XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
Presentazione alternanza scuola lavoro 2018
1. L’UOMO E LA LAVA
Opere e riferimenti letterari sul Vulcano Etna di autori Italiani, Latini e Stranieri.
2. RACCONTARE L’ETNA…
Raccontare l'Etna, impresa non facile
che è toccata a molti autori sin
dall'antichità: montagna che vive
dall'interno delle sue viscere, vulcano
spaventoso che scatena la forza della
natura, ma dona paesaggi di
incommensurabile bellezza.
L'Etna fin dall'antica Grecia era fonte
d'ispirazione per letterati ed artisti.
Già nell' Odissea di Omero, il ciclope
Polifemo infuriato con Ulisse che lo
ha accecato del suo unico occhio, gli
scaglia contro dei blocchi di lava, che
oggi secondo la tradizione si trovano
di fronte al lungomare di Acitrezza in
provincia di Catania. Per la mitologia
greca, i Ciclopi erano i fabbri di Efesto
che forgiavano dentro l'Etna le saette
di Zeus.
3. EMPEDOCLE ( V SEC. A.C.)
Vittima illustre del fascino del
vulcano fu Empedocle,
filosofo greco vissuto nel V
secolo a. C. Caduto in
disgrazia presso i suoi
concittadini, morì in esilio nel
Peloponneso ma, secondo
alcuni, scelse di gettarsi nel
cratere dell'Etna, suicida tra
gli elementi che erano stati
oggetto dei suoi studi: terra,
acqua, aria, fuoco. Il vulcano
restituì, secondo la leggenda,
soltanto un sandalo di
bronzo, rivelando così a tutti
l'estremo gesto compiuto dal
filosofo.
4. DIODORO SICULO (I SEC. A.C.)
Mito e storia si confondono anche in
Diodoro Siculo, storico greco del I
secolo a. C., nato ad Agira, in
Sicilia, autore di una monumentale
Biblioteca storica, in minima parte
pervenutaci. La fertilità della terra
siciliana è fonte di ispirazione per
una delle favole più belle
tramandataci dall'antichità: il ratto di
Persefone (Core) ad opera di Ades,
dio degli inferi.
Dopo il ratto di Core, Demetra (così
racconta il mito), "poiché non
riusciva a trovare la figlia, accese
fiaccole dai crateri dell'Etna, si recò
in molti luoghi della terra abitata e
beneficò gli uomini che le offrissero
la migliore ospitalità donando loro in
cambio il frutto del grano.”
5. DIODORO SICULO (I SEC. A.C.)
Secondo Diodoro Siculo e
altri autori storici
(Aristotele, Pausania e
altri, la collocano
genericamente tra il 736 e
il 456 a.C.), la colata del
396 a.C. sbarrò la strada
alle truppe cartaginesi
guidate da Imilcone il
quale, in guerra contro
Dionisio di Siracusa,
cercava di raggiungere
Catania costeggiando il
mare, in modo da avere il
costante supporto della
flotta di Magone.
6. PINDARO
Con l'eruzione del 475
a.C., descritta nella
Prima Ode Pitica di
Pindaro (c.518-c.438
a.C.), egli narra la
vicenda di Tifeo (o
Tifone), un altro gigante
che si aggirava nelle
zone vulcaniche, il
quale, imprigionato sotto
il peso del vulcano,
rivomitava le saette
scagliategli contro da
Giove.
7. TUCIDIDE
Di poco successiva è
la testimonianza di
Tucidide, lo storico
della Guerra del
Peloponneso, che
ricorda un'eruzione
avvenuta nel 425 a.C.,
quando la lava invase
il territorio di Catania,
per la terza volta da
quando i Greci erano
giunti in Sicilia.
8. VIRGILIO “AETNA”
Successivamente il
latino Virgilio ispirato dal
fascino del luogo, scrive
il poemetto "Aetna"
dove ripercorre i
fenomeni vulcanici, e poi
nel IV libro dell' Eneide
tra questi luoghi fa
nascere uno dei
personaggi più ardenti
della letteratura, la
"Didone abbandonata"
che incarna la parte
irrazionale che alberga
in ognuno di noi.
9. VIRGILIO “ENEIDE”
Così descrive invece Virgilio (70-19 a.C.) nell'Eneide l'eruzione del vulcano,
terribile nel suo impeto, straordinaria nella sua manifestazione:
Il porto, vasto,
dall'impeto dei venti immoto giace,
ma con rovine spaventose al cielo
lancia tuonando l'Etna e fumo e pece,
globi di fiamme alzando e di faville
che sfiorano le stelle; e a volte i massi,
divelti dalle viscere dei monti,
scaglia eruttando, e liquefatti assi
volge nell'aria con fragor di tuono,
tutti scotendo i più profondi abissi.
È fama che d'Encelado le membra,
dal fulmine bruciate e ancor spiranti,
sentano ancor quanto quel monte pesa
che il fuoco aspira dai camini ardenti;
e quante volte, stanco, muta lato,
tutta Trinacria con fragor si scuote
e il ciel di nubi ardenti si ricopre.2
10. VIRGILIO “ENEIDE”
Ancora una volta il mito spiega ciò
che agli occhi degli uomini appare
soprannaturale. Enea e i compagni,
scampati alla tempesta, giungono,
stanchi e provati, alle coste ioniche:
li sorprende e atterrisce una
spaventosa eruzione dell'Etna, che
scaglia in cielo massi e lapilli
mentre le stelle scompaiono e
l'oscurità si diffonde. E' Encelado,
spiega Virgilio, il gigante ribellatosi
a Zeus e incatenato per punizione
sotto l'isola di Trinacria, Encelado
che urla e scuote la terra nel
tentativo di liberarsi, mentre il suo
corpo gigantesco brucia. Un modo
per interpretare in modo semplice e
immediato i fenomeni della natura,
che spesso sconvolgono
improvvisamente la vita degli
uomini.
11. OVIDIO “METAMORFOSI”
Un altro grande poeta
come Ovidio sceglie
proprio il bosco
siciliano dell'Etna per
raccontare nelle
"Metamorfosi" il
rapimento della bella
Proserpina da parte di
Plutone.
12. PIETRO BEMBO
In pieno secolo XV l'Etna è
protagonista di un'opera a stampa
che è entrata a far parte della storia
della cultura: è il Petri Bembi De
Aetna ad Angelum Gabrielem liber,
impressum Venetiis, in aedibus Aldi
Romani, mense februario 1495
(data indicata more veneto, cioè
secondo il calendario dell'antica
Repubblica di Venezia, e che
corrisponde quindi all'anno 1496).
È l'operetta giovanile e dotta di
Pietro Bembo, colto rampollo di una
ricca e aristocratica famiglia
veneziana, formatosi nella
straordinaria biblioteca paterna,
ricca di bellissimi manoscritti di
autori classici.
13. PIETRO BEMBO
Nell'atrio del Noniano, villa di
famiglia nel padovano, all'ombra
dei pioppi, Pietro racconta al
padre Bernardo del viaggio a
cavallo da Messina fino alle
pendici dell'Etna, descrive i
boschi di platani intorno a
Randazzo e i fenomeni vulcanici
che tanto lo stupiscono.
L'incontro tra il giovane
umanista e Aldo Manuzio ha
lasciato una traccia significativa
nella storia della cultura non
solo per l'eleganza del
volumetto, ma anche perché
dette il via a una significativa
collaborazione tra due
protagonisti della svolta
culturale del Rinascimento.
14. LORENZO DE’ MEDICI
In Lorenzo de'Medici, invece,
l'Etna diviene figura della
passione amorosa e si assiste
al recupero dello schema
petrarchesco. Amore accende
un vulcano nel petto freddo e
gelato dell’amante, e la neve e il
gelo si sciolgono lasciando il
posto alle fiamme:
“Qual maraviglia, o mio gentil
Cortese se del tacito, bianco,
errante vello, freddo, ristretto,
nuovo Mongibello
Amor nel tuo gelato petto
accese?”
15. PATRICK BRYDONE
L'Etna non poteva certo mancare
nell'unica opera scritta dallo scozzese
Patrick Brydone (1736-1818), che
nell'anno 1770 intraprende un viaggio in
Sicilia mosso in parte da interessi
scientifici per i fenomeni naturali. Nel
1773 pubblica il Viaggio in Sicilia e a
Malta, resoconto del viaggio nell'Isola in
compagnia del giovane di cui era
precettore. Il volume, grazie alla
leggerezza narrativa del suo autore,
ottiene un grande successo editoriale e di
pubblico: a metà dell'Ottocento si
contavano già trenta ristampe e traduzioni
in molte lingue. Viaggio in Sicilia e a
Malta diviene, nell'arco di poco tempo,
una guida molto diffusa tra i cultori della
letteratura di viaggio. L'interesse di
Brydone per la vulcanologia non gli
impedirà, giunto sull'Etna, di abbondare
l'osservazione dei fenomeni scientifici per
farsi rapire dall'incanto dell'alba:
16. PATRICK BRYDONE
"Tutta l'atmosfera cominciò gradatamente a illuminarsi, lasciando scorgere
appena appena i vaghi particolari di un panorama sconfinato. Mare e terra erano
bui e confusi, come se stessero emergendo allora dal caos originario, e luce e
tenebre sembravano ancora indivise; finché il mattino, avanzando a grado a
grado, non ne completò la separazione. Le stelle allora si spengono e le ombre
scompaiono. Le foreste che finora sembravano abissi neri e senza fondo da cui
non giungeva neppure un riflesso che ne rivelasse la forma e il colore, sorgono
alla vista come una nuova creazione, acquistando vita e bellezza da ogni nuovo
raggio di luce. La scena si allarga ancora, l'orizzonte sembra aumentare
d'ampiezza ed espandersi da ogni lato; finché il sole come il grande Creatore,
compare ad oriente, e con la sua sorgente di luce modella e completa la scena
immane. Tutto è incanto e stentiamo a credere di essere ancora sulla terra. I
sensi, inavvezzi alla scena sublime, sono sbalorditi e confusi, ed è soltanto dopo
un certo tempo che riacquistano la capacità di distinguere e valutare i vari
oggetti che di quella scena sono parte. Si vede il disco del sole che sorge dalle
acque. Immense zone di mare e di terra prendono corpo: le isole Lipari,
Panarea, Alicudi, Stromboli, e Vulcano dalle sommità fumanti appaiono ai nostri
piedi. Puoi guardare in giù sull'intera Sicilia come fosse una carta, puoi seguire
ogni fiume in tutti i suoi meandri, dalla sorgente alla foce."
17. PATRICK BRYDONE
Dunque l'Etna diviene un
osservatorio privilegiato,
magica lente per
interpretare la geografia di
un'isola intera. La bellezza
della flora e del paesaggio
non sfuggono al visitatore,
che si sofferma anche
sulle descrizioni dei nevai
e sull'usanza locale di
preparare il gelato per
difendersi dalla calura
estiva.
18. “LA SICILIA” RACCONTATA DA GUY DE
MAUPASSANT
In viaggio verso l’Africa, Guy de
Maupassant giunge in Sicilia
nella tarda primavera del 1883,
per trascorrervi poco meno di
due mesi, e trae da questo
soggiorno una cronaca veloce
ma ricca, che sette anni dopo
esce in stesura definitiva
nell’opera La vie errante,
dedicata al lungo viaggio
conoscitivo da lui compiuto
lungo il Mediterraneo. Come
gran parte dei viaggiatori
stranieri, il narratore francese è
attratto soprattutto dai
monumenti antichi, che ai suoi
occhi rendono l’isola
mediterranea «un divino museo
di architetture».
19. LA SICILIA” RACCONTATA DA GUY DE
MAUPASSANT
«La Sicilia – annota – ha avuto
la fortuna d’essere stata
posseduta, di volta in volta, da
popoli fecondi, venuti ora dal
nord ora dal sud, i quali hanno
costellato il suo territorio d’opere
infinitamente varie, in cui
convergono, in modo seducente
e inatteso, gl’influssi più distanti.
Ne è nata un’arte speciale,
sconosciuta altrove, in cui
domina certo l’influenza araba,
incalzata da ricordi greci e
perfino egizi; in cui le severità
dello stile gotico, introdotto dai
Normanni, vengono mitigate
dalla scienza mirabile della
decorazione bizantina.»
20. “LA SICILIA” RACCONTATA DA GUY DE
MAUPASSANT
Nei modi di un reportage, il narratore francese annota l’arte
architettonica dei Greci di Sicilia, le attrattive della Cappella
Palatina e di altri monumenti normanni, le suggestioni dell’area
dello zolfo, la natura dell’Etna e di Lipari, il sole e i colori della
Conca d’Oro. Prende contatto infine con la Venere Landolina di
Siracusa, cui dedica le pagine più intense del diario.
Lontano da ogni sentimentalismo di matrice romantica, il racconto
di Guy de Maupassant risuona, per paradosso, come uno dei più
alti inni alla Sicilia di tutti i tempi. Per quanto filtrato da chiaroscuri
e ombrosità, restituisce un modello di gioia estetica e di grazia
naturalistica. Questo resoconto segna probabilmente il contatto
più sensuale che mai un narratore abbia avuto con l’isola
mediterranea. Tutto ciò ne fa un’opera a sé, che rende omaggio
alla storia e alla vita di un Paese.
21. “LA SICILIA” RACCONTATA DA GUY DE
MAUPASSANT
“Davanti a noi una spessa
nuvola si leva lentamente
come una cortina bianca che
sale e che sorge dalla terra.
Avanziamo ancora qualche
passo, naso e bocca avvolti,
per non essere soffocati dallo
zolfo, ed all'improvviso,
davanti ai nostri piedi, si apre
un prodigioso, uno
spaventevole abisso, di quasi
cinque chilometri di
circonferenza. “
“La bestia è calma, e dorme
in fondo, tutt'in fondo,. Solo
la pesante fumata sfugge dal
prodigioso fumaiolo alto 3312
metri.”
22. J.W.V. GOETHE
Ci sono esperienze che rimangono negli
occhi e nel cuore di chi decide di viverle
senza dover temere lo scorrere del tempo
né che, cambiando l’osservatore, cambi
anche la percezione. Osservare il
panorama circostante dai Monti Rossi, ex
cratere nato su uno dei versanti
meridionali dell’Etna, è una di queste. A
provarlo c’è l’esperienza di Johann
Wolfgang von Goethe. Era il 6 maggio del
1787 quando lo scrittore tedesco salì
sull’Etna, o meglio, sui suoi Monti Rossi
(cicatrici di un’eruzione laterale del
vulcano). Il suo giro della Sicilia, quel
Grand Tour a cui tanti intellettuali del
centro Europa, soprattutto francesi e
tedeschi, si prestavano come tappa
obbligata di un percorso di formazione,
era ormai prossimo alla conclusione. Da lì
si sarebbe recato a Messina e poi a
Napoli in traghetto per iniziare un
percorso di risalita del Bel Paese che
raccontò quasi 30 anni dopo con la
23. J.W.V. GOETHE
«… la mattina per tempo ci siam messi in cammino e
rivolgendoci sempre a guardare indietro, dall’alto dei nostri muli,
abbiam raggiunto la zona delle lave non ancora domate dal
tempo. Blocchi e lastre frastagliate ci presentavano le loro masse
irrigidite, attraverso le quali le nostre cavalcature si aprivano a
caso un sentiero. Giunti alla prima vetta d’una certa importanza,
abbiamo fatto sosta. Il Kniep ha riprodotto con grande esattezza
ciò che si presentava innanzi a noi dalla parte della montagna: le
masse di lava in primo piano, le vette gemelle dei Monti Rossi a
sinistra, e di rimpetto a noi la selva di Nicolosi, sopra la quale si
ergeva il cono dell’Etna ricoperto di neve e leggermente
fumante…Avevo sott’occhio tutta la distesa della spiaggia da
Messina a Siracusa, con le sue insenature e i suoi golfi, ora
completamente libera, ora un po’ nascosta da qualche scoglio
sulla riva…»
Goethe, Viaggio in Italia, 1816
24. IL VIAGGIO TRA I VULCANI DI SPALLANZANI
Dopo un periodo di sosta,
Spallanzani fece un importante
viaggio in Italia meridionale (1788)
di cui ci ha lasciato una
straordinaria opera naturalistica:
Viaggio alle due Sicilie e in alcune
parti dell’Appennino (1792) dove,
tra l’altro, confronta il Vesuvio
all’Etna: «Quantunque il Vesuvio
debba dirsi un insigne vulcano […]
pur nondimeno ove vogliasi all’Etna
paragonare, perde assaissimo di
sua fama e si rimpicciolisce di guisa
che oserei quasi nomarlo un
vulcano da gabinetto (nel senso di
salottino) […] la bellezza e la
grandiosità del vulcano etneo, la
sublime sua elevatezza […] hanno
invaghito i curiosi di ogni età a
salirlo e contemplarlo»
25. GIOVANNI VERGA
L'Ottocento è il secolo dei grandi
narratori veristi siciliani. Giovanni
Verga (1840-1922) è un giovane
studente universitario quando si
allontana da Catania per raggiungere
gli ambienti culturali di Firenze, nuova
capitale dell'Italia unita. Poco dopo si
trasferisce a Milano e il suo legame
con la città lombarda sarà solido e
duraturo. Verga si lascia alle spalle
una Sicilia quasi esclusivamente
agricola, arretrata, dominata da un
alto tasso di analfabetismo, legata a
tradizioni e abitudini di vita
tramandatesi nel tempo. La
campagna e il mare di Sicilia faranno
sempre da sfondo al dramma dei
personaggi verghiani, pescatori e
contadini che lottano contro destini
avversi.
26. GIOVANNI VERGA
Tra i boschi etnei si svolge la drammatica vicenda di Maria, giovane
novizia protagonista di Storia di una capinera, primo successo editoriale
dello Scrittore:
"Com'è bella la campagna, Marianna mia! Se tu fossi qui, con me! Se tu
potessi vedere codesti monti, al chiaro di luna o al sorger del sole, e le
grandi ombre dei boschi, e l'azzurro del cielo, e il verde delle vigne che
si nascondono nelle valli e circondano le casette, e quel mare ceruleo,
immenso che luccica laggiù, lontan lontano, e tutti quei villaggi che si
arrampicano sul pendio dei monti, che sono grandi e sembrano piccini
accanto alla maestà del nostro vecchio Mongibello! Se vedessi com'è
bello da vicino il nostro Etna! Dal belvedere del convento si vedeva
come un gran monte isolato, colla cima sempre coperta di neve; adesso
io conto le vette di tutti codesti monticelli che gli fanno corona, sorgo le
sue valli profonde, le sue pendici boschive, la sua vetta superba su cui
la neve, diramandosi per i burroni, disegna immensi solchi bruni".
27. GIOVANNI VERGA
L'incanto del paesaggio,
descritto con le parole della
stessa protagonista,
risulteranno, nel corso della
narrazione, in stridente
contrasto con la vicenda della
giovanissima monacanda,
sacrificata dalla famiglia alla vita
del chiostro. Maria,
innamoratasi di un giovane che
diventerà il marito della sorella,
viene indotta a scegliere la vita
del convento e un'esistenza di
rinunce e di segregazione: i
colori della natura contrastano
con la cupa descrizione degli
ambienti conventuali, luoghi di
sofferenza e di dolore che la
condurranno alla pazzia e alla
morte.
28. GIOVANNI VERGA
Ma l'Etna non è sempre natura
straordinaria e rigogliosa, bensì
anche teatro di lotte per la
sopravvivenza per sfuggire alla
fame e alla povertà. Così Nedda,
giovane raccoglitrice di olive
protagonista della novella verghiana
edita nel 1874, consuma la sua
esperienza disperata a contatto con
una natura ostile, nella campagna
alle falde dell'Etna: "Inciampò in
una scheggia di lava tagliente come
un rasoio, e si lacerò il piede;
l'oscurità era sì fitta che alle svolte
della viottola la povera ragazza
spesso urtava contro il muro o la
siepe, e cominciava a perder
coraggio e a non sapere dove si
trovasse".
29. GIOVANNI VERGA
Nella novella Agonia di un villaggio, pubblicata nella raccolta
Vagabondaggio, terribile è il racconto della colata lavica del 1886
e della devastazione che colpì le campagne del paese di Nicolosi:
"Ad ogni passo s'incontravano carri che scendevano dal villaggio
minacciato, carichi di masserizie, di derrate , di legnami, perfino d'
imposte e di ringhiere di balconi, tutto lo sgombero di un villaggio
che sta per scomparire. E colla roba, sui carri, a piedi, uomini e
donne taciturni, recandosi in collo dei bambini sonnolenti, coi volti
accesi dalla caldura e dall'ambascia".
Qui l'Etna è soltanto portatrice di rovina e di disperazione,
presenza inquietante che incombe sulla vita delle popolazioni che
vivono alle falde della montagna, testimoni di un rituale
drammatico purtroppo ben noto a chi vive a stretto contatto con
un vulcano.
30. FEDERICO DE ROBERTO
Toccherà a Federico De Roberto (1861-1927), amico e grande ammiratore di Verga,
descrivere i paesaggi etnei con efficace taglio scientifico. De Roberto manifesta fin da
giovanissimo grande interesse per il giornalismo e le sue cronache sono pubblicate su noti
periodici a tiratura nazionale. L'interesse per l'Etna e per i fenomeni vulcanici traspaiono
dagli articoli inviati puntualmente da Catania in occasione di eventi rilevanti:
"Il mercoledì 28 alle 8 e mezzo pom., dopo aver percorso più di 10 chilometri dalla
sorgente, la lava giunse al Ponte Pisciaro, costruito sulla strada che circuisce l'Etna. E
propriamente nel tratto Randazzo-Castiglione. Immensa moltitudine preparavasi ad
assistere allo spettacolo dell'irruzione del fuoco sul ponte, quando avvenne una scena
abbastanza curiosa. È da sapere che quei di Randazzo e di Castiglione erano da lungo
tempo divisi da gare di campanile; specialmente accresceva le discordie il non potersi
mettere d'accordo sul limite del rispettivo territorio: questi volendolo al di là, quelli al di qua
del Ponte Pisciaro. Di faccia però all'imminenza del pericolo cessò ogni discordia, ed
all'ingiunzione della forza pubblica di passare respettivamente dalla parte del proprio
paese, i Randazzesi ed i Castiglionesi si gettarono nelle braccia gli uni degli altri, e, fra
commoventi lagrime, si separarono. Il fuoco s'incaricò di delimitare i loro territori,
costituendo nel luogo ove era il ponte, che scomparve nella lava, un'alta barriera. La
corrente intanto, tagliata così la strada, continuò il suo corso al di là di essa, dirigendosi
nella valle dell'Alcantara, nel cui mezzo scorre il fiume omonimo, e distruggendo boschi di
querce e di nocciole, vigne, giardini, case".
31. FEDERICO DE ROBERTO
La colata lavica descritta
è quella del 1879, che
tanto sgomento provocò
tra le popolazioni colpite.
L'attenzione dell'Autore,
sicuramente attratta dai
fenomeni vulcanologici,
a poco a a poco si
focalizza anche sugli
aspetti squisitamente
umani della vicenda,
rivelando comprensibili
coinvolgimenti emotivi.
32. FEDERICO DE ROBERTO
La cronaca diventa partecipe e appassionata in un articolo dell'aprile 1910
intitolato Alle rabide sorgenti del gran fiume di fuoco sull'Etna,in cui l'autore
descrive la sua passeggiata a cavallo tra i boschi etnei:
"Poeti antichi e moderni, scrittori d'ogni età e d'ogni paese hanno cantato e
decantato l'Etna per l'enormità della sua mole e la terribilità della sua ira; pochi
hanno detto che questo monte tremendo è anche uno dei più belli. Spaventoso
ed incantevole, non somiglia a nessun altro. Non è un monte, è un mondo. Vi
sono tutti i climi, dall'eterno tepore delle radici immesse nel mare di Venere e nei
fiumi venerati un tempo come divinità, al gelo eterno dei culmini. Vi sono per
conseguenza tutte le vegetazioni: dalle siepi delle opunzie tropicali, dalle palme
e dalle agavi africane, dagli aranci e dalle vigne orientali, ai boschi di pini e di
faggi, di betulle e di elci della zona alpestre e dalle crittogame delle regioni
artiche. Vi sono le città grandi e piccole delle rive marine e fluviali, e i borghi
delle pendici e il deserto delle maggiori altitudini. La leggenda e la storia vi si
danno la mano. Encelado vi fu sepolto ed Empedocle vi scomparve; vi errarono
gli Dei dell'Olimpo e i cavalieri della Tavola Rotonda, Proserpina e Re Artù; fu la
fucina di Vulcano e la porta dell'Inferno cristiano; se lo disputarono genti,
accorse dai quattro angoli della terra: i Greci dall'Oriente, e gli Iberici
dall'Occidente, i Normanni dal Nord e gli Arabi dal Sud".
33. FEDERICO DE ROBERTO
Ed è nel medesimo scritto che De Roberto dichiara tutto il
suo amore per questo vulcano, presenza vivente,
spettacolare e straordinario nelle sue manifestazioni, a
volte temibile, ma mai nemico: "Questo suolo sul quale la
lava distende impenetrabili croste dove non alligna un filo
d'erba, è anche uno dei più fertili che si conoscano. La
sterilità e lo sterminio vi procedono congiunti alla vita e
alla fecondità. Quando qualcuno scriverà la psicologia
delle sue genti, dovrà dire una cosa degna di
osservazione: quanti sono qui nati e vissuti restano freddi
e quasi delusi non solamente dinanzi ad altri grandiosi
spettacoli della natura, ma anche in presenza delle
maggiori opere umane. Ciò che sta loro dinanzi li ha
troppo meravigliati: nulla più li impressiona".
34. IL VULCANO “ETNA”
Dunque, l’Etna è stata oggetto di ispirazione per molti
poeti, è stata tappa di numerosi tour e viaggi ma
soprattutto è stata parte integrante della letteratura
straniera e di quella italiana.
L’Etna è il cuore della nostra Terra e per la sua
magnificenza…
“Tutto ciò che la natura ha di grande, tutto ciò che ha di
piacevole, tutto ciò che ha di terribile, si può paragonare
all’Etna e l’Etna non si può paragonare a nulla”.
(Dominique Vivand Denon, “Voyage en Sicilie”, 1788)
35. LIBRI CONSULTATI
Brydone P. “Viaggio in Sicilia e Malta”
Brydone P. “La Sicilia dei Viaggiatori”
Guy De Maupassant “Cronaca di un Viaggio in Sicilia”
Goethe J.W “Viaggio in Sicilia”
Smecca “Viaggiatori britannici e francesi in Sicilia”
Spallanzani L. “Viaggio all’Etna”
Spallanzani L. “Viaggio alle due Sicilie”
De Roberto F. “Scritti sull’Etna”
Parte del lavoro è stato elaborato ed arricchito con il
supporto informatico di ricerca.
36. PROGETTO ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO 3^B
Liceo Scientifico G.Galilei in collaborazione
con la Biblioteca Comunale “Vincenzo
Bellini” di Catania ( Via Antonino di
Sangiuliano)
Power Point realizzato da:
Claudio De Fontes
Elisa Maci
Greta Strano