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FOTOGRAFIA: PASSIONE, EVOLUZIONE E COMUNICAZIONE 
Vincenzo Calabrò, Università degli studi di Padova, Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione. 
Tesina per frequentanti del Corso di Sociologia della Comunicazione. Docente: Vincenzo Romania. 
Abstract iniziale 
L’immagine parla: è musica, è profumo, è passione. La Fotografia, perciò, è uno dei veicoli dell’interazione sociale più utilizzato al mondo. E come tale, ha una sua rilevanza sociologica. Essa abbraccia un campo così straordinariamente vasto, per la quale è essenziale ridurne lo studio ad un campo ben definito, e ben più ristretto. In questo lavoro, cercherò di evidenziare l’importanza delle immagini nel contesto della comunicazione, approfondendone l’evoluzione della fotografia, e quindi dei modi di agire, di comportarsi e di relazionarsi da parte delle persone. 
Sosterrò la mie ipotesi con le interviste di quattro fotografi, che mi hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo, ospitandomi nelle loro case, per condividere insieme a me il loro punto di vista, ma soprattutto, la loro passione. Cercherò di sviluppare il tema della fotografia (e di conseguenza imposterò le mie domande) su tre temi principali: Passione, Evoluzione e Comunicazione. La maggiore difficoltà, da quanto emerso durante le interviste, è che non è possibile produrre dati scientifici oggettivi e standardizzati, in quanto la fotografia non è una scienza esatta, ma bensì un’arte visuale, che riflette una componente emozionale che varia da soggetto a soggetto. 
Dallo studio effettuato sulle interviste, risultano evidenti tre punti chiave. 
La Fotografia è: 
1) Passione. 
2) Evoluzione. 
3) Comunicazione. 
E questi tre aspetti sono imprescindibili tra loro.
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Introduzione 
E Dio disse: “Facciamo l`uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l`uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Genesi (1,26-27) 
Questa è la prima fotografia della storia. L’immagine creativa che prende forma in un corpo. Una copia somigliante, davvero somigliante, senza la caratteristica principe dell’originale: la Perfezione. 
Click. 
In una frazione di secondo la luce passa attraverso le lenti dell’obiettivo. Attraversa il diaframma, e infine l’otturatore. Impressionando sul sensore, o sulla pellicola, un’ immagine del soggetto posto davanti all’obiettivo. Un attimo, che viene catturato per sempre. Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate e i filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. La grande foto non è che l’immagine di un’idea. La cosa più difficile in fotografia, infatti, è rimanere semplici. Questo è solo uno degli infiniti aspetti e delle infinite possibilità di quest’arte visiva. Martin Heiddegger diceva: «L’artista è l’origine dell’opera. L’opera è l’origine dell’artista. Nessuno dei due è senza l’altro. Eppure, nessuno dei due, da solo, regge l’altro». [1] Comunicare, relazionarsi, esprimere le proprie idee, le proprie emozioni, è questo ciò che rende vivi gli uomini. Le nostre interazioni sociali, nel corso dei secoli, hanno trovato vari metodi per svilupparsi. Basti pensare alla nascita dei social network come Twitter e Facebook e alla loro importanza nel contesto sociologico odierno. Gesti, parole, suoni, odori, sapori: sono tutti modi per comunicare. Il nostro cervello li registra tramite i sensi, elaborandoli e traendone informazioni preziose. Ognuno ci dà una sensazione diversa, ma nessuna di queste cose può essere paragonata alla potenza evocativa delle immagini. L’immagine parla: è musica, è profumo, è passione. La fotografia, perciò, è uno dei veicoli dell’interazione sociale più utilizzato al mondo. E come tale, ha una sua rilevanza sociologica. Si parla infatti di Sociologia Visuale, che si compone di “due anime”: quella metodologica, che fa dell'uso dell'immagine il suo strumento di raccolta delle informazioni e quella di disciplina autonoma, finalizzata ad indagare sia i processi di visualizzazione (e le visioni del mondo che veicolano), sia le pratiche della vita quotidiana (cosa fa la gente con le immagini?). [2] L’avvento della fotografia ha sicuramente cambiato il percorso tradizionale dell’arte e di conseguenza anche la coscienza del mondo. Le fotografie di eventi cruciali tramandate con la storia, hanno aperto una finestra su orizzonti in passato visibili solo nell’immaginario. Con l’avvento della fotografia ognuno di noi è così coinvolto, irrimediabilmente, in una dimensione “fotografata” della realtà; niente sarà più come prima dell’invenzione della fotografia. [3] Essa abbraccia un campo così straordinariamente vasto, per la quale è essenziale ridurne lo studio ad un campo ben definito, e ben più ristretto. In questo lavoro, cercherò di evidenziare l’importanza delle immagini nel contesto della comunicazione, approfondendone l’evoluzione della fotografia, e quindi dei modi di agire, di comportarsi e di relazionarsi da parte delle persone. Sosterrò la mie ipotesi con le interviste di quattro fotografi, che mi hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo, ospitandomi nelle loro case, per condividere insieme a me il loro punto di vista, ma soprattutto, la loro passione. 
Credo però, sia essenziale, conoscere anche quella che è la storia, di questa straordinaria invenzione chiamata fotografia. “Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare: tre concetti che riassumono l'arte della fotografia”. Helmut Newton. (Vedi allegato 1).
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Stato dell’arte: Sociologia e Fotografia, gemelle ritrovate 
Il titolo non deve ingannare, si tratta ovviamente di due cose molto diverse. La sociologia è una scienza, la fotografia è una tecnica. L'una è un’ "invenzione" filosofica, l'altra tecnologica, basata su una scoperta millenaria (il fatto che la luce, quando penetra in una stanza buia, possa essere "fissata") e su un'applicazione pluricentenaria (la camera oscura). Allora perché questo titolo? Sociologia e Fotografia nascono più o meno negli stessi anni e nello stesso luogo. La sociologia è un termine coniato dal filosofo positivista francese Auguste Comte e apparso nel Corso di filosofia positiva, pubblicato nel 1842, con l'obiettivo di fondare una scienza globale dell'uomo che comprendesse le varie scienze umane (l'economia ad esempio). La fotografia in quanto tale ha una nascita più dibattuta, ma generalmente il suo inizio viene decretato nel 1839 quando Louis Daguerre, scenografo teatrale, finalmente presenta la sua invenzione, chiamata dagherrotipo, che serve appunto a fissare su lastra i contorni di un'immagine, trasmessi dalla luce in camera oscura. Dunque, fotografia e sociologia nascono in Francia tra il 1839 e il 1842. Ma da lì in poi, per moltissimo tempo, le loro strade si sono separate fin quando, a metà degli anni '70 del XX secolo, alcuni sociologi intuirono l'uso possibile della fotografia nelle scienze sociali, fondando la sociologia visuale. “Dei 5 sensi l’occhio è l’unico ad avere una funzione sociologica”. [4] Infatti, come sottolineato da Marco Pasini nel suo lavoro Sociologia Visuale: Storia, caratteristiche, strumenti: «Il mondo in cui viviamo si fonda su una civiltà visiva, di immagini, che privilegia la vista, su cui l’individuo pensa di possedere un controllo maggiore, agli altri sensi. Sin dall’antichità, le varie culture hanno espresso le loro idee/ideali attraverso le rappresentazioni visive. È attraverso la percezione visiva che l’uomo principalmente entra in rapporto con il mondo esterno. […] La macchina fotografica rappresenta il prolungamento “naturale” dell’occhio umano ed una fotografia, per le scienze sociali, può essere considerata una fonte. Questo potrebbe bastare per intuire i motivi del suo utilizzo. La fotografia, che letteralmente significa scrivere con la luce, è un prodotto culturale e un atto selettivo, nonché una forma di comunicazione con funzioni informative, documentarie e descrittive. La storia delle immagini del sociale inizia nel XVIII secolo, che grazie alle fotografie, rende possibile registrare e restituire la realtà quotidiana anche se dinamica, sfuggente e inaccessibile. Alla fotografia viene riconosciuta una grande utilità euristica, ma per confermarla ci deve essere un uso motivato della fotografia stessa; motivazioni dettate dagli scopi e dalle intenzioni del soggetto che fotografa. In effetti, ciò che differenzia le immagini iconografiche non è tanto il contenuto quanto le interpretazioni e gli utilizzi che se ne fanno: "La realtà umana, non può trovarsi nella fotografia, ma nell'intenzione del fotografo". (F. Ferrarotti, Dal documento alla testimonianza. La fotografia nelle scienze sociali, 1974). L’immagine fotografica rappresenta il prodotto tra la realtà e l’interpretazione di quella realtà da parte del fotografo. La fotografia, dotata della doppia natura mezzo di riproduzione e di espressione, non è l’esatta riproduzione della realtà. I significati che le immagini assumono, solo convenzionalmente possiamo definirli oggettivi, dato che dipendono da meccanismi percettivi interiorizzati socio-culturalmente. La fotografia non restituisce la realtà oggettiva, ma spezzoni soggettivi della realtà, una soggettività variabile nel tempo e nelle circostanze e che passa attraverso il fotografo e il fruitore del prodotto. Da qui la polisemia dell’immagine, legata ai valori culturali della società e all’interazione fra oggetto fotografato, soggettività del fotografo e caratteristiche tecniche della macchina, a cui va aggiunta la soggettività dell’osservatore. Come ogni forma di conoscenza, la fotografia, è un’impresa umana volontaria, storicamente e socialmente determinata. "La credibilità di cui la fotografia gode, deriva non dalla sua analogia con il reale, ma dal suo impiego per usi sociali ritenuti oggettivi". (W. Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936/37)».
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Metodologia 
In qualità di ricercatore, cercherò di sviluppare il tema della fotografia (e di conseguenza imposterò le mie domande) su tre temi principali: Passione, Evoluzione e Comunicazione. La maggiore difficoltà, da quanto emerso durante le interviste, è che non è possibile produrre dati scientifici oggettivi e standardizzati, in quanto la fotografia non è una scienza esatta, ma bensì un’arte visuale, che riflette una componente emozionale che varia da soggetto a soggetto. Come ben esposto in queste righe di Burgin del 1996: 
“Il sistema della fotografia si è sviluppato sulla base della prossimità o distanza rispetto ai poli dell’oggettività e della soggettività, in un continuum che va dalla fotografia scientifica e giudiziaria, attraverso la fotografia documentaria e il fotogiornalismo, fino alla fotografia pubblicitaria e artistica. Questo continuum a sua volta si è formato in implicito riferimento ad un altro, che si stende fra l’operazione automatica e oggettiva della fotocamera, “pura tecnologia”, e il gesto umano e soggettivo della pittura, “pura personalità”. Un effetto dell’avvento della fotografia digitale è stato il venir meno di questo continuum, unendo le sue estremità un tempo antipodiche”. 
Il primo intervistato è una persona che ho conosciuto quest’ inverno a Padova. Ha tenuto un corso di fotografia digitale durato sei mesi, a cui ho partecipato. E’ un’ esperto di fotografia. Si presenta come una persona davvero seria e preparata. La sua forza sta nel divertirsi come un bambino, in ogni cosa che fa. Il secondo intervistato è un fotografo pubblicitario, un amante dell’arte a 360°, mi è stato presentato dal primo intervistato, e si è dimostrato molto gentile e disponibile. E’ un ragazzo con le idee chiare. La terza intervistata è una lei. E’ Calabrese, e appartiene al mio giro di “amicizie culturali”, così come lo definisco Io. Nonostante la giovane età, lei è una di quelle persone che ti lascia sempre qualcosa dopo una chiacchierata. Una di quelle persone che ti fanno pensare. La quarta intervistata è una mia compagna di classe del Liceo. Anche lei, Calabrese come me. Era una di quelle ragazze che passava le ore in classe disegnando, ed i pomeriggi in giro a fotografare, invece che restare a casa a studiare. Dopo il liceo, ha potuto finalmente seguire in pieno le sue aspirazioni. Sono davvero felice per lei. 
Sono state poste sette domande identiche a tutti e quattro i soggetti: 
1) Presentati. Chi sei? 
2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 
3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 
4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 
5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 
6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 
7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?
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Ho scelto di intervistare due professionisti del settore e due aspiranti fotografe per avere delle opinioni differenti tra chi “è già arrivato”, e chi “spera di arrivare”. Sono due uomini e due donne, anche per non avere una differenza nei i sessi scelti tra i campioni intervistati. Infatti, non è detto che questa componente non possa influire sulle risposte date alle mie domande. Le interviste sono autobiografiche e si basano sulle esperienze personali dei soggetti. I primi due intervistati mi hanno ospitato nelle loro case, mostrandomi molti dei loro lavori, spesso messi in mostra nei quadri sulle pareti, conservati negli Hard Disk dei computer, o custoditi negli album dei ricordi. Le ultime due interviste, invece, per ovvi motivi di distanza (la terza studia in Calabria e la quarta a Londra) si sono svolte telefonicamente, e perciò, non mi hanno permesso di cogliere messaggi, segnali e gesti tipici della comunicazione non verbale.
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Analisi dei dati 
Dalla prima domanda: “Presentati. Chi sei?”, il campione è stato così rappresentato: 
M42, Fotografo Professionista Matrimoniale. 
M30, Fotografo Professionista Pubblicitario, laureato in Scultura, all'Accademia di belle Arti di Venezia. Lavora come insegnante di teatro, attore, regista, scultore e pittore. 
F17, Studentessa Liceale, aspirante fotografa. 
F20, Studentessa Universitaria al Graphic Design and Animation di Londra, aspirante fotografa. 
La seconda domanda: “Di quale ambito della fotografia ti interessi?”, ha evidenziato che i Fotografi professionisti amano la fotografia nel suo complesso, ma ne utilizzano solo una parte specifica in ambito lavorativo, dovendosi quindi adattare alle esigenze del mercato fotografico. Giovanni (Pseudonimo, vedi allegato 2) ha infatti dichiarato che: “La fotografia è un mondo vasto. Chi la pratica non può mai "spegnere" l'occhio fotografico”. Antonio (Pseudonimo, vedi allegato 3) ha manifestato la stessa “sofferenza” riguardo al ristretto ambito lavorativo dicendo: “Se avessi la possibilità di scegliere ed inventare un ambito (della fotografia) sarebbe quello emozionale”. Le due aspiranti fotografe hanno invece manifestato l’importanza delle immagini, nell’ambito della comunicazione. Valentina (Pseudonimo, vedi allegato 4) ha detto: “Fotografare è sinonimo soprattutto di comunicare e dunque potremmo dire, rimanendo sul vago, che mi interesso dell'ambito della comunicazione”. Anna, pardon, Michela (Pseudonimo, vedi allegato 5) conferma quello che dice Valentina, dicendo: “Mi occupo in generale di Visual Communication, per cui, a parer mio, ogni tipo di fotografia si presta a questo fine, in relazione a ciò che si ha intenzione di comunicare”. Ciò, a mio avviso, mette quindi in risalto quelle che sono le pure aspirazioni “comunicative” dei giovani aspiranti, con quella che poi è la realtà del mercato lavorativo in cui si trovano i due professionisti del settore. 
Con la terza domanda: “Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché?”, ho voluto analizzare il primo dei tre temi sviluppati, quello della Passione. In tutti e quattro i soggetti, la passione per la fotografia è un sentimento innato, che è stato poi portato alla luce fin dai primi anni di vita, spesso grazie ai genitori. Giovanni infatti afferma: “L'ho conosciuta (la fotografia) per divertimento, da ragazzino, durante le vacanze, in particolare con la foto su diapositiva”. Anche per Valentina è una passione nata fin dall’infanzia: “Ho sempre avuto la passione per la fotografia. Da piccola amavo guardare le vecchie foto della mia famiglia e mi divertivo a disporle in ordine cronologico per poter entrare negli anni passati e sentirmi partecipe di quei giorni precedenti alla mia nascita”. La funzione genitoriale, riversa un ruolo fondamentale, tanto nella socializzazione primaria, quanto nella nascita di questa passione. Antonio dice: “Diciamo che la passione della fotografia mi è stata trasmessa da mio padre, quando mi ha consegnato una delle sue Minolta per una gita di 1° media (12 anni), e da allora mi ha sempre insegnato come utilizzarla, i trucchi per l'esposizione, i tempi, le aperture, le doppie esposizioni”. Anche Michela ha trovato una valida guida in uno dei genitori: “Mi appassionai alla fotografia quando mia madre mi insegnò a scattare con una macchina fotografica analogica. Mi ha affascinato il fatto che me la mostrò come un occhio umano del quale però, sei tu, che controlli ogni singola funzione”. Da questo, possiamo quindi ricavarne una potenziale influenza dei genitori su quelle che sono le passioni dei figli (fortemente influenzabili) in tenera età.
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La quarta domanda: “E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come?”, assume un significato diverso a seconda dell’intervistato. I professionisti potranno raccontare la loro esperienza, le ragazze, invece, si concentreranno sulle loro aspettative. Giovanni ci parla di un’esperienza positiva: “Certo, anzi credo sia il segreto di un buon lavoro: lavorare divertendosi. Io vedo subito dal risultato di un mio servizio se mi sono divertito a realizzarlo”. Antonio ci descrive un’esperienza meno positiva, dando priorità alla passione, non riscontrata, per ora, all’interno dell’ambito lavorativo: “E’ possibile, ma con molta fatica e non senza dolore. Credo però che debba esserci prima la passione, poi il lavoro, non il contrario. Per ora, (parlo per la mia esperienza) non è possibile "mangiare" solo con la fotografia, non può essere un mestiere che si improvvisa, sia perché occorre avere una tecnica e una cultura di base, sia per gli elevati costi dell'attrezzatura”. Le aspiranti fotografe sono sulla stessa linea di pensiero del fotografo più giovane, anche loro la ritengono una cosa ardua, ma possibile. Inoltre, anche loro tendono a valorizzare l’importanza della Passione sul semplice lavoro. Valentina non ipotizza neanche una congiunzione dei due aspetti, consigliando anzi, di dividerli: “Certo, è possibile coniugare passione e lavoro in questo ambito, ma è molto difficile. La riuscita di ciò è più unica che rara. Spesso, chi ama la fotografia decide di intraprendere quest'arte come lavoro, ma la maggior parte delle volte il lavoro soffoca la passione. Fotografare diventa un dovere, un ordine, e non semplicemente piacere di "disegnare con la luce". Bisognerebbe riuscire a far prevalere sempre la passione. Dunque, secondo me è possibile, ma sarebbe meglio evitare”. Pure Michela pone gli stesi identici dubbi degli ultimi due intervistati, proponendo anche lei, di separare le due cose: “E’ possibile, ma non sempre facile. Nel mio caso a volte è necessario perché lavoro con le immagini in generale, ma il più delle volte, la passione resta solo un piacevole hobby”. Dalle risposte degli intervistati, emerge un assoluto bisogno di esaltare le proprie passioni, in qualità di artisti. La pensava allo stesso modo Erasmo da Rotterdam, che nel suo elogio alla follia, scriveva: “Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell'uomo più Passione che ragione perché fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un'eterna giovinezza.” [5] 
La quinta domanda: “Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni” sviluppa il secondo tema trattato, quello dell’ Evoluzione. Per tutti i soggetti intervistati, il momento culminante del secolo, è stata l’invenzione della fotografia digitale. Risulta assai esplicativo ricordare questo frammento di testo di J.C. Lemagny: “Nell’epoca delle immagini digitali, i fotografi creativi s’interessano sempre più agli antichi procedimenti. Stanno forse per nascere nuove arti, ma la fotografia non ne è minacciata più di quanto non lo fosse nel 1839 la pittura dall’invenzione di Daguerre. Per le possibilità di continue modificazioni che offre, l’immagine digitale è un ritorno al disegno. Come sempre, si trasformerà in arte quando in essa la facilità di un procedimento si trasformerà nella resistenza di una materia. E il suo ruolo, nell’ambito dei media, di schermo interposto fra la realtà e noi, verrà a coincidere con quello che ha già la fotografia come veicolo di significati illusori; si confonderà con esso, eliminando finalmente le ambiguità che ancora pesano sugli impieghi della fotografia quando questa non ha intenti artistici.” Ciò, ha portato alla luce pregi e difetti, evidenziando come, a volte, rendere le cose più facili, non voglia dire necessariamente migliorarle. Giovanni dice: “L'avvento del digitale ha rivoluzionato la fotografia, rendendola accessibile a tutti. Però ha anche impoverito il suo utilizzo, soprattutto perché le compatte o i telefonini con la fotocamera hanno prestazioni imparagonabili a quelle delle macchine evolute. Si è dunque creato uno stacco tra chi la pratica con passione approfondendone gli aspetti più reconditi e chi invece
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fotografa per documentare, per ricordare, per condividere e ritiene di non aver bisogno di strumenti professionali”. Antonio sottolinea il concetto: “Penso che il passaggio tra analogico e il digitale sia uno tra i punti più importanti, forse perché il più vicino a noi. E’ importante per la diffusione che sta avendo il mezzo fotografico (non so se in meglio o in peggio, sono tanti i pregi e tanti i difetti) ai giorni nostri. A livello dell'impiego penso che ora siamo arrivati ad una assuefazione fotografica, dove tutto viene fotografato facendo così perdere il vero senso della fotografia (forse sto parlando del mio vero senso della fotografia), oppure, un'altra ipotesi, è che lo si sta lentamente trasformando”. Anche Valentina, nonostante faccia parte della “nuova scuola”, rimpiange l’analogico: “Credo che sia stato un grande passo il passaggio al digitale, in quanto il digitale non da limiti di quantità e ci si sente ancora più liberi a scattare, anche se il fascino dei rullini e dei negativi, per esempio, non è paragonabile neanche alla più sofisticata macchina moderna”. Michela ricorda anche un altro aspetto particolare, legato alla digitalizzazione delle immagini, ovvero la modifica grafica attuata con i software di fotoritocco: “L'arrivo del digitale ha aperto il mondo della fotografia a molti più giovani, rendendo il tutto molto più facile e versatile. Con il passaggio al digitale, si è aggiunta la post-produzione (ovvero la modifica digitale delle immagini) che è un bene, solo se usata con parsimonia. Un’eccessiva post-produzione, infatti, può modificare completamente il significato di un’immagine, facendone, quindi, perdere il valore iniziale”. Il rullino, si è confermato essere il “bello ideale” della fotografia, come descritto da tutti i soggetti intervistati. 
La sesta domanda: “Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini?” evidenzia l’ultimo dei temi trattati, quello della Comunicazione. Dalle risposte dei quattro intervistati emerge che la fotografia è un mare in un fiume in piena di emozioni. Essa è stata scelta come forma di comunicazione unica e pregiata. La sola che può andare oltre le parole. Giovanni ci spiega che: “Un’immagine comunica grazie alla fotocomposizione. [..] Il maestro del surrealismo fotografico, Rodney Smith, paragonava la composizione in fotografia al ritmo in musica. Se si dispone di grande ritmo si ha anche un grande senso della composizione. La composizione è un’eredità classica. Cioè, come le cose si collocano nell’ambiente, il loro posto e la loro grandezza, le relazioni tra gli oggetti e le persone, tra il fotografo e il suo soggetto, questi sono tutti elementi di un sentire fortemente classico, e parlano, ci comunicano qualcosa per l’appunto”. Antonio ci spiega, invece, la differenza tra una foto e uno scatto: “Una volta un mio amico mi ha detto come critica ad una foto: «Bella, ma cosa volevi trasmettere?». Io credo che una foto, NON può essere una bella foto, solamente se segue la tecnica, ma deve avere un messaggio, trasmettere un emozione. Altrimenti si parla di uno scatto. Un ritratto non può essere definito tale, se non rappresenta la persona”. Michela condivide perfettamente il pensiero di Antonio: “Credo che il punto di forza comunicativo delle immagini sia l'autosufficienza delle foto stesse, cioè quando le immagini si spiegano da sole. Proprio per questo, trovo spesso inutile e superfluo dare una descrizione o un titolo ad una foto. Una foto non comunica nulla se hai bisogno di spiegarla”. Valentina, invece, elegge la fotografia come mezzo di comunicazione per eccellenza: “Siamo circondati da mezzi di comunicazione di tutti i generi e trascorriamo gran parte del nostro tempo a chiacchierare, ma molto spesso non comunichiamo realmente. Secondo me l'aspetto comunicativo più importante delle immagini sta nel riuscire a dire ciò che le parole non riescono a spiegare. Comunicare un messaggio, un sentimento, un ricordo, un periodo o un evento della propria vita attraverso un gioco di luce, pixel e quant'altro. Una fotografia può raccontare una storia, può emozionarti. Fotografare può avere anche un'altra sfumatura particolare che mi piace particolarmente, ovvero rappresentare. Mi spiego meglio: una semplice fotografia può racchiudere l'intero testo di una canzone o una poesia. E’ come se si ritornasse alle scuole elementari ad
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"illustrare il testo" del dettato. Le immagini inoltre immortalano momenti che potrai per sempre rivivere un po'. Le immagini parlano e sostituiscono quelle parole che non riusciamo a far venir fuori, soprattutto questa è la loro più grande capacità”. Ciò conferma un altro degli aspetti essenziali della fotografia, ovvero, la possibilità di catturare il tempo. 
La settima ed ultima domanda: “A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?”, non può non lasciare aperti nuovi spiragli a questa continua evoluzione che è la fotografia. Essa infatti evolve di pari passo con l’uomo, con la tecnologia, e con i mezzi di comunicazione. Quindi si modifica, si migliora e si perfeziona. E’ in continuo movimento. Giovanni ci dice: “Vedo un trend costante di evoluzione tecnologica verso macchine capaci di fotografie in condizioni di scarsa luce, credo riserverà delle sorprese, fino a quando fare una foto di notte sarà facile come farla di giorno. Inoltre ho visto alcune macchine fotografiche che consentono la messa a fuoco "dopo" aver scattato. Nuove frontiere. Dal punto di vista espressivo credo che queste nuove tecnologie potranno portare grandi passi avanti e aprire nuovi spazi e nuove dimensioni”. Antonio propone addirittura un’innovazione: “Una bella sfida può essere la visione tridimensionale, ma qui entrerei nella discussione se la 3° dimensione può essere definita fotografia. Io credo di si, ma tutto dipende da come verrebbe affrontata. La differenza sostanziale è: Sarebbe un'aggiunta o un aiuto, a ciò che già si ha, o sarebbe l'evoluzione di un percorso?”. Inoltre, ci ricorda: “Io non vedo molta differenza tra le tecniche fotografiche di una volta e quelle attuali, secondo me, le basi, le fondamenta, non possono essere modificate. Può migliorare l'attrezzatura fotografica, non la fotografia”. Valentina ne esalta l’evoluzione avvenuta fino ad oggi: “Nel corso degli anni l'arte della fotografia si è sviluppata e nel corso della sua evoluzione è diventata sempre più accessibile. Alle origini bisognava lavorare ore ed ore per trasferire l'immagine sul materiale e giorni di lavoro affinché potesse rimanere permanente, oggigiorno, immortalare, è un potere di tutti, è a portata di un telefono cellulare. Giorno dopo giorno la fotografia va avanti, cresce, si perfeziona, e sono certa nel giro di qualche anno diventerà ancora più nitida, perfetta e facile. Ciò renderà più facile l'uso della fotografia tra la gente e non può non essere un fatto positivo”. Ricordandoci che: “La fotografia è per tutti”. Michela, a differenza degli altri intervistati, si mostra soddisfatta, e non pensa a nuovi sviluppi per quest’arte visiva: “Credo che la fotografia abbia raggiunto dei livelli impressionanti, e sinceramente, non sento il bisogno di migliorarla, anche perché a me piace così com’è”. Ciò probabilmente è da attribuirsi al fatto che Michela ha trovato una propria dimensione all’interno della fotografia odierna, e non sente il bisogno di cambiarla. E’ indubbio, però, (come emerge dalle risposte dei primi tre intervistati) che le immagini vanno di pari passo con la teoria dell’evoluzione [6] di Darwin, e che, essendo oggetto e mezzo di comunicazione da parte degli esseri umani, mutano con essi.
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Conclusioni 
Dallo studio effettuato sulle interviste, risultano evidenti tre punti chiave. 
1) La Fotografia è Passione. E come tale, nutre e infiamma l’animo umano. I genitori, così come nel contesto della socializzazione primaria, hanno avuto un ruolo fondamentale anche per la nascita di questa passione. Essa risulta anche un’opportunità lavorativa oltre che amatoriale. Anche se spesso, è difficile conciliare la passione con il lavoro. 
2) La Fotografia è Evoluzione. Si è evoluta nell’arco degli anni, divenendo sempre più accessibile e alla portata di tutti, conservando però, allo stesso tempo, il suo antico ardore classico. In tutti i soggetti intervistati si è manifestata una forte nostalgia per quello che è il “bello ideale” della fotografia, ovvero, il rullino. L’ evento “clou” del secolo è stato il passaggio dalla fotografia analogica a quella digitale. Ognuno ne descrive pregi e difetti, sottolineando come, a volte, rendere le cose più semplici, non voglia dire renderle migliori. 
3) La Fotografia è Comunicazione. La forza evocativa delle immagini è qualcosa di straordinario, essa è riuscita addirittura a mettere in discussione la pittura, arrivando dove la parola e gli altri mezzi di comunicazione non sono mai arrivati. Dalle risposte dei quattro intervistati emerge che la fotografia è un mare in tempesta di emozioni. Essa è stata scelta come forma di comunicazione rara e delicata. L’unica che può arrivare dove si fermano le parole. Sembra quasi che essa abbracci la sfera dell’onirico. Una magia, oltre il tempo. 
L’aspetto più importante è che questi tre elementi sono imprescindibili l’uno dall’altro: nell’ Evoluzione è andata perfezionandosi la capacità Comunicativa della fotografia, nutrendosi costantemente della Passione, perché, come scrisse Antoine de Saint-Exupéry nel suo Piccolo Principe: 
“Non si vede bene che col Cuore. L'Essenziale, è invisibile agli occhi.
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Bibliografia 
1) “L’ Origine dell’opera d’arte”. Heidegger, pag. 185. 
2) “Nuovo manuale di sociologia visuale. Dall'analogico al digitale”. Patrizia Faccioli, Giuseppe Losacco. 
3) “Fotografia e società. Dalla sociologia per immagini al reportage contemporaneo”. Alfredo De Paz. 
4) “Sociologia. Ricerca sulle forme di associazione”. G. Simmel, pag. 358. 
5) “Elogio alla follia”. Erasmo da Rotterdam. 
6) ”L’origine delle specie”. Charles Robert Darwin. 
7) “Piccolo Principe”. Antoine de Saint-Exupéry. Capitolo 21. 
Sitografia 
http://www.analisiqualitativa.com/magma/0702/articolo_03.htm 
Dettagli foto 
Modello fotocamera: Canon EOS 350D DIGITAL 
F-stop: f/5.6 
Tempo di esposizione: 1/160sec. 
Sensibilità ISO: ISO-100 
Distanza focale: 55mm 
Modalità flash: Nessun flash obbligatorio
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ALLEGATO 1 
Nei primi anni dell’ottocento, Joseph Nicéphore Niépce, mentre era alla ricerca di un metodo per sopperire alle sue scarse capacità di disegnatore, si interessò della recente scoperta della litografia*, e approfondì gli studi alla ricerca di una sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera esatta, mantenendo il risultato nel tempo. Il 5 maggio 1816, Joseph Niépce scrisse al fratello Claude del suo ultimo esperimento. Scoprì le proprietà fotosensibili di un foglio bagnato da cloruro d'argento che abbandonò in favore del bitume di Giudea, esposto successivamente all'interno di una piccola camera oscura. Il bitume di Giudea è un tipo di asfalto normalmente solubile all'olio di lavanda, che indurisce se esposto alla luce. Per i primi esperimenti Niepce utilizzò un’ incisione di Papa Pio VII, ma di queste prove non ci rimangono esemplari. Seguirono tentativi con un’ incisione del cardinale Georges D'Amboise, ottenendo buoni risultati. Nel 1826 realizzò la Vista dalla finestra a Le Gras, la più antica fotografia esistente. Niépce chiamò questo procedimento eliografia (il nome deriva dalle parole greche helios=sole e graphein=disegno) e lo utilizzò anche in camera oscura per produrre dei positivi su lastre di stagno. Nel 1827, durante il viaggio verso Londra per trovare il fratello Claude, Niépce si fermò a Parigi e incontrò Louis Jacques Mandé Daguerre: quest'ultimo era già stato informato del lavoro di Niépce dall'ottico Charles Chevalier, fornitore per entrambi di lenti per la camera oscura. Daguerre era un pittore parigino di discreto successo, conosciuto principalmente per aver realizzato il diorama, un teatro che presentava grandi quadri e giochi di luce, per cui Daguerre utilizzava la camera oscura per assicurarsi una prospettiva corretta. A Londra Niépce presentò l'eliografia alla Royal Society, che non accettò la comunicazione perché Niépce non volle rivelare tutto il procedimento. Tornò a Parigi e si mise in contatto con Daguerre, con il quale concluse nel dicembre 1829 un contratto valido dieci anni per continuare le ricerche in comune. Dopo quattro anni, nel 1833, Niépce morì senza aver potuto pubblicare il suo procedimento. Il figlio Isidore prese il posto nell'associazione con Daguerre, ma non fornì alcun contributo, tanto che Daguerre modificò il contratto e impose il nome dell'invenzione in dagherrotipia, anche se mantenne il contributo di Joseph Niépce. Isidore firmò la modifica pur ritenendola ingiusta. Il nuovo procedimento era molto diverso rispetto a quello originario preparato da Joseph Niépce, quindi si può ritenere in parte corretta la rivendicazione di Daguerre. In cerca di fondi, fu contattato da François Arago, che propose l'acquisto del procedimento da parte dello Stato. Il 6 gennaio 1839 la scoperta di una tecnica per dipingere con la luce fu resa nota con toni entusiastici sul quotidiano Gazette de France e il 19 gennaio nel Literary Gazette. Nel 1837 la tecnica raggiunta da Daguerre fu sufficientemente matura da produrre una natura morta di grande pregio. Il procedimento venne reso pubblico il 19 agosto 1839, quando, in una riunione dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia delle Belle arti, venne presentato nei particolari tecnici all'assemblea e alla folla radunatesi all'esterno. Arago descrisse la storia e la tecnica legata al dagherrotipo, inoltre presentò una relazione del pittore Paul Delaroche, in cui furono esaltati i minuziosi dettagli dell'immagine e dove si affermò che gli artisti e gli incisori non erano minacciati dalla fotografia, anzi potevano utilizzare il nuovo mezzo per lo studio e l'analisi delle vedute. La relazione terminò con il seguente appunto di Delaroche: 
«Per concludere, la mirabile scoperta di monsieur Daguerre ha reso un servizio immenso alle arti.» *La litografia è una tecnica di riproduzione meccanica delle immagini. Il procedimento venne inventato nel 1796 dal tedesco Alois Senefelder utilizzando una pietra delle cave di Solnhofen, cittadina nelle vicinanze di Monaco di Baviera. Inizialmente chiamata "stampa chimica su pietra", assunse ben presto la denominazione di "arte litografica" o, più semplicemente, di litografia.
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Fin dai primi decenni dell’ ottocento le fotografie destarono subito l'interesse e la meraviglia dei curiosi, che affollarono le sempre più frequenti dimostrazioni del procedimento. Rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell'immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare, altri paventarono un abbandono della pittura o una drastica riduzione della sua pratica. Questo non avvenne, ma la nascita della fotografia favorì e influenzò la nascita di importanti movimenti pittorici, tra cui l'impressionismo, il cubismo e il dadaismo. La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l'ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori. Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare un'esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale. Grazie ai progressi tecnologici, nuovi laboratori aprirono in tutto il mondo. Nel 1850 si contavano più di 80 laboratori nella sola New York. La moda dei ritratti si sviluppò rapidamente e ne usufruirono tutti i ceti sociali, grazie all'economicità del procedimento. I soggetti erano ripresi solitamente in studio, su di uno sfondo bianco, anche se numerosi furono i fotografi itineranti, che si muovevano con le fiere e nei piccoli villaggi. A causa della mortalità ancora elevata, specialmente quella infantile, vennero prodotte anche immagini che ritraevano neonati o bambini deceduti, immortalati su piccole fotografie racchiuse all'interno di ciondoli come ultimo ricordo. Tutto ciò, evidenzia l’impatto sociologico di questa tecnica nell’ambito delle interazioni sociali, esprimendo nuove modalità di comunicazione. Lo studio di nuovi metodi e la ricerca di materiali per migliorare il processo fotografico non si arrestò. La richiesta sempre pressante di materiali, strumenti e fotografie produsse un nuovo mercato di fabbriche e laboratori specializzati. I laboratori fotografici divennero delle catene di montaggio dove ogni compito era demandato ad un singolo individuo. Una persona si occupava della preparazione delle lastre, che venivano portate al fotografo per l'esposizione e in seguito assegnate ad un altro collaboratore per lo sviluppo. Infine, le lastre erano pronte per il fissaggio conclusivo in un'altra stanza. Erano inoltre presenti delle assistenti per accogliere i clienti e indicar loro la posa più opportuna. Il popolare formato a “cartes de visite” fece nascere la moda dell'album fotografico, dove presero posto i ritratti di famiglia e spesso anche di famosi personaggi dell'epoca. Anche la fotografia paesaggistica fornì elevate quantità di cartoline raffiguranti vedute, monumenti, quartieri o edifici storici da consegnare al turista in visita. Integrandosi con il turismo, e quindi con i viaggi, consentì agli uomini di documentare, condividere e raccontare le proprie esperienze, diventando una nuova ed entusiasmante forma di linguaggio. La necessità di produrre lenti e apparecchiature fotografiche vide la nascita e lo sviluppo di importanti aziende fotografiche, che grazie al loro impegno e sviluppo portarono numerose innovazioni anche nel campo dell'ottica e della fisica. Già nella seconda metà del 1800 furono fondate aziende importanti come la Carl Zeiss, la Agfa, la Leica, la Ilford, la Kodak e la Voigtländer. Le “cartes de visite” e tutte le immagini prodotte in tirature elevate risultavano di bassa qualità a causa della meccanizzazione dell'inquadratura e dello sviluppo. Alcuni laboratori imposero però uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia, che adottarono le tecniche delle arti maggiori anche nel nuovo procedimento. Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltarono il soggetto, e dove non arrivava la scenografia si utilizzò il ritocco della fotografia, ammorbidendo i segni dell'età o cancellando imperfezioni. La tecnica del ritocco è stata sempre un'attività discussa
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tra chi intende la fotografica come un documento della realtà e chi vuole uno strumento flessibile per migliorare o realizzare la visione artistica del fotografo. Se da un lato la fotografia si adoperò per imitare la pittura, quest'ultima utilizzò sempre più frequentemente il dettaglio prodotto dalle fotografie come studio per la realizzazione dei quadri. L'inizio del nuovo secolo vide la negazione della fotografia come imitazione della pittura, a cui seguì quindi l'abbandono di tutte quelle tecniche che trasformavano l'immagine simulando i tratti del pennello. Il nuovo corso propendeva verso la fotografia pura, diretta, come strumento estetico fine a sé stesso. Nacque quindi nella prima metà del '900 negli Stati Uniti il movimento della Straight Photography*, che invitò i fotografi a scendere nelle strade della gente comune e della classe operaia, ritraendo cantieri, metropoli, cieli drammatici, alla ricerca della forma pura o ripetuta, astratta, estetica comune al cubismo e ai nuovi movimenti artistici derivati. La bolla di inferiorità rispetto alla pittura fu attribuita alla fotografia fin dalla sua prima diffusione. Poteva uno strumento tecnico (chimico/ottico/meccanico) esprimere una sensazione artistica individuale? A parte le posizioni della chiesa: “Voler fissare visioni fuggitive” o ancora: “Confina con il sacrilegio”, la resistenza alla diffusione della fotografia ebbe prevalentemente ragioni economiche e sociali. L'affermazione sociale della media borghesia, nei primi anni dell'800, aveva generato un forte aumento della richiesta di piccoli ritratti in forma di miniature, dipinti ad olio, ceramiche, incisioni; con l'introduzione della fotografia un gran numero di ritrattisti: pittori, incisori, miniaturisti, si trovarono ad un bivio: abbracciare la nuova tecnica o perdere clientela. La resistenza non poteva che farsi sentire. Furono probabilmente i pittori meno apprezzati, che poco avevano da perdere, a sposare la nuova tecnologia del ritratto fotografico. La disputa alimentò se stessa, ma nella sostanza era chiaro che la fotografia avrebbe affiancato la pittura e con essa si sarebbe integrata come dimostrano le ispirazioni reciproche presenti fin dagli esordi. Il tempo delle dispute tra fotografia e pittura era ormai ampiamente alle spalle e la fotografia entrava a pieno titolo nelle collezioni dei musei d'arte moderna e nelle aste d'arte. La fotografia divenne strumento inseparabile del viaggiatore e del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli eventi e i luoghi meno accessibili. I primi fotografi di viaggio dovettero trasportare l'ingombrante attrezzatura necessaria alla produzione di immagini con i primitivi procedimenti al collodio umido. I primi reportage nacquero già nel 1855, quando Roger Fenton trasportò sui campi di battaglia della Crimea un carro trainato da cavalli con tutto l'occorrente per la preparazione e lo sviluppo delle lastre di vetro. Ma non solo la guerra impegnò i fotografi, grazie al lavoro di William Henry Jackson, nel 1888 venne fondata la National Geographic Society, che finanziò numerose spedizioni nel mondo. Molti incarichi vennero affidati dalle istituzioni per la documentazione delle opere d'arte e delle città. Vennero prodotti dei reportage dei sobborghi di Glasgow e di altre città importanti, spesso accompagnate da studi sociologici e di analisi della popolazione. L'Ermanox, una fotocamera con obiettivo da f/2, portato successivamente a f/1.5, permise l'ingresso dei fotografi come Erich Salomon nei salotti e nei palazzi, per ritrarre politici e personaggi famosi. Le fotografie divennero istantanee della vita quotidiana e i fotografi si mescolarono alla gente comune. All'Ermanox si affiancò nel 1932 la Leica, con obiettivo 50mm f/3.5, che introdusse il formato che divenne standard, il 35mm. Questa macchina fu adottata con profitto grazie alla sua maneggevolezza e discrezione da importanti fotografi di reportage come Henri Cartier-Bresson e Walker Evans, oppure artisti come André Kertész. Il flash si trasformò da un incontrollato lampo di magnesio del 1888 in un sistema efficiente e regolabile con il Vacu-Blitz nel 1929, che rese possibile al fotografo lavorare in qualsiasi condizione di luce. *La Straight Photography ("fotografia diretta") è un movimento fotografico che si propone di riprodurre in maniera obiettiva la realtà senza l'ausilio di alcuna implementazione tecnica.
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Edwin Land brevettò nel 1929 una pellicola per lo sviluppo istantaneo, che permise alla Polaroid di vendere milioni di apparecchi per fotografie auto-sviluppanti. Negli anni 70' inizia anche la produzione della Kodak Instant. Le pellicole di questa fotocamera (anch' esse auto-sviluppanti) a differenza delle Polaroid, erano rettangolari e l'immagine sulla superficie misurava 9 x 6,8 cm. Dopo aver perso una battaglia di brevetti con la Polaroid Corporation, Kodak ha lasciato il business Instant Camera il 9 gennaio 1986. Uno dei pochi fotografi che ha realizzato con questo materiale alcune ricerche fotografiche, è l'italiano Augusto De Luca. Il progresso dell'elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell'acquisizione delle immagini. Nel 1957 Russell Kirsch trasformò una fotografia del figlio in un file attraverso un prototipo di scanner d'immagine. Nel 1972 la Texas Instruments brevettò un progetto di macchina fotografica senza pellicola, utilizzando però alcuni componenti analogici. La prima vera fotografia ottenuta attraverso un processo esclusivamente elettronico fu realizzata nel dicembre 1975 nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson. L'immagine in bianco e nero del viso di un'assistente di laboratorio fu memorizzata su un nastro digitale alla risoluzione di 0.01 Megapixel (10000 pixel), utilizzando il CCD* della Fairchild Imaging. Le altre ricerche sulla fotografia digitale per uso di massa furono rallentate dai continui miglioramenti delle fotocamere a pellicola, che proposero modelli sempre più semplici e comodi da usare, come la Konica C35-AF del 1977, il primo modello di fotocamera totalmente automatica. Solo quando le emulsioni fotografiche non permisero ulteriori miglioramenti e la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo equiparabile, allora l'interesse dei consumatori si trasferì sul nuovo procedimento. Il settore in cui un sensore digitale è stato visto e seguito ben prima che nella classica fotografia reflex amatoriale o professionale, è stata la fotografia astronomica. Il digitale sostituì la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo, che usufruì anche della facilità di trasmissione delle immagini via internet. Inoltre la produzione di un gran numero di compatte digitali totalmente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale, che poté conservare e rivedere le immagini direttamente nella fotocamera. Anche se il digitale è acclamato come una rivoluzione della fotografia, le regole per ottenere i migliori risultati risalgono ai pionieri del XIX secolo, dove era importante una buona esposizione e un'attenta composizione dell'immagine; tuttavia nuove tecniche che tengono conto delle successive elaborazioni fin da prima dello scatto, hanno dato un nuovo afflato a tecniche ben consolidate, rinvigorendo l'interesse dei fotoamatori evoluti e dando potentissimi strumenti a tutti quei professionisti (ed artisti) che svolgono la propria attività gravitando tra la "fotografia pura" e la grafica pittorica. 
*Il CCD (acronimo dell'inglese Charge-Coupled Device, in italiano DAC, dispositivo ad accoppiamento di carica) consiste in un circuito integrato formato da una riga, o da una griglia, di elementi semiconduttori (photosite) in grado di accumulare una carica elettrica (charge) proporzionale all'intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce. Questi elementi sono accoppiati (coupled) in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico, possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo (device) una sequenza temporizzata d'impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico grazie al quale è possibile ricostruire la matrice dei pixel che compongono l'immagine proiettata sulla superficie del CCD stesso.
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ALLEGATO 2 
Intervista 1, Uomo, 42 anni, Fotografo professionista: 
1) Presentati. Chi sei? 
Mi chiamo ***** ***** e sono un fotografo professionista dal 2000. 
Ciao ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Giovanni. 
Va bene, iniziamo pure. 
2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 
Mi occupo principalmente di fotografia matrimoniale, ma la fotografia è un mondo vasto, chi la pratica non può mai "spegnere" l'occhio fotografico. Il reportage naturalistico mi piace molto, ma non lo pratico professionalmente, mi ci diletto soltanto. 
3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 
Praticavo già la fotografia analogica (l'ho conosciuta per divertimento, da ragazzino, durante le vacanze, in particolare con la foto su diapositiva) ma è con l'avvento del digitale e in particolare tra il 2000 e il 2001 che l'ho veramente sposata. 
Dev’ essere stato proprio un bel matrimonio. 
Sorride. Già, mi ha appassionato perché oltre a ritenerla una stupenda modalità espressiva, rappresenta la grande opportunità di proporre all'osservatore un punto di vista, un racconto della realtà secondo il mio sentire, lasciando spazio poi alle diverse interpretazioni, alle emozioni altrui. 
4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 
Certo, anzi credo sia il segreto di un buon lavoro: lavorare divertendosi. Io vedo subito dal risultato di un mio servizio se mi sono divertito a realizzarlo. 
5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 
L'avvento del digitale ha rivoluzionato la fotografia, rendendola accessibile a tutti. Però ha anche impoverito il suo utilizzo, soprattutto perché le compatte o i telefonini con la fotocamera hanno prestazioni imparagonabili a quelle delle macchine evolute. Si è dunque creato uno stacco tra chi la pratica con passione approfondendone gli aspetti più reconditi e chi invece fotografa per documentare, per ricordare, per condividere e ritiene di non aver bisogno di strumenti professionali. 
6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 
Un’immagine comunica grazie alla fotocomposizione. Ovvero la risposta ad una serie di domande che mi permettono di capire cosa si vuole comunicare con quella foto: Chi è il soggetto? Dove si trovava il fotografo? Da dove proviene la luce? Ci sono elementi geometrici? Come sono posizionati gli oggetti nel riquadro? Qual è lo sfondo? E’ messo a fuoco? Di che colore è? Cosa rende
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interessante quella foto? Cosa mi trasmette? Il maestro del surrealismo fotografico, Rodney Smith, paragonava la composizione in fotografia al ritmo in musica. Se si dispone di grande ritmo si ha anche un grande senso della composizione. La composizione è un’eredità classica. Cioè, come le cose si collocano nell’ambiente, il loro posto e la loro grandezza, le relazioni tra gli oggetti e le persone, tra il fotografo e il suo soggetto, questi sono tutti elementi di un sentire fortemente classico, e parlano, ci comunicano qualcosa per l’appunto. 
7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? 
Vedo un trend costante di evoluzione tecnologica verso macchine capaci di fotografie in condizioni di scarsa luce, credo riserverà delle sorprese, fino a quando fare una foto di notte sarà facile come farla di giorno. Inoltre ho visto alcune macchine fotografiche che consentono la messa a fuoco "dopo" aver scattato. Nuove frontiere. Dal punto di vista espressivo credo che queste nuove tecnologie potranno portare grandi passi avanti e aprire nuovi spazi e nuove dimensioni.
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ALLEGATO 3 
Intervista 2, Uomo, 30 anni, Fotografo professionista: 
1) Presentati. Chi sei? 
Mi chiamo ******* ****** sono di Padova, ho 30 anni, mi sono laureato in Scultura, all'Accademia di belle Arti di Venezia. Lavoro come insegnante di teatro, attore e regista, scultore, pittore e fotografo. Insomma in ciò che tratta l'arte e tutte le sue forme. 
Ciao *******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Antonio. 
Perfetto. Possiamo proseguire. 
2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 
Principalmente fotografie per spettacoli, pubblicità di gioielli, e anche matrimoni, ma questo ad ambito lavorativo. Direi che se avessi la possibilità di scegliere ed inventare un ambito sarebbe quello emozionale. Non mi piace il termine ormai svenduto di Fotografia artistica, che purtroppo oggi vuol dire tutto e niente. 
3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 
Diciamo che la passione della fotografia mi è stata trasmessa da mio padre da quando mi ha consegnato una delle sue Minolta per una gita di 1°media (12 anni), e da allora mi ha sempre insegnato come utilizzarla, i trucchi per l'esposizione, i tempi, le aperture, le doppie esposizioni. Forse più che la passione, mi ha trasmesso la tecnica, poi la passione si è sviluppata anche grazie ai miei studi artistici. 
4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 
E’ possibile, ma con molta fatica e non senza dolore. Credo però che debba esserci prima la passione, poi il lavoro, non il contrario. Per ora, (parlo per la mia esperienza) non è possibile "mangiare" solo con la fotografia, non può essere un mestiere che si improvvisa, sia perché occorre avere una tecnica e una cultura di base, sia per gli elevati costi dell'attrezzatura. Se si vuole parlare di lavoro, occorrono macchine sofisticate e obiettivi professionali. 
5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 
L'evoluzione secondo me segue il mezzo che si va ad impressionare, lastre, pellicole, pixel. Penso che il passaggio tra analogico e il digitale sia uno tra i punti più importanti, forse perché il più vicino a noi. E’ importante per la diffusione che sta avendo il mezzo fotografico (non so se in meglio o in peggio, sono tanti i pregi e tanti i difetti) ai giorni nostri. A livello dell'impiego penso che ora siamo arrivati ad una assuefazione fotografica, dove tutto viene fotografato facendo così perdere il vero senso della fotografia (forse sto parlando del mio vero senso della fotografia), oppure, un'altra ipotesi, è che lo si sta lentamente trasformando.
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6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 
Una volta un mio amico mi ha detto come critica ad una foto: «Bella, ma cosa volevi trasmettere?». Io credo che una foto NON può essere una bella foto, solamente se segue la tecnica, ma deve avere un messaggio, trasmettere un emozione. Altrimenti si parla di scatto. Un ritratto non può essere definito tale, se non rappresenta la persona. 
7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? 
E’ difficile rispondere a questa domanda. Io non vedo molta differenza tra le tecniche fotografiche di una volta e quelle attuali, secondo me, le basi, le fondamenta, non possono essere modificate. Può migliorare l'attrezzatura fotografica, non la fotografia. Però una bella sfida può essere la visione tridimensionale, ma qui entrerei nella discussione se la 3° dimensione può essere definita fotografia. Io credo di si, ma tutto dipende da come verrebbe affrontata. La differenza sostanziale è: Sarebbe un'aggiunta o un aiuto, a ciò che già si ha, o sarebbe l'evoluzione di un percorso?
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ALLEGATO 4 
Intervista 3, Donna, 17 anni, studentessa liceale, aspirante fotografa: 
1) Presentati. Chi sei? 
Sono ***** ****** ******, una studentessa al penultimo anno di liceo. Ho diversi hobby ma tutti rientranti nella categoria dell'arte. Mi piace disegnare, dipingere, creare oggetti, modellare, sperimentare e soprattutto fotografare. 
Ciao ***** ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Valentina. 
Ok. Vai pure con la prossima domanda. 
2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 
Sono un'aspirante fotografa e non ho un ambito ben preciso. Diciamo che mi interesso di fotografia in generale. Mi piace l'idea di poter fotografare tutto. Fotografare è sinonimo soprattutto di comunicare e dunque potremmo dire, rimanendo sul vago, che mi interesso dell'ambito della comunicazione. 
3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 
Ho sempre avuto la passione per la fotografia. Da piccola amavo guardare le vecchie foto della mia famiglia e mi divertivo a disporle in ordine cronologico per poter entrare negli anni passati e sentirmi partecipe di quei giorni precedenti alla mia nascita. Amavo scattare tante foto con le indimenticabili macchine fotografiche "usa e getta", mi piaceva caricare con il dito la rotella e poi scattare. Che emozione quando arrivavano le stampe! Essendo una passione da sempre, non riesco ad identificare il "come" sia successo. Credo sia stata pura attrazione, curiosità per quella che allora sembrava una magia: poter bloccare la realtà in un attimo, che durasse una vita. Crescendo ho avuto la mia prima macchina fotografica compatta e da lì ho iniziato a sperimentare, conoscendo col tempo anche macchine più sofisticate e più complesse, come le odierne reflex. Perché mi sono appassionata? Beh, in fondo è come quando ci si innamora: succede perché deve succedere. Rimani affascinato, è come se fosse sempre stato parte di te, diventa quotidianità, piacere, bellezza, meraviglia. 
4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 
Certo, è possibile coniugare passione e lavoro in questo ambito, ma è molto difficile. La riuscita di ciò è più unica che rara. Spesso, chi ama la fotografia decide di intraprendere quest'arte come lavoro, ma la maggior parte delle volte il lavoro soffoca la passione. Fotografare diventa un dovere, un ordine, e non semplicemente piacere di "disegnare con la luce". Bisognerebbe riuscire a far prevalere sempre la passione. Dunque, secondo me è possibile, ma sarebbe meglio evitare. 
5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 
La fotografia, così come ogni cosa, si è evoluta nel corso del tempo. Ogni piccolo passo in avanti costituisce un punto saliente nella sua evoluzione. Comunque, credo che sia stato un grande passo il passaggio al digitale, in quanto il digitale non da limiti di quantità e ci si sente ancora più liberi a
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scattare, anche se il fascino dei rullini e dei negativi, per esempio, non è paragonabile neanche alla più sofisticata macchina moderna. Tuttavia, ogni novità apportata ha avuto e avrà la sua importanza. 
6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 
Siamo circondati da mezzi di comunicazione di tutti i generi e trascorriamo gran parte del nostro tempo a chiacchierare, ma molto spesso non comunichiamo realmente. Secondo me l'aspetto comunicativo più importante delle immagini sta nel riuscire a dire ciò che le parole non riescono a spiegare. Comunicare un messaggio, un sentimento, un ricordo, un periodo o un evento della propria vita attraverso un gioco di luce, pixel e quant'altro. Una fotografia può raccontare una storia, può emozionarti. Fotografare può avere anche un'altra sfumatura particolare che mi piace particolarmente, ovvero rappresentare. Mi spiego meglio: una semplice fotografia può racchiudere l'intero testo di una canzone o una poesia. E’ come se si ritornasse alle scuole elementari ad "illustrare il testo" del dettato. Le immagini inoltre immortalano momenti che potrai per sempre rivivere un po'. Le immagini parlano e sostituiscono quelle parole che non riusciamo a far venir fuori, soprattutto questa è la loro più grande capacità. 
7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? 
La fotografia è l'invenzione più bella di sempre, secondo me. Nel corso degli anni l'arte della fotografia si è sviluppata e nel corso della sua evoluzione è diventata sempre più accessibile. Alle origini bisognava lavorare ore ed ore per trasferire l'immagine sul materiale e giorni di lavoro affinché potesse rimanere permanente, oggigiorno, immortalare, è un potere di tutti, è a portata di un telefono cellulare. Giorno dopo giorno la fotografia va avanti, cresce, si perfeziona, e sono certa nel giro di qualche anno diventerà ancora più nitida, perfetta e facile. Ciò renderà più facile l'uso della fotografia tra la gente e non può non essere un fatto positivo. La fotografia è per tutti.
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ALLEGATO 5 
Intervista 4, Donna, 20 anni, studentessa universitaria, aspirante fotografa: 
1) Presentati. Chi sei? 
Mi chiamo ***** ******** ********, ho 20 anni, e attualmente sono studentessa al Graphic Design and Animation di Londra. 
Ciao ***** ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Anna. 
Posso essere Michela? Anna proprio non mi piace. 
Non cambi mai, eh? Vada pure per Michela! 
2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 
Mi interesso di tutte le tecniche, dal ritratto alla macrofotografia. Mi occupo in generale di Visual Communication, per cui, a parer mio, ogni tipo di fotografia si presta a questo fine, in relazione a ciò che si ha intenzione di comunicare. 
3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 
Mi appassionai alla fotografia quando mia madre mi insegnò a scattare con una macchina fotografica analogica. Mi ha affascinato il fatto che me la mostrò come un occhio umano del quale però, sei tu, che controlli ogni singola funzione. 
4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 
E’ possibile, ma non sempre facile. Nel mio caso a volte è necessario perché lavoro con le immagini in generale, ma il più delle volte, la passione resta solo un piacevole hobby. 
5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 
Il cambiamento più grande, è sicuramente stato il passaggio dall’ analogico al digitale. L'arrivo del digitale ha aperto il mondo della fotografia a molti più giovani, rendendo il tutto molto più facile e versatile. Con il passaggio al digitale, si è aggiunta la post-produzione (ovvero la modifica digitale delle immagini) che è un bene, solo se usata con parsimonia. Un’eccessiva post-produzione, infatti, può modificare completamente il significato di un’immagine, facendone, quindi, perdere il valore iniziale. 
6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 
Credo che il punto di forza comunicativo delle immagini sia l'autosufficienza delle foto stesse, cioè quando le immagini si spiegano da sole. Proprio per questo, trovo spesso inutile e superfluo dare una descrizione o un titolo ad una foto. Una foto non comunica nulla se hai bisogno di spiegarla. 
7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?
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Questa domanda è molto difficile. Credo che la fotografia abbia raggiunto dei livelli impressionanti, e sinceramente, non sento il bisogno di migliorarla, anche perché a me piace così com’è. Vincenzo Calabrò

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Fotografia: Passione, Evoluzione e Comunicazione.

  • 1. 1 FOTOGRAFIA: PASSIONE, EVOLUZIONE E COMUNICAZIONE Vincenzo Calabrò, Università degli studi di Padova, Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione. Tesina per frequentanti del Corso di Sociologia della Comunicazione. Docente: Vincenzo Romania. Abstract iniziale L’immagine parla: è musica, è profumo, è passione. La Fotografia, perciò, è uno dei veicoli dell’interazione sociale più utilizzato al mondo. E come tale, ha una sua rilevanza sociologica. Essa abbraccia un campo così straordinariamente vasto, per la quale è essenziale ridurne lo studio ad un campo ben definito, e ben più ristretto. In questo lavoro, cercherò di evidenziare l’importanza delle immagini nel contesto della comunicazione, approfondendone l’evoluzione della fotografia, e quindi dei modi di agire, di comportarsi e di relazionarsi da parte delle persone. Sosterrò la mie ipotesi con le interviste di quattro fotografi, che mi hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo, ospitandomi nelle loro case, per condividere insieme a me il loro punto di vista, ma soprattutto, la loro passione. Cercherò di sviluppare il tema della fotografia (e di conseguenza imposterò le mie domande) su tre temi principali: Passione, Evoluzione e Comunicazione. La maggiore difficoltà, da quanto emerso durante le interviste, è che non è possibile produrre dati scientifici oggettivi e standardizzati, in quanto la fotografia non è una scienza esatta, ma bensì un’arte visuale, che riflette una componente emozionale che varia da soggetto a soggetto. Dallo studio effettuato sulle interviste, risultano evidenti tre punti chiave. La Fotografia è: 1) Passione. 2) Evoluzione. 3) Comunicazione. E questi tre aspetti sono imprescindibili tra loro.
  • 2. 2 Introduzione E Dio disse: “Facciamo l`uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l`uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Genesi (1,26-27) Questa è la prima fotografia della storia. L’immagine creativa che prende forma in un corpo. Una copia somigliante, davvero somigliante, senza la caratteristica principe dell’originale: la Perfezione. Click. In una frazione di secondo la luce passa attraverso le lenti dell’obiettivo. Attraversa il diaframma, e infine l’otturatore. Impressionando sul sensore, o sulla pellicola, un’ immagine del soggetto posto davanti all’obiettivo. Un attimo, che viene catturato per sempre. Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate e i filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. La grande foto non è che l’immagine di un’idea. La cosa più difficile in fotografia, infatti, è rimanere semplici. Questo è solo uno degli infiniti aspetti e delle infinite possibilità di quest’arte visiva. Martin Heiddegger diceva: «L’artista è l’origine dell’opera. L’opera è l’origine dell’artista. Nessuno dei due è senza l’altro. Eppure, nessuno dei due, da solo, regge l’altro». [1] Comunicare, relazionarsi, esprimere le proprie idee, le proprie emozioni, è questo ciò che rende vivi gli uomini. Le nostre interazioni sociali, nel corso dei secoli, hanno trovato vari metodi per svilupparsi. Basti pensare alla nascita dei social network come Twitter e Facebook e alla loro importanza nel contesto sociologico odierno. Gesti, parole, suoni, odori, sapori: sono tutti modi per comunicare. Il nostro cervello li registra tramite i sensi, elaborandoli e traendone informazioni preziose. Ognuno ci dà una sensazione diversa, ma nessuna di queste cose può essere paragonata alla potenza evocativa delle immagini. L’immagine parla: è musica, è profumo, è passione. La fotografia, perciò, è uno dei veicoli dell’interazione sociale più utilizzato al mondo. E come tale, ha una sua rilevanza sociologica. Si parla infatti di Sociologia Visuale, che si compone di “due anime”: quella metodologica, che fa dell'uso dell'immagine il suo strumento di raccolta delle informazioni e quella di disciplina autonoma, finalizzata ad indagare sia i processi di visualizzazione (e le visioni del mondo che veicolano), sia le pratiche della vita quotidiana (cosa fa la gente con le immagini?). [2] L’avvento della fotografia ha sicuramente cambiato il percorso tradizionale dell’arte e di conseguenza anche la coscienza del mondo. Le fotografie di eventi cruciali tramandate con la storia, hanno aperto una finestra su orizzonti in passato visibili solo nell’immaginario. Con l’avvento della fotografia ognuno di noi è così coinvolto, irrimediabilmente, in una dimensione “fotografata” della realtà; niente sarà più come prima dell’invenzione della fotografia. [3] Essa abbraccia un campo così straordinariamente vasto, per la quale è essenziale ridurne lo studio ad un campo ben definito, e ben più ristretto. In questo lavoro, cercherò di evidenziare l’importanza delle immagini nel contesto della comunicazione, approfondendone l’evoluzione della fotografia, e quindi dei modi di agire, di comportarsi e di relazionarsi da parte delle persone. Sosterrò la mie ipotesi con le interviste di quattro fotografi, che mi hanno gentilmente dedicato un po’ del loro tempo, ospitandomi nelle loro case, per condividere insieme a me il loro punto di vista, ma soprattutto, la loro passione. Credo però, sia essenziale, conoscere anche quella che è la storia, di questa straordinaria invenzione chiamata fotografia. “Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare: tre concetti che riassumono l'arte della fotografia”. Helmut Newton. (Vedi allegato 1).
  • 3. 3 Stato dell’arte: Sociologia e Fotografia, gemelle ritrovate Il titolo non deve ingannare, si tratta ovviamente di due cose molto diverse. La sociologia è una scienza, la fotografia è una tecnica. L'una è un’ "invenzione" filosofica, l'altra tecnologica, basata su una scoperta millenaria (il fatto che la luce, quando penetra in una stanza buia, possa essere "fissata") e su un'applicazione pluricentenaria (la camera oscura). Allora perché questo titolo? Sociologia e Fotografia nascono più o meno negli stessi anni e nello stesso luogo. La sociologia è un termine coniato dal filosofo positivista francese Auguste Comte e apparso nel Corso di filosofia positiva, pubblicato nel 1842, con l'obiettivo di fondare una scienza globale dell'uomo che comprendesse le varie scienze umane (l'economia ad esempio). La fotografia in quanto tale ha una nascita più dibattuta, ma generalmente il suo inizio viene decretato nel 1839 quando Louis Daguerre, scenografo teatrale, finalmente presenta la sua invenzione, chiamata dagherrotipo, che serve appunto a fissare su lastra i contorni di un'immagine, trasmessi dalla luce in camera oscura. Dunque, fotografia e sociologia nascono in Francia tra il 1839 e il 1842. Ma da lì in poi, per moltissimo tempo, le loro strade si sono separate fin quando, a metà degli anni '70 del XX secolo, alcuni sociologi intuirono l'uso possibile della fotografia nelle scienze sociali, fondando la sociologia visuale. “Dei 5 sensi l’occhio è l’unico ad avere una funzione sociologica”. [4] Infatti, come sottolineato da Marco Pasini nel suo lavoro Sociologia Visuale: Storia, caratteristiche, strumenti: «Il mondo in cui viviamo si fonda su una civiltà visiva, di immagini, che privilegia la vista, su cui l’individuo pensa di possedere un controllo maggiore, agli altri sensi. Sin dall’antichità, le varie culture hanno espresso le loro idee/ideali attraverso le rappresentazioni visive. È attraverso la percezione visiva che l’uomo principalmente entra in rapporto con il mondo esterno. […] La macchina fotografica rappresenta il prolungamento “naturale” dell’occhio umano ed una fotografia, per le scienze sociali, può essere considerata una fonte. Questo potrebbe bastare per intuire i motivi del suo utilizzo. La fotografia, che letteralmente significa scrivere con la luce, è un prodotto culturale e un atto selettivo, nonché una forma di comunicazione con funzioni informative, documentarie e descrittive. La storia delle immagini del sociale inizia nel XVIII secolo, che grazie alle fotografie, rende possibile registrare e restituire la realtà quotidiana anche se dinamica, sfuggente e inaccessibile. Alla fotografia viene riconosciuta una grande utilità euristica, ma per confermarla ci deve essere un uso motivato della fotografia stessa; motivazioni dettate dagli scopi e dalle intenzioni del soggetto che fotografa. In effetti, ciò che differenzia le immagini iconografiche non è tanto il contenuto quanto le interpretazioni e gli utilizzi che se ne fanno: "La realtà umana, non può trovarsi nella fotografia, ma nell'intenzione del fotografo". (F. Ferrarotti, Dal documento alla testimonianza. La fotografia nelle scienze sociali, 1974). L’immagine fotografica rappresenta il prodotto tra la realtà e l’interpretazione di quella realtà da parte del fotografo. La fotografia, dotata della doppia natura mezzo di riproduzione e di espressione, non è l’esatta riproduzione della realtà. I significati che le immagini assumono, solo convenzionalmente possiamo definirli oggettivi, dato che dipendono da meccanismi percettivi interiorizzati socio-culturalmente. La fotografia non restituisce la realtà oggettiva, ma spezzoni soggettivi della realtà, una soggettività variabile nel tempo e nelle circostanze e che passa attraverso il fotografo e il fruitore del prodotto. Da qui la polisemia dell’immagine, legata ai valori culturali della società e all’interazione fra oggetto fotografato, soggettività del fotografo e caratteristiche tecniche della macchina, a cui va aggiunta la soggettività dell’osservatore. Come ogni forma di conoscenza, la fotografia, è un’impresa umana volontaria, storicamente e socialmente determinata. "La credibilità di cui la fotografia gode, deriva non dalla sua analogia con il reale, ma dal suo impiego per usi sociali ritenuti oggettivi". (W. Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936/37)».
  • 4. 4 Metodologia In qualità di ricercatore, cercherò di sviluppare il tema della fotografia (e di conseguenza imposterò le mie domande) su tre temi principali: Passione, Evoluzione e Comunicazione. La maggiore difficoltà, da quanto emerso durante le interviste, è che non è possibile produrre dati scientifici oggettivi e standardizzati, in quanto la fotografia non è una scienza esatta, ma bensì un’arte visuale, che riflette una componente emozionale che varia da soggetto a soggetto. Come ben esposto in queste righe di Burgin del 1996: “Il sistema della fotografia si è sviluppato sulla base della prossimità o distanza rispetto ai poli dell’oggettività e della soggettività, in un continuum che va dalla fotografia scientifica e giudiziaria, attraverso la fotografia documentaria e il fotogiornalismo, fino alla fotografia pubblicitaria e artistica. Questo continuum a sua volta si è formato in implicito riferimento ad un altro, che si stende fra l’operazione automatica e oggettiva della fotocamera, “pura tecnologia”, e il gesto umano e soggettivo della pittura, “pura personalità”. Un effetto dell’avvento della fotografia digitale è stato il venir meno di questo continuum, unendo le sue estremità un tempo antipodiche”. Il primo intervistato è una persona che ho conosciuto quest’ inverno a Padova. Ha tenuto un corso di fotografia digitale durato sei mesi, a cui ho partecipato. E’ un’ esperto di fotografia. Si presenta come una persona davvero seria e preparata. La sua forza sta nel divertirsi come un bambino, in ogni cosa che fa. Il secondo intervistato è un fotografo pubblicitario, un amante dell’arte a 360°, mi è stato presentato dal primo intervistato, e si è dimostrato molto gentile e disponibile. E’ un ragazzo con le idee chiare. La terza intervistata è una lei. E’ Calabrese, e appartiene al mio giro di “amicizie culturali”, così come lo definisco Io. Nonostante la giovane età, lei è una di quelle persone che ti lascia sempre qualcosa dopo una chiacchierata. Una di quelle persone che ti fanno pensare. La quarta intervistata è una mia compagna di classe del Liceo. Anche lei, Calabrese come me. Era una di quelle ragazze che passava le ore in classe disegnando, ed i pomeriggi in giro a fotografare, invece che restare a casa a studiare. Dopo il liceo, ha potuto finalmente seguire in pieno le sue aspirazioni. Sono davvero felice per lei. Sono state poste sette domande identiche a tutti e quattro i soggetti: 1) Presentati. Chi sei? 2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? 3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? 4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? 5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. 6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? 7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?
  • 5. 5 Ho scelto di intervistare due professionisti del settore e due aspiranti fotografe per avere delle opinioni differenti tra chi “è già arrivato”, e chi “spera di arrivare”. Sono due uomini e due donne, anche per non avere una differenza nei i sessi scelti tra i campioni intervistati. Infatti, non è detto che questa componente non possa influire sulle risposte date alle mie domande. Le interviste sono autobiografiche e si basano sulle esperienze personali dei soggetti. I primi due intervistati mi hanno ospitato nelle loro case, mostrandomi molti dei loro lavori, spesso messi in mostra nei quadri sulle pareti, conservati negli Hard Disk dei computer, o custoditi negli album dei ricordi. Le ultime due interviste, invece, per ovvi motivi di distanza (la terza studia in Calabria e la quarta a Londra) si sono svolte telefonicamente, e perciò, non mi hanno permesso di cogliere messaggi, segnali e gesti tipici della comunicazione non verbale.
  • 6. 6 Analisi dei dati Dalla prima domanda: “Presentati. Chi sei?”, il campione è stato così rappresentato: M42, Fotografo Professionista Matrimoniale. M30, Fotografo Professionista Pubblicitario, laureato in Scultura, all'Accademia di belle Arti di Venezia. Lavora come insegnante di teatro, attore, regista, scultore e pittore. F17, Studentessa Liceale, aspirante fotografa. F20, Studentessa Universitaria al Graphic Design and Animation di Londra, aspirante fotografa. La seconda domanda: “Di quale ambito della fotografia ti interessi?”, ha evidenziato che i Fotografi professionisti amano la fotografia nel suo complesso, ma ne utilizzano solo una parte specifica in ambito lavorativo, dovendosi quindi adattare alle esigenze del mercato fotografico. Giovanni (Pseudonimo, vedi allegato 2) ha infatti dichiarato che: “La fotografia è un mondo vasto. Chi la pratica non può mai "spegnere" l'occhio fotografico”. Antonio (Pseudonimo, vedi allegato 3) ha manifestato la stessa “sofferenza” riguardo al ristretto ambito lavorativo dicendo: “Se avessi la possibilità di scegliere ed inventare un ambito (della fotografia) sarebbe quello emozionale”. Le due aspiranti fotografe hanno invece manifestato l’importanza delle immagini, nell’ambito della comunicazione. Valentina (Pseudonimo, vedi allegato 4) ha detto: “Fotografare è sinonimo soprattutto di comunicare e dunque potremmo dire, rimanendo sul vago, che mi interesso dell'ambito della comunicazione”. Anna, pardon, Michela (Pseudonimo, vedi allegato 5) conferma quello che dice Valentina, dicendo: “Mi occupo in generale di Visual Communication, per cui, a parer mio, ogni tipo di fotografia si presta a questo fine, in relazione a ciò che si ha intenzione di comunicare”. Ciò, a mio avviso, mette quindi in risalto quelle che sono le pure aspirazioni “comunicative” dei giovani aspiranti, con quella che poi è la realtà del mercato lavorativo in cui si trovano i due professionisti del settore. Con la terza domanda: “Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché?”, ho voluto analizzare il primo dei tre temi sviluppati, quello della Passione. In tutti e quattro i soggetti, la passione per la fotografia è un sentimento innato, che è stato poi portato alla luce fin dai primi anni di vita, spesso grazie ai genitori. Giovanni infatti afferma: “L'ho conosciuta (la fotografia) per divertimento, da ragazzino, durante le vacanze, in particolare con la foto su diapositiva”. Anche per Valentina è una passione nata fin dall’infanzia: “Ho sempre avuto la passione per la fotografia. Da piccola amavo guardare le vecchie foto della mia famiglia e mi divertivo a disporle in ordine cronologico per poter entrare negli anni passati e sentirmi partecipe di quei giorni precedenti alla mia nascita”. La funzione genitoriale, riversa un ruolo fondamentale, tanto nella socializzazione primaria, quanto nella nascita di questa passione. Antonio dice: “Diciamo che la passione della fotografia mi è stata trasmessa da mio padre, quando mi ha consegnato una delle sue Minolta per una gita di 1° media (12 anni), e da allora mi ha sempre insegnato come utilizzarla, i trucchi per l'esposizione, i tempi, le aperture, le doppie esposizioni”. Anche Michela ha trovato una valida guida in uno dei genitori: “Mi appassionai alla fotografia quando mia madre mi insegnò a scattare con una macchina fotografica analogica. Mi ha affascinato il fatto che me la mostrò come un occhio umano del quale però, sei tu, che controlli ogni singola funzione”. Da questo, possiamo quindi ricavarne una potenziale influenza dei genitori su quelle che sono le passioni dei figli (fortemente influenzabili) in tenera età.
  • 7. 7 La quarta domanda: “E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come?”, assume un significato diverso a seconda dell’intervistato. I professionisti potranno raccontare la loro esperienza, le ragazze, invece, si concentreranno sulle loro aspettative. Giovanni ci parla di un’esperienza positiva: “Certo, anzi credo sia il segreto di un buon lavoro: lavorare divertendosi. Io vedo subito dal risultato di un mio servizio se mi sono divertito a realizzarlo”. Antonio ci descrive un’esperienza meno positiva, dando priorità alla passione, non riscontrata, per ora, all’interno dell’ambito lavorativo: “E’ possibile, ma con molta fatica e non senza dolore. Credo però che debba esserci prima la passione, poi il lavoro, non il contrario. Per ora, (parlo per la mia esperienza) non è possibile "mangiare" solo con la fotografia, non può essere un mestiere che si improvvisa, sia perché occorre avere una tecnica e una cultura di base, sia per gli elevati costi dell'attrezzatura”. Le aspiranti fotografe sono sulla stessa linea di pensiero del fotografo più giovane, anche loro la ritengono una cosa ardua, ma possibile. Inoltre, anche loro tendono a valorizzare l’importanza della Passione sul semplice lavoro. Valentina non ipotizza neanche una congiunzione dei due aspetti, consigliando anzi, di dividerli: “Certo, è possibile coniugare passione e lavoro in questo ambito, ma è molto difficile. La riuscita di ciò è più unica che rara. Spesso, chi ama la fotografia decide di intraprendere quest'arte come lavoro, ma la maggior parte delle volte il lavoro soffoca la passione. Fotografare diventa un dovere, un ordine, e non semplicemente piacere di "disegnare con la luce". Bisognerebbe riuscire a far prevalere sempre la passione. Dunque, secondo me è possibile, ma sarebbe meglio evitare”. Pure Michela pone gli stesi identici dubbi degli ultimi due intervistati, proponendo anche lei, di separare le due cose: “E’ possibile, ma non sempre facile. Nel mio caso a volte è necessario perché lavoro con le immagini in generale, ma il più delle volte, la passione resta solo un piacevole hobby”. Dalle risposte degli intervistati, emerge un assoluto bisogno di esaltare le proprie passioni, in qualità di artisti. La pensava allo stesso modo Erasmo da Rotterdam, che nel suo elogio alla follia, scriveva: “Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell'uomo più Passione che ragione perché fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un'eterna giovinezza.” [5] La quinta domanda: “Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni” sviluppa il secondo tema trattato, quello dell’ Evoluzione. Per tutti i soggetti intervistati, il momento culminante del secolo, è stata l’invenzione della fotografia digitale. Risulta assai esplicativo ricordare questo frammento di testo di J.C. Lemagny: “Nell’epoca delle immagini digitali, i fotografi creativi s’interessano sempre più agli antichi procedimenti. Stanno forse per nascere nuove arti, ma la fotografia non ne è minacciata più di quanto non lo fosse nel 1839 la pittura dall’invenzione di Daguerre. Per le possibilità di continue modificazioni che offre, l’immagine digitale è un ritorno al disegno. Come sempre, si trasformerà in arte quando in essa la facilità di un procedimento si trasformerà nella resistenza di una materia. E il suo ruolo, nell’ambito dei media, di schermo interposto fra la realtà e noi, verrà a coincidere con quello che ha già la fotografia come veicolo di significati illusori; si confonderà con esso, eliminando finalmente le ambiguità che ancora pesano sugli impieghi della fotografia quando questa non ha intenti artistici.” Ciò, ha portato alla luce pregi e difetti, evidenziando come, a volte, rendere le cose più facili, non voglia dire necessariamente migliorarle. Giovanni dice: “L'avvento del digitale ha rivoluzionato la fotografia, rendendola accessibile a tutti. Però ha anche impoverito il suo utilizzo, soprattutto perché le compatte o i telefonini con la fotocamera hanno prestazioni imparagonabili a quelle delle macchine evolute. Si è dunque creato uno stacco tra chi la pratica con passione approfondendone gli aspetti più reconditi e chi invece
  • 8. 8 fotografa per documentare, per ricordare, per condividere e ritiene di non aver bisogno di strumenti professionali”. Antonio sottolinea il concetto: “Penso che il passaggio tra analogico e il digitale sia uno tra i punti più importanti, forse perché il più vicino a noi. E’ importante per la diffusione che sta avendo il mezzo fotografico (non so se in meglio o in peggio, sono tanti i pregi e tanti i difetti) ai giorni nostri. A livello dell'impiego penso che ora siamo arrivati ad una assuefazione fotografica, dove tutto viene fotografato facendo così perdere il vero senso della fotografia (forse sto parlando del mio vero senso della fotografia), oppure, un'altra ipotesi, è che lo si sta lentamente trasformando”. Anche Valentina, nonostante faccia parte della “nuova scuola”, rimpiange l’analogico: “Credo che sia stato un grande passo il passaggio al digitale, in quanto il digitale non da limiti di quantità e ci si sente ancora più liberi a scattare, anche se il fascino dei rullini e dei negativi, per esempio, non è paragonabile neanche alla più sofisticata macchina moderna”. Michela ricorda anche un altro aspetto particolare, legato alla digitalizzazione delle immagini, ovvero la modifica grafica attuata con i software di fotoritocco: “L'arrivo del digitale ha aperto il mondo della fotografia a molti più giovani, rendendo il tutto molto più facile e versatile. Con il passaggio al digitale, si è aggiunta la post-produzione (ovvero la modifica digitale delle immagini) che è un bene, solo se usata con parsimonia. Un’eccessiva post-produzione, infatti, può modificare completamente il significato di un’immagine, facendone, quindi, perdere il valore iniziale”. Il rullino, si è confermato essere il “bello ideale” della fotografia, come descritto da tutti i soggetti intervistati. La sesta domanda: “Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini?” evidenzia l’ultimo dei temi trattati, quello della Comunicazione. Dalle risposte dei quattro intervistati emerge che la fotografia è un mare in un fiume in piena di emozioni. Essa è stata scelta come forma di comunicazione unica e pregiata. La sola che può andare oltre le parole. Giovanni ci spiega che: “Un’immagine comunica grazie alla fotocomposizione. [..] Il maestro del surrealismo fotografico, Rodney Smith, paragonava la composizione in fotografia al ritmo in musica. Se si dispone di grande ritmo si ha anche un grande senso della composizione. La composizione è un’eredità classica. Cioè, come le cose si collocano nell’ambiente, il loro posto e la loro grandezza, le relazioni tra gli oggetti e le persone, tra il fotografo e il suo soggetto, questi sono tutti elementi di un sentire fortemente classico, e parlano, ci comunicano qualcosa per l’appunto”. Antonio ci spiega, invece, la differenza tra una foto e uno scatto: “Una volta un mio amico mi ha detto come critica ad una foto: «Bella, ma cosa volevi trasmettere?». Io credo che una foto, NON può essere una bella foto, solamente se segue la tecnica, ma deve avere un messaggio, trasmettere un emozione. Altrimenti si parla di uno scatto. Un ritratto non può essere definito tale, se non rappresenta la persona”. Michela condivide perfettamente il pensiero di Antonio: “Credo che il punto di forza comunicativo delle immagini sia l'autosufficienza delle foto stesse, cioè quando le immagini si spiegano da sole. Proprio per questo, trovo spesso inutile e superfluo dare una descrizione o un titolo ad una foto. Una foto non comunica nulla se hai bisogno di spiegarla”. Valentina, invece, elegge la fotografia come mezzo di comunicazione per eccellenza: “Siamo circondati da mezzi di comunicazione di tutti i generi e trascorriamo gran parte del nostro tempo a chiacchierare, ma molto spesso non comunichiamo realmente. Secondo me l'aspetto comunicativo più importante delle immagini sta nel riuscire a dire ciò che le parole non riescono a spiegare. Comunicare un messaggio, un sentimento, un ricordo, un periodo o un evento della propria vita attraverso un gioco di luce, pixel e quant'altro. Una fotografia può raccontare una storia, può emozionarti. Fotografare può avere anche un'altra sfumatura particolare che mi piace particolarmente, ovvero rappresentare. Mi spiego meglio: una semplice fotografia può racchiudere l'intero testo di una canzone o una poesia. E’ come se si ritornasse alle scuole elementari ad
  • 9. 9 "illustrare il testo" del dettato. Le immagini inoltre immortalano momenti che potrai per sempre rivivere un po'. Le immagini parlano e sostituiscono quelle parole che non riusciamo a far venir fuori, soprattutto questa è la loro più grande capacità”. Ciò conferma un altro degli aspetti essenziali della fotografia, ovvero, la possibilità di catturare il tempo. La settima ed ultima domanda: “A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?”, non può non lasciare aperti nuovi spiragli a questa continua evoluzione che è la fotografia. Essa infatti evolve di pari passo con l’uomo, con la tecnologia, e con i mezzi di comunicazione. Quindi si modifica, si migliora e si perfeziona. E’ in continuo movimento. Giovanni ci dice: “Vedo un trend costante di evoluzione tecnologica verso macchine capaci di fotografie in condizioni di scarsa luce, credo riserverà delle sorprese, fino a quando fare una foto di notte sarà facile come farla di giorno. Inoltre ho visto alcune macchine fotografiche che consentono la messa a fuoco "dopo" aver scattato. Nuove frontiere. Dal punto di vista espressivo credo che queste nuove tecnologie potranno portare grandi passi avanti e aprire nuovi spazi e nuove dimensioni”. Antonio propone addirittura un’innovazione: “Una bella sfida può essere la visione tridimensionale, ma qui entrerei nella discussione se la 3° dimensione può essere definita fotografia. Io credo di si, ma tutto dipende da come verrebbe affrontata. La differenza sostanziale è: Sarebbe un'aggiunta o un aiuto, a ciò che già si ha, o sarebbe l'evoluzione di un percorso?”. Inoltre, ci ricorda: “Io non vedo molta differenza tra le tecniche fotografiche di una volta e quelle attuali, secondo me, le basi, le fondamenta, non possono essere modificate. Può migliorare l'attrezzatura fotografica, non la fotografia”. Valentina ne esalta l’evoluzione avvenuta fino ad oggi: “Nel corso degli anni l'arte della fotografia si è sviluppata e nel corso della sua evoluzione è diventata sempre più accessibile. Alle origini bisognava lavorare ore ed ore per trasferire l'immagine sul materiale e giorni di lavoro affinché potesse rimanere permanente, oggigiorno, immortalare, è un potere di tutti, è a portata di un telefono cellulare. Giorno dopo giorno la fotografia va avanti, cresce, si perfeziona, e sono certa nel giro di qualche anno diventerà ancora più nitida, perfetta e facile. Ciò renderà più facile l'uso della fotografia tra la gente e non può non essere un fatto positivo”. Ricordandoci che: “La fotografia è per tutti”. Michela, a differenza degli altri intervistati, si mostra soddisfatta, e non pensa a nuovi sviluppi per quest’arte visiva: “Credo che la fotografia abbia raggiunto dei livelli impressionanti, e sinceramente, non sento il bisogno di migliorarla, anche perché a me piace così com’è”. Ciò probabilmente è da attribuirsi al fatto che Michela ha trovato una propria dimensione all’interno della fotografia odierna, e non sente il bisogno di cambiarla. E’ indubbio, però, (come emerge dalle risposte dei primi tre intervistati) che le immagini vanno di pari passo con la teoria dell’evoluzione [6] di Darwin, e che, essendo oggetto e mezzo di comunicazione da parte degli esseri umani, mutano con essi.
  • 10. 10 Conclusioni Dallo studio effettuato sulle interviste, risultano evidenti tre punti chiave. 1) La Fotografia è Passione. E come tale, nutre e infiamma l’animo umano. I genitori, così come nel contesto della socializzazione primaria, hanno avuto un ruolo fondamentale anche per la nascita di questa passione. Essa risulta anche un’opportunità lavorativa oltre che amatoriale. Anche se spesso, è difficile conciliare la passione con il lavoro. 2) La Fotografia è Evoluzione. Si è evoluta nell’arco degli anni, divenendo sempre più accessibile e alla portata di tutti, conservando però, allo stesso tempo, il suo antico ardore classico. In tutti i soggetti intervistati si è manifestata una forte nostalgia per quello che è il “bello ideale” della fotografia, ovvero, il rullino. L’ evento “clou” del secolo è stato il passaggio dalla fotografia analogica a quella digitale. Ognuno ne descrive pregi e difetti, sottolineando come, a volte, rendere le cose più semplici, non voglia dire renderle migliori. 3) La Fotografia è Comunicazione. La forza evocativa delle immagini è qualcosa di straordinario, essa è riuscita addirittura a mettere in discussione la pittura, arrivando dove la parola e gli altri mezzi di comunicazione non sono mai arrivati. Dalle risposte dei quattro intervistati emerge che la fotografia è un mare in tempesta di emozioni. Essa è stata scelta come forma di comunicazione rara e delicata. L’unica che può arrivare dove si fermano le parole. Sembra quasi che essa abbracci la sfera dell’onirico. Una magia, oltre il tempo. L’aspetto più importante è che questi tre elementi sono imprescindibili l’uno dall’altro: nell’ Evoluzione è andata perfezionandosi la capacità Comunicativa della fotografia, nutrendosi costantemente della Passione, perché, come scrisse Antoine de Saint-Exupéry nel suo Piccolo Principe: “Non si vede bene che col Cuore. L'Essenziale, è invisibile agli occhi.
  • 11. 11 Bibliografia 1) “L’ Origine dell’opera d’arte”. Heidegger, pag. 185. 2) “Nuovo manuale di sociologia visuale. Dall'analogico al digitale”. Patrizia Faccioli, Giuseppe Losacco. 3) “Fotografia e società. Dalla sociologia per immagini al reportage contemporaneo”. Alfredo De Paz. 4) “Sociologia. Ricerca sulle forme di associazione”. G. Simmel, pag. 358. 5) “Elogio alla follia”. Erasmo da Rotterdam. 6) ”L’origine delle specie”. Charles Robert Darwin. 7) “Piccolo Principe”. Antoine de Saint-Exupéry. Capitolo 21. Sitografia http://www.analisiqualitativa.com/magma/0702/articolo_03.htm Dettagli foto Modello fotocamera: Canon EOS 350D DIGITAL F-stop: f/5.6 Tempo di esposizione: 1/160sec. Sensibilità ISO: ISO-100 Distanza focale: 55mm Modalità flash: Nessun flash obbligatorio
  • 12. 12 ALLEGATO 1 Nei primi anni dell’ottocento, Joseph Nicéphore Niépce, mentre era alla ricerca di un metodo per sopperire alle sue scarse capacità di disegnatore, si interessò della recente scoperta della litografia*, e approfondì gli studi alla ricerca di una sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera esatta, mantenendo il risultato nel tempo. Il 5 maggio 1816, Joseph Niépce scrisse al fratello Claude del suo ultimo esperimento. Scoprì le proprietà fotosensibili di un foglio bagnato da cloruro d'argento che abbandonò in favore del bitume di Giudea, esposto successivamente all'interno di una piccola camera oscura. Il bitume di Giudea è un tipo di asfalto normalmente solubile all'olio di lavanda, che indurisce se esposto alla luce. Per i primi esperimenti Niepce utilizzò un’ incisione di Papa Pio VII, ma di queste prove non ci rimangono esemplari. Seguirono tentativi con un’ incisione del cardinale Georges D'Amboise, ottenendo buoni risultati. Nel 1826 realizzò la Vista dalla finestra a Le Gras, la più antica fotografia esistente. Niépce chiamò questo procedimento eliografia (il nome deriva dalle parole greche helios=sole e graphein=disegno) e lo utilizzò anche in camera oscura per produrre dei positivi su lastre di stagno. Nel 1827, durante il viaggio verso Londra per trovare il fratello Claude, Niépce si fermò a Parigi e incontrò Louis Jacques Mandé Daguerre: quest'ultimo era già stato informato del lavoro di Niépce dall'ottico Charles Chevalier, fornitore per entrambi di lenti per la camera oscura. Daguerre era un pittore parigino di discreto successo, conosciuto principalmente per aver realizzato il diorama, un teatro che presentava grandi quadri e giochi di luce, per cui Daguerre utilizzava la camera oscura per assicurarsi una prospettiva corretta. A Londra Niépce presentò l'eliografia alla Royal Society, che non accettò la comunicazione perché Niépce non volle rivelare tutto il procedimento. Tornò a Parigi e si mise in contatto con Daguerre, con il quale concluse nel dicembre 1829 un contratto valido dieci anni per continuare le ricerche in comune. Dopo quattro anni, nel 1833, Niépce morì senza aver potuto pubblicare il suo procedimento. Il figlio Isidore prese il posto nell'associazione con Daguerre, ma non fornì alcun contributo, tanto che Daguerre modificò il contratto e impose il nome dell'invenzione in dagherrotipia, anche se mantenne il contributo di Joseph Niépce. Isidore firmò la modifica pur ritenendola ingiusta. Il nuovo procedimento era molto diverso rispetto a quello originario preparato da Joseph Niépce, quindi si può ritenere in parte corretta la rivendicazione di Daguerre. In cerca di fondi, fu contattato da François Arago, che propose l'acquisto del procedimento da parte dello Stato. Il 6 gennaio 1839 la scoperta di una tecnica per dipingere con la luce fu resa nota con toni entusiastici sul quotidiano Gazette de France e il 19 gennaio nel Literary Gazette. Nel 1837 la tecnica raggiunta da Daguerre fu sufficientemente matura da produrre una natura morta di grande pregio. Il procedimento venne reso pubblico il 19 agosto 1839, quando, in una riunione dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia delle Belle arti, venne presentato nei particolari tecnici all'assemblea e alla folla radunatesi all'esterno. Arago descrisse la storia e la tecnica legata al dagherrotipo, inoltre presentò una relazione del pittore Paul Delaroche, in cui furono esaltati i minuziosi dettagli dell'immagine e dove si affermò che gli artisti e gli incisori non erano minacciati dalla fotografia, anzi potevano utilizzare il nuovo mezzo per lo studio e l'analisi delle vedute. La relazione terminò con il seguente appunto di Delaroche: «Per concludere, la mirabile scoperta di monsieur Daguerre ha reso un servizio immenso alle arti.» *La litografia è una tecnica di riproduzione meccanica delle immagini. Il procedimento venne inventato nel 1796 dal tedesco Alois Senefelder utilizzando una pietra delle cave di Solnhofen, cittadina nelle vicinanze di Monaco di Baviera. Inizialmente chiamata "stampa chimica su pietra", assunse ben presto la denominazione di "arte litografica" o, più semplicemente, di litografia.
  • 13. 13 Fin dai primi decenni dell’ ottocento le fotografie destarono subito l'interesse e la meraviglia dei curiosi, che affollarono le sempre più frequenti dimostrazioni del procedimento. Rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell'immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare, altri paventarono un abbandono della pittura o una drastica riduzione della sua pratica. Questo non avvenne, ma la nascita della fotografia favorì e influenzò la nascita di importanti movimenti pittorici, tra cui l'impressionismo, il cubismo e il dadaismo. La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l'ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori. Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare un'esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale. Grazie ai progressi tecnologici, nuovi laboratori aprirono in tutto il mondo. Nel 1850 si contavano più di 80 laboratori nella sola New York. La moda dei ritratti si sviluppò rapidamente e ne usufruirono tutti i ceti sociali, grazie all'economicità del procedimento. I soggetti erano ripresi solitamente in studio, su di uno sfondo bianco, anche se numerosi furono i fotografi itineranti, che si muovevano con le fiere e nei piccoli villaggi. A causa della mortalità ancora elevata, specialmente quella infantile, vennero prodotte anche immagini che ritraevano neonati o bambini deceduti, immortalati su piccole fotografie racchiuse all'interno di ciondoli come ultimo ricordo. Tutto ciò, evidenzia l’impatto sociologico di questa tecnica nell’ambito delle interazioni sociali, esprimendo nuove modalità di comunicazione. Lo studio di nuovi metodi e la ricerca di materiali per migliorare il processo fotografico non si arrestò. La richiesta sempre pressante di materiali, strumenti e fotografie produsse un nuovo mercato di fabbriche e laboratori specializzati. I laboratori fotografici divennero delle catene di montaggio dove ogni compito era demandato ad un singolo individuo. Una persona si occupava della preparazione delle lastre, che venivano portate al fotografo per l'esposizione e in seguito assegnate ad un altro collaboratore per lo sviluppo. Infine, le lastre erano pronte per il fissaggio conclusivo in un'altra stanza. Erano inoltre presenti delle assistenti per accogliere i clienti e indicar loro la posa più opportuna. Il popolare formato a “cartes de visite” fece nascere la moda dell'album fotografico, dove presero posto i ritratti di famiglia e spesso anche di famosi personaggi dell'epoca. Anche la fotografia paesaggistica fornì elevate quantità di cartoline raffiguranti vedute, monumenti, quartieri o edifici storici da consegnare al turista in visita. Integrandosi con il turismo, e quindi con i viaggi, consentì agli uomini di documentare, condividere e raccontare le proprie esperienze, diventando una nuova ed entusiasmante forma di linguaggio. La necessità di produrre lenti e apparecchiature fotografiche vide la nascita e lo sviluppo di importanti aziende fotografiche, che grazie al loro impegno e sviluppo portarono numerose innovazioni anche nel campo dell'ottica e della fisica. Già nella seconda metà del 1800 furono fondate aziende importanti come la Carl Zeiss, la Agfa, la Leica, la Ilford, la Kodak e la Voigtländer. Le “cartes de visite” e tutte le immagini prodotte in tirature elevate risultavano di bassa qualità a causa della meccanizzazione dell'inquadratura e dello sviluppo. Alcuni laboratori imposero però uno stile estetico più ricercato, producendo ritratti più attenti al carattere del soggetto, utilizzando pose audaci, inquadrature più ravvicinate e illuminazioni studiate. A capo di questi laboratori troviamo solitamente dei pittori, scultori o artisti riconvertiti alla fotografia, che adottarono le tecniche delle arti maggiori anche nel nuovo procedimento. Ambientazioni particolari, drappeggi di velluto e luci soffuse esaltarono il soggetto, e dove non arrivava la scenografia si utilizzò il ritocco della fotografia, ammorbidendo i segni dell'età o cancellando imperfezioni. La tecnica del ritocco è stata sempre un'attività discussa
  • 14. 14 tra chi intende la fotografica come un documento della realtà e chi vuole uno strumento flessibile per migliorare o realizzare la visione artistica del fotografo. Se da un lato la fotografia si adoperò per imitare la pittura, quest'ultima utilizzò sempre più frequentemente il dettaglio prodotto dalle fotografie come studio per la realizzazione dei quadri. L'inizio del nuovo secolo vide la negazione della fotografia come imitazione della pittura, a cui seguì quindi l'abbandono di tutte quelle tecniche che trasformavano l'immagine simulando i tratti del pennello. Il nuovo corso propendeva verso la fotografia pura, diretta, come strumento estetico fine a sé stesso. Nacque quindi nella prima metà del '900 negli Stati Uniti il movimento della Straight Photography*, che invitò i fotografi a scendere nelle strade della gente comune e della classe operaia, ritraendo cantieri, metropoli, cieli drammatici, alla ricerca della forma pura o ripetuta, astratta, estetica comune al cubismo e ai nuovi movimenti artistici derivati. La bolla di inferiorità rispetto alla pittura fu attribuita alla fotografia fin dalla sua prima diffusione. Poteva uno strumento tecnico (chimico/ottico/meccanico) esprimere una sensazione artistica individuale? A parte le posizioni della chiesa: “Voler fissare visioni fuggitive” o ancora: “Confina con il sacrilegio”, la resistenza alla diffusione della fotografia ebbe prevalentemente ragioni economiche e sociali. L'affermazione sociale della media borghesia, nei primi anni dell'800, aveva generato un forte aumento della richiesta di piccoli ritratti in forma di miniature, dipinti ad olio, ceramiche, incisioni; con l'introduzione della fotografia un gran numero di ritrattisti: pittori, incisori, miniaturisti, si trovarono ad un bivio: abbracciare la nuova tecnica o perdere clientela. La resistenza non poteva che farsi sentire. Furono probabilmente i pittori meno apprezzati, che poco avevano da perdere, a sposare la nuova tecnologia del ritratto fotografico. La disputa alimentò se stessa, ma nella sostanza era chiaro che la fotografia avrebbe affiancato la pittura e con essa si sarebbe integrata come dimostrano le ispirazioni reciproche presenti fin dagli esordi. Il tempo delle dispute tra fotografia e pittura era ormai ampiamente alle spalle e la fotografia entrava a pieno titolo nelle collezioni dei musei d'arte moderna e nelle aste d'arte. La fotografia divenne strumento inseparabile del viaggiatore e del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli eventi e i luoghi meno accessibili. I primi fotografi di viaggio dovettero trasportare l'ingombrante attrezzatura necessaria alla produzione di immagini con i primitivi procedimenti al collodio umido. I primi reportage nacquero già nel 1855, quando Roger Fenton trasportò sui campi di battaglia della Crimea un carro trainato da cavalli con tutto l'occorrente per la preparazione e lo sviluppo delle lastre di vetro. Ma non solo la guerra impegnò i fotografi, grazie al lavoro di William Henry Jackson, nel 1888 venne fondata la National Geographic Society, che finanziò numerose spedizioni nel mondo. Molti incarichi vennero affidati dalle istituzioni per la documentazione delle opere d'arte e delle città. Vennero prodotti dei reportage dei sobborghi di Glasgow e di altre città importanti, spesso accompagnate da studi sociologici e di analisi della popolazione. L'Ermanox, una fotocamera con obiettivo da f/2, portato successivamente a f/1.5, permise l'ingresso dei fotografi come Erich Salomon nei salotti e nei palazzi, per ritrarre politici e personaggi famosi. Le fotografie divennero istantanee della vita quotidiana e i fotografi si mescolarono alla gente comune. All'Ermanox si affiancò nel 1932 la Leica, con obiettivo 50mm f/3.5, che introdusse il formato che divenne standard, il 35mm. Questa macchina fu adottata con profitto grazie alla sua maneggevolezza e discrezione da importanti fotografi di reportage come Henri Cartier-Bresson e Walker Evans, oppure artisti come André Kertész. Il flash si trasformò da un incontrollato lampo di magnesio del 1888 in un sistema efficiente e regolabile con il Vacu-Blitz nel 1929, che rese possibile al fotografo lavorare in qualsiasi condizione di luce. *La Straight Photography ("fotografia diretta") è un movimento fotografico che si propone di riprodurre in maniera obiettiva la realtà senza l'ausilio di alcuna implementazione tecnica.
  • 15. 15 Edwin Land brevettò nel 1929 una pellicola per lo sviluppo istantaneo, che permise alla Polaroid di vendere milioni di apparecchi per fotografie auto-sviluppanti. Negli anni 70' inizia anche la produzione della Kodak Instant. Le pellicole di questa fotocamera (anch' esse auto-sviluppanti) a differenza delle Polaroid, erano rettangolari e l'immagine sulla superficie misurava 9 x 6,8 cm. Dopo aver perso una battaglia di brevetti con la Polaroid Corporation, Kodak ha lasciato il business Instant Camera il 9 gennaio 1986. Uno dei pochi fotografi che ha realizzato con questo materiale alcune ricerche fotografiche, è l'italiano Augusto De Luca. Il progresso dell'elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell'acquisizione delle immagini. Nel 1957 Russell Kirsch trasformò una fotografia del figlio in un file attraverso un prototipo di scanner d'immagine. Nel 1972 la Texas Instruments brevettò un progetto di macchina fotografica senza pellicola, utilizzando però alcuni componenti analogici. La prima vera fotografia ottenuta attraverso un processo esclusivamente elettronico fu realizzata nel dicembre 1975 nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson. L'immagine in bianco e nero del viso di un'assistente di laboratorio fu memorizzata su un nastro digitale alla risoluzione di 0.01 Megapixel (10000 pixel), utilizzando il CCD* della Fairchild Imaging. Le altre ricerche sulla fotografia digitale per uso di massa furono rallentate dai continui miglioramenti delle fotocamere a pellicola, che proposero modelli sempre più semplici e comodi da usare, come la Konica C35-AF del 1977, il primo modello di fotocamera totalmente automatica. Solo quando le emulsioni fotografiche non permisero ulteriori miglioramenti e la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo equiparabile, allora l'interesse dei consumatori si trasferì sul nuovo procedimento. Il settore in cui un sensore digitale è stato visto e seguito ben prima che nella classica fotografia reflex amatoriale o professionale, è stata la fotografia astronomica. Il digitale sostituì la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo, che usufruì anche della facilità di trasmissione delle immagini via internet. Inoltre la produzione di un gran numero di compatte digitali totalmente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale, che poté conservare e rivedere le immagini direttamente nella fotocamera. Anche se il digitale è acclamato come una rivoluzione della fotografia, le regole per ottenere i migliori risultati risalgono ai pionieri del XIX secolo, dove era importante una buona esposizione e un'attenta composizione dell'immagine; tuttavia nuove tecniche che tengono conto delle successive elaborazioni fin da prima dello scatto, hanno dato un nuovo afflato a tecniche ben consolidate, rinvigorendo l'interesse dei fotoamatori evoluti e dando potentissimi strumenti a tutti quei professionisti (ed artisti) che svolgono la propria attività gravitando tra la "fotografia pura" e la grafica pittorica. *Il CCD (acronimo dell'inglese Charge-Coupled Device, in italiano DAC, dispositivo ad accoppiamento di carica) consiste in un circuito integrato formato da una riga, o da una griglia, di elementi semiconduttori (photosite) in grado di accumulare una carica elettrica (charge) proporzionale all'intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce. Questi elementi sono accoppiati (coupled) in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico, possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo (device) una sequenza temporizzata d'impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico grazie al quale è possibile ricostruire la matrice dei pixel che compongono l'immagine proiettata sulla superficie del CCD stesso.
  • 16. 16 ALLEGATO 2 Intervista 1, Uomo, 42 anni, Fotografo professionista: 1) Presentati. Chi sei? Mi chiamo ***** ***** e sono un fotografo professionista dal 2000. Ciao ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Giovanni. Va bene, iniziamo pure. 2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? Mi occupo principalmente di fotografia matrimoniale, ma la fotografia è un mondo vasto, chi la pratica non può mai "spegnere" l'occhio fotografico. Il reportage naturalistico mi piace molto, ma non lo pratico professionalmente, mi ci diletto soltanto. 3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? Praticavo già la fotografia analogica (l'ho conosciuta per divertimento, da ragazzino, durante le vacanze, in particolare con la foto su diapositiva) ma è con l'avvento del digitale e in particolare tra il 2000 e il 2001 che l'ho veramente sposata. Dev’ essere stato proprio un bel matrimonio. Sorride. Già, mi ha appassionato perché oltre a ritenerla una stupenda modalità espressiva, rappresenta la grande opportunità di proporre all'osservatore un punto di vista, un racconto della realtà secondo il mio sentire, lasciando spazio poi alle diverse interpretazioni, alle emozioni altrui. 4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? Certo, anzi credo sia il segreto di un buon lavoro: lavorare divertendosi. Io vedo subito dal risultato di un mio servizio se mi sono divertito a realizzarlo. 5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. L'avvento del digitale ha rivoluzionato la fotografia, rendendola accessibile a tutti. Però ha anche impoverito il suo utilizzo, soprattutto perché le compatte o i telefonini con la fotocamera hanno prestazioni imparagonabili a quelle delle macchine evolute. Si è dunque creato uno stacco tra chi la pratica con passione approfondendone gli aspetti più reconditi e chi invece fotografa per documentare, per ricordare, per condividere e ritiene di non aver bisogno di strumenti professionali. 6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? Un’immagine comunica grazie alla fotocomposizione. Ovvero la risposta ad una serie di domande che mi permettono di capire cosa si vuole comunicare con quella foto: Chi è il soggetto? Dove si trovava il fotografo? Da dove proviene la luce? Ci sono elementi geometrici? Come sono posizionati gli oggetti nel riquadro? Qual è lo sfondo? E’ messo a fuoco? Di che colore è? Cosa rende
  • 17. 17 interessante quella foto? Cosa mi trasmette? Il maestro del surrealismo fotografico, Rodney Smith, paragonava la composizione in fotografia al ritmo in musica. Se si dispone di grande ritmo si ha anche un grande senso della composizione. La composizione è un’eredità classica. Cioè, come le cose si collocano nell’ambiente, il loro posto e la loro grandezza, le relazioni tra gli oggetti e le persone, tra il fotografo e il suo soggetto, questi sono tutti elementi di un sentire fortemente classico, e parlano, ci comunicano qualcosa per l’appunto. 7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? Vedo un trend costante di evoluzione tecnologica verso macchine capaci di fotografie in condizioni di scarsa luce, credo riserverà delle sorprese, fino a quando fare una foto di notte sarà facile come farla di giorno. Inoltre ho visto alcune macchine fotografiche che consentono la messa a fuoco "dopo" aver scattato. Nuove frontiere. Dal punto di vista espressivo credo che queste nuove tecnologie potranno portare grandi passi avanti e aprire nuovi spazi e nuove dimensioni.
  • 18. 18 ALLEGATO 3 Intervista 2, Uomo, 30 anni, Fotografo professionista: 1) Presentati. Chi sei? Mi chiamo ******* ****** sono di Padova, ho 30 anni, mi sono laureato in Scultura, all'Accademia di belle Arti di Venezia. Lavoro come insegnante di teatro, attore e regista, scultore, pittore e fotografo. Insomma in ciò che tratta l'arte e tutte le sue forme. Ciao *******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Antonio. Perfetto. Possiamo proseguire. 2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? Principalmente fotografie per spettacoli, pubblicità di gioielli, e anche matrimoni, ma questo ad ambito lavorativo. Direi che se avessi la possibilità di scegliere ed inventare un ambito sarebbe quello emozionale. Non mi piace il termine ormai svenduto di Fotografia artistica, che purtroppo oggi vuol dire tutto e niente. 3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? Diciamo che la passione della fotografia mi è stata trasmessa da mio padre da quando mi ha consegnato una delle sue Minolta per una gita di 1°media (12 anni), e da allora mi ha sempre insegnato come utilizzarla, i trucchi per l'esposizione, i tempi, le aperture, le doppie esposizioni. Forse più che la passione, mi ha trasmesso la tecnica, poi la passione si è sviluppata anche grazie ai miei studi artistici. 4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? E’ possibile, ma con molta fatica e non senza dolore. Credo però che debba esserci prima la passione, poi il lavoro, non il contrario. Per ora, (parlo per la mia esperienza) non è possibile "mangiare" solo con la fotografia, non può essere un mestiere che si improvvisa, sia perché occorre avere una tecnica e una cultura di base, sia per gli elevati costi dell'attrezzatura. Se si vuole parlare di lavoro, occorrono macchine sofisticate e obiettivi professionali. 5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. L'evoluzione secondo me segue il mezzo che si va ad impressionare, lastre, pellicole, pixel. Penso che il passaggio tra analogico e il digitale sia uno tra i punti più importanti, forse perché il più vicino a noi. E’ importante per la diffusione che sta avendo il mezzo fotografico (non so se in meglio o in peggio, sono tanti i pregi e tanti i difetti) ai giorni nostri. A livello dell'impiego penso che ora siamo arrivati ad una assuefazione fotografica, dove tutto viene fotografato facendo così perdere il vero senso della fotografia (forse sto parlando del mio vero senso della fotografia), oppure, un'altra ipotesi, è che lo si sta lentamente trasformando.
  • 19. 19 6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? Una volta un mio amico mi ha detto come critica ad una foto: «Bella, ma cosa volevi trasmettere?». Io credo che una foto NON può essere una bella foto, solamente se segue la tecnica, ma deve avere un messaggio, trasmettere un emozione. Altrimenti si parla di scatto. Un ritratto non può essere definito tale, se non rappresenta la persona. 7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? E’ difficile rispondere a questa domanda. Io non vedo molta differenza tra le tecniche fotografiche di una volta e quelle attuali, secondo me, le basi, le fondamenta, non possono essere modificate. Può migliorare l'attrezzatura fotografica, non la fotografia. Però una bella sfida può essere la visione tridimensionale, ma qui entrerei nella discussione se la 3° dimensione può essere definita fotografia. Io credo di si, ma tutto dipende da come verrebbe affrontata. La differenza sostanziale è: Sarebbe un'aggiunta o un aiuto, a ciò che già si ha, o sarebbe l'evoluzione di un percorso?
  • 20. 20 ALLEGATO 4 Intervista 3, Donna, 17 anni, studentessa liceale, aspirante fotografa: 1) Presentati. Chi sei? Sono ***** ****** ******, una studentessa al penultimo anno di liceo. Ho diversi hobby ma tutti rientranti nella categoria dell'arte. Mi piace disegnare, dipingere, creare oggetti, modellare, sperimentare e soprattutto fotografare. Ciao ***** ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Valentina. Ok. Vai pure con la prossima domanda. 2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? Sono un'aspirante fotografa e non ho un ambito ben preciso. Diciamo che mi interesso di fotografia in generale. Mi piace l'idea di poter fotografare tutto. Fotografare è sinonimo soprattutto di comunicare e dunque potremmo dire, rimanendo sul vago, che mi interesso dell'ambito della comunicazione. 3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? Ho sempre avuto la passione per la fotografia. Da piccola amavo guardare le vecchie foto della mia famiglia e mi divertivo a disporle in ordine cronologico per poter entrare negli anni passati e sentirmi partecipe di quei giorni precedenti alla mia nascita. Amavo scattare tante foto con le indimenticabili macchine fotografiche "usa e getta", mi piaceva caricare con il dito la rotella e poi scattare. Che emozione quando arrivavano le stampe! Essendo una passione da sempre, non riesco ad identificare il "come" sia successo. Credo sia stata pura attrazione, curiosità per quella che allora sembrava una magia: poter bloccare la realtà in un attimo, che durasse una vita. Crescendo ho avuto la mia prima macchina fotografica compatta e da lì ho iniziato a sperimentare, conoscendo col tempo anche macchine più sofisticate e più complesse, come le odierne reflex. Perché mi sono appassionata? Beh, in fondo è come quando ci si innamora: succede perché deve succedere. Rimani affascinato, è come se fosse sempre stato parte di te, diventa quotidianità, piacere, bellezza, meraviglia. 4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? Certo, è possibile coniugare passione e lavoro in questo ambito, ma è molto difficile. La riuscita di ciò è più unica che rara. Spesso, chi ama la fotografia decide di intraprendere quest'arte come lavoro, ma la maggior parte delle volte il lavoro soffoca la passione. Fotografare diventa un dovere, un ordine, e non semplicemente piacere di "disegnare con la luce". Bisognerebbe riuscire a far prevalere sempre la passione. Dunque, secondo me è possibile, ma sarebbe meglio evitare. 5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. La fotografia, così come ogni cosa, si è evoluta nel corso del tempo. Ogni piccolo passo in avanti costituisce un punto saliente nella sua evoluzione. Comunque, credo che sia stato un grande passo il passaggio al digitale, in quanto il digitale non da limiti di quantità e ci si sente ancora più liberi a
  • 21. 21 scattare, anche se il fascino dei rullini e dei negativi, per esempio, non è paragonabile neanche alla più sofisticata macchina moderna. Tuttavia, ogni novità apportata ha avuto e avrà la sua importanza. 6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? Siamo circondati da mezzi di comunicazione di tutti i generi e trascorriamo gran parte del nostro tempo a chiacchierare, ma molto spesso non comunichiamo realmente. Secondo me l'aspetto comunicativo più importante delle immagini sta nel riuscire a dire ciò che le parole non riescono a spiegare. Comunicare un messaggio, un sentimento, un ricordo, un periodo o un evento della propria vita attraverso un gioco di luce, pixel e quant'altro. Una fotografia può raccontare una storia, può emozionarti. Fotografare può avere anche un'altra sfumatura particolare che mi piace particolarmente, ovvero rappresentare. Mi spiego meglio: una semplice fotografia può racchiudere l'intero testo di una canzone o una poesia. E’ come se si ritornasse alle scuole elementari ad "illustrare il testo" del dettato. Le immagini inoltre immortalano momenti che potrai per sempre rivivere un po'. Le immagini parlano e sostituiscono quelle parole che non riusciamo a far venir fuori, soprattutto questa è la loro più grande capacità. 7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia? La fotografia è l'invenzione più bella di sempre, secondo me. Nel corso degli anni l'arte della fotografia si è sviluppata e nel corso della sua evoluzione è diventata sempre più accessibile. Alle origini bisognava lavorare ore ed ore per trasferire l'immagine sul materiale e giorni di lavoro affinché potesse rimanere permanente, oggigiorno, immortalare, è un potere di tutti, è a portata di un telefono cellulare. Giorno dopo giorno la fotografia va avanti, cresce, si perfeziona, e sono certa nel giro di qualche anno diventerà ancora più nitida, perfetta e facile. Ciò renderà più facile l'uso della fotografia tra la gente e non può non essere un fatto positivo. La fotografia è per tutti.
  • 22. 22 ALLEGATO 5 Intervista 4, Donna, 20 anni, studentessa universitaria, aspirante fotografa: 1) Presentati. Chi sei? Mi chiamo ***** ******** ********, ho 20 anni, e attualmente sono studentessa al Graphic Design and Animation di Londra. Ciao ***** ******, per una questione di privacy ti chiamerò con uno pseudonimo. Durante l’intervista sarai Anna. Posso essere Michela? Anna proprio non mi piace. Non cambi mai, eh? Vada pure per Michela! 2) Di quale ambito della fotografia ti interessi? Mi interesso di tutte le tecniche, dal ritratto alla macrofotografia. Mi occupo in generale di Visual Communication, per cui, a parer mio, ogni tipo di fotografia si presta a questo fine, in relazione a ciò che si ha intenzione di comunicare. 3) Quando ti sei appassionato alla fotografia? Come? Perché? Mi appassionai alla fotografia quando mia madre mi insegnò a scattare con una macchina fotografica analogica. Mi ha affascinato il fatto che me la mostrò come un occhio umano del quale però, sei tu, che controlli ogni singola funzione. 4) E' possibile coniugare il lavoro e la passione in questo campo? Se si, come? E’ possibile, ma non sempre facile. Nel mio caso a volte è necessario perché lavoro con le immagini in generale, ma il più delle volte, la passione resta solo un piacevole hobby. 5) Quali sono, a tuo avviso, i punti salienti dell'evoluzione della fotografia? Anche in riferimento al suo diverso impiego nel corso degli anni. Il cambiamento più grande, è sicuramente stato il passaggio dall’ analogico al digitale. L'arrivo del digitale ha aperto il mondo della fotografia a molti più giovani, rendendo il tutto molto più facile e versatile. Con il passaggio al digitale, si è aggiunta la post-produzione (ovvero la modifica digitale delle immagini) che è un bene, solo se usata con parsimonia. Un’eccessiva post-produzione, infatti, può modificare completamente il significato di un’immagine, facendone, quindi, perdere il valore iniziale. 6) Secondo te, qual è l'aspetto più importante della capacità comunicativa delle immagini? Credo che il punto di forza comunicativo delle immagini sia l'autosufficienza delle foto stesse, cioè quando le immagini si spiegano da sole. Proprio per questo, trovo spesso inutile e superfluo dare una descrizione o un titolo ad una foto. Una foto non comunica nulla se hai bisogno di spiegarla. 7) A tuo avviso, quali sono, se ce ne sono, i nuovi orizzonti, le nuove prospettive e le nuove possibilità di sviluppo della fotografia?
  • 23. 23 Questa domanda è molto difficile. Credo che la fotografia abbia raggiunto dei livelli impressionanti, e sinceramente, non sento il bisogno di migliorarla, anche perché a me piace così com’è. Vincenzo Calabrò