2. 2
Dal passato del P.A.T.T. le ragioni del suo futuro
Il congresso del Patt si innesta su un quadro politico locale denso di
movimenti e ricco di incognite. Numerosi i temi sul tappeto, variegato
il panorama partitico, ma soprattutto l’insidia di un comune
denominatore: quello della riduzione importante di risorse a fronte
delle crescenti necessità finanziarie.
Questa premessa è indispensabile per evitare un errore, che potrebbe
costituire un alibi per molti ma non per il Patt, di addormentare le
coscienze attorno alla convinzione che tanto in assenza delle essenziali
risorse economiche, poco si possa fare. La diminuzione di risorse non
è assenza di risorse, ma obbliga ad ripensamento delle politiche di
investimento.
Rispetto a ciò gli Autonomisti sono chiamati ad un supplemento di
impegno. Per troppo tempo infatti l’ Autonomia del Trentino è stata
vista, e non a torto, come una sorta di bancomat, quasi una Banca
pubblica dalle risorse interminabili, che tanto elargiva, tutto poteva ed
alla quale non sempre i più attrezzati, ma spesso i maggiormente
introdotti, accedevano a man bassa. Ecco, questo sistema va detto con
forza, ha rappresentato una sorta di cancro endemico alla nostra
società trentina, una metastasi culturale che ha purtroppo adulterato
anche vari strati produttivi ed economici della nostra società.
3. 3
Autonomia: capitale inagito
Adesso in Trentino l’Autonomia è una sorta di capitale inagito, dalle
potenzialità inespresse per il timore ingiustificato a rischiare
interventi di impatto. Frena in questo la sindrome del consenso
immediato ed a ogni costo, ma anche un’attenzione morbosamente
deleteria alla mediatizzazione degli effetti, cui si dedica uno smodato e
stonato ruolo.
Ciò che oggi il Governo provinciale, motore politico della nostra
Autonomia, non può permettersi, è di offrire l’impressione di
governare la Comunità attraverso soluzioni brevi, individuali o
decontestualizzate; deve invece prevalere l’idea che le alleanze sono
funzionali al raggiungimento di una sintesi politica le cui ricadute sulla
collettività siano percepite e reali. Non spetta al Patt sindacare sulla
volontà di attori terzi di andare ad alimentare nuovi soggetti o a
costruirne altri. Spetta però al Patt, questo sì, garantire una stabilità di
equilibri in virtù di un suo ruolo di governo che lo vuole oggi
espressione della più alta carica, quella di Governatore. Detta carica è
prima di tutto super partes perché governa l’intera società, ma non è
extra partes perché nasce da un contesto politico democraticamente
eletto e figlio di un’appartenenza che è anche partitica.
E’ dunque incardinato anche nel Patt il compito alto di tenere molto
stabile la barra della coalizione, unica condizione capace di evitare
fibrillazioni che produrrebbero ricadute deleterie a livello di efficacia e
fungibilità governativa. Chi ha presente il livello, quello strumento che
i geometri usano per controllare la messa in orizzontale dell’opera,
ricorderà quanto poco basti per spostare l’indicatore, la bolla, ovvero il
Governo provinciale. Oggi gli interventi più o meno scomposti di
coloro i quali stanno vivendo con evidente disagio una propria
scompaginata dimensione politica, non possono immaginare di
4. 4
riempire un naturale disorientamento, un’anemica fase di
progettualità attraverso l’insistito
innesto di detonatori. Ancora più grave è farlo in una fase di crisi
pesante all’interno della quale ogni minimo bradisismo non fa che
moltiplicare il rischio di trasformare uno sciame sismico in vero e
proprio terremoto. Nel parlare prima di capitale inagito
dell’Autonomia, richiamo proprio ad una corresponsabilizzazione
diffusa di tutte le forze della coalizione, a rafforzare il concetto di
concretezza operativa di governo, magari attraverso l’individuazione
di una prospettiva a medio e lungo raggio: la stessa che consente alle
grandi Democrazie, qui alle grandi Autonomie, di staccare il biglietto
della responsabilità attiva.
Questa emergenza, diversamente gestita, trasformerebbe gli attori
politici in comparse, pupazzi capaci di interpretare solo una storia
qualsiasi, autoreferenziale e vuota, non certamente la storia di questa
Terra.
Questa stabilità coalizionale è tanto più garantita quanto gli elementi
di vulnerabilità verranno marginalizzati e depotenziati.
Non sempre la semplificazione formale del quadro funge da
agevolatore sostanziale: possiamo perdere per strada una sigla, ma
pagarne prezzi in termini di equilibrio complessivo sproporzionati alla
resa. Così come le transumanze elettorali, figlie quasi sempre di
contingenti opportunismi, producono inquinamento nel campo di chi
le ospita, ed insanabili anemie tra chi il salasso lo subisce. Rischiare
attività telluriche per azzardare scenari di semplificazione dai dubbi
approdi la Comunità trentina non piò permetterselo.
5. 5
Autonomia leva di progresso
Sta decisamente stufando la fissa romana di considerare la nostra
Autonomia privilegio ingiusto, immeritato, nella migliore delle ipotesi
prerogativa non più attuale e superata dalla storia. Pare che oltre a
questo la politica rappresentata anche all’interno della regioni a noi
confinanti non sappia andare.
Facciamo attenzione a ritenere che la contestazione afferisca solo a
motivazioni di ordine economico. Non è purtroppo così. Dico
purtroppo perché a volte gli aspetti culturali ed i pregiudizi sono molto
più difficili da combattere e sconfiggere che non le questioni
puramente, seppur importanti, finanziarie.
La percezione generale che anche la nostra truppa parlamentare
regionale ha, netta, è che il modello autonomistico, e con esso il
Trentino, stia molto antipatico a Roma e sia a malapena sopportato.
Prevale cioè l’assurdo concetto che il modello Trentino, riconosciuto
valido sotto il profilo dei riscontri oggettivi, siano essi legati allo stato
di benessere generale, della qualità dei servizi, del livello socio
economico conquistato, in sostanza della qualità generale della vita,
non debba essere imitato, esportato, ma cancellato. Appare questo
ragionamento incredibile ai più, ma a fronte di questo che rappresenta
un evidente problema culturale, è necessario rispondere con
compattezza e veemenza. L’obbiettivo romanocentrico non è in buona
sostanza quello di tentare di risintonizzare sull’esterno il modulo
trentino, ma di sfruttarne fino in fondo gli effetti fiscali, per spremerlo
6. 6
e tradurre così il sistema amministrativo nostro, rispettoso dei vari
patti di stabilità e di rigore finanziario, in una sorta di fondo di riserva,
di forziere, di bancomat dell’Autonomia nei confronti di Roma. Quasi
che
sia normale risanare i debiti degli sperperi siciliani, per esemplificare,
con il frutto delle nostre manovre provinciali di rigore. Tutto questo è
inammissibile. Da parte nostra, accanto ad una politica anche
comunicativa di alto presidio del sistema autonomistico, dobbiamo
fare in modo di coinvolgere pure le altre forze politiche a mantenere
alto il livello di attenzione su questa tematica, tifando per l’Autonomia
e tutelandone il brand in ogni occasione questo diventa possibile, a
prescindere dall’appartenenza ad uno o l’altro schieramento. Se infatti
perde l’Autonomia è tutto il Trentino che ci rimette, non solo una sua
parte. Sul come poi declinare al meglio il sistema autonomistico nella
politica del governo provinciale questo è un tema sul quale ogni forza
avrà la propria peculiare ricetta. Ovvio che il Partito dovrà continuare
ad avere, come del resto ha ben impostato fino ad ora la soluzione del
problema, una forte attenzione alla gestione di tematiche simbolo e di
riverbero nazionale, quale quella dei vitalizi, che permangono
strumenti micidiali di discredito in mano ai detrattori della nostra
Terra.
7. 7
Autonomia del terzo millennio
Noi esistiamo oggi anche per affermare le ragioni di una Autonomia
che a prescindere dal concetto materiale della politica, vuole
formalizzare il potere del pensiero, della innovazione, della voglia di
rischiare, della nobiltà del come fare le cose, e non semplicemente del
farle a qualunque costo anche quando non ne sussistono le premesse.
La prerogativa dell’Autonomia del terzo millennio, con gli Autonomisti
alla sua guida, è quella capace di lanciare oltre l’ostacolo le energie di
una politica in grado di pensare, programmare, realizzare bene e tanto
con risorse fortemente ridotte. Questo comporta un investimento
robusto in ricerca ed in alta professionalizzazione, strumenti con i
quali affiancare un’ impresa oggi obbligata a vincere il confronto con
un mercato, non solo nazionale, molto aggressivo. Ma significa anche
incominciare ad evidenziare il valore insostituibile del lavoro
materiale e non solo intellettuale, perché anche di questo le nostre
aziende hanno bisogno: di gente formata a praticare professioni
storicamente meno ambite ma invece basilari per l’equilibrio
dell’intero sistema lavoro in Trentino.
In questa dinamica gioca un ruolo fondamentale la scuola,
un’istruzione collegata al mondo del lavoro, un’impresa che sappia
rapportarsi con il mercato, un’attenzione al mondo giovanile non
piegata alle logiche di un semplice liberismo senza guida, ma con una
prospettiva futura. Il rilancio in questo senso di un’ offensiva in favore
degli istituti tecnici, che affianchino il già ottimo livello delle scuole
professionali, è premessa indispensabile contro quello che sta
8. 8
prefigurandosi come la fabbrica dei laureati di alta specialità e
bassissima appetibilità.
Classe dirigente: blocco generazionale, tra
ingessature ed incrostazioni.
Da chiedersi c’è come mai, dopo un trentennio di politica dellaiana
esercitata al massimo livello, il progetto di un Trentino che tenta la
ricerca di nuove soluzioni non riesca ad incontrare promotori capaci,
da un punto di vista generazionale, di rappresentarlo in maniera più
fresca? E qui la risposta, complessa, andrebbe drammaticamente
cercata all’interno delle motivazioni che sottendono a
quell’astensionismo silenzioso, così come a quel voto abulico e triste
ad ogni appuntamento elettorale in costante crescita, che certificano
una disaffezione di intere generazioni di popolazione alla politica.
L’atteggiamento di una politica difensiva, conservatrice e che non osa,
non giova ad un Trentino lanciato verso un terzo Statuto che richiede
fantasia, ingegno, capacità di immaginazione e di programmazione da
parte della pluralità degli attori sociali. A volte questo Trentino,
intimidito dall’arroganza degli altri piuttosto che dal pudore di non
apparire all’altezza, può dare l’impressione di un eccessivo rigorismo,
paralizzante, ingiustificato se paragonato a quanto avviene appena
fuori dai nostri confini regionali. Ma si sta facendo tutto il possibile
per permettere la nascita di condizioni praticabili verso una primavera
partecipativa, un rinverdimento della classe dirigente politica? O ciò
che profuma di fresco rappresenta il negativo? Non lo credo, ed anzi,
penso che tutto si debba fare per introdurre forze giovani, che di per
sé non sono per forza migliori, ma occorre consentire a quelle più
illuminate e dotate, semplicemente, di mettersi in campo, di giocare la
9. 9
partita e poter mostrare se e quanto valgono: offrire loro insomma
un’occasione.
Partito tra popolarismo e modernità
Il carattere popolare del Patt è sicuramente uno dei suoi punti di forza
indiscusso; questo, accompagnato ad un radicamento capillare e
diffuso lo rende una movimento territoriale importante. Forse il
partito regionale, oggi, che assieme alla S.V.P. meglio rappresenta la
sintesi necessaria, direi indispensabile, tra partito in senso classico ed
associazionismo politico. Che questa formula funzioni dunque è
dimostrato dalla sua permanenza all’interno del quadro politico
regionale da ben 67 anni, sempre col suo onorato e stimato simbolo
delle due stelle alpine. La risposta delle liste civiche, come tentativo di
superamento laico del partito quale formula associativa ed attore
partitico, dimostra che questo del territorio rimane ancora il terreno
di massima agibilità ed interesse. E’ opportuno quindi continuare su
questa strada, ma pensando altresì ad implementarla con un rilancio
ulteriore di programmazione che possa non farci trovare impreparati
di fronte alle nuove sfide di una modernità digitale e virtuale, che sta
viaggiando a velocità altissima ed appare molto poco avvezza a
credere ancora in una forma di partito vecchia ed autoreferenziale.
Vale, in questo senso affermare la centralità del Partito come agenzia
formativa delle classi dirigenti prossime, capace di selezionare le
future intelligenze politiche, mai dimenticando l’indispensabile
collegamento col territorio e soprattutto con il singolo, l’uomo. Il
Partito, il Patt del 2015 deve essere in grado di ricordare il passato per
10. 10
trarre da questo una rimodulazione anche strutturale che non ne
cancelli il suo spirito di partito popolare, ma lo riadatti e lo renda
maggiormente fungibile ad una platea esigente e mutevole. Certo le
tessere, ma apertura anche agli autonomisti che tessere non vogliono
avere; certo partecipazione, ma no elefantiasi organogratica fatta di
organi pletorici e fintamente rappresentativi, sì al reclutamento
attento, ma solo per idee e non per appartenenza.
Ogni contributo è valido per la cifra del suo contenuto e non per la
collateralità ad uno od altro dirigente. Occorre dunque pensare alla
sovrastruttura di questa crisi, al contenitore politico, alla rete,
all’architrave portante di un pensiero organizzato ed interno ad un
Partito nuovo speculare alla velocità e rapidità di una società
accelerata, rapida, complessa e fortemente condizionata dalla sua
dimensione globale.
Il Patt in questo senso, al netto di qualche immagine caricaturale non a
caso rilanciata da competitor fermi, nell’era digitale, alla clessidra,
garantisce un’ottima opportunità di investimento. A patto che sappia
lanciare il cuore oltre l’ostacolo della rendita di posizione immediata,
non solo elettorale.
Mai come oggi il giovane ha bisogno di riferimenti valoriali certi, e la
politica in questo momento costituisce, purtroppo, un freno alla
creatività del giovane e non certo lo sprone.
All’interno del parlamento provinciale oggi le forze che reggono le
sorti del centro sinistra autonomista risultano schiacciate dal
desiderio, da una parte, di esprimere fino in fondo le proprie spinte
programmatiche, e dall’altra si rendono conto che una disciplina di
coalizione le obbliga al massimo rigore politico nei confronti del
proprio Presidente. Il Presidente è alle prese con contrazioni di
bilancio e difficoltà immense legate ad una crisi che morde, e, quindi,
va capito allorquando richiama al massimo allineamento. Una via
11. 11
intermedia andrà però trovata, anche perché in caso contrario
davvero il ruolo ragionieristico e di formale burocrate calzerebbe a
pennello in capo ai singoli consiglieri di maggioranza.
Il senso della coalizione non può essere quello supremo, quello per il
quale ogni ed indifferente provvedimento debba fare un passo indietro
in nome della ricerca di un ingiustificato unanimismo. E’ plurale la
società, è plurale la politica, anche la visione plurale delle cose non
può abdicare, per definizione, ad un provvedimento imperfetto,
insoddisfacente o semplicemente non condiviso.
Il Patt non è partito ideologico ma è partito ideale; ha quindi idee che
viaggiano libere e prive di obblighi, di approdi precostituiti.
Ritengo opportuno, mantenendo fede all’attuale quadro coalizionale
ovviamente, garantirci rapporti di dialogo aperti con quanti hanno
una visione della società fondata su quella sorta di ponderato
liberismo di cui è innervato il sistema impresa in Trentino. Si tratta in
buona sostanza di monitorare con attenzione anche le evoluzioni
politiche interne a quei movimenti che non appartengono all’area di
governo, ma con cui su temi specifici si possono aprire temi di
confronto interessanti. Il panorama partitico della nostra provincia,
probabilmente troppo frammentato in rapporto alle dimensioni di
quest’ultima, obbliga, tutti, ad un supplemento di studio di ciò che sta
avvenendo in particolare nel variegato mondo di quello che una volta
si definiva il centro. Oggi, di questo è rimasto una sorta di magma
privo di un chiaro indirizzo di riferimento. Il Patt è già stato in parte
elettoralmente attrattivo due anni fa nei confronti di questo bacino. Ma
ci sono ampie praterie di intervento in questo senso, pronte ad essere
occupate stabilmente da una forza autonomista dinamica e
convincente.
12. 12
Governo provinciale
Il governo provinciale, dal quale non è certo possibile pretendere in
ventiquattro mesi di dare corpo a soluzioni taumaturgiche, che
richiedono tempi in termini di ricaduta a medio/lungo termine, in
questo secondo anno qualche segnale importante di discontinuità
positiva l’ha prodotto: scuola, sanità, riforma urbanistica, pubblica
amministrazione, politiche sociali, per fare qualche esempio,
rappresentano ambiti di intervento che lasciano intravvedere un
pensiero, un indirizzo. Va riconosciuito, al governo provinciale, il
tentativo di utilizzare uno schema di gioco coraggioso. Qui il rischio è
quello di un atteggiamento agonistico, quale quello di renziana
matrice, che vada a preferire magari la velocità alla qualità, l’istinto
alla programmazione. Attenzione a non confondere l’efficienza con la
velocità, perché troppo spesso la seconda è nemica della prima. La
rapidità spesso pregiudica quella condivisione del provvedimento
senza la quale, poi, spesso il legislatore rimane intrappolato. Il valore
della politica è misurabile non solo dal risultato immediato, ma dal
modo con cui questo si raggiunge, se vogliamo puntare ad una qualità
duratura degli accordi e dei provvedimenti.
Oggi il Patt occupa stabilmente quell’area di centro di cui non può
certo pretendere di rappresentare la totalità: nessun monopolio del
centro politico è dunque in discussione, perché il monopolio prelude
ad una gestione orizzontale della politica che non credo rappresenti
un modello interessante per il Patt. Però gli Autonomisti costituiscono
13. 13
un unicum nel panorama provinciale, affondando le radici nel
popolarismo e nella territorialità diffuse, e questo è un fatto, non una
tesi, che va inteso quale rapporto verticale e stratificato con l’intera
società nelle sue articolazioni e categorie: si tratta di una caratteristica
che fa degli Autonomisti una risorsa valoriale e di riferimento per
l’intero Trentino.
Trentino tra mercato globale e tutela della sua
identità di sviluppo.
Gli investimenti dei decenni scorsi in favore di diversi settori
economici trentini rappresentano un capitale investito dinamico, sul
quale il governo provinciale deve programmare: il modello
conseguente di approccio deve tenere conto delle caratteristiche
socio-culturali del territorio sul quale è innestato. Gli Autonomisti, la
cui natura ambientalista costituisce corredo genetico di programma,
deve da una parte puntare a criteri di sviluppo compatibile con la
natura anche numerica di una Terra dai bassi numeri anagrafici e fisici,
e dall’altra potenziare specifiche centralità di settore quale il recupero
del patrimonio edilizio secondo criteri di ecosostenibilità, la
valorizzazione delle imprese creative dell’artigianato e dei servizi, lo
sviluppo dell’informatica applicata all’impresa e la progettazione di
nuovi percorsi in favore della commercializzazione dei prodotti
dell’agricoltura di montagna. Il tutto deve ripartire da un nuovo patto
tra pubblico e privato attraverso un investimento in favore di una
nuova cultura del rischio temperato e di strategie di nicchia.
Il futuro del Trentino sarà il turismo come attivatore di filiera. Le
caratteristiche del territorio si prestano per la valorizzazione di questo
settore che riuscirà anche a trainare il commercio l’artigianato e
l’industria e l’agricoltura.
14. 14
La costruzione della rete fra le varie realtà economiche locali sarà la
fonte di successo delle nostre micro imprese che sono la maggior
parte. Le grandi realtà, se non in pochi casi, hanno dimostrato di non
attecchire.
Non dimentichiamoci che per mettere in atto questo, dobbiamo avere
anche le infrastrutture e una viabilità adeguata. L’opera del tunnel
denominato Loppio – Busa, è un’opera che non interessa solo la
Comunità dell’Alto Garda e Ledro ma tutto il Trentino. L’opportunità di
sfruttare e alimentare il lago di Garda, per far conoscere il Trentino nel
mondo, è un’opportunità che non possiamo farci sfuggire.
Ma attenzione, ciò che ci contraddistingue da altri territori è il nostro
bellissimo territorio. Nell’arco di pochi km passiamo dalla pianura e il
lago, alle montagne incontaminate. Un’ambiente particolarmente
adatto a una moltitudine di sport che da poche parti in Italia e nel
mondo si trova. Il mantenimento del territorio, senza consumarne
ulteriormente con edificazioni, è elemento fondamentale e
imprescindibile per lo sviluppo di tutto questo. Meno edificazioni ma
anche la volontà di utilizzare sistemi di trasporto alternativi alle auto.
La ferrovia è sicuramente un mezzo da spingere anche in riferimento
al fatto che l’Unione Europea ha dato indicazioni in merito con
l’opportunità di poter accedere a finanziamenti per tale scopo. Il treno,
per la tratta Rovereto-Riva, non è un’utopia, ci sono le condizioni,
anche economiche per poterlo fare.
L’unione del Comune di Ledro, con l’Alto Garda, attraverso una
seggiovia garantirebbe un sicuro sviluppo turistico di tutta la
Comunità e un valore aggiunto importante.
Rapporti con la S.V.P.
15. 15
Gli storici rapporti con i cugini della S.V.P. hanno costituito nel tempo,
tra momenti anche di qualche conflitto, ma sempre improntati alla
massima lealtà e rispetto, un legame fondamentale per il P.A.T.T.
Esprimiamo oggi, concretamente, una rappresentanza parlamentare
nostra che è frutto di un’alleanza non solo tecnica ma propriamente
politica con il partito di maggioranza relativa sudtirolese. Il nostro
Senatore ed il nostro Deputato sono il risultato evidente di un’unione
che ha dato frutti importanti. Ma si pensi anche al quadro regionale
ovviamente, e, fondamentale, all’accordo che ha consentito di eleggere
l’europarlamentare Dorfmann attraverso i voti trentini. In
quest’ultimo caso si è trattato di una scelta doppiamente importante,
perché non scaturita da necessità di ordine elettorale, ma di chiara e
gratuita opzione politica, non obbligata, maturata politicamente dal
Patt in appoggio agli autonomisti dell’Alto Adige.
Su alcuni temi, come quello legato al ruolo della Regione, i punti di
vista come è bene noto non sono concordanti. E’ dunque basilare per
la nostra forza continuare in questo rapporto dialettico con la S.V.P. che
non sia di sudditanza ma di grande franchezza. In politica i numeri
sono importanti, ma le ragioni politiche si sostengono attraverso tesi
che sono o non sono giuste a prescindere dalla forza che le
rappresenta. Chiaro dunque che sul tema regionale il Patt sconti non
può pensarne di fare.
Europa e Trentino
16. 16
Sono trascorsi vent’anni dall’apertura dell’ufficio della Provincia
autonoma di Trento per i rapporti con l’Unione europea: una pietra
miliare nell’ambito della costruzione, mattone dopo mattone,
dell’Euregio. Oggi il clima è maturato, sembrano passati secoli da
quella diffidenza per un atto amministrativo che sottintendeva una
sorta di legittimazione politica dell’Euregio, passaggio allora
osteggiatissimo dal centralismo romano e soprattutto dalle Segreterie
dei Partiti nazionali. Tant’è, oggi nessuno mette più in discussione l’
Euregio come realtà politica ma ne combatte piuttosto una limitata
capacità di incidere sul piano socioeconomico complessivo. L’Europa
nel frattempo continua a rappresentare una sorta di entità economica
percepita dalla popolazione quale contenitore che impone regole e
distribuisce risorse secondo criteri tutelanti i Paesi più ricchi e
soffocanti di contro quelli ad economie più fragili. Il tutto secondo il
metro del risultato invece che quello del merito. Appare
insopportabile il più delle volte constatare come poco rilevi la singola
specialità dello Stato e quanto invece la cruda contabilizzazione del Pil
costituisca esclusivo punto dirimente tra coloro che meritano sostegno
e coloro che sono sempre sul tavolo degli imputati. Numerosi i
referendum, alto il livello di insofferenza da parte delle Comunità più
piccole, basti pensare alla Scozia ad esempio. Questo deve farci
riflettere su quanto la condivisione dei territori e la necessità di unioni
sociali, prima ancora che finanziarie, giochino ruoli fondamentali. Il
tema della immigrazione o del terrorismo ha dimostrato la fragilità
dell’Europa ma nel contempo la necessità che la stessa trovi nuove
formule di compartecipazione e responsabilizzazione. Ecco, gli
Autonomisti in questo senso sanno che la strada dell’Europa dei popoli
è quella giusta. Il Patt di governo non può ignorare che sempre più poi
argomenti come l’ agricoltura, i trasporti, l’università, la sanità,
l’ambiente, sono correlati al peso specifico che attraverso l’Euregio il
Trentino saprà affermare.
17. 17
L’Europa deve avere il coraggio di andare oltre creando sistemi
Comuni che identifichi che realmente ci stiamo dirigendo verso uno
Stato unito, partendo in particolare da un unico esercito europeo che
sia presente e visibile, garantendo quella sicurezza che tutti i cittadini
pretendono per poter vivere in tranquillità e serenità e controllando e
vigilando le frontiere Europee.
Euregio
Il Patt è un Partito che guarda avanti con l’occhio attentamente
puntato allo specchietto retrovisore. Questo significa che attraverso il
suo passato, fatto di orgogliose battaglie, maturati ricordi e premature
visioni di quello che sarebbe stato lo scenario europeo del terzo
millennio, sa di dover avere una visione del futuro del Trentino.
L’avvenire del Trentino è un crocevia tra la scelta filo statalista di un
centralismo sordo e cieco alle istanze della periferia virtuosa, e la
scommessa euroregionale. Si tratta in primis di comprendere se e
quanto il Trentino sia disposto ad attendere i tempi nazionali del
riequilibrio. Altra e fondamentale è anche la domanda che riguarda se
è interesse del Trentino attendere questi tempi del riequilibrio, atteso
che il quadro nazionale è talmente stratificato, articolato,
disomogeneo e congestionato che prevederne a medio e lungo termine
eventuali capacità di positivo riscontro appare quantomeno velleitario.
Dove per noi Autonomisti è importante tracciare una linea di
demarcazione che ci faccia capire il senso vero dell’essere
autonomisti? Io dico nel senso identitario, di appartenenza ad una
nazione, quella trentina, che sarà piccola, sarà schiacciata dai macro
Pil delle altre regioni, ma possiede una sua storia millenaria di
coesione che trasuda valore di appartenenza, figlio non di righe
burocratiche su carta geografica, ma di vero e proprio senso di
nazione alpina. Il Patt non può avere dubbi su quale sia la opzione
futura. Partecipa per quello che è di sua competenza alla crescita del
18. 18
suo Stato di appartenenza, ma investe in maniera assoluta a Nord.
L’Euregio è e rappresenta una opportunità nella misura in cui si punta
dal basso alla creazione di una regione alpina voluta dalla gente,
secondo i tempi della popolazione, e nel nome della difesa identitaria
delle singole popolazioni. In caso contrario si incontrerebbero le
stesse complicazioni, le stesse problematiche cui questa unione
teconcratica dell’Europa ci ha condotto.
Sanità e qualità
Se esiste un ambito che tocca direttamente ogni cittadino, questo è di
sicuro quello sanitario. Pensare di ridurre un tema come questo a
micro problemi di zona, rivendicando strumentalmente rendite di
posizione è disonesto. Il Patt deve fare in modo che la questione
sanitaria venga trattata all’interno di un contesto che faccia i conti con
la reale , indispensabile richiesta del cittadino: la qualità del servizio.
Qualità del servizio sanitario significa puntare per esso su capillarità
che faccia rima con sicurezza. Va inserita detta tematica all’interno
della filiera più generale della qualità di tutti i servizi pubblici in un
rapporto di equilibrio funzionale tra centro e periferia. So che ad
alcuni non piace sentire parlare di centro e periferia, sostenendo che il
Trentino è uno. Il Trentino è sì uno ma fortemente diversificato e il
nostro Patt del terzo millennio deve giocare fino in fondo la
scommessa di garantire ovunque il massimo di qualità in termini di
sanità, istruzione, sistema viario e di ogni servizio.Non può esistere il
concetto di cittadini di serie A e di serie B, ma semplicemente di
comunità, di cittadini garantiti, tutti, da una sanità di prima fascia; in
una dinamica di pari garanzia qualitativa del servizio. Servono
sicuramente più servizi sul territorio, su questo non vi sono dubbi, ma
questo deve essere modulato con attenzione su quelle prestazioni che
per costi e requisiti non abbiano ricaduto deficitarie in termini di
19. 19
qualità sull’utente. Così come un forte investimento andrà fatto nei
confronti dei medici di base, in maniera da garantire sulle 24 ore la
copertura di tutti i codici bianchi e sgravare l’intervento ospedaliero.
Insomma no a quella sorta di guerra di religione che sta montando, tra
il monocentrismo ospedaliero e i servizi sul territorio, ma
individuazione coraggiosa di un linea di mediazione che va però
assunta a breve e con il coraggio del legislatore vero.
Elemento imprescindibile che l’emergenza sia garantita in tutto il
Trentino anche nelle valli. Il potenziamento della catena del soccorso
nelle valli dev’essere fatto con mezzi, infrastrutture, risorse umane e
formazione, prevedendo anche la rotazione del personale sanitario
nella rete sanitaria.
UNIVERSITA’ EUREGIONALE
All’università trentina, che rappresenta un ottimo livello qualitativo,
come recentemente confermato dalla indagine del Sole 24 ore, che la
colloca al secondo posto in Italia, possiamo pensare di chiedere
qualche cosa di più. Va garantito un rapporto maggiore con il mondo
del lavoro. In particolare attraverso una riduzione dell’offerta
generalista di corsi di laurea con impatto lavorativo minore. E’ questo
un tema piuttosto diffuso sul piano nazionale, e da noi meno. Ma se,
come ritengo, dobbiamo continuare davvero puntare all’eccellenza
formativa universitaria, qualche passo di avvicinamento al mondo del
lavoro anche la nostra università è chiamato a farlo.
Un aggiornamento in chiave europea della nostra università passa
certamente attraverso la condivisione, con le regioni, a noi limitrofe,
20. 20
di un progetto accademico in chiave euroregionale. Dovrebbe trattarsi
di un programma basato in particolare sull’approfondimento delle
lingue in forma sistematica, basato su un interscambio culturale che
permetta anche il recupero stesso di esami, in forma interdisciplinare,
tra un Ateneo e l’altro. La possibilità insomma di ridurre al minimo i
confini culturali universitari, perché anche questo deve essere lo scopo
che si prefigge una importante città universitaria.
Sviluppo tra economia virtuale ed economia
percepita: il sistema trentino nella sfida della
globalizzazione
E’ sicuramente vero che la gente incontra, tutti i giorni, il problema
della cassa al supermercato, del potere di acquisto che diminuisce,
della data giornaliera che sembra sempre troppo distante dal 27, del
sistema fiscale eccessivamente puntuale e meticoloso rispetto al
deficitario rapporto con la qualità dei servizi. Vero è anche che il
primario tema della soluzione della difficoltà rimane l’unico dato
tangibile che interessa in linea diretta il cittadino. Ma non possiamo
pensare che ciò costituisca il punto di partenza e di arrivo di un
prodotto politico serio, che punti non solo a risolvere la criticità ma a
prevederla e quindi a prevenirla.
La scelta che ho fortemente voluto tradotta in disegno di legge,
relativa alla concessione di incentivi a favore di imprese che
incrementano progressivamente il proprio reddito, ha avuto questo
specifico obbiettivo: rivolgendosi ai soggetti economicamente sani
incentivare lo sviluppo produttivo e tecnologico. Certo una goccia nel
mare di un’economica trentina complessa, ma un segnale che si può
pensare ed agire attraverso un coointervento pubblico e privato di
21. 21
tipo mutualistico ma non assistenzialista. Normare significa trarre lo
spunto concreto dal dato reale e percepito: questa deve secondo me
essere la parola d’ordine di un legislatore che punti a legiferare bene e
non a legiferare tanto. Porto l’esempio della “Mariani” di Ledro
rispetto al quale l’intera classe dirigente politica di una provincia non
può fingere di nascondersi. Al di là degli aspetti specifici il tema del
rapporto tra Provincia ed aziende di fuori provincia, non può essere
delegato ad una sorta di evento casuale, singolo, e non governato.
Lombardia o Cina che sia, non possiamo non difendere il nostro essere
impresa: consci della mondializzazione dell’economia, certamente, ma
anche degli obblighi nei confronti della serietà di un nostro sistema
impresa il quale tante volte richiede né più nè meno che di essere
valorizzato e riconosciuto per quanto anche in termini di ricadute
garantisce alla nostra Terra.
Il tipo di economia cui la nostra provincia può pensare di ambire, per il
prossimo medio e lungo periodo, deve fare i conti con un sistema
paese, quello in particolare confinante, che per numeri ed estensione
ci sovrasta e di gran lunga. Dobbiamo rispondere con la qualità,
indubbiamente, e contrapponendo quelle che sono le nostre leve
maggiori. Penso qui, in particolare, alle immense opportunità offerte
dal turismo. Fino ad ora la gran parte delle aziende in Trentino è
costituita da micro imprese che agiscono secondo criteri di gestione
familiare o comunque a ridotto impatto numerico. La loro forza è e
dovrà sempre di più concentrarsi sulla qualità e di conseguenza a loro
sostegno, il governo provinciale dovrà affiancare politiche di ricerca
atte a mantener sempre alto lo standard del prodotto. In ciò il ruolo
delle competenze si interseca perfettamente in questo mondo
dell’economia di nicchia che proprio di specializzazione si nutre.
Ma quale deve essere il modello di riferimento più adatto ad
ingaggiare questa sfida? Quella del consorzio la reputo un’opzione
irrinunciabile ed assai adatta ad un Trentino virtuoso. Non penso al
22. 22
cosiddetto consorzio di tipo orizzontale, nel quale è la produzione
dello stesso bene il comune denominatore, ma a quello verticale,
attraverso il quale le aziende consorziate sono coloro le quali fanno
produzioni diverse, così da stimolare l’aggregazione allo sviluppo. La
unificazione poi in un’unica azienda che gestisca commercializzazione
e marketing è certamente un passo non più procrastinabile.
Crediti di imposta, opportunità
Ora che abbiamo ottenuto da Roma la possibilità di utilizzare i
cosiddetti crediti d’imposta (compensazioni), l’occasione non può
essere lasciata deperire. Va trasformata in opportunità concreta atta a
ridurre la pressione fiscale e lasciare che il mercato si regolamenti da
solo senza creare ulteriori distorsioni.
Si approfondisca anche, e con massima urgenza, la necessità di
intervenire, contro la politica di lease back, fondi per sovvenzionare le
imprese in crisi, che nella maggior parte dei casi hanno semplicemente
allontanato il problema, procrastinandone gli esiti nefasti. Insomma,
interventi palliativi che non sono stati capaci di intervenire nel merito
delle crisi aziendali, sedando momentaneamente gli acuti depressivi
ed addormentando ogni tipo di soluzione. Il recupero invece di una
filiera tra le varie aziende, quelle capaci di mantenersi sul mercato con
eccellenze vere, questa rappresenta il futuro su cui anche la politica
provinciale dovrebbe mostrarsi concretamente più attenta.
23. 23
Internazionalizzazione e marchio trentino.
Il tema della internazionalizzazione non può rimanere uno slogan
vuoto comodo all’ occorrenza nelle occasioni convegnistiche o di gala,
quasi a riempire un vuoto di idee. E’ del tutto impensabile che la
Provincia di Trento abbia, attivo sul territorio, un sistema di rete
internazionale che punti a dare anima a piattaforme di commercio
internazionale con contatti ad alto livello con i diversi paesi europei ed
extraeuropei. Questo sistema di collegamento deve essere in capo ad
una regia pubblica, capace di offrire le relative ricadute all’interno
delle aziende private operanti in Trentino. Una politica provinciale
dunque che, superato il triste periodo del contributo a pioggia, reo di
avere nel tempo ingessato e paralizzato le idee, sterilizzando la volontà
di imprendere delle nostre aziende, sappia dare un impulso forte al
marchio di fabbrica del Trentino. Godiamo di ottime credenziali di
serietà e capacità sul mercato, e non si capisce allora perché non si
possa certificarlo, un po’ come accade in Alto Adige. Penso al brand, in
Alto Adige chiamato anche marchio ombrello, che contraddistingue il
made in Sudtirol. Da noi esiste formalmente ma non “buca” i mercati.
Sul marchio “Trentino” si deve assolutamente investire con coraggio e
rapidità.
24. 24
Conclusioni
Un Trentino forte è un Trentino che deve avere, al suo interno, un
Partito autonomista autorevole, credibile, strutturato, capace di porre
al primo posto le istanze di chi si attarda o non ha la forza di arrivare.
Nella storia degli Autonomisti sta la garanzia di un futuro affidato a
gente seria e dal forte spirito solidaristico. L’impegno del singolo è la
forza della comunità trentina: la garanzia in un futuro autonomista
per la nostra Terra è assicurato dalla grandezza dei piccoli; dei piccoli
centri, delle piccole realtà imprenditoriali, della piccola mutualità, che
fanno funzionare un grande sistema. Questa spina dorsale è quella
sulla quale le donne, i giovani, gli anziani, militanti tutti devono
scommettere per continuare a rappresentare un Trentino virtuoso
dimostrando di essere capac di rimboccarsi le maniche.
Queste continuano ad essere le ragioni dell’autonomia del nuovo
millennio.