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Don Janni Sabucco,
vessato dai titini, esule da
Fiume a Pisa, 1948
Fiume, tempio votivo
SS.mo Redentore, 1942
Compiuti gli studi filosofici e teologici nei Seminari di Venezia e di Fiume (1937-’38),
consegue la Licenza in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, dal
1938 al 1940. Come accenna Angela Sabucco, in quel mentre è don Luigi Polano,
nativo di San Daniele del Friuli (UD), che desidera portarselo a Fiume, con l’assenso
dell’autorità ecclesiale. Don Oscar Perich in effetti ha scritto, nel 2001, di averlo avuto
come insegnante al Seminario di Fiume dal 1939 al 1942. (Oscar Perich, “Caro Don
Janni”, «Strettoia… la sua gente», X, n. 57, 2001, pp. 8-9).
Cartolina di
Coseano, 1916
Figlio di
Raimondo e
Angela
Bertolissi, Janni
Sabucco nasce a
Coseano (UD) il
12 gennaio
1916. Frequenta
le scuole medie
al Seminario di
Castellerio di
Pagnacco (UD),
come riferì egli
stesso alla
nipote Angela.
Sabucco è ordinato sacerdote nella
Cattedrale di Fiume da S.E. Mons. Ugo
Camozzo il 28 giugno 1942. È
cappellano nella chiesa del SS.
Redentore a Fiume, con don Luigi
Polano, parroco. Esule nell’Arcidiocesi di
Pisa nel 1948, con l’Arcivescovo
Camozzo (già fuoriuscito nel 1947), è
Cappellano nella parrocchia di San
Benedetto a Settimo (PI) e Vice Parroco
alla Propositura di Pontedera (PI) negli
anni 1949-‘50. Dal 28 ottobre 1950 fino
al 1957 Vice Parroco di Forte dei Marmi
(LU). Dal 1957 al 1996 è Proposto di
Sant’Ermete in Forte dei Marmi. Riceve
la nomina di Prelato d’Onore di Sua
Santità. Nel 1996, per i raggiunti limiti di
età e per motivi di salute, lascia il
ministero parrocchiale, vivendo in
un’abitazione a Forte dei Marmi.
Muore nelle prime ore del 26 giugno
2001 all’Ospedale civile di Viareggio
(LU), dove era ricoverato da alcuni
giorni. Fonte: Arcidiocesi di Pisa.
Collezione Conighi, esuli da Fiume a Udine
Don Janni Sabucco è arrestato e
torturato dall’OZNA, il servizio
segreto di Tito fino a rovinargli la
vista; è prelevato dagli agenti
dell’OZNA alle ore 3 del mattino.
La sigla OZNA significa “Odeljenje
za Zaštitu NAroda”, cioè:
Comitato per la difesa del popolo.
È sottoposto a un interrogatorio di
più giorni con una lampada fissa
davanti agli occhi, che gli causa
un grave danno corneale.
Nelle ultime sue Sante Messe celebrate a Fiume, nel 1947-1948, c’erano due agenti
dell’OZNA in borghese, in fondo alla chiesa per controllare cosa dicesse nelle omelie in
lingua italiana. Dopo la metà di marzo 1948 don Sabucco passa il confine a Basovizza
(allora nel Territorio Libero di Trieste), subendo una “umiliante visita” dei titini su tutto il
corpo, oltre che nel baule; vedi: «…si chiamava Fiume», p. 23. La sede dell’OZNA a
Fiume era in piazza Scarpa, nel palazzo che fu sede del Consolato iugoslavo e
rappresentanza della Croazia ustascia, già casa Milidragovich, del 1802 (Mario Dassovich,
1975). Nel suo blog Massimo Speciari, nel 2015, ha scritto che la chiesa del SS.mo
Redentore fu fatta saltare con la dinamite nel 1949 dai partigiani comunisti di Tito. “Io
l'ho vista quando era ancora in piedi e poi distrutta, al suo posto un busto di bronzo di
Tito. I Fiumani dicevano che i responsabili del fatto hanno avuto una morte tragica”.
“Mi denudarono
prima di cacciarmi
da Fiume –
raccontò il presule
commosso – e lo
fecero fare da una
donna per
maggior spregio al
sacerdote”.
Normalmente era
restìo a parlare
dell’esodo, ma
don Sabucco, nel
2000, si aprì in
pubblico.
Così raccontò don Sabucco, in consiglio comunale, nel 2000, durante i
festeggiamenti per i suoi 50 anni di vita pastorale a Forte dei Marmi (LU).
Il racconto è stato ripreso da Franco A. Calotti, il 10 maggio 2021, su «Il Tirreno» in
un articolo intitolato “Torna a vivere il ricordo di don Janni Sabucco e la sua fuga da
Fiume”.
Le carceri titine a Fiume, dal 1945, erano in via Roma.
Don Sabucco è tra le
ultime persone a vedere
ancora in vita, pur se
malconcio di botte, il
senatore Riccardo
Gigante, prigioniero dei
partigiani comunisti che
lo conducono a Castua,
luogo dell’esecuzione.
Don Sabucco ne
descrive la tragica sfilata
in una sua pubblicazione
intitolata «…si chiamava
Fiume», del 1953.
Il senatore Riccardo Gigante, capo dell’irredentismo fiumano, è la prima vittima dei
partigiani comunisti slavi. Viene catturato in un’abitazione la notte stessa
dell’invasione, 3 maggio 1945. Avrebbe potuto salvarsi in tempo a Trieste, come
fece buona parte degli esponenti fascisti, secondo Enrico Burich (1964). Perché
mai Gigante non si è messo in salvo? Avendo la casa bombardata, perché egli resta
a Fiume riparandosi all’Oratorio salesiano con don Girolamo Demartin o in altri
posti? I titini, ben informati dalle spie dell’OZNA, lo arrestano a casa del colonnello
Salvatore di Caro, già rifugiatosi a Trieste con mezzi pubblici.
Si sa che a Fiume don Janni
Sabucco aveva incontrato
Gigante nel rifugio Nido
Luisa d’Annunzio, ai primi di
maggio 1945 (…si chiamava
Fiume, p. 8). Lo trova assai
sereno. “Intanto lei se ne
vada, senatore, gli disse il
Sabucco – gli automezzi
sono in via Manzoni, non si
fidi a rimanere qui”. Gigante
gli risponde: “Non ho
nessun conto da rendere,
bisogna che divida la sorte
della mia città”.
Non immaginava la furia etnica che sarebbe scoppiata con estrema violenza nella
città ridotta ormai al lumicino. Al mattino del 4 maggio lo stesso don Sabucco vede
Riccardo Gigante risalire via Trieste, seminudo, coi polsi sanguinanti legati con il filo
spinato dietro alla schiena, sotto il controllo dei titini - come riportano il già citato don
Sabucco, a pag. 8 e don Torcoletti a pag. 297 del suo libro. Poco dopo il senatore è
visto anche da Felice Derenzini, in mezzo ad un gruppo di prigionieri. “Mi sembra
che andremo molto lontano”, gli disse Riccardo Gigante fissandolo negli occhi (vedi:
Burich, pp. 99-100).
Fiume
Don Sabucco elenca alcune persone note di Fiume “all’improvviso eliminate” dalle
bande di Tito, come il senatore Icilio Bacich, il dott. Mario Blasich, l’ingegnere
Giovanni Rubinich, Simcich di Borgomarina, il preside Sirola, la madre e figlia Sennis,
il direttore della «Fiume» Ancona, la signora Pagan su ricatto e la famiglia di Carlo
Colussi. “I loro cari non sanno neppure dove sono le loro tombe” (… si chiamava
Fiume, p. 9).
Don Sabucco è pure testimone di una
sfilata di “spauriti carabinieri italiani,
denudati e con i polsi legati col filo di
ferro dietro alle spalle che salgono la
lunga via Trieste, colpevoli solo di
indossare panni militari che fanno gola
a qualche graduato semianalfabeta
che vuole avanzare nella carriera con
spietatezza” (… si chiamava Fiume, p.
11). La soppressione ordita dai titini
con il colpo alla nuca, in questo caso
avviene “vicino alla struttura di
cemento di un bunker; per poi tornare
in città cantando una patetica canzone
su Tito violetta bianca…”. Proprio via
Trieste è un sito che ritorna in una sua
poesia del 1945: “Con le mani nude e
il cifrario nel cuore / strapperemo le
corazze e i bacilli dell’odio / agli
uomini del baccanale di sangue
coagulato / sull’asfalto sgretolato di via
Trieste”. È intitolata Ricordo di un
massacro a guerra finita (Ascensione
1945).
Fiume, Arco Roman
Centinaia di italiani prigionieri dei titini sono
ammassati nelle sfilate lungo via Trieste,
tanto da lasciare un baccanale di sangue
coagulato sull’asfalto. I catturati diretti alla
foiba, o alle fosse comuni, sanguinano per
le percosse e perché mani, polsi e braccia
sono legati col filo spinato. Certo è
sconvolgente vedere la violenza slavo
comunista elevata a poesia (vedi: Geografia
d’occasione, p. 38), ma per don Sabucco
quelle sfilate di morituri prigionieri
dell’OZNA, potrebbero essere assimilate
alla Via Crucis.
Distrutto dai nazisti, 1944
A Fiume, dopo l’8 settembre 1943 (“el ribaltòn”) e, soprattutto, in seguito alla fuga dei
nazisti il 2 maggio 1945, si sa che don Luigi Polano si impegna molto sul piano
politico, lasciando a don Janni Sabucco, nella stessa parrocchia del SS.mo
Redentore, il compito di celebrare i matrimoni, i funerali e i battesimi.
Fiume
Secondo i dati (del 1956) dell’Opera di assistenza ai profughi i fuoriusciti da Fiume
sono 31.840 (su 53.896 residenti al censimento del 1936), ai quali si aggiunga un 20%
di coloro che non sono stati censiti dall’ente assistenziale.
A Venezia Mons. Camozzo riceve la nomina a Vescovo di Pisa e nella sua prima
lettera pastorale alla diocesi pisana cita i suoi fiumani: “Li ho ritrovati, pellegrinando di
città in città, alcuni sistemati alla meglio, altri raminghi, spesso nella miseria o nei tristi
centri di raccolta dei profughi, non di rado non compresi e ostacolati; ma fieri e
dignitosi nel loro sacrificio, rischiarato da una luce che vuol essere di speranza che
non muore”.
Ad agosto del 1947 Mons.
Ugo Camozzo, vescovo di
Fiume, su ordine della
Santa Sede, lascia il
Golfo del Quarnaro. Affida
la diocesi ad un prelato di
lingua croata, ritirandosi
nel seminario di Venezia.
Dedica la sua ultima
Lettera pastorale ai
concittadini del Quarnaro
e a quelli profughi nei vari
Centri raccolta d’Italia.
Fiume, Chiesa dei Cappuccini, anni ‘30
Il vescovo Camozzo si porta in Toscana tutta una
covata, come ha detto Valentina Zucchetti, sua fedele
parrocchiana (vedi: Oscar Perich 2005, p. 14). I 24
sacerdoti e seminaristi esuli a Pisa con il vescovo
Camozzo sono: Giovanni Cenghia, Clemente Crisman,
Egido Crisman, Alberto Cvecich, Severino Dianich,
Vittorio Ferian, Gabriele Gelussi, Floriano Grubesich,
Mario Maracich, Rino Peressini, Fulvio Parisotto,
Giuseppe Percich, Oscar Perich, Ariele Pillepich,
Francesco Pockaj, Antonio Radovani, Giovanni
Regalati, Aldo Rossini, Arsenio Russi, Janni Sabucco,
Giovanni Slavich, Giacomo Desiderio Sovrano,
Giuseppe Stagni e Romeo Vio.
Soltanto quattro di questi sacerdoti sono ancora
viventi: si tratta di Mons. Egidio Crisman, Mons.
Severino Dianich, Mons. Giuseppe Percich e don
Romeo Vio. Sono stati parroci molto attivi. Due sono
andati in missione secondo lo spirito della «Fidei
donum»: don Rino Peressini e don Antonio Radovani.
Mons. Giovanni Slavich è stato vicario generale di
Mons. Alessandro Plotti. Mons. Alberto Cvecich e
Mons. Severino Dianich hanno insegnato teologia.
Mons. Egidio Crisman è arciprete della Primaziale
Pisana. Fonte: Arcidiocesi di Pisa.
A Fiume, già le mlecarize
(lattivendole, dal croato:
mljekarice) e i villici di
Castua portano la notizia
degli eccidi di italiani di fine
guerra e dopoguerra,
perpetrati per mano titina.
Forte dei Marmi (LU), verso gli anni
‘50. Varo de ‘Le due sorelle’. Don
Janni Sabucco benedice la barca su
cui sta in piedi Angelo Mattugini.
Foto e testo da:
https://chiesadelforte.it/
Forte dei Marmi – Il priore
don Janni Sabucco col
sindaco Vittorio Cardini nel
periodo 1993-1997.
Foto e testo da:
https://chiesadelforte.it/
Don Janni Sabucco in avanti con l'età.
Collezione Angela Sabucco, Udine.
Archivi e Collezioni private – Archivio ANVGD di Udine. Coll. Conighi, Udine.
Joseph Pivato, Edmonton, Canada, documenti, fotocopie e testim. a Angela Sabucco.
Louise Pivato, Toronto, Canada, documenti, ms e testimonianze a Angela Sabucco.
Angela Sabucco, Udine, fotografie e documenti.
Sergio Satti, esule da Pola a Udine, documenti, dattiloscr.
Cenni bibliografici
- Enrico Burich, “Esperienze di un esodo”, «Fiume,
rivista di studi fiumani», XI, n. 3-4, luglio-dicembre 1964,
pp. 97- 182.
- Mario Dassovich, Itinerario fiumano 1938-1949,
supplemento alla rivista «Fiume», Roma, 1975.
- Mario Dassovich, “L’irredentismo di Riccardo Gigante
nella testimonianza di Enrico Burich”, «Fiume, rivista di
studi fiumani», N.S., IV, ottobre 1985, pp. 15-24.
- Oscar Perich, Don Janni Sabucco. La fragranza del
pane. Commento alle letture festive, Pisa, Pacini, 2005.
- Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e
dalmati, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica,
1990.
- Janni Sabucco, … si chiamava Fiume, Perugia,
«Quaderni di Centro Italia», s.d. [1953].
- J. Sabucco, Geografia d’occasione, Padova, Rebellato,
1967.
- Luigi Maria Torcoletti, Fiume ed i paesi limitrofi, Rapallo
(GE), Scuola tipogr. S. Girolamo Emiliani, 1954.
Mons. Felice Odorizzi, prete
dell’esodo, firma una
dichiarazione per atto di
nascita di Bruno Satti, del
1904, “nell’impossibilità di
avere dalla Jugoslavia l’atto
originale”. Documento datato
a Bolzano nel 1962, per il
Campo profughi di Laives,
dove stava il Satti, con altri
3000 esuli; tale Crp non è
citato da padre Flaminio
Rocchi. Coll. Sergio Satti,
esule da Pola a Udine.
Testi e Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da
collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua
sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a
venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
Fine
Ricerca di Elio Varutti
(ANVGD Udine) con la
partecipazione di
Claudio Ausilio
(ANVGD Arezzo) e la
collaborazione di Guido
Giacometti (ANVGD
Toscana). Lettori:
Angela Sabucco,
Enrico Modotti,
assieme a Annalisa
Vucusa, del Gruppo di
lavoro storico-
scientifico del Comitato
Esecutivo dell’ANVGD
di Udine, coordinato dal
professor Elio Varutti.
Don Janni Sabucco, foto nella tessera della Biblioteca Pontificia
Universitaria Gregoriana di Roma, 1939. Coll. Angela Sabucco

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Don Janni Sabucco, vessato dai titini, esule da Fiume a Pisa, 1948

  • 1. Don Janni Sabucco, vessato dai titini, esule da Fiume a Pisa, 1948 Fiume, tempio votivo SS.mo Redentore, 1942
  • 2. Compiuti gli studi filosofici e teologici nei Seminari di Venezia e di Fiume (1937-’38), consegue la Licenza in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, dal 1938 al 1940. Come accenna Angela Sabucco, in quel mentre è don Luigi Polano, nativo di San Daniele del Friuli (UD), che desidera portarselo a Fiume, con l’assenso dell’autorità ecclesiale. Don Oscar Perich in effetti ha scritto, nel 2001, di averlo avuto come insegnante al Seminario di Fiume dal 1939 al 1942. (Oscar Perich, “Caro Don Janni”, «Strettoia… la sua gente», X, n. 57, 2001, pp. 8-9). Cartolina di Coseano, 1916 Figlio di Raimondo e Angela Bertolissi, Janni Sabucco nasce a Coseano (UD) il 12 gennaio 1916. Frequenta le scuole medie al Seminario di Castellerio di Pagnacco (UD), come riferì egli stesso alla nipote Angela.
  • 3. Sabucco è ordinato sacerdote nella Cattedrale di Fiume da S.E. Mons. Ugo Camozzo il 28 giugno 1942. È cappellano nella chiesa del SS. Redentore a Fiume, con don Luigi Polano, parroco. Esule nell’Arcidiocesi di Pisa nel 1948, con l’Arcivescovo Camozzo (già fuoriuscito nel 1947), è Cappellano nella parrocchia di San Benedetto a Settimo (PI) e Vice Parroco alla Propositura di Pontedera (PI) negli anni 1949-‘50. Dal 28 ottobre 1950 fino al 1957 Vice Parroco di Forte dei Marmi (LU). Dal 1957 al 1996 è Proposto di Sant’Ermete in Forte dei Marmi. Riceve la nomina di Prelato d’Onore di Sua Santità. Nel 1996, per i raggiunti limiti di età e per motivi di salute, lascia il ministero parrocchiale, vivendo in un’abitazione a Forte dei Marmi. Muore nelle prime ore del 26 giugno 2001 all’Ospedale civile di Viareggio (LU), dove era ricoverato da alcuni giorni. Fonte: Arcidiocesi di Pisa. Collezione Conighi, esuli da Fiume a Udine
  • 4. Don Janni Sabucco è arrestato e torturato dall’OZNA, il servizio segreto di Tito fino a rovinargli la vista; è prelevato dagli agenti dell’OZNA alle ore 3 del mattino. La sigla OZNA significa “Odeljenje za Zaštitu NAroda”, cioè: Comitato per la difesa del popolo. È sottoposto a un interrogatorio di più giorni con una lampada fissa davanti agli occhi, che gli causa un grave danno corneale. Nelle ultime sue Sante Messe celebrate a Fiume, nel 1947-1948, c’erano due agenti dell’OZNA in borghese, in fondo alla chiesa per controllare cosa dicesse nelle omelie in lingua italiana. Dopo la metà di marzo 1948 don Sabucco passa il confine a Basovizza (allora nel Territorio Libero di Trieste), subendo una “umiliante visita” dei titini su tutto il corpo, oltre che nel baule; vedi: «…si chiamava Fiume», p. 23. La sede dell’OZNA a Fiume era in piazza Scarpa, nel palazzo che fu sede del Consolato iugoslavo e rappresentanza della Croazia ustascia, già casa Milidragovich, del 1802 (Mario Dassovich, 1975). Nel suo blog Massimo Speciari, nel 2015, ha scritto che la chiesa del SS.mo Redentore fu fatta saltare con la dinamite nel 1949 dai partigiani comunisti di Tito. “Io l'ho vista quando era ancora in piedi e poi distrutta, al suo posto un busto di bronzo di Tito. I Fiumani dicevano che i responsabili del fatto hanno avuto una morte tragica”.
  • 5. “Mi denudarono prima di cacciarmi da Fiume – raccontò il presule commosso – e lo fecero fare da una donna per maggior spregio al sacerdote”. Normalmente era restìo a parlare dell’esodo, ma don Sabucco, nel 2000, si aprì in pubblico. Così raccontò don Sabucco, in consiglio comunale, nel 2000, durante i festeggiamenti per i suoi 50 anni di vita pastorale a Forte dei Marmi (LU). Il racconto è stato ripreso da Franco A. Calotti, il 10 maggio 2021, su «Il Tirreno» in un articolo intitolato “Torna a vivere il ricordo di don Janni Sabucco e la sua fuga da Fiume”. Le carceri titine a Fiume, dal 1945, erano in via Roma.
  • 6. Don Sabucco è tra le ultime persone a vedere ancora in vita, pur se malconcio di botte, il senatore Riccardo Gigante, prigioniero dei partigiani comunisti che lo conducono a Castua, luogo dell’esecuzione. Don Sabucco ne descrive la tragica sfilata in una sua pubblicazione intitolata «…si chiamava Fiume», del 1953. Il senatore Riccardo Gigante, capo dell’irredentismo fiumano, è la prima vittima dei partigiani comunisti slavi. Viene catturato in un’abitazione la notte stessa dell’invasione, 3 maggio 1945. Avrebbe potuto salvarsi in tempo a Trieste, come fece buona parte degli esponenti fascisti, secondo Enrico Burich (1964). Perché mai Gigante non si è messo in salvo? Avendo la casa bombardata, perché egli resta a Fiume riparandosi all’Oratorio salesiano con don Girolamo Demartin o in altri posti? I titini, ben informati dalle spie dell’OZNA, lo arrestano a casa del colonnello Salvatore di Caro, già rifugiatosi a Trieste con mezzi pubblici.
  • 7. Si sa che a Fiume don Janni Sabucco aveva incontrato Gigante nel rifugio Nido Luisa d’Annunzio, ai primi di maggio 1945 (…si chiamava Fiume, p. 8). Lo trova assai sereno. “Intanto lei se ne vada, senatore, gli disse il Sabucco – gli automezzi sono in via Manzoni, non si fidi a rimanere qui”. Gigante gli risponde: “Non ho nessun conto da rendere, bisogna che divida la sorte della mia città”. Non immaginava la furia etnica che sarebbe scoppiata con estrema violenza nella città ridotta ormai al lumicino. Al mattino del 4 maggio lo stesso don Sabucco vede Riccardo Gigante risalire via Trieste, seminudo, coi polsi sanguinanti legati con il filo spinato dietro alla schiena, sotto il controllo dei titini - come riportano il già citato don Sabucco, a pag. 8 e don Torcoletti a pag. 297 del suo libro. Poco dopo il senatore è visto anche da Felice Derenzini, in mezzo ad un gruppo di prigionieri. “Mi sembra che andremo molto lontano”, gli disse Riccardo Gigante fissandolo negli occhi (vedi: Burich, pp. 99-100). Fiume
  • 8. Don Sabucco elenca alcune persone note di Fiume “all’improvviso eliminate” dalle bande di Tito, come il senatore Icilio Bacich, il dott. Mario Blasich, l’ingegnere Giovanni Rubinich, Simcich di Borgomarina, il preside Sirola, la madre e figlia Sennis, il direttore della «Fiume» Ancona, la signora Pagan su ricatto e la famiglia di Carlo Colussi. “I loro cari non sanno neppure dove sono le loro tombe” (… si chiamava Fiume, p. 9).
  • 9. Don Sabucco è pure testimone di una sfilata di “spauriti carabinieri italiani, denudati e con i polsi legati col filo di ferro dietro alle spalle che salgono la lunga via Trieste, colpevoli solo di indossare panni militari che fanno gola a qualche graduato semianalfabeta che vuole avanzare nella carriera con spietatezza” (… si chiamava Fiume, p. 11). La soppressione ordita dai titini con il colpo alla nuca, in questo caso avviene “vicino alla struttura di cemento di un bunker; per poi tornare in città cantando una patetica canzone su Tito violetta bianca…”. Proprio via Trieste è un sito che ritorna in una sua poesia del 1945: “Con le mani nude e il cifrario nel cuore / strapperemo le corazze e i bacilli dell’odio / agli uomini del baccanale di sangue coagulato / sull’asfalto sgretolato di via Trieste”. È intitolata Ricordo di un massacro a guerra finita (Ascensione 1945). Fiume, Arco Roman
  • 10. Centinaia di italiani prigionieri dei titini sono ammassati nelle sfilate lungo via Trieste, tanto da lasciare un baccanale di sangue coagulato sull’asfalto. I catturati diretti alla foiba, o alle fosse comuni, sanguinano per le percosse e perché mani, polsi e braccia sono legati col filo spinato. Certo è sconvolgente vedere la violenza slavo comunista elevata a poesia (vedi: Geografia d’occasione, p. 38), ma per don Sabucco quelle sfilate di morituri prigionieri dell’OZNA, potrebbero essere assimilate alla Via Crucis. Distrutto dai nazisti, 1944
  • 11. A Fiume, dopo l’8 settembre 1943 (“el ribaltòn”) e, soprattutto, in seguito alla fuga dei nazisti il 2 maggio 1945, si sa che don Luigi Polano si impegna molto sul piano politico, lasciando a don Janni Sabucco, nella stessa parrocchia del SS.mo Redentore, il compito di celebrare i matrimoni, i funerali e i battesimi. Fiume
  • 12. Secondo i dati (del 1956) dell’Opera di assistenza ai profughi i fuoriusciti da Fiume sono 31.840 (su 53.896 residenti al censimento del 1936), ai quali si aggiunga un 20% di coloro che non sono stati censiti dall’ente assistenziale. A Venezia Mons. Camozzo riceve la nomina a Vescovo di Pisa e nella sua prima lettera pastorale alla diocesi pisana cita i suoi fiumani: “Li ho ritrovati, pellegrinando di città in città, alcuni sistemati alla meglio, altri raminghi, spesso nella miseria o nei tristi centri di raccolta dei profughi, non di rado non compresi e ostacolati; ma fieri e dignitosi nel loro sacrificio, rischiarato da una luce che vuol essere di speranza che non muore”. Ad agosto del 1947 Mons. Ugo Camozzo, vescovo di Fiume, su ordine della Santa Sede, lascia il Golfo del Quarnaro. Affida la diocesi ad un prelato di lingua croata, ritirandosi nel seminario di Venezia. Dedica la sua ultima Lettera pastorale ai concittadini del Quarnaro e a quelli profughi nei vari Centri raccolta d’Italia. Fiume, Chiesa dei Cappuccini, anni ‘30
  • 13. Il vescovo Camozzo si porta in Toscana tutta una covata, come ha detto Valentina Zucchetti, sua fedele parrocchiana (vedi: Oscar Perich 2005, p. 14). I 24 sacerdoti e seminaristi esuli a Pisa con il vescovo Camozzo sono: Giovanni Cenghia, Clemente Crisman, Egido Crisman, Alberto Cvecich, Severino Dianich, Vittorio Ferian, Gabriele Gelussi, Floriano Grubesich, Mario Maracich, Rino Peressini, Fulvio Parisotto, Giuseppe Percich, Oscar Perich, Ariele Pillepich, Francesco Pockaj, Antonio Radovani, Giovanni Regalati, Aldo Rossini, Arsenio Russi, Janni Sabucco, Giovanni Slavich, Giacomo Desiderio Sovrano, Giuseppe Stagni e Romeo Vio. Soltanto quattro di questi sacerdoti sono ancora viventi: si tratta di Mons. Egidio Crisman, Mons. Severino Dianich, Mons. Giuseppe Percich e don Romeo Vio. Sono stati parroci molto attivi. Due sono andati in missione secondo lo spirito della «Fidei donum»: don Rino Peressini e don Antonio Radovani. Mons. Giovanni Slavich è stato vicario generale di Mons. Alessandro Plotti. Mons. Alberto Cvecich e Mons. Severino Dianich hanno insegnato teologia. Mons. Egidio Crisman è arciprete della Primaziale Pisana. Fonte: Arcidiocesi di Pisa. A Fiume, già le mlecarize (lattivendole, dal croato: mljekarice) e i villici di Castua portano la notizia degli eccidi di italiani di fine guerra e dopoguerra, perpetrati per mano titina.
  • 14. Forte dei Marmi (LU), verso gli anni ‘50. Varo de ‘Le due sorelle’. Don Janni Sabucco benedice la barca su cui sta in piedi Angelo Mattugini. Foto e testo da: https://chiesadelforte.it/ Forte dei Marmi – Il priore don Janni Sabucco col sindaco Vittorio Cardini nel periodo 1993-1997. Foto e testo da: https://chiesadelforte.it/
  • 15. Don Janni Sabucco in avanti con l'età. Collezione Angela Sabucco, Udine. Archivi e Collezioni private – Archivio ANVGD di Udine. Coll. Conighi, Udine. Joseph Pivato, Edmonton, Canada, documenti, fotocopie e testim. a Angela Sabucco. Louise Pivato, Toronto, Canada, documenti, ms e testimonianze a Angela Sabucco. Angela Sabucco, Udine, fotografie e documenti. Sergio Satti, esule da Pola a Udine, documenti, dattiloscr. Cenni bibliografici - Enrico Burich, “Esperienze di un esodo”, «Fiume, rivista di studi fiumani», XI, n. 3-4, luglio-dicembre 1964, pp. 97- 182. - Mario Dassovich, Itinerario fiumano 1938-1949, supplemento alla rivista «Fiume», Roma, 1975. - Mario Dassovich, “L’irredentismo di Riccardo Gigante nella testimonianza di Enrico Burich”, «Fiume, rivista di studi fiumani», N.S., IV, ottobre 1985, pp. 15-24. - Oscar Perich, Don Janni Sabucco. La fragranza del pane. Commento alle letture festive, Pisa, Pacini, 2005. - Flaminio Rocchi, L’esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati, Roma, Associazione Nazionale Difesa Adriatica, 1990. - Janni Sabucco, … si chiamava Fiume, Perugia, «Quaderni di Centro Italia», s.d. [1953]. - J. Sabucco, Geografia d’occasione, Padova, Rebellato, 1967. - Luigi Maria Torcoletti, Fiume ed i paesi limitrofi, Rapallo (GE), Scuola tipogr. S. Girolamo Emiliani, 1954.
  • 16. Mons. Felice Odorizzi, prete dell’esodo, firma una dichiarazione per atto di nascita di Bruno Satti, del 1904, “nell’impossibilità di avere dalla Jugoslavia l’atto originale”. Documento datato a Bolzano nel 1962, per il Campo profughi di Laives, dove stava il Satti, con altri 3000 esuli; tale Crp non è citato da padre Flaminio Rocchi. Coll. Sergio Satti, esule da Pola a Udine.
  • 17. Testi e Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Fine Ricerca di Elio Varutti (ANVGD Udine) con la partecipazione di Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo) e la collaborazione di Guido Giacometti (ANVGD Toscana). Lettori: Angela Sabucco, Enrico Modotti, assieme a Annalisa Vucusa, del Gruppo di lavoro storico- scientifico del Comitato Esecutivo dell’ANVGD di Udine, coordinato dal professor Elio Varutti. Don Janni Sabucco, foto nella tessera della Biblioteca Pontificia Universitaria Gregoriana di Roma, 1939. Coll. Angela Sabucco