1. Corso di Teoria e analisi del cinema 2010-2011
4. Cinema e videoclip
prof. Matteo Asti
2. Il videoclip
Il videoclip è una tipologia di testo audiovisivo nato
nel periodo a cavallo tra la fine degli anni Settanta e
i primi anni Ottanta e costituito dalla congiunzione
di due elementi: un brano musicale preso nella sua
interezza e un insieme di immagini unite a esso. La
durata del videoclip è normalmente sancita dalla
lunghezza della traccia musicale.
3. Il videoclip
Il videoclip è una forma espressiva ibrida che da vita
ad uan sintesi tra sistemi di significazione distinti
(suoni, immagini, parole) in grado di attingere a:
- un serbatoio preesistente di testi
- architetture narative
- stili di regia
- strategie di montaggio
E proponendo nuove forme di contaminazione,
spostando più in là le distinzioni di genere,
rimettendo in moto la semiosfera del linguaggio
audiovisivo.
(Peverini 2009 p. 163)
4. Il videoclip
I videoclip utilizzano differenti forme stilistiche ed
espressive per commentare visivamente il brano
musicale: molti di essi si compongono della
semplice riproduzione filmica del cantante o del
gruppo musicale che performano il brano; altri
creano minifilm con trama (recitati talvolta dagli
stessi componenti del gruppo) oppure non narrativi
e si possono avvalere di sequenze animate o di
immagini documentaristiche.
5. Definizioni di videoclip
«qualunque cosa di visivo messo su una canzone»
(Chion)
«un’opera video di pochi minuti che traduce in
immagini un brano musicale» (Di Marino)
«un cortometraggio televisivo che presenta un
brano musicale con accompagnamento di immagini»
«un breve testo audiovisivo, della durata media di
tre/quattro minuti, in cui si mette in scena per
immagini una canzone, in modo da poterla
programmare in televisione» (Devoto - Oli)
«una forma breve della comunicazione audiovisiva il
cui linguaggio nasce e si sviluppa in relazione
all’esigenza di promuovere un bene di
consumo effimero e immateriale, la musica»
(Sibilla)
6. Precedenti: Tonbilder
In realtà il videoclip era stato un terreno che aveva
avuto una prima e infeconda incursione con il
Tonbilder. Si tratta di brevi filmati, che vennero
prodotti e distribuiti maggiormente in Germania tra
il 1903 e il 1913, destinati a illustrare estratti di
opere liriche, accompagnati dai dischi: "Verso il
1908 non c’era più quasi un’opera famosa di cui non
fossero state filmate delle singole scene per illustrare i
relativi dischi" (Simeon).
Anche se si trattava di due apparecchi tecnici distinti
(fonografo e proiettore), predecessori comunque
dell’unione che avverrà con il televisore, e anche se
riguardavano opere liriche anziché "canzonette" più
accessibili alla massa, i Tonbilder appaiono essere
un interessante connubio tra immagini e musica in
cui il rapporto di potere è invertito.
7. I soundies
Un precedente più significativo erano stati i
Soundies prodotti tra il 1940 e il 1946. I Soundies
erano dei brevi filmati associati a musiche
funzionavano attraverso il Panorama, una sorta di
videojukebox che trovava posto in bar, ristoranti,
nightclub e si avvaleva di un retroproiettore 16
mm. La fruizione ricordava un po' il kinetophone di
Edison ma i testi erano qualcosa a metà tra il
musical e il videoclip e il peep show.
Un simile testo basato su altre tecnologie avrà
seguito negli anni '60 in Francia (Scopitone) e in
Italia (Cinebox).
8. Cinema e Tv
Un altro precedente a partire dagli anni '50 è
rappresentato dalle sequenze musicali prodotte per
essere inserite all'interno di film (p.e. Tommy degli
Who e in genere i musical) e di programmi
televisivi (p.e. Top of the Pop, Ed Sullivan Show)
che al loro interno prevedevano esibizione di gruppi
di ballo o gruppi musicali. Ci sono poi i rock movies
e i documentari rock.
In precedenza occorre ricordare la presenza di un
filone di cinema sperimentale (dadaismo tedesco in
particolare) che aveva lavorato in termini di ricerca
sulla musicalità delle immagini, senza però
approdare a prodotti destinati alla circolazione
commerciale.
9. Il videoclip
Forme vicine al videoclip contemporaneo vennero
realizzate da registi di fama dalla fine degli anni
sessanta: ad esempio il video musicale del brano
Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan girato
dal documentarista D.A. Pennebaker, che si avvalse
della presenza del poeta Allen Ginsberg.
Nel 1975 i Queen realizzarono però quello che
viene considerato da molti il primo videoclip della
storia, tratto dal loro brano Bohemian Rhapsody per
il programma televisivo Top of the pops, mentre gli
ABBA affidarono al regista Lasse Hallström una
serie di clip promozionali dei loro successi.
10. Il videoclip
A partire dal 1981 nasce un canale tv (MTV) per la
programmazione di videoclip. Da questo momento
il videoclip ottiene un suo riconoscimento formale
di prodotto mediale autonomo.
Nascono anche artisti (registi) che vi si dedicano
alternando spesso queste produzioni con lavori in
ambito cinematografico e utilizzando il videoclip sia
in termini di fonte di guadagno che di
sperimentazione linguistica.
11. Il videoclip
Secondo diversi teorici la novità del videoclip
consiste nella possibilità di far fruire in modo
nuovo, più ampio e ormai istituzionalizzato la
musica (quindi è una forma di musica): il
destinatario non prende più contatto con il brano
musicale attraverso il solo senso “auditivo”, ma
anche attraverso il senso visivo (di conseguenza
attraverso media che coinvolgono, in aggiunta al
senso uditivo, quello visivo).
Le immagini che accompagnano la traccia musicale
permettono a quest’ultima di mostrarsi, di “darsi a
vedere”, di diventare musica per gli occhi oltre che
per le orecchie. Le immagini quindi costituiscono
un valore aggiunto rispetto alla musica.
12. Generi
Si possono individuare almeno tre generi (Sibilla
1999):
- Performance: rappresentazione di un gruppo o
cantante che esegue la canzone
- Narrativo: si rappresenta una sequenza di eventi
connessi in base ad una trama individuabile dallo
spettatore
- Concettuale: propone un’immagine concettuale e
la collega alla musica senza però seguire una
struttura consequenziale (ripresa immagini,
emozioni, elementi sonori)
13. Il videoclip
Michel Chion, uno dei massimi studiosi
contemporanei degli audiovisivi afferma: "(…) il
videoclip ci fa ritrovare il cinema muto, il che sembra un
paradosso, perché si tratta di una forma costruita sulla
musica. Ma è proprio nella misura in cui vi è una musica
alla base, e non vi è narrazione sostenuta da un dialogo,
che l’immagine è totalmente slegata dalla linearità
imposta dal suono"
14. Il videoclip
Ma l'aspetto più affascinante a livello di teorie è che
il videoclip mette finalmente in pratica alcune
posizioni che erano state assunte all'indomani della
nascita dei film d'avanguardia nei quali si era visto
un primo tentativo di far scaturire le immagini a
partire dalla musica.
Rileggendo le parole di Arturo Sebastiano Luciani
(anni '20) si ritrova una sorta di definizione estetica
ante litteram di questa forma di audiovisivo: «È dal
mondo dei suoni che si sale in quello delle immagini. E se
si tenta il contrario (…) la musica non integra più la
visione, ma o la disturba o ci distrae da essa». Fino ad
arrivare a diventare «immagini da sentire e suoni da
vedere».
15. Il videoclip
Sempre Luciani dice che: «Il cinematografo col gesto
silenzioso e suggestivo può raggiungere l’intensità e la
vaghezza di espressione che ha soltanto la musica.
L’accoppiamento istintivo e inevitabile della musica con la
proiezione cinematografica deriva essenzialmente da
questa analogia di rapporti. Il cinematografo può e deve
essere quindi come una musica per gli occhi retta anch’essa
dal ritmo; ma un ritmo sui generis, che si svolge nel tempo
e nello spazio che abbiamo appunto chiamato visivo»
16. Il videoclip
I ritmi visivi sono relativi a profilmico e filmico.
Nel profilmico i ritmi si manifestano nei
movimenti delle cose e dei personaggi appartenenti
all’universo diegetico; nel filmico il ritmo si
manifesta nel montaggio e nei movimenti di
camera. Abbiamo quindi un ritmo sonoro e un
ritmo visivo che possono coordinarsi, o svilupparsi
su strade indipendenti (cfr. Mickeymousing).
17. Around the world (1997)
Nel videoclip il regista Michel Gondry ha voluto
creare una precisa corrispondenza fra ciascuno degli
strumenti presenti nel brano musicale e la parte
visiva del videoclip.
A ogni strumento ha fatto corrispondere una
categoria dei personaggi della coreografia, che ha
caratterizzato visivamente in modo forte: il tutto al
fine di far distinguere allo spettatore in modo netto
un personaggio rispetto all’altro.
Sono cinque gli strumenti che concorrono a creare
il brano musicale: basso, batteria, sintetizzatore,
chitarra e vocoder; ognuno di essi ritrova nel
videoclip un suo corrispettivo visivo.
18. Around the world (1997)
Il basso è reso visivamente da dei personaggi molto
alti e con la testa molto piccola
La batteria è incarnata da dei personaggi con le
sembianze di mummie.
Il suono della chitarra ha richiamato alla mente del
regista delle seghe elettriche: con delle associazioni
mentali, egli ha deciso di farvi corrispondere degli
scheletri.
Il suono dei sintetizzatori rievoca il periodo delle
discoteche degli anni Ottanta: il corrispettivo visivo
sono delle ragazze che devono essere sexy,
caratterizzate da costumi con strass e lustrini.
Il vocoder, infine, è la parte cantata, che l’orecchio
del ricevente percepisce come un suono metallico:
Gondry ha voluto renderlo facendolo incarnare
visivamente in dei robot.
19. Il videoclip
Il linguaggio visivo del videoclip riesce a integrarsi
con il linguaggio musicale grazie alla natura ritmica
che essi hanno in comune (musica e film hanno in
comune la presenza di un montaggio di elementi
che da significato nell’insieme, diceva Gianfranco
Bettettini, e la presenza in un tempo predefinito e
immutabile di fruizione).
I tagli di montaggio e i cambiamenti di inquadratura
corrispondono spesso al ritmo dettato dal brano
musicale. Ma lo stesso vale per i movimenti della
macchina da presa e i movimenti del profilmico.
20. Un cinema «musicale»
Lo stesso accade sempre più spesso anche se in
modo meno totalizzante (vista la finalità comunque
narrativa del medium) anche nei film.
Tra cinema e musica il rapporto agisce a livello
testuale e nello stile, ma con un punto di partenza
che è radicalmente nuovo. C'è «una riconsiderazione
tecnica ed estetica della colonna sonora come struttura
portante, unitamente a quella visiva, del testo filmico»
(Rondolino).
Nascono così registi che pensano musicalmente
(come per primi avevano fatto Leone e Kubrick o
prima ancora Leger o Eisenstein) ma spesso la
musica da cui traggono ispirazione è quella che fa
parte dei ricordi mediali e di quelli dei loro
spettatori.
21. Un cinema «musicale»
La corrente teorica musicalista degli anni '20
(Boschi) trova così conferma nel cinema stesso oltre
che nel videoclip, nel cinema che rinegozia il
rapporto tra visivo e sonoro all'insegna di nuovi
spettatori e nuove forme testuali.
Ma già Adorno e Eisler sostenevano che il discorso
incentrato sull’analogia musicale "scivola facilmente
nel dilettantismo", poiché si limita a porre l’accento
su alcune vaghe affinità tra cinema e musica
passando sotto silenzio le differenze sostanziali fra i
due mezzi di espressione. Un'idea che poggia a sua
volta sulla convinzione che la percezione visiva e
quella sonora funzionino in modo analogo. Organo
visivo e uditivo, invece, come osservano in seguito
Jean Mitry e Michel Chion, hanno proprietà
specifiche e diverse le une dalle altre: la vista ad
esempio percepisce in modo più preciso lo spazio,
mentre l’orecchio è più acuto nel percepire il
tempo, la durata dei fenomeni acustici.
22. Un cinema «musicale»
Eppure si verifica comunque una nuova sintesi.
Giorgio De Vincenti dice che in epoca
contemporanea «il film appare generato dalla musica.
Non è un paradosso: negli ultimi anni la musica informa
sempre più intimamente la cultura dello spettacolo, e nel
cinema contemporaneo appare come ribaltato il ruolo
tradizionale che la relega al ruolo di accompagnamento
delle immagini».
Secondo Vincenzo Buccheri «il gioco ritmico e formale
prevale sulle ragioni del senso e della sintassi».
23. Un cinema «musicale»
Per lo studioso francese Laurent Jullier gli indici
stilistici del cinema contemporaneo (postmoderno)
sono il riciclaggio di figure, le allusioni e strizzatine
d'occhio allo spettatore e la sollecitazione di
sensazioni forti attraverso l'adozione del "film
concerto", caratterizzato dalla presenza decisiva della
musica come principio fondamentale della sua
costruzione, e da figure stilistiche (e non
obbligatoriamente diegetiche) che hanno come
scopo quello di provocare nello spettatore un bagno
di emozioni.
24. Un cinema «musicale»
Una canzone come ogni altra forma di colonna
sonora può giocare in termini molti differenti con le
immagini della pellicola. Sempre secondo Buccheri
può essere un leit-motiv che accompagna alcune
situazioni o personaggi nel corso del film. Una fuga
in cui la musica prende il sopravvento ed è la vera
padrona di immagini che di per se dicono poco (un
personaggio che cammina). Un contrappunto che
accompagna e offre una diversa chiave interpretativa
delle azioni.
25. Il videoclip: caratteri estetici dominanti
- Dominio del sonoro (musica) sul visivo
SONORO
- Musica over e “pulita”
- Assenza di altri piani sonori
VISIVO
- Contenuti di performance di musica o danza o che
rimandano a quanto narrato nei lyrics
- Coincidenza ritmo sonoro con ritmo profilmico
(coreografia), mdp e stacchi di montaggio
- Montaggio non sempre basato su raccordi visivi e
con inquadrature di breve durata e frequenti salti di
campo
- Deformazioni della temporalità (velocizzazioni e
rallenty)
26. I video dei registi di cinema
Michelangelo Antonioni (Fotoromanza)
Derek Jarman (Smiths)
John Landis (Thriller - Michael Jackson)
Martin Scorsese (Bad – Michael Jackson)
Gus van Sant (Under The Bridge - Red Hot Chili
Pepper)
27. I video tratti dai film
Mouline Rouge (Paul Hunter)
La finestra di fronte (Fernand Ozpeteck)
28. Il cinema dei registi di videoclip
David Fincher
Michael Bay
Michel Gondry
Spike Jonze
Sofia Coppola
29. Il “cineclip”
Martin Scorsese
Quentin Tarantino
Guy Ritchie
Steven Soderbergh
Danny Boyle
Wachowski brothers