzazione di questo settore che riuscirà anche a trainare il commercio l’artigianato e l’industria e l’agricoltura.
  • 14. 14 La costruzione della rete fra le varie realtà economiche locali sarà la fonte di successo delle nostre micro imprese che sono la maggior parte. Le grandi realtà, se non in pochi casi, hanno dimostrato di non attecchire. Non dimentichiamoci che per mettere in atto questo, dobbiamo avere anche le infrastrutture e una viabilità adeguata. L’opera del tunnel denominato Loppio – Busa, è un’opera che non interessa solo la Comunità dell’Alto Garda e Ledro ma tutto il Trentino. L’opportunità di sfruttare e alimentare il lago di Garda, per far conoscere il Trentino nel mondo, è un’opportunità che non possiamo farci sfuggire. Ma attenzione, ciò che ci contraddistingue da altri territori è il nostro bellissimo territorio. Nell’arco di pochi km passiamo dalla pianura e il lago, alle montagne incontaminate. Un’ambiente particolarmente adatto a una moltitudine di sport che da poche parti in Italia e nel mondo si trova. Il mantenimento del territorio, senza consumarne ulteriormente con edificazioni, è elemento fondamentale e imprescindibile per lo sviluppo di tutto questo. Meno edificazioni ma anche la volontà di utilizzare sistemi di trasporto alternativi alle auto. La ferrovia è sicuramente un mezzo da spingere anche in riferimento al fatto che l’Unione Europea ha dato indicazioni in merito con l’opportunità di poter accedere a finanziamenti per tale scopo. Il treno, per la tratta Rovereto-Riva, non è un’utopia, ci sono le condizioni, anche economiche per poterlo fare. L’unione del Comune di Ledro, con l’Alto Garda, attraverso una seggiovia garantirebbe un sicuro sviluppo turistico di tutta la Comunità e un valore aggiunto importante. Rapporti con la S.V.P.
  • 15. 15 Gli storici rapporti con i cugini della S.V.P. hanno costituito nel tempo, tra momenti anche di qualche conflitto, ma sempre improntati alla massima lealtà e rispetto, un legame fondamentale per il P.A.T.T. Esprimiamo oggi, concretamente, una rappresentanza parlamentare nostra che è frutto di un’alleanza non solo tecnica ma propriamente politica con il partito di maggioranza relativa sudtirolese. Il nostro Senatore ed il nostro Deputato sono il risultato evidente di un’unione che ha dato frutti importanti. Ma si pensi anche al quadro regionale ovviamente, e, fondamentale, all’accordo che ha consentito di eleggere l’europarlamentare Dorfmann attraverso i voti trentini. In quest’ultimo caso si è trattato di una scelta doppiamente importante, perché non scaturita da necessità di ordine elettorale, ma di chiara e gratuita opzione politica, non obbligata, maturata politicamente dal Patt in appoggio agli autonomisti dell’Alto Adige. Su alcuni temi, come quello legato al ruolo della Regione, i punti di vista come è bene noto non sono concordanti. E’ dunque basilare per la nostra forza continuare in questo rapporto dialettico con la S.V.P. che non sia di sudditanza ma di grande franchezza. In politica i numeri sono importanti, ma le ragioni politiche si sostengono attraverso tesi che sono o non sono giuste a prescindere dalla forza che le rappresenta. Chiaro dunque che sul tema regionale il Patt sconti non può pensarne di fare. Europa e Trentino
  • 16. 16 Sono trascorsi vent’anni dall’apertura dell’ufficio della Provincia autonoma di Trento per i rapporti con l’Unione europea: una pietra miliare nell’ambito della costruzione, mattone dopo mattone, dell’Euregio. Oggi il clima è maturato, sembrano passati secoli da quella diffidenza per un atto amministrativo che sottintendeva una sorta di legittimazione politica dell’Euregio, passaggio allora osteggiatissimo dal centralismo romano e soprattutto dalle Segreterie dei Partiti nazionali. Tant’è, oggi nessuno mette più in discussione l’ Euregio come realtà politica ma ne combatte piuttosto una limitata capacità di incidere sul piano socioeconomico complessivo. L’Europa nel frattempo continua a rappresentare una sorta di entità economica percepita dalla popolazione quale contenitore che impone regole e distribuisce risorse secondo criteri tutelanti i Paesi più ricchi e soffocanti di contro quelli ad economie più fragili. Il tutto secondo il metro del risultato invece che quello del merito. Appare insopportabile il più delle volte constatare come poco rilevi la singola specialità dello Stato e quanto invece la cruda contabilizzazione del Pil costituisca esclusivo punto dirimente tra coloro che meritano sostegno e coloro che sono sempre sul tavolo degli imputati. Numerosi i referendum, alto il livello di insofferenza da parte delle Comunità più piccole, basti pensare alla Scozia ad esempio. Questo deve farci riflettere su quanto la condivisione dei territori e la necessità di unioni sociali, prima ancora che finanziarie, giochino ruoli fondamentali. Il tema della immigrazione o del terrorismo ha dimostrato la fragilità dell’Europa ma nel contempo la necessità che la stessa trovi nuove formule di compartecipazione e responsabilizzazione. Ecco, gli Autonomisti in questo senso sanno che la strada dell’Europa dei popoli è quella giusta. Il Patt di governo non può ignorare che sempre più poi argomenti come l’ agricoltura, i trasporti, l’università, la sanità, l’ambiente, sono correlati al peso specifico che attraverso l’Euregio il Trentino saprà affermare.
  • 17. 17 L’Europa deve avere il coraggio di andare oltre creando sistemi Comuni che identifichi che realmente ci stiamo dirigendo verso uno Stato unito, partendo in particolare da un unico esercito europeo che sia presente e visibile, garantendo quella sicurezza che tutti i cittadini pretendono per poter vivere in tranquillità e serenità e controllando e vigilando le frontiere Europee. Euregio Il Patt è un Partito che guarda avanti con l’occhio attentamente puntato allo specchietto retrovisore. Questo significa che attraverso il suo passato, fatto di orgogliose battaglie, maturati ricordi e premature visioni di quello che sarebbe stato lo scenario europeo del terzo millennio, sa di dover avere una visione del futuro del Trentino. L’avvenire del Trentino è un crocevia tra la scelta filo statalista di un centralismo sordo e cieco alle istanze della periferia virtuosa, e la scommessa euroregionale. Si tratta in primis di comprendere se e quanto il Trentino sia disposto ad attendere i tempi nazionali del riequilibrio. Altra e fondamentale è anche la domanda che riguarda se è interesse del Trentino attendere questi tempi del riequilibrio, atteso che il quadro nazionale è talmente stratificato, articolato, disomogeneo e congestionato che prevederne a medio e lungo termine eventuali capacità di positivo riscontro appare quantomeno velleitario. Dove per noi Autonomisti è importante tracciare una linea di demarcazione che ci faccia capire il senso vero dell’essere autonomisti? Io dico nel senso identitario, di appartenenza ad una nazione, quella trentina, che sarà piccola, sarà schiacciata dai macro Pil delle altre regioni, ma possiede una sua storia millenaria di coesione che trasuda valore di appartenenza, figlio non di righe burocratiche su carta geografica, ma di vero e proprio senso di nazione alpina. Il Patt non può avere dubbi su quale sia la opzione futura. Partecipa per quello che è di sua competenza alla crescita del
  • 18. 18 suo Stato di appartenenza, ma investe in maniera assoluta a Nord. L’Euregio è e rappresenta una opportunità nella misura in cui si punta dal basso alla creazione di una regione alpina voluta dalla gente, secondo i tempi della popolazione, e nel nome della difesa identitaria delle singole popolazioni. In caso contrario si incontrerebbero le stesse complicazioni, le stesse problematiche cui questa unione teconcratica dell’Europa ci ha condotto. Sanità e qualità Se esiste un ambito che tocca direttamente ogni cittadino, questo è di sicuro quello sanitario. Pensare di ridurre un tema come questo a micro problemi di zona, rivendicando strumentalmente rendite di posizione è disonesto. Il Patt deve fare in modo che la questione sanitaria venga trattata all’interno di un contesto che faccia i conti con la reale , indispensabile richiesta del cittadino: la qualità del servizio. Qualità del servizio sanitario significa puntare per esso su capillarità che faccia rima con sicurezza. Va inserita detta tematica all’interno della filiera più generale della qualità di tutti i servizi pubblici in un rapporto di equilibrio funzionale tra centro e periferia. So che ad alcuni non piace sentire parlare di centro e periferia, sostenendo che il Trentino è uno. Il Trentino è sì uno ma fortemente diversificato e il nostro Patt del terzo millennio deve giocare fino in fondo la scommessa di garantire ovunque il massimo di qualità in termini di sanità, istruzione, sistema viario e di ogni servizio.Non può esistere il concetto di cittadini di serie A e di serie B, ma semplicemente di comunità, di cittadini garantiti, tutti, da una sanità di prima fascia; in una dinamica di pari garanzia qualitativa del servizio. Servono sicuramente più servizi sul territorio, su questo non vi sono dubbi, ma questo deve essere modulato con attenzione su quelle prestazioni che per costi e requisiti non abbiano ricaduto deficitarie in termini di
  • 19. 19 qualità sull’utente. Così come un forte investimento andrà fatto nei confronti dei medici di base, in maniera da garantire sulle 24 ore la copertura di tutti i codici bianchi e sgravare l’intervento ospedaliero. Insomma no a quella sorta di guerra di religione che sta montando, tra il monocentrismo ospedaliero e i servizi sul territorio, ma individuazione coraggiosa di un linea di mediazione che va però assunta a breve e con il coraggio del legislatore vero. Elemento imprescindibile che l’emergenza sia garantita in tutto il Trentino anche nelle valli. Il potenziamento della catena del soccorso nelle valli dev’essere fatto con mezzi, infrastrutture, risorse umane e formazione, prevedendo anche la rotazione del personale sanitario nella rete sanitaria. UNIVERSITA’ EUREGIONALE All’università trentina, che rappresenta un ottimo livello qualitativo, come recentemente confermato dalla indagine del Sole 24 ore, che la colloca al secondo posto in Italia, possiamo pensare di chiedere qualche cosa di più. Va garantito un rapporto maggiore con il mondo del lavoro. In particolare attraverso una riduzione dell’offerta generalista di corsi di laurea con impatto lavorativo minore. E’ questo un tema piuttosto diffuso sul piano nazionale, e da noi meno. Ma se, come ritengo, dobbiamo continuare davvero puntare all’eccellenza formativa universitaria, qualche passo di avvicinamento al mondo del lavoro anche la nostra università è chiamato a farlo. Un aggiornamento in chiave europea della nostra università passa certamente attraverso la condivisione, con le regioni, a noi limitrofe,
  • 20. 20 di un progetto accademico in chiave euroregionale. Dovrebbe trattarsi di un programma basato in particolare sull’approfondimento delle lingue in forma sistematica, basato su un interscambio culturale che permetta anche il recupero stesso di esami, in forma interdisciplinare, tra un Ateneo e l’altro. La possibilità insomma di ridurre al minimo i confini culturali universitari, perché anche questo deve essere lo scopo che si prefigge una importante città universitaria. Sviluppo tra economia virtuale ed economia percepita: il sistema trentino nella sfida della globalizzazione E’ sicuramente vero che la gente incontra, tutti i giorni, il problema della cassa al supermercato, del potere di acquisto che diminuisce, della data giornaliera che sembra sempre troppo distante dal 27, del sistema fiscale eccessivamente puntuale e meticoloso rispetto al deficitario rapporto con la qualità dei servizi. Vero è anche che il primario tema della soluzione della difficoltà rimane l’unico dato tangibile che interessa in linea diretta il cittadino. Ma non possiamo pensare che ciò costituisca il punto di partenza e di arrivo di un prodotto politico serio, che punti non solo a risolvere la criticità ma a prevederla e quindi a prevenirla. La scelta che ho fortemente voluto tradotta in disegno di legge, relativa alla concessione di incentivi a favore di imprese che incrementano progressivamente il proprio reddito, ha avuto questo specifico obbiettivo: rivolgendosi ai soggetti economicamente sani incentivare lo sviluppo produttivo e tecnologico. Certo una goccia nel mare di un’economica trentina complessa, ma un segnale che si può pensare ed agire attraverso un coointervento pubblico e privato di
  • 21. 21 tipo mutualistico ma non assistenzialista. Normare significa trarre lo spunto concreto dal dato reale e percepito: questa deve secondo me essere la parola d’ordine di un legislatore che punti a legiferare bene e non a legiferare tanto. Porto l’esempio della “Mariani” di Ledro rispetto al quale l’intera classe dirigente politica di una provincia non può fingere di nascondersi. Al di là degli aspetti specifici il tema del rapporto tra Provincia ed aziende di fuori provincia, non può essere delegato ad una sorta di evento casuale, singolo, e non governato. Lombardia o Cina che sia, non possiamo non difendere il nostro essere impresa: consci della mondializzazione dell’economia, certamente, ma anche degli obblighi nei confronti della serietà di un nostro sistema impresa il quale tante volte richiede né più nè meno che di essere valorizzato e riconosciuto per quanto anche in termini di ricadute garantisce alla nostra Terra. Il tipo di economia cui la nostra provincia può pensare di ambire, per il prossimo medio e lungo periodo, deve fare i conti con un sistema paese, quello in particolare confinante, che per numeri ed estensione ci sovrasta e di gran lunga. Dobbiamo rispondere con la qualità, indubbiamente, e contrapponendo quelle che sono le nostre leve maggiori. Penso qui, in particolare, alle immense opportunità offerte dal turismo. Fino ad ora la gran parte delle aziende in Trentino è costituita da micro imprese che agiscono secondo criteri di gestione familiare o comunque a ridotto impatto numerico. La loro forza è e dovrà sempre di più concentrarsi sulla qualità e di conseguenza a loro sostegno, il governo provinciale dovrà affiancare politiche di ricerca atte a mantener sempre alto lo standard del prodotto. In ciò il ruolo delle competenze si interseca perfettamente in questo mondo dell’economia di nicchia che proprio di specializzazione si nutre. Ma quale deve essere il modello di riferimento più adatto ad ingaggiare questa sfida? Quella del consorzio la reputo un’opzione irrinunciabile ed assai adatta ad un Trentino virtuoso. Non penso al
  • 22. 22 cosiddetto consorzio di tipo orizzontale, nel quale è la produzione dello stesso bene il comune denominatore, ma a quello verticale, attraverso il quale le aziende consorziate sono coloro le quali fanno produzioni diverse, così da stimolare l’aggregazione allo sviluppo. La unificazione poi in un’unica azienda che gestisca commercializzazione e marketing è certamente un passo non più procrastinabile. Crediti di imposta, opportunità Ora che abbiamo ottenuto da Roma la possibilità di utilizzare i cosiddetti crediti d’imposta (compensazioni), l’occasione non può essere lasciata deperire. Va trasformata in opportunità concreta atta a ridurre la pressione fiscale e lasciare che il mercato si regolamenti da solo senza creare ulteriori distorsioni. Si approfondisca anche, e con massima urgenza, la necessità di intervenire, contro la politica di lease back, fondi per sovvenzionare le imprese in crisi, che nella maggior parte dei casi hanno semplicemente allontanato il problema, procrastinandone gli esiti nefasti. Insomma, interventi palliativi che non sono stati capaci di intervenire nel merito delle crisi aziendali, sedando momentaneamente gli acuti depressivi ed addormentando ogni tipo di soluzione. Il recupero invece di una filiera tra le varie aziende, quelle capaci di mantenersi sul mercato con eccellenze vere, questa rappresenta il futuro su cui anche la politica provinciale dovrebbe mostrarsi concretamente più attenta.
  • 23. 23 Internazionalizzazione e marchio trentino. Il tema della internazionalizzazione non può rimanere uno slogan vuoto comodo all’ occorrenza nelle occasioni convegnistiche o di gala, quasi a riempire un vuoto di idee. E’ del tutto impensabile che la Provincia di Trento abbia, attivo sul territorio, un sistema di rete internazionale che punti a dare anima a piattaforme di commercio internazionale con contatti ad alto livello con i diversi paesi europei ed extraeuropei. Questo sistema di collegamento deve essere in capo ad una regia pubblica, capace di offrire le relative ricadute all’interno delle aziende private operanti in Trentino. Una politica provinciale dunque che, superato il triste periodo del contributo a pioggia, reo di avere nel tempo ingessato e paralizzato le idee, sterilizzando la volontà di imprendere delle nostre aziende, sappia dare un impulso forte al marchio di fabbrica del Trentino. Godiamo di ottime credenziali di serietà e capacità sul mercato, e non si capisce allora perché non si possa certificarlo, un po’ come accade in Alto Adige. Penso al brand, in Alto Adige chiamato anche marchio ombrello, che contraddistingue il made in Sudtirol. Da noi esiste formalmente ma non “buca” i mercati. Sul marchio “Trentino” si deve assolutamente investire con coraggio e rapidità.
  • 24. 24 Conclusioni Un Trentino forte è un Trentino che deve avere, al suo interno, un Partito autonomista autorevole, credibile, strutturato, capace di porre al primo posto le istanze di chi si attarda o non ha la forza di arrivare. Nella storia degli Autonomisti sta la garanzia di un futuro affidato a gente seria e dal forte spirito solidaristico. L’impegno del singolo è la forza della comunità trentina: la garanzia in un futuro autonomista per la nostra Terra è assicurato dalla grandezza dei piccoli; dei piccoli centri, delle piccole realtà imprenditoriali, della piccola mutualità, che fanno funzionare un grande sistema. Questa spina dorsale è quella sulla quale le donne, i giovani, gli anziani, militanti tutti devono scommettere per continuare a rappresentare un Trentino virtuoso dimostrando di essere capac di rimboccarsi le maniche. Queste continuano ad essere le ragioni dell’autonomia del nuovo millennio.
  • 25. 25