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VIII MODULO
LA COSTRUZIONE DEL SE’
Chi sono
io?
Chi sono
io?
IL CONCETTO DI SÉ
Il Sé costituisce l’oggetto di studio di numerose
discipline:
 Filosofia : Sartre e l’Esistenzialismo, in genere
 Psicologia: W. James
 Psicologia sociale: G. H. Mead
 Psicologia della personalità: Maslow, Erikson,..
 Psicologia dello sviluppo: Mahler, Piaget, Stern,
Lewis, Zazzo,…
IL CONCETTO DI SÉ
Il Sé è un concetto multidimensionale, che
possiede diverse valenze:
 Individuale/sociale
 Soggettiva/oggettiva
 Cognitiva
 Emotivo/affettiva
IL CONCETTO DI SÉ: ALCUNE
DISTINZIONI
 Io/identità: è la componente che apprende,
organizza, interpreta l’esperienza. Esprime
l’esistenza dell’individuo come separato, distinto
dagli altri, costante e continuo nel tempo.
 Sé: è ciò che un individuo appare a se stesso, sulla
base della percezione che egli stesso ne ha e che
riceve dagli altri
 Senso di Sé: è la conoscenza che l’individuo ha di sé.
Comprende l’autostima (valutazione di sé).
IL MODELLO DI JAMES
Per primo W. James (1890) ha postulato un
concetto multidimensionale del Sé,
distinguendo tra:
 Io: il sé conoscente
 Me: il sé conosciuto (“Me materiale”, “Me
sociale”, “Me spirituale”)
Ha distinto inoltre tra:
 Sé attuale: effettivo e reale
 Sé potenziale: desiderato, prodotto delle
mete e delle aspettative personali
IL MODELLO DI MEAD
 G. Mead (1934) considera il Sé il prodotto
del rispecchiamento (looking glass self) che
ogni individuo effettua negli altri.
 Grazie a processi sempre più complessi di tipo
cognitivo, simbolico e sociale, l’individuo
interiorizza gli atteggiamenti, i ruoli sociali,
le rappresentazioni e le aspettative del
gruppo sociale di appartenenza (“altro
generalizzato”) e costruisce il proprio sé.
IL MODELLO DI BRUNER
 Secondo Bruner (1986,1990), grazie al linguaggio
e alla struttura narrativa del pensiero,
l’individuo, già dalla prima infanzia, tende a dare
significato e coerenza alle proprie esperienze,
collocandole nel contesto culturale di
appartenenza.
 Tale processo (raccontare-organizzare-dare
significato) costituisce la narrazione e produce
la memoria autobiografica e un costrutto
coerente che progressivamente diventerà il
Sé.
IL MODELLO DI BRUNER
La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per
sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007):
Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non
soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio
del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato
in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e
basato su riferimenti contestuali e significati impliciti.
Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche
e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto
e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole
convenzionali del racconto, che rendono la narrazione
comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.
IL MODELLO DI BRUNER
Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro:
Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come
se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro
degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si
verifica un vero e proprio processo di selezione e di
riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria
autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più
culturale e sociale, di dare significato alle proprie
esperienze e quindi di definire la propria identità personale.
Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé
e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.
IL MODELLO DI GUIDANO
 V. Guidano (1988) considera il Sé una
struttura complessa di tipo sistemico, la cui
stabilità e coerenza (identità) è garantita
dall’equilibrio tra la necessità di avere
relazioni con gli altri (apertura del sistema) e
la necessità di affermarsi, separandosi ed
individuandosi (chiusura).
 Tale duplice istanza si evidenzia già dal primo
nucleo del Sé, definito dalla propria
amabilità sociale e dalle prime forme di
autonomia e competenza.
SELF DETERMINATION THEORY
Secondo la Self Determination Theory
(Connell, 1990; Deci e Ryan, 2008) la
percezione di sé che un individuo
sperimenta durante il proprio agire nei
contesti sociali è il prodotto, la risultante
dell’incontro tra i propri bisogni individuali
di base, da un lato, e i modelli, o pattern di
relazione sociale in cui egli è inserito,
dall’altro.
SELF DETERMINATION THEORY
Competenza, connessione e autonomia
sono i tre bisogni di base dell’individuo
LA SEPARAZIONE COME BISOGNOLA SEPARAZIONE COME BISOGNO
DI BASEDI BASE
Connell (1990), nell’ambito della Self Determination Theory,
considera il bisogno di separazione in termini di bisogno di
autonomia:
percepirsi come separati dagli altri, di esistere come entità
propria e distinta sia in senso fisico (separazione), sia in senso
psicologico (separatezza), di evitare un controllo esterno nella
messa in atto delle proprie azioni.
L’autonomia può quindi essere intesa, innanzitutto, come
esperienza di autoregolazione, legata cioè alla percezione di
scegliere di dare inizio, mantenere o interrompere il proprio
comportamento, e in secondo luogo come esperienza di una
connessione tra le proprie azioni e gli obiettivi, i desideri, i valori
che le hanno mosse.
LA SEPARAZIONE COME BISOGNO
DI BASE
L’individuo, secondo Connell, soddisfa questo bisogno
quando sperimenta se stesso come artefice e
regolatore delle proprie azioni e quando sente che la
motivazione che lo spinge ad agire viene da lui stesso, è
cioè interna ed intrinseca.
I processi di base, quindi, connessi al soddisfacimento di
questo bisogno, sono fondamentalmente quelli di
autoregolazione e di percezione di un locus interno
rispetto al controllo delle proprie azioni.
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La connessione costituisce l’altra faccia
della medaglia:
È necessario separarsi da ciò con cui si è in
relazione, ma costruire la relazione è la
condizione per la separazione
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
BISOGNI SOCIALI: RIVOLTI VERSO L’ESTERNO,
VERSO GLI ALTRI
(Sullivan, 1953; Bowlby, 1973; Weiss, 1973)
 Bisogno di attaccamento/sicurezza
 Bisogno di relazioni sociali
 Bisogno di appartenenza
 Bisogno di confrontarsi/identificarsi
 Bisogno di avere un partner
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Si tratta di un tema centrale e dominante della
psicologia dello sviluppo.
E’ indubbiamente il bisogno, tra tutti, più indagato
Continuità tra la concezione classica (passato), anche di
tipo filosofico, che vede l’uomo come un animale
sociale, e quella attuale che vede, soprattutto
rispetto al futuro, l’uomo come individuo
tecnologicamente sempre più connesso
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Si riferisce alla necessità, anche biologica, di sentirsi
sicuri e protetti nel contesto sociale, di avvertire di
essere parte di un tutto, di sperimentarsi come capaci
e degni di essere amati e, a propria volta, di amare.
Il bisogno di relazione appare infatti soddisfatto
quando l’individuo realizza il contatto o la prossimità
con gli altri individui, quando le proprie richieste
vengono accolte, in sostanza quando egli percepisce un
senso di connessione con il mondo esterno.
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Tra i processi che contribuiscono al soddisfacimento di
questo bisogno appaiono significativi quelli relativi alla
costruzione di schemi relazionali, da cui può emergere
un’idea di sé, degli altri e della relazione in termini di
sicurezza, di amore, di connessione, ma anche di
competenza (sentirsi capaci e degni di amare ed
essere amati).
Gli Internal Working Models (IWM) (Bowlby, 1988)
costituiscono un buon esempio
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La psicologia dello sviluppo è prevalentemente una
psicologia della relazione:
 Teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali
 Teoria dell’attaccamento
 Modello interazionista dello sviluppo
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
L’approccio psicodinamico alle relazioni oggettuali
descrive come il legame tra il bambino e l’oggetto
d’investimento delle pulsioni, mentre si realizza,
conduce all’autonomia:
soltanto se il bambino ha costruito una relazione
profonda e sicura con una madre sensibile e sollecita
(che soddisfa quindi il suo bisogno di connessione), ma
nello stesso tempo non intrusiva e rispettosa del suo
bisogno di separazione, potrà accedere alla capacità di
stare solo (Winnicott, 1970), alla separatezza
interiore (Klein, 1978) e alla consapevolezza di sé
(Mahler, Pine, Bergman, 1978).
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza
della relazione, ma attraverso la costruzione di una
relazione l’individuo procede da una condizione di
dipendenza totale ad una di autonomia
(interiorizzazione della relazione).
Il punto di arrivo è la costruzione dei primi schemi di sé
(IWM) in termini di amato/non amato,
competente/non competente.
Il legame di attaccamento da un lato soddisfa il bisogno
di connessione, ma dall’altro consente di sperimentare
le prime forme di autonomia (i primi nuclei del Sé) e di
competenza (capacità di amare ed essere amati)
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Il modello interazionista dello sviluppo ha sottolineato
come l’individuo sia predisposto alla socialità e ha
mostrato come le interazioni siano un potente fattore
evolutivo, in quanto esse concorrono alla costruzione
di competenze di vario genere (linguistica, sociale,
emotiva, ..).
Grazie a tali competenze l’individuo definisce il proprio
modo di essere, acquisisce cioè quelle informazioni su
di sé (sé categoriale) che gli consentono di
differenziarsi dagli altri e di svolgere un ruolo nel
contesto sociale (Dunn, 1990)
LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
In sintesi, coloro che hanno enfatizzato la connessione
come un bisogno di base, pur in prospettive diverse,
hanno sottolineato come tale istanza evolutiva
conduca, se soddisfatta, a percepire quel senso di
sicurezza e di competenza che consente sia di
separarsi (fare a meno di) dagli altri, sia di
differenziarsene, affermando una propria identità e
individualità.
LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Riflettendo sui bisogni di base di separazione e di
connessione è emerso che essi difficilmente possono
essere distinti, è come se costituissero le due facce
della stessa medaglia, cioè dello sviluppo, il quale a sua
volta non è che un’acquisizione progressiva di
competenze.
SEPARAZIONE CONNESSIONE
COMPETENZA
Sono tre istanze evolutive di base e intrecciate tra loro
LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Il bisogno di competenza (Elliot, McGregor, Thrash, 2002) si riferisce
alla necessità di produrre un effetto sull’ambiente.
Quest’ultimo viene in effetti percepito come soddisfatto quando l’individuo
sperimenta di essere capace di produrre un effetto voluto, o un esito
positivo, o di evitarne uno non voluto, o esito negativo. Allo stesso modo
ciò accade quando egli si aspetta e quindi prevede di riuscire in un
compito o nella messa in atto di un comportamento.
Rispetto al senso di competenza, e quindi alla possibilità di percepirsi come
tali e di soddisfare questo bisogno, due processi appaiono cruciali: la
conoscenza delle proprie abilità (sperimentare di saper fare, credere
di essere in grado di fare, avere fiducia nelle proprie capacità), e la
consapevolezza delle strategie utili al saper fare (come agire per
raggiungere un esito positivo e per evitarne uno negativo).
LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
In sintesi, il bisogno di competenza viene soddisfatto quando
l’individuo, in una determinata circostanza e rispetto ad un’azione
specifica, sa che cosa e come deve fare per realizzarla.
Il soddisfacimento del bisogno di competenza conduce ad
esercitare una qualche forma di controllo, dall’interno,
sull’azione, e quindi sulla realtà esterna. L’individuo sperimenta
dunque di non essere “in balia” del mondo esterno, ma di
essere, rispetto ad esso, distinto e autonomo.
Quindi, l’esperienza di percepirsi come competente, di esercitare un
effetto sull’ambiente, lo conduce di fatto anche a comprendere il
proprio senso di autonomia e a sentire di essere diverso e
separato da ciò su cui esercita un controllo.
LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
BISOGNO DI COMPETENZA
BISOGNO DI AUTONOMIA
LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Precursori del soddisfacimento del bisogno di
competenza:
Reazioni circolari secondarie (Piaget, 1936), intorno ai sei mesi,
grazie alle quali un movimento, o un’azione, che produce un
effetto sull’ambiente viene ad essere generalizzato ed inserito
nel repertorio degli schemi di azione.
Comparsa delle emozioni autocoscienti (Harter, 1999) verso la fine
del secondo anno di vita: esse sono strettamente connesse ad una
prima forma di valutazione di sé, e in particolare all’effetto che
il proprio comportamento esercita sulla realtà esterna.
SEPARAZIONE, CONNESSIONE E
COMPETENZA
Dalle riflessioni precedenti emerge lo stretto legame
tra le 3 istanze evolutive di base e l’importanza che
esse ricoprono rispetto alla costruzione del Sé
Separazione
Connessione
Competenza
Sé
SELF DETERMINATION THEORY
Competenza, connessione e autonomia sono le
dimensioni principali del sistema del Sé,
poiché i processi attraverso cui tali istanze
vengono soddisfatte consentono all’individuo di
costruire, percepire e sperimentare le diverse
componenti e caratteristiche del proprio modo
di essere nelle varie situazioni.
SELF DETERMINATION THEORY
Alcuni pattern interattivi possono, in una situazione
specifica e durante una determinata attività,
risultare più o meno funzionali al soddisfacimento dei
bisogni individuali, e quindi consentire all’individuo
stesso di sperimentare in quella situazione un senso
del Sé più o meno positivo.
Le variazioni nel sistema del Sé dipendono dunque dal
grado con cui le istanze di base vengono accolte e
soddisfatte dal contesto relazionale.
I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Le caratteristiche del contesto possono
favorire o meno il soddisfacimento di
tali bisogni e, in questo modo,
concorrono alla costruzione di un Sé più
o meno soddisfacente (stabilità,
benessere, adattamento)
I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Sono tre le caratteristiche dell’ambiente relazionale, in
grado di influenzare il soddisfacimento dei bisogni di
base di autonomia, competenza e connessione:
“struttura”
“sostegno all’autonomia”
“coinvolgimento”
Queste vanno intese anche rispetto alla percezione che
di queste ha l’individuo, e non soltanto come elementi
oggettivamente posseduti dal contesto.
I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Struttura
Si intende un contesto molto chiaro e definito, tale per
cui l’individuo è consapevole di ciò che può aspettarsi.
Sperimentare una relazione strutturata significa
percepirla come coerente e stabile, e quindi ben
definita e prevedibile; al contrario, in assenza di
struttura, l’individuo percepisce incoerenza,
instabilità e non sa, in una particolare circostanza, che
cosa può aspettarsi da essa.
I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Sostegno all’autonomia
Il sostegno all’autonomia viene percepito all’interno di
una relazione in cui il partner riconosce il bisogno di
separazione e di controllo interno delle proprie azioni,
e quindi non è intrusivo e non esercita un controllo
eccessivo sul comportamento.
I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Coinvolgimento
Il coinvolgimento caratterizza quella relazione o quel
contesto socio-culturale in cui l’individuo percepisce
su di sé l’attenzione, la partecipazione e la
preoccupazione degli altri; egli sente di essere
accettato e di essere partecipe di un tutto,
sperimenta un senso di appartenenza e di connessione.
In caso contrario egli percepirà un senso di isolamento e
un sentimento di solitudine.
CONTESTO E CULTURA DI
RIFERIMENTO
Le caratteristiche del contesto si esprimono non
solo a livello di relazione ma anche di cultura di
riferimento:
culture di tipo collettivistico, o individualistico,
proprio perché diversamente caratterizzate
rispetto alla struttura, al supporto all’autonomia
o al coinvolgimento, soddisfano in modo diverso i
bisogni di competenza, di autonomia e di
relazione, e quindi influenzano la percezione del
Sé in particolari circostanze (Dennis, Talih,
Cole, Zahn-Waxler, Mizuta, 2007).
CONTESTO E CULTURA DI
RIFERIMENTO
Anche i modelli di socializzazione presenti nei diversi
contesti familiari e/o educativi possono orientare
l’azione dei partner delle relazioni in modo tale da
soddisfare in modo differente i bisogni sociali o
individuali dei bambini (Corsano, Cigala, 2004).
Diverse situazioni cliniche di malessere e di inadeguata
percezione di sé, descritte da Buchholz (1997) come
caratteristiche dell’attuale cultura occidentale,
vengono dalla studiosa spiegate in relazione ad una
sorta di mancato riconoscimento del bisogno di
autonomia, soffocato, sul piano culturale, da un’enfasi
eccessiva sugli aspetti di connessione e di relazione.
CONTESTO, DOMINIO DI VITA E
FASI EVOLUTIVE
Le caratteristiche del contesto possono avere
significato diverso, maggiore o minore salienza anche
rispetto a:
 Dominio di vita: casa/scuola/gruppo dei pari,..
 Fase evolutiva dell’individuo.
Gli stessi bisogni di base, per altro, si esprimono con
forza e modalità differenti a seconda dell’età degli
individui.
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Smeekens, Riksen-Wairaven e van Bakel (2008) hanno
condotto una ricerca da cui emergono bene le
interazioni tra bisogni di base e caratteristiche del
contesto.
Tema: relazione tra profili di adattamento e
l’interazione genitore/bambino (contesto di
riferimento)
Hp: i profili di adattamento variano rispetto alle
caratteristiche del contesto
Soggetti: 107 bambini di 5 anni
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito rispetto ai tre bisogni di base:
Competenza: valutata attraverso una prova di
competenza percepita (Puppet Interview - Cassidy,
1988)
Autonomia: valutata attraverso una prova di
autoregolazione e coping (California Child Q-set -
Block e Block, 1980)
Connessione: valutata attraverso la sicurezza
dell’attaccamento (Attachment Story Completion
Task - Cassidy, 1988), competenza sociale coi pari
(vari strumenti) e adattamento a scuola (SRS-
Chandler et al., 1985)
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito anche rispetto a dimensioni
comportamentali, quali :
• Internalizzazione (ansia, depressione, ritiro sociale,
bassa stima di sé)
• Esternalizzazione (aggressività, antisocialità,..)
valutate attraverso il Child Behavior Checklist (CBCL) e
il Teacher Report Form, entrambi di Achenbach
(1991), strumenti di osservazione indiretta per
genitori e insegnanti.
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il contesto (interazione col genitore) è stato valutato
mediante una prova in cui i genitori dovevano dare
istruzioni su come svolgere un compito.
La situazione, videoregistrata, è stata codificata
mediante le scale di Erickson et al., 1985), che
valutano:
Supporto emotivo / ostilità (Coinvolgimento)
Non intrusività, rispetto autonomia (Sostegno
all’autonomia)
Coerenza nella strutturazione delle regole/Chiarezza nel
dare le istruzioni (Struttura)
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Mediante l’analisi dei clusters sono emersi 3 profili di
autonomia:
I profilo: adattamento (punteggi alti in tutte le scale)
(circa il 60 % dei bambini)
II profilo: disadattamento (punteggi bassi in tutte le
scale, problemi di esternalizzazione) (circa il 20 %)
III profilo: “insuccesso” (20 %) (buona sicurezza di
attaccamento, bassa autoregolazione e bassa
competenza percepita, bassa prosocialità, inibizione,
problemi di internalizzazione)
BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
I profili sono stati correlati con le
caratteristiche del contesto.
• Il I profilo è correlato con livelli alti di
struttura, supporto all’autonomia e
coinvolgimento
• Il II profilo è correlato con livelli bassi di
struttura, coinvolgimento e supporto
all’autonomia
• Il III è correlato a buoni livelli di struttura,
coinvolgimento e basso supporto all’autonomia
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Nel percorso di sviluppo del concetto di sé si
individuano due momenti significativi (Lewis,
1990):
 Sé esistenziale (Sé come agente): è la
consapevolezza di sé, cioè la capacità di
comprendere che si esiste come individui distinti
e separati dagli altri.
 Sé categoriale: è il vero e proprio concetto di sé,
cioè l’attribuzione a sé di caratteristiche (la
collocazione di sé all’interno di categorie che lo
definiscono).
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Si costruisce entro il II anno di vita
Viene valutato mediante:
 Prove di riconoscimento visivo allo specchio
(Lewis, Zazzo)
 Uso adeguato di pronomi personali e nome
proprio
 Presenza di autoaffermazione e di emozioni
complesse (vergogna, orgoglio,..).
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Esperienze che favoriscono l’acquisizione del Sé
esistenziale:
 Reazioni circolari primarie e secondarie
(Piaget)
 Protoconversazioni (Stern)
 Contingenza tra le proprie azioni e gli effetti
di queste (Piaget)
 Dialogo emotivo (Stern, Trevarthen)
 Osservazione ed esplorazione del proprio
corpo
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Il percorso di acquisizione del Sé esistenziale
è stato descritto da:
 Piaget (1937): sul piano cognitivo, rispetto al
processo di costruzione dell’oggetto (e
differenziazione del soggetto)
 M. Mahler (et al., 1975): sul piano affettivo,
rispetto al processo che, dalla fusione e
simbiosi con la madre, conduce alla
separazione e all’individuazione.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Fonagy (2002) ha fornito un interessante
modello di sviluppo del Sé, focalizzandosi in
particolare sul
Sé come agente mentale, cioè sulla
comprensione che l’individuo ha di essere
un’entità che agisce e ha un effetto sul
mondo
Egli si chiede come ciò avvenga
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il modello di Fonagy si colloca in un contesto
teorico che dà importanza, per la costruzione
del Sé a:
• Processi mentali (il bambino conosce la
propria mente grazie alla comprensione della
mente altrui)
• Interazione affettiva col caregiver come
contesto in cui si costruisce il Sé
• Rapporto tra emozione e cognizione
(consapevolezza delle emozioni)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sia il Sé come agente mentale (Io) sia il Sé
come oggetto (Me) non sono dati alla nascita,
ma si costruiscono grazie al processo di
mentalizzazione (o funzione riflessiva), cioè il
fare esperienza di essere un organismo dotato
di mente.
La funzione riflessiva (capacità di riflettere
sulla mente) può essere rivolta verso di sé
(autoriflessione) o verso gli altri. Ciò aiuta a
distinguere tra realtà interna ed esterna.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Mentalizzazione: processo che porta alla
consapevolezza che l’esperienza che abbiamo
del mondo è mediata dalla nostra mente.
Organizzare tale esperienza attraverso la
mente porta a costruire un’idea di Sé
Mentalizzazione Costruzione del Sé
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Mentalizzazione:
regolazione affettiva (tra bambino e caregiver)
affettività mentalizzata
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
regolazione affettiva (tra bambino e caregiver):
capacità di modulare le proprie emozioni
rispetto all’altro)
affettività mentalizzata: comprensione dei
significati soggettivi dei propri stati affettivi.
E’ la forma più matura di regolazione affettiva.
Implica il Sé
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Se il processo di mentalizzazione fallisce,
la psicoterapia può aiutare a
raggiungere una condizione di
affettività mentalizzata
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Alcune domande:
Perché il processo di mentalizzazione
avviene a partire dalla regolazione
affettiva?
Perché le emozioni sono i primi stati
mentali che si sperimentano e che si
attribuiscono agli altri (poi intenzioni,
desideri, credenze,..)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Alcune domande:
Perché le emozioni sono gli stati mentali
più precoci?
Perché sono innate e universali, si
accompagnano a correlati fisiologici,
comportamentali ed espressivi che le
rendono facilmente riconoscibili.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Grazie al processo di mentalizzazione si verifica un
passaggio evolutivo importante: da una condizione di
“equazione tra stati affettivi interni ed esterni”
(tipica del bambino piccolo) alla distinzione tra stati
mentali effettivi (interni) e stati mentali
rappresentati (cioè consapevoli e rielaborati rispetto
alla realtà esterna)
Solo quando il bambino distingue le due realtà può
integrarle dando vita a stati affettivi come
rappresentazioni, può comprendere il senso del “come
se” e del “fare finta” e sperimentare diverse
rappresentazioni di sé.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il punto di partenza e il punto chiave del
processo di mentalizzazione è la regolazione
affettiva che avviene nell’interazione col
caregiver.
Passaggio progressivo dalla co-regolazione
all’autoregolazione (delle emozioni e di sé)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Ci sono diversi livelli di regolazione affettiva:
• Omeostasi: modulazione dell’emozione in
funzione del ripristino dell’equilibrio fisiologico
(non è consapevole)
• Regolazione interpersonale: modulazione dello
stato emotivo per adattarlo agli altri (prima
forma di autoregolazione)
• Affettività mentalizzata: modulazione che
tiene conto dei significati soggettivi dei propri
stati affettivi
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il passaggio dal I agli altri livelli di regolazione
affettiva è reso possibile dal rispecchiamento
emotivo da parte dell’adulto
E’ il punto centrale del modello di Fonagy
Per spiegarlo, Fonagy ricorre al modello del bio-
feedback. Ipotizza che la teoria classica del
bio-feedback possa essere applicata al
contesto dell’interazione col caregiver
Teoria del bio-feedback sociale
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback
Al paziente si insegna ad avere consapevolezza
di uno stato interno (ad es. frequenza
cardiaca) associandolo contingentemente a
qualcosa di esterno che varia in modo
concomitante.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Il bambino impara a prendere consapevolezza di
un stato interno non consapevole (uno stato
emotivo) associandolo allo stato emotivo che
l’adulto manifesta contingentemente a quello
del piccolo
(già a poche settimane i piccoli sono in grado di
rilevare e reagire, sperimentandole, alle
contingenze)
Detezione e massimizzazione della contingenza
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
La detezione e la massimizzazione della
contingenza svolgono due funzioni importanti:
1)Autoidentificazione (il bambino fa esperienza
di sé come soggetto agente
2)Orientamento verso l’oggetto sociale (che
risponde)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Quindi, quando l’adulto rispecchia
emotivamente lo stato interno del bambino,
gli consente di fare un’esperienza di
contingenza e di associare la configurazione
che vede nell’adulto al proprio stato interno
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Per massimizzare la contingenza, il bambino
introduce delle piccole variazioni nel proprio
comportamento, che si sintonizzano con
quelle del genitore (il rispecchiamento non è
continuativo).
Questa sintonizzazione induce il bambino a
ridurre e regolare i propri stati emotivi
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Oltre che contingente, il rispecchiamento
affettivo dell’adulto deve anche essere
marcato, cioè esagerato.
La marcatura fatta dal genitore aiuta il bambino
a capire che quello che vede nell’altro è il
proprio stato emotivo e non l’altrui.
Questo lo aiuta a differenziare tra stato
interno e realtà esterna (costruzione del Sé)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Se il bambino percepisse che quello che vede
nell’altro è l’altrui stato emotivo, oltre a non
differenziare tra sé e la realtà esterna (che
sarebbe percepita come un prolungamento di
sé), non regolerebbe il proprio stato
emotivo, ma lo intensificherebbe.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Come fa il bambino a capire che quello che vede è
una marcatura e non lo stato reale dell’adulto?
Perché nel tempo il bambino sperimenta nel
genitore due tipi diversi di esperienza
emotiva: quella realistica e quella marcata,
le distingue e “capisce” che quella marcata
rispecchia il proprio stato e non quello
dell’adulto.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Grazie alla marcatura, il bambino gradualmente
interiorizza anche la modalità del “come se”,
del “fare finta”, che lo aiuterà a distinguere i
due livelli della realtà (interna ed esterna) e a
costruire delle rappresentazioni integrate di
essa e di sé.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Quindi, il rispecchiamento contingente e marcato (che è
istintivo nel genitore) svolge alcune funzioni
fondamentali:
• Aiuta il b. a identificare e raggruppare alcuni indizi che
definiscono il suo stato interno (sensibilizzazione)
• Lo aiuta a costruire delle rappresentazioni consapevoli
dei propri stati interni (costruzione della
rappresentazione)
• Regolazione delle emozioni
• Acquisizione del codice comunicativo della marcatura.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Possono esserci nel caregiver stili devianti di
rispecchiamento emotivo, che possono
sviluppare nel bambino forme di
disadattamento o psicopatologie:
• Assenza di marcatura
• Presenza di marcatura, ma con incongruenza
emozionale
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Assenza di marcatura
Il bambino attribuisce all’altro il proprio stato
emotivo, non distingue tra realtà interna ed
esterna, l’emozione negativa risulta amplificata
piuttosto che regolata.
Bambino e genitori sono sopraffatti dallo stato
emotivo, assenza di contenimento emotivo.
Tendenza nel bambino all’identificazione
proiettiva, difficoltà di differenziazione di sé.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Presenza di marcatura, ma con incongruenza
emozionale
L’adulto risponde con una reazione diversa da
quella del bambino (ad es. piccolo attivato,
eccitato gioiosamente, mamma risponde
arrabbiandosi.
Il bambino percepirà in modo distortio i propri
stati affettivi (Falso Sé o Sé alieno)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Attraverso il processo di mentalizzazione il
bambino diventa progressivamente
consapevole di sé come agente mentale
Fonagy delinea lo sviluppo del Sé agente (Io),
aspetto trascurato dalla letteratura, che si
è concentrata sullo sviluppo del concetto di
sé.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
5 livelli nell’acquisizione della comprensione di
essere un agente mentale:
Fisico
Sociale
Teleologico
Intenzionale
Rappresentazionale
(autobiografico)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
• Il I livello (Sé come agente fisico) è un Sé pre-
riflessivo (non psicologico).
• Gli altri costituiscono il Sé riflessivo (psicologico),
grazie al quale l’individuo può riflettere (funzione
riflessiva) sulla propria e altrui esperienza in termini di
stati mentali (emozioni, affetti, intenzioni, desideri,
credenze, motivazioni,..)
• Costruzione del Sé: mentalizzazione
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente fisico
Da 0 a 6 mesi il bambino comincia ad avere una vaga idea
di sé (corporeo, pre-riflessivo) come origine di azioni
sull’ambiente, di forza fisica che produce cambiamenti
nell’ambiente.
Varie ricerche mostrano:
Sensibilità alle contingenze (perfette)
Reaz. Circolari
Capacità di adeguare i propri movimenti allo spazio
(esperimento “stanza mobile”)
Osservazione di parti del corpo
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
• Entro il I anno di vita il bambino comprende che i
propri comportamenti hanno un effetto sugli altri.
• Le ricerche mostrano che già alla nascita il bambino è
attratto dagli stimoli sociali, sa imitare e interagisce.
• La comprensione del sé come agente sociale implica la
consapevolezza di ciò.
• Gli studiosi si sono chiesti quando ciò avviene. Ci sono
diverse posizioni in letteratura.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
• Intersoggettività – posizione forte (Tronick,
Trevarthen): presente su base innata. Il bambino
comprenderebbe subito i propri e altrui stati interni
(es. le emozioni e le intenzioni), osservando il proprio
caregiver (“come me”).
• Intersoggettività – posizione più debole (Tomasello):
presente su base innata, ma la comprensione degli stati
propri e altrui compare solo intorno ai 9 mesi.
• Intersoggettività senza stato iniziale (Fonagy): non è
data alla nascita, ma si costruisce in modo mediato
attraverso le interazioni col caregiver.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
La propensione innata agli stimoli sociali e alle interazioni
non agisce direttamente, ma indirettamente:
• favorisce la prossimità
• esprimendosi come proto-conversazioni, dialogo emotivo,..
favorisce l’autoregolazione (il bambino dapprima subisce la
funzione regolatrice dell’adulto, poi sperimenta di avere
effetti sull’altro)
• stimola nel genitore il rispecchiamento emotivo
In sintesi, crea un ambiente favorevole all’apprendimento e alla
comprensione degli stati mentali, che sono acquisiti intorno
ai 18 mesi.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
Quindi, la mentalizzazione vera e propria
(consapevolezza di Sé come agente mentale) ha
inizio intorno ai 18 mesi
prima ci sono solo dei precursori (gesto dell’indicare,
attenzione condivisa, riferimento sociale,..)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente teleologico
E’ la comprensione che le proprie azioni hanno un
esito e che possono essere messe in atto in
funzione di questo.
Già Piaget aveva mostrato che intorno a 9 mesi i
bambini sembrano agire rispetto a uno scopo
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente teleologico
Secondo Fonagy il Sé teleologico è distinto da
quello intenzionale, perché quest’ultimo
presuppone una maggiore consapevolezza degli
stati mentali (intenzioni)
Infatti, gli studi sui bambini autistici e sui
primati mostrano che essi possiedono un Sé
teleologico , ma non comprendono gli stati
mentali delle intenzioni.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il Sé come agente intenzionale
• Comprensione che all’origine di un’azione ci sia
un’intenzione o in genere uno stato mentale che
la muove (teoria della mente).
• Già dai due anni i bambini usano il verbo “volere”
e comprendono i desideri, le preferenze.
Mostrano empatia e comportamento prosociale
• Le credenze compaiono più tardi (3-4 anni)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente rappresentazionale e
autobiografico
Comprensione che il Sé è una rappresentazione,
cioè un insieme complesso di attributi,
esperienze, attività, ricordi, che può essere
pensato e richiamato alla mente (su cui si può
riflettere).
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente rappresentazionale e
autobiografico
Prima dei due anni c’è amnesia infantile perché non
c’è Sé esistenziale (né linguaggio)
Intorno ai due anni il bambino comincia a
comprendere il Sé come rappresentazione, ma
solo più tardi lo organizza temporalmente (Sé
“esteso” nel passato e nel futuro, cioè
autobiografico”)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
(Fonagy)
In sintesi, anche riprendendo Bruner, il Sé
autobiografico è il prodotto di:
• Sé esistenziale
• linguaggio
• memoria,
• mentalizzazione
• narrazione
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
 Si costruisce a partire dai 2 anni circa
 Si costruisce parallelamente alla conoscenza degli
altri
 Segue di pari passo:
• lo sviluppo cognitivo (schemi cognitivi via via più
complessi consentono nuove conoscenze e nuove
modalità di rielaborazione delle conoscenze);
• lo sviluppo affettivo e sociale (le relazioni con gli
altri consentono di ricavare informazioni su di sé)
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Il sé categoriale è stato studiato prevalentemente
attraverso l’uso del linguaggio (metodo narrativo).
Le definizioni che i bambini danno di sé inglobano
progressivamente le seguenti categorie (Schaffer,
2004):
 Età
 Genere
 Caratteristiche fisiche
 Oggetti posseduti e attività svolte
 Abilità e tratti psicologici
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
 Secondo Guidano (1988) i primissimi nuclei del
Sé (I infanzia) hanno origine nelle relazioni
familiari e riguardano l’amabilità sociale, la
sicurezza, le competenze di base connesse
all’autonomia, le prime norme.
 Tali nuclei, poi, si consolidano all’interno di altre
relazioni, soprattutto con i pari, costruendo un Sé
costituito sempre da schemi relazionali, normativi
e di competenza, adeguati al livello evolutivo
raggiunto.
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Strutturalmente, il concetto di sé si modifica nelle
seguenti direzioni (Harter, 1999; Schaffer, 2004):
 Dal globale al differenziato
 Dalla giustapposizione all’organizzazione
 Dall’incoerenza alla coerenza
 Dal concreto all’astratto
 Dall’induzione alla deduzione
 Dall’assoluto al comparativo
 Distinzione progressiva tra Sé pubblico e Sé privato,
Sé reale e Sé ideale
SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sviluppo cognitivo Concetto di Sé e degli altri
Periodo sensomotorio Distinzione tra Sé e gli altri: consapevolezza di
Sé
Primi schemi relazionali e normativi
Periodo preoperatorio Il bambino identifica Sé e gli altri ricorrendo ad
indici percettivi, tratti esteriori e
comportamenti contingenti.
Giustappone i tratti senza organizzarli in modo
coerente.
Periodo operatorio Grazie all’acquisizione della costanza e
dell’identità degli oggetti, il bambino è in grado di
riunire in un costrutto globale e unitario i
diversi tratti. Utilizza le comparazioni, il
riferimento a tratti psicologici e a stati
interni, dapprima connessi ai comportamenti
osservati (pensiero concreto), e poi da questi
sempre più svincolati (pensiero astratto).
ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Fino agli anni ’80/’90 gli studiosi hanno indagato
il Sé in età prescolare attraverso l’uso di
domande aperte, frasi da completare…,
che non hanno favorito l’emergere di
competenze tacite.
ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Dagli anni ‘90 in poi nuovi studi condotti con
nuove metodologie (Eder, 1990; Marsh, Ellis e
Craven, 2002; Brown et al., 2009; Fivush,
2007) hanno evidenziato che i bambini di età
prescolare sono capaci di attribuirsi
caratteristiche non solo fisiche ma anche di
tipo psicologico (emotivo, sociale, tratti di
personalità) e di organizzarle in modo
coerente.
ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Rispetto allo sviluppo del Sé l’età prescolare possiede
alcune peculiarità:
• Consolidarsi del linguaggio: sé verbale e narrato,
conversazioni coi genitori e i pari
• Consolidarsi delle autonomie: sviluppo di molte
competenze e approvazione sociale rispetto ad esse
(sovrastima di sé)
• Consolidarsi dell’attività simbolica:il bambino si
sperimenta nel gioco, “far finta”, sé
rappresentazionale e autobiografico
• Teoria della mente: si completa il processo di
mentalizzazione
• Consolidarsi delle emozioni autocoscienti
EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O
“AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI”
Ogni emozione sociale possiede:
1.Una causa elicitante
2.Implicazioni per sé / per gli altri
3.Correlati emotivi e comportamentali
ORGOGLIO:
1.Raggiungimento di mete e obiettivi definiti nel contesto
della relazione
2.Percezione di competenza / di avere risposto alle
aspettative degli altri
3.Felicità e comportamento di esibizione
EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O
“AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI”
VERGOGNA:
1.Trasgressione di norme definite nel contesto della
relazione
2.Percezione di inadeguatezza / di avere deluso gli altri
3.Tristezza e comportamento di ritiro/evitamento
SENSO DI COLPA:
1.Trasgressione/violazione di norme definite nel contesto
della relazione affettiva
2.Percezione di inadeguatezza / danno per gli altri
3.Ansia e agitazione e comportamento di riparazione
SVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALISVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALI
(Harter, 1999; Lewis, 2008)(Harter, 1999; Lewis, 2008)
2-3 anni: solo indici espressivi
4 anni: nominano correttamente e comprendono la valenza
affettiva dell’emozione
3-6 anni: comprensione del legame tra norme ed emozione
7 anni: portano esempi corretti di situazioni elicitanti, ed
esplicitano i modelli parentali
8 anni: consapevolezza che l’emozione può essere provata
indipendentemente dall’osservazione degli altri
STUDI SUL REMINISCING
Gli studi sul “reminiscing” hanno mostrato aspetti
interessanti riguardo al Sé in età prescolare e
alla formazione del Sé autobiografico.
Per “reminiscing” si intende l’atto di ricordare
insieme (bambino-genitore) eventi del passato
vissuti da entrambi
Gli studiosi (Fivush et al., anni 2000) si sono
soffermati sugli stili di conduzione dei genitori
STUDI SUL REMINISCING
Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori
favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione
autobiografica e quindi di costruzione del Sé.
Gli studi sul “reminiscing” hanno individuato due stili materni
caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini:
•Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e
particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore
competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e
nello strutturarli in sequenze narrative più complesse).
•Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non
tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare,
bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).
STUDI SUL REMINISCING
DIFFERENZE DI GENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush,
Buckner, 2003)
Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine:
•Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture
narrative di tipo socio-relazionale
•Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla
rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi)
…E DI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004)
Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e
bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a
soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé
indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato)
Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno
importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo
complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli
altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé
interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)
ETA’ SCOLARE
In età scolare (fanciullezza) gli studi sul sé si
sono concentrati maggiormente sull’autostima,
sulla percezione di competenza,
differenziando in modo netto tra vari ambiti
del sé (da quello fisico, a quello
interpersonale, scolastico/accademico,..)
L’AUTOSTIMA
L’autostima è la valutazione, il giudizio che
l’individuo esprime su di sé.
Si costruisce parallelamente al concetto di Sé
ed è il prodotto di:
 Esperienze vissute (successi, fallimenti,..)
 Aspettative degli altri
 Giudizi ricevuti dagli altri
L’AUTOSTIMA
Esperienze entro cui si costruisce l’autostima:
 Interazioni bambino/genitore
 Interazioni tra pari
 Gioco (solitario e sociale)
 Attività scolastiche ed extrascolastiche
 Professione
 Relazioni con un partner
 ………………..
L’AUTOSTIMA
Valutazione dell’autostima:
 Interviste/colloqui (con i più piccoli e i loro
familiari)
 Tecniche di “Self-report” (a partire dall’età
scolare): questionari in cui i soggetti devono
attribuirsi un punteggio su scale relative a
varie abilità
 Test del “Bean bag”: giochi di difficoltà
variabile che permettono di misurare il livello
degli obiettivi che i bambini si pongono
L’AUTOSTIMA
Livelli e correlati dell’autostima in età scolare
(Coopersmith, anni ‘70)
Bassa stima di sè Alta stima di sè
Timidezza/introversione Socievolezza/estoversione
impopolarità Popolarità
Insuccesso scolastico Successo scolatico
Ritiro e isolamento sociale Competenza sociale
Dipendenza dal
contesto/conformismo
Autonomia rispetto al contesto
L’AUTOSTIMA
L’autostima è un costrutto stabile ed autoreferente:
l’individuo tende cioè a confermare la propria
valutazione, interpretando in questa direzione le
esperienze.
Diener e Dweck (‘70) hanno rilevato che i bambini di età
scolare , in seguito a fallimenti, usano un linguaggio
diverso (interpretando la situazione) a seconda del livello
di autostima:
•Bassa autostima: bambini
rinunciatari
Alta autostima: b. orientati alla
padronanza
“..mi sono confuso” “più è difficile e più devo impegnarmi”
“ho sbagliato” “ancora un po’ e ce la faccio”
“non sono capace..” “mi piace avere più scelte”
“rinuncio” “riproviamo”
L’AUTOSTIMA
L’autostima è coerente con le valutazioni degli
adulti di riferimento:
Insegnanti: la valutazione dell’insegnante
corrisponde al livello di autostima dell’allievo
Genitori: la valutazione del genitore corrisponde
al livello di autostima del figlio; correlazione
tra autostima dei genitori e dei figli
SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Secondo Berti e Bombi (2005) fino all’età scolare
l’autostima tende ad essere prevalentemente
positiva, a causa di:
 Ottimismo protettivo
 Confronto rispetto a sé e al passato
 Limiti cognitivi
SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Per quanto già precocemente i bambini esprimano giudizi su
di sé, traendone condizioni di benessere/malessere,
molti autori ritengono che un vero e proprio costrutto
di autostima sia presente solo dopo l’età scolare.
La valutazione di sé infatti implica il confronto tra tre
istanze (Higgins, 1989, 1991):
Sé reale: “come io sono”
Sé ideale: “come mi piacerebbe essere”
Sé normativo: “come dovrei essere”
SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
La capacità di autovalutazione si struttura negli anni secondo livelli differenti
(Higgins, 1989, 1991):
I livello (I anno di vita): il bambino percepisce solo delle contingenze tra il
proprio e altrui comportamento, che lo portano gradualmente alla distinzione
di sé.
II livello (2-3 anni): il bambino mette in relazione il proprio comportamento con
gli stati emotivi degli altri, che costituiscono una prima forma di valutazione.
III livello (età prescolare): la capacità rappresentativa e la teoria della mente
consentono di anticipare gli effetti delle proprie azioni e le reazioni emotive
degli altri.
IV livello (fanciullezza): il Sé è stabile e differenziato al suo interno e valutato
rispetto a norme e valori.
V livello (adolescenza e età adulta): gli standard normativi e valoriali utilizzati
per la valutazione di sé e l’autoregolazione devono tenere conto di contesti
sociali diversi e non sempre in accordo. Occorre un’integrazione in funzione
di un’identità stabile e coerente.
PREADOLESCENZA
Con la preadolescenza, i processi di costruzione
del sé prendono un nuovo slancio poiché
accade qualcosa di molto importante:
Il secondo processo di separazione e
individuazione
 
  
 
 
 
 
 
 
 
(A. Freud, 1936; Blos, 1962):
 Disinvestimento affettivo degli oggetti primari (svalutazione,
attacchi aggressivi, oppositività, apatia, narcisismo, investimento
sui pari).
 Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori,
costruita nell’infanzia (sentimenti depressivi, di lutto e di
rinuncia).
 Rinuncia delle identità infantili (anche rispetto al corpo),
costruite sulla dipendenza affettiva dai genitori (sentimenti
depressivi, ma anche di smarrimento rispetto al venir meno di
punti di riferimento, sottrazione del proprio corpo ai genitori).
 
TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI
A. FREUD (1936)
 L’adolescenza costituisce la prima ricapitolazione della sessualità
infantile, il primo momento, cioè, in cui si attua una sorta di
“riepilogo” e ciò che è accaduto prima può aiutare a comprendere il
presente. E’ una sorta di punto critico. La seconda ricapitolazione si
avrà nel climaterio.
 In seguito alle stimolazioni della pubertà si verifica, dopo la fase di
latenza, il riemergere dell’ES, notevolmente rafforzato, mentre
l’IO e il SUPER-IO in parte sono rigidi, in parte deboli.
Dallo scontro (conflitto) tra l’ES e l’IO e il SUPER-IO
può generarsi o il carattere, o una nevrosi.
TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI
A. FREUD (1936)
Tale conflitto si esplica mediante la messa in atto di meccanismi di difesa,
che spiegano alcuni atteggiamenti o modi di essere peculiari
dell’adolescenza:
 Intellettualizzazione: tendenza alla discussione, alla speculazione
intellettuale
 Ascetismo: scelta di vita rinunciataria
 Narcisismo: centrazione su di sè
 Rimozione: isolamento (perché vengono rimossi gli oggetti infantili)
 Disinvestimento affettivo (anche del Super-IO): senso di solitudine e
antisocialità
 Spostamento: ammirazione e idealizzazione di amici o di altri adulti
L’esito del conflitto (nevrosi o carattere) dipende dall’intreccio di diversi fattori:
1)la forza degli impulsi dell’ES (pubertà); 2) la capacità dell’IO di tollerare gli
impulsi; 3) il tipo e l’efficacia dei meccanismi di difesa dell’IO.
TEORIA DI P.BLOS (1962)
La formazione del carattere avviene attraverso alcune sfide (che
implicano l’affrontare dei compiti di sviluppo)
La prima e più importante è costituita dal II processo di separazione/individuazione,
che avviene attraverso:
 il disinvestimento affettivo dei genitori: determina senso di vuoto, di isolamento,
perché bisogna de-idealizzare le immagini dei genitori costruite nell’infanzia, ma
consente di impegnarsi affettivamente in nuove relazioni, sperimentando nuove
identità.
 la regressione : consente di difendersi dal senso di vuoto e dall’angoscia che
derivano dal disinvestimento precedente, e si manifesta attraverso un ritorno
all’azione rispetto al pensiero e alle parole, attraverso l’ammirazione
incondizionata nei confronti di altri adulti (reminiscenza dell’idealizzazione dei
genitori), attraverso l’attivazione di stati emozionali di tipo fusionale (all’interno
di gruppi religiosi, ideologici, ecc..), attraverso un’attività frenetica per colmare il
vuoto.
TEORIA DI P.BLOS (1962)
 La seconda sfida è la rielaborazione dei traumi
infantili (la regressione consente, tornando indietro, di
affrontare i conflitti irrisolti; le nuove capacità dell’Io
consentono di affrontarli superando l’impressione
infantile di difficoltà schiacciante)
 La terza è la costruzione della continuità dell’io:
l’adolescente deve trovare una coerenza e una costanza
nel tempo tra le nuove individuazioni vissute
 La quarta è la formazione di un’identità sessuale
TEORIA DI P.BLOS (1962)
Questo percorso avviene attraverso alcune sottofasi distinte:
 preadolescenza (pubertà)
 prima adolescenza (avvio del processo di separazione dai genitori)
 adolescenza vera e propria (investimento su altri oggetti)
 tarda adolescenza (compimento dell’individuazione- formazione del
carattere)
Alla fine del percorso il giovane acquisisce un sé stabile, precisi
confini tra sé e il mondo oggettuale, un Super-io sempre meno
edipico, autonomia dalle fonti esterne di sostegno.
TEORIA DI D.WINNICOTT (anni ’60/80)
 Donald Winnicott sottolinea la dimensione dell’ambivalenza degli adolescenti,
l’oscillare tra un atteggiamento di sfida e di dipendenza rispetto ai genitori.
 I giovani si trovano in una sorta di “bonaccia”, un periodo di inconsistenza, di vuoto,
di percezione di futilità, che li porta a sfidare il mondo adulto, ma anche a
ricercarvi conforto (ambivalenza).
 
 L’obiettivo del percorso adolescenziale consiste nel raggiungimento di una
condizione di indipendenza, intesa come una forma matura di dipendenza.
 Ciò accade quando il giovane si sente pronto ad identificarsi con gli adulti (e i propri
genitori) senza sentire minacciata la propria autonomia (senso vero di sé) (ritorna
la complementarità, quasi paradossale , tra autonomia e dipendenza, della prima
infanzia)
 Il processo è favorito da un ambiente “sufficientemente buono”, che sa tollerare il
bisogno di sfida e di separatezza e sa intervenire nei momenti di richiesta di
dipendenza. Lasciare che passi il tempo…
EVOLUZIONE DELL’APPROCCIO
PSICODINAMICO
 Già a partire da Winnicott l’attenzione si sposta sui processi di trasformazione
del Sé che hanno luogo durante la separazione, e gradualmente si afferma un
approccio più relazionale, che tende a vedere la separazione dai genitori in modo
più morbido.
 Più che separarsi del tutto, occorre riformulare i rapporti con gli oggetti interni
(le rappresentazioni degli altri e di sé) e così facendo si ristruttura il Sé.
 Questo processo, a seconda degli autori, è stato chiamato Personalizzazione
(Winnicott), Soggettivazione (Cahn, Novelletto), Individuazione (Senise), Sviluppo
della funzione riflessiva (Ammaniti).
 Più che di separazione netta si giunge a parlare di trasformazione
dell’attaccamento (Ammaniti).
 In generale, per quanto ritenuti importanti, gli aspetti somatici vengono
ridimensionati (indebolimento del paradigma ricapitolazionista) e si attribuisce
maggiore importanza agli aspetti relazionali sia interni sia esterni (ambiente e
contesto)
PROSPETTIVA DI AMMANITI
 
  
 
 
 
 
 
 
 
Massimo Ammaniti preferisce parlare di “modificazione
dell’attaccamento” piuttosto che di “processi di
separazione”.
Il compito evolutivo principale dell’adolescente consiste nel
raggiungere un equilibrio tra il “bisogno di base sicura” e il
“bisogno di autonomia” (Ammaniti et al., 2011).
L’attaccamento sicuro favorisce la funzione riflessiva
(capacità di vedere se stessi e gli altri in termini di stati
mentali e di rispecchiarsi nell’immagine che gli altri
possiedono di noi) in adolescenza.
Questa capacità aiuta nei processi di costruzione
dell’identità e di ridefinizione delle relazioni con gli altri.

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  • 1. VIII MODULO LA COSTRUZIONE DEL SE’ Chi sono io? Chi sono io?
  • 2. IL CONCETTO DI SÉ Il Sé costituisce l’oggetto di studio di numerose discipline:  Filosofia : Sartre e l’Esistenzialismo, in genere  Psicologia: W. James  Psicologia sociale: G. H. Mead  Psicologia della personalità: Maslow, Erikson,..  Psicologia dello sviluppo: Mahler, Piaget, Stern, Lewis, Zazzo,…
  • 3. IL CONCETTO DI SÉ Il Sé è un concetto multidimensionale, che possiede diverse valenze:  Individuale/sociale  Soggettiva/oggettiva  Cognitiva  Emotivo/affettiva
  • 4. IL CONCETTO DI SÉ: ALCUNE DISTINZIONI  Io/identità: è la componente che apprende, organizza, interpreta l’esperienza. Esprime l’esistenza dell’individuo come separato, distinto dagli altri, costante e continuo nel tempo.  Sé: è ciò che un individuo appare a se stesso, sulla base della percezione che egli stesso ne ha e che riceve dagli altri  Senso di Sé: è la conoscenza che l’individuo ha di sé. Comprende l’autostima (valutazione di sé).
  • 5. IL MODELLO DI JAMES Per primo W. James (1890) ha postulato un concetto multidimensionale del Sé, distinguendo tra:  Io: il sé conoscente  Me: il sé conosciuto (“Me materiale”, “Me sociale”, “Me spirituale”) Ha distinto inoltre tra:  Sé attuale: effettivo e reale  Sé potenziale: desiderato, prodotto delle mete e delle aspettative personali
  • 6. IL MODELLO DI MEAD  G. Mead (1934) considera il Sé il prodotto del rispecchiamento (looking glass self) che ogni individuo effettua negli altri.  Grazie a processi sempre più complessi di tipo cognitivo, simbolico e sociale, l’individuo interiorizza gli atteggiamenti, i ruoli sociali, le rappresentazioni e le aspettative del gruppo sociale di appartenenza (“altro generalizzato”) e costruisce il proprio sé.
  • 7. IL MODELLO DI BRUNER  Secondo Bruner (1986,1990), grazie al linguaggio e alla struttura narrativa del pensiero, l’individuo, già dalla prima infanzia, tende a dare significato e coerenza alle proprie esperienze, collocandole nel contesto culturale di appartenenza.  Tale processo (raccontare-organizzare-dare significato) costituisce la narrazione e produce la memoria autobiografica e un costrutto coerente che progressivamente diventerà il Sé.
  • 8. IL MODELLO DI BRUNER La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007): Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e basato su riferimenti contestuali e significati impliciti. Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole convenzionali del racconto, che rendono la narrazione comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.
  • 9. IL MODELLO DI BRUNER Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro: Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si verifica un vero e proprio processo di selezione e di riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più culturale e sociale, di dare significato alle proprie esperienze e quindi di definire la propria identità personale. Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.
  • 10. IL MODELLO DI GUIDANO  V. Guidano (1988) considera il Sé una struttura complessa di tipo sistemico, la cui stabilità e coerenza (identità) è garantita dall’equilibrio tra la necessità di avere relazioni con gli altri (apertura del sistema) e la necessità di affermarsi, separandosi ed individuandosi (chiusura).  Tale duplice istanza si evidenzia già dal primo nucleo del Sé, definito dalla propria amabilità sociale e dalle prime forme di autonomia e competenza.
  • 11. SELF DETERMINATION THEORY Secondo la Self Determination Theory (Connell, 1990; Deci e Ryan, 2008) la percezione di sé che un individuo sperimenta durante il proprio agire nei contesti sociali è il prodotto, la risultante dell’incontro tra i propri bisogni individuali di base, da un lato, e i modelli, o pattern di relazione sociale in cui egli è inserito, dall’altro.
  • 12. SELF DETERMINATION THEORY Competenza, connessione e autonomia sono i tre bisogni di base dell’individuo
  • 13. LA SEPARAZIONE COME BISOGNOLA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASEDI BASE Connell (1990), nell’ambito della Self Determination Theory, considera il bisogno di separazione in termini di bisogno di autonomia: percepirsi come separati dagli altri, di esistere come entità propria e distinta sia in senso fisico (separazione), sia in senso psicologico (separatezza), di evitare un controllo esterno nella messa in atto delle proprie azioni. L’autonomia può quindi essere intesa, innanzitutto, come esperienza di autoregolazione, legata cioè alla percezione di scegliere di dare inizio, mantenere o interrompere il proprio comportamento, e in secondo luogo come esperienza di una connessione tra le proprie azioni e gli obiettivi, i desideri, i valori che le hanno mosse.
  • 14. LA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASE L’individuo, secondo Connell, soddisfa questo bisogno quando sperimenta se stesso come artefice e regolatore delle proprie azioni e quando sente che la motivazione che lo spinge ad agire viene da lui stesso, è cioè interna ed intrinseca. I processi di base, quindi, connessi al soddisfacimento di questo bisogno, sono fondamentalmente quelli di autoregolazione e di percezione di un locus interno rispetto al controllo delle proprie azioni.
  • 15. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE La connessione costituisce l’altra faccia della medaglia: È necessario separarsi da ciò con cui si è in relazione, ma costruire la relazione è la condizione per la separazione
  • 16. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE BISOGNI SOCIALI: RIVOLTI VERSO L’ESTERNO, VERSO GLI ALTRI (Sullivan, 1953; Bowlby, 1973; Weiss, 1973)  Bisogno di attaccamento/sicurezza  Bisogno di relazioni sociali  Bisogno di appartenenza  Bisogno di confrontarsi/identificarsi  Bisogno di avere un partner
  • 17. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE Si tratta di un tema centrale e dominante della psicologia dello sviluppo. E’ indubbiamente il bisogno, tra tutti, più indagato Continuità tra la concezione classica (passato), anche di tipo filosofico, che vede l’uomo come un animale sociale, e quella attuale che vede, soprattutto rispetto al futuro, l’uomo come individuo tecnologicamente sempre più connesso
  • 18. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE Si riferisce alla necessità, anche biologica, di sentirsi sicuri e protetti nel contesto sociale, di avvertire di essere parte di un tutto, di sperimentarsi come capaci e degni di essere amati e, a propria volta, di amare. Il bisogno di relazione appare infatti soddisfatto quando l’individuo realizza il contatto o la prossimità con gli altri individui, quando le proprie richieste vengono accolte, in sostanza quando egli percepisce un senso di connessione con il mondo esterno.
  • 19. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE Tra i processi che contribuiscono al soddisfacimento di questo bisogno appaiono significativi quelli relativi alla costruzione di schemi relazionali, da cui può emergere un’idea di sé, degli altri e della relazione in termini di sicurezza, di amore, di connessione, ma anche di competenza (sentirsi capaci e degni di amare ed essere amati). Gli Internal Working Models (IWM) (Bowlby, 1988) costituiscono un buon esempio
  • 20. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE La psicologia dello sviluppo è prevalentemente una psicologia della relazione:  Teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali  Teoria dell’attaccamento  Modello interazionista dello sviluppo
  • 21. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE L’approccio psicodinamico alle relazioni oggettuali descrive come il legame tra il bambino e l’oggetto d’investimento delle pulsioni, mentre si realizza, conduce all’autonomia: soltanto se il bambino ha costruito una relazione profonda e sicura con una madre sensibile e sollecita (che soddisfa quindi il suo bisogno di connessione), ma nello stesso tempo non intrusiva e rispettosa del suo bisogno di separazione, potrà accedere alla capacità di stare solo (Winnicott, 1970), alla separatezza interiore (Klein, 1978) e alla consapevolezza di sé (Mahler, Pine, Bergman, 1978).
  • 22. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza della relazione, ma attraverso la costruzione di una relazione l’individuo procede da una condizione di dipendenza totale ad una di autonomia (interiorizzazione della relazione). Il punto di arrivo è la costruzione dei primi schemi di sé (IWM) in termini di amato/non amato, competente/non competente. Il legame di attaccamento da un lato soddisfa il bisogno di connessione, ma dall’altro consente di sperimentare le prime forme di autonomia (i primi nuclei del Sé) e di competenza (capacità di amare ed essere amati)
  • 23. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE Il modello interazionista dello sviluppo ha sottolineato come l’individuo sia predisposto alla socialità e ha mostrato come le interazioni siano un potente fattore evolutivo, in quanto esse concorrono alla costruzione di competenze di vario genere (linguistica, sociale, emotiva, ..). Grazie a tali competenze l’individuo definisce il proprio modo di essere, acquisisce cioè quelle informazioni su di sé (sé categoriale) che gli consentono di differenziarsi dagli altri e di svolgere un ruolo nel contesto sociale (Dunn, 1990)
  • 24. LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE In sintesi, coloro che hanno enfatizzato la connessione come un bisogno di base, pur in prospettive diverse, hanno sottolineato come tale istanza evolutiva conduca, se soddisfatta, a percepire quel senso di sicurezza e di competenza che consente sia di separarsi (fare a meno di) dagli altri, sia di differenziarsene, affermando una propria identità e individualità.
  • 25. LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE Riflettendo sui bisogni di base di separazione e di connessione è emerso che essi difficilmente possono essere distinti, è come se costituissero le due facce della stessa medaglia, cioè dello sviluppo, il quale a sua volta non è che un’acquisizione progressiva di competenze. SEPARAZIONE CONNESSIONE COMPETENZA Sono tre istanze evolutive di base e intrecciate tra loro
  • 26. LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE Il bisogno di competenza (Elliot, McGregor, Thrash, 2002) si riferisce alla necessità di produrre un effetto sull’ambiente. Quest’ultimo viene in effetti percepito come soddisfatto quando l’individuo sperimenta di essere capace di produrre un effetto voluto, o un esito positivo, o di evitarne uno non voluto, o esito negativo. Allo stesso modo ciò accade quando egli si aspetta e quindi prevede di riuscire in un compito o nella messa in atto di un comportamento. Rispetto al senso di competenza, e quindi alla possibilità di percepirsi come tali e di soddisfare questo bisogno, due processi appaiono cruciali: la conoscenza delle proprie abilità (sperimentare di saper fare, credere di essere in grado di fare, avere fiducia nelle proprie capacità), e la consapevolezza delle strategie utili al saper fare (come agire per raggiungere un esito positivo e per evitarne uno negativo).
  • 27. LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE In sintesi, il bisogno di competenza viene soddisfatto quando l’individuo, in una determinata circostanza e rispetto ad un’azione specifica, sa che cosa e come deve fare per realizzarla. Il soddisfacimento del bisogno di competenza conduce ad esercitare una qualche forma di controllo, dall’interno, sull’azione, e quindi sulla realtà esterna. L’individuo sperimenta dunque di non essere “in balia” del mondo esterno, ma di essere, rispetto ad esso, distinto e autonomo. Quindi, l’esperienza di percepirsi come competente, di esercitare un effetto sull’ambiente, lo conduce di fatto anche a comprendere il proprio senso di autonomia e a sentire di essere diverso e separato da ciò su cui esercita un controllo.
  • 28. LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE BISOGNO DI COMPETENZA BISOGNO DI AUTONOMIA
  • 29. LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE Precursori del soddisfacimento del bisogno di competenza: Reazioni circolari secondarie (Piaget, 1936), intorno ai sei mesi, grazie alle quali un movimento, o un’azione, che produce un effetto sull’ambiente viene ad essere generalizzato ed inserito nel repertorio degli schemi di azione. Comparsa delle emozioni autocoscienti (Harter, 1999) verso la fine del secondo anno di vita: esse sono strettamente connesse ad una prima forma di valutazione di sé, e in particolare all’effetto che il proprio comportamento esercita sulla realtà esterna.
  • 30. SEPARAZIONE, CONNESSIONE E COMPETENZA Dalle riflessioni precedenti emerge lo stretto legame tra le 3 istanze evolutive di base e l’importanza che esse ricoprono rispetto alla costruzione del Sé Separazione Connessione Competenza Sé
  • 31. SELF DETERMINATION THEORY Competenza, connessione e autonomia sono le dimensioni principali del sistema del Sé, poiché i processi attraverso cui tali istanze vengono soddisfatte consentono all’individuo di costruire, percepire e sperimentare le diverse componenti e caratteristiche del proprio modo di essere nelle varie situazioni.
  • 32. SELF DETERMINATION THEORY Alcuni pattern interattivi possono, in una situazione specifica e durante una determinata attività, risultare più o meno funzionali al soddisfacimento dei bisogni individuali, e quindi consentire all’individuo stesso di sperimentare in quella situazione un senso del Sé più o meno positivo. Le variazioni nel sistema del Sé dipendono dunque dal grado con cui le istanze di base vengono accolte e soddisfatte dal contesto relazionale.
  • 33. I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Le caratteristiche del contesto possono favorire o meno il soddisfacimento di tali bisogni e, in questo modo, concorrono alla costruzione di un Sé più o meno soddisfacente (stabilità, benessere, adattamento)
  • 34. I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Sono tre le caratteristiche dell’ambiente relazionale, in grado di influenzare il soddisfacimento dei bisogni di base di autonomia, competenza e connessione: “struttura” “sostegno all’autonomia” “coinvolgimento” Queste vanno intese anche rispetto alla percezione che di queste ha l’individuo, e non soltanto come elementi oggettivamente posseduti dal contesto.
  • 35. I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Struttura Si intende un contesto molto chiaro e definito, tale per cui l’individuo è consapevole di ciò che può aspettarsi. Sperimentare una relazione strutturata significa percepirla come coerente e stabile, e quindi ben definita e prevedibile; al contrario, in assenza di struttura, l’individuo percepisce incoerenza, instabilità e non sa, in una particolare circostanza, che cosa può aspettarsi da essa.
  • 36. I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Sostegno all’autonomia Il sostegno all’autonomia viene percepito all’interno di una relazione in cui il partner riconosce il bisogno di separazione e di controllo interno delle proprie azioni, e quindi non è intrusivo e non esercita un controllo eccessivo sul comportamento.
  • 37. I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Coinvolgimento Il coinvolgimento caratterizza quella relazione o quel contesto socio-culturale in cui l’individuo percepisce su di sé l’attenzione, la partecipazione e la preoccupazione degli altri; egli sente di essere accettato e di essere partecipe di un tutto, sperimenta un senso di appartenenza e di connessione. In caso contrario egli percepirà un senso di isolamento e un sentimento di solitudine.
  • 38. CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO Le caratteristiche del contesto si esprimono non solo a livello di relazione ma anche di cultura di riferimento: culture di tipo collettivistico, o individualistico, proprio perché diversamente caratterizzate rispetto alla struttura, al supporto all’autonomia o al coinvolgimento, soddisfano in modo diverso i bisogni di competenza, di autonomia e di relazione, e quindi influenzano la percezione del Sé in particolari circostanze (Dennis, Talih, Cole, Zahn-Waxler, Mizuta, 2007).
  • 39. CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO Anche i modelli di socializzazione presenti nei diversi contesti familiari e/o educativi possono orientare l’azione dei partner delle relazioni in modo tale da soddisfare in modo differente i bisogni sociali o individuali dei bambini (Corsano, Cigala, 2004). Diverse situazioni cliniche di malessere e di inadeguata percezione di sé, descritte da Buchholz (1997) come caratteristiche dell’attuale cultura occidentale, vengono dalla studiosa spiegate in relazione ad una sorta di mancato riconoscimento del bisogno di autonomia, soffocato, sul piano culturale, da un’enfasi eccessiva sugli aspetti di connessione e di relazione.
  • 40. CONTESTO, DOMINIO DI VITA E FASI EVOLUTIVE Le caratteristiche del contesto possono avere significato diverso, maggiore o minore salienza anche rispetto a:  Dominio di vita: casa/scuola/gruppo dei pari,..  Fase evolutiva dell’individuo. Gli stessi bisogni di base, per altro, si esprimono con forza e modalità differenti a seconda dell’età degli individui.
  • 41. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA Smeekens, Riksen-Wairaven e van Bakel (2008) hanno condotto una ricerca da cui emergono bene le interazioni tra bisogni di base e caratteristiche del contesto. Tema: relazione tra profili di adattamento e l’interazione genitore/bambino (contesto di riferimento) Hp: i profili di adattamento variano rispetto alle caratteristiche del contesto Soggetti: 107 bambini di 5 anni
  • 42. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA Il profilo è definito rispetto ai tre bisogni di base: Competenza: valutata attraverso una prova di competenza percepita (Puppet Interview - Cassidy, 1988) Autonomia: valutata attraverso una prova di autoregolazione e coping (California Child Q-set - Block e Block, 1980) Connessione: valutata attraverso la sicurezza dell’attaccamento (Attachment Story Completion Task - Cassidy, 1988), competenza sociale coi pari (vari strumenti) e adattamento a scuola (SRS- Chandler et al., 1985)
  • 43. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA Il profilo è definito anche rispetto a dimensioni comportamentali, quali : • Internalizzazione (ansia, depressione, ritiro sociale, bassa stima di sé) • Esternalizzazione (aggressività, antisocialità,..) valutate attraverso il Child Behavior Checklist (CBCL) e il Teacher Report Form, entrambi di Achenbach (1991), strumenti di osservazione indiretta per genitori e insegnanti.
  • 44. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA Il contesto (interazione col genitore) è stato valutato mediante una prova in cui i genitori dovevano dare istruzioni su come svolgere un compito. La situazione, videoregistrata, è stata codificata mediante le scale di Erickson et al., 1985), che valutano: Supporto emotivo / ostilità (Coinvolgimento) Non intrusività, rispetto autonomia (Sostegno all’autonomia) Coerenza nella strutturazione delle regole/Chiarezza nel dare le istruzioni (Struttura)
  • 45. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA Mediante l’analisi dei clusters sono emersi 3 profili di autonomia: I profilo: adattamento (punteggi alti in tutte le scale) (circa il 60 % dei bambini) II profilo: disadattamento (punteggi bassi in tutte le scale, problemi di esternalizzazione) (circa il 20 %) III profilo: “insuccesso” (20 %) (buona sicurezza di attaccamento, bassa autoregolazione e bassa competenza percepita, bassa prosocialità, inibizione, problemi di internalizzazione)
  • 46. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA I profili sono stati correlati con le caratteristiche del contesto. • Il I profilo è correlato con livelli alti di struttura, supporto all’autonomia e coinvolgimento • Il II profilo è correlato con livelli bassi di struttura, coinvolgimento e supporto all’autonomia • Il III è correlato a buoni livelli di struttura, coinvolgimento e basso supporto all’autonomia
  • 47. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Nel percorso di sviluppo del concetto di sé si individuano due momenti significativi (Lewis, 1990):  Sé esistenziale (Sé come agente): è la consapevolezza di sé, cioè la capacità di comprendere che si esiste come individui distinti e separati dagli altri.  Sé categoriale: è il vero e proprio concetto di sé, cioè l’attribuzione a sé di caratteristiche (la collocazione di sé all’interno di categorie che lo definiscono).
  • 48. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé esistenziale Si costruisce entro il II anno di vita Viene valutato mediante:  Prove di riconoscimento visivo allo specchio (Lewis, Zazzo)  Uso adeguato di pronomi personali e nome proprio  Presenza di autoaffermazione e di emozioni complesse (vergogna, orgoglio,..).
  • 49. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé esistenziale Esperienze che favoriscono l’acquisizione del Sé esistenziale:  Reazioni circolari primarie e secondarie (Piaget)  Protoconversazioni (Stern)  Contingenza tra le proprie azioni e gli effetti di queste (Piaget)  Dialogo emotivo (Stern, Trevarthen)  Osservazione ed esplorazione del proprio corpo
  • 50. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé esistenziale Il percorso di acquisizione del Sé esistenziale è stato descritto da:  Piaget (1937): sul piano cognitivo, rispetto al processo di costruzione dell’oggetto (e differenziazione del soggetto)  M. Mahler (et al., 1975): sul piano affettivo, rispetto al processo che, dalla fusione e simbiosi con la madre, conduce alla separazione e all’individuazione.
  • 51. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé esistenziale Fonagy (2002) ha fornito un interessante modello di sviluppo del Sé, focalizzandosi in particolare sul Sé come agente mentale, cioè sulla comprensione che l’individuo ha di essere un’entità che agisce e ha un effetto sul mondo Egli si chiede come ciò avvenga
  • 52. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Il modello di Fonagy si colloca in un contesto teorico che dà importanza, per la costruzione del Sé a: • Processi mentali (il bambino conosce la propria mente grazie alla comprensione della mente altrui) • Interazione affettiva col caregiver come contesto in cui si costruisce il Sé • Rapporto tra emozione e cognizione (consapevolezza delle emozioni)
  • 53. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sia il Sé come agente mentale (Io) sia il Sé come oggetto (Me) non sono dati alla nascita, ma si costruiscono grazie al processo di mentalizzazione (o funzione riflessiva), cioè il fare esperienza di essere un organismo dotato di mente. La funzione riflessiva (capacità di riflettere sulla mente) può essere rivolta verso di sé (autoriflessione) o verso gli altri. Ciò aiuta a distinguere tra realtà interna ed esterna.
  • 54. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Mentalizzazione: processo che porta alla consapevolezza che l’esperienza che abbiamo del mondo è mediata dalla nostra mente. Organizzare tale esperienza attraverso la mente porta a costruire un’idea di Sé Mentalizzazione Costruzione del Sé
  • 55. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Mentalizzazione: regolazione affettiva (tra bambino e caregiver) affettività mentalizzata
  • 56. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy regolazione affettiva (tra bambino e caregiver): capacità di modulare le proprie emozioni rispetto all’altro) affettività mentalizzata: comprensione dei significati soggettivi dei propri stati affettivi. E’ la forma più matura di regolazione affettiva. Implica il Sé
  • 57. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Se il processo di mentalizzazione fallisce, la psicoterapia può aiutare a raggiungere una condizione di affettività mentalizzata
  • 58. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Alcune domande: Perché il processo di mentalizzazione avviene a partire dalla regolazione affettiva? Perché le emozioni sono i primi stati mentali che si sperimentano e che si attribuiscono agli altri (poi intenzioni, desideri, credenze,..)
  • 59. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Alcune domande: Perché le emozioni sono gli stati mentali più precoci? Perché sono innate e universali, si accompagnano a correlati fisiologici, comportamentali ed espressivi che le rendono facilmente riconoscibili.
  • 60. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Grazie al processo di mentalizzazione si verifica un passaggio evolutivo importante: da una condizione di “equazione tra stati affettivi interni ed esterni” (tipica del bambino piccolo) alla distinzione tra stati mentali effettivi (interni) e stati mentali rappresentati (cioè consapevoli e rielaborati rispetto alla realtà esterna) Solo quando il bambino distingue le due realtà può integrarle dando vita a stati affettivi come rappresentazioni, può comprendere il senso del “come se” e del “fare finta” e sperimentare diverse rappresentazioni di sé.
  • 61. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Il punto di partenza e il punto chiave del processo di mentalizzazione è la regolazione affettiva che avviene nell’interazione col caregiver. Passaggio progressivo dalla co-regolazione all’autoregolazione (delle emozioni e di sé)
  • 62. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Ci sono diversi livelli di regolazione affettiva: • Omeostasi: modulazione dell’emozione in funzione del ripristino dell’equilibrio fisiologico (non è consapevole) • Regolazione interpersonale: modulazione dello stato emotivo per adattarlo agli altri (prima forma di autoregolazione) • Affettività mentalizzata: modulazione che tiene conto dei significati soggettivi dei propri stati affettivi
  • 63. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Il passaggio dal I agli altri livelli di regolazione affettiva è reso possibile dal rispecchiamento emotivo da parte dell’adulto E’ il punto centrale del modello di Fonagy Per spiegarlo, Fonagy ricorre al modello del bio- feedback. Ipotizza che la teoria classica del bio-feedback possa essere applicata al contesto dell’interazione col caregiver Teoria del bio-feedback sociale
  • 64. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback Al paziente si insegna ad avere consapevolezza di uno stato interno (ad es. frequenza cardiaca) associandolo contingentemente a qualcosa di esterno che varia in modo concomitante.
  • 65. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Il bambino impara a prendere consapevolezza di un stato interno non consapevole (uno stato emotivo) associandolo allo stato emotivo che l’adulto manifesta contingentemente a quello del piccolo (già a poche settimane i piccoli sono in grado di rilevare e reagire, sperimentandole, alle contingenze) Detezione e massimizzazione della contingenza
  • 66. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale La detezione e la massimizzazione della contingenza svolgono due funzioni importanti: 1)Autoidentificazione (il bambino fa esperienza di sé come soggetto agente 2)Orientamento verso l’oggetto sociale (che risponde)
  • 67. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Quindi, quando l’adulto rispecchia emotivamente lo stato interno del bambino, gli consente di fare un’esperienza di contingenza e di associare la configurazione che vede nell’adulto al proprio stato interno
  • 68. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Per massimizzare la contingenza, il bambino introduce delle piccole variazioni nel proprio comportamento, che si sintonizzano con quelle del genitore (il rispecchiamento non è continuativo). Questa sintonizzazione induce il bambino a ridurre e regolare i propri stati emotivi
  • 69. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Oltre che contingente, il rispecchiamento affettivo dell’adulto deve anche essere marcato, cioè esagerato. La marcatura fatta dal genitore aiuta il bambino a capire che quello che vede nell’altro è il proprio stato emotivo e non l’altrui. Questo lo aiuta a differenziare tra stato interno e realtà esterna (costruzione del Sé)
  • 70. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Se il bambino percepisse che quello che vede nell’altro è l’altrui stato emotivo, oltre a non differenziare tra sé e la realtà esterna (che sarebbe percepita come un prolungamento di sé), non regolerebbe il proprio stato emotivo, ma lo intensificherebbe.
  • 71. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Come fa il bambino a capire che quello che vede è una marcatura e non lo stato reale dell’adulto? Perché nel tempo il bambino sperimenta nel genitore due tipi diversi di esperienza emotiva: quella realistica e quella marcata, le distingue e “capisce” che quella marcata rispecchia il proprio stato e non quello dell’adulto.
  • 72. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Grazie alla marcatura, il bambino gradualmente interiorizza anche la modalità del “come se”, del “fare finta”, che lo aiuterà a distinguere i due livelli della realtà (interna ed esterna) e a costruire delle rappresentazioni integrate di essa e di sé.
  • 73. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Teoria del bio feedback sociale Quindi, il rispecchiamento contingente e marcato (che è istintivo nel genitore) svolge alcune funzioni fondamentali: • Aiuta il b. a identificare e raggruppare alcuni indizi che definiscono il suo stato interno (sensibilizzazione) • Lo aiuta a costruire delle rappresentazioni consapevoli dei propri stati interni (costruzione della rappresentazione) • Regolazione delle emozioni • Acquisizione del codice comunicativo della marcatura.
  • 74. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Possono esserci nel caregiver stili devianti di rispecchiamento emotivo, che possono sviluppare nel bambino forme di disadattamento o psicopatologie: • Assenza di marcatura • Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale
  • 75. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Assenza di marcatura Il bambino attribuisce all’altro il proprio stato emotivo, non distingue tra realtà interna ed esterna, l’emozione negativa risulta amplificata piuttosto che regolata. Bambino e genitori sono sopraffatti dallo stato emotivo, assenza di contenimento emotivo. Tendenza nel bambino all’identificazione proiettiva, difficoltà di differenziazione di sé.
  • 76. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale L’adulto risponde con una reazione diversa da quella del bambino (ad es. piccolo attivato, eccitato gioiosamente, mamma risponde arrabbiandosi. Il bambino percepirà in modo distortio i propri stati affettivi (Falso Sé o Sé alieno)
  • 77. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Attraverso il processo di mentalizzazione il bambino diventa progressivamente consapevole di sé come agente mentale Fonagy delinea lo sviluppo del Sé agente (Io), aspetto trascurato dalla letteratura, che si è concentrata sullo sviluppo del concetto di sé.
  • 78. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy 5 livelli nell’acquisizione della comprensione di essere un agente mentale: Fisico Sociale Teleologico Intenzionale Rappresentazionale (autobiografico)
  • 79. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy • Il I livello (Sé come agente fisico) è un Sé pre- riflessivo (non psicologico). • Gli altri costituiscono il Sé riflessivo (psicologico), grazie al quale l’individuo può riflettere (funzione riflessiva) sulla propria e altrui esperienza in termini di stati mentali (emozioni, affetti, intenzioni, desideri, credenze, motivazioni,..) • Costruzione del Sé: mentalizzazione
  • 80. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente fisico Da 0 a 6 mesi il bambino comincia ad avere una vaga idea di sé (corporeo, pre-riflessivo) come origine di azioni sull’ambiente, di forza fisica che produce cambiamenti nell’ambiente. Varie ricerche mostrano: Sensibilità alle contingenze (perfette) Reaz. Circolari Capacità di adeguare i propri movimenti allo spazio (esperimento “stanza mobile”) Osservazione di parti del corpo
  • 81. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente sociale • Entro il I anno di vita il bambino comprende che i propri comportamenti hanno un effetto sugli altri. • Le ricerche mostrano che già alla nascita il bambino è attratto dagli stimoli sociali, sa imitare e interagisce. • La comprensione del sé come agente sociale implica la consapevolezza di ciò. • Gli studiosi si sono chiesti quando ciò avviene. Ci sono diverse posizioni in letteratura.
  • 82. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente sociale • Intersoggettività – posizione forte (Tronick, Trevarthen): presente su base innata. Il bambino comprenderebbe subito i propri e altrui stati interni (es. le emozioni e le intenzioni), osservando il proprio caregiver (“come me”). • Intersoggettività – posizione più debole (Tomasello): presente su base innata, ma la comprensione degli stati propri e altrui compare solo intorno ai 9 mesi. • Intersoggettività senza stato iniziale (Fonagy): non è data alla nascita, ma si costruisce in modo mediato attraverso le interazioni col caregiver.
  • 83. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente sociale La propensione innata agli stimoli sociali e alle interazioni non agisce direttamente, ma indirettamente: • favorisce la prossimità • esprimendosi come proto-conversazioni, dialogo emotivo,.. favorisce l’autoregolazione (il bambino dapprima subisce la funzione regolatrice dell’adulto, poi sperimenta di avere effetti sull’altro) • stimola nel genitore il rispecchiamento emotivo In sintesi, crea un ambiente favorevole all’apprendimento e alla comprensione degli stati mentali, che sono acquisiti intorno ai 18 mesi.
  • 84. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente sociale Quindi, la mentalizzazione vera e propria (consapevolezza di Sé come agente mentale) ha inizio intorno ai 18 mesi prima ci sono solo dei precursori (gesto dell’indicare, attenzione condivisa, riferimento sociale,..)
  • 85. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente teleologico E’ la comprensione che le proprie azioni hanno un esito e che possono essere messe in atto in funzione di questo. Già Piaget aveva mostrato che intorno a 9 mesi i bambini sembrano agire rispetto a uno scopo
  • 86. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente teleologico Secondo Fonagy il Sé teleologico è distinto da quello intenzionale, perché quest’ultimo presuppone una maggiore consapevolezza degli stati mentali (intenzioni) Infatti, gli studi sui bambini autistici e sui primati mostrano che essi possiedono un Sé teleologico , ma non comprendono gli stati mentali delle intenzioni.
  • 87. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Il Sé come agente intenzionale • Comprensione che all’origine di un’azione ci sia un’intenzione o in genere uno stato mentale che la muove (teoria della mente). • Già dai due anni i bambini usano il verbo “volere” e comprendono i desideri, le preferenze. Mostrano empatia e comportamento prosociale • Le credenze compaiono più tardi (3-4 anni)
  • 88. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente rappresentazionale e autobiografico Comprensione che il Sé è una rappresentazione, cioè un insieme complesso di attributi, esperienze, attività, ricordi, che può essere pensato e richiamato alla mente (su cui si può riflettere).
  • 89. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Fonagy Sé come agente rappresentazionale e autobiografico Prima dei due anni c’è amnesia infantile perché non c’è Sé esistenziale (né linguaggio) Intorno ai due anni il bambino comincia a comprendere il Sé come rappresentazione, ma solo più tardi lo organizza temporalmente (Sé “esteso” nel passato e nel futuro, cioè autobiografico”)
  • 90. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ (Fonagy) In sintesi, anche riprendendo Bruner, il Sé autobiografico è il prodotto di: • Sé esistenziale • linguaggio • memoria, • mentalizzazione • narrazione
  • 91. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé categoriale  Si costruisce a partire dai 2 anni circa  Si costruisce parallelamente alla conoscenza degli altri  Segue di pari passo: • lo sviluppo cognitivo (schemi cognitivi via via più complessi consentono nuove conoscenze e nuove modalità di rielaborazione delle conoscenze); • lo sviluppo affettivo e sociale (le relazioni con gli altri consentono di ricavare informazioni su di sé)
  • 92. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé categoriale Il sé categoriale è stato studiato prevalentemente attraverso l’uso del linguaggio (metodo narrativo). Le definizioni che i bambini danno di sé inglobano progressivamente le seguenti categorie (Schaffer, 2004):  Età  Genere  Caratteristiche fisiche  Oggetti posseduti e attività svolte  Abilità e tratti psicologici
  • 93. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé categoriale  Secondo Guidano (1988) i primissimi nuclei del Sé (I infanzia) hanno origine nelle relazioni familiari e riguardano l’amabilità sociale, la sicurezza, le competenze di base connesse all’autonomia, le prime norme.  Tali nuclei, poi, si consolidano all’interno di altre relazioni, soprattutto con i pari, costruendo un Sé costituito sempre da schemi relazionali, normativi e di competenza, adeguati al livello evolutivo raggiunto.
  • 94. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sé categoriale Strutturalmente, il concetto di sé si modifica nelle seguenti direzioni (Harter, 1999; Schaffer, 2004):  Dal globale al differenziato  Dalla giustapposizione all’organizzazione  Dall’incoerenza alla coerenza  Dal concreto all’astratto  Dall’induzione alla deduzione  Dall’assoluto al comparativo  Distinzione progressiva tra Sé pubblico e Sé privato, Sé reale e Sé ideale
  • 95. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’ Sviluppo cognitivo Concetto di Sé e degli altri Periodo sensomotorio Distinzione tra Sé e gli altri: consapevolezza di Sé Primi schemi relazionali e normativi Periodo preoperatorio Il bambino identifica Sé e gli altri ricorrendo ad indici percettivi, tratti esteriori e comportamenti contingenti. Giustappone i tratti senza organizzarli in modo coerente. Periodo operatorio Grazie all’acquisizione della costanza e dell’identità degli oggetti, il bambino è in grado di riunire in un costrutto globale e unitario i diversi tratti. Utilizza le comparazioni, il riferimento a tratti psicologici e a stati interni, dapprima connessi ai comportamenti osservati (pensiero concreto), e poi da questi sempre più svincolati (pensiero astratto).
  • 96. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE Fino agli anni ’80/’90 gli studiosi hanno indagato il Sé in età prescolare attraverso l’uso di domande aperte, frasi da completare…, che non hanno favorito l’emergere di competenze tacite.
  • 97. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE Dagli anni ‘90 in poi nuovi studi condotti con nuove metodologie (Eder, 1990; Marsh, Ellis e Craven, 2002; Brown et al., 2009; Fivush, 2007) hanno evidenziato che i bambini di età prescolare sono capaci di attribuirsi caratteristiche non solo fisiche ma anche di tipo psicologico (emotivo, sociale, tratti di personalità) e di organizzarle in modo coerente.
  • 98. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE Rispetto allo sviluppo del Sé l’età prescolare possiede alcune peculiarità: • Consolidarsi del linguaggio: sé verbale e narrato, conversazioni coi genitori e i pari • Consolidarsi delle autonomie: sviluppo di molte competenze e approvazione sociale rispetto ad esse (sovrastima di sé) • Consolidarsi dell’attività simbolica:il bambino si sperimenta nel gioco, “far finta”, sé rappresentazionale e autobiografico • Teoria della mente: si completa il processo di mentalizzazione • Consolidarsi delle emozioni autocoscienti
  • 99. EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI” Ogni emozione sociale possiede: 1.Una causa elicitante 2.Implicazioni per sé / per gli altri 3.Correlati emotivi e comportamentali ORGOGLIO: 1.Raggiungimento di mete e obiettivi definiti nel contesto della relazione 2.Percezione di competenza / di avere risposto alle aspettative degli altri 3.Felicità e comportamento di esibizione
  • 100. EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI” VERGOGNA: 1.Trasgressione di norme definite nel contesto della relazione 2.Percezione di inadeguatezza / di avere deluso gli altri 3.Tristezza e comportamento di ritiro/evitamento SENSO DI COLPA: 1.Trasgressione/violazione di norme definite nel contesto della relazione affettiva 2.Percezione di inadeguatezza / danno per gli altri 3.Ansia e agitazione e comportamento di riparazione
  • 101. SVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALISVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALI (Harter, 1999; Lewis, 2008)(Harter, 1999; Lewis, 2008) 2-3 anni: solo indici espressivi 4 anni: nominano correttamente e comprendono la valenza affettiva dell’emozione 3-6 anni: comprensione del legame tra norme ed emozione 7 anni: portano esempi corretti di situazioni elicitanti, ed esplicitano i modelli parentali 8 anni: consapevolezza che l’emozione può essere provata indipendentemente dall’osservazione degli altri
  • 102. STUDI SUL REMINISCING Gli studi sul “reminiscing” hanno mostrato aspetti interessanti riguardo al Sé in età prescolare e alla formazione del Sé autobiografico. Per “reminiscing” si intende l’atto di ricordare insieme (bambino-genitore) eventi del passato vissuti da entrambi Gli studiosi (Fivush et al., anni 2000) si sono soffermati sugli stili di conduzione dei genitori
  • 103. STUDI SUL REMINISCING Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione autobiografica e quindi di costruzione del Sé. Gli studi sul “reminiscing” hanno individuato due stili materni caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini: •Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e nello strutturarli in sequenze narrative più complesse). •Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare, bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).
  • 104. STUDI SUL REMINISCING DIFFERENZE DI GENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush, Buckner, 2003) Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine: •Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture narrative di tipo socio-relazionale •Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi) …E DI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004) Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato) Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)
  • 105. ETA’ SCOLARE In età scolare (fanciullezza) gli studi sul sé si sono concentrati maggiormente sull’autostima, sulla percezione di competenza, differenziando in modo netto tra vari ambiti del sé (da quello fisico, a quello interpersonale, scolastico/accademico,..)
  • 106. L’AUTOSTIMA L’autostima è la valutazione, il giudizio che l’individuo esprime su di sé. Si costruisce parallelamente al concetto di Sé ed è il prodotto di:  Esperienze vissute (successi, fallimenti,..)  Aspettative degli altri  Giudizi ricevuti dagli altri
  • 107. L’AUTOSTIMA Esperienze entro cui si costruisce l’autostima:  Interazioni bambino/genitore  Interazioni tra pari  Gioco (solitario e sociale)  Attività scolastiche ed extrascolastiche  Professione  Relazioni con un partner  ………………..
  • 108. L’AUTOSTIMA Valutazione dell’autostima:  Interviste/colloqui (con i più piccoli e i loro familiari)  Tecniche di “Self-report” (a partire dall’età scolare): questionari in cui i soggetti devono attribuirsi un punteggio su scale relative a varie abilità  Test del “Bean bag”: giochi di difficoltà variabile che permettono di misurare il livello degli obiettivi che i bambini si pongono
  • 109. L’AUTOSTIMA Livelli e correlati dell’autostima in età scolare (Coopersmith, anni ‘70) Bassa stima di sè Alta stima di sè Timidezza/introversione Socievolezza/estoversione impopolarità Popolarità Insuccesso scolastico Successo scolatico Ritiro e isolamento sociale Competenza sociale Dipendenza dal contesto/conformismo Autonomia rispetto al contesto
  • 110. L’AUTOSTIMA L’autostima è un costrutto stabile ed autoreferente: l’individuo tende cioè a confermare la propria valutazione, interpretando in questa direzione le esperienze. Diener e Dweck (‘70) hanno rilevato che i bambini di età scolare , in seguito a fallimenti, usano un linguaggio diverso (interpretando la situazione) a seconda del livello di autostima: •Bassa autostima: bambini rinunciatari Alta autostima: b. orientati alla padronanza “..mi sono confuso” “più è difficile e più devo impegnarmi” “ho sbagliato” “ancora un po’ e ce la faccio” “non sono capace..” “mi piace avere più scelte” “rinuncio” “riproviamo”
  • 111. L’AUTOSTIMA L’autostima è coerente con le valutazioni degli adulti di riferimento: Insegnanti: la valutazione dell’insegnante corrisponde al livello di autostima dell’allievo Genitori: la valutazione del genitore corrisponde al livello di autostima del figlio; correlazione tra autostima dei genitori e dei figli
  • 112. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA Secondo Berti e Bombi (2005) fino all’età scolare l’autostima tende ad essere prevalentemente positiva, a causa di:  Ottimismo protettivo  Confronto rispetto a sé e al passato  Limiti cognitivi
  • 113. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA Per quanto già precocemente i bambini esprimano giudizi su di sé, traendone condizioni di benessere/malessere, molti autori ritengono che un vero e proprio costrutto di autostima sia presente solo dopo l’età scolare. La valutazione di sé infatti implica il confronto tra tre istanze (Higgins, 1989, 1991): Sé reale: “come io sono” Sé ideale: “come mi piacerebbe essere” Sé normativo: “come dovrei essere”
  • 114. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA La capacità di autovalutazione si struttura negli anni secondo livelli differenti (Higgins, 1989, 1991): I livello (I anno di vita): il bambino percepisce solo delle contingenze tra il proprio e altrui comportamento, che lo portano gradualmente alla distinzione di sé. II livello (2-3 anni): il bambino mette in relazione il proprio comportamento con gli stati emotivi degli altri, che costituiscono una prima forma di valutazione. III livello (età prescolare): la capacità rappresentativa e la teoria della mente consentono di anticipare gli effetti delle proprie azioni e le reazioni emotive degli altri. IV livello (fanciullezza): il Sé è stabile e differenziato al suo interno e valutato rispetto a norme e valori. V livello (adolescenza e età adulta): gli standard normativi e valoriali utilizzati per la valutazione di sé e l’autoregolazione devono tenere conto di contesti sociali diversi e non sempre in accordo. Occorre un’integrazione in funzione di un’identità stabile e coerente.
  • 115. PREADOLESCENZA Con la preadolescenza, i processi di costruzione del sé prendono un nuovo slancio poiché accade qualcosa di molto importante: Il secondo processo di separazione e individuazione
  • 116.                    (A. Freud, 1936; Blos, 1962):  Disinvestimento affettivo degli oggetti primari (svalutazione, attacchi aggressivi, oppositività, apatia, narcisismo, investimento sui pari).  Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori, costruita nell’infanzia (sentimenti depressivi, di lutto e di rinuncia).  Rinuncia delle identità infantili (anche rispetto al corpo), costruite sulla dipendenza affettiva dai genitori (sentimenti depressivi, ma anche di smarrimento rispetto al venir meno di punti di riferimento, sottrazione del proprio corpo ai genitori).  
  • 117. TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936)  L’adolescenza costituisce la prima ricapitolazione della sessualità infantile, il primo momento, cioè, in cui si attua una sorta di “riepilogo” e ciò che è accaduto prima può aiutare a comprendere il presente. E’ una sorta di punto critico. La seconda ricapitolazione si avrà nel climaterio.  In seguito alle stimolazioni della pubertà si verifica, dopo la fase di latenza, il riemergere dell’ES, notevolmente rafforzato, mentre l’IO e il SUPER-IO in parte sono rigidi, in parte deboli. Dallo scontro (conflitto) tra l’ES e l’IO e il SUPER-IO può generarsi o il carattere, o una nevrosi.
  • 118. TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936) Tale conflitto si esplica mediante la messa in atto di meccanismi di difesa, che spiegano alcuni atteggiamenti o modi di essere peculiari dell’adolescenza:  Intellettualizzazione: tendenza alla discussione, alla speculazione intellettuale  Ascetismo: scelta di vita rinunciataria  Narcisismo: centrazione su di sè  Rimozione: isolamento (perché vengono rimossi gli oggetti infantili)  Disinvestimento affettivo (anche del Super-IO): senso di solitudine e antisocialità  Spostamento: ammirazione e idealizzazione di amici o di altri adulti L’esito del conflitto (nevrosi o carattere) dipende dall’intreccio di diversi fattori: 1)la forza degli impulsi dell’ES (pubertà); 2) la capacità dell’IO di tollerare gli impulsi; 3) il tipo e l’efficacia dei meccanismi di difesa dell’IO.
  • 119. TEORIA DI P.BLOS (1962) La formazione del carattere avviene attraverso alcune sfide (che implicano l’affrontare dei compiti di sviluppo) La prima e più importante è costituita dal II processo di separazione/individuazione, che avviene attraverso:  il disinvestimento affettivo dei genitori: determina senso di vuoto, di isolamento, perché bisogna de-idealizzare le immagini dei genitori costruite nell’infanzia, ma consente di impegnarsi affettivamente in nuove relazioni, sperimentando nuove identità.  la regressione : consente di difendersi dal senso di vuoto e dall’angoscia che derivano dal disinvestimento precedente, e si manifesta attraverso un ritorno all’azione rispetto al pensiero e alle parole, attraverso l’ammirazione incondizionata nei confronti di altri adulti (reminiscenza dell’idealizzazione dei genitori), attraverso l’attivazione di stati emozionali di tipo fusionale (all’interno di gruppi religiosi, ideologici, ecc..), attraverso un’attività frenetica per colmare il vuoto.
  • 120. TEORIA DI P.BLOS (1962)  La seconda sfida è la rielaborazione dei traumi infantili (la regressione consente, tornando indietro, di affrontare i conflitti irrisolti; le nuove capacità dell’Io consentono di affrontarli superando l’impressione infantile di difficoltà schiacciante)  La terza è la costruzione della continuità dell’io: l’adolescente deve trovare una coerenza e una costanza nel tempo tra le nuove individuazioni vissute  La quarta è la formazione di un’identità sessuale
  • 121. TEORIA DI P.BLOS (1962) Questo percorso avviene attraverso alcune sottofasi distinte:  preadolescenza (pubertà)  prima adolescenza (avvio del processo di separazione dai genitori)  adolescenza vera e propria (investimento su altri oggetti)  tarda adolescenza (compimento dell’individuazione- formazione del carattere) Alla fine del percorso il giovane acquisisce un sé stabile, precisi confini tra sé e il mondo oggettuale, un Super-io sempre meno edipico, autonomia dalle fonti esterne di sostegno.
  • 122. TEORIA DI D.WINNICOTT (anni ’60/80)  Donald Winnicott sottolinea la dimensione dell’ambivalenza degli adolescenti, l’oscillare tra un atteggiamento di sfida e di dipendenza rispetto ai genitori.  I giovani si trovano in una sorta di “bonaccia”, un periodo di inconsistenza, di vuoto, di percezione di futilità, che li porta a sfidare il mondo adulto, ma anche a ricercarvi conforto (ambivalenza).    L’obiettivo del percorso adolescenziale consiste nel raggiungimento di una condizione di indipendenza, intesa come una forma matura di dipendenza.  Ciò accade quando il giovane si sente pronto ad identificarsi con gli adulti (e i propri genitori) senza sentire minacciata la propria autonomia (senso vero di sé) (ritorna la complementarità, quasi paradossale , tra autonomia e dipendenza, della prima infanzia)  Il processo è favorito da un ambiente “sufficientemente buono”, che sa tollerare il bisogno di sfida e di separatezza e sa intervenire nei momenti di richiesta di dipendenza. Lasciare che passi il tempo…
  • 123. EVOLUZIONE DELL’APPROCCIO PSICODINAMICO  Già a partire da Winnicott l’attenzione si sposta sui processi di trasformazione del Sé che hanno luogo durante la separazione, e gradualmente si afferma un approccio più relazionale, che tende a vedere la separazione dai genitori in modo più morbido.  Più che separarsi del tutto, occorre riformulare i rapporti con gli oggetti interni (le rappresentazioni degli altri e di sé) e così facendo si ristruttura il Sé.  Questo processo, a seconda degli autori, è stato chiamato Personalizzazione (Winnicott), Soggettivazione (Cahn, Novelletto), Individuazione (Senise), Sviluppo della funzione riflessiva (Ammaniti).  Più che di separazione netta si giunge a parlare di trasformazione dell’attaccamento (Ammaniti).  In generale, per quanto ritenuti importanti, gli aspetti somatici vengono ridimensionati (indebolimento del paradigma ricapitolazionista) e si attribuisce maggiore importanza agli aspetti relazionali sia interni sia esterni (ambiente e contesto)
  • 124. PROSPETTIVA DI AMMANITI                    Massimo Ammaniti preferisce parlare di “modificazione dell’attaccamento” piuttosto che di “processi di separazione”. Il compito evolutivo principale dell’adolescente consiste nel raggiungere un equilibrio tra il “bisogno di base sicura” e il “bisogno di autonomia” (Ammaniti et al., 2011). L’attaccamento sicuro favorisce la funzione riflessiva (capacità di vedere se stessi e gli altri in termini di stati mentali e di rispecchiarsi nell’immagine che gli altri possiedono di noi) in adolescenza. Questa capacità aiuta nei processi di costruzione dell’identità e di ridefinizione delle relazioni con gli altri.