1. Gli aspetti clinici dei processi cognitivi
Vera Stoppioni
Neuropsichiatra Infantile
Reparto di Neuropsichiatria Infantile ASUR ZT3 - Fano
7 febbraio 2007
2. Sviluppo cognitivo
Cos’è lo sviluppo cognitivo?
Questa espressione comprende due termini difficili da definire.
Cosa significa l’aggettivo “cognitivo”?
Cosa si intende per sviluppo?
4. “Cognitivo”
Cognitivo = intelligenza?
NUMEROSE DEFINIZIONI:
a) Struttura di cui è dotato l’uomo per la manipolazione dei simboli
a) Sistema che media i rapporti tra l’ambiente e l’organismo, cioè
tra gli stimoli che riceviamo e le risposte che siamo in grado di
elaborare
a) Capacità di procedere a ristrutturazioni del proprio universo di
conoscenze e di regole in funzione dell’adattamento alle diverse
situazioni.
5. Funzionamento intellettivo
Tre dimensioni del funzionamento intellettivo:
(Stemberg e Spear)
- componenziale: le componenti dell’atto cognitivo
- esperienziale: valuta il rapporto tra queste componenti e
l’esperienza
- contestuale: il rapporto con l’ambiente
6. Dimensione componenziale
Insieme dei processi di elaborazione della informazione
elementare, che operano sulle rappresentazioni interne o simboli.
Stemberg e Spear individuano tre ordini di componenti:
- Metacomponenti
- Componenti di prestazione
- Componenti di acquisizione della conoscenza
Funzionamento intellettivo
-Dimensione componenziale
-- Dimensione esperienziale
-- Dimensione contestuale
7. Dimensione componenziale Metacomponenti
-Metacomponenti
- Componenti di prestazione
- Componenti di acquisizione della conoscenza
Processi esecutivi di livello elevato per pianificare come risolvere
un problema, come monitorare la strategia di soluzione, come
valutare il risultato.
Le metacomponenti consentono: di comprendere la natura di un
problema, di selezionare i processi di risoluzione, di coordinarli in
una strategia complessiva di risoluzione, di selezionare le
rappresentazioni mentali su cui i processi e le strategie agiscono, di
distribuire le cariche energetiche attentive in modo adeguato, di
monitorizzare la soluzione, di essere sensibile ai feed-back
ambientali
Dimensione componenziale
- Metacomponenti
- Componenti di prestazione
- Componenti di acquisizione della conoscenza
8. Componenti di prestazione
Sono usate nell’esecuzione reale di una strategia di risoluzione. Le
metacomponenti decidono cosa fare, le componenti di prestazione realizzano il
piano. Sei sono le componenti di prestazione più importanti:
1) La codifica, cioè l’individuare gli attributi più importanti dello stimolo e il
richiamo dalla memoria di lavoro delle informazioni più attinenti
2) L’inferenza, cioè lo scoprire la natura di relazioni tra due stimoli
3) La mappatura, cioè lo scoprire la natura delle relazioni di livello più elevato
tra relazioni
4) L’applicazione, cioè l’usare una regola precedentemente acquisita per una
nuova situazione
5) Il confronto, cioè l’individuare la soluzione migliore
6) La giustificazione, cioè il decidere se la soluzione scelta è l’ideale o comunque
sufficientemente buona
Dimensione componenziale
- Metacomponenti
- Componenti di prestazione
- Componenti di acquisizione della conoscenza
9. Componenti
di acquisizione della conoscenza
Intervengono nell’apprendimento di una nuova acquisizione.
Tre sono le componenti più importanti:
1) La codifica selettiva, per separare le informazioni rilevanti da
quelle irrilevanti
2) La combinazione selettiva, per mettere insieme informazioni
codificate in precedenza, allo scopo di formare una struttura
cognitiva integrata
3) Il confronto selettivo, per correlare una struttura cognitiva nuova
con le precedenti
Dimensione componenziale
- Metacomponenti
- Componenti di prestazione
- Componenti acquisizione della conoscenza
10. I tre sistemi di componenti sono interrelati, ma una posizione
centrale è assunta dalle
metacomponenti;
tutti i feed-back da e per il sistema passano dalle
metacomponenti
le diverse componenti possono comunicare tra loro solo attraverso
le metacomponenti
11. Processi cognitivi
“come azioni o facoltà del conoscere”
contrapposte a
“emozioni e agli aspetti motivazionali”.
(Robert Allen)
Possiamo quindi definire i processi cognitivi come:
l’insieme delle attività o facoltà che si attivano nei processi di
conoscenza, inconsci o consapevoli che siano.
La conoscenza comprende:
- sia l’attività computazionale, di elaborazione dell’informazione
- sia l’attività di elaborazione delle rappresentazioni e la loro
manipolazione.
13. Sviluppo
Condizione migliorativa da epoca x a x+1.
Quando si parla di sviluppo è però necessario specificare che cosa
cambia e come cambia, se il cambiamento è solo
Quantitativo (sviluppo somatico- corpo)
o se è anche
Qualitativo (la riorganizzazione, nel tempo, degli elementi piuttosto
che il loro aumento numerico)
aumento di complessità
o
differenziazione delle funzioni svolte dai suoi componenti, senza
alcuna crescita quantitativa degli stessi.
La psicologia moderna tende a considerare lo sviluppo come la
combinazione di crescita e riorganizzazione.
14. Sviluppo cognitivo
Il concetto di linearità non è applicabile allo sviluppo cognitivo
Causa: previsioni di sviluppo erronee, in quanto basate su indicatori
erronei.
La concezione di linearità porta a presupporre che competenze
anche molto diverse fra loro si manifesterebbero in un ordine
gerarchico e progressivo.
Ci si attende che un bambino che impara a camminare sviluppi
regolarmente il linguaggio e in seguito mostri adeguate capacità a
seguire il curriculum scolastico
15. Sviluppo cognitivo
Numerosi studiosi affermano che è improprio mettere in relazione
tra di loro abilità che non hanno niente in comune in quanto
presupporre un loro rapporto significherebbe affermare un
continuum fra sviluppo motorio e sviluppo cognitivo che sembrano
non avere rapporto, poichè si tratta di capacità di diverso livello di
complessità.
Gesell e Piaget ritenevano invece che processi di controllo e di
coordinazione motoria fossero la base per lo sviluppo successivo.
16. Sviluppo cognitivo
L’esperienza senso-motoria viene considerata da molti autori,
anche in base all’osservazione di adeguato sviluppo cognitivo in
totale assenza di esperienza motoria come in alcune paralisi
cerebrali infantili, una facilitazione allo sviluppo perché permette
un rapporto attivo con l’ambiente, ma non un elemento
determinante o necessario per lo sviluppo.
17. Sviluppo cognitivo
Studi longitudinali hanno ampiamente dimostrato che non c’è un
legame stabile tra test somministrati nei primi due anni di vita e test
somministrati in età scolare; nello sviluppo sono state individuate
sia modalità lineari, legate soprattutto alle prime fasi e alla
corrispondenza tra eventi neurologici e acquisizioni cognitive, sia
modalità non lineari.
Si è visto inoltre che la bassa coerenza tra le misure psicometriche
prese in età diverse dipende anche dalla diversità dei compiti
proposti: a due anni i test sollecitano particolarmente attività
sensomotorie, mentre a nove anni vengono somministrate prove di
linguaggio, di problem solving, ed altre che richiedono l’uso di
strategie complesse.
19. Funzioni verticali e funzioni trasversali
Le funzioni che determinano l’attività cognitiva si possono dividere
in :
- funzioni verticali
- funzioni trasversali o orizzontali
(Clark Hull prima metà del novecento)
20. FUNZIONI VERTICALI
• funzioni specializzate
• si esplicano in domini ben delimitati
• sono molto sensibili
all’apprendimento e cambiano anche
molto vistosamente nel corso dello
sviluppo
• sono visibili in quanto vengono
identificate con la prestazione
FUNZIONI TRASVERSALI
• funzioni non specializzate
• non sono dominio-specifiche
• si modificano lentamente
• non sono visibili, in quanto il loro
ruolo non può essere analizzato
separatamente rispetto alla
prestazione
21. Funzioni verticali
Vengono anche chiamate “abilità”.
Possono essere identificate con ambiti ben definiti quali
la motricità,
il linguaggio,
le capacità grafico-espressive,
la lettura
la scrittura
il calcolo, ecc.
22. Funzioni trasversali
Sono solo in parte isolabili e identificabili come funzioni singole,
come per esempio la memoria a breve termine e l’attenzione focale.
La maggior parte delle attività svolte dalle funzioni trasversali
comprende veri e propri “operatori invisibili” (Pascual Leone), ma
indispensabili all’attività cognitiva. Comprendono:
riconoscimento
categorizzazione
selezione pianificazione
decisione
indirizzamento delle risorse
rappresentazione e ridescrizione rappresentazionale
controllo.
Queste attività sono “invisibili”, in quanto indissolubilmente legate
al compito.
23. Esempio di funzioni trasversali: processi implicati nella scrittura
di una parola
Cane: adulto esperto non riesce ad esaminare tutti i passaggi
perché sono automatizzati e quindi sottratto al controllo
volontario ed esplicito di ogni fase.
Bambino di prima elementare: scandisce prima di tutto
separatamente i singoli suoni e per ciascuno cercherà le lettere
corrispondenti. Se questa operazione richiede tempo il bambino
dimentica dove era arrivato e quindi dovrà controllare cosa ha
scritto; questi processi, analisi fonologica, attenzione, memoria di
lavoro, controllo sequenziale, richiedono un impegno diverso fino
a quando non diventano automatici e incorporati in un’attività
percepita come unica e non più frazionabili.
Se non sa fare le cose che deve fare lo fa l’adulto per lui.
24. Funzioni verticali e funzioni trasversali
Fortemente interconnesse le une alle altre, ma c’è anche una certa
indipendenza delle funzioni verticali, che possono instaurarsi,
svilupparsi e consolidarsi in maniera parzialmente autonoma dalle
funzioni trasversali. Questa parziale autonomia funzionale è possibile
anche per la semplicità della abilità da acquisire e anche perché
ripetendo una sequenza di atti in modo stabile, l’abilità può essere
progressivamente automatizzata e quindi sottratta al controllo
volontario di un sistema supervisore (controllo posturale, schemi di
prensione, deambulazione, ecc)
25. Processi automatici e processi volontari
Descrittori che definiscono le caratteristiche dei due tipi di processi
Automatici Controllati
Inconsci Consci
Preattentivi Attentivi
Guidati dallo stimolo Guidati dal concetto
Agiscono dal basso verso l’alto Dall’alto verso il basso
A capacità limitata A capacità limitata
Agiscono in parallelo Seriali
Predisposti per attività durature Disponibili per tempi limitati
Appresi o innati tipo stimolo-risposta Impiegati nelle attività riflessive
Avviati con meccanismo on-off
Rigidi, adatti per le routines Flessibili, adatti per compiti creativi
Richiedono un allerta generico Richiedono allerta focale
26. Progressivamente
con la ripetizione dell’atto
e con la maturazione delle componenti neurobiologiche
le procedure vengono automatizzate
e le risorse cognitive implicate vengono liberate dal compito.
Lo sviluppo
può quindi essere caratterizzato
dalla modularizzazione delle funzioni verticali
cioè da un progressivo aumento di specializzazione
e di efficienza delle abilità
con cambiamento di ruolo delle funzioni trasversali.
27. Durante le prime fasi di sviluppo
le funzioni trasversali svolgono una funzione costitutiva
per acquisire in maniera efficiente l’abilità.
Nel corso delle fasi successive
il loro ruolo si sposta sempre di più
verso la gestione dei processi integrativi.
Quando è stato conseguito un sufficiente grado
di padronanza comportamentale
i processi trasversali
agiscono solo da innesco del programma scelto
e da supervisore dei risultati.
28. Il rapporto tra funzioni verticali e funzioni trasversali
nel corso dello sviluppo
può essere visto come un intreccio
nel quale i ruoli cambiano sostanzialmente.
All’inizio
i processi trasversali sono al servizio
della singola abilità da apprendere,
successivamente
le funzioni verticali sono al servizio
degli scopi del sistema
e vengono scelte
e utilizzate
dai processi trasversali.
30. Rappresentazioni mentali e operazioni procedurali
Molti studi hanno dimostrato che esiste durante lo sviluppo uno
spostamento di area corticale delle funzioni a seconda del grado di
padronanza che il soggetto ha di quei processi.
Ciò significa:
- che i processi mentali di un esperto sono diversi da quelli di un
inesperto, anche se portano allo stesso risultato;
- che la stessa prestazione non implica necessariamente processi
analoghi
- che la diversità è basata su processi psicofisiologici diversi
Questo dimostra che lo statuto rappresentazionale delle diverse
acquisizioni cambia in funzione delle diverse fasi di
apprendimento.
Si può dire che rappresentazioni mentali diversi sottendono alle
stesse operazioni procedurali.
31. Rappresentazioni mentali e operazioni procedurali
Il bambino che recita le tabelline in IV elementare non ha una
rappresentazione mentale delle operazioni che sta compiendo
comparabile a quella che possiede un adulto.
Magari ha una maggiore padronanza delle procedure, ma non ha lo
stesso concetto di moltiplicazione dell’adulto.
32. Ridescrizione rappresentazionale
(Annette Karmiloff Smith)
Il funzionamento cognitivo è basato su processi di ridescrizione delle
informazioni attraverso i quali le informazioni vengono organizzate
in formati che si modificano continuamente diventando
progressivamente più manipolabili e flessibili e meno specifiche.
La peculiarità di questo modello riguarda non tanto l’origine delle
rappresentazioni, quanto il loro sviluppo, la progressiva
trasformazione in concetti; questo permette di inserire in un
continuum diverse forme di attività cognitiva (routine procedurali,
pensiero formale, coscienza e riflessività).
33. Ridescrizione rappresentazionale
(Annette Karmiloff Smith)
All’inizio le conoscenze vengono descritte in modo molto dettagliato e
isomorfo rispetto alle caratteristiche dello stimolo.
Se un bambino in fase di apprendimento di una procedura viene
interrotto, avrà molte difficoltà a terminare il compito perché in questa
fase l’informazione è disponibile in forme molto rigide e sensibili a ogni
elemento che turba il formato.
La padronanza comportamentale migliora con l’esperienza fino al
raggiungimento dell’automatizzazione delle procedure.
34. Ridescrizione rappresentazionale
(Annette Karmiloff Smith)
Con il raggiungimento del livello automatico, in cui non è più
necessario il controllo consapevole, si raggiunge la possibilità di
avviare una riflessione sui compiti che si svolgono e si accede a
forme di conoscenza diverse.
L’attività costruisce forme di conoscenza nuove e di padronanza
maggiore attraverso processi di ridescrizione rappresentazionale.
35. Ridescrizione rappresentazionale
(Annette Karmiloff Smith)
L’attività di ridescrizione rappresentazionale è un’attività automatica
del nostro sistema cognitivo, che consiste in una continua attività di
riconfigurazione dei formati iniziali attraverso la quale si ha una
progressiva riduzione del numero di unità impegnate, con
diminuzione del grado di specificità della descrizione primitiva
giungendo a rendere la descrizione finale disponibile per essere
impiegata in ambiti rappresentazionali molto diversi. (zebra animale
o strisce pedonali)
36. Rappresentazioni mentali
Esistono diversi formati rappresentazionali non confrontabili tra
loro perchè appartenenti a livelli diversi:
- livelli primitivi di descrizione dello stimolo, immagini mentali
- routine comportamentali (es. tabelline)
- descrizioni astratte (moltiplicazione)
38. Classificazione e descrizione delle principali funzioni cognitive
Orientamento Capacità di esprimere correttamente le proprie
coordinate essenziali in relazione al tempo, allo spazio, alla propria
identità personale ed al contesto familiare.
Attenzione - concentrazione Capacità di assegnare, distribuire e
mantenere le risorse cognitive disponibili in funzione del compito
da svolgere. Si distinguono solitamente componenti di allerta,
attenzione selettiva, attenzione divisa, vigilanza.
Percezione Processo attivo di elaborazione, integrazione ed
interpretazione degli stimoli sensoriali. Si distinguono componenti
principali di percezione uditiva, tattile e visiva, ed ulteriori
sottocomponenti più specializzate (es. percezione per i volti, colori,
rapporti spaziali, ecc.).
39. Classificazione e descrizione delle principali funzioni cognitive
Memoria a breve termine Capacità di ritenere fedelmente gli
stimoli percepiti per brevi periodi di tempo (fino a circa 30 secondi).
È un deposito temporaneo a capacità limitata. Si distinguono le
componenti verbale e spaziale.
Memoria a lungo termine Capacità di ritenere in modo stabile gli
aspetti salienti degli stimoli percepiti. È un deposito permanente a
capacità virtualmente illimitata. La MLT è solitamente frazionata
nelle componenti di memoria episodica (che riguarda gli eventi
dotati di specifiche connotazioni spaziali e temporali), memoria
semantica (che riguarda il significato delle parole) e memoria
procedurale (che riguarda le abilità e le abitudini apprese).
40. Classificazione e descrizione delle principali funzioni cognitive
Linguaggio Capacità di manipolare simboli linguistici. Si distinguono
le componenti principali di comprensione orale, espressione orale,
comprensione della lettura, espressione scritta.
Abilità costruttive Capacità di pianificare e realizzare prodotti dotati
di rapporti spaziali complessi, per esempio assemblare oggetti,
disegnare, costruire modelli tridimensionali.
Ragionamento L’insieme delle operazioni mentali che mettono in
relazione due o più unità elementari, per esempio sommare due
numeri. Si distinguono componenti di calcolo, confronto, giudizio,
formazione di concetti, astrazione, generalizzazione, soluzione di
problemi, ecc.
41. Classificazione e descrizione delle principali funzioni cognitive
Funzioni esecutive Abilità di livello gerarchico più elevato, che
comprendono la capacità di decidere se e come impegnarsi in una
certa azione, la capacità di stabilire obiettivi e scopi, la capacità di
pianificare, controllare e correggere l’azione in corso, ecc.
Intelligenza generale È il risultato dell’utilizzo efficace delle diverse
funzioni cognitive specializzate, che di solito si riflette in un
vantaggio adattivo, per esempio una migliore riuscita scolastica o
lavorativa. Il livello d’intelligenza generale è di solito espresso
tramite il Quoziente d’Intelligenza (Q.I.), a sua volta scomponibile in
Q.I. verbale e non verbale (o di performance).
43. Sviluppo cognitivo: punto di vista di Piaget
Piaget rifiutò sia una concezione “nativista” sia una concezione
“empirista” dello sviluppo cognitivo e immaginò un sistema
cognitivo capace, partendo da un pool di risorse assegnate, di
modificarsi attraverso una continua riorganizzazione delle sue
strutture. Il suo approccio, noto come “epigenetico”, prende forza
dall’aver intuito l’importanza di entrambi i fattori e delle loro
interazioni.
44. Assimilazione, accomodamento, equilibrazione
Assimilazione: processo in virtù del quale ogni nuova informazione
della realtà esterna può essere assimilata dal sistema cognitivo,
mettendola in relazione con le strutture cognitive già esistenti.
Accomodamento: processo complementare all’assimilazione; le
strutture cognitive già esistenti si modificano per adattarsi alla
nuova informazione. Il fulcro della flessibilità evolutiva del sistema
cognitivo, che è quindi un sistema aperto e obbligato a
ristrutturazioni continue ma regolate, sta nel processo di
riorganizzazione interna.
Equilibrazione dinamica: necessità di trovare sempre nuovi punti
di equilibrio diversi da quelli raggiunti precedentemente.
45. Sviluppo cognitivo: punto di vista di Piaget
Per Piaget l’acquisizione di conoscenza si verifica solo quando
provoca la necessità di una ristrutturazione delle basi di conoscenza.
Nelle prime fasi dello sviluppo le strutture rispondono di più a
principi organizzativi di natura biologica, i riflessi o anche in parte
gli schemi di azione, solo con il raggiungimento della
simbolizzazione, funzione rappresentativa, si hanno categorie
prelogiche, logico-operative, logico-formali.
46. Sviluppo cognitivo: punto di vista di Piaget
Piaget indica quattro stadi fondamentali dello sviluppo cognitivo:
1) Stadio senso-motorio 0-2 anni
2) Stadio preoperatorio 2-6 anni
3) Stadio operatorio concreto 6-12 anni
4) Stadio operatorio-formale.
Piaget opera una distinzione tra “competenza”, struttura sottostante
al comportamento osservabile e prestazione, azione manifesta.
47. Schema di azione
- E’ la struttura dominante della conoscenza nello stadio senso-
motorio, anello di congiunzione tra realtà biologica e psicologica.
Principi organizzativi logici che ne stanno alla base: oggetto,
spazio, tempo e causalità
-E’ la prima e più elementare unità di conoscenza del mondo
- Totalità di “percezione-azione” in cui l’azione non può essere
sganciata dal dato percettivo immediato
- Non si identifica con l’azione, ma è una struttura più generale e
astratta che rappresenta una classe omogenea
- Equivalente funzionale sul piano senso-motorio del concetto.
48. Schema di azione
Nel corso dello stadio senso-motorio gli schemi di azione
-evolvono
- cominciano ad estendersi ad oggetti non assimilati in quello
schema
- tendono a coordinarsi fra loro
- danno luogo a unità comportamentali più ampie
- si integrano in forme gerarchiche in cui uno schema può diventare
il mezzo per raggiungere un fine costituito da un altro schema.
Attraverso la sperimentazione in situazioni sempre nuove e la
ricombinazione in forme originali si inventano nuovi schemi e se ne
prevedono mentalmente le conseguenze prima della
sperimentazione, attraverso l’assimilazione di categorie spaziali,
temporali e causali all’interno di uno schema complesso e
gerarchicamente ordinato.
49. Schema di azione
A questo punto gli schemi di azione sono diventati “strutture
senso-motorie interiorizzate”, preludio della vera intelligenza
rappresentativa. Il bambino continua la sua conoscenza del mondo
attraverso azioni che compie su di esso, ma comincia anche a
formarsi rappresentazioni mentali degli esiti delle proprie azioni.
50. Stadio preoperatorio
Gli schemi di azione tendono a diventare “schemi mentali”, cioè
hanno sempre meno bisogno di avvalersi dell’esercizio diretto sulla
realtà fisica e possono agire su rappresentazioni di essa.
Il bambino è in grado di imparare e applicare nuovi schemi
attraverso l’imitazione differita, che presume la capacità di
rappresentarsi mentalmente le azioni e i loro risultati, il gioco
simbolico e di finzione, per i quali è necessaria la capacità di
decontestualizzare gli oggetti e di assegnare un valore simbolico, e
il linguaggio verbale, che il bambino comincia ad utilizzare per
riferirsi ad oggetti assenti o per designare azioni o relazioni fra essi
Il linguaggio diventa la forma rappresentativa per eccellenza di cui
il bambino dispone.
51. Stadio oparatorio-concreto
In questa fase le operazioni hanno ancora un carattere irreversibile
(conservazione delle quantità). Il bambino è incapace di tenere
conto dell’informazione, in quanto è ancora catturato dal dato
percettivo.
In questo stadio gli schemi mentali cominciano a coordinarsi e
organizzarsi nelle “operazioni mentali”, mentre nello stadio
precedente erano tra loro indipendenti e funzionalmente autonomi e
ciò spiega l’irreversibilità del pensiero.
52. Stadio oparatorio-concreto
Operazioni fondamentali:
1. Classificazione: individuazione di proprietà invarianti in oggetti
diversi
2. Seriazione: individuazione del valore dimensionale delle
proprietà degli oggetti
3. Numerazione: combinazione delle due operazioni precedenti
4. Infralogiche: relazioni spazio-temporali parte/tutto
5. Inferenza transitiva: se A>B e B>C allora A>C
Tutte le operazioni di questa fase hanno ancora bisogno di supporti
materiali, ma rispetto agli schemi del periodo preoperatorio si
svincolano dal dato percettivo immediato e acquisiscono il
carattere
della reversibilità, cioè la capacità di cogliere invarianze nelle
trasformazioni.
53. Stadio operatorio-formale
Conclude il ciclo delle trasformazioni qualitative della struttura
cognitiva.
Le operazioni non hanno più bisogno di applicarsi ad oggetti
concreti e si applicano alle rappresentazioni. E’ la forma più
matura del pensiero ipotetico-deduttivo.
In questo stadio viene raggiunta la piena padronanza nella
capacità di cogliere le relazioni fra oggetti; le capacità di
rappresentazione sono sviluppate fino al punto di immaginare un
mondo di eventi possibili e non solo reali.
55. Specializzazione delle aree cerebrali
Ciascuno dei lobi della corteccia cerebrale elabora informazioni
specifiche e svolge una funzione diversa, come pure le diverse
arre cerebrali.
- Lobi frontali: specializzati nell’organizzazione e nel controllo
dei movimenti e contengono la corteccia motoria primaria
- Lobi occipitali: elaborano le informazioni visive primarie e poi
le inviano sia al lobo parietale sia a quello temporale
- Lobi parietali: elaborano le informazioni somatosensoriali
primarie (provenienti dalla cute, dai muscoli e dalle
articolazioni)
- Lobo temporale: elabora le informazioni uditive primarie
(provenienti dagli organi dell’udito)
56. Specializzazione delle aree cerebrali
-Corteccia temporale: riconoscimento e classificazione degli
oggetti, memoria a lungo termine alcuni aspetti del linguaggio
(controllata a livello della cosiddetta area di Broca)
- Corteccia parietale: mediazione della percezione della posizione
degli arti, discrimina ad esempio tra diversi oggetti tenuti in mano
- Sistema limbico: è coinvolto nella motivazione, nell’elaborazione
degli istinti e delle emozioni
- Gangli della base: controllo del movimento
- Talamo: trasmette informazioni provenienti dai recettori
sensoriali alla corteccia cerebrale
- Nuclei genicolati laterali del talamo: ricevono informazioni dagli
occhi e le inviano alle aree visive primarie del lobo occipitale.
- Ipotalamo:o controlla il sistema endocrino
57. Specializzazione delle aree cerebrali
-Tetto mesencefalico: fa parte del sistema visivo e uditivo,
responsabile dei riflessi e delle reazioni rapide agli stimoli di
movimento.
- Formazione reticolare: svolge un ruolo nella regolazione del
sonno e della veglia, nell’attenzione, nei movimenti muscolari e in
vari riflessi vitali
- Materia grigia periacqueduttale: mediazione del dolore
- Sostanza nera: controllo dei movimenti muscolari.
58. Specializzazione delle aree cerebrali
- Il cervelletto riceve stimoli da tutti gli organi e dai recettori
sensoriali, e informazioni riguardanti i movimenti muscolari dal
cervello. Integra le informazioni, confrontando le azioni del corpo
rispetto a ciò che il cervello ha preordinato. Quindi facilita la
coordinazione dei movimenti e li rende più sciolti.
- Il ponte di Varolio sembra avere un ruolo nell’alternanza del
sonno e della veglia, e nella durata delle diverse fasi del sonno; è
importante, inoltre, per la regolazione della frequenza degli atti
respiratori.
- Il midollo allungato contiene alcuni centri di controllo di
funzioni vitali, come la regolazione del battito cardiaco, della
respirazione, della deglutizione e la pressione dei gas nel sangue.
59. Specializzazione delle aree cerebrali
Tradizionalmente le funzioni esecutive sono sempre state fatte
risalire ai lobi prefrontali. Questo concetto non è del tutto vero
poichè le connessioni corticali-sottocorticali, particolarmente con
lo striato, sembrano svolgere un ruolo essenziale.
E' tuttavia fuori dubbio che i lobi prefrontali svolgono un ruolo
fondamentale.
I lobi frontali, e particolarmente la parte più anteriore (lobi
prefrontali), sono quelli che si sono più sviluppati nell'uomo rispetto
agli altri primati.
E’ utile suddividere una corteccia prefrontale laterale da una
corteccia prefrontale mediale.
La corteccia prefrontale laterale è implicata in funzioni quali la
memoria di lavoro (working memory); controlla il mantenimento
delle informazioni immagazzinate, e la selezione di tali
informazioni.
60. Specializzazione delle aree cerebrali
Nel lobo prefrontale distinguiamo due aree importanti, la
corteccia cingolata anteriore e il giro frontale superiore.
La corteccia cingolata anteriore è importante nell’identificazione
di errori effettuati dopo l'attuazione di un determinato
comportamento, mentre il giro frontale superiore sembra essere
più implicato nella selezione e flessibilità di un compito da
eseguire (task switching).
Tali suddivisioni anatomiche e funzionali, e la loro correlazione
con il comportamento, non sono sempre così nette, e spesso
esiste un certo grado di sovrapposizione fra localizzazione
anatomica e funzione.
61. Le connessioni fra lobi frontali e striato
Le connessioni fra corteccia prefrontale e nucleo striato hanno un
ruolo fondamentale.
Lo studio della malattia di Parkinson è stato determinante nel
comprendere tali connessioni.
Infatti i pazienti parkinsoniani presentano un disturbo delle
funzioni esecutive, e tale deficit si basa sull'interruzione di un
circuito che va dalle regioni corticali prefrontali fino allo striato, di
qui al globus pallidus e poi al talamo, per poi raggiungere
nuovamante le regioni prefrontali.
La dopamina gioca un ruolo determinante in tale circuito corticale-
sottocorticale.
65. Fasi del processo di apprendimento
Input (Raccolta dei dati necessari alla risoluzione di un problema )
1. Utilizzo di sensi e sentimenti (udito, vista, olfatto, tatto, gusto, emozioni) per
pervenire a una percezione globale e precisa di tutti i dati di un problema
2. Elaborazione di strategie e messa in atto di un piano per non dimenticare dati
importanti o ricominciare più volte la stessa operazione (esplorazione
sistematica)
3. Denominazione di oggetti, eventi o relazioni per poterli ricordare più
facilmente e quindi parlarne
4. Acquisizione di riferimenti spazio-temporali: situare fatti, eventi e oggetti nel
tempo e nello spazio
5. Acquisizione del principio di conservazione delle costanti e di permanenza
degli oggetti: riconoscere attraverso le caratteristiche di un "fenomeno"
(oggetto, evento...) quelle che fanno si che il fenomeno resti lo stesso
nonostante le variazioni subite (dimensione, forma, colore, quantità,
orientamento, luogo...)
6. Precisione e accuratezza nella raccolta dei dati
7. Utilizzo di due o più fonti di informazione contemporaneamente
Fasi processo apprendimento
- Input
- Elaborazione
- Output
66. Fasi del processo di apprendimento
Elaborazione (elaborazione, selezione, confronto i dati raccolti, eliminazione di
quelli non pertinenti, utilizzazione delle informazioni possedute)
1. Percezione dell’esistenza di un problema e sua definizione
2. Selezione, tra tutti i dati raccolti, di quelli utili e pertinenti per la soluzione
del problema ed eliminazione di quelli che non lo sono
3. Interiorizzazione e rappresentazione nel campo mentale di quello che si
ricerca o dell’azione da compiere
4. Pianificazione delle tappe necessarie alla risoluzione di un problema
5. Ampiezza del campo mentale: poter ricordare e ritenere unicamente a livello
mentale i dati necessari alla soluzione di un problema
Fasi processo apprendimento
- Input
- Elaborazione
- Output
67. Fasi del processo di apprendimento
Elaborazione
6. Proiezione di relazioni virtuali: cercare di stabilire relazioni tra oggetti e/o
eventi presi isolatamente, relazioni che esistono solo potenzialmente
7. Confronto tra più oggetti o eventi
8. Classificazione e categorizzazione: trovare 1’insieme o il gruppo a cui
appartiene 1’oggetto o 1’evento osservato
9. Elaborazione delle diverse soluzioni possibili nella risoluzione di un
problema e anticipazione delle conseguenze possibili; che cosa succederà se si
sceglie una soluzione piuttosto che un’altra (pensiero ipotetico)
10. Ragionamento 1ogico per argomentare e difendere le proprie opinioni
Fasi processo apprendimento
- Input
- Elaborazione
- Output
68. Fasi del processo di apprendimento
Elenco di operazioni mentali secondo le tassonomie di Piaget.
Confronto
Analisi
Sintesi
Classificazione
Codificazione
Pensiero divergente
Ipotesi
Analogia
Logica
Sillogismo
Inferenza
69. Fasi del processo di apprendimento
Output (comunicazione della elaborazione centrale e della risposta)
1. Linguaggio chiaro e preciso per accertarsi che la comunicazione della
risposta non lasci alcuna domanda senza risposta; "mettersi nei panni
dell’interlocutore" per essere sicuro che la risposta sia stata ben compresa
2. Riflettere prima di dare una risposta immediata, per evitare di commettere
un errore ed essere costretto a ricominciare: superamento del
comportamento per prova ed errore
3. Controllo dell’impulsività per evitare di dire qualcosa o di commettere
un’azione non corretti
4. Superamento del comportamento di "blocco"; quando non si sa rispondere
a una domanda, o risolvere un problema, qualunque sia la ragione è utile
lasciare da parte il problema, ritornarci sopra in un secondo tempo e
adottare la strategia più adeguata per la risoluzione del problema
Fasi processo apprendimento
- Input
- Elaborazione
- Output
70. Strettamente interagente con ciascuna delle fasi sopraindicate
e in posizione centrale rispetto ad esse
è un complesso di fattori emotivi e affettivi:
razionalità, cognitività ed emozioni interagiscono
in ogni processo mentale messo in atto dall’uomo.
Affettività ed emotività giocano un ruolo ambivalente,
nel senso che sono in grado di favorire un atto di pensiero,
ma anche di ostacolarlo
o addirittura di renderlo impossibile.
71. Fare metacognizione significa
diventare consapevoli
degli aspetti razionali ed intellettivi del funzionamento mentale,
ma anche delle emozioni che accompagnano ogni atto di
pensiero
e dei comportamenti in cui esso si esprime:
chi riconosce
- prima in se stesso e quindi nell’altro -
le emozioni positive
(curiosità, interesse, motivazione, autostima, senso di
competenza)
e le emozioni negative
(paure, insicurezze, ansie, senso di inadeguatezza,
demotivazione) che sempre accompagnano 1’apprendimento,
è poi in grado di sfruttare le prime
e di tenere sotto controllo le seconde.
73. Quali aspetti entrano in gioco nel momento in cui un individuo
affronta un «compito» cioè una situazione problematica che deve
essere risolta?
1. Insieme dei contenuti disponibili: le competenze e le conoscenze individuali
in qualsiasi campo specifico (lingua , matematica, scienze….) sono legate
direttamente al retroterra educativo, personale e culturale. Contenuti che siano
poco familiari all’individuo possono richiedere un tale sforzo per essere
padroneggiati, da limitare la possibilità di cogliere precise indicazioni sulle
funzioni ed operazioni cognitive implicate.
2. Modalità o linguaggio nell'espressione dell'atto mentale: le modalità che
possono essere verbali, figurative, numeriche, simboliche, grafiche .. o una
combinazione di questi od altri codici, influenzano le prestazioni di ogni
individuo. Il parametro della modalità è importante in quanto le capacità di
elaborazione espresse da un soggetto riguardo ad un’unica modalità possono
non riflettere la sua capacità rispetto ad un’altra modalità. Ad esempio , un
soggetto può essere capace di risolvere un’operazione matematica con successo
quando questa viene presentata in forma numerica e fallire rispetto allo stesso
problema formulato con modalità verbale.
74. Quali aspetti entrano in gioco nel momento in cui un individuo
affronta un «compito» cioè una situazione problematica che deve
essere risolta?
3. Fasi delle Funzioni Cognitive richieste dall’atto mentale : è possibile
ascrivere le difficoltà del soggetto alle singole fasi di Input - Elaborazione -
Output. La quantità di intervento necessaria può essere valutata con maggiore
esattezza attraverso una analisi dell’atto mentale all’interno delle tre fasi.
4. Operazioni cognitive richieste dall'atto mentale: l’atto mentale deve essere
analizzato in relazione alle strategie e le regole mediante le quali l’informazione è
organizzata, trasformata, manipolata e rappresentata per generare una nuova
informazione. Delle operazioni possono essere relativamente semplici
(identificazioni o confronto...), o complesse (pensiero analogico, transitivo,
moltiplicazione logica). Quando l’insegnante afferma di un allievo: «non è capace
di cogliere relazioni» si riferisce a questo aspetto e …..si trova di fronte a una
richiesta di «mediazione» inespressa.
75. Quali aspetti entrano in gioco nel momento in cui un individuo
affronta un «compito» cioè una situazione problematica che deve
essere risolta?
5. Livello di complessità: il compito è analizzato attraverso il numero di unità di
informazioni che contiene e il grado di frequenza nell’ambito culturale . Il
livello di complessità è dato dalla quantità e qualità delle informazioni implicate
nell’atto mentale. Un esempio? Per noi leggere un romanzo di seicento pagine
non è una gran fatica ma un solo ideogramma cinese ci può mettere in difficoltà
gravi. La complessità quindi non è solo un dato quantitativo ma un rapporto tra
quantità e qualità oggettiva/soggettiva del problema affrontato.
6. Livello di astrazione: questo parametro esprime la distanza tra l’atto mentale
dato e l’oggetto o l’avvenimento sul quale esso opera. L’atto mentale che coglie
la relazione fra oggetti è a livello di astrazione inferiore rispetto a quello che si
esplica nell’analizzare le relazioni tra relazioni.
76. Quali aspetti entrano in gioco nel momento in cui un individuo
affronta un «compito» cioè una situazione problematica che deve
essere risolta?
7. Livello di efficienza dell'atto mentale: questo livello può misurarsi attraverso
un criterio oggettivo di rapidità e di precisione nell’esecuzione e attraverso un
criterio soggettivo inerente la quantità di sforzo personale impiegato nella
esecuzione del compito. La mancanza di efficienza può essere attribuita ad uno dei
parametri esaminati o a più di uno, oppure ad una serie di fattori fisici, ambientali,
affettivi e motivazionali che possono essere transitori o più insidiosi e persistenti. Il
livello di efficienza riflette anche altri fattori, ad esempio, il grado
78. Ritardo mentale
Condizione clinica complessa caratterizzata dalla presenza di un
deficit cognitivo con una distorsione complessiva della
personalità del soggetto e delle sue possibilità di adattamento.
Il DSM IV, manuale di classificazione dei disturbi mentali
dell’Associazione Psichiatrica Americana, considera il ritardo
mentale la via finale comune di diversi processi patologici che
riguardano il Sistema Nervoso Centrale.
79. Ritardo mentale
I criteri diagnostici del DSM IV sono tre.
1. Funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della
norma (< 2 DS)
2. Importante compromissione del funzionamento adattivo
3. Esordio prima dei 18 anni.
Vengono definite quattro fasce di gravità:
1. Lieve (QI 50-55/70): 85% RM
2. Media (35-40/50-55): 10% RM
3. Grave (QI 20-25/35-40)3-4% RM
4. Gravissimo (QI < 20-25): 1-2% RM
L’Asociazione Americana Ritardo Mentale ha innalzato negli
Ultimi anni la soglia psicometrica da 70 a 75 per classificare il RM.
80. Ritardo mentale
L’incidenza varia con l’età ed è massima nell’età scolare, in quanto
le richieste scolastiche fungono da rilevatore di un deficit cognitivo
altrimenti poco apparente.
Differenze di incidenza in rapporto alla classe sociale sono
significative per le forme di Ritardo Mentale Lieve o Medio,
mentre nelle forme più gravi non si evidenziano differenze.
Il rapporto tra i sessi è di 1,5:1 in favore dei maschi.
81. Ritardo mentale
Eziologia (AAMR)
- Cause ancora sconosciute nel 30% dei ritardi gravi e nel 50% dei
ritardi lievi
- Possibile eziopatogenesi organica nelle forme più gravi
- Possibile patogenesi familiare-sociale nelle forme più lievi
- Fattori genetici in ¼ dei soggetti con ritardo mentale 1/3 dei quali
attribuibili alla trisomia 21 e alla sindrome dell’X-fragile
- nascita pretermine e basso peso alla nascita.
82. Ritardo mentale
Natura della differenza
A. Concezione evolutiva: funzionamento cognitivo caratterizzato da
una curva di sviluppo rallentata, arresto a livelli inferiori rispetto
alla norma.
B. Concezione strutturale: differenze qualitative per quello che
riguarda l’organizzazione strutturale della cognizione, nel senso
che i principi generali che regolano il funzionamento cognitivo
normale non continuano a valere nel ritardo mentale
83. Ritardo mentale
Difficilmente il grado di compromissione nelle varie aree è
omogeneo, per cui il profilo cognitivo può essere particolarmente
disomogeneo, con aree di forza e aree di debolezza, con profili
diversi nelle diverse sindromi, nei diversi soggetti, nei diversi
momenti.
E’ molto raro trovare aree di funzionamento del tutto normale.
Quando si evidenziano aree di funzionamento particolarmente
evolute, come per esempio in alcuni rari casi di autismo, queste
sembrano essere scisse dall’organizzazione cognitiva, quindi
scarsamente integrabili in un funzionamento cognitivo intelligente.
84. Ritardo mentale
Elemento comune nelle varie forme di ritardo mentale:
limitazioni di capacità di processazione.
Nel ritardo mentale sono compromesse la capacità di
automatizzare e mantenere nel tempo le acquisizioni, la capacità
di generalizzare le acquisizioni a contesti non familiari, la
capacità di stabilire connessioni tra ambiti diversi della
conoscenza.
In sintesi nel ritardo mentale viene meno il comportamento
strategico, nel senso di capacità di pianificare e strutturare il
proprio comportamento in funzione di un fine.
85. Ritardo mentale
Differenze tra ritardo mentale e disturbi di apprendimento
(Sternberg e Spear)
Disturbi di apprendimento: frutto di una alterazione nei processi
di automatizzazione in ambiti relativamente circoscritti (es.
lettura)
Ritardo mentale: disturbo generalizzato che coinvolge
prevalentemente le metacomponenti
86. Ritardo mentale
• Difficoltà nell’estendere l’uso in compiti non familiari (transfert)
delle metacomponenti (ricorso a una certa strategia in una
situazione nuova), delle componenti di prestazione (quale
componente usare) o di apprendimento (come apprendere compiti
nuovi)
• Difficoltà nei processi di automatizzazione, che permettono di
ridurre il dispendio energetico e quindi di conservare energia libera
per altri processi più volontari e complessi, che si evidenziano nel
grado di automatizzazione, nel ritmo di automatizzazione, nella
qualità e nella integrazione tra processi automatici e processi attivi.
• Difficoltà a mantenere nel tempo in memoria le strategie acquisite
e ad estenderne l’uso in situaizoni diverse da quelle di
apprendimento.
87. Ritardo mentale
Compromissione dei meccanismi cognitivi volontari, mentre il
funzionamento dei processi cognitivi automatici sarebbe
abbastanza conservato. Questo fa sì che sia più difficile per i
soggetti con ritardo mentale inibire una risposta automatica a
favore di un’altra meno automatica ma più funzionale alla
risoluzione del compito (test di interferenza color/word di
Stroop).
Nel Ritardo Mentale si ha un fenomeno detto di “inerzia
cognitiva”, che corrisponde al vecchio concetto di “rigidità
cognitiva”, nel senso di un alterato rapporto tra processi
automatici ed effortful, in quanto i primi prevalgono sul
funzionamento cognitivo del soggetto, senza che questi sia in
grado di gestirli con processi di controllo attivo.
Il risultato è lo stabilirsi di comportamenti rigidi, stereotipati e
poco controllabili (impulsivi).
88. Ritardo mentale
Altra caratteristica del Ritardo Mentale è l’incapacità di gestire
attivamente l’allocazione di energia attentiva in rapporto alle
caratteristiche del compito.
89. Ritardo mentale
Nel Ritardo Mentale si possono sviluppare, anche in termini
molto efficienti, la modularizzazione ela specificazione per aree
ma sono presenti notevoli difficoltà nel realizzare i processi
legati alla ridescrizione e all’esplicitazione delle conoscenze
procedurali.
90. Ritardo mentale o ritardi mentali?
Il Ritardo Mentale, nel DSM IV, è considerato una via ultima
comune, aspecifica, esito di fattori casuali di varia natura.
Esistono però caratteristiche differenziali tra le varie forme di
Ritado Mentale legato a sindromi specifiche o a condizioni
patogenetiche differenti.
91. Sindrome di Williams
Quadro clinico a probabile trasmissione autosomica dominante,
caratterizzato da:
• deficit cognitivo
• frequenti anomalie cardiache
• dismorfismi facciali
• deficit staturale
• alterazioni del metabolismo fosfo-calcico connesso
all’alterazione del geneche produce la calcitonina.
92. Sindrome di Williams
Profilo cognitivo
1. Ritardo Mentale lieve o medio
2. Ritardo nelle tappe di acquisizione motoria e linguistica
3. Ritardo nella capacità di adattamento e di autonomia
4. Ritardo nelle capacità di ragionamento e di problem solving
93. Sindrome di Williams
Profilo cognitivo
• Prove piagettiane: difficilmente riescono ad accedere ad
un’operatività completa
• Piano sociale: troppo marcata disponibilità relazionale,
scarsamente differenziata, con particolare investimento sul
canale linguistico
• Prestazioni linguistiche: generalmente nettamente superiori al
livello cognitivo, sul piano fonologico, lessicale e sintattico.
Sono presenti difficoltà nell’uso di pronomi, nella
concordanza di genere, che fanno pensare a una deviazione
nello sviluppo linguistico più che a un ritardo dello sviluppo
linguistico.
94. Sindrome di Williams
Profilo cognitivo
• Abilità visuo-spaziali e visuocostruttive compromesse,
difficoltà nell’integrare singoli elementi in una unità più
ampia, pur individuando le diverse componenti (al contrario
dei soggetti Down).
• Particolarmente abili nel riconoscimento di facce (al contrario
dei soggetti Down)
• Presenti abilità nell’apprendere sequenze di nomi a memoria,
anche se non organizzano il materiale memorizzato in una
gerarchia, quindi senza abilità di integrare le liste in un
contesto semantico, e non presentano abilità di lavorare in
modo elastico sul materiale memorizzato
• Area di aprtioclare compromissione: competenze numeriche
e problem solving.
95. Sindrome di Williams
Quadri morfo-strutturali
• Riduzione del volume cerebrale, senza differenza fra i due
emisferi. Rilevante riduzione dell’ampiezza delle regioni
posteriori e della lunghezza sull’asse antero-posteriore
• Alterazione del rapporto tra neocerebello, accresciuto, e
paleocerebello, normale
96. Sindrome di Down
Quadro clinico dovuto a trisomia del cromosoma 21:
• deficit cognitivo
• frequenti anomalie cardiache
• dismorfismi facciali
• deficit staturale
97. Sindrome di Down
Profilo cognitivo
• Dissociazione tra componenti verbali e visuo-spaziali, ma a
favore di queste ultime
• Compromissione linguistica maggiore nella produzione con
componenti lessicali migliori di quelle fonologiche e morfo-
sintattiche
• Percezione spaziale globale
• Difficoltà specifica nell’esecuzione di sequenze di movimenti
Le difficoltà linguistiche in questa sindrome, così come quelle di
programmazione motoria, sono state interpretate come espressione
di una dissociazione tra i sistemi responsabili della percezione
linguistica (emisfero destro) e quelli responsabili
dell’organizzazione del movimento (emisfero sinistro).
98. Sindrome di Down
Quadri morfo-strutturali
• Riduzione del volume cerebrale, senza differenza fra i due
emisferi.
• Significativa riduzione dei lobi frontali
• Riduzione dell’ippocampo
• Minori dimensioni del cervelletto e del tronco cerebrale
99. Sindrome dell’X-fragile
Responsabile del 30% di tutte le forme di Ritardo Mentale legato
al cromosoma X. Incidenza: intorno a 1:1000 nella popolazione
generale.
Presenza di un gene anormale e un sito fragile sul cromosoma X.
Incidenza e fenotipo marcatamente diversi nei due sessi.
100. Sindrome dell’X-fragile
Profilo cognitivo nei maschi
• Ritardo Mentale di entità variabile
• 20% di soggetti normodotati
• Disturbi di apprendimento in particolare nell’area logico-
matematica
• Scarsa coordinazione visuo-motoria
• Scarsa capacità di ragionamento astratto
• Deficit attentivo
• Maggiore compromissione non verbale attribuibile sia a fattori
visuo-spaziali, sia a deficit di memoria
• Prestazioni cognitive particolarmente carenti nell’area
sequenziale
101. Sindrome dell’X-fragile
Profilo cognitivo nelle femmine eterozigoti
• 70% QI nella norma
• Difficoltà scolastiche riferibili a carenze nel pensiero logico-
matematico, nel ragionamento astratto con turbe attentive
• 40% presenta sindrome di Gertsman con discalculia, disgrafia,
disorientamento destra-sinistra, disprassia costruttiva, agnosia
digitale
102. Sindrome dell’X-fragile
E’ stato ipotizzato un coinvolgimento delle aree frontali, che
spiegherebbe anche i disturbi di comportamento presentati da
questi soggetti, quali difficoltosa elaborazione di stimoli affettivi,
ansia sociale, tendenza al ritiro relazionale.
Il 40% dei soggetti eterozigoti presentano depressione maggiore, il
30% disturbo schizotipico di personalità. Nel 7% c’è associazione
con l’autismo.
103. Sindrome dell’X-fragile
Quadri morfo-strutturali
• Anomalie cerebellari con riduzione della porzione posteriore del
verme cerebellare
• Ampliamento IV ventricolo
Questi dati assumono rilevanza in funzione del ruolo che il
cervelletto sembra rivestire nei processi di apprendimento
sequenziale rapido ed in particolare nella processazione linguistica
105. Attenzione
Quando si parla di “attenzione” si può far riferimento a diversi
concetti:
- la preparazione fisiologica a ricevere le differenti stimolazioni
(arousal);
- la possibilità che alcuni stimoli catturino la nostra attenzione
indipendentemente dalla nostra volontà (elaborazione preattentiva
degli stimoli);
- la concentrazione (attenzione sostenuta);
- la capacità di selezionare determinati stimoli per poterli elaborare
più approfonditamente in un secondo momento (attenzione
selettiva);
- la capacità di prestare attenzione a più stimoli
contemporaneamente (attenzione distribuita).
106. Attenzione
Se consideriamo l'attività cognitiva come l'elaborazione da
parte dell'uomo delle informazioni provenienti dall'ambiente
esterno, l'attenzione può essere descritta come la funzione che
regola questa attività cognitiva e che, attraverso il filtro e
l'organizzazione delle informazioni ricevute, permette al
soggetto di emettere risposte adeguate (Ladavas & Berti, 1999).
In cosa consista l'attenzione, se esista o meno un sistema
attenzionale unico, dove si trovi la sede anatomica dei processi
attenzionali, è motivo di studio e discussione da parte di
neuropsicologi e neurofisiologi.
107. Attenzione
In generale è possibile distinguere due componenti:
- una di INTENSITA'
- una di SELETTIVITA'.
Selettività
· attenzione focale
· attenzione divisa
Intensità
· all'erta
· attenzione sostenuta
Schema VAN ZOMEREN E BROUWER (1994).
108. Attenzione
• L'attenzione focale o selettiva si esercita ogni volta che
cerchiamo di "selezionarci" su di un compito in presenza di
distrattori. Alcune persone riescono a studiare con la musica
accesa e il telefono che squilla, senza problemi, altre hanno
difficoltà a farlo.
• Per quanto riguarda l'attenzione divisa, si esercita ogni volta
che sosteniamo più compiti contemporaneamente.
• La all'erta è la capacità di rispondere con prontezza ad un
segnale bersaglio: ad esempio essere "pronti" a frenare se un'auto
ci taglia la strada.
109. Attenzione
• La all'erta è la capacità di rispondere con prontezza ad un
segnale bersaglio: ad esempio essere "pronti" a frenare se un'auto
ci taglia la strada.
• L'attenzione sostenuta o vigilanza, è la capacità di mantenere
una certa prestazione per un periodo di tempo.
110. Attenzione
Con il termine arousal è indicata in psicofisiologia l’intensità
dell’attivazione fisiologica e comportamentale dell’organismo:
quando l’organismo deve effettuare una prestazione deve attivarsi,
cioè mettere in moto una serie di processi caratteristici dello stato
di arousal; essi sono:
1) aumento della vigilanza e dell’attenzione (attivazione del
sistema nervoso centrale)
2) i muscoli si preparano allo sforzo (attivazione del sistema
muscolo-scheletrico)
3) cuore e polmoni si attivano per sopportare lo sforzo (sistema
vegetativo simpatico).
111. Attenzione
Caratteristiche degli stimoli in grado di catturare l’attenzione, cioè
di attivare il meccanismo di selezione:
a) Intensità: forte o debole
b) Dimensioni dello stimolo: grande/piccolo
c) Durata dello stimolo: uno stimolo che si ripete o che persiste
nel tempo richiama l’attenzione più di uno stimolo di breve
durata
d) Contenuto emozionale: uno stimolo legato a un contenuto
emozionale negativo o positivo richiama l’attenzione più di
uno stimolo neutro
e) Novità: uno stimolo inatteso e nuovo può attirare l’attenzione
in una situazione ripetitiva o familiare
112. Componenti del sistema attenzionale
a. Orientamento verso lo stimolo sensoriale
b. Sistema attentivo supervisore o SAS che regola l’allocazione e
la distribuzione delle risorse richieste dal compito
c. Sistema di allerta o di attivazione, che eroga la quantità di
risorse necessarie per il mantenimento dell’attenzione, sulla
base degli scopi determinati dal soggetto.
113. Attenzione automatica e attenzione volontaria
La spiegazione del fenomeno del co-processamento di più stimoli
può essere collegata alla distinzione tra processi attentivi
automatici e processi attentivi volontari o controllati.
• Processi attentivi volontari: molto controllati e richiedono un
elevato dispendio di risorse. Elaborazione dell’informazione
sequenziale e su uno stimolo per volta. Impiegati in compiti
difficili o poco familiari
• Processi attentivi automatici: chiamati inconsci o preattentivi.
L’analisi degli stimoli viene condotta in parallelo, riguarda più
stimoli contemporaneamente. Impiegati in situazioni familiari o
poco impegnative.
114. Sistema attentivo superiore
Il sistema deputato a distribuire le risorse attentive in modo diverso
a seconda della situazione, dal momento che non possiamo
allargare all’infinito le risorse attentive, è il sistema attentivo
superiore , un elaboratore centrale che coordina e distribuisce le
risorse. Il SAS è dotato di un meccanismo di regolazione
automatico che, in caso di competizione fra le diverse necessità di
allocazione delle risorse, indirizza la focalizzazione verso lo scopo
più importante.
115. Sistema attentivo superiore
• Gerarchia di scopi: L’individuo costruisce una “gerarchia di
scopi”, che influenza il livello di attivazione in una direzione
piuttosto che in un’altra
• Soglia di attivazione:nelle diverse situazioni la gerarchia di scopi
rende minore la soglia di intensità di uno stimolo, che ottiene un
rinforzo più cospicuo e sposta le capacità attentive in quella
direzione.
117. ADHD
Il Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività (ADHD,) è una
patologia neuropsichiatrica ad esordio in età evolutiva
caratterizzata da:
- Inattenzione
- impulsività
- iperattività motoria.
Sebbene in Italia non siano stati condotti studi epidemiologici che
consentono di stimare con precisione la prevalenza del disturbo a
livello nazionale, in altre nazioni (in particolare USA) la
prevalenza dell’ADHD è stimata tra il 3-5 % della popolazione in
età scolare; la prevalenza delle forme particolarmente gravi è
stimata nell’1% della popolazione in età scolare.
118. ADHD
Il disturbo può presentarsi con differenti manifestazioni
cliniche, dall’età prescolare all’età adulta, coinvolge e può
compromettere numerose tappe dello sviluppo e
dell’integrazione sociale del bambino, potendo predisporlo ad
altra patologia psichiatrica e/o disagio sociale nelle successive
età della vita.
L’ADHD è un disturbo neurobiologico che si manifesta come
alterazione nell’elaborazione delle risposte agli stimoli
ambientali.
L’espressione sintomatologica è spesso in relazione alla qualità
dell’integrazione scolastica e familiare
119. ADHD
• 4 bambini su 100 soffrono di ADHD in età scolare
• I maschi sono affetti da ADHD in un rapporto 4:1 rispetto alle
femmine. Le femmine sono spesso non diagnosticate
• Il 60% di bambini diagnosticati ADHD continuano a
manifestare i sintomi anche nell’età adulta
120. ADHD
Disturbo neurobiologico a carico della corteccia frontale e dei
nuclei della base che si manifesta come alterazione nelle
risposte agli stimoli ambientali.
Le cause del disturbo non sono ancora state determinate, anche
se attualmente si ritiene dovuto a un insieme di fattori biologici
ed influenze genetiche.
121. ADHD
La diagnosi di ADHD si basa sulla classificazione del DSM-IV
La valutazione deve sempre coinvolgere oltre al bambino, i
genitori e gli insegnanti: devono essere raccolte, da fonti
multiple, informazioni sul comportamento e la compromissione
funzionale del bambino e devono sempre essere considerati sia i
fattori culturali e l’ambiente di vita.
122. ADHD
Sintomi
1. Inattenzione: si manifesta soprattutto come scarsa cura per i
dettagli e come incapacità a portare a termine le azioni
intraprese.Questi bambini evitano di svolgere attività che
richiedano attenzione per i particolari o abilità
organizzative.
2. Impulsività: difficoltà ad organizzare azioni complesse con
tendenza al cambiamento rapido da un’attività all’altra, e
difficoltà ad aspettare il proprio turno.
3. Iperattività: difficoltà a rispettare le regole, i tempi e gli
spazi dei coentanei.
Questi sintomi sono causati da difficoltà nell’autocontrollo e
nella capacità di pianificazione.
123. ADHD
Sintomi
Le modalità di comportamento sono persistenti in tutti i contesti
e nella maggior parte delle situazioni.Presente rapido
raggiungimento del livello di stanchezza e di noia che si
manifesta con frequenti spostamenti da un’attività non
completata a un’altra con perdita di concentrazione e incapacità
di portare a termine qualsiasi attività protratta nel tempo.
Presente difficoltà a controllare gli impulsi e a posticipare una
gratificazione.
124. ADHD
Cause
1. Alterazioni neuroanatomiche e nella trasmissione neuronale
2. Vulnerabiltà genetica
3. Fattori di rischio ambientale: fumo, alcol, droghe,
intossicazione da piombo
125. ADHD
Cause
1. Alterazioni neuroanatomiche e nella trasmissione neuronale
La corteccia pre-frontale destra e due gangli basali, il nucleo caudato e
Il globo pallido, sono significativamente meno estesi del normale nei
Bambini affetti da ADHD.
Anche il verme del cervelletto è di dimensioni inferiori alla norma.
Le aree cerebrali di dimensioni ridotte nei soggetti affetti da ADHD sono
quelle che regolano l’attenzione. La corteccia pre-frontale destra è
coinvolta nella programmazione del comportamento, nella resistenza alle
distrazioni e nello sviluppo della consapevolezza di sé e del tempo.
Il nucleo caudato e il globo pallido agiscono interrompendo le risposte
automatiche per consentire una decisione più accurata da parte della
corteccia e per coordinare gli impulsi che attraverso i neuroni raggiungono
le diverse regioni della corteccia. Il ruolo del verme del cervelletto non è
stato ancora chiarito, ma si ritiene che abbia a che fare con la motivazione.
126.
127.
128. ADHD
Circa i due terzi dei bambini con ADHD presentano sintomi di
altri disturbi o associati a situazioni sociali e ambientali
disagiate.
L’ADHD deve essere considerato come una malattia cronica
con picco di prevalenza in età scolare. Scopo principale degli
interventi terapeutici svolti dagli operatori dell’età evolutiva
deve essere quello di aumentare il benessere globale (la salute)
del bambino.
In particolare gli interventi terapeutici devono tendere a
migliorare le relazioni interpersonali con genitori, fratelli,
insegnanti e coetanei; diminuire i comportamenti dirompenti e
inadeguati; migliorare le capacità di apprendimento scolastico;
aumentare le autonomie e l’autostima; migliorare l’accettabilità
sociale del disturbo e la qualità della vita dei bambini affetti.
130. ADHD
Terapia
1. Lavoro con i genitori (Parent Training): ha lo scopo di favorire la
comprensione dei comportamenti del bambino, fornire strategie per
la loro gestione e modificazione, migliorare la qualità delle
interazioni all’interno della famiglia e con il contesto sociale.
131. ADHD
Terapia
2. Lavoro con gli insegnanti: ha lo scopo di favorire
un’adeguata integrazione scolastica del bambino, di ristrutturare
la percezione del contesto scolastico nei suoi confronti e di
consentire strategie educative più adeguate.
132. ADHD
Terapia
L’intervento psicologico con il bambino prevede interventi di
modulazione cognitiva al fine di favorire la riflessione sui propri
processi di pensiero e quindi una maggiore riflessività e l’uso di piani
d’azione. Ad esso può associarsi un intervento psicoterapico di
sostegno, in particolare nei soggetti con manifestazioni depressive
e/o ansiose, interventi volti a favorire i processi di socializzazione in
gruppi di coetanei ed interventi riabilitativi più specifici per le abilità
scolastiche. Tali interventi non-farmacologici sono prioritariamente
indicati per le forme di ADHD in età prescolare, per le forme meno
gravi o con prevalenza inattentiva, per le forme senza grave
impulsività. Sono particolarmente opportuni in presenza di disturbi
dell’apprendimento e di disturbi d’ansia.
133. ADHD
Terapia
Gli psicostimolanti (e il metilfenidato in particolare) sono i
farmaci di prima scelta quale parte di un piano multimodale di
trattamento per bambini con forme gravi e invalidanti di ADHD
(grave compromissione del funzionamento globale). Il
metilfenidato è efficace in circa i due terzi dei soggetti trattati.
Sono attualmente utilizzati anche altri farmaci
134. Memoria
La memoria, così come il linguaggio, non è un sistema unitario,
ma è costituita da componenti separate che possiedono
caratteristiche psicologiche e correlati anatomo-fisiologici
distinti e possono essere dissociate a livello sia funzionale che
neurologico e quindi frazionabile in sistemi separati
135. Memoria
Le fasi principali nell'elaborazione della memoria sono:
• La codifica: l’elaborazione delle informazioni ricevute
• L’immagazzinamento: la creazione di registrazioni
permanenti delle informazioni codificate
• Il richiamo: il recupero delle informazioni immagazzinate, in
risposta a qualche sollecitazione
Si può classificare i tipi di memoria in base ad almeno due
criteri:
• La persistenza del ricordo
• Il tipo delle informazioni memorizzate.
136. Memoria
Una distinzione fondamentale è quella tra memoria a breve
termine (MBT) o memoria primaria e memoria a lungo
termine (MLT) o memoria secondaria.
La MBT permette la ritenzione limitata nel tempo di uno
stimolo uditivo - verbale, uditivo -non verbale, visivo, visuo -
spaziale, tattile, ecc.
Il magazzino di memoria a breve termine è "un sistema
unitario, cui giunge informazione dai vari canali sensoriali". In
questo magazzino esiste un processo di ripasso
dell’informazione (se il ripasso non è possibile a causa di
un'interferenza, la traccia decade e si ha l'oblio dello stimolo),
che si mantiene temporaneamente in memoria per poter passare
o meno nel magazzino di memoria a lungo termine .
137. Memoria
La MLT consente di ritenere un numero maggiore di stimoli, di
informazioni, per un periodo maggiore di tempo, che può variare da
alcuni minuti a decine di anni. Esistono due sotto - componenti della
MLT : a. memoria esplicita o dichiarativa, una "memoria
consapevole" di fatti accaduti, del significato di un termine, di una
nozione, che ha una corrispondenza di tipo vero o falso, riguarda le
informazioni comunicabili e che vengono richiamate consciamente.
b. memoria implicita, riguarda le informazioni relative a
comportamenti automatici.
138. Memoria
La memoria esplicita può essere suddivisa in due componenti:
memoria episodica e memoria semantica.
La memoria episodica trattiene informazioni specifiche a un
contesto particolare, come un momento e un luogo. La memoria
autobiografica è un caso particolare della memoria episodica,
che riguarda episodi realmente avvenuti al soggetto stesso.
La memoria semantica può essere considerata la nostra
“cassaforte mentale” che contiene la conoscenza di parole,
simboli, regole, formule ed algoritmi, riguarda idee e
affermazioni indipendenti da uno specifico episodio .
139. Memoria
La memoria implicita o non dichiarativa o procedurale,
abbraccia un ambito molto vasto, dalle abilità percettive,
motorie e cognitive, al linguaggio e contiene informazioni
memorizzate in maniera non cosciente. La memoria procedurale
riguarda soprattutto le abilità motorie e fonetiche, che vengono
apprese con il semplice esercizio e utilizzate inconsciamente.
140. Memoria
Nei due tipi di memoria, dichiaratica o esplicita e procedurale o
implicita, sono implicate zone cerebrali diverse.
La memoria dichiarativa viene principalmente controllata
dalla corteccia cerebrale, in particolare quella temporale
Nella memoria procedurale sono implicate le strutture
sottocorticali, in particolare in gangli della base.
141. Memoria
Il flusso dell'informazione segue un percorso che possiamo
rappresentare in:
• Informazione in ingresso
• Memoria sensoriale (visiva, uditiva, etc.)
• Memoria a breve termine, memoria di lavoro (informazione
richiamata)
• Memoria a lungo termine, collegata strettamente con la
memoria a breve termine
142. Memoria
Le informazioni vengono immagazzinate in tre depositi differenti da
cui vengono richiamate.
1. Memoria sensoriale: trattiene per pochi secondi le informazioni
che provengono dagli organi di senso, scartandone il 75%. Del
rimanente 25% meno dell' 1% viene selezionato nell’area del
linguaggio e immagazzinato. Conserva le informazioni grezze
appena percepite. Alcune delle informazioni contenute nella
memoria sensoriale, possono passare, opportunamente
codificate, nella memoria a breve termine.
143. Memoria
2. Memoria primaria (memoria a breve termine): l’encefalo è in
grado di astrarre impressioni figurate, verbalizzare quanto appreso
e associarlo con informazioni precedenti. Maggiori sono le
possibili associazioni e più è facile che quanto appreso sia
ricordato per tempi più lunghi. Le informazioni sono trattenute
nella memoria primaria per un periodo variabile tra pochi secondi
e alcuni minuti. Se un'informazione non viene ripetuta con
sufficiente frequenza, scompare. Il complesso dei dati presenti in
ogni istante nella memoria a breve termine viene detto "cuscinetto
di ripetizione". L'informazione viene conservata nel "cuscinetto“
finché non è trasferita nella memoria a lungo termine o finché non
è rimpiazzata da una nuova.
144. Memoria
3. Memoria secondaria: la trasmissione di un’informazione
dalla memoria primaria a quella secondaria è un processo
delicato. La memoria a lungo termine si considera
virtualmente illimitata, ma la riattivazione di un’informazione
può essere impedita dall'incompletezza delle associazioni
necessarie alla sua identificazione.
146. Memoria
Fisiologia
La teoria prevalente sostiene che la memoria sensoriale e la
memoria a breve termine si realizzino tramite modifiche
transitorie nella comunicazione neuronale, mentre la memoria a
lungo termine si realizzi tramite modifiche più stabili nella
struttura neuronale.
147. Memoria
Fisiologia
L’ippocampo con tutte le altre componenti del sistema limbico
regolano i comportamenti relativi ai bisogni primari per la
sopravvivenza dell'individuo e della specie nonché l'interpretazione
dei segnali provenienti dagli altri e dall'ambiente. Questa zona del
cervello gestisce le emozioni, i sentimenti e perciò anche la nostra
percezione della realtà.
L’ippocampo si occupa anche della funzione di selezionare le
informazioni da trasferire nella memoria secondaria, ne deriva che
L’apprendimento e l’oblio sono notevolmente influenzati dalle
emozioni.
149. Memoria
Patologia
• Amnesia: perdita di memoria
• Paramnesia:falsificazione della memoria attraverso una
distorsione del ricordo
• Ipermnesia:esagerata ritenzione mnestica.
• Immagine eidetica: ricordo visivo vissuto talmente vividamente
da sembrare un'allucinazione
• Ricordo paravento: ricordo tollerabile a livello conscio, ma che
nasconde, inconsciamente, un evento traumatico
• Rimozione: dimenticanza inconsapevole di eventi considerati
inaccettabili
•Letologia: temporanea incapacità di ricordare un nome proprio o di
un oggetto.