2. Il Pensiero Medievale: livelli di conoscenza e consapevolezza
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 1
• Livello mass-mediatico: Medioevo «epoca oscura e di barbarie»
• Livello didattico: poco spazio allo studio del Pensiero Medievale a
(Licei e scuole con insegnamento di filosofia)
• Livello scientifico: spazi ampi e diversificati
– Ambito cronologico
– Ambito disciplinare
– Tematiche specifiche
– Autori specifici
– Ecc.
3. Convezioni
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 2
• "Medioevo“: periodo che va dal 500 al 1500 d.C.
convenzione stabilita in epoca moderna
• Medioevo è considerato l'età di mezzo tra l'Antichità e l'Età moderna,
un periodo convenzionalmente posto tra due eventi politici:
– la caduta dell‘Impero romano d'Occidente (476, deposizione di Romolo
Augustolo)
– la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi (vittoria di Maometto II su
Costantino XI Dragases, 1453).
• La natura stessa di questi eventi mostra che la comprensione
tradizionale del periodo medievale è incentrata, consciamente o
inconsciamente, sulla romanità = Occidente(come per la Storia
antica e Moderna, e per le corrispondenti Storie della Filosofia)
▼
Il Medioevo è il tempo che l‘Impero romano d'Oriente, e per suo tramite
l'impero romano tout court, ha impiegato a morire
4. Pre-giudizio localistico
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Costantinopoli tuttavia non ha mai avuto un ruolo centrale nella storia
del Medioevo: lo storico sposa spontaneamente il punto di vista di un
romano d'Occidente sui romani d'Oriente.
– La presa di Costantinopoli segna la fine del Medioevo occidentale
– La storia dell'impero romano d'Oriente non fa parte della storia occidentale
• Due contrapposizioni Oriente-Occidente si sovrappongono così
nella «nostra» percezione del Medioevo:
– da una parte la contrapposizione tra i due Imperi, le due romanità;
– dall'altra la contrapposizione tra le due Chiese, i due cristianesimi.
• Ciò a tutto vantaggio della parte occidentale:
La visione del Medioevo si confonde con ciò che viene chiamato
l'«Occidente cristiano»
Il Medioevo viene in tal modo requisito a vantaggio di uno stesso
gruppo: gli Occidentali cristiani o i Cristiani occidentali
5. Pre-giudizi cronologici
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• Vi sono state spesso dispute sui limiti cronologici, dispute che
risentono di pregiudizi culturali e ideologici
Tali pregiudizi negli ultimi secoli hanno creato lo stereotipo di un
medioevo come età compattamente unitaria da un punto di vista
culturale e politico.
• Tali pregiudizi possono dirigersi
– da una parte in senso dispregiativo, ossia screditare il pensiero medievale
quale espressione di una civiltà inferiore.
– dall’altra in senso celebrativo, ossia esaltare il pensiero medievale come
portatore di una grande civiltà oppure come depositario sul piano dottrinale
della verità perenne.
6. Epoca Medievale: Mutamenti
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• la caduta dell'Impero romano con la separazione dell'Impero d'Oriente a
Bisanzio;
• la formazione dei regni romano-barbarici;
• il passaggio dall'economia latifondistica del tardo impero romano al feudalesimo
dei regni romano-barbarici e poi nazionali
• la rinascita dell'impero ad opera di Carlo Magno nel IX secolo;
• la diffusione del cristianesimo;
• la nascita della religione islamica nel VII sec.;
• l'evoluzione istituzionale della Chiesa come centro di potere politico;
• il conflitto con tra autorità spirituale e potere temporale a partire dal X secolo;
• la rinascita demografica, economica e politica dopo il Mille;
• il movimento comunale nelle città e lo sviluppo dell'economia monetaria,
mercantilistica e pre-capitalistica;
• le lotte contro l'Islam per il predominio nel Mediterraneo;
• la formazione degli Stati nazionali
• mutamenti linguistici: evoluzione dal basso latino verso le lingue romanze
7. Epoca Medievale: Pluralità
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• La mentalità dell'Europa medievale porta dunque come eredità
irrinunciabile una certa pluralità
la filosofia medievale non è, come affermava una tradizione
storiografica oggi definitivamente sorpassata, un periodo di oscura e
impoverita ripetizione del pensiero classico, ma un'epoca di profonde
trasformazioni che, avviate lentamente nei secoli dell'alto Medioevo,
assunsero un ritmo incalzante a partire dal XII secolo
• Dal XII secolo il movimento delle traduzioni determinò il primo ampio
contatto culturale con le altre civiltà mediterranee:
– quella di lingua greca (l'Impero d'Oriente)
– quella di lingua araba .
• D’altronde i contatti col mondo bizantino non si erano mai interrotti
completamente, intensificandosi all'epoca dell'Impero carolingio,
quando il recupero culturale della tradizione antica cercò di prendere
come modello le forme in cui essa si era conservata nell'Impero
d'Oriente.
8. Elementi differenzianti: i “paradigmi”
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• C'è più di un Medioevo, a seconda di:
– tradizioni linguistiche e letterarie
– fattori politico/militari
– elementi socio/economici
– convizioni spirituali e religiose
↓
Vari modi in cui l'uomo si rapporta col mondo
↓
Si parla oggi di "paradigmi" medievali, attraverso la considerazione
dell'interagire
• dei fattori di accrescimento disciplinare interno (in ambito teologico,
filosofico e scientifico)
• dei fattori legati al contesto storico complessivo
9. Convegno internazionale “Il paradigma medievale” (2005)
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10. Postulati critici
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1. Determinazione del paradigma
2. Valutazione dei fattori ad esso appartenenti
▼
la filosofia medievale si sviluppa all'interno delle «possibilità
paradigmatiche» della sua epoca storica
▼
1. è pertanto infruttuoso cercare di definirla sulla base di paradigmi
“esterni”, ad esempio su ciò che si intende per "filosofia" nell'Età
Moderna,
2. è d’altronde possibile ed estremamente utile studiare che cosa si
intendeva con il termine "filosofia" nel corso del Medioevo,
valutandone apporti, stratificazioni, acquisizioni, ecc.
11. Elementi unificanti
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• Senza assumere un atteggiamento denigratorio oppure, viceversa,
apologetico, si possono comunque cogliere elementi comuni della
civiltà che va dal VI al XIV o XV secolo.
• Il comune denominatore che fa parlare di medioevo e di pensiero
medievale è dato da una cultura che per un intero millennio vede
l'egemonia (anche se non il dominio assoluto), nell'elaborazione
dottrinale, dei maestri delle scuole, dapprima monastiche, poi
cattedrali cioè vescovili, quindi universitarie.
Mezzo: Queste scholae, nella massima parte, operano sotto il
controllo oppure sono diretta espressione della chiesa cattolica,
costituita dal pontefice, i vescovi, i monaci e i laici
Fine: Il pensiero medievale, a causa delle sue radici religiose
(verità di fede), tende al “disvelamento” di una verità già data
• Soprattutto a partire dal XII secolo studi di logica, di fisica, di medicina,
assumono una forte consistenza autonoma.
Il monopolio ecclesiastico della cultura non è totale, anche se
rimane egemonica la posizione della chiesa pure nel basso medioevo.
12. Unità nella diversità
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• Il cosiddetto mondo medievale non è comunque una unità statica e
immutabile:
– priva di disomogeneità in senso sincronico
– priva di discontinuità in senso diacronico:
• Le esperienze intellettuali, religiose, etico politiche, scientifiche, si
differenziano nei vari ambienti ed aree geografiche e si evolvono
nel tempo, parallelamente all'evolversi delle condizioni storiche
complessive: economiche, sociali e politiche.
– Le cosiddette rinascite culturali e intellettuali che molti storici hanno
individuato in vari periodi della storia medievale (in particolare nel IX, XI, XII,
XIII secolo), sono l'espressione di momenti fortemente evolutivi nella civiltà
dell'occidente latino.
• Con la trasformazione delle condizioni economiche e sociali e con
l'afflusso di nuove conoscenze dal mondo arabo, il pensiero medievale
a mano a mano si articola in ambiti sempre più specialistici.
Rimane sempre un intreccio profondo tra teologia e filosofia
13. Autorità ed interpretazione
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• In tutte le età sono importanti le fonti, cioè gli autori e i testi ai quali un
pensatore si ispira, ma sono più importanti che mai per il medioevo, età
che aborrisce le novità: la novitas non è un valore. La verità è già
data nei testi autorevoli ricevuti dalla tradizione:
– Bibbia, Padri, Autori ecclesiastici per le verità basilari
– Filosofi per le verità più basse nella gerarchia del sapere, le discipline
profane.
• Il Medioevo quindi si configura come una civiltà ermeneutica: il
pensatore medievale vuole essere soprattutto espositore,
commentatore, chiarificatore di contenuti già dati, anche se poi, di fatto,
ci mette spesso molto di suo, soprattutto dal ’300, quando le questioni
tradizionali vengono sommerse da tematiche completamente nuove.
• Il pensatore medievale, interpretando, in qualche modo innova:
volendo contraddire un autore considerato degno di rispetto, si può
arrivare a stravolgere o addirittura rovesciare il significato di formule
presenti nelle sue opere (cf. Abelardo, Sic et non).
14. Gilson: La fede religiosa alla base della ragione filosofica
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 13
• Si possono cogliere elementi comuni e unificanti della civiltà che va
grosso modo dal VI al XV secolo, senza con ciò assumere un
atteggiamento denigratorio oppure, viceversa, apologetico.
• Innanzitutto il pensiero medievale, a causa delle sue radici religiose
(verità di fede), tende a una sapienza unitaria
– Le verità di fede (= dogmi del cristianesimo) è il “contenitore grezzo” dal
quale si devono e si possono trarre i presupposti delle successive
elaborazioni filosofiche:
Se è vero che possedere la religione è avere tutto il resto, bisogna
dimostrarlo
(Gilson, La nozione di filosofia cristiana, in Lo spirito della filosofia medievale,
pp. 31-32)
• Il cristianesimo appare la venuta per vie non filosofiche di verità
filosofiche (ibid., p. 33)
15. Gilson: La «carta eterna dell’umanesimo cristiano»
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 14
Gesù Cristo è il Verbo, e il Verbo è Dio; ora, è detto nel Vangelo che il
Verbo illumina ogni uomo che viene in questo mondo; risulta dunque da
ciò che si deve ammettere, sulla fede di Dio stesso, una rivelazione
naturale del Verbo, universale e anteriore a quella che si è prodotta
quando, facendosi carne, egli è venuto ad abitare tra noi. D'altra parte,
poiché il Verbo è il Cristo, tutti gli uomini hanno partecipato alla luce del
Cristo, partecipando a quella del Verbo. Quelli che vissero secondo il
Verbo, siano essi stati pagani o ebrei, sono dunque stati cristiani quasi
per definizione, mentre coloro che vissero nell'errore e nel vizio, ossia
contrariamente a ciò che loro insegnava la luce del Verbo, furono veri
nemici del Cristo, ancor prima della sua venuta.
• (Gilson, La nozione di filosofia cristiana, in Lo spirito della filosofia
medievale, p. 35)
16. Gilson: Fides quaerens intellectum
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• È lo sforzo della verità creduta per diventare verità saputa: la formula
biblica (Isaia) nisi credideritis non intelligetis diventa l’adagio
agostiniano e poi di tutta la tradizione medievale del fides quaerens
intellectum
• Il corpo delle verità razionali che questo sforzo consegna è la
filosofia cristiana (Gilson, ibid., p. 42)
▼
• In quanto tale, la fede basta a se stessa, ma essa vuole, essa aspira a
trasformarsi in una comprensione del suo proprio contenuto
• Epistemicamente è il passaggio da una convinzione intima ad un
sapere scientifico, da una verità soggettiva ad una oggettiva, che
non scalfisce la prima ma la consolida
17. Gilson: Il cammino della conoscenza
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 16
• Da qui una gerarchia dei modi della conoscenza, tradizionale in tutto
il pensiero medievale:
– Fede
– Intelligenza
– Visione di Dio
• Gerarchia che, dinamicamente, esprime il cammino stesso del cristiano
nella strada della salvezza:
– inizia nella fede
– si irrobustisce e si corrobora nella conoscenza
– termina plenariamente nella comunione con Dio
▼
• Il cristiano pertanto opera una scelta preliminare nel contesto delle
problematiche filosofiche: egli in altre parole si interessa
principalmente a ciò che gli può valere per la condotta della sua vita
religiosa: esistenza e natura di Dio, natura, origine e destino
dell’anima,
18. Beierwaltes: Codeterminazione di filosofia e teologia
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 17
• Nella sua Introduzione a Platonismo nel Cristianesimo e a
Platonismo cristiano di Von Ivanka, Werner Beierwaltes sottolinea
che:
Può valere come criterio ermeneutico di fondo la tesi che né la riutilizzazione,
né la trasformazione di una specifica terminologia filosofica, di una
problematica, di una tematica o di un metodo da parte della teologia, possano
essere comprese come un’operazione puramente formale: interessata è… in
mode essenziale anche la cosa che deve venir afferrata o chiarita. Essa risulta
influenzata dall'intenzione filosofica che viene alla parola nel linguaggio e
così assorbe e porta al suo seguito tutta un'infinita varietà di possibili
associazioni filosofiche: così anche il procedimento della ricezione e della
trasformazione, nel corso del tempo, di filosofemi greci in seno alla teologia
cristiana non è riducibile ad un problema «linguistico» per cui concetti,
immagini e metafore provenienti dalla filosofia greca … sarebbero stati utilizzati
soltanto «esteriormente» … e non avrebbero portato con sé nulla del loro
contenuto originario. … al contrario … la terminologia e la metaforica
filosofiche non sono soltanto ornamenti senza importanza di un pensiero
completamente differente, ma chiare tracce di una sostanziale
codeterminazione della cosa teologica stessa
19. Beierwaltes: Nesso dialettico tra filosofia e teologia
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 18
• Beierwaltes espone a proposito una tesi, in virtù della quale all’interno
del cristianesimo tra vige un nesso “dialettico” tra filosofia e teologia.
Il nesso tra filosofia e teologia cristiana nel corso della storia è stato un
nesso dialettico - e tale esso può esserlo anche oggi. Per «dialettico»
si intende il movimento di un pensiero definentesi e determinantesi
nella relazione reciproca tra due poli e tale da far divenire filosofia e
teologia comprensibili appunto non semplicemente come opposti che si
escludono a vicenda - come avverrebbe invece per fede e sapere,
autorità e ragione, storia e libertà, rivelazione e libera riflessione;
filosofia e teologia sono piuttosto due elementi differenziantisi
nell'ambito di un'unica domanda sul concetto, l'essenza e l'opera
di Dio e sulle questioni connesse con queste, o, almeno, filosofia e
teologia si intersecano a causa dei vari aspetti di quest'unica
domanda. Entrambe - e dialettica significa anche questo - sono in
certo modo un'unità nella differenza, entrambe sono coinvolte in una
disputa produttiva senza che una conciliazione definitiva o una definitiva
scissione debbano risultarne
20. Beierwaltes: Relazione necessaria tra filosofia e teologia
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 19
• Vi è quindi, secondo lo studioso tedesco, una sorta di relazione necessaria tra
filosofia e teologia. Egli ne parla in questi termini:
… la teologia necessita della filosofia in quanto costituisce la forma in cui
essa esercita la sua riflessione concettuale, la filosofia forgia inoltre il
fondamento strutturale della teologia dato che gli stessi temi teologici centrali
ne implicano l'esercizio; e la filosofia necessita della teologia nella misura in cui
non desidera sottrarsi con sufficienza … a questioni per essa centrali fin dai
suoi inizi, e relative all'assoluto, all'essere stesso, a Dio come pienezza di
essere e pensiero.
Forma in cui si esercita la riflessione concettuale
Teologia Filosofia
Fondamento strutturale su tematiche fondamentali
Relazione necessaria
• Lo studioso tedesco, respingendo la tesi del Dörrie che affermava la formalità e
l’insostanzialità contenutistica nell’utilizzo di teorie platoniche da parte dei
pensatori cristiani, dichiara come si sia instaurata una “reazione dialettica” tra
filosofia greca e teologia cristiana tale da autorizzare quest’ultima «a
rendere comprensibili mediante filosofemi determinate concezioni
autenticamente teologiche».
21. Gli aspetti fondamentali della dialettica tra fede e filosofia (I)
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 20
Vanno quindi sottolineati i tre aspetti fondamentali di questa dialettica della
recezione:
1. Irriducibilità/imprescindibilità del dato di fede di partenza
Il significato centrale storico-salvifico della teologia cristiana non può
essere in nessun senso compreso in modo adeguato attraverso il
sistema categoriale del pensiero e del linguaggio filosofico.
2. Necessità, immanente e transitiva, del processo dialettico di
osmosi tra dato di fede e riflessività concettuale
Gli antichi teologi, se volevano rendere comprensibile a se stessi il
significato della Parola, e se volevano renderlo comunicabile, in modo
apologetico o kerigmatico, od anche solo accettabile al loro tempo, non
potevano far altro, conformemente ai loro presupposti metodologici ed
oggettivi, che interpretare la Parola delta Scrittura nel patrimonio
concettuale del tempo.
22. Gli aspetti fondamentali della dialettica tra fede e filosofia (II)
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 21
3. Superamento o trasformazione creativa dei dati di partenza verso
una nuova e più compiuta forma di comprensione degli stessi
Questo processo, che si compie nei primi secoli della patristica greco-
latina, deve essere interpretato come una recezione trasformativa, la
quale, proprio per la diversità degli orizzonti di ciò che recepisce e di ciò
che viene recepito, porta alla luce una nuova forma di pensiero mai
raggiungibile nei rispettivi singoli orizzonti. Con ciò, non solo il
pensiero filosofico, ma anche la Parola della Rivelazione viene talvolta
modificata fin nella sua sostanza:
– il pensiero teologico che ha recepito la filosofia ha necessariamente
trasformato l'aspetto originario ed autenticamente filosofico della verità
(senso ellenico) nella rivelazione liberamente comunicata da Dio;
– ad un tempo, tuttavia, il concetto filosofico, che è restato ineliminabilmente
determinante per questa recezione, e, attraverso il processo di
dogmatizzazione (verità di fede espresse concettualmente), resta
determinante sino ad oggi, ha modificato o trasformato il messaggio
teologico in modo decisivo.
23. Rapporto dialettico e possibilità teoriche di una “filosofia religiosa”
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 22
• Si può concludere come nel rapporto filosofia-teologia:
– la filosofia appare quale ragione critica ed autonoma, nella cui essenza
trova vigore quel domandare radicale che si interroga su se stesso
– la teologia si connota quale discorso sulla parola divina così come essa
si è data nella Parola fatta Carne (Cristo uomo che si rivela nella storia).
Tale parola è quindi – oggettivamente - sempre il dato fondante di ogni
discorso teologico e conduce – soggettivamente – alla fede, che è
adesione prima e comprensione poi ai suoi contenuti.
• Da queste premesse le possibilità o meno di una “filosofia cristiana”:
– coloro che la negano (Heidegger e alcuni esponenti della scuola di Lovanio)
lo fanno in base ai postulati extra-razionali (dati di fede) che
sorreggerebbero la successivamente argomentazione razionale
– coloro che la affermano, come Gilson, lo fanno in quanto la ragione
dimostrerebbe successivamente ciò che la fede ha scoperto in via
preliminare e sovrarazionale.
24. D’Onofrio - I principi della teologia medievale
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1. Vera philosophia: programma di ricerca teologica fondato
sull’intelligenza razionale della fede (Is. 7,9)
2. Sana doctrina: la philosophia cristiana aspira a proporsi come
doctrina compiutamente sistematica, comprensiva della verità intera
del reale scaturito dall’atto creatore di Dio
3. Sacra eloquia: ogni discorso umano su Dio appare di ordine superiore
rispetto a tutti gli strumenti di comprensione naturali
4. Christiana institutio: la ricerca teologica medievale ha la natura di
una ricerca strutturata relativa al settore specifico di conoscenze
introdotte dalla lettura scritturale, corredata dal contributo intellettuale e
regolarizzata dal rispetto di norme procedurali definite nelle opere delle
auctoritates profane
5. Tempora saecularia: tutta la riflessione teologica medievale è sempre
subordinata ad un unico fondamentale principio, il riconoscimento
universale, da parte dell’intera respublica Christianorum, del
manifestarsi della verità divina
25. D’Onofrio - I principi della teologia medievale: divina dispositio
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 24
• Divina dispositio: l’esistere di tutte le creature viene fatto dipendere
dall’atto di conoscenza atemporale con cui il Verbo, principio di
intelligenza creatrice, le progetta eternamente nelle sue idee, e dall’atto
di amore con cui lo Spirito Santo le porta efficacemente all’esistenza
• Questa prospettiva teologica, di matrice platonico/neoplatonica,
risulta essere ampiamente diffusa presso gli intellettuali cristiani
dall’età carolingia all’inizio del secolo XI
Essa invitava i sapienti a decifrare con l’esercizio dell’intelligenza
naturale la coerenza di un presupposto parallelismo sussistente tra
ordo rerum, ordo idearum e ordo verborum, ossia tra:
1. Ordo rerum: la realtà oggettiva dell’ordine universale delle cose fissato
da Dio con la creazione
2. Ordo idearum: le idee intelligibili eternamente pensate nel Verbo
divino, ineffabili principi dell’ordine che poi si concretizzerà materialmente
3. Ordo verborum: gli strumenti verbali delle arti umane che si sforzano
di ricostruire l’armonia tra le res e le formae intelligibili, in base al
rigore delle rispettive metodologie
26. Corrispondeza ordo rerum – ordo idearum – ordo verborum
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• Questa tendenza speculativa, di impronta platonica, fu filtrata dagli
insegnamenti di Agostino e Dionigi, e consolidata da una palpabile
presenza di influssi dovuti a Giovanni Scoto Eriugena, appare
complessivamente dominata da un’idea generale
▼
che sia possibile all’uomo assimilarsi alla verità divina
con uno studio attento della corrispondenza
ra ordo rerum e ordo idearum nel Verbo divino,
consentito dall’esplorazione dell’ordo verborum,
la competenza nelle regole della dialettica
Dal momento che tutte le possibili esposizioni della pia e perfetta
dottrina, attraverso la quale viene attentamente ricercata e messa
in luce la causa di ogni cosa, rientrano in quella disciplina che dai
Greci è chiamata “filosofia”… cos’è altro la filosofia se non
l’esporre i principi della vera religione…
Bisogna dunque concludere che la vera filosofia è la vera religione o,
viceversa, che la vera religione è la vera filosofia (Scoto Eriugena)
27. Lo specifico del Medioevo: la visione simbolico-allegorica-teofanica
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• L’aspetto della sensibilità estetica medievale più tipico, quello che
meglio caratterizza l'epoca dando l'immagine di quei processi mentali
che consideriamo "medievali" per eccellenza è la visione simbolico-
allegorica dell'universo.
• L'uomo medievale viveva effettivamente in un mondo popolato di
significati, rimandi, sovrasensi, manifestazioni di Dio nelle cose
La natura che parlava continuamente un «linguaggio araldico», in
cui un leone non era solo un leone, una noce non era solo una noce, un
ippogrifo era reale come un leone perché come quello era segno di
una verità superiore.
Nella visione simbolica la natura, persino nei suoi aspetti più temibili,
diviene l'alfabeto col quale il creatore parla all’uomo dell'ordine del
mondo, dei beni soprannaturali, dei passi da compiere per orientarsi
nel mondo in modo ordinato ad acquisire i premi celesti.
▼
Universo discorso di Dio all’uomo (concetto di theophania)
28. L’atteggiamento del pensiero “simbolico”: lettura qualitativa della realtà
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 27
• Il Medioevo è affascinato da questo principio: è una inconscia ma
profonda esigenza di proportio fisico-metafisica quella che induce
a unire le cose naturali alle soprannaturali in un gioco di relazioni
continue
▼
La mentalità simbolica è l’atteggiamento del pensiero che non cerca
il rapporto tra due cose seguendo concretamente ed empiricamente le
loro connessioni causali, ma lo trova con un brusco salto, come
rapporto di significati, di qualità, di finalità
• A promuovere l’attribuzione simbolica sta dunque una certa
concordanza, una analogia schematica, un rapporto essenziale ma
rigidamente gerarchico.
Di qui la grande campagna per educare i semplici attraverso il
diletto della figura e dell'allegoria
La pittura è laicorum litteratura , come dirà Onorio di Autun, secondo
le decisioni prese sin dal 1025 dal sinodo di Arras.
29. Simbolismo polisemantico ed ermeneutica “aperta”
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 28
• È Dionigi Areopagita a definire questo modo di parlare “simbolico”, nel
De coelesti hierarchia cap.II
Infatti, semplicemente la Sacra Scrittura ha usato le sacre formule
poetiche per la rappresentazione di intelligenze senza figura, avendo
considerato la nostra intelligenza e avendo provveduto ad un
innalzamento proprio e connaturale a lei ed infine avendo formato per
essa i simboli sacri che l’innalzano
• Ed è proprio dall'incongruità tra simbolizzazione e simbolizzato,
ricorda Dionigi, che nasce lo sforzo dilettoso dell'interpretazione
– Se non ci fosse incongruità ma solo identità, non ci sarebbe rapporto
proporzionale (x non starebbe a y come y sta a z).
– Cogliere una allegoria è cogliere un rapporto di convenienza e fruire
esteticamente del rapporto, anche in grazia dello sforzo interpretativo.
– C'è sforzo interpretativo perché il testo dice sempre qualcosa di diverso da
ciò che sembra dire: Aliud dicitur, aliud demonstratur.
30. La «pansemiosi metafisica»
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 29
• L’interpretazione allegorica è lievemente difforme da quella simbolica,
essendo la prima più “rigida” e tendente a significazioni univoche e
concettualmente definibili con maggior chiarezza e minor indistinzione
rispetto al simbolo
• La distinzione tra le due è di matrice moderna, mentre in epoca classica
e poi medievale si tendeva a equiparare allegorismo e simbolismo,
entrambi governati da un principio defibile “pansemiosi metafisica”.
La pansemiosi metafisica è quella che nasce coi Nomi divini di
Dionigi, suggerisce la possibilità di rappresentazioni di tipo figurale, ma
di fatto sfocia nella teoria dell’analogia entis, e quindi si risolve in una
visione semiotica dell'universo in cui ogni effetto è segno della
propria causa. Se si comprende cosa sia l'universo per il neoplatonico
medievale, ci rendiamo conto che in questo contesto non si parla tanto
della similitudine allegorica o metafisica tra corpi terreni e cose celesti,
quanto di una loro significazione più filosofica che ha a che fare con
l'ininterrotta sequenza di cause ed effetti della "grande catena
dell'essere
31. Allegorismo e «pansemiosi metafisica»
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 30
32. Dio : «rapporto di incongruità» > «rapporto di convenienza»
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 31
• Lo stesso Dionigi (De coelesti hier. II) fissò il principio dell'incongruità
(= trascendenza) del simbolo rispetto alla cosa simboleggiata
• Questo principio era naturalmente al massimo della sua applicazione
qualora il simboleggiato fosse stato Dio
in questo caso i pochi e nobili concetti a lui riferiti – notoriamente i
trascendentali Uno, Vero, Bene, Bello – potranno essere proferiti solo
in modo ipersostanziale
In altre parole Dio «è» quanto predicato, ma in una misura
incommensurabile e incomprensibilmente più alta del livello in cui si
pone l’ente predicante.
• Ricorda Dionigi - e sottolineano i suoi commentatori - proprio affinché
sia chiaro che i nomi che gli attribuiamo sono inadeguati, sarà
opportuno che per quanto possibile essi siano difformi, incredibilmente
disadatti, quasi provocatoriamente offensivi, straordinariamente
enigmatici, come se la qualità in comune che si va cercando tra
simbolizzazione e simbolizzato sia, sì, reperibile, ma a costo di
acrobatiche interferenze e sproporzionatissime proporzioni (ossimoro)
33. Forme dell’allegorismo-simbolismo
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 32
• Allegorismo scritturale in verbis et in factis: interrogazione infinita
del Libro Sacro come selva scritturale
• Allegorismo poetico in verbis: luogo della decodifica retorica
• Allegorismo universale in factis: maniera fiabesca e allucinata di
guardare l’universo, non per ciò che appare, ma per ciò che potrebbe
suggerire (Eco, 90)
34. Allegorismo in factis – Cosmico/universale
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 33
• Il simbolismo metafisico ha radici sin nell'antichità e i medievali avevano
presente Macrobio, che parlava delle cose come riflettenti, nella loro
bellezza, come in altrettanti specchi, il volto unico della divinità (In
Somnium Scipionisl, 14).
• Ma chi propone al Medioevo il simbolismo metafisico nella sua forma
più suggestiva è, sulla falsariga dello Pseudo Dionigi, è Giovanni Scoto
Eriugena: per lui il mondo appare come una grandiosa manifestazione
di Dio attraverso le cause primordiali ed eterne, e di queste attraverso le
bellezze sensibili.
• Credo che non ci sia alcuna cosa visibile e corporale che non significhi
qualcosa di incorporeo e di intelligibile .
• Questa rivelativita dell'eterno nelle cose ci consentirà di attribuire a
ciascuna di esse valore di metafora, trapassando dal simbolismo
metafisico all’allegorismo cosmico, e questa possibilità è contemplata
dall’Eriugena. Ma il nucleo della sua estetica è dato proprio dalla
capacità di leggere non fantasticamente ma filosoficamente la
natura, vedendo in ogni valore ontologico (realtà sostanziale) la
35. Allegorismo in verbis – Poetico/Scritturale
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• L’allegoresi testuale nasce in ambiente stoico, cercando di rinvenire
nell'epica classica il travestimento mitico di verità naturali; Filone di
Alessandria, più o meno nella medesima epoca, (I secolo d.C.) tenta
una lettura allegorica dell'Antico Testamento. Ciò dimostra che sia il
mondo classico sia gli esegeti patristici e medievali intendevano
simbolo e allegoria come sinonimi, tanto quanto facevano. Gli
esempi vanno da Filone a grammatici come Demetrio, da Clemente
d'Alessandria a Ippolito di Roma, da Porfirio allo Pseudo Dionigi
Areopagita, da Plotino a Giamblico, dove si usa il termine simbolo
anche per quelle raffigurazioni didascaliche e concettualizzanti che
altrove saranno chiamate allegorie.
• Nella specifico della tradizione cristiana l'Antico Testamento è la
figura del Nuovo Testamento, in una proporzione in cui il primo
costituisce la lettera e l'altro lo spirito, un tipo di lettura che in altra sede
è stata definita tipologica: i personaggi e gli eventi dell'Antico
Testamento sono visti, a causa delle loro azioni e delle loro
caratteristiche, come tipi, anticipazioni, prefigurazioni dei personaggi del
36. Allegorismo in factis et in verbis – Artistico/Liturgico
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• Attribuire valore allegorico all’arte significava considerarla alla stessa
stregua della natura, come vivo repertorio di figure.
• Con il pieno sviluppo dell'arte romanica e gotica e attraverso la grande
azione animatrice di Suger, la comunicazione artistica attraverso
allegoria assume veramente la sua più ampia portata.
La cattedrale, che rappresenta la somma artistica di tutta la civiltà
medievale, diviene un surrogato della natura, vero liber et pictura
organizzato secondo precise regole di leggibilità
– La sua stessa struttura architettonica e il suo orientamento geografico
hanno uno specifico significato.
• Attraverso le statue dei portali, i disegni delle sue vetrate, i mostri e le
gargouilles dei suoi cornicioni che la cattedrale realizza una vera e
propria visione sintetica dell'uomo, della sua storia, dei suoi rapporti
col tutto
L'ordine delle simmetrie e delle corrispondenze, la legge dei numeri,
una sorta di musica dei simboli organizzano segretamente questa
immensa enciclopedia di pietra (Focillon 1947, p. 6)
37. Il principio filosofico-estetico della concordanza
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• Per realizzare questo discorso plastico gli ideatori delle
rappresentazioni figurative ricorrevano al meccanismo dell'allegoria
• A garantire la leggibilità dei segni impiegati stava la capacità medievale
di cogliere corrispondenze, di riconoscere segni ed emblemi sulla scia
della tradizione, di tradurre una immagine nel suo equivalente spirituale.
È il principio estetico della concordanza a reggere la poetica
della cattedrale, soprattutto concordanza dei due Testamenti: ogni
fatto del Vecchio Testamento è figura del Nuovo.
– Ciò permette di stabilire una ulteriore concordanza tra certe figure, fornite di
determinati attributi, e certi personaggi ed episodi dei due Testamenti .
Infine si stabilisce una ulteriore concordanza tra questi personaggi e il luogo
architettonico che occupano.
▼
Il “metodo simbolico/allegorico” nell’arte rasenta la perfezione:
tutti gli elementi architettonici, plastici e semantici concorrono
efficacemente alla comunicazione didascalica.
38. Omnis mundis creatura
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Unità didattica 2: Il Pensiero Medievale - Questioni preliminari - Scheda 37
Omnis mundi creatura
quasi liber et pictura
nobis est in speculum;
nostrae vitae, nostrae mortis,
nostri status, nostrae sortis
fidele signaculum.
Nostrum statum pingit rosa,
nostri status decens glosa,
nostrae vitae lectio;
quae dum primo mane floret,
defloratus flos effloret
vespertino senio
Ogni creatura dell'universo,
quasi fosse un libro o un dipinto
è per noi come uno specchio;
della nostra vita, della nostra morte,
della nostra condizione, della nostra sorte
fedele segno.
La rosa rappresenta il nostro stato,
leggiadra glossa della nostra condizione,
interpretazione della nostra vita;
che mentre è fiorente nel primo mattino,
fiorisce, sfiorito fiore,
con la vecchiaia della sera.
Alano di Lilla, Rhythmus alter, PL 210, col. 579