1. L’elaborazione degli stimoli (il cosiddetto processamento)
non sempre richiede l’impiego di risorse attentive. Molti
esperimenti hanno dimostrato che le caratteristiche
elementari di uno stimolo (colore, forma, movimento) sono
rilevate senza l’intervento dell’attenzione. Il processamento
dello stimolo è quindi definito come preattentivo.
Esso è molto rapido e non risente del numero dei distrattori
presenti, cioè gli stimoli simili presenti nel campo
percettivo.
Elaborazione preattentiva
2. Se invece nel processamento fosse necessario integrare
diverse caratteristiche, viene richiesto l’intervento della
attenzione focalizzata che analizza ciascun stimolo
elementare presente nel campo percettivo, fino a
riconoscere e combinare le caratteristiche che definiscono
lo stimolo.
Il tempo necessario per questo tipo di processamento
attentivo-seriale risente del numero dei distrattori.
3. Questa funzione di abbinamento delle caratteristiche svolta
dall’attenzione focalizzata è maggiormente soggetta ad
errori, che accadono più frequentemente quando le
condizioni in cui si opera non sono ottimali a causa di
variabili ambientali (rumori, durata di esposizione degli
stimoli, cattiva visibilità)
variabili legate al proprio sistema di rilevamento e di
elaborazione (stanchezza, scarsa motivazione, pluralità di
compiti da svolgere contemporaneamente).
4. Secondo Treisman e Schmidt questo tipo di errore sarebbe
dovuto al fatto che le caratteristiche elementari degli stimoli
sarebbero rilevate contemporaneamente (in parallelo)
secondo una modalità preattentiva.
Solo in un secondo momento sarebbero abbinate tra loro
con l’intervento dell’attenzione focalizzata che, in condizioni
non ottimali, può generare delle congiunzioni illusorie.
Gli errori che hanno luogo nella fase di abbinamento delle
diverse caratteristiche dello stimolo sono stati definiti
congiunzioni illusorie.
5.
6. L’elaborazione preattentiva delle singole caratteristiche di
una configurazione è definita anche pop-out : si intende il
fenomeno in base al quale le caratteristiche di una
configurazione emergono spontaneamente e si impongono
al nostro sistema visivo.
7. In questo esempio, mentre l’orientamento delle linee può
essere rilevato da una elaborazione attentiva (il pop-out),
la diversa disposizione-combinazione delle linee necessita
dell’intervento dell’attenzione focalizzata.
8. Il processamento preattentivo dell’informazione permette di
rilevare le caratteristiche più salienti degli oggetti in
maniera molto rapida, e solo in un secondo tempo
l’attenzione focalizzata completa il riconoscimento
dell’oggetto.
Si può concludere che per giungere a percepire un oggetto
nella sua interezza, il nostro sistema percettivo deve
passare attraverso due fasi distinte:
- identificazione delle qualità primarie di tutti gli oggetti
presenti nel campo percettivo
- la loro integrazione.
9. L’attenzione agisce come un filtro, orientando e
selezionando le osservazioni; al tempo stesso, fa sì che la
maggior parte dei nostri sforzi (risorse cognitive) si
concentri su un solo obiettivo.
L’atto di “prestare attenzione” sarebbe perciò sia
un’operazione di selezione, sia uno sforzo di
concentrazione delle energie che, disperse, non
assicurerebbero risultati apprezzabili.
Definizione di attenzione
L’attenzione può quindi essere definita come quel
processo che opera una selezione tra tutte le informazioni
che in un dato istante colpiscono i nostri sensi
(informazioni esterne) e/o i nostri ricordi (informazioni
interne) consentendo soltanto ad alcune di accedere ai
successivi stadi di elaborazione.
10. ci si deve dedicare a un solo compito, oppure è possibile
condurne e concluderne più d’uno
contemporaneamente? Se l’attenzione impone una
selezione dei compiti, perché a volte riusciamo a fare
due cose nello stesso tempo?
I problemi fondamentali dei processi attentivi sui quali si
è focalizzato l’interesse dei ricercatori sono:
ciò che viene bloccato dal filtro rimane estraneo a ogni
altra attività cognitiva? L’attenzione impedisce l’accesso
alla mente di tutto ciò verso cui non è diretta? Oppure c’è
qualche forma di influenza da parte di ciò che viene
scartato?
le operazioni cognitive che rendono possibile il filtraggio
e i criteri con i quali viene condotta la selezione delle
informazioni
11. Per attenzione selettiva si intende la capacità di isolare uno
stimolo fra tanti e di rispondere solo a quello, elaborando le
informazioni che sono ritenute di una certa rilevanza al fine di
raggiungere gli scopi che ci siamo prefissi.
Questo tipo di attenzione può focalizzarsi su stimoli rivolti
alle modalità sensoriali (visiva, uditiva, ecc.) oppure su
informazioni originate da posizioni spaziali, nonché su
elementi che fanno parte di determinate categorie o classi
(Allport, 1989; Umiltà, 1994).
Attenzione selettiva
12. Se chiedessimo al soggetto di eseguire due compiti
studieremmo situazioni di attenzione divisa (o
distribuita).
L’origine di questi disturbi può essere riconosciuta nel
fatto che l’individuo dispone di risorse limitate che
possono rivelarsi insufficienti quando voglia conquistare
più di un obiettivo.
In particolare, se i compiti da eseguire sono molto simili,
è stato dimostrato che l’interferenza è maggiore perchè
richiedono operazioni simili difficilmente eseguibili
contestualmente (McLeod, 1977; Wickens, 1984).
Attenzione divisa
13. Secondo alcuni studiosi è possibile dirigere l’attenzione
a più cose contemporaneamente: essi affermano che le
risorse cognitive sono perfettamente divisibili tra i
diversi compiti e possono essere destinate alle singole
attività in quantità graduate.
L’attenzione è considerata come una risorsa, una sorta
di serbatoio di energia di dimensioni rigorosamente
limitate che il sistema di elaborazione può utilizzare in
diverse quantità e in diversi modi per l’attuazione dei
compiti assegnati.
14. Gli studi di Spelke et al. (1976) e di Hirst et al. (1980),
fautori della possibilità di dividere l’attenzione fra due
compiti piuttosto che della sua alternanza, hanno
affermato che due attività relativamente complesse
possono essere svolte con successo e senza interferenze
qualora sia presente una certa quantità di pratica.
Queste convinzioni sono state smentite da altri autori ma
si può comunque ipotizzare che la pratica possa in
qualche modo aiutare l’esecuzione contemporanea di due
compiti: c’è la possibilità di adottare nuove strategie nella
loro esecuzione per limitare le interferenze, c’è quella di
ridurre o semplificare le richieste proposte alle risorse
attentive, o quella di consentire un modo più corretto e
costruttivo nell’utilizzo delle risorse specifiche.
15. Un ulteriore approccio allo studio dell’attenzione divisa si è
incentrato su compiti relativamente semplici che
richiedono risposte veloci. Se due individui cercano di
eseguire due compiti temporalmente sovrapponibili, basati
sulla rapidità di risposta, le risposte ad uno o a tutti e due i
compiti sono di solito meno rapide (Pashler, 1994) e il
rallentamento nella rapidità di esecuzione è denominato
effetto del periodo refrattario psicologico (PRP).
Gli studi evidenziano che gli individui non possono
facilmente accomodare più compiti che richiedono la
scelta di una risposta, il recupero dell’informazione dalla
memoria, o l’impegno in altre diverse operazioni cognitive;
quando è richiesta da entrambi i compiti la messa in atto
di qualcuno di questi interventi cognitivi, uno o entrambi i
compiti mostrano il PRP.
16. La teoria del filtro di Broadbent (1958), parla di un unico
processore centrale a capacità limitata che può essere
utilizzato, a fronte di una molteplicità di compiti, per lo
svolgimento di uno solo di essi mentre gli altri restano in
attesa di essere presi in esame, una volta che il primo
sia completato o, a sua volta, “sospeso”. Ad esempio,
guidare la macchina e fumare sono attività svolte
apparentemente nello stesso momento, ma che in realtà
vengono eseguite, seppur per brevissimi periodi, in
modo esclusivo e alternato.
Teorie dell’attenzione
18. Questo modello definisce l’esistenza di un processo
selettivo precoce che inizialmente immagazzina e
analizza gli stimoli esterni, sulla base delle loro
caratteristiche fisiche, per un breve periodo e in modo
parallelo, cui fa seguito una elaborazione più lunga e
attenta, di tipo seriale, alla quale ha accesso solamente
uno degli stimoli precedentemente esaminati.
19. Se ipotizziamo che sia una barriera superficiale ad
arrestare un messaggio, dobbiamo anche ammettere che
questo messaggio non subisca alcuna forma di
elaborazione del significato.
Le prime ipotesi partivano dalla convinzione che ci fosse
una specie di «collo di bottiglia» attraverso cui passavano
solo alcune informazioni (stimoli), mentre le altre
venivano bloccate e, in teoria, non avrebbero dovuto
lasciare tracce nel soggetto.
20. Occorre dunque ammettere l’esistenza di una forma di
riconoscimento del materiale: è stata teorizzata l’entrata
in azione non di un vero filtro, bensì di un meccanismo
“attenuatore” capace di neutralizzare solo in parte
l’influenza di quegli stimoli che dovevano essere
trascurati o che erano esclusi dall’attenzione.
Tuttavia si dimostrò che questo «blocco» agiva solo in
parte, perché ciò che si pensava essere stato bloccato
aveva invece influenzato la memoria.
Treisman (1960, 1964) ipotizzò che il filtro, in realtà,
riduce ma non cancella l’informazione.
Non si è però riusciti finora a dare una risposta definitiva
alla questione relativa al livello di localizzazione del filtro.
22. Siamo quindi capaci di compiere certe azioni con molta
precisione e senza che esse disturbino altre attività in
corso. Queste azioni sono definite automatizzate perché
sembrano “andare avanti da sole”, cioè senza l’esercizio
di controlli e correzioni sul loro andamento. Esse
dimostrano che siamo capaci di fare più cose allo stesso
tempo e che l’attenzione non viene più attivata per lo
svolgimento di queste attività.
23. I processi automatici avvengono al di fuori della
consapevolezza e non richiedono l’impiego di risorse
attentive.
I processi controllati utilizzano le risorse attentive, sono
messi in atto l’uno dopo l’altro secondo una modalità
seriale e hanno un tempo di esecuzione più lento.
Cosa permette che il processo sia messo in atto in maniera
automatica o controllata? Non c’è una risposta univoca; in
generale, si può affermare che inizialmente la gran parte
dei processi sono controllati mentre in seguito, con
l’esercizio e la pratica, possono diventare automatici.
Processi automatici e controllati
24. - i processi automatici sono veloci
L’automaticità gode di questi attributi fondamentali
(Eysenck, 1990):
- i processi automatici sono coercitivi, cioè si
producono anche quando lo stimolo che li innesca non
è frutto di osservazioni volontarie.
- i processi automatici non riducono la possibilità di
eseguire altri compiti (perché non richiedono
attenzione)
- i processi automatici si svolgono senza esserne
consapevoli
25. Tuttavia l’esecuzione basata su un’abilità acquisita di
comportamenti automatici può essere intralciata dal
controllo conscio: provate a correre in bicicletta mentre
monitorate coscientemente ogni vostro movimento.
In realtà non esistono azioni puramente automatiche e
azioni puramente controllate. In ogni nostra azione,
anche la più automatizzata, c’è una componente
attentiva e cosciente.
26. Poiché i processi automatizzati non richiedono l’impegno
attentivo, questo può essere impiegato in altri compiti; ciò
può dare vita agli errori attentivi.
Reason e Norman identificano due tipi di errore:
i mistakes sono gli errori che si commettono nello scegliere
un obiettivo o nell’identificare i mezzi per raggiungerlo;
avvengono nell’ambito dei processi controllati e
intenzionali
gli slips sono gli errori commessi nel porre in atto ciò che si
intende fare per raggiungere quell’obiettivo e quasi sempre
si verificano nei processi automatici, quando il
comportamento deve deviare da una routine o quando
intervengono eventi esterni.
27. Norman (1981, 1988) con il termine di action slips o
lapsus definisce in generale l’esecuzione di un’azione
non voluta “Uno slip è un errore che si produce quando
una persona fa un’azione che non era nelle sue
intenzioni (Norman, 1981)”.
Per evitare gli slips, Norman suggerisce di prevedere
delle funzioni obbligatorie (forcing functions) cioè vincoli
fisici che impediscano il verificarsi di questi errori.
28. Difetti di discriminazione
Sono errori dovuti alla confusione di attributi percettivi,
funzionali, spaziali e temporali degli stimoli.
Confusione percettive - stendere la crema da barba sullo
spazzolino da denti
Confusioni funzionali - prendere una matita volendo
prendere una penna
Confusioni spaziali - prendere la borsa anziché il libro
che è vicino
Confusioni temporali - alzarsi per andare al lavoro e
accorgersi poi che è un giorno festivo
29. Difetti nella composizione del programma d’azione
Trasposizione di sequenze di un certo programma
d’azione in un altro programma oppure inversione
dell’ordine di esecuzione dei singoli atti
Behavioral spoonerism - si vuole prendere un libro e
mettere la penna sul tavolo e fare l’inverso
30. Confusione fra programmi in corso di esecuzione e
programmi in memoria: parcheggiare l’auto in un posto
diverso da quello abituale e avviarsi verso quello in cui
siamo abituati a parcheggiarla quando andiamo a
riprenderla
Confusione fra programmi attivati simultaneamente -
sento bussare, suona il telefono, alzo il ricevitore e dico
“Avanti.”
31. Difetti di verifica
Sono errori di valutazione dei progressi delle proprie
azioni.
Interruzione ritardata – le azioni proseguono oltre il limite
programmato: andare in camera per togliersi il maglione
e trovarsi in pigiama
Interruzione anticipata – le azioni si interrompono prima
di raggiungere il completamento del programma: entrare
in doccia e accorgersi di avere ancora addosso la
biancheria
32. Errori di ramificazione – la stessa sequenza di azioni è
comune a due piani e si esegue il piano non voluto: per
andare al lavoro facciamo un percorso che ci porta
anche al centro commerciale; mentre ci dirigiamo al
lavoro ci troviamo, nostro malgrado al centro
commerciale
Affiancamento di piani – sviamento nelle intenzioni a
causa di una serie di azioni minori: dobbiamo recarci da
un collega e nel tragitto ne incontriamo un altro che ci
chiede un’informazione; ci dimentichiamo dell’intenzione
originaria, torniamo indietro e ce ne ricordiamo quando ci
accorgiamo di avere una carta in mano
33. Difetti di subroutine
Si tratta di errori compiuti in una particolare sequenza di
azioni previste dal piano
Inserzioni – azioni involontarie aggiunte alla sequenza in
atto: cercare di togliersi gli occhiali e accorgersi di non
averli indossati
Omissioni – incompiutezza di azioni necessarie: stiamo
per prendere la giacca per uscire, suona il telefono,
rispondiamo poi usciamo senza indossare la giacca
Inversione di ordine – le azioni sono corrette ma sono
svolte nell’ordine sbagliato: asciugarsi prima di essersi
lavati
34. Difetti di archiviazione
Sono errori provocati da oblio o dal ricordo difettoso di
piani e azioni.
Oblio di azioni precedenti – tenere in mano il cucchiaino
e non ricordare se abbiamo messo lo zucchero nel caffè
Oblio di singole azioni del piano – avere l’intenzione di
imbucare una lettera mentre andiamo a bere un caffè e
accorgersi, al rientro, di avere ancora la lettera in tasca
35. Riemergere di piani precedenti – cercare un libro e, non
trovandolo, rammentiamo di averlo prestato; facciamo
qualcos’altro e poi andiamo di nuovo a cercarlo
Dimenticare il senso del piano - andare in un luogo e,
una volta arrivati, non ricordare perché si è andati là
39. FRENCH FIREWORKS ARE THE
RESULT OF YEARS OF
SCIENTIFIC INVESTIGATION
COMBINED WITH THE DESIRES
OF MANY CHILDREN
Si chieda ad una persona che conosce la lingua
inglese di leggere la frase seguente e di rileggerla
una sola volta contando le lettere F in essa presenti
40. Si osservi la figura. Che cosa si vede? La si mostri
a qualche altra persona e si confrontino le diverse
descrizioni.
42. Ora la si copra e si provi a rispondere alle seguenti
domande:
Quali sono le lettere stampate dentro i quadrati?
I bordi dei quadrati sono tutti uguali?
Se si ritiene che siano diversi, in base a che cosa
differiscono?
Si riesce a ricordare i bordi del quadrato per ciascuna
lettera?
43. Se questo secondo compito è difficile, si provi a rifarlo in
modo più semplice: si considerino solo tre quadrati e,
poiché ora si conosce la natura del compito e quindi non
si è più un soggetto ingenuo, si sottoponga alla prova un
conoscente o un familiare.
Si osserva anche in questo caso di prova più semplice la
difficoltà di ricordare il tipo di bordo?
- A cosa è dovuta questa difficoltà?
- Si riescono a ricordare tutti i particolari,
indipendentemente dall’attenzione, solo se la figura è
semplice?
- Come è possibile che alcuni particolari non siano stati
notati? E se invece sono stati notati, perché non vengono
ricordati?
44. Si guardino attentamente questi quadrati per tutto il tempo
che si vuole, sapendo che poi saranno fatte delle domande
“tranello”.
45. Si copra la figura e si risponda alle seguenti domande:
- Ci sono delle lettere uguali?
- Ci sono delle consonanti?
- Le cornici entro cui sono scritte le consonanti sono
uguali?
- E quelle delle vocali?
- Quali lettere hanno i bordi inclinati a destra e quali a
sinistra?
- Le cornici sono irregolari oppure no?
46. Se è si riusciti a rispondere solo in parte a queste
domande, si elenchino con precisione i particolari
della configurazione che sono sfuggiti e poi si cerchi di
capire perché non “si è fatto caso” a quei particolari
che pure, nel momento in cui si esaminava la figura,
erano ben presenti. C’è stata una specie di filtraggio?
Mentre si guardavano le lettere alfabetiche “venivano
oscurati” i bordi dei quadrati in modo da non poterli
vedere?
47. M N
A B
C Q
O
P
DR
S
32
Si osservi il centro della figura per 10 secondi.
48. La si copra con un foglio, quindi si conti fino a 20 e si dica
come è fatto questo centro. Che cosa ci si ricorda di aver
visto? Si provi a riprodurlo con un disegno.
Si è notato che cosa appare nel resto della figura? Se sì,
allora si provi a farne un disegno, anche se
approssimativo. Si confronti quello che si è disegnato con
l’originale. Il risultato è soddisfacente? Dove è carente la
riproduzione? Ci sono delle parti che non si è riusciti a
cogliere oppure non si riesce a decifrare tutto ciò che è
all’esterno della zona centrale? Si può spiegare perché
delle parti che sicuramente gli occhi hanno percepito
(molto vicine alla zona di osservazione) non sono
ricordate?
49. Si faccia la stessa prova con un amico, disegnando una
figura adatta a questo compito. Si provi anche a
cambiare le consegne, chiedendogli di osservare solo la
parte in alto a destra del disegno e poi chiedendogli di
ricordare anche la parte centrale.