1. La gestione dei conflitti
Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva
interculturale I° ( 11-10-07)
Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva
interculturale II° ( 18-10-07)
Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva
interculturale IV° (8-11-07)
La gestione costruttiva dei conflitti (6-12-07)
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2. Il conflitto come risorsa
nei processi educativi
in una prospettiva interculturale
corso di formazione
per insegnanti ed educatori professionali
I incontro - 11/10/2007
8. RUOLO UFFICIALE
NELL’ORGANIZZAZIONE
Ivana: insegnante sc infanzia, referente progetto Pace
Marina: insegnante sc infanzia (7 su 28 stranieri)
Anna: insegnante sc media (lettere) + coordinatrice di classe +
funzione strumentale disagio e intercultura
Maria Rita: insegnante sc elementare + funzione strumentale
disagio e intercultura (23% alunni stranieri)
Massimo: insegnante sc media (arte)
Daniela: educatrice CDR
Lorenzo: educatore CDR (“90%” stranieri)
Matteo: coordinatore CDR, educatore CAG (maggioranza stranieri)
Mariella: educatrice CAG
Emanuela: educatrice CAG
Federica: educatrice CAG (50% stranieri, integrati)
Loretta: insegnante sostegno sc media
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9. AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA
Ivana: creare una mentalità di apertura verso i bimbi stranieri,
Marina: sperimento modalità educative; + partecipante progetto Scuole di
Pace
Anna: cerco di far appassionare alla mia materia, presto attenzione alle
dinamiche relazionali fra gli alunni
Maria Rita:cerco di creare condizioni per star bene a scuola
Massimo: educare divertendosi (non semplice passaggio di conoscenze)
Daniela: promuovere benessere fra i bambini, ascoltarli
Lorenzo: laboratori di educaz ambientale e alla pace, promuovere relazioni
cooperative fra gli utenti e con gli operatori
Matteo: ascolto i ragazzi, sostegno la loro progettualità
Mariella: ascolto e provoco i ragazzi
Emanuela: promuovo confronto e conoscenza con/ fra i ragazzi
Federica: aiutare nella ricerca di soluzioni ai problemi dei ragazzi,
promuovere lo stare insieme
Loretta: integrazione dei ragazzi svantaggiati nel gruppo classe
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10. ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO
Ivana: strumenti per gestire conflitti fra gli insegnanti e tra i bambini,
tra insegnanti e bimbi
Marina: strumenti operativi per la gestione dei conflitti nei gruppi
educativi, mettere a fuoco i conflitti fra gli adulti che educano
Anna: strumenti per gestire conflitti fra gli adulti
Maria Rita: stimoli per il mio lavoro sull’intercultura, gestione dei
conflitti fra gli adulti
Massimo: strumenti per gestire i “prepotenti”
Daniela: assumere una giusta distanza nel conflitto, distanziamento
emotivo
Lorenzo: strumenti per gestire conflitti fra operatori e utenti e fra gli
utenti; trasformare in conflitto in occasione evolutiva
Matteo: strumenti per comunicazione esterna /relazioni con il
territorio
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11. •ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO
Mariella: mediare i conflitti fra i ragazzi: come?
Emanuela: rafforzarmi nel mio ruolo (come “donna”), gestire conflitti
fra i ragazzi, confrontarmi con altri operatori
Federica: strumenti per gestire i conflitti fra i ragazzi e fra gli adulti
Loretta: il conflitto è una risorsa: come?
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12. MAPPATURA DELLE SITUAZIONI
DI MAX DIFFICOLTA’ SUL LAVORO:
“LA FATICA DELLA DIVERSITà”
Il rispetto e la condivisione delle regole fra i ragazzi
Difesa della propria identità attraverso atteggiamenti di chiusura
Esclusione /emarginazione (con conseguente atteggiamento aggressivo
degli esclusi)
Atteggiamenti di sfida verso l’autorità / regole
Comportamenti aggressivi / danneggiamenti / prepotenze dei ragazzi fra di
loro o con gli operatori
Gestione di episodi di prepotenza fra gli educatori
Difficoltà ad “aiutare” i colleghi nel rapporto con alcuni ragazzi
Offese all’identità altra / pregiudizi (fra i ragazzi o da parte di altri adulti
anche esterni)
Difficoltà a declinare gli obiettivi nell’operatività con perseveranza
Bassa adesione delle famiglie alle richieste del servizio (es: partecipare ai
colloqui)
Ritagliarsi compiti eccedenti rispetto al proprio ruolo
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13. MAPPATURA DELLE SITUAZIONI
DI MIN DIFFICOLTA’ SUL LAVORO:
“LA FATICA DELLA DIVERSITà”
Rispetto delle regole fra ragazzi e adulti di riferimento
Conoscenza della lingua altra
Difficoltà di comunicazione /conoscenza con le famiglie
Rompere il ghiaccio per entrare in relazione / favorire la prima
accoglienza nel nuovo contesto
Trovare spazi di collaborazione nonostante la diversità di valori fra
colleghi
Riappropriarsi del proprio ruolo educativo dopo momenti di
relazione alla pari con gli utenti
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17. AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA
Stefania: osservo e ascolto i ragazzi; progetto attività
Silvia: organizzo le attività; ascolto i ragazzi
Fabio: faccio attività con i ragazzi
Silvia: programmo e organizzo laboratori; partecipo alle attività
ludiche
Manuela: utilizzo metodologie basate su attività ludiche
Cristiana: organizzo laboratori, gioco con i bambini
Rita: gestisco conflitti anche legati al rispetto delle regole
Liliana:insegnamento delle discipline
Gabriella: trasmetto valori
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18. ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO
Stefania: quali risorse esprimono i ragazzi nelle situazioni di conflitto
Silvia: strumenti per gestire conflitto, distanziamento emotivo
Fabio: fare esperienza di gestione dei conflitti
Silvia: riuscire a non vivere il conflitto come problematico per me e
per i ragazzi del centro
Manuela: stare il più oggettivamente possibile nel conflitto
Cristiana: praticare coinvolgimento e distacco nel conflitto per
vederlo chiaramente e trarne benefici
Rita: raccogliere materiale anche per i colleghi
Liliana: gestire il conflitto con le famiglie degli alunni stranieri
Gabriella: idem
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19. In questa settimana…
Dove non c’era diversità non usciva nulla di nuovo, non possono
esserci degli stimoli
Di fronte alla possibilità di esclusione di un alunno e di un conflitto
con i colleghi, ho preso tempo per ricercare insieme una soluzione
condivisa, restituendo il problema al gruppo
Preferisco evitare di esplicitare il conflitto (con i colleghi) , preferisco
risolvere soprattutto se ci sono di mezzo le sofferenze dei bambini
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20. GESTIRE CONFLITTI:
BUONI/CATTIVI MAESTRI NELLA MIA
STORIA EDUCATIVA
COSA ERA EFFICACE?
COSA ERA DISFUNZIONALE?
Ascolto “efficace” – comprensione –
dialogo - capacità di immedesimarsi
nell’altro per capire
Non giudicare
Riformulare il problema
Restituire responsabilità nel ricercare
soluzioni
Dare fiducia
Aiutarsi reciprocamente
Rispetto: dare pari dignità a tutti gli
attori
Regole condivise, motivate
(Barricarsi dietro la propria età /ruolo
per) non mettersi in dialogo
Pregiudizi: utilizzare le caratteristiche
personali per “risolvere” il problema,
escludere
Non ascolto: imporre il proprio punto
di vista - Non voler comprendere /
non dare importanza alle ragioni altrui
Imporre regole non condivise
Superficialità: far finta che l’altro non
esista
Poca riservatezza
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21. .
.GESTIRE CONFLITTI:
BUONI/CATTIVI MAESTRI NELLA MIA
STORIA EDUCATIVA
. COSA ERA EFFICACE?
COSA ERA DISFUNZIONALE?
Calma, serenità
Non drammatizzare, contenere la
confusione
Silenzio e immobilismo attivo per
dare tempo alle parti in conflitto e
lasciar sedimentare il caos
Aggiungere elementi nuovi per
rompere l’escalation
Mantenere gli impegni presi
(coerenza)
Mettersi in discussione
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Umiliare l’altro: giudizi e
interpretazioni del vissuto altrui
Prendere le parti di uno degli attori /
trattamenti personalizzati - Schierarsi
senza conoscere il problema
Svalutare
Utilizzare un altro conflitto per
“evitare” di occuparsi del primo
Aggredire alimentando la confusioneutilizzare comportamenti violenti
Utilizzare mezzi repressivi
Abbandonare il conflitto
2
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22. In previsione del prossimo incontro…
In relazione ad un conflitto aperto /riapribile,
provare a prefigurare le diverse fasi della pratica di
esplicitazione sotto indicata
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Scegliere il momento e il luogo adeguato
Circoscrivere il conflitto/problema da esplicitare
Esprimere le proprie emozioni rispetto all’accaduto (significato
specifico del conflitto)
Dire quali motivazioni ti hanno portato/a ad esplicitare il conflitto
stesso
Fare una richiesta alla controparte in relazione ai propri bisogni
Definire un esito/decisione del conflitto SUFFICIENTEMENTE
BUONI PER TUTTI
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24. IL CONFLITTO FRA GLI ADULTI CHE EDUCANO
(CULTURE ORGANIZZATIVE E CONFLITTO)
GERARCHIA
Identità sociale
Capo
Ordine
Autorità /arbitrarietà
Linearità
Formalità
Appartenenza
Carriera
Futuro certo
Aspettative certe
Personalizzazione
Segreto
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CONFIDENZIALITA’
Star bene
Collega
Merito/colpa
Vicinanza/intimità
Implicito
Invischiamento
Uniformità
Personalizzazioni/narcisimo
Confusione
Passato idealizzato
Individualismo
Pettegolezzo/confidenze
COLLABORAZIONE
Compiti/risultati
Responsabile rispetto a
Responsabilità
Distanza/limite/confini
Esplicito
Clima di cordialità
Differenziazione
Integraz.nel progetto org.°
Complessità /conflittualità
Progettualità
Agire organizzativo
Riservatezza
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25. IL CONFLITTO CON I COLLEGHI
(COESIONE EDUCATIVA E ORGANIZZATIVA)
1.CONDIVISIONE DELLE INFORMAZIONI
2.DEFINIZIONE DELLE PRIORITA’
3.PRESA DELLE DECISIONI E ATTRIBUZIONE DEI
COMPITI
4.MONITORAGGIO DELLE AZIONI CHE REALIZZANO LE
DECISIONI PRESE
5.VALUTAZIONE DEGLI ESITI
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26. Riflessioni e domande aperte
PROMUOVERE RELAZIONI IMPRONTATE ALLA
COLLABORAZIONE: CHE COSA MI E’ DIFFICILE FARE?
Distribuire compiti e responsabilità (non cadere nella trappola di
risolvere al posto di… fare al posto di..)
Mantenere un atteggiamento cordiale / rapporti sufficientemente
buoni (niente a che vedere con la simpatia, ma rispetto reciproco
delle buone ragioni altrui)
Riuscire a far mantenere nel tempo gli impegni / compiti assunti
(tenere traccia del lavoro/decisioni / verificarne la sostenibilità )
Esplicitare problemi e successi / tenere traccia del lavoro
Di che cosa ho paura se passo alla “collaborazione”?
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27. ..
IL CONFLITTO IN CONTESTI
MULTICULTURALI
.
Le relazioni fra diversità culturali si configurano
sempre, in qualche modo, come conflittuali,
in quanto è la compresenza stessa di
diversità a determinare il conflitto,
ma esso si manifesta secondo modalità
differenti, a seconda degli atteggiamenti degli
individui che concretamente lo agiscono
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.
2
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28. ..
Per un dialogo fra soggetti
appartenenti a culture diverse
.
E’ possibile utilizzare aspetti di una cultura diversa
e stabilire una relazione con un altro,
culturalmente differente anche senza capirli del
tutto e, dunque, entrare in dialogo con la
differenza senza la pretesa di penetrarla
interamente ed una volta per tutte.
E’ possibile intendere quello che l’altro fa, dice,
pensa, senza tuttavia condividere, accettare
quello che si è capito
.
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29. .
Quale significato diamo al termine
“CULTURA”?
. LA
CULTURA NON E’ TRASMESSA BIOLOGICAMENTE, MA
APPRESA NEL CORSO DELLE ESPERIENZE FATTE DA OGNI
PERSONA
2. LA CULTURA E’ UNA COSTRUZIONE SOCIALE, CIOE’
ELABORATA E TRASMESSA ATTRAVESO IL GRUPPO.
TUTTAVIA, ESSA NON E’ SUBITA PASSIVAMENTE DAL
SINGOLO: ESISTE INFATTI UN RAPPORTO DI CIRCOLARITA’
E DI INFLUENZA RECIPROCA TRA SINGOLO E GRUPPO
3. LA CULTURA E’ UN SISTEMA COMPLESSO ED ETEROGENEO
DI ELEMENTI, A VOLTE ANCHE INCOERENTI
4. LA CULTURA E’ DINAMICA E PERMEABILE, TENDE CIOE’ A
MUTARE NEL TEMPO SULLA BASE DI EVENTI INTERNI
(SCOPERTE) O ESTERNI (CONFRONTO, ASSIMILAZIONI) E
NELL’INCONTRO CON ALTRI GRUPPI
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30. ..
Quale significato diamo al termine
“CULTURA”?
. Le culture non sono dei blocchi, ma piuttosto
delle reti di significato intersoggettivamente
costruite all’interno di relazioni instaurate da
individui concreti
Per “sistema culturale” non s'intende qualcosa
di necessariamente omogeneo al suo interno
e armonicamente in equilibrio, privo di
contraddizioni, né tanto meno chiuso
all’esterno.
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31. IL CONFLITTO CON GLI UTENTI
(ragazzi / bambini)
COSA HO SPERIMENTATO COME INEFFICACE?
(ERRORI DA NON RIPETERE)
Fare a “braccio di ferro” (muro contro muro), rigidità sulle posizioni,
assumere atteggiamenti di sfida
Disattendere le regole (insostenibilità)
Utilizzare punizioni
Perdita / rinuncia al proprio ruolo educativo
Farsi prendere dalla rabbia / emozioni non gestite
Arrendevolezza
Estemporaneità-impulsività / lasciar passare troppo tempo
Imposizione di regole non condivise
Affrontare in gruppo questioni “personali”
Allontanare / escludere persone difficili
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32. IL CONFLITTO CON GLI UTENTI
COSA HO SPERIMENTATO COME EFFICACE?
(BUONE PRASSI DA CONSOLIDARE)
Colloqui con le parti in presenza di un mediatore
Colloqui individuali
Cercare di com-prendere le ragioni dell’altro, provare a vedere l’altro punto
di vista
Punizione (dopo avevano paura che…)
Non rinunciare al proprio ruolo educativo
Flessibilità (autorità e complicità)
Sdrammatizzare /atteggiamento positivo
Saper cogliere il momento giusto per affrontare il problema
Motivare i rifiuti, regole, rimproveri…
Comunicare /dare parola al proprio vissuto emotivo
Guardare negli occhi la controparte/mantenere il contatto visivo
Non accogliere / accogliere le provocazioni
Responsabilizzare attribuendo compiti specifici
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33. LA REGOLA EDUCATIVA
La regola deve essere REALISTICA,
ADEGUATA ED ESPLICITATA :
Realistica vuol dire che il bambino è in grado
di praticarla.
Adeguata significa che risulta pertinente alla
sua età.
Esplicitata adeguatamente vuol dire
formulata con precisione e chiarezza
(linguaggio positivo, impegni non
condizionati)
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34. .
LA REGOLA EDUCATIVA
Le regole costruite senza una vera
consensualità vengono facilmente disattese.
Le regole date a prescindere da una forte
coesione educativa sono destinate a non
funzionare.
Un’altra minaccia alla gestione delle regole è
lo scarso rispetto delle regole da parte degli
stessi adulti
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35. LA REGOLA EDUCATIVA
Co-costruire il minimo necessario di regole
per la con-vivenza per promuovere
motivazione, maggior qualità delle decisioni,
autostima, responsabilità personale, senso di
controllo sul proprio destino
Né ricompense, né punizioni, (dipendenza e
paura – controllo esterno/obbedienza).. ma
capacità di mettere i ragazzi/bambini di fronte
alle dirette conseguenze delle proprie scelte
per promuovere autonomia (controllo interno)
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36. IL CONFLITTO FRA GLI UTENTI
Passaggio dalla spontaneità alla facilitazione dei processi di autonoma
capacità di gestire le divergenze,
restituendo ai confliggenti la responsabilità
della ricerca delle soluzioni al problema
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Dare una cornice riconoscibile: tempo, luogo, regole…
Individuare le parti coinvolte nel conflitto (di chi è il problema?)
Chiarire l’oggetto /circoscrivere il problema di cui parlare
Fare domande per aiutare a chiarire il problema
Fare la sintesi di quanto affrontato insieme
Facilitare la individuazione di possibili soluzioni al problema
Assumere compiti sostenibili (“Siete sicuri di poterlo fare?”)
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3
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38. Ipotesi sul conflitto
Il conflitto non è un incidente
di percorso, un imprevisto, ma
appartiene alle relazioni tra le
persone e le struttura (nel
senso di dare forma, limite,
significato specifico).
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39. Conflitto?
Si tratta di uno stato della relazione,
che riguarda due o più persone, in
cui si presenta un problema/
incompatibilità (contenuto) che crea
un disagio/ fastidio (significato emotivo).
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40. Conflitto?
I CONFLITTI SONO SITUAZIONI NELLE QUALI DUE O
PIU’ PERSONE ENTRANO IN OPPOSIZIONE O
DISACCORDO PERCHE’ I RECIPROCI INTERESSI ,
POSIZIONI, BISOGNI, DESIDERI, VALORI SONO
INCOMPATIBILI , O SONO PERCEPITI COME
INCOMPATIBILI, DOVE GIOCANO UN RUOLO
IMPORTANTE LE EMOZIONI E I SENTIMENTI, E
DOVE LA RELAZIONE TRA LE PARTI IN CONFLITTO
PUO’ USCIRNE RAFFORZATA O DETERIORATA IN
FUNZIONE DI COME SI SVILUPPI IL PROCESSO DI
RISOLUZIONE DEL CONFLITTO.
(Juan Carlos Torrego Seijo, Vinco-vinci: manuale per la mediazione dei
conflitti…”, La Meridiana, 2003, pag. 7)
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41. Conflitto?
I CONFLITTI SONO SEMPRE UN SEGNALE
IMPORTANTE DI QUALCOSA CHE NON VA PIU’ E
CHE
DEVE
ESSERE
MODIFICATO,
UNA
OPPORTUNITA’ PER SVILUPPARE E MIGLIORARE I
RAPPORTI RECIPROCI. E’ IL MODO IN CUI IL
CONFLITTO VIENE AFFRONTATO A STABILIRE SE
QUESTA OPPORTUNITA’ VENGA COLTA O NO.
(Besemer 1999, pag. 21)
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42. Conflitto?
IL CONFLITTO SOCIALE E’ UN’INTERAZIONE TRA
ATTORI (INDIVIDUI, GRUPPI,
ORGANIZZAZIONI…ECC.) IN CUI ALMENO UN
ATTORE PERCEPISCE UN’INCOMPATIBILITA’
CON UNO O PIU’ ATTORI IN MANIERA TALE CHE
LA REALIZZAZIONE DEI PROPRI PENSIERI,
EMOZIONI, VOLONTA’… VENGA OSTACOLATA
DA UN ALTRO ATTORE
(Glasl, 1997)
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43. LE CONDIZIONI PER STARE
NEL CONFLITTO
1.
2.
3.
Rispettare il “peso specifico”
del conflitto
Lavorare favorendo la
specificità/diversità di
ciascuno
Imparare dal e sul conflitto
11/10/2007
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44. LA PRE-CONDIZIONE:
CHE IL CONFLITTO SIA LEGITTIMATO /
DISPIEGATO
L’incompatibilita’ deve manifestarsi in un
agire concreto
Almeno un attore deve attribuire all’altra parte
il motivo dell’impedimento alla propria (auto)realizzazione
Gli attori devono reciprocamente riconoscersi
come controparti nel conflitto
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45. Approcci al conflitto
Normativo
(Bastano le regole per evitare i conflitti)
Affettivo
(Non possiamo permettere al conflitto di rovinare la nostra
relazione)
Trasformativo
Il conflitto ci chiede di trovare esiti in misura dei nostri
bisogni/interessi
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46. IL QUADRANTE DEI CONFLITTI
CONFLITTO INTRAPERSONALE
Area della conoscenza di sé
partendo dalla propria storia
professionale
(emozioni, aspettative, passaggi di
ruolo)
CONFLITTO INTERPERSONALE
Area della negoziazione
(esplicitazione, ascolto e
comunicazione assertiva,
Individuazione interessi comuni)
CONFLITTO ESTERNO
Area del dare aiuto
come facilitatore dei processi di
autonoma capacità di gestire le
divergenze
(neutralità empatica, facilitazione)
CONFLITTO ORGANIZZATIVO
Area della coesione come disponibilità
a comunicare e decidere fra soggetti
con simili responsabilità
(trasformare la lamentela in
cambiamento, integrare i bisogni
individuali con gli obiettivi
organizzativi)
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47. Glossario minimo
REAZIONE
Si tratta di un automatismo, di un'azione
estemporanea e tempestiva che priva il
soggetto della possibilità di attivare
risorse creative più raffinate, più
meditate; favorisce la fuoriuscita di
modalità arcaiche, istintive
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48. Glossario minimo
GESTIONE
Si tratta di agire intenzionalmente e
consapevolmente per orientare la
trasformazione del conflitto in una certa
direzione, tenendo conto dei propri
bisogni/interessi e di quelli dell’altro/a
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49. Glossario minimo
RABBIA
Si tratta di un’emozione che ha un carattere
esplosivo e temporaneo
VIOLENZA
Danneggiamento intenzionale dell’avversario per
creare un danno irreversibile.
Volontà di risolvere il problema (conflitto) eliminando
chi porta il problema stesso.
Area dell’eliminazione relazionale (distruzione).
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50. .
LE CONDIZIONI PER ENTRARE
NEL CONFLITTO
.1. Quanti / quali conflitti esistono
2.
3.
4.
(latenti e manifesti)?
Chi sono gli attori del conflitto?
Le parti hanno desiderio / necessità
della relazione?
Le parti intravedono un “guadagno”
dalla esplicitazione/assunzione
trasformativa del conflitto?
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51. GESTIONE TRASFORMATIVA DEI
CONFLITTI
A
B
L’altra persona viene identificata con il problema
A
Problema
B
Il problema viene riconosciuto e risolto insieme
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52. La trasformazione (gestione
costruttiva) dei conflitti
INTENDIAMO PER COSTRUTTIVI I MODI DI GESTIONE DEL
CONFLITTO CHE:
NON
MIRANO
A
DISTRUGGERE
O
LEDERE
L’AVVERSARIO
INTENDONO MANTERE APERTI CANALI COMUNICATIVI
PROMUOVONO
SOLUZIONI (DEI PROBLEMI CHE
SOTTOSTANNO AL CONFLITTO) IN GRADO DI
SODDISFARE I BISOGNI FONDAMENTALI DI TUTTE LE
PARTI COINVOLTE
RICERCHINO ESITI SOSTENIBILI NEL TEMPO (FINO AD
UN CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI DI FONDO)
(Arielli-Scotto 1998, pag 181)
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53. Le fonti del conflitto
Identità
Interessi
Valori
Emozioni
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54. UNA PRATICA DI ESPLICITAZIONE:
un primo passo per la trasformazione dei conflitti
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Scegliere il momento e il luogo adeguato
Circoscrivere il conflitto/problema da esplicitare
Esprimere le proprie emozioni rispetto all’accaduto
(significato specifico del conflitto)
Dire quali motivazioni ti hanno portato/a ad
esplicitare il conflitto stesso
Fare una richiesta alla controparte in relazione ai
propri bisogni
Definire un esito/decisione del conflitto
SUFFICIENTEMENTE BUONI PER TUTTI
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56. LA NEGOZIAZIONE
IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA
La negoziazione è un processo di ricerca
dinamico e volontario: attraverso un continuo
riposizionamento rispetto all’altro e rispetto a
sé punta a trovare esiti accettabili, parziali e
temporanei per le parti, e non soluzioni. Le
competenze in gioco sono di tipo
comunicativo ed emotivo.
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Fabriano Intercultura 2007 6
57. I PRINCIPI DELLA NEGOZIAZIONE
RAGIONATA
1. DISTINGUERE LA PERSONA DAL PROBLEMA; AGGEDIRE IL
PROBLEMA E NON LA PERSONA
2. ORIENTARSI AL FUTURO (DAL PERCHE’ AL COME)
3. COMUNICARE RISPETTO E ACCETTAZIONE RECIPROCA
4. CONCENTRARSI SUGLI INTERESSI IN GIOCO (TIMORI,
BISOGNI, DESIDERI) E NON SULLE PRESE DI POSIZIONE
5. SVILUPPARE SOLUZIONI CHE PROCURINO RECIPROCO
BENEFICIO
6. ASSUMERE COMPITI SOSTENIBILI NEL TEMPO
7. PREVEDERE LA POSSIBILITA’ DI SOLUZIONI INTERMEDIE
EVITANDO LA CULTURA DELLA TEMPESTIVITA’
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59. LA MEDIAZIONE
IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA
La mediazione è un metodo di gestione dei
conflitti, dove le parti fanno volontariamente
ricorso ad una terza parte non implicata nel
conflitto. Il mediatore crea le condizioni per
ripristinare la relazione e attivare la
negoziazione e quindi facilitare la ricerca di
un esito accettabile (accordo).
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60. Alcune parole sulla
MEDIAZIONE
“ LA MEDIAZIONE PROMUOVE UNA SOLUZIONE NELLA
QUALE TUTTE LE PARTI COINVOLTE GUADAGNANO
O OTTENGONO UN BENEFICIO, E NON SOLO UNA
DI ESSE. PER QUESTO (…) EVITA LA RELAZIONE DI
TIPO DICOTOMICO “VINCITORE-PERDENTE”. PER
QUESTO E’ ANCHE UN METODO IDEALE PER QUEI
CONFLITTI NEI QUALI LE PARTI IN CONTRASTO
DEVONO O DESIDERANO CONTINUARE LA
RELAZIONE.”
(Torrego Seijo, 2003, pagg.7.-8)
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61. Alcune parole sulla
MEDIAZIONE
“I MEDIATORI NON PRENDONO DECISONI SULLA
CONTROVERSIA , NON SONO ARBITRI O GIUDICI.
INTERVENGONO UNICAMENTE PER RIPARARE IL
GUASTO COMUNICATIVO, RESTITUENDO ALLE
PARTI LA RESPONSABILITA’ DELLA GESTIONE DEL
CONFLITTO.”
(Gaiotti-Mierolo, 2000, p.108)
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62. LE FASI DEL PROCESSO DI MEDIAZIONE
PREMEDIAZIONE
Quanti / quali conflitti riusciamo a individuare?
Di chi è il conflitto?
La relazione fra le parti è necessaria/desiderata?
Quali vantaggi / minori danni intravedete dalla
partecipazione al processo di mediazione?
CONTRATTO E REGOLE
DEL GIOCO
Cosa possiamo fare insieme ?
INDIVIDUARE IL
PROBLEMA
Cosa è accaduto? Quali difficoltà state sperimentando
(emozioni + effetti concreti)?
DEFINIRE GLI INTERESSI
IN GIOCO
Di quali bisogni / interessi siete portatori?
PROPORRE ESITI
Come potete far evolvere la situazione in modo
sufficientemente buono per entrambi?
STIPULARE UN ACCORDO
Cosa decidete di fare?
Chi fa, cosa, come, dove, quando?
VERIFICARE L’ACCORDO
Com’è andata? Cosa proponiamo per migliorare l’accordo?
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63. Alcune parole sulla
MEDIAZIONE
TRASFORMAZIONE (NON RISOLUZIONE)
DEL CONFLITTO
Aiuta a diminuire gli effetti indesiderati legati al conflitto
Assume il conflitto come occasione per ristrutturare le
relazioni, facendole evolvere in senso costruttivo.
TERZIETA’
Uscita dalla logica del “io vinco, tu perdi” (pensiero duale, aut
aut), per approdare alla logica “io vinco, tu vinci”
EMPOWERMENT (CAPACITAZIONE)
Restituisce alle parti capacità decisionale /responsabilità, senza
più delegare ad altri la soluzione dei propri problemi.
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64. .
PROCESSUALITA’
Allontana l’”ansia da soluzione”, ridando al conflitto il proprio
tempo/spazio per essere pensato
Aiuta le parti a riconoscere i risultati progressivamente raggiunti e ad
individuare le aree di ulteriore sviluppo.
GENERATIVITA’
Aiuto alla ricerca di soluzioni al problema in grado di procurare
reciproco beneficio
Aiuto alla costruzione di opzioni non ancora praticate, ma
praticabili/possibili, e che permettano di potenziare gli elementi
costruttivi (generativi) della relazione.
DISTANZIAMENTO
Assunzione di una distanza temporale/spaziale/emotiva rispetto al
conflitto agito in maniera reattiva /impulsiva /automatica.
VOLONTARIETÀ
Verifica della decisione libera e volontaria delle parti di entrare in
mediazione (le parti in conflitto possono ritirarsi dalla mediazione in
qualunque momento)
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65. COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO”
DEL MEDIATORE
1. APRE GLI INCONTRI
Definisce obiettivi limitati, circoscritti, realistici, misurabili
Gli argomenti vengono divisi per risolverli uno alla volta
2. TIENE LA DISCUSSIONE ENTRO LE LINEE GUIDA
Aiuta a rimanere in argomento, attorno al tema centrale, evitando le
dispersioni
Aiuta e stimola a discutere i problemi sul tappeto e ad elaborare
concrete proposte di soluzione, facendo sì che tutti possano
intervenire attivamente
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66. COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO”
DEL MEDIATORE
3. SVILUPPA UN’ATMOSFERA COLLABORATIVA E
AMICHEVOLE (PER QUANTO POSSIBILE)
Individua e depotenzia gli spunti polemici e i riferimenti a presunti
torti passati
Rompe i tentativi di monopolizzazione della discussione e invita a
discorsi chiari e sinceri
4. RIASSUME E RILANCIA
Produce sintesi provvisorie (i risultati raggiunti, le tesi in contrasto
Invita ad una ulteriore produzione di idee
5. CONCLUDE L’INCONTRO
Riassume i risultati a cui si è pervenuti, mette a fuoco i punti su cui
non è stato raggiunto un accordo e sui è necessario riprendere la
discussione
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