1. Introduzione
1
1. Introduzione
In un mondo in cui la domanda di acqua dolce è in continuo aumento e dove le limitate
risorse idriche sono sottoposte ad una pressione crescente a causa dell’estrazione eccessiva,
dell’inquinamento e del cambiamento climatico, risulta difficilmente comprensibile trascurare
le opportunità provenienti da una migliore gestione delle acque reflue le quali una volta
trattate, potrebbero dimostrarsi una risorsa di enorme valore, in grado di soddisfare la
crescente domanda di acqua dolce e di altre materie prime. Questo tema è stato trattato nel
Rapporto ONU sulle risorse idriche mondiali presentato il 22 marzo 2017, in occasione
della Giornata mondiale dell'acqua.(fonte http://www.arpat.toscana.it) Il Rapporto vuole
dimostrare come il trattamento delle acque reflue permetterebbe il loro riutilizzo nel settore
agricolo e industriale garantendo un risparmio di risorse naturali ed economiche. Oltre a
costituire una fonte alternativa sicura di acqua dolce, le acque reflue possono anche essere
considerate una potenziale fonte di materie prime.
Nell’ambito Europeo lo scorso 11 aprile a Bruxelles è stato raggiunto l’accordo fra
Parlamento europeo e Consiglio europeo, supportati dalla Commissione europea, per la
creazione dell’Agenzia per l’attuazione del programma PRIMA, Partnership for Research
and Innovation in the Mediterranean Area. Si tratta di un programma che, nei prossimi dieci
anni, gestirà oltre mezzo miliardo di euro sui temi dell’innovazione nei sistemi alimentari,
delle tecnologie per la sostenibilità e la sicurezza in agricoltura, dell’uso efficiente delle
risorse idriche. Tra le risorse messe a disposizione, 220 milioni arriveranno dalla
Commissione europea nell’ambito del programma quadro per la ricerca Horizon 2020.
La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli ha dichiarato: “Per
affrontare le grandi sfide ambientali e sociali del Mediterraneo la ricerca e l’innovazione
possono svolgere un ruolo centrale. Sistemi agricoli più sostenibili, miglior uso dell’acqua e
sviluppo delle imprese del settore alimentare possono contribuire alla crescita economica e
sociale dell’area, anche ai fini della gestione dei fenomeni migratori. Alzare muri non porta a
nulla. Dobbiamo costruire ponti fra i popoli ed il Miur (Ministero dell’Istruzione,
2. Introduzione
2
dell’Università e della Ricerca.), con la guida dell’iniziativa PRIMA, si sta fortemente
impegnando in tale direzione”. (fonte http://www.horizon2020news.it).
L’Europa inoltre attraverso la European Environment Agency (Eea) ha stimato per il nostro
Paese un indicatore di sfruttamento idrico Wei (Water Exploitation Index) pari al 24%, fra i
più elevati nel contesto europeo, in una classifica che vede l’Italia al quarto posto dopo Cipro,
che registra un Wei pari al 64%, al Belgio (32%) e alla Spagna (30%)". L’indice di
sfruttamento idrico (WEI) indica il rapporto tra la quantità di acqua estratta ogni anno e il
totale delle risorse di acqua dolce disponibili a lungo termine, rappresentando la pressione,
vale a dire lo stress al quale sono sottoposte le riserve idriche, un indice di sfruttamento idrico
superiore al 20 % implica una condizione di stress delle riserve, e l'Italia è per questo già in
stato di stress, mentre valori oltre il 40 % riflettono uno stress idrico grave e un uso
chiaramente insostenibile delle risorse disponibili. Nel nostro paese questa problematica è già
nota infatti, in occasione dell'ultima giornata della sesta edizione del Festival dell'Acqua,
manifestazione organizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua energia e
ambiente) in collaborazione con Acquedotto pugliese (Aqp), svoltosi a Bari, è stato presentato
a cura di SRM (Studi e Ricerche Mezzogiorno) il rapporto 2017 “Le risorse idriche
nell’ambito della circular economy”. Nel rapporto si evidenzia la necessità di interventi
urgenti in un settore che da tempo reclama un nuovo approccio gestionale e infrastrutturale,
con i cambiamenti climatici che in prospettiva aggraveranno ulteriormente le problematiche di
carenza idrica e siccità, con le previsioni che al 2040 indicano per l’Italia una situazione
molto elevata di stress. Grande elemento che emerge nel report, alla base della forte
sofferenza del nostro paese è costituito dallo spreco della risorsa con particolare riferimento
alle perdite delle reti di distribuzione, con i capoluoghi di provincia del Mezzogiorno che
fanno registrare perdite medie del 47%, contro il 34% del Centro-Nord. (Fonte
http://www.ecquologia.com), si è stimato che le perdite di rete degli acquedotti nel 2015 è di
circa il 38,2% tradotto in una quantità enorme di acqua sprecata che non arriva in rete
(Rapporto ISPRA 2017 sullo stato dell’ambiente), facendo riferimento alle Marche, Macerata
è la più virtuosa con perdite dell’8% e Pesaro la provincia con perdite più alte.
Rimanendo nel contesto italiano dove è stata presentata la Legge di Bilancio 2018 - 250
milioni per acqua, reti idriche e invasi. La manovra 2018 stanzia risorse per contrastare il
3. Introduzione
3
fenomeno della siccità. Ed evitare che si ripetano crisi come quella dell’estate 2017. Arrivano,
così, 250 milioni di euro per un piano nazionale dedicato agli invasi. Si lavorerà, quindi, sul
contenimento delle perdite di rete, sulla diffusione di strumenti di risparmio dell’acqua, sia in
agricoltura che negli usi civili, e soprattutto sulla creazione di invasi, che consentano di
“accantonare” risorse idriche nei periodi di pioggia. Qui si gettano le basi di un nuovo piano
nazionale per la realizzazione di invasi multiobiettivo, “per la diffusione di strumenti mirati al
risparmio di acqua negli usi agricoli e civili” e per gli interventi “volti a contrastare le perdite
delle reti acquedottistiche”. L’associazione dei consorzi di bonifica (Anbi) calcola infatti un
fabbisogno di interventi pari a circa 20 miliardi di euro per completare tutti gli invasi che
sarebbero necessari a livello nazionale. La stima di questa prolungata siccità 2017 – ricorda –
“prevede danni per circa 6 miliardi e gran parte in agricoltura. Il Piano invasi affianca il Piano
di Italia Sicura che affronta l’altra faccia della medaglia: alluvioni e frane, con 9,2 miliardi di
investimenti al 2023 e 1.334 cantieri su 9.349 già aperti. Due programmazioni di opere a
lunga scadenza, un buon segno per un Paese che aveva smesso di investire sui fondamentali”.
(fonte www.fasi.biz)
La prolungata siccità del 2017 ha avuto effetti anche nelle Marche, infatti la regione ha
richiesto lo stato di calamità per danni all'Agricoltura a causa della siccità. Inoltre la Coldiretti
Marche ha stimato a giugno 2017, temperature superiori di 2,9 gradi e -79% di pioggia
rispetto allo scorso anno con ripercussioni su mais, girasole, ortaggi ma anche per il bestiame:
le mucche che a causa dello stress da caldo stanno producendo fino al 20% di latte in meno
(fonte http://www.anconatoday.it), i coltivatori lamentano cali di produzione del 30/40% a
causa del caldo record e della siccità. Un altro argomento cruciale nelle Marche è l’effetto del
terremoto sulla portata delle sorgenti, questo argomento è stato trattato da Gilberto
Pambianchi, presidente nazionale dell’Associazione italiana di geografia fisica e
geomorfologia il quale afferma “Prima del terremoto del 24 di agosto è stata registrata una
diminuzione della portata delle sorgenti, mentre dopo abbiamo avuto un aumento della portata
delle sorgenti. Questo significa che tali eventi sismici vanno a modificare anche il sistema
idraulico”. In Italia però, Paese dal forte rischio sismico ed idrogeologico, la Cartografia
geologica copre appena il 40 per cento mentre la Cartografia geomorfologica è addirittura
inesistente perché copre solo il 2 per cento di tutto il territorio nazionale. (fonte
http://www.greenreport.it). Questo tema è stato trattato anche dalla National Geographic
(fonte http://www.nationalgeographic.it) nell’articolo “Appennino, le ferite del terremoto” di
Federico Formica dove si afferma che il sisma del 30 ottobre 2016, il più forte in Italia dal
4. Introduzione
4
1980, ha prodotto effetti geologici imponenti: centinaia di frane e fratture, un sinkhole,
vulcanelli di fango e sorgenti rimaste a secco. Un team di geologi ne ha censiti oltre 4000,
continua l’articolo dicendo che dopo il terremoto di fine ottobre la portata del fiume a
Castelsantangelo sul Nera è raddoppiata: da 2,5 metri cubi al secondo a 5. Questo fenomeno si
e constato anche a cinque chilometri da Castelluccio, accanto alla piccola chiesa della
Madonna dell'icona (ora distrutta dal terremoto) c'è una fonte che, dopo il sisma di fine
ottobre, ha raddoppiato la sua portata. Di casi simili ce ne sono molti tra Umbria e Marche.
“Il terremoto ha aumentato la permeabilità dei terreni – spiegano Scalella e Farabollini – e di
conseguenza è aumentata anche la pressione idrica”. Ma non è stato così ovunque: la sorgente
Forche Canapine, una delle principali dell'acquedotto di Pescara del Tronto, si è
completamente asciugata, Capodacqua e Pescara hanno fatto registrare grosse variazioni nei
mesi successivi alla prima scossa del 24 agosto 2016. Un altro articolo appena pubblicato su
Hydrogeology Journal (la rivista più prestigiosa nel settore dell’idrogeologia mondiale), ha
visto un team di idrogeologi marchigiani, abruzzesi, umbri e laziali presentare una serie di
dati su tutte le sorgenti interessate dal sisma, concludendo che c’è stata una grande variabilità
di risposta dei diversi acquiferi alle sollecitazioni sismiche. Alcune sorgenti sono sparite, altre
hanno evidenziato un primo effetto “pistone” (con un aumento repentino delle portate in
diverse sorgenti umbre e marchigiane) tra la prima e la seconda scossa, con diminuzione
successiva delle portate che ad un anno di distanza sono scese sotto il livello critico anche a
causa della mancata ricarica dell’anno idrologico tuttora in corso. Altre (come il Torbidone, in
Umbria), sono riemerse dopo più di 40 anni.
Tutti questi eventi accaduti e descritti qui sopra ci ha suscitato interesse e un’idea per eseguire
questo lavoro di tesi, il quale è incentrato principalmente sulla valutazione delle risorse
idriche sotterranee in 6 diversi acquiferi della regione Marche applicando quattro differenti
metodologie. Una volta ottenuti i risultati si è fatto un confronto tra i differenti metodi
utilizzati per constatare quale metodo è più accurato e quale meno affidabile per il nostro
studio, ma anche selezionare il metodo più adeguato per una determinata zona rispetto che
un’altra, mettere in relazione i differenti bacini presi inconsiderazione con le differenti
caratteristiche dal punto litologico, morfologico, geologico, strutturale, idraulico ecc… . I
metodi che sono stati applicati per perseguire l’obiettivo sono: ( metodo A) Bilancio diretto,
costruzione di idrogrammi grazie a WHAT (metodo B), il bilancio Indiretto (metodo c),
coefficienti di infiltrazione presi da letteratura (metodo D). questi quattro metodi sono stati
applicati sulle seguenti aree da Nord a Sud: Fossombrone, t Tarugo, t Betelico, r.
5. Introduzione
5
Scaricalasino, f. Montacuto e Castellano i quali si trovano su 3 differenti bacini marchigiani
ovvero il bacino del Metauro a Nord il bacino dell’Aspio al centro ed infine quello più a Sud
il bacino del Tronto. Questi tre bacini si differenziano per litologia e caratteristiche
idrologiche per esempio nella zona centrale dell’Aspio sono presenti gli acquiferi alluvionali,
ovvero rocce porose nelle quali si può infiltrare l’acqua, mentre le altre due zone prese in
esame Nord e Sud sono composte da massicci carbonatici che sono definiti acquiclude ovvero
non c’è la penetrazione dell’acqua qui i flussi idrici sotterranei scorrono tra una geologia e
l’altra, molte volte sfociano nei corsi d’acqua in superficie apportando un contributo più o
meno significativo, il quale è uno degli obiettivi che si vuole determinare con questa tesi.