2. IL CONCETTO DI SÉ
Il Sé costituisce l’oggetto di studio di numerose
discipline:
Filosofia : Sartre e l’Esistenzialismo, in genere
Psicologia: W. James
Psicologia sociale: G. H. Mead
Psicologia della personalità: Maslow, Erikson,..
Psicologia dello sviluppo: Mahler, Piaget, Stern,
Lewis, Zazzo,…
3. IL CONCETTO DI SÉ
Il Sé è un concetto multidimensionale, che
possiede diverse valenze:
Individuale/sociale
Soggettiva/oggettiva
Cognitiva
Emotivo/affettiva
4. IL CONCETTO DI SÉ: ALCUNE
DISTINZIONI
Io/identità: è la componente che apprende,
organizza, interpreta l’esperienza. Esprime
l’esistenza dell’individuo come separato, distinto
dagli altri, costante e continuo nel tempo.
Sé: è ciò che un individuo appare a se stesso, sulla
base della percezione che egli stesso ne ha e che
riceve dagli altri
Senso di Sé: è la conoscenza che l’individuo ha di sé.
Comprende l’autostima (valutazione di sé).
5. IL MODELLO DI JAMES
Per primo W. James (1890) ha postulato un
concetto multidimensionale del Sé,
distinguendo tra:
Io: il sé conoscente
Me: il sé conosciuto (“Me materiale”, “Me
sociale”, “Me spirituale”)
Ha distinto inoltre tra:
Sé attuale: effettivo e reale
Sé potenziale: desiderato, prodotto delle
mete e delle aspettative personali
6. IL MODELLO DI MEAD
G. Mead (1934) considera il Sé il prodotto
del rispecchiamento (looking glass self) che
ogni individuo effettua negli altri.
Grazie a processi sempre più complessi di tipo
cognitivo, simbolico e sociale, l’individuo
interiorizza gli atteggiamenti, i ruoli sociali,
le rappresentazioni e le aspettative del
gruppo sociale di appartenenza (“altro
generalizzato”) e costruisce il proprio sé.
7. IL MODELLO DI BRUNER
Secondo Bruner (1986,1990), grazie al linguaggio
e alla struttura narrativa del pensiero,
l’individuo, già dalla prima infanzia, tende a dare
significato e coerenza alle proprie esperienze,
collocandole nel contesto culturale di
appartenenza.
Tale processo (raccontare-organizzare-dare
significato) costituisce la narrazione e produce
la memoria autobiografica e un costrutto
coerente che progressivamente diventerà il
Sé.
8. IL MODELLO DI BRUNER
La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per
sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007):
Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non
soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio
del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato
in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e
basato su riferimenti contestuali e significati impliciti.
Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche
e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto
e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole
convenzionali del racconto, che rendono la narrazione
comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.
9. IL MODELLO DI BRUNER
Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro:
Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come
se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro
degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si
verifica un vero e proprio processo di selezione e di
riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria
autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più
culturale e sociale, di dare significato alle proprie
esperienze e quindi di definire la propria identità personale.
Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé
e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.
10. IL MODELLO DI GUIDANO
V. Guidano (1988) considera il Sé una
struttura complessa di tipo sistemico, la cui
stabilità e coerenza (identità) è garantita
dall’equilibrio tra la necessità di avere
relazioni con gli altri (apertura del sistema) e
la necessità di affermarsi, separandosi ed
individuandosi (chiusura).
Tale duplice istanza si evidenzia già dal primo
nucleo del Sé, definito dalla propria
amabilità sociale e dalle prime forme di
autonomia e competenza.
11. SELF DETERMINATION THEORY
Secondo la Self Determination Theory
(Connell, 1990; Deci e Ryan, 2008) la
percezione di sé che un individuo
sperimenta durante il proprio agire nei
contesti sociali è il prodotto, la risultante
dell’incontro tra i propri bisogni individuali
di base, da un lato, e i modelli, o pattern di
relazione sociale in cui egli è inserito,
dall’altro.
13. LA SEPARAZIONE COME BISOGNOLA SEPARAZIONE COME BISOGNO
DI BASEDI BASE
Connell (1990), nell’ambito della Self Determination Theory,
considera il bisogno di separazione in termini di bisogno di
autonomia:
percepirsi come separati dagli altri, di esistere come entità
propria e distinta sia in senso fisico (separazione), sia in senso
psicologico (separatezza), di evitare un controllo esterno nella
messa in atto delle proprie azioni.
L’autonomia può quindi essere intesa, innanzitutto, come
esperienza di autoregolazione, legata cioè alla percezione di
scegliere di dare inizio, mantenere o interrompere il proprio
comportamento, e in secondo luogo come esperienza di una
connessione tra le proprie azioni e gli obiettivi, i desideri, i valori
che le hanno mosse.
14. LA SEPARAZIONE COME BISOGNO
DI BASE
L’individuo, secondo Connell, soddisfa questo bisogno
quando sperimenta se stesso come artefice e
regolatore delle proprie azioni e quando sente che la
motivazione che lo spinge ad agire viene da lui stesso, è
cioè interna ed intrinseca.
I processi di base, quindi, connessi al soddisfacimento di
questo bisogno, sono fondamentalmente quelli di
autoregolazione e di percezione di un locus interno
rispetto al controllo delle proprie azioni.
15. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La connessione costituisce l’altra faccia
della medaglia:
È necessario separarsi da ciò con cui si è in
relazione, ma costruire la relazione è la
condizione per la separazione
16. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
BISOGNI SOCIALI: RIVOLTI VERSO L’ESTERNO,
VERSO GLI ALTRI
(Sullivan, 1953; Bowlby, 1973; Weiss, 1973)
Bisogno di attaccamento/sicurezza
Bisogno di relazioni sociali
Bisogno di appartenenza
Bisogno di confrontarsi/identificarsi
Bisogno di avere un partner
17. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Si tratta di un tema centrale e dominante della
psicologia dello sviluppo.
E’ indubbiamente il bisogno, tra tutti, più indagato
Continuità tra la concezione classica (passato), anche di
tipo filosofico, che vede l’uomo come un animale
sociale, e quella attuale che vede, soprattutto
rispetto al futuro, l’uomo come individuo
tecnologicamente sempre più connesso
18. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Si riferisce alla necessità, anche biologica, di sentirsi
sicuri e protetti nel contesto sociale, di avvertire di
essere parte di un tutto, di sperimentarsi come capaci
e degni di essere amati e, a propria volta, di amare.
Il bisogno di relazione appare infatti soddisfatto
quando l’individuo realizza il contatto o la prossimità
con gli altri individui, quando le proprie richieste
vengono accolte, in sostanza quando egli percepisce un
senso di connessione con il mondo esterno.
19. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Tra i processi che contribuiscono al soddisfacimento di
questo bisogno appaiono significativi quelli relativi alla
costruzione di schemi relazionali, da cui può emergere
un’idea di sé, degli altri e della relazione in termini di
sicurezza, di amore, di connessione, ma anche di
competenza (sentirsi capaci e degni di amare ed
essere amati).
Gli Internal Working Models (IWM) (Bowlby, 1988)
costituiscono un buon esempio
20. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La psicologia dello sviluppo è prevalentemente una
psicologia della relazione:
Teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali
Teoria dell’attaccamento
Modello interazionista dello sviluppo
21. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
L’approccio psicodinamico alle relazioni oggettuali
descrive come il legame tra il bambino e l’oggetto
d’investimento delle pulsioni, mentre si realizza,
conduce all’autonomia:
soltanto se il bambino ha costruito una relazione
profonda e sicura con una madre sensibile e sollecita
(che soddisfa quindi il suo bisogno di connessione), ma
nello stesso tempo non intrusiva e rispettosa del suo
bisogno di separazione, potrà accedere alla capacità di
stare solo (Winnicott, 1970), alla separatezza
interiore (Klein, 1978) e alla consapevolezza di sé
(Mahler, Pine, Bergman, 1978).
22. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza
della relazione, ma attraverso la costruzione di una
relazione l’individuo procede da una condizione di
dipendenza totale ad una di autonomia
(interiorizzazione della relazione).
Il punto di arrivo è la costruzione dei primi schemi di sé
(IWM) in termini di amato/non amato,
competente/non competente.
Il legame di attaccamento da un lato soddisfa il bisogno
di connessione, ma dall’altro consente di sperimentare
le prime forme di autonomia (i primi nuclei del Sé) e di
competenza (capacità di amare ed essere amati)
23. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
Il modello interazionista dello sviluppo ha sottolineato
come l’individuo sia predisposto alla socialità e ha
mostrato come le interazioni siano un potente fattore
evolutivo, in quanto esse concorrono alla costruzione
di competenze di vario genere (linguistica, sociale,
emotiva, ..).
Grazie a tali competenze l’individuo definisce il proprio
modo di essere, acquisisce cioè quelle informazioni su
di sé (sé categoriale) che gli consentono di
differenziarsi dagli altri e di svolgere un ruolo nel
contesto sociale (Dunn, 1990)
24. LA CONNESSIONE COME BISOGNO
DI BASE
In sintesi, coloro che hanno enfatizzato la connessione
come un bisogno di base, pur in prospettive diverse,
hanno sottolineato come tale istanza evolutiva
conduca, se soddisfatta, a percepire quel senso di
sicurezza e di competenza che consente sia di
separarsi (fare a meno di) dagli altri, sia di
differenziarsene, affermando una propria identità e
individualità.
25. LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Riflettendo sui bisogni di base di separazione e di
connessione è emerso che essi difficilmente possono
essere distinti, è come se costituissero le due facce
della stessa medaglia, cioè dello sviluppo, il quale a sua
volta non è che un’acquisizione progressiva di
competenze.
SEPARAZIONE CONNESSIONE
COMPETENZA
Sono tre istanze evolutive di base e intrecciate tra loro
26. LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Il bisogno di competenza (Elliot, McGregor, Thrash, 2002) si riferisce
alla necessità di produrre un effetto sull’ambiente.
Quest’ultimo viene in effetti percepito come soddisfatto quando l’individuo
sperimenta di essere capace di produrre un effetto voluto, o un esito
positivo, o di evitarne uno non voluto, o esito negativo. Allo stesso modo
ciò accade quando egli si aspetta e quindi prevede di riuscire in un
compito o nella messa in atto di un comportamento.
Rispetto al senso di competenza, e quindi alla possibilità di percepirsi come
tali e di soddisfare questo bisogno, due processi appaiono cruciali: la
conoscenza delle proprie abilità (sperimentare di saper fare, credere
di essere in grado di fare, avere fiducia nelle proprie capacità), e la
consapevolezza delle strategie utili al saper fare (come agire per
raggiungere un esito positivo e per evitarne uno negativo).
27. LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
In sintesi, il bisogno di competenza viene soddisfatto quando
l’individuo, in una determinata circostanza e rispetto ad un’azione
specifica, sa che cosa e come deve fare per realizzarla.
Il soddisfacimento del bisogno di competenza conduce ad
esercitare una qualche forma di controllo, dall’interno,
sull’azione, e quindi sulla realtà esterna. L’individuo sperimenta
dunque di non essere “in balia” del mondo esterno, ma di
essere, rispetto ad esso, distinto e autonomo.
Quindi, l’esperienza di percepirsi come competente, di esercitare un
effetto sull’ambiente, lo conduce di fatto anche a comprendere il
proprio senso di autonomia e a sentire di essere diverso e
separato da ciò su cui esercita un controllo.
28. LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
BISOGNO DI COMPETENZA
BISOGNO DI AUTONOMIA
29. LA COMPETENZA COME BISOGNO
DI BASE
Precursori del soddisfacimento del bisogno di
competenza:
Reazioni circolari secondarie (Piaget, 1936), intorno ai sei mesi,
grazie alle quali un movimento, o un’azione, che produce un
effetto sull’ambiente viene ad essere generalizzato ed inserito
nel repertorio degli schemi di azione.
Comparsa delle emozioni autocoscienti (Harter, 1999) verso la fine
del secondo anno di vita: esse sono strettamente connesse ad una
prima forma di valutazione di sé, e in particolare all’effetto che
il proprio comportamento esercita sulla realtà esterna.
30. SEPARAZIONE, CONNESSIONE E
COMPETENZA
Dalle riflessioni precedenti emerge lo stretto legame
tra le 3 istanze evolutive di base e l’importanza che
esse ricoprono rispetto alla costruzione del Sé
Separazione
Connessione
Competenza
Sé
31. SELF DETERMINATION THEORY
Competenza, connessione e autonomia sono le
dimensioni principali del sistema del Sé,
poiché i processi attraverso cui tali istanze
vengono soddisfatte consentono all’individuo di
costruire, percepire e sperimentare le diverse
componenti e caratteristiche del proprio modo
di essere nelle varie situazioni.
32. SELF DETERMINATION THEORY
Alcuni pattern interattivi possono, in una situazione
specifica e durante una determinata attività,
risultare più o meno funzionali al soddisfacimento dei
bisogni individuali, e quindi consentire all’individuo
stesso di sperimentare in quella situazione un senso
del Sé più o meno positivo.
Le variazioni nel sistema del Sé dipendono dunque dal
grado con cui le istanze di base vengono accolte e
soddisfatte dal contesto relazionale.
33. I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Le caratteristiche del contesto possono
favorire o meno il soddisfacimento di
tali bisogni e, in questo modo,
concorrono alla costruzione di un Sé più
o meno soddisfacente (stabilità,
benessere, adattamento)
34. I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Sono tre le caratteristiche dell’ambiente relazionale, in
grado di influenzare il soddisfacimento dei bisogni di
base di autonomia, competenza e connessione:
“struttura”
“sostegno all’autonomia”
“coinvolgimento”
Queste vanno intese anche rispetto alla percezione che
di queste ha l’individuo, e non soltanto come elementi
oggettivamente posseduti dal contesto.
35. I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Struttura
Si intende un contesto molto chiaro e definito, tale per
cui l’individuo è consapevole di ciò che può aspettarsi.
Sperimentare una relazione strutturata significa
percepirla come coerente e stabile, e quindi ben
definita e prevedibile; al contrario, in assenza di
struttura, l’individuo percepisce incoerenza,
instabilità e non sa, in una particolare circostanza, che
cosa può aspettarsi da essa.
36. I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Sostegno all’autonomia
Il sostegno all’autonomia viene percepito all’interno di
una relazione in cui il partner riconosce il bisogno di
separazione e di controllo interno delle proprie azioni,
e quindi non è intrusivo e non esercita un controllo
eccessivo sul comportamento.
37. I BISOGNI DI BASE NEL
CONTESTO
Coinvolgimento
Il coinvolgimento caratterizza quella relazione o quel
contesto socio-culturale in cui l’individuo percepisce
su di sé l’attenzione, la partecipazione e la
preoccupazione degli altri; egli sente di essere
accettato e di essere partecipe di un tutto,
sperimenta un senso di appartenenza e di connessione.
In caso contrario egli percepirà un senso di isolamento e
un sentimento di solitudine.
38. CONTESTO E CULTURA DI
RIFERIMENTO
Le caratteristiche del contesto si esprimono non
solo a livello di relazione ma anche di cultura di
riferimento:
culture di tipo collettivistico, o individualistico,
proprio perché diversamente caratterizzate
rispetto alla struttura, al supporto all’autonomia
o al coinvolgimento, soddisfano in modo diverso i
bisogni di competenza, di autonomia e di
relazione, e quindi influenzano la percezione del
Sé in particolari circostanze (Dennis, Talih,
Cole, Zahn-Waxler, Mizuta, 2007).
39. CONTESTO E CULTURA DI
RIFERIMENTO
Anche i modelli di socializzazione presenti nei diversi
contesti familiari e/o educativi possono orientare
l’azione dei partner delle relazioni in modo tale da
soddisfare in modo differente i bisogni sociali o
individuali dei bambini (Corsano, Cigala, 2004).
Diverse situazioni cliniche di malessere e di inadeguata
percezione di sé, descritte da Buchholz (1997) come
caratteristiche dell’attuale cultura occidentale,
vengono dalla studiosa spiegate in relazione ad una
sorta di mancato riconoscimento del bisogno di
autonomia, soffocato, sul piano culturale, da un’enfasi
eccessiva sugli aspetti di connessione e di relazione.
40. CONTESTO, DOMINIO DI VITA E
FASI EVOLUTIVE
Le caratteristiche del contesto possono avere
significato diverso, maggiore o minore salienza anche
rispetto a:
Dominio di vita: casa/scuola/gruppo dei pari,..
Fase evolutiva dell’individuo.
Gli stessi bisogni di base, per altro, si esprimono con
forza e modalità differenti a seconda dell’età degli
individui.
41. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Smeekens, Riksen-Wairaven e van Bakel (2008) hanno
condotto una ricerca da cui emergono bene le
interazioni tra bisogni di base e caratteristiche del
contesto.
Tema: relazione tra profili di adattamento e
l’interazione genitore/bambino (contesto di
riferimento)
Hp: i profili di adattamento variano rispetto alle
caratteristiche del contesto
Soggetti: 107 bambini di 5 anni
42. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito rispetto ai tre bisogni di base:
Competenza: valutata attraverso una prova di
competenza percepita (Puppet Interview - Cassidy,
1988)
Autonomia: valutata attraverso una prova di
autoregolazione e coping (California Child Q-set -
Block e Block, 1980)
Connessione: valutata attraverso la sicurezza
dell’attaccamento (Attachment Story Completion
Task - Cassidy, 1988), competenza sociale coi pari
(vari strumenti) e adattamento a scuola (SRS-
Chandler et al., 1985)
43. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il profilo è definito anche rispetto a dimensioni
comportamentali, quali :
• Internalizzazione (ansia, depressione, ritiro sociale,
bassa stima di sé)
• Esternalizzazione (aggressività, antisocialità,..)
valutate attraverso il Child Behavior Checklist (CBCL) e
il Teacher Report Form, entrambi di Achenbach
(1991), strumenti di osservazione indiretta per
genitori e insegnanti.
44. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Il contesto (interazione col genitore) è stato valutato
mediante una prova in cui i genitori dovevano dare
istruzioni su come svolgere un compito.
La situazione, videoregistrata, è stata codificata
mediante le scale di Erickson et al., 1985), che
valutano:
Supporto emotivo / ostilità (Coinvolgimento)
Non intrusività, rispetto autonomia (Sostegno
all’autonomia)
Coerenza nella strutturazione delle regole/Chiarezza nel
dare le istruzioni (Struttura)
45. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
Mediante l’analisi dei clusters sono emersi 3 profili di
autonomia:
I profilo: adattamento (punteggi alti in tutte le scale)
(circa il 60 % dei bambini)
II profilo: disadattamento (punteggi bassi in tutte le
scale, problemi di esternalizzazione) (circa il 20 %)
III profilo: “insuccesso” (20 %) (buona sicurezza di
attaccamento, bassa autoregolazione e bassa
competenza percepita, bassa prosocialità, inibizione,
problemi di internalizzazione)
46. BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN
ESEMPIO DI RICERCA
I profili sono stati correlati con le
caratteristiche del contesto.
• Il I profilo è correlato con livelli alti di
struttura, supporto all’autonomia e
coinvolgimento
• Il II profilo è correlato con livelli bassi di
struttura, coinvolgimento e supporto
all’autonomia
• Il III è correlato a buoni livelli di struttura,
coinvolgimento e basso supporto all’autonomia
47. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Nel percorso di sviluppo del concetto di sé si
individuano due momenti significativi (Lewis,
1990):
Sé esistenziale (Sé come agente): è la
consapevolezza di sé, cioè la capacità di
comprendere che si esiste come individui distinti
e separati dagli altri.
Sé categoriale: è il vero e proprio concetto di sé,
cioè l’attribuzione a sé di caratteristiche (la
collocazione di sé all’interno di categorie che lo
definiscono).
48. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Si costruisce entro il II anno di vita
Viene valutato mediante:
Prove di riconoscimento visivo allo specchio
(Lewis, Zazzo)
Uso adeguato di pronomi personali e nome
proprio
Presenza di autoaffermazione e di emozioni
complesse (vergogna, orgoglio,..).
49. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Esperienze che favoriscono l’acquisizione del Sé
esistenziale:
Reazioni circolari primarie e secondarie
(Piaget)
Protoconversazioni (Stern)
Contingenza tra le proprie azioni e gli effetti
di queste (Piaget)
Dialogo emotivo (Stern, Trevarthen)
Osservazione ed esplorazione del proprio
corpo
50. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Il percorso di acquisizione del Sé esistenziale
è stato descritto da:
Piaget (1937): sul piano cognitivo, rispetto al
processo di costruzione dell’oggetto (e
differenziazione del soggetto)
M. Mahler (et al., 1975): sul piano affettivo,
rispetto al processo che, dalla fusione e
simbiosi con la madre, conduce alla
separazione e all’individuazione.
51. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé esistenziale
Fonagy (2002) ha fornito un interessante
modello di sviluppo del Sé, focalizzandosi in
particolare sul
Sé come agente mentale, cioè sulla
comprensione che l’individuo ha di essere
un’entità che agisce e ha un effetto sul
mondo
Egli si chiede come ciò avvenga
52. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il modello di Fonagy si colloca in un contesto
teorico che dà importanza, per la costruzione
del Sé a:
• Processi mentali (il bambino conosce la
propria mente grazie alla comprensione della
mente altrui)
• Interazione affettiva col caregiver come
contesto in cui si costruisce il Sé
• Rapporto tra emozione e cognizione
(consapevolezza delle emozioni)
53. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sia il Sé come agente mentale (Io) sia il Sé
come oggetto (Me) non sono dati alla nascita,
ma si costruiscono grazie al processo di
mentalizzazione (o funzione riflessiva), cioè il
fare esperienza di essere un organismo dotato
di mente.
La funzione riflessiva (capacità di riflettere
sulla mente) può essere rivolta verso di sé
(autoriflessione) o verso gli altri. Ciò aiuta a
distinguere tra realtà interna ed esterna.
54. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Mentalizzazione: processo che porta alla
consapevolezza che l’esperienza che abbiamo
del mondo è mediata dalla nostra mente.
Organizzare tale esperienza attraverso la
mente porta a costruire un’idea di Sé
Mentalizzazione Costruzione del Sé
55. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Mentalizzazione:
regolazione affettiva (tra bambino e caregiver)
affettività mentalizzata
56. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
regolazione affettiva (tra bambino e caregiver):
capacità di modulare le proprie emozioni
rispetto all’altro)
affettività mentalizzata: comprensione dei
significati soggettivi dei propri stati affettivi.
E’ la forma più matura di regolazione affettiva.
Implica il Sé
57. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Se il processo di mentalizzazione fallisce,
la psicoterapia può aiutare a
raggiungere una condizione di
affettività mentalizzata
58. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Alcune domande:
Perché il processo di mentalizzazione
avviene a partire dalla regolazione
affettiva?
Perché le emozioni sono i primi stati
mentali che si sperimentano e che si
attribuiscono agli altri (poi intenzioni,
desideri, credenze,..)
59. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Alcune domande:
Perché le emozioni sono gli stati mentali
più precoci?
Perché sono innate e universali, si
accompagnano a correlati fisiologici,
comportamentali ed espressivi che le
rendono facilmente riconoscibili.
60. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Grazie al processo di mentalizzazione si verifica un
passaggio evolutivo importante: da una condizione di
“equazione tra stati affettivi interni ed esterni”
(tipica del bambino piccolo) alla distinzione tra stati
mentali effettivi (interni) e stati mentali
rappresentati (cioè consapevoli e rielaborati rispetto
alla realtà esterna)
Solo quando il bambino distingue le due realtà può
integrarle dando vita a stati affettivi come
rappresentazioni, può comprendere il senso del “come
se” e del “fare finta” e sperimentare diverse
rappresentazioni di sé.
61. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il punto di partenza e il punto chiave del
processo di mentalizzazione è la regolazione
affettiva che avviene nell’interazione col
caregiver.
Passaggio progressivo dalla co-regolazione
all’autoregolazione (delle emozioni e di sé)
62. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Ci sono diversi livelli di regolazione affettiva:
• Omeostasi: modulazione dell’emozione in
funzione del ripristino dell’equilibrio fisiologico
(non è consapevole)
• Regolazione interpersonale: modulazione dello
stato emotivo per adattarlo agli altri (prima
forma di autoregolazione)
• Affettività mentalizzata: modulazione che
tiene conto dei significati soggettivi dei propri
stati affettivi
63. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il passaggio dal I agli altri livelli di regolazione
affettiva è reso possibile dal rispecchiamento
emotivo da parte dell’adulto
E’ il punto centrale del modello di Fonagy
Per spiegarlo, Fonagy ricorre al modello del bio-
feedback. Ipotizza che la teoria classica del
bio-feedback possa essere applicata al
contesto dell’interazione col caregiver
Teoria del bio-feedback sociale
64. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback
Al paziente si insegna ad avere consapevolezza
di uno stato interno (ad es. frequenza
cardiaca) associandolo contingentemente a
qualcosa di esterno che varia in modo
concomitante.
65. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Il bambino impara a prendere consapevolezza di
un stato interno non consapevole (uno stato
emotivo) associandolo allo stato emotivo che
l’adulto manifesta contingentemente a quello
del piccolo
(già a poche settimane i piccoli sono in grado di
rilevare e reagire, sperimentandole, alle
contingenze)
Detezione e massimizzazione della contingenza
66. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
La detezione e la massimizzazione della
contingenza svolgono due funzioni importanti:
1)Autoidentificazione (il bambino fa esperienza
di sé come soggetto agente
2)Orientamento verso l’oggetto sociale (che
risponde)
67. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Quindi, quando l’adulto rispecchia
emotivamente lo stato interno del bambino,
gli consente di fare un’esperienza di
contingenza e di associare la configurazione
che vede nell’adulto al proprio stato interno
68. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Per massimizzare la contingenza, il bambino
introduce delle piccole variazioni nel proprio
comportamento, che si sintonizzano con
quelle del genitore (il rispecchiamento non è
continuativo).
Questa sintonizzazione induce il bambino a
ridurre e regolare i propri stati emotivi
69. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Oltre che contingente, il rispecchiamento
affettivo dell’adulto deve anche essere
marcato, cioè esagerato.
La marcatura fatta dal genitore aiuta il bambino
a capire che quello che vede nell’altro è il
proprio stato emotivo e non l’altrui.
Questo lo aiuta a differenziare tra stato
interno e realtà esterna (costruzione del Sé)
70. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Se il bambino percepisse che quello che vede
nell’altro è l’altrui stato emotivo, oltre a non
differenziare tra sé e la realtà esterna (che
sarebbe percepita come un prolungamento di
sé), non regolerebbe il proprio stato
emotivo, ma lo intensificherebbe.
71. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Come fa il bambino a capire che quello che vede è
una marcatura e non lo stato reale dell’adulto?
Perché nel tempo il bambino sperimenta nel
genitore due tipi diversi di esperienza
emotiva: quella realistica e quella marcata,
le distingue e “capisce” che quella marcata
rispecchia il proprio stato e non quello
dell’adulto.
72. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Grazie alla marcatura, il bambino gradualmente
interiorizza anche la modalità del “come se”,
del “fare finta”, che lo aiuterà a distinguere i
due livelli della realtà (interna ed esterna) e a
costruire delle rappresentazioni integrate di
essa e di sé.
73. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Teoria del bio feedback sociale
Quindi, il rispecchiamento contingente e marcato (che è
istintivo nel genitore) svolge alcune funzioni
fondamentali:
• Aiuta il b. a identificare e raggruppare alcuni indizi che
definiscono il suo stato interno (sensibilizzazione)
• Lo aiuta a costruire delle rappresentazioni consapevoli
dei propri stati interni (costruzione della
rappresentazione)
• Regolazione delle emozioni
• Acquisizione del codice comunicativo della marcatura.
74. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Possono esserci nel caregiver stili devianti di
rispecchiamento emotivo, che possono
sviluppare nel bambino forme di
disadattamento o psicopatologie:
• Assenza di marcatura
• Presenza di marcatura, ma con incongruenza
emozionale
75. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Assenza di marcatura
Il bambino attribuisce all’altro il proprio stato
emotivo, non distingue tra realtà interna ed
esterna, l’emozione negativa risulta amplificata
piuttosto che regolata.
Bambino e genitori sono sopraffatti dallo stato
emotivo, assenza di contenimento emotivo.
Tendenza nel bambino all’identificazione
proiettiva, difficoltà di differenziazione di sé.
76. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Presenza di marcatura, ma con incongruenza
emozionale
L’adulto risponde con una reazione diversa da
quella del bambino (ad es. piccolo attivato,
eccitato gioiosamente, mamma risponde
arrabbiandosi.
Il bambino percepirà in modo distortio i propri
stati affettivi (Falso Sé o Sé alieno)
77. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Attraverso il processo di mentalizzazione il
bambino diventa progressivamente
consapevole di sé come agente mentale
Fonagy delinea lo sviluppo del Sé agente (Io),
aspetto trascurato dalla letteratura, che si
è concentrata sullo sviluppo del concetto di
sé.
78. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
5 livelli nell’acquisizione della comprensione di
essere un agente mentale:
Fisico
Sociale
Teleologico
Intenzionale
Rappresentazionale
(autobiografico)
79. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
• Il I livello (Sé come agente fisico) è un Sé pre-
riflessivo (non psicologico).
• Gli altri costituiscono il Sé riflessivo (psicologico),
grazie al quale l’individuo può riflettere (funzione
riflessiva) sulla propria e altrui esperienza in termini di
stati mentali (emozioni, affetti, intenzioni, desideri,
credenze, motivazioni,..)
• Costruzione del Sé: mentalizzazione
80. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente fisico
Da 0 a 6 mesi il bambino comincia ad avere una vaga idea
di sé (corporeo, pre-riflessivo) come origine di azioni
sull’ambiente, di forza fisica che produce cambiamenti
nell’ambiente.
Varie ricerche mostrano:
Sensibilità alle contingenze (perfette)
Reaz. Circolari
Capacità di adeguare i propri movimenti allo spazio
(esperimento “stanza mobile”)
Osservazione di parti del corpo
81. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
• Entro il I anno di vita il bambino comprende che i
propri comportamenti hanno un effetto sugli altri.
• Le ricerche mostrano che già alla nascita il bambino è
attratto dagli stimoli sociali, sa imitare e interagisce.
• La comprensione del sé come agente sociale implica la
consapevolezza di ciò.
• Gli studiosi si sono chiesti quando ciò avviene. Ci sono
diverse posizioni in letteratura.
82. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
• Intersoggettività – posizione forte (Tronick,
Trevarthen): presente su base innata. Il bambino
comprenderebbe subito i propri e altrui stati interni
(es. le emozioni e le intenzioni), osservando il proprio
caregiver (“come me”).
• Intersoggettività – posizione più debole (Tomasello):
presente su base innata, ma la comprensione degli stati
propri e altrui compare solo intorno ai 9 mesi.
• Intersoggettività senza stato iniziale (Fonagy): non è
data alla nascita, ma si costruisce in modo mediato
attraverso le interazioni col caregiver.
83. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
La propensione innata agli stimoli sociali e alle interazioni
non agisce direttamente, ma indirettamente:
• favorisce la prossimità
• esprimendosi come proto-conversazioni, dialogo emotivo,..
favorisce l’autoregolazione (il bambino dapprima subisce la
funzione regolatrice dell’adulto, poi sperimenta di avere
effetti sull’altro)
• stimola nel genitore il rispecchiamento emotivo
In sintesi, crea un ambiente favorevole all’apprendimento e alla
comprensione degli stati mentali, che sono acquisiti intorno
ai 18 mesi.
84. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente sociale
Quindi, la mentalizzazione vera e propria
(consapevolezza di Sé come agente mentale) ha
inizio intorno ai 18 mesi
prima ci sono solo dei precursori (gesto dell’indicare,
attenzione condivisa, riferimento sociale,..)
85. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente teleologico
E’ la comprensione che le proprie azioni hanno un
esito e che possono essere messe in atto in
funzione di questo.
Già Piaget aveva mostrato che intorno a 9 mesi i
bambini sembrano agire rispetto a uno scopo
86. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente teleologico
Secondo Fonagy il Sé teleologico è distinto da
quello intenzionale, perché quest’ultimo
presuppone una maggiore consapevolezza degli
stati mentali (intenzioni)
Infatti, gli studi sui bambini autistici e sui
primati mostrano che essi possiedono un Sé
teleologico , ma non comprendono gli stati
mentali delle intenzioni.
87. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Il Sé come agente intenzionale
• Comprensione che all’origine di un’azione ci sia
un’intenzione o in genere uno stato mentale che
la muove (teoria della mente).
• Già dai due anni i bambini usano il verbo “volere”
e comprendono i desideri, le preferenze.
Mostrano empatia e comportamento prosociale
• Le credenze compaiono più tardi (3-4 anni)
88. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente rappresentazionale e
autobiografico
Comprensione che il Sé è una rappresentazione,
cioè un insieme complesso di attributi,
esperienze, attività, ricordi, che può essere
pensato e richiamato alla mente (su cui si può
riflettere).
89. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Fonagy
Sé come agente rappresentazionale e
autobiografico
Prima dei due anni c’è amnesia infantile perché non
c’è Sé esistenziale (né linguaggio)
Intorno ai due anni il bambino comincia a
comprendere il Sé come rappresentazione, ma
solo più tardi lo organizza temporalmente (Sé
“esteso” nel passato e nel futuro, cioè
autobiografico”)
90. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
(Fonagy)
In sintesi, anche riprendendo Bruner, il Sé
autobiografico è il prodotto di:
• Sé esistenziale
• linguaggio
• memoria,
• mentalizzazione
• narrazione
91. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Si costruisce a partire dai 2 anni circa
Si costruisce parallelamente alla conoscenza degli
altri
Segue di pari passo:
• lo sviluppo cognitivo (schemi cognitivi via via più
complessi consentono nuove conoscenze e nuove
modalità di rielaborazione delle conoscenze);
• lo sviluppo affettivo e sociale (le relazioni con gli
altri consentono di ricavare informazioni su di sé)
92. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Il sé categoriale è stato studiato prevalentemente
attraverso l’uso del linguaggio (metodo narrativo).
Le definizioni che i bambini danno di sé inglobano
progressivamente le seguenti categorie (Schaffer,
2004):
Età
Genere
Caratteristiche fisiche
Oggetti posseduti e attività svolte
Abilità e tratti psicologici
93. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Secondo Guidano (1988) i primissimi nuclei del
Sé (I infanzia) hanno origine nelle relazioni
familiari e riguardano l’amabilità sociale, la
sicurezza, le competenze di base connesse
all’autonomia, le prime norme.
Tali nuclei, poi, si consolidano all’interno di altre
relazioni, soprattutto con i pari, costruendo un Sé
costituito sempre da schemi relazionali, normativi
e di competenza, adeguati al livello evolutivo
raggiunto.
94. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sé categoriale
Strutturalmente, il concetto di sé si modifica nelle
seguenti direzioni (Harter, 1999; Schaffer, 2004):
Dal globale al differenziato
Dalla giustapposizione all’organizzazione
Dall’incoerenza alla coerenza
Dal concreto all’astratto
Dall’induzione alla deduzione
Dall’assoluto al comparativo
Distinzione progressiva tra Sé pubblico e Sé privato,
Sé reale e Sé ideale
95. SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’
Sviluppo cognitivo Concetto di Sé e degli altri
Periodo sensomotorio Distinzione tra Sé e gli altri: consapevolezza di
Sé
Primi schemi relazionali e normativi
Periodo preoperatorio Il bambino identifica Sé e gli altri ricorrendo ad
indici percettivi, tratti esteriori e
comportamenti contingenti.
Giustappone i tratti senza organizzarli in modo
coerente.
Periodo operatorio Grazie all’acquisizione della costanza e
dell’identità degli oggetti, il bambino è in grado di
riunire in un costrutto globale e unitario i
diversi tratti. Utilizza le comparazioni, il
riferimento a tratti psicologici e a stati
interni, dapprima connessi ai comportamenti
osservati (pensiero concreto), e poi da questi
sempre più svincolati (pensiero astratto).
96. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Fino agli anni ’80/’90 gli studiosi hanno indagato
il Sé in età prescolare attraverso l’uso di
domande aperte, frasi da completare…,
che non hanno favorito l’emergere di
competenze tacite.
97. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Dagli anni ‘90 in poi nuovi studi condotti con
nuove metodologie (Eder, 1990; Marsh, Ellis e
Craven, 2002; Brown et al., 2009; Fivush,
2007) hanno evidenziato che i bambini di età
prescolare sono capaci di attribuirsi
caratteristiche non solo fisiche ma anche di
tipo psicologico (emotivo, sociale, tratti di
personalità) e di organizzarle in modo
coerente.
98. ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE
Rispetto allo sviluppo del Sé l’età prescolare possiede
alcune peculiarità:
• Consolidarsi del linguaggio: sé verbale e narrato,
conversazioni coi genitori e i pari
• Consolidarsi delle autonomie: sviluppo di molte
competenze e approvazione sociale rispetto ad esse
(sovrastima di sé)
• Consolidarsi dell’attività simbolica:il bambino si
sperimenta nel gioco, “far finta”, sé
rappresentazionale e autobiografico
• Teoria della mente: si completa il processo di
mentalizzazione
• Consolidarsi delle emozioni autocoscienti
99. EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O
“AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI”
Ogni emozione sociale possiede:
1.Una causa elicitante
2.Implicazioni per sé / per gli altri
3.Correlati emotivi e comportamentali
ORGOGLIO:
1.Raggiungimento di mete e obiettivi definiti nel contesto
della relazione
2.Percezione di competenza / di avere risposto alle
aspettative degli altri
3.Felicità e comportamento di esibizione
100. EMOZIONI SOCIALI, OEMOZIONI SOCIALI, O
“AUTOCOSCIENTI”“AUTOCOSCIENTI”
VERGOGNA:
1.Trasgressione di norme definite nel contesto della
relazione
2.Percezione di inadeguatezza / di avere deluso gli altri
3.Tristezza e comportamento di ritiro/evitamento
SENSO DI COLPA:
1.Trasgressione/violazione di norme definite nel contesto
della relazione affettiva
2.Percezione di inadeguatezza / danno per gli altri
3.Ansia e agitazione e comportamento di riparazione
101. SVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALISVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALI
(Harter, 1999; Lewis, 2008)(Harter, 1999; Lewis, 2008)
2-3 anni: solo indici espressivi
4 anni: nominano correttamente e comprendono la valenza
affettiva dell’emozione
3-6 anni: comprensione del legame tra norme ed emozione
7 anni: portano esempi corretti di situazioni elicitanti, ed
esplicitano i modelli parentali
8 anni: consapevolezza che l’emozione può essere provata
indipendentemente dall’osservazione degli altri
102. STUDI SUL REMINISCING
Gli studi sul “reminiscing” hanno mostrato aspetti
interessanti riguardo al Sé in età prescolare e
alla formazione del Sé autobiografico.
Per “reminiscing” si intende l’atto di ricordare
insieme (bambino-genitore) eventi del passato
vissuti da entrambi
Gli studiosi (Fivush et al., anni 2000) si sono
soffermati sugli stili di conduzione dei genitori
103. STUDI SUL REMINISCING
Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori
favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione
autobiografica e quindi di costruzione del Sé.
Gli studi sul “reminiscing” hanno individuato due stili materni
caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini:
•Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e
particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore
competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e
nello strutturarli in sequenze narrative più complesse).
•Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non
tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare,
bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).
104. STUDI SUL REMINISCING
DIFFERENZE DI GENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush,
Buckner, 2003)
Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine:
•Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture
narrative di tipo socio-relazionale
•Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla
rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi)
…E DI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004)
Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e
bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a
soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé
indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato)
Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno
importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo
complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli
altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé
interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)
105. ETA’ SCOLARE
In età scolare (fanciullezza) gli studi sul sé si
sono concentrati maggiormente sull’autostima,
sulla percezione di competenza,
differenziando in modo netto tra vari ambiti
del sé (da quello fisico, a quello
interpersonale, scolastico/accademico,..)
106. L’AUTOSTIMA
L’autostima è la valutazione, il giudizio che
l’individuo esprime su di sé.
Si costruisce parallelamente al concetto di Sé
ed è il prodotto di:
Esperienze vissute (successi, fallimenti,..)
Aspettative degli altri
Giudizi ricevuti dagli altri
107. L’AUTOSTIMA
Esperienze entro cui si costruisce l’autostima:
Interazioni bambino/genitore
Interazioni tra pari
Gioco (solitario e sociale)
Attività scolastiche ed extrascolastiche
Professione
Relazioni con un partner
………………..
108. L’AUTOSTIMA
Valutazione dell’autostima:
Interviste/colloqui (con i più piccoli e i loro
familiari)
Tecniche di “Self-report” (a partire dall’età
scolare): questionari in cui i soggetti devono
attribuirsi un punteggio su scale relative a
varie abilità
Test del “Bean bag”: giochi di difficoltà
variabile che permettono di misurare il livello
degli obiettivi che i bambini si pongono
109. L’AUTOSTIMA
Livelli e correlati dell’autostima in età scolare
(Coopersmith, anni ‘70)
Bassa stima di sè Alta stima di sè
Timidezza/introversione Socievolezza/estoversione
impopolarità Popolarità
Insuccesso scolastico Successo scolatico
Ritiro e isolamento sociale Competenza sociale
Dipendenza dal
contesto/conformismo
Autonomia rispetto al contesto
110. L’AUTOSTIMA
L’autostima è un costrutto stabile ed autoreferente:
l’individuo tende cioè a confermare la propria
valutazione, interpretando in questa direzione le
esperienze.
Diener e Dweck (‘70) hanno rilevato che i bambini di età
scolare , in seguito a fallimenti, usano un linguaggio
diverso (interpretando la situazione) a seconda del livello
di autostima:
•Bassa autostima: bambini
rinunciatari
Alta autostima: b. orientati alla
padronanza
“..mi sono confuso” “più è difficile e più devo impegnarmi”
“ho sbagliato” “ancora un po’ e ce la faccio”
“non sono capace..” “mi piace avere più scelte”
“rinuncio” “riproviamo”
111. L’AUTOSTIMA
L’autostima è coerente con le valutazioni degli
adulti di riferimento:
Insegnanti: la valutazione dell’insegnante
corrisponde al livello di autostima dell’allievo
Genitori: la valutazione del genitore corrisponde
al livello di autostima del figlio; correlazione
tra autostima dei genitori e dei figli
112. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Secondo Berti e Bombi (2005) fino all’età scolare
l’autostima tende ad essere prevalentemente
positiva, a causa di:
Ottimismo protettivo
Confronto rispetto a sé e al passato
Limiti cognitivi
113. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Per quanto già precocemente i bambini esprimano giudizi su
di sé, traendone condizioni di benessere/malessere,
molti autori ritengono che un vero e proprio costrutto
di autostima sia presente solo dopo l’età scolare.
La valutazione di sé infatti implica il confronto tra tre
istanze (Higgins, 1989, 1991):
Sé reale: “come io sono”
Sé ideale: “come mi piacerebbe essere”
Sé normativo: “come dovrei essere”
114. SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
La capacità di autovalutazione si struttura negli anni secondo livelli differenti
(Higgins, 1989, 1991):
I livello (I anno di vita): il bambino percepisce solo delle contingenze tra il
proprio e altrui comportamento, che lo portano gradualmente alla distinzione
di sé.
II livello (2-3 anni): il bambino mette in relazione il proprio comportamento con
gli stati emotivi degli altri, che costituiscono una prima forma di valutazione.
III livello (età prescolare): la capacità rappresentativa e la teoria della mente
consentono di anticipare gli effetti delle proprie azioni e le reazioni emotive
degli altri.
IV livello (fanciullezza): il Sé è stabile e differenziato al suo interno e valutato
rispetto a norme e valori.
V livello (adolescenza e età adulta): gli standard normativi e valoriali utilizzati
per la valutazione di sé e l’autoregolazione devono tenere conto di contesti
sociali diversi e non sempre in accordo. Occorre un’integrazione in funzione
di un’identità stabile e coerente.
115. PREADOLESCENZA
Con la preadolescenza, i processi di costruzione
del sé prendono un nuovo slancio poiché
accade qualcosa di molto importante:
Il secondo processo di separazione e
individuazione
116.
(A. Freud, 1936; Blos, 1962):
Disinvestimento affettivo degli oggetti primari (svalutazione,
attacchi aggressivi, oppositività, apatia, narcisismo, investimento
sui pari).
Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori,
costruita nell’infanzia (sentimenti depressivi, di lutto e di
rinuncia).
Rinuncia delle identità infantili (anche rispetto al corpo),
costruite sulla dipendenza affettiva dai genitori (sentimenti
depressivi, ma anche di smarrimento rispetto al venir meno di
punti di riferimento, sottrazione del proprio corpo ai genitori).
117. TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI
A. FREUD (1936)
L’adolescenza costituisce la prima ricapitolazione della sessualità
infantile, il primo momento, cioè, in cui si attua una sorta di
“riepilogo” e ciò che è accaduto prima può aiutare a comprendere il
presente. E’ una sorta di punto critico. La seconda ricapitolazione si
avrà nel climaterio.
In seguito alle stimolazioni della pubertà si verifica, dopo la fase di
latenza, il riemergere dell’ES, notevolmente rafforzato, mentre
l’IO e il SUPER-IO in parte sono rigidi, in parte deboli.
Dallo scontro (conflitto) tra l’ES e l’IO e il SUPER-IO
può generarsi o il carattere, o una nevrosi.
118. TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI
A. FREUD (1936)
Tale conflitto si esplica mediante la messa in atto di meccanismi di difesa,
che spiegano alcuni atteggiamenti o modi di essere peculiari
dell’adolescenza:
Intellettualizzazione: tendenza alla discussione, alla speculazione
intellettuale
Ascetismo: scelta di vita rinunciataria
Narcisismo: centrazione su di sè
Rimozione: isolamento (perché vengono rimossi gli oggetti infantili)
Disinvestimento affettivo (anche del Super-IO): senso di solitudine e
antisocialità
Spostamento: ammirazione e idealizzazione di amici o di altri adulti
L’esito del conflitto (nevrosi o carattere) dipende dall’intreccio di diversi fattori:
1)la forza degli impulsi dell’ES (pubertà); 2) la capacità dell’IO di tollerare gli
impulsi; 3) il tipo e l’efficacia dei meccanismi di difesa dell’IO.
119. TEORIA DI P.BLOS (1962)
La formazione del carattere avviene attraverso alcune sfide (che
implicano l’affrontare dei compiti di sviluppo)
La prima e più importante è costituita dal II processo di separazione/individuazione,
che avviene attraverso:
il disinvestimento affettivo dei genitori: determina senso di vuoto, di isolamento,
perché bisogna de-idealizzare le immagini dei genitori costruite nell’infanzia, ma
consente di impegnarsi affettivamente in nuove relazioni, sperimentando nuove
identità.
la regressione : consente di difendersi dal senso di vuoto e dall’angoscia che
derivano dal disinvestimento precedente, e si manifesta attraverso un ritorno
all’azione rispetto al pensiero e alle parole, attraverso l’ammirazione
incondizionata nei confronti di altri adulti (reminiscenza dell’idealizzazione dei
genitori), attraverso l’attivazione di stati emozionali di tipo fusionale (all’interno
di gruppi religiosi, ideologici, ecc..), attraverso un’attività frenetica per colmare il
vuoto.
120. TEORIA DI P.BLOS (1962)
La seconda sfida è la rielaborazione dei traumi
infantili (la regressione consente, tornando indietro, di
affrontare i conflitti irrisolti; le nuove capacità dell’Io
consentono di affrontarli superando l’impressione
infantile di difficoltà schiacciante)
La terza è la costruzione della continuità dell’io:
l’adolescente deve trovare una coerenza e una costanza
nel tempo tra le nuove individuazioni vissute
La quarta è la formazione di un’identità sessuale
121. TEORIA DI P.BLOS (1962)
Questo percorso avviene attraverso alcune sottofasi distinte:
preadolescenza (pubertà)
prima adolescenza (avvio del processo di separazione dai genitori)
adolescenza vera e propria (investimento su altri oggetti)
tarda adolescenza (compimento dell’individuazione- formazione del
carattere)
Alla fine del percorso il giovane acquisisce un sé stabile, precisi
confini tra sé e il mondo oggettuale, un Super-io sempre meno
edipico, autonomia dalle fonti esterne di sostegno.
122. TEORIA DI D.WINNICOTT (anni ’60/80)
Donald Winnicott sottolinea la dimensione dell’ambivalenza degli adolescenti,
l’oscillare tra un atteggiamento di sfida e di dipendenza rispetto ai genitori.
I giovani si trovano in una sorta di “bonaccia”, un periodo di inconsistenza, di vuoto,
di percezione di futilità, che li porta a sfidare il mondo adulto, ma anche a
ricercarvi conforto (ambivalenza).
L’obiettivo del percorso adolescenziale consiste nel raggiungimento di una
condizione di indipendenza, intesa come una forma matura di dipendenza.
Ciò accade quando il giovane si sente pronto ad identificarsi con gli adulti (e i propri
genitori) senza sentire minacciata la propria autonomia (senso vero di sé) (ritorna
la complementarità, quasi paradossale , tra autonomia e dipendenza, della prima
infanzia)
Il processo è favorito da un ambiente “sufficientemente buono”, che sa tollerare il
bisogno di sfida e di separatezza e sa intervenire nei momenti di richiesta di
dipendenza. Lasciare che passi il tempo…
123. EVOLUZIONE DELL’APPROCCIO
PSICODINAMICO
Già a partire da Winnicott l’attenzione si sposta sui processi di trasformazione
del Sé che hanno luogo durante la separazione, e gradualmente si afferma un
approccio più relazionale, che tende a vedere la separazione dai genitori in modo
più morbido.
Più che separarsi del tutto, occorre riformulare i rapporti con gli oggetti interni
(le rappresentazioni degli altri e di sé) e così facendo si ristruttura il Sé.
Questo processo, a seconda degli autori, è stato chiamato Personalizzazione
(Winnicott), Soggettivazione (Cahn, Novelletto), Individuazione (Senise), Sviluppo
della funzione riflessiva (Ammaniti).
Più che di separazione netta si giunge a parlare di trasformazione
dell’attaccamento (Ammaniti).
In generale, per quanto ritenuti importanti, gli aspetti somatici vengono
ridimensionati (indebolimento del paradigma ricapitolazionista) e si attribuisce
maggiore importanza agli aspetti relazionali sia interni sia esterni (ambiente e
contesto)
124. PROSPETTIVA DI AMMANITI
Massimo Ammaniti preferisce parlare di “modificazione
dell’attaccamento” piuttosto che di “processi di
separazione”.
Il compito evolutivo principale dell’adolescente consiste nel
raggiungere un equilibrio tra il “bisogno di base sicura” e il
“bisogno di autonomia” (Ammaniti et al., 2011).
L’attaccamento sicuro favorisce la funzione riflessiva
(capacità di vedere se stessi e gli altri in termini di stati
mentali e di rispecchiarsi nell’immagine che gli altri
possiedono di noi) in adolescenza.
Questa capacità aiuta nei processi di costruzione
dell’identità e di ridefinizione delle relazioni con gli altri.