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ARISTOTELE
“Maestro di color che sanno”
Parte seconda: la fisica
Che cosa è la fisica
• La fisica per Aristotele è la scienza che studia la
sostanza sensibile. Essa estende i suoi interessi,
ovviamente, anche agli esseri viventi (comprende quella
che oggi chiameremmo biologia), e lo fa in stretta
connessione con la metafisica, la quale è pensata come
scienza che studia il fondamento di tutti gli esseri
(sensibili e sovrasensibili) e i cui risultati pertanto sono
da ritenersi vincolanti anche per lo studio della realtà
naturale. A differenza delle scienze moderne, la fisica
aristotelica, utilizza un metodo osservativo e deduttivo
ma non sperimentale, e non fondato sulla misurazione
dei fenomeni secondo un’ottica matematica. Si tratta
insomma di una scienza qualitativa e non quantitativa.
Prima caratteristica del mondo
fisico: il movimento
• Ciò che salta agli occhi dell’osservatore della realtà naturale,
e che non era sfuggito né ai presocratici né a Platone, è il
fatto che tale sfera della realtà è caratterizzata dal divenire: la
realtà naturale è una realtà in movimento. Aristotele specifica
che cosa significhi da un punto di vista fisico “movimento”.
Esso in generale si qualifica come il passaggio dalla potenza
all’atto, ma a seconda delle diverse categorie di essere cui si
applica prende diversi nomi:
• Secondo la sostanza il movimento è detto generazione e/o
corruzione;
• Secondo la qualità è detto alterazione;
• Secondo la quantità, aumento o diminuzione;
• Secondo il luogo, traslazione o movimento locale;
• (il quando o tempo è già di per sé movimento, così come
l’agire e il patire, mentre la relazione non ammette
movimento).
Il tempo
• Divenire e tempo sono, lo abbiamo già detto,
strettamente legati. La definizione aristotelica
dintempo diverrà presto canonica: esso è la
misura del divenire secondo un prima e un
poi.
• Essendo una misura, presuppone, da un lato gli
oggetti divenienti, dall’altro un’intelligenza
misuratrice, l’anima umana.
• Il tempo ha cioè un aspetto oggettivo (gli oggetti
che mutano) e soggettivo (il soggetto umano
intelligente che misura il divenire).
La causa del movimento
• Ogni movimento ha sempre una causa:
materia e forma sono le cause intrinseche
del divenire, perché la loro esistenza già di
per sé lo implica. Vi è, però, anche un sua
causa esterna già in atto (omne quo
movetur ab alio movetur, principio del
movimento locale), e uno scopo del
divenire che coprono lo spettro della
causa efficiente e finale.
Il movimento locale
• Nell’universo il movimento locale, che è quello la
cui percezione è più immediata e frequente, può
essere rettilineo – il movimento che caratterizza i
corpi nel mondo terrestre – o circolare – il
movimento dei corpi celesti.
• Il movimento rettilineo può essere dal centro del
mondo verso l’esterno, cioè verso l’alto; oppure
dall’esterno verso il centro del mondo, cioè
verso il basso. Vedremo poi come Aristotele
consideri questi luoghi – alto e basso – luoghi
assoluti.
Il luogo (spazio)
• Ma prima di vedere come i luoghi siano assoluti bisogna
capire il senso del concetto di luogo. Per Aristotele il
luogo è ciò che contiene un oggetto senza essere
l’oggetto stesso, ed è immobile (in questo si distingue
dal recipiente, che è un contenitore mobile). La
definizione di luogo è la seguente:
• Primo limite immobile di ciò che è contenente.
• Data questa definizione non esiste il vuoto, perché
sarebbe un luogo senza un oggetto, ma il luogo si
definisce in base al fatto di contenere un oggetto. Quindi
un luogo senza oggetto sarebbe di per sé una
contraddizione.
Gli elementi del mondo e il loro
luogo naturale
• Tutti i corpi materiali sono costituiti da quattro elementi
originari – quelli propri della fisica empedoclea e presocratica
– acqua, aria, terra, e fuoco. In base alla loro composizione
prevalente i corpi hanno una collocazione naturale nello
spazio. La terra è l’elemento più pesante e sta in basso,
l’acqua lo è un po’ meno e si colloca sopra la terra, l’aria è
leggera e sta sopra all’acqua, il fuoco è l’elemento più leggero
e si colloca verso l’esterno o l’alto. Tutti i corpi cosi formati
hanno quindi un movimento naturale verso il loro luogo
naturale, raggiunto il quale essi staranno in quiete.
I quattro elementi sono caratterizzati da alcune qualità primarie:
• Terra – secco e freddo
• Acqua – umido e freddo
• Aria – umido e caldo
• Fuoco – secco e caldo
L’etere o quint’essenza
• Questa composizione riguarda il mondo fisico
che Aristotele chiama sub-lunare perché situato
al di sotto della sfera della Luna, il primo pianeta
del mondo celeste.
• Il mondo celeste è caratterizzato da una diversa
composizione materiale. Non è costituito dai
quattro elementi, ma da una materia speciale,
denominata etere o quint’essenza, incorruttibile
e più perfetta di quella del mondo sublunare, e
suscettibile solo di movimento locale, circolare.
La struttura dell’universo
• L’universo è composto da sfere cristalline concentriche, in cui sono
incastonati i pianeti e le stelle fisse (in questo ordine dall’interno
all’esterno). Per spiegare il movimento dei pianeti, che allo sguardo
che noi diamo alla volta celeste non è mai perfettamente regolare,
Aristotele ha ipotizzato che ogni pianeta sia mosso da più sfere.
Ogni sfera è governata da un’intelligenza (55 in tutto) e il movimento
complessivo è governato dal motore immobile. Gli astronomi
alessandrini ricorreranno al sistema di epicicli e deferenti per
spiegare le irregolarità di movimento dei pianeti.
• Le terra è situata al centro dell’universo, sotto la prima sfera della
luna, con i suoi quattro elementi digradanti verso il centro.
• L’universo nel suo complesso è eterno, unico, finito e perfetto.
La matematica
• Il ruolo della matematica è quello di
misurare i corpi fisici, che posseggono
superfici e volumi. Su questi elementi
indaga la matematica e la geometria. I loro
oggetti di studio (linee, punti,volumi e
numeri) sono ASTRATTI dagli oggetti
naturali per opera della mente umana. I
numeri infatti sono in potenza nelle cose e
in atto nella nostra mente.
L’infinito
• Ciò che è infinito è qualcosa di non
definito, di aperto, e dunque sempre in
potenza. L’atto è la realizzazione completa
e chiusa delle potenzialità, e quindi de-
finisce sempre qualcosa. E’ stabile e
chiuso, l’infinito non può quindi mai essere
in atto.
LA PSICOLOGIA
• La fisica tratta anche degli esseri viventi.
Gli esseri viventi, tutti, sono tali perché
posseggono un’anima. L’anima è ciò che
rende un ente inerte qualcosa di vivente e
di appunto “animato”. Infatti nel De anima
la definizione del principio “animatore”
della materia così suona: “atto primo di un
corpo che ha vita in potenza”.
L’anima: atto primo di corpo che
ha vita in potenza
• “Atto primo” significa la prima attualità, cioè il livello
iniziale di realizzazione di alcune capacità che sono
contenute nella materia, la più basilare delle quali è
appunto il vivere. Poi su tale base interverranno altre
perfezioni, altre caratteristiche (ogni vita realizza infatti
qualche propria specifica qualità), che andranno a
costituire l’identità di quella vita.
• “Il corpo” è la materia, il sostrato sul quale si innesta la
vita.
• “Che ha vita in potenza” significa che quella materia su
cui si innesta la vita è disponibile sin dall’inizio a ricevere
la vita.
Le funzioni dell’anima
• Le attività dell’anima si espletano a vari livelli:
• Il primo è quello vegetativo (anima vegetativa) e implica le
funzioni della nutrizione e della riproduzione. E’ questo il
piano più basso ed elementare della vita, corrispondente a
quello delle piante.
• Il secondo è quello sensitivo (anima sensitiva) ed è
caratterizzato dalle funzioni della sensazione dell’appetizione
e del movimento. Sono questi gli elementi che caratterizzano
la vita degli animali, di quegli esseri cioè che oltre a vivere,
percepiscono la realtà esterna attraverso i sensi, provano
desiderio, hanno una certa volontà e infine si muovono verso
l’oggetto desiderato.
• Il terzo è il livello più alto, posseduto dall’uomo, che si
contraddistingue per l’esercizio della razionalità (anima
intellettiva), che rende in grado i soggetti di conoscere e di
deliberare (cioè di prendere decisioni razionali).
Le funzioni inferiori e superiori
• Le funzioni inferiori possono essere
presenti senza le superiori come nelle
piante (cui manca l’anima sensitiva e
intellettiva) o negli animali (cui manca
l’anima intellettiva), ma laddove vi siano le
superiori, vi sono necessariamente anche
le inferiori: chi possiede l’anima sensitiva,
possiede anche la vegetativa, chi ha
l’anima l’intellettiva, ha pure quella
vegetativa e sensitiva.
La sensazione
• Aristotele, dopo aver affrontato in modo generale l’argomento
anima, procede a caratterizzare le funzioni che risultano più
importanti per definire i tratti dell’essere umano (che è come lo
scopo cui tende la natura, essendo egli ente dotato di ragione e
quindi, situato al vertice del nostro mondo terrestre).
• La sensazione è quella funzione ancora animale, che però risulta
importantissima per definire il primo livello della nostra conoscenza
del mondo. Essa avviene grazie ai nostri sensi (vista, udito, tatto,
olfatto, gusto). I nostri sensi sono POTENZA di ricevere sensazioni,
che passa all’atto nel momento in cui si presenta l’oggetto. I sensi
però non ricevono l’oggetto nella sua materialità, ma solo nella sua
forma. Degli oggetti che conosco i miei sensi non assimilano il loro
essere materiale, ma solo le caratteristiche formali (per esempio
quando sento la superficie di un tavolo, passandovi la mano, il mio
tatto non assimila il legno di cui è fatto il tavolo, ma solo la sua
forma, cioè una o più sue qualità attuali – la solidità, il suo calore
etc..).
Forma e materia della sensazione
I nostri organi sensoriali sono fatti in modo da potersi
rendere uguali agli oggetti percepiti, ma non all’oggetto
intero, bensì alla sua forma. Sono come delle guaine,
dei calchi che in potenza possono prendere qualsiasi
forma, e di volta in volta prendono la forma dell’oggetto
che viene in contatto con loro. E’ come se un qualche
oggetto, un anello con uno stemma per esempio,
imprimesse la sua forma nella cera. La cera
rappresenta i nostri sensi. L’oggetto, l’anello nel nostro
esempio, trasferisce la forma dello stemma alla cera,
ma la cera non riceve tutto l’oggetto, non assimila
l’anello in tutta la sua materia (per esempio l’oro di cui è
fatto), bensì lo accoglie solo nella sua forma esterna
che rimane “stampata” nella cera.
Sensibili propri e comuni
• Ogni senso ha degli oggetti specifici che esso
percepisce in modo esclusivo: il colore, ad
esempio, per la vista, la durezza o il calore per il
tatto, la dolcezza per il gusto etc.. Queste
caratteristiche sono dette “sensibili propri”.
• Vi sono poi dei caratteri degli oggetti che non
sono percepiti da un solo senso, ma con il
concorso di diversi sensi. Tra questi caratteri vi
sono il moto, la quiete, la figura e la grandezza,
che sono detti “sensibili comuni”.
Sensazioni fantasia e memoria
• Di un oggetto, la cui forma noi abbiamo conosciuto
attraverso i sensi, noi ci possiamo costruire un’immagine
attraverso la phantasía (der. di pháinō =mostrare) – la
facoltà di evocare immagini - cosa che ci serve per
rappresentarci l’oggetto che abbiamo conosciuto quando
non l’abbiamo sotto mano e per riconoscerlo quando ci si
ripresenta.
• Quest’ultimo fenomeno è reso possibile dal fatto che le
immagini della fantasia vengono trattenute nella memoria.
La fantasia contiene quindi le forme degli oggetti che
abbiamo conosciuto attraverso i sensi e permette la loro
archiviazione nella memoria. Dal fatto che conosciamo
alcuni oggetti, noi poi possiamo capirne l’utilità, desiderarli
(appetito) e muoverci in loro direzione per appropriarcene
(movimento). Tutto ciò è tipico della vita degli animali e
della parte animale della vita umana.
Dalla sensazione alla fantasia: le prime
tappe del processo conoscitivo
• Fin qui abbiamo visto le prime tappe del
processo attraverso cui l’anima – in questo caso
animale o umana – entra in un rapporto
conoscitivo con la realtà: conosce oggetti che
servono al mantenimento in vita del corpo di cui
l’anima è la vita.
• Infatti, conoscendo, gli animali (e anche gli
uomini) possono sapere ciò che è necessario
per procurarsi cibo, bevande, copertura dalle
intemperie etc.
La vita umana
• Ma questo livello di funzioni sensitive
nell’uomo rappresenta solo una prima
tappa, del processo con cui egli entra in
relazione con la realtà. Infatti l’uomo
possiede una facoltà superiore, quella
intellettiva, che gli consente di raggiungere
un livello più elevato di conoscenza e di
aspirare ad una vita emancipata e liberata
dalle funzioni puramente animali. L’uomo
compie tutto ciò grazie all’anima razionale.
Conoscenza sensibile e intellettiva
L’anima RAZIONALE presiede ai processi della
CONOSCENZA INTELLETTIVA.
Come la conoscenza sensibile riguardava l’assimilazione
delle forme degli oggetti dei sensi o forme sensibili,
la conoscenza intellettiva riguarda l’assimilazione delle
forme intellegibili ossia dei concetti universali.
Se, per esempio, per quel concerne l’oggetto UOMO, la
forma sensibile mi restituisce le sue caratteristiche
fisiche percepibili con i sensi: altezza, magrezza, colore
degli occhi, movimento etc.; la forma intellegibile mi dà il
suo concetto, la sua essenza, cioè l’essere egli un
“animale razionale”.
La forma intellegibile
• Ma come arrivo a questa forma intellegibile?
• 1) Il primo passo è compiuto dalla SENSAZIONE. Dalla
sensazione ricevo le forme sensibili dell’oggetto che voglio
conoscere.
• 2) Il secondo passo è opera della FANTASIA. Attraverso le forme
sensibili la fantasia raccoglie delle immagini dell’oggetto.
• 3) Il terzo passo si deve all’INTELLETTO. Nelle immagini della
fantasia sono contenute IN POTENZA le forme intellegibili, cioè
sono latenti i concetti degli oggetti in questione, cioè la loro
essenza, che va concepita come ciò che descrive nella maniera
migliore e più universale quell’oggetto medesimo e che non è
percepito direttamente dai sensi, ma attraverso una riflessione.
Avere un rapporto concreto e sensibile con molti uomini mi
permette di farmi un’idea generale e universale di che cosa sia
l’uomo, cioè di portare all’ATTO le loro forme intellegibili, i
concetti che sono contenuti in potenza nella fantasia che ha
raccolto le forme sensibili.
Intelletto agente e possibile
• In quest’ultima operazione vi sono all’opera due tipi di facoltà
intellettuali:
• L’intelletto agente è ciò che contiene in atto tutti i concetti e le
forme intellegibili, e che potremmo identificare come il luogo del
sapere perfetto, pienamente realizzato. Questo intelletto agente,
applicandosi alla fantasia, porta all’atto, estrae, le forme intellegibili
latenti nella fantasia stessa. Cioè: l’intelletto agente, riflettendo sulle
forme sensibili, conia i concetti, produce le idee generali e universali
che definiscono l’essenza ultima delle cose.
• L’intelletto possibile riceve queste forme intellegibili come un’altra
tavoletta di cera in cui si imprimono. L’intelletto possibile è la nostra
capacità di conoscere, rappresenta tutte le nostre potenzialità
intellettuali, che senza un sapere preciso rimarrebbero allo stato di
pura potenzialità (come quando si dice che uno studente “ha le
capacità ma non si applica”). Il sapere giunge all’intelletto possibile
che si sta sforzando di capire, dall’intelletto agente che contiene il
sapere delle “cose come stanno veramente”.
L’intelletto agente illumina
l’intelletto possibile
• Proprio nel momento in cui l’intelletto agente ILLUMINA
(Aristotele dice che l’intelletto agente è proprio come la
luce che rende visibili i colori, prima confusi in un grigio
indeterminato) l’intelletto possibile, avviene ciò che
accade quando noi ci accorgiamo di capire un concetto.
E’ questa la fase in cui noi CAPIAMO qualcosa, cioè ci
appropriamo di un concetto, ce lo chiarifichiamo nella
mente, ci si accende la famosa lampadina dei fumetti e
possiamo dire “eureka”!!! (gli psicologi moderni lo
chiamano insight e indicano con questa parola il
momento in cui noi passiamo dalla confusione alla
chiarezza, dalle nebbie al cielo azzurro e luminoso).
Così l’intelletto possibile, illuminato dal sapere
dell’intelletto agente, perviene anch’egli al medesimo
sapere e da intelletto possibile passa a sua volta all’atto.
Che cosa avviene quando ci
appropriamo di un sapere
• Dunque, per riassumere, l’intelletto agente è
quella facoltà che conia un concetto chiaro,
preciso, netto e lo imprime nella nostra capacità
di sapere ossia nell’intelletto possibile, il quale è
come una tavoletta liscia, un quaderno bianco
dove si può scrivere ogni cosa. In tal modo ciò
che possiamo (POTENZA, intelletto possibile)
sapere diventa nostro, diventa sapere vero e
proprio ed effettivo (ATTO, intelletto agente),
quindi un nostro definitivo possesso.
L’intelletto agente e le sue
peculiarità
• Per Aristotele l’intelletto agente è SEPARATO, cioè
rappresenta una parte dell’anima separata da tutto il
resto, la parte migliore, eterna, incorruttibile e immortale
che è responsabile della nostra sapienza e di tutto ciò
che in noi è acquisizione stabile, non soggetta a dubbio
o a confutazione. In quanto si tratta della parte migliore
dell’anima, l’intelletto agente ha precedenza su tutto il
resto di ciò che costituisce la nostra umanità. Come l’atto
viene prima ed è superiore alla potenza, così l’intelletto
agente viene prima ed è superiore all’intelletto possibile,
anche se dal punto di vista di quello che accade in noi
quando cerchiamo di capire qualcosa, vengono
cronologicamente prima lo sforzo e la capacità, dopo il
successo e la realizzazione di ciò che si era capaci di
fare e sapere.
Antropologia aristotelica
• La vita umana ha quindi una sua irriducibile specificità. Essa,
attraverso l’intelletto agente, che rappresenta il vertice delle
facoltà umane, ha in sé un nucleo di eternità e di immortalità che
fa dell’uomo un ente del tutto particolare. Se Platone aveva
parlato apertamente di una immortalità dell’anima, Aristotele,
rielaborando Platone con una sua innegabile originalità, parla
dell’eternità dell’intelletto agente. Il problema è tutto nella sua
separazione. Se cioè l’intelletto agente, pur separato dalle altre
facoltà umane, è un possesso individuale (come voleva
Tommaso d’Aquino), l’uomo in quanto individuo possiede
un’anima immortale; se la sua separazione è più netta, e
individuale è solo l’intelletto possibile (come volevano Alessandro
di Afrodisia e, in particolar modo Averroè, un autorevole
interprete arabo di Aristotele) l’immortalità è solo, diremmo
dell’umanità, e il singolo individuo sarebbe solo destinato a
scomparire come tale e ad annegare nel mare magnum
dell’universale.

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Aristotele fisica

  • 1. ARISTOTELE “Maestro di color che sanno” Parte seconda: la fisica
  • 2. Che cosa è la fisica • La fisica per Aristotele è la scienza che studia la sostanza sensibile. Essa estende i suoi interessi, ovviamente, anche agli esseri viventi (comprende quella che oggi chiameremmo biologia), e lo fa in stretta connessione con la metafisica, la quale è pensata come scienza che studia il fondamento di tutti gli esseri (sensibili e sovrasensibili) e i cui risultati pertanto sono da ritenersi vincolanti anche per lo studio della realtà naturale. A differenza delle scienze moderne, la fisica aristotelica, utilizza un metodo osservativo e deduttivo ma non sperimentale, e non fondato sulla misurazione dei fenomeni secondo un’ottica matematica. Si tratta insomma di una scienza qualitativa e non quantitativa.
  • 3. Prima caratteristica del mondo fisico: il movimento • Ciò che salta agli occhi dell’osservatore della realtà naturale, e che non era sfuggito né ai presocratici né a Platone, è il fatto che tale sfera della realtà è caratterizzata dal divenire: la realtà naturale è una realtà in movimento. Aristotele specifica che cosa significhi da un punto di vista fisico “movimento”. Esso in generale si qualifica come il passaggio dalla potenza all’atto, ma a seconda delle diverse categorie di essere cui si applica prende diversi nomi: • Secondo la sostanza il movimento è detto generazione e/o corruzione; • Secondo la qualità è detto alterazione; • Secondo la quantità, aumento o diminuzione; • Secondo il luogo, traslazione o movimento locale; • (il quando o tempo è già di per sé movimento, così come l’agire e il patire, mentre la relazione non ammette movimento).
  • 4. Il tempo • Divenire e tempo sono, lo abbiamo già detto, strettamente legati. La definizione aristotelica dintempo diverrà presto canonica: esso è la misura del divenire secondo un prima e un poi. • Essendo una misura, presuppone, da un lato gli oggetti divenienti, dall’altro un’intelligenza misuratrice, l’anima umana. • Il tempo ha cioè un aspetto oggettivo (gli oggetti che mutano) e soggettivo (il soggetto umano intelligente che misura il divenire).
  • 5. La causa del movimento • Ogni movimento ha sempre una causa: materia e forma sono le cause intrinseche del divenire, perché la loro esistenza già di per sé lo implica. Vi è, però, anche un sua causa esterna già in atto (omne quo movetur ab alio movetur, principio del movimento locale), e uno scopo del divenire che coprono lo spettro della causa efficiente e finale.
  • 6. Il movimento locale • Nell’universo il movimento locale, che è quello la cui percezione è più immediata e frequente, può essere rettilineo – il movimento che caratterizza i corpi nel mondo terrestre – o circolare – il movimento dei corpi celesti. • Il movimento rettilineo può essere dal centro del mondo verso l’esterno, cioè verso l’alto; oppure dall’esterno verso il centro del mondo, cioè verso il basso. Vedremo poi come Aristotele consideri questi luoghi – alto e basso – luoghi assoluti.
  • 7. Il luogo (spazio) • Ma prima di vedere come i luoghi siano assoluti bisogna capire il senso del concetto di luogo. Per Aristotele il luogo è ciò che contiene un oggetto senza essere l’oggetto stesso, ed è immobile (in questo si distingue dal recipiente, che è un contenitore mobile). La definizione di luogo è la seguente: • Primo limite immobile di ciò che è contenente. • Data questa definizione non esiste il vuoto, perché sarebbe un luogo senza un oggetto, ma il luogo si definisce in base al fatto di contenere un oggetto. Quindi un luogo senza oggetto sarebbe di per sé una contraddizione.
  • 8. Gli elementi del mondo e il loro luogo naturale • Tutti i corpi materiali sono costituiti da quattro elementi originari – quelli propri della fisica empedoclea e presocratica – acqua, aria, terra, e fuoco. In base alla loro composizione prevalente i corpi hanno una collocazione naturale nello spazio. La terra è l’elemento più pesante e sta in basso, l’acqua lo è un po’ meno e si colloca sopra la terra, l’aria è leggera e sta sopra all’acqua, il fuoco è l’elemento più leggero e si colloca verso l’esterno o l’alto. Tutti i corpi cosi formati hanno quindi un movimento naturale verso il loro luogo naturale, raggiunto il quale essi staranno in quiete. I quattro elementi sono caratterizzati da alcune qualità primarie: • Terra – secco e freddo • Acqua – umido e freddo • Aria – umido e caldo • Fuoco – secco e caldo
  • 9. L’etere o quint’essenza • Questa composizione riguarda il mondo fisico che Aristotele chiama sub-lunare perché situato al di sotto della sfera della Luna, il primo pianeta del mondo celeste. • Il mondo celeste è caratterizzato da una diversa composizione materiale. Non è costituito dai quattro elementi, ma da una materia speciale, denominata etere o quint’essenza, incorruttibile e più perfetta di quella del mondo sublunare, e suscettibile solo di movimento locale, circolare.
  • 10. La struttura dell’universo • L’universo è composto da sfere cristalline concentriche, in cui sono incastonati i pianeti e le stelle fisse (in questo ordine dall’interno all’esterno). Per spiegare il movimento dei pianeti, che allo sguardo che noi diamo alla volta celeste non è mai perfettamente regolare, Aristotele ha ipotizzato che ogni pianeta sia mosso da più sfere. Ogni sfera è governata da un’intelligenza (55 in tutto) e il movimento complessivo è governato dal motore immobile. Gli astronomi alessandrini ricorreranno al sistema di epicicli e deferenti per spiegare le irregolarità di movimento dei pianeti. • Le terra è situata al centro dell’universo, sotto la prima sfera della luna, con i suoi quattro elementi digradanti verso il centro. • L’universo nel suo complesso è eterno, unico, finito e perfetto.
  • 11. La matematica • Il ruolo della matematica è quello di misurare i corpi fisici, che posseggono superfici e volumi. Su questi elementi indaga la matematica e la geometria. I loro oggetti di studio (linee, punti,volumi e numeri) sono ASTRATTI dagli oggetti naturali per opera della mente umana. I numeri infatti sono in potenza nelle cose e in atto nella nostra mente.
  • 12. L’infinito • Ciò che è infinito è qualcosa di non definito, di aperto, e dunque sempre in potenza. L’atto è la realizzazione completa e chiusa delle potenzialità, e quindi de- finisce sempre qualcosa. E’ stabile e chiuso, l’infinito non può quindi mai essere in atto.
  • 13. LA PSICOLOGIA • La fisica tratta anche degli esseri viventi. Gli esseri viventi, tutti, sono tali perché posseggono un’anima. L’anima è ciò che rende un ente inerte qualcosa di vivente e di appunto “animato”. Infatti nel De anima la definizione del principio “animatore” della materia così suona: “atto primo di un corpo che ha vita in potenza”.
  • 14. L’anima: atto primo di corpo che ha vita in potenza • “Atto primo” significa la prima attualità, cioè il livello iniziale di realizzazione di alcune capacità che sono contenute nella materia, la più basilare delle quali è appunto il vivere. Poi su tale base interverranno altre perfezioni, altre caratteristiche (ogni vita realizza infatti qualche propria specifica qualità), che andranno a costituire l’identità di quella vita. • “Il corpo” è la materia, il sostrato sul quale si innesta la vita. • “Che ha vita in potenza” significa che quella materia su cui si innesta la vita è disponibile sin dall’inizio a ricevere la vita.
  • 15. Le funzioni dell’anima • Le attività dell’anima si espletano a vari livelli: • Il primo è quello vegetativo (anima vegetativa) e implica le funzioni della nutrizione e della riproduzione. E’ questo il piano più basso ed elementare della vita, corrispondente a quello delle piante. • Il secondo è quello sensitivo (anima sensitiva) ed è caratterizzato dalle funzioni della sensazione dell’appetizione e del movimento. Sono questi gli elementi che caratterizzano la vita degli animali, di quegli esseri cioè che oltre a vivere, percepiscono la realtà esterna attraverso i sensi, provano desiderio, hanno una certa volontà e infine si muovono verso l’oggetto desiderato. • Il terzo è il livello più alto, posseduto dall’uomo, che si contraddistingue per l’esercizio della razionalità (anima intellettiva), che rende in grado i soggetti di conoscere e di deliberare (cioè di prendere decisioni razionali).
  • 16. Le funzioni inferiori e superiori • Le funzioni inferiori possono essere presenti senza le superiori come nelle piante (cui manca l’anima sensitiva e intellettiva) o negli animali (cui manca l’anima intellettiva), ma laddove vi siano le superiori, vi sono necessariamente anche le inferiori: chi possiede l’anima sensitiva, possiede anche la vegetativa, chi ha l’anima l’intellettiva, ha pure quella vegetativa e sensitiva.
  • 17. La sensazione • Aristotele, dopo aver affrontato in modo generale l’argomento anima, procede a caratterizzare le funzioni che risultano più importanti per definire i tratti dell’essere umano (che è come lo scopo cui tende la natura, essendo egli ente dotato di ragione e quindi, situato al vertice del nostro mondo terrestre). • La sensazione è quella funzione ancora animale, che però risulta importantissima per definire il primo livello della nostra conoscenza del mondo. Essa avviene grazie ai nostri sensi (vista, udito, tatto, olfatto, gusto). I nostri sensi sono POTENZA di ricevere sensazioni, che passa all’atto nel momento in cui si presenta l’oggetto. I sensi però non ricevono l’oggetto nella sua materialità, ma solo nella sua forma. Degli oggetti che conosco i miei sensi non assimilano il loro essere materiale, ma solo le caratteristiche formali (per esempio quando sento la superficie di un tavolo, passandovi la mano, il mio tatto non assimila il legno di cui è fatto il tavolo, ma solo la sua forma, cioè una o più sue qualità attuali – la solidità, il suo calore etc..).
  • 18. Forma e materia della sensazione I nostri organi sensoriali sono fatti in modo da potersi rendere uguali agli oggetti percepiti, ma non all’oggetto intero, bensì alla sua forma. Sono come delle guaine, dei calchi che in potenza possono prendere qualsiasi forma, e di volta in volta prendono la forma dell’oggetto che viene in contatto con loro. E’ come se un qualche oggetto, un anello con uno stemma per esempio, imprimesse la sua forma nella cera. La cera rappresenta i nostri sensi. L’oggetto, l’anello nel nostro esempio, trasferisce la forma dello stemma alla cera, ma la cera non riceve tutto l’oggetto, non assimila l’anello in tutta la sua materia (per esempio l’oro di cui è fatto), bensì lo accoglie solo nella sua forma esterna che rimane “stampata” nella cera.
  • 19. Sensibili propri e comuni • Ogni senso ha degli oggetti specifici che esso percepisce in modo esclusivo: il colore, ad esempio, per la vista, la durezza o il calore per il tatto, la dolcezza per il gusto etc.. Queste caratteristiche sono dette “sensibili propri”. • Vi sono poi dei caratteri degli oggetti che non sono percepiti da un solo senso, ma con il concorso di diversi sensi. Tra questi caratteri vi sono il moto, la quiete, la figura e la grandezza, che sono detti “sensibili comuni”.
  • 20. Sensazioni fantasia e memoria • Di un oggetto, la cui forma noi abbiamo conosciuto attraverso i sensi, noi ci possiamo costruire un’immagine attraverso la phantasía (der. di pháinō =mostrare) – la facoltà di evocare immagini - cosa che ci serve per rappresentarci l’oggetto che abbiamo conosciuto quando non l’abbiamo sotto mano e per riconoscerlo quando ci si ripresenta. • Quest’ultimo fenomeno è reso possibile dal fatto che le immagini della fantasia vengono trattenute nella memoria. La fantasia contiene quindi le forme degli oggetti che abbiamo conosciuto attraverso i sensi e permette la loro archiviazione nella memoria. Dal fatto che conosciamo alcuni oggetti, noi poi possiamo capirne l’utilità, desiderarli (appetito) e muoverci in loro direzione per appropriarcene (movimento). Tutto ciò è tipico della vita degli animali e della parte animale della vita umana.
  • 21. Dalla sensazione alla fantasia: le prime tappe del processo conoscitivo • Fin qui abbiamo visto le prime tappe del processo attraverso cui l’anima – in questo caso animale o umana – entra in un rapporto conoscitivo con la realtà: conosce oggetti che servono al mantenimento in vita del corpo di cui l’anima è la vita. • Infatti, conoscendo, gli animali (e anche gli uomini) possono sapere ciò che è necessario per procurarsi cibo, bevande, copertura dalle intemperie etc.
  • 22. La vita umana • Ma questo livello di funzioni sensitive nell’uomo rappresenta solo una prima tappa, del processo con cui egli entra in relazione con la realtà. Infatti l’uomo possiede una facoltà superiore, quella intellettiva, che gli consente di raggiungere un livello più elevato di conoscenza e di aspirare ad una vita emancipata e liberata dalle funzioni puramente animali. L’uomo compie tutto ciò grazie all’anima razionale.
  • 23. Conoscenza sensibile e intellettiva L’anima RAZIONALE presiede ai processi della CONOSCENZA INTELLETTIVA. Come la conoscenza sensibile riguardava l’assimilazione delle forme degli oggetti dei sensi o forme sensibili, la conoscenza intellettiva riguarda l’assimilazione delle forme intellegibili ossia dei concetti universali. Se, per esempio, per quel concerne l’oggetto UOMO, la forma sensibile mi restituisce le sue caratteristiche fisiche percepibili con i sensi: altezza, magrezza, colore degli occhi, movimento etc.; la forma intellegibile mi dà il suo concetto, la sua essenza, cioè l’essere egli un “animale razionale”.
  • 24. La forma intellegibile • Ma come arrivo a questa forma intellegibile? • 1) Il primo passo è compiuto dalla SENSAZIONE. Dalla sensazione ricevo le forme sensibili dell’oggetto che voglio conoscere. • 2) Il secondo passo è opera della FANTASIA. Attraverso le forme sensibili la fantasia raccoglie delle immagini dell’oggetto. • 3) Il terzo passo si deve all’INTELLETTO. Nelle immagini della fantasia sono contenute IN POTENZA le forme intellegibili, cioè sono latenti i concetti degli oggetti in questione, cioè la loro essenza, che va concepita come ciò che descrive nella maniera migliore e più universale quell’oggetto medesimo e che non è percepito direttamente dai sensi, ma attraverso una riflessione. Avere un rapporto concreto e sensibile con molti uomini mi permette di farmi un’idea generale e universale di che cosa sia l’uomo, cioè di portare all’ATTO le loro forme intellegibili, i concetti che sono contenuti in potenza nella fantasia che ha raccolto le forme sensibili.
  • 25. Intelletto agente e possibile • In quest’ultima operazione vi sono all’opera due tipi di facoltà intellettuali: • L’intelletto agente è ciò che contiene in atto tutti i concetti e le forme intellegibili, e che potremmo identificare come il luogo del sapere perfetto, pienamente realizzato. Questo intelletto agente, applicandosi alla fantasia, porta all’atto, estrae, le forme intellegibili latenti nella fantasia stessa. Cioè: l’intelletto agente, riflettendo sulle forme sensibili, conia i concetti, produce le idee generali e universali che definiscono l’essenza ultima delle cose. • L’intelletto possibile riceve queste forme intellegibili come un’altra tavoletta di cera in cui si imprimono. L’intelletto possibile è la nostra capacità di conoscere, rappresenta tutte le nostre potenzialità intellettuali, che senza un sapere preciso rimarrebbero allo stato di pura potenzialità (come quando si dice che uno studente “ha le capacità ma non si applica”). Il sapere giunge all’intelletto possibile che si sta sforzando di capire, dall’intelletto agente che contiene il sapere delle “cose come stanno veramente”.
  • 26. L’intelletto agente illumina l’intelletto possibile • Proprio nel momento in cui l’intelletto agente ILLUMINA (Aristotele dice che l’intelletto agente è proprio come la luce che rende visibili i colori, prima confusi in un grigio indeterminato) l’intelletto possibile, avviene ciò che accade quando noi ci accorgiamo di capire un concetto. E’ questa la fase in cui noi CAPIAMO qualcosa, cioè ci appropriamo di un concetto, ce lo chiarifichiamo nella mente, ci si accende la famosa lampadina dei fumetti e possiamo dire “eureka”!!! (gli psicologi moderni lo chiamano insight e indicano con questa parola il momento in cui noi passiamo dalla confusione alla chiarezza, dalle nebbie al cielo azzurro e luminoso). Così l’intelletto possibile, illuminato dal sapere dell’intelletto agente, perviene anch’egli al medesimo sapere e da intelletto possibile passa a sua volta all’atto.
  • 27. Che cosa avviene quando ci appropriamo di un sapere • Dunque, per riassumere, l’intelletto agente è quella facoltà che conia un concetto chiaro, preciso, netto e lo imprime nella nostra capacità di sapere ossia nell’intelletto possibile, il quale è come una tavoletta liscia, un quaderno bianco dove si può scrivere ogni cosa. In tal modo ciò che possiamo (POTENZA, intelletto possibile) sapere diventa nostro, diventa sapere vero e proprio ed effettivo (ATTO, intelletto agente), quindi un nostro definitivo possesso.
  • 28. L’intelletto agente e le sue peculiarità • Per Aristotele l’intelletto agente è SEPARATO, cioè rappresenta una parte dell’anima separata da tutto il resto, la parte migliore, eterna, incorruttibile e immortale che è responsabile della nostra sapienza e di tutto ciò che in noi è acquisizione stabile, non soggetta a dubbio o a confutazione. In quanto si tratta della parte migliore dell’anima, l’intelletto agente ha precedenza su tutto il resto di ciò che costituisce la nostra umanità. Come l’atto viene prima ed è superiore alla potenza, così l’intelletto agente viene prima ed è superiore all’intelletto possibile, anche se dal punto di vista di quello che accade in noi quando cerchiamo di capire qualcosa, vengono cronologicamente prima lo sforzo e la capacità, dopo il successo e la realizzazione di ciò che si era capaci di fare e sapere.
  • 29. Antropologia aristotelica • La vita umana ha quindi una sua irriducibile specificità. Essa, attraverso l’intelletto agente, che rappresenta il vertice delle facoltà umane, ha in sé un nucleo di eternità e di immortalità che fa dell’uomo un ente del tutto particolare. Se Platone aveva parlato apertamente di una immortalità dell’anima, Aristotele, rielaborando Platone con una sua innegabile originalità, parla dell’eternità dell’intelletto agente. Il problema è tutto nella sua separazione. Se cioè l’intelletto agente, pur separato dalle altre facoltà umane, è un possesso individuale (come voleva Tommaso d’Aquino), l’uomo in quanto individuo possiede un’anima immortale; se la sua separazione è più netta, e individuale è solo l’intelletto possibile (come volevano Alessandro di Afrodisia e, in particolar modo Averroè, un autorevole interprete arabo di Aristotele) l’immortalità è solo, diremmo dell’umanità, e il singolo individuo sarebbe solo destinato a scomparire come tale e ad annegare nel mare magnum dell’universale.