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"I casi sono due..." a 100 anni da Sarajevo
da un'idea sintesi&cultura
interpretazione Liceo Classico Antonio Scarpa Oderzo
__________________________________
LETTRICE
La guerra che verrà, di Bertolt Brecht
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente
egualmente.
CANZONE... COMMOVENTE
LETTORE A (con tono assertivo)
Gli anni tra il 1867 e il 1914 costituiscono un periodo di forte sviluppo economico in tutta
Europa.
Le importanti scoperte scientifiche, lo sfruttamento di fonti d’energia quali il petrolio e
l’elettricità, portarono alla meccanizzazione dei processi produttivi e al moltiplicarsi di nuove
tecnologie che nel primo Ottocento non erano nemmeno immaginabili.
L'automobile, il telefono, l'aereo, l'illuminazione elettrica, il frigorifero sono solo alcuni degli
oggetti attraverso cui la scienza si rese visibile, divenendo volano dell'industria e decretando
l’affermazione definitiva del capitalismo e del potere della borghesia.
QUESTA È L’EPOCA DI UN RADIOSO OTTIMISMO E DELLA SALDA SICUREZZA NEL
FUTURO. E' LA BELLE ÉPOQUE!!!
CANZONE... ALLEGRA
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
In realtà, sotto il profilo politico, l’Europa è un complesso e delicato sistema
dall’equilibrio davvero instabile e il clima sociale e culturale presenta
elementi tra loro fortemente contrastanti.
I poeti e gli artisti sono i primi a percepire l'insensatezza di questo mondo: in
questo periodo della Belle Epoque, dei caffè parigini, dei Primi Grandi
Magazzini, dei viaggi in piroscafo, degli Expò, nasce l'Espressionismo con le
sue pennellate violente, il giovane Picasso inventa il Cubismo, Kandisnskij da
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 1
forma alla pittura astratta e Duchamp chiamerà scultura una ruota di bicicletta
conficcata in uno sgabello.
Questi non sono gesti di folli, ma segnali di allarme di giovani che
percepiscono il baratro verso cui il mondo sta correndo alla cieca.
Un pericolo che la società borghese non saprà percepire.
LETTORE A (con tono assertivo)
È in questo mondo, così complesso, che il 28 giugno 1914 si abbatte come un fulmine l’attentato
di Sarajevo. Nella capitale bosniaca un giovane di una società segreta serba, uccide l'erede al
trono dell'Impero austro-ungarico, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo Este e la moglie
Sofia Chotek von Chotkow.
È l’insofferenza allo strapotere imperiale dilagante tra i sudditi slavi che si manifesta al mondo.
E l'Europa intera viene subito coinvolta, schierandosi, tessendo trame diplomatiche, lacerandosi
nei parlamenti.
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
Certamente l'attentato di Sarajevo è un atto molto forte contro il potere
dell'immenso Impero asburgico, ma non è questo un atto così straordinario
nella storia del potere.
Senza andare troppo indietro nel tempo, all'assassinio di Abram Lincoln, il 29
luglio 1900 il re d'Italia Umberto I venne ucciso a Monza e l'anno successivo
la stessa sorte toccò al presidente degli Stati Uniti William McKinley.
Dopo le loro morti non scoppiarono guerre mondiali.
Per comprendere la banalità di questo atto criminale è illuminante il racconto
di quei momenti fatto dalla contessa Vilma Lanjus von Wellenburg, la
ventisettenne rampolla dell'aristocrazia istriana che da sei mesi era la dama di
corte di Sofia, moglie di Francesco Ferdinando.
LETTRICE (con tono da testimonianza/asciutto)
L'Automobilclub austriaco aveva inviato a Sarajevo un certo numero di vetture che attendevano
alla stazione.
Nella prima salì l'illustre coppia con il governatore Potiorek e il proprietario della vettura, il conte
Harrach. Nella seconda sedettero il gran cerimoniere di corte, il tenente colonnello von Merizzi, il
proprietario di quest'auto e io con loro.
La corsa procedette quindi verso il municipio.
Improvvisamente, dalla parte della folla assiepata sul lato della strada, fu lanciata una bomba
sulla prima vettura. Con un movimento del braccio, l'arciduca Francesco Ferdinando riuscì a
deviare la bomba che esplose sotto la mia vettura. Subito notai che il colonnello von Merizzi
sanguinava forte. Cercai di tamponare l'emorragia con il mio fazzoletto premendo sulla ferita
provocata da una scheggia sotto il colletto. Quanto a me, avevo riportato solo due insignificanti
graffi.
La duchessa mi fece chiamare sulla sua vettura per chiedermi, tanto cara, se mi ero spaventata e
fossi rimasta ferita. Salii poi con gli altri in un'auto di riserva per raggiungere il municipio.
Nel frattempo l'attentatore Cabrìnovic aveva saltato il parapetto per affrettarsi giù lungo la
scarpata e passare sull'altra riva del fiume, ma fu arrestato prima che raggiungesse l'acqua.
Quando la colonna di vetture si rimise in moto, il conte Harrach restò in piedi sul predellino di
quella delle Altezze Reali per proteggerle col suo corpo.
La cerimonia al municipio fu assai penosa perché l'arciduca apostrofò il borgomastro dicendo:
"Davvero una bella accoglienza! Si visita la sua città e si viene accolti con un lancio di bombe!"
Dopo l'incontro si risalì nelle auto e la colonna si rimise in movimento.
L'autista sbagliò strada.
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 2
Si fermò qualche istante, quanto bastò all'assassino Gavrilo Princip, là appostato, per sparare due
colpi precisi.
Dopo di che la colonna ripartì. Ufficiali e poliziotti si erano precipitati con le sciabole sguainate
contro l'attentatore, rannicchiato per terra. Le lame si ostacolavano grottescamente sopra di lui,
per cui quello, di fatto, non riportò ferite.
La duchessa colpita per prima, senza reazione, era ricaduta sul petto del marito di cui furono
intese le parole "Sofia mia, non morirmi. Per i nostri bambini!".
Poi ammutì anche lui avendogli la pallottola tranciato la carotide e provocato un travaso di
sangue che lo soffocò.
CANZONE (Marcia Reale AU, coro muto?)
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
La reazione del mondo, delle cancellerie, dei palazzi austriaci non è
immediata.
Passano ben 25 giorni dall'attentato prima che il Consiglio dei Ministri
austroungarico, dopo aver sentito il parere autorevole del kaiser tedesco
Guglielmo II, inoltri a Belgrado un ultimatum che impone l’accettazione
incondizionata entro 48 ore di numerose rigide clausole, inaccettabili nella
sostanza e per i tempi di risposta.
Ora la morte di Francesco Ferdinando è diventata l'occasione per il Governo
di Vienna per violare la sovranità della Serbia.
E il nemico che l'Austria Ungheria si appresta a combattere è principalmente
la propaganda antiaustriaca: in quell'area balcanica questa aveva quale
obiettivo il distacco dei popoli slavi dall'Impero per costituire una nuova
nazione guidata dalla Serbia.
LETTORE D (con tono ufficiale)
L’Imperiale e Regio Governo chiede che il Governo Serbo pubblichi nella prima pagina del suo
organo ufficiale del 26 Luglio 1914 la seguente dichiarazione:
“Il Governo Reale Serbo condanna la propaganda diretta contro l’Austria-Ungheria e soprattutto
si dispiace sinceramente delle terribili conseguenze di queste azioni criminali.
Il Governo Reale Serbo si impegnerà:
A sopprimere qualsiasi pubblicazione che inciti all’odio e al disprezzo nei confronti della
monarchia austro-ungarica;
 A sciogliere immediatamente tutte le associazioni serbe coinvolte in attività di propaganda
contro la monarchia austro-ungarica;
 A eliminare dalla pubblica istruzione qualunque cosa induca a fomentare la propaganda
contro l’Austria-Ungheria;
 A espellere dall’apparato militare e dalla pubblica amministrazione i funzionari colpevoli di
propaganda contro la monarchia austro-ungarica;
 Ad accettare la collaborazione in Serbia di rappresentanti del governo austro-ungarico per la
soppressione dei movimenti sovversivi;
 Ad adottare misure giudiziarie contro i complici del complotto del 28 giugno.
Delegati del governo austro-ungarico prenderanno parte all’indagine."
L’Imperiale e Regio Governo aspetta la risposta per sabato 25 luglio alle ore 18, al più tardi.
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 3
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
Alle tre del pomeriggio del 25 luglio la Serbia comunica invece di non
accettare le condizioni dell'ultimatum.
Tre giorni dopo, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla
Serbia.
Adesso quei colpi di pistola semiautomatica che uccisero Francesco
Ferdinando riecheggiano in tutta Europa e danno inizio ad una follia nei 12
mesi successivi portò le nazioni europee a trascinarsi l'un l'altra nel baratro
della guerra.
L'Europa che sembrava aver trovato un proprio equilibrio, improvvisamente
scopre sotto la cenere le braci di antichi rancori e di ambizioni politiche e
territoriali che covavano dalle guerre di metà Ottocento e così Nazioni
confinanti colgono l'occasione per rinfocolare rivalse mai del tutto sopite.
Vengono strappati accordi firmati pochi anni prima tra governi legittimi e
addirittura Nazioni che erano rimaste neutrali vengono invase.
CANZONE
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
E anche in Italia dal luglio 1914 a 23 maggio 1915 ci si schiera contro o a
favore della guerra. Dentro e fuori il Parlamento. La nostra giovane nazione
che si sentiva incompleta vede nella guerra l'occasione per entrare a far parte
dei grandi, dei paesi che contano davvero...
E gli Italiani? Per il popolo la guerra era da sempre un evento inevitabile. La
principale invocazione che, per secoli e secoli, aveva elevato a Dio era sempre
la stessa: A peste, fame et bello, libera nos Domine
Nessuno allora intendeva la pace non come un'alternativa alla guerra, la pace
era semplicemente un periodo tra due guerre.
L'idea di andare in guerra non era così spaventosa e si sapeva che non c'era il
modo di evitarlo. Le parole che Gabriele d'Annunzio pronunciò il 5 maggio
1915 presso lo scoglio di Quarto, da dove 55 anni prima erano partiti i Mille,
non sembravano blasfeme, ma caricavano gli animi.
Il "Vate" non aveva paura ad usare un tono evangelico e arriva a paragonare
gli italiani al popolo di Dio e se stesso addirittura a Cristo.
LETTORE D (con tono mooolto solenne)
O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere.
Beati quelli che hanno vent'anni, una mente casta, un corpo temprato, una madre animosa.
Beati quelli che, aspettando e confidando, non dissiparono la loro forza, ma la custodirono nella
disciplina del guerriero.
Beati quelli che, avendo nel petto un odio radicato, se lo strapperanno con le lor proprie mani.
Beati quelli che, avendo ieri gridato contro l'evento, accetteranno in silenzio l'alta necessità e non
più vorranno essere gli ultimi ma i primi.
Beati i giovani che sono affamati e assetati di gloria, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante
dolore.
Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la
fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d'Italia
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 4
CANZONE
LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato)
Il 23 maggio 1915, l’Italia dichiara guerra all’Impero austro-ungarico.
Si apre un nuovo fronte.
Il 24 maggio l’Italia entra in guerra.
I nove mesi trascorsi dall’inizio del conflitto mondiale, che aveva visto affrontarsi l’Impero
austro-ungarico e la Serbia, non erano bastati allo Stato Maggiore italiano per comprendere quali
fossero le caratteristiche tattiche di questo nuovo conflitto.
Era l’inizio di una guerra che tutti immaginavano breve, da concludersi sicuramente entro
l’autunno.
Dal Passo dello Stelvio attraverso cime alpine e dolomitiche il fronte lungo più di 600 chilometri
raggiunge il mare seguendo la valle dell’Isonzo: in questo scenario, tra altipiani carsici e deboli
rilievi, si combatterono le 11 battaglie dell’Isonzo che poco fecero progredire il fronte e anche
sulle nostre linee prese piede una lunga ed estenuante guerra di posizione.
CANZONE (canti in treno?)
LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più
colloquiale...)
Tutti hanno un loro racconto della guerra, le donne che videro partire i mariti,
i figli, i fratelli, i compari. I bambini che troppe volte non rividero il volto del
loro padre. Vi voglio far ascoltare le parole di due uomini, due militari.
Il primo nel 1916 aveva 34 anni, era nato vicino a Vedelago, aveva un'osteria a
Castelfranco e venne mandato a combattere sul Carso.
Il secondo nel 1916 aveva 17 anni di più, era nato in Piemonte e faceva il
generale e venne incaricato di comandare l'Esercito Italiano.
Il primo si chiama Giuseppe Pozzobon e ci ha lasciato un commovente diario.
Il secondo si chiama Luigi Cadorna e nel suo "libretto rosso"ci racconta la
guerra come un insieme di norme da rispettare.
Parole lontane anni luce. Eppure è la stessa guerra.
Lettore C (Pozzobon)
Il giorno in cui fui chiamato alle armi per mobilitazione, fu il 24 ottobre 1915,
ove mi presentai al Distretto militare di Treviso, mi hanno trattenuto collà sino
il giorno 9 novembre, e sono stato vestito in quel fratempo in borghese, perché
hanno dovuto farmi fare un vestito appositamente per me, che in magazzino
non ne avevano della mia misura.
Quindi vestito della divisa militare, mi hanno spedito a Mantova, al Deposito
rifornimento uomini, e mi hanno trattenuta la sino il giorno 30 novembre, il
quale in questi 20 giorni, passai due volte la visita per idonietà, perché ero
troppo pesante per le fatiche di guerra, ma riconosciutomi robusto di fisico e
corporatura, mi fecero idoneo, e quindi dovetti partire per il fronte.
Dolorosa fu la partenza, ma nello stesso tempo partii con vera energia per
diffendere la nostra bella Patria.
Dunque la sera del 30 Novembre 1915 mi fecero montare su un carro buoi,
cioè uno di quelli vagoni che sta scritto cavalli otto, uomini 40, mi spedittero
diretto a Palmanova.
Lettore D (Cadorna)
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 5
Poiché la vittoria è determinata dalla demoralizzazione dell’avversario, conseguir questa equivale
a raggiungere lo scopo supremo della battaglia.
I mezzi sono due: la superiorità del fuoco e l’irresistibile movimento in avanti. Di essi il secondo
è il principale. Vincere è andare avanti.
Lettore C (Pozzobon)
Il primo dell’anno 1916 abbiamo dovuto andare in trincea, alla distanza del
nemico, circa 25 metri, si arrivava con le bombe a mano. Pioveva, e ho dovuto
mettermi in un bucco che non era sufficiente neppure per un piccolo, ma con
la pazienza è venuto giorno, e poi mi sono accomodato alla meglio, e la
abbiamo passato otto giorni, veniva sempre qualche bomba, e grande fucileria
di notte, e di giorno l’artiglieria non cessava mai, ma insomma non abbiamo
avuto tanti mallani
Il giorno 2 alla sera appenna scuro, bisogna andare di corvè, per dar da
mangiare ai nostri compagni, che si trovavano nella linee avvanzate, cioè circa
21 metri dai Tonietti, dunque di bel nuovo ho dovuto viaggiare su e giù per il
monte tutta la notte. La notte era scura, le pallottole fischiavano da tutte le
parti, rischio sempre di andare a precipizio.
Fortunatamente passai anche questa, però tornai stanco da non avere più
fenosomia da uomo, e di nuovo sul mio bucco, che vita di strapazzo! Andove
è la civiltà di far fare questa vita da orsi ai uomini, Dio mio fate cessare questo
maccello, e questo disordine.
Il giorno 3 continua il strapazzo della vita, e il pericolo da un momento
all’altro a passare all’altro mondo.
Oh sposa mia! Cosa diresti se vedessi il tuo beppino in queste condizioni, tu
immagginerai, ma non puoi farti un’idea quanto si soffre. Alla sera pareva la
fine del mondo la nostra Artiglieria bombarda Tolmino, la sua contrabatte e si
vendica con le nostre linee massacrando la povera fanteria, io di nuovo di
corvè e bisogna andare, morti ma avanti.
CANZONE
LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato)
Un esercito in guerra aveva bisogno di armi, di un’industria attiva, ma anche di uomini. Allo
sforzo compiuto dallo Stato Maggiore italiano per coordinare i vari aspetti materiali legati al
nuovo modo di combattere non sempre corrispose una corretta comprensione delle necessità dei 6
milioni di soldati che parteciparono a questa guerra, una massa di contadini trasformati in soldati
e allontanati per anni dalle loro terre, dalle loro case, dai loro affetti.
Lettore D (Cadorna)
Il procedimento dell’attacco frontale contro posizioni preparate a difesa è, nelle sue linee
fondamentali, quello stesso fin qui delineato parlando dell’attacco in genere. Esso assume solo
una maggiore lentezza… Bisognerà procedere in modo sistematico, con metodo e senza
impazienze. Un attacco potrà avere la durata anche di molti giorni.
Lettore C (Pozzobon)
Il giorno 14 siamo in trincea l’artiglieria nemica comincia tirrarmi alle ore otto
del mattino e continua tutto il giorno, un po bombe poi granate e poi Sdrapel,
cera un panico fra di noi non si sapeva più d’andove venivano, e andove poter
salvarsi, ma è innutile cercare il posto buono, se viene bisogna prenderla…
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 6
Lettore D (Cadorna)
Coordinamento dell’azione delle mitragliatrici con quella della fanteria.
Iniziatasi l’avanzata della fanteria nella zona delle medie distanze (1000-600 metri) le
mitragliatrici, manifestandosene l’opportunità, entrano in azione, senza però consumar troppe
munizioni.
Lettore C (Pozzobon)
Il giorno 15 sempre di vedetta alla mitragliatrice, pioggia continua e
cannonate, Dio ha voluto che nessuno di queste mi ha colpito che brutta
posizione! Se si salva la pelle è un miracolo, siamo presi di fronte, di fianco e
di dietro, senza avere la soddisfazione di poter diffendersi o ripararsi, questa è
la capacità dei nostri comandanti.
CANZONE
Lettore C (Pozzobon)
Questi giorni aspetto la licenza invernale, nessun altro incidente mi è toccato,
il giorno 12 febbraio il furiere mi chiama e mi domanda andove smonto per
andar a casa, potete immaginarvi la consolazione, alle ore una e mezza p.m.
presi la licenza, e tutto contento presi la via di Udine, e alle ore 5 e mezza
partii per Castelfranco con la Tradotta R. N°. 5, arrivato a Treviso alle ore 10,
ho dovuto aspettare fino a mezzanotte la Tradotta R.N.°1 che passa per
Castelfranco, e sono arrivato a casa alle ore due del mattino. Trovai mia
moglie che mi aspettava, bevuto un paio di uova fresche, e un paio di bicchieri
di bianco, poi andiedi a riposare tranquillamente nel mio letto affianco della
mia cara sposa.
Passata la licenza di giorni 15 tranquillamente, mangiando e bevendo assieme
con la mia sposa, dolorosa è stata la partenza. Dunque il 29 Febbraio di
mattino, dispiacente ho dovuto lasciare la mia giovine sposa, e il mio bel
esercizio, indossare la divisa militare, prendere il treno per raggiungere il mio
reggimento.
LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato)
In trincea trascorse la vita di un’intera generazione di uomini e di ragazzi brutalmente ingoiati
dalla ferocia degli assalti. Erano sostenuti dalla fede, dalle rare e scarne lettere dei familiari, dalla
speranza di non essere dimenticati da amici e parenti e da quel sentimento di fratellanza che
legava fortemente i soldati stretti nel comune, infelice e assurdo, destino.
Lettore D (Cadorna)
Una delle caratteristiche più salienti dell’odierno campo di battaglia è rappresentato dal senso di
vuoto che in esso domina: poco si vede, ma si è colpiti, il più delle volte ignorando da quale
direzione e distanza il fuoco provenga. Per vincere il naturale sgomento che deriva dall’ignorare
d’onde provengano le minacce e le offese, per schermirsi e colpire alla propria volta non veduti,
occorre saper vedere non esponendosi alla vista.
Lettore C (Pozzobon)
Quella sera stessa mio compagno Trentin Luigi da Postioma (un caro ragazzo)
è morto da una scheggia di granata, la prima notte che faceva di trincea dopo
di essere tornati dalla licenza: povero ragazzo!
Il dopo mezzogiorno del giorno 9 Marzo, l’artiglieria nemica bombarda la
baracca ove mi trovavo, avrà tirrato più di 30 granate, li eravamo tutti uno
sopra l’altro che si aspettava da un momento all’altro la morte.
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 7
Fortunatamente Iddio a voluto che nessuna delle granate lanciate dal nemico
centrò la baracca e siamo rimasti tutti salvi per miracolo.
Appena fatto scuro abbiamo preso la nostra roba, e siamo andati in una casa
dentro Volzana andove doveva venire la mia compagnia quando tornava dalla
trincea. Da la ho saputo che tre soldati della mia compagnia erano morti e due
feriti, poveri ragazzi! ed i suoi genitori che gli aspettano a casa, e quanti che
vanno finire così in questa disastrosa guerra, eppure bisogna rassegnarsi.
Andati in questa casa, è venuta giù la compagnia, e allora con i miei compagni
abbiamo mangiato, e poi per terra, come i maiali abbiamo riposato.
Io sono stato in quella baracca due giorni, in quei giorni, pioveva sempre,
poveri ragazzi in trincea sempre sotto l’acqua, chi mai può immaginarsi che
noi facciamo questa vita, se non si prova, non si crede.
Io dico il vero se in questo momento mi vedessero i nostri cari morirebbero
dal creppacuore.
CANZONE
LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato)
La trincea, elemento fondamentale della guerra di posizione, divenne il punto focale di un intero
ed articolato mondo. Diverso e nettamente separato da quello civile.
Questa nuova realtà creatasi attorno al soldato necessitava di tutto per sostenersi e funzionare:
dalle cucine da campo alle strutture sanitarie, dagli uffici postali ai mezzi di trasporto e di
comunicazione. Anche il soldato finì per essere considerato alla stregua del materiale bellico,
come la prima e principale arma da gettare nella fornace della guerra.
Lettore D (Cadorna)
L’esperienza della guerra in corso dimostra che la conquista di posizioni nemiche anche
fortemente rafforzate non offre difficoltà insormontabili; la difficoltà maggiore, che occorre saper
superare, è invece quella di poter conservare il terreno conquistato, perché il nemico può ancora
contrattaccare con impeto.
Lettore C (Pozzobon)
Il giorno 17 lo passai sempre chiuso come il solito, e sempre con la paura che
arrivasse qualche pillola, intanto sto leggendo notizie della mia sposa e
suocero che sono abbastanza buone, intanto si stravia un po il pensiero.
Stavammo ad aspettare il rancio, era verso notte, invece si scatena un forte
contrattacco all’improvviso, il 65° Fanteria ha dovuto abbandonare la trincea e
anche ne hanno fatto molti prigionieri, dunque l’ordine a noi del 67° Fanteria
di andare ad occupare le trincee perdute. Ormai non si poteva più capire
d’andove venivano le pallottole, eppure bisogna andare lo stesso altrimenti
venivano gli austriaci…. Qui ora è il difficile entrare nella trincea che dentro
ci sono i Tonietti, e anche sono in molti siamo di fronte a un numero molto più
grande di noi, per darvi un’idea noi saremo stati una cinquantenna in quel
punto, loro invece saranno stati per lo meno duecento. Dunque abbiamo
tentato il colpo, compatti al grido di Savoia, dentro noi, e fuori loro è stato un
momento.
Il giorno 18 siamo ancora qui nella trincea senza poter muoversi e parlare a
bassa voce perché il nemico mi sentiva, eravammo appena 15 metri da loro,
riguardo poi mangiare non se ne parla qui nessuno me ne può portare digiuno
di quarantotto ore sicure e poi stasera verrà?
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 8
CANZONE
LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato)
Nelle trincee, dislocate in un fronte ampio e topograficamente vario, era necessario far giungere il
rancio quotidiano, operazione spesso tecnicamente difficile, ma ovviamente fondamentale per
consentire la sopravvivenza e l'efficienza del soldato.
Nelle retrovie venivano contemplate meno calorie, nelle prime linee venivano distribuiti alcolici,
soprattutto prima degli attacchi. In alta montagna erano previsti supplementi di lardo, pancetta e
latte condensato.
Le razioni variavano a seconda della stagione, della località e della disponibilità delle scorte. La
qualità e la quantità del cibo destinato alle truppe, come quello per i civili, si modificò col
protrarsi della guerra.
La trincea era il luogo della vita, della sopravvivenza, ma era anche il luogo della morte.
E tra le cause di morte, le ferite da scheggia furono le più diffuse.
Determinanti per raggiungere il numero spaventoso di morti in questa guerra furono le tante
"malattie da trincea" e l'epidemia influenzale, nota come "spagnola". Virus e batteri che trovarono
un terreno fertile negli uomini e donne stremati dalle durissime condizioni di vita della trincea e
dalle privazioni a cui anche i civili furono sottoposti.
Lettore C (Pozzobon)
Il giorno 10 nulla di straordinario, soltanto il rancio è venuto a ora tarda,
perché i muli non hanno potuto venire, che l’artiglieria nemica batteva la
strada, allora via i soldati a spalle per poter mangiare, perché in queste
posizioni non si mangia che una volta ogni 24 ore , per fortuna ne abbiamo
avuto poco e anche freddo.
Le fatiche di guerra sono già fatiche dure, ma almeno si avesse la comodità di
mangiare a suo comodo, invece si mangia di notte sotto le pallottole e granate,
con di tutto sulla gavetta, mosche peli d’ogni speccie. Quando finirà questa
vitaccia? Se il Supremo mi da la grazia andrò a casa con la mia sposa che
nulla mi manca, se i Tonietti non mi uccidono verrà anche quel giorno tanto
desiderato.
E il rancio andove è? che da 36 ore non si mangia, ma intanto l’ordine è di
andare di vedetta, e per mangiare un’altra volta. Finalmente arriva un po di
roba tanto per cavarsela, ed è tutto freddo e noi tutti gellati che si avrebbe
bisogno di roba calda, invece la roba calda me la getta i Tonietti, bisogna
provare per credere, poi per consolarci ogni tanto portano giù morti o feriti.
Povera gioventù quanti soccombono per capricci degli altri.
LETTORE B
«Fra poco sarai sottoposto a nuova visita medica ed i casi sono due: o ti fanno non idoneo o ti
fanno idoneo; se ti fanno non idoneo te ne freghi; se ti fanno idoneo i casi sono due: o ti mettono
in armi speciali od in fanteria; se ti mettono in armi speciali te ne freghi; se ti mettono in fanteria
i casi sono due: o ti mandano in zona di guerra o ti mandano in territorio di pace; se ti mandano in
territorio di pace te ne freghi; se ti mandano in zona di guerra i casi sono due: o ti mettono ai
servizi speciali o ti mandano in trincea; se ti mettono ai servizi speciali te ne freghi; se ti
mandano in trincea i casi sono due: o sei ferito leggermente o sei ferito gravemente; se sei ferito
leggermente te ne freghi; se sei ferito gravemente i casi sono due: o vai all'altro mondo o
guarisci; se guarisci te ne freghi; se vai all'altro mondo i casi sono due: o vai in paradiso o vai
all'inferno; se vai in paradiso te ne freghi; se vai all'inferno i casi sono due: o trovi Cecco Beppe o
non lo trovi; se non lo trovi te ne freghi; se lo trovi i casi sono due: o lui impicca te o tu impicchi
lui; se tu impicchi lui te ne freghi; se lui impicca te, requie all'animaccia tua».
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 9
Lettore C (Pozzobon)
Con 164 giorni di prima linea si può sperare poco di bene, i miei compagni
spuzzano da salvatico, sono sporchi come maiali, pieni di pedocchi, in che
stato, povera gioventù!
Il nostro governo daccordo con gli alleati vogliono la guerra fino alla vittoria
nostra, ma io dico che quei che parlano così, se venissero soltanto 24 ore qui,
cambierebbero opinione, dunque noi non siamo figli di Genitori, o padri di
famiglia come loro? Poi dicono che è civiltà, quanti figlioletti che patiscono e
che patiranno per la perdita del propio padre, a me mi sembra che barbarie più
di così non possono esistere, è ora di smetterla, ovvero sarebbe stato meglio di
non averla cominciata, ora del passato non ce più rimedio, dunque procurate o
grandi superbi di farla finita una volta per sempre, vergognatevi!
LETTRICE?
La guerra che verrà, di Bertolt Brecht
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente
egualmente.
sintesi&cultura |24 ottobre 2015 10

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I casi sono due ridotto

  • 1. "I casi sono due..." a 100 anni da Sarajevo da un'idea sintesi&cultura interpretazione Liceo Classico Antonio Scarpa Oderzo __________________________________ LETTRICE La guerra che verrà, di Bertolt Brecht La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. CANZONE... COMMOVENTE LETTORE A (con tono assertivo) Gli anni tra il 1867 e il 1914 costituiscono un periodo di forte sviluppo economico in tutta Europa. Le importanti scoperte scientifiche, lo sfruttamento di fonti d’energia quali il petrolio e l’elettricità, portarono alla meccanizzazione dei processi produttivi e al moltiplicarsi di nuove tecnologie che nel primo Ottocento non erano nemmeno immaginabili. L'automobile, il telefono, l'aereo, l'illuminazione elettrica, il frigorifero sono solo alcuni degli oggetti attraverso cui la scienza si rese visibile, divenendo volano dell'industria e decretando l’affermazione definitiva del capitalismo e del potere della borghesia. QUESTA È L’EPOCA DI UN RADIOSO OTTIMISMO E DELLA SALDA SICUREZZA NEL FUTURO. E' LA BELLE ÉPOQUE!!! CANZONE... ALLEGRA LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) In realtà, sotto il profilo politico, l’Europa è un complesso e delicato sistema dall’equilibrio davvero instabile e il clima sociale e culturale presenta elementi tra loro fortemente contrastanti. I poeti e gli artisti sono i primi a percepire l'insensatezza di questo mondo: in questo periodo della Belle Epoque, dei caffè parigini, dei Primi Grandi Magazzini, dei viaggi in piroscafo, degli Expò, nasce l'Espressionismo con le sue pennellate violente, il giovane Picasso inventa il Cubismo, Kandisnskij da sintesi&cultura |24 ottobre 2015 1
  • 2. forma alla pittura astratta e Duchamp chiamerà scultura una ruota di bicicletta conficcata in uno sgabello. Questi non sono gesti di folli, ma segnali di allarme di giovani che percepiscono il baratro verso cui il mondo sta correndo alla cieca. Un pericolo che la società borghese non saprà percepire. LETTORE A (con tono assertivo) È in questo mondo, così complesso, che il 28 giugno 1914 si abbatte come un fulmine l’attentato di Sarajevo. Nella capitale bosniaca un giovane di una società segreta serba, uccide l'erede al trono dell'Impero austro-ungarico, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo Este e la moglie Sofia Chotek von Chotkow. È l’insofferenza allo strapotere imperiale dilagante tra i sudditi slavi che si manifesta al mondo. E l'Europa intera viene subito coinvolta, schierandosi, tessendo trame diplomatiche, lacerandosi nei parlamenti. LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) Certamente l'attentato di Sarajevo è un atto molto forte contro il potere dell'immenso Impero asburgico, ma non è questo un atto così straordinario nella storia del potere. Senza andare troppo indietro nel tempo, all'assassinio di Abram Lincoln, il 29 luglio 1900 il re d'Italia Umberto I venne ucciso a Monza e l'anno successivo la stessa sorte toccò al presidente degli Stati Uniti William McKinley. Dopo le loro morti non scoppiarono guerre mondiali. Per comprendere la banalità di questo atto criminale è illuminante il racconto di quei momenti fatto dalla contessa Vilma Lanjus von Wellenburg, la ventisettenne rampolla dell'aristocrazia istriana che da sei mesi era la dama di corte di Sofia, moglie di Francesco Ferdinando. LETTRICE (con tono da testimonianza/asciutto) L'Automobilclub austriaco aveva inviato a Sarajevo un certo numero di vetture che attendevano alla stazione. Nella prima salì l'illustre coppia con il governatore Potiorek e il proprietario della vettura, il conte Harrach. Nella seconda sedettero il gran cerimoniere di corte, il tenente colonnello von Merizzi, il proprietario di quest'auto e io con loro. La corsa procedette quindi verso il municipio. Improvvisamente, dalla parte della folla assiepata sul lato della strada, fu lanciata una bomba sulla prima vettura. Con un movimento del braccio, l'arciduca Francesco Ferdinando riuscì a deviare la bomba che esplose sotto la mia vettura. Subito notai che il colonnello von Merizzi sanguinava forte. Cercai di tamponare l'emorragia con il mio fazzoletto premendo sulla ferita provocata da una scheggia sotto il colletto. Quanto a me, avevo riportato solo due insignificanti graffi. La duchessa mi fece chiamare sulla sua vettura per chiedermi, tanto cara, se mi ero spaventata e fossi rimasta ferita. Salii poi con gli altri in un'auto di riserva per raggiungere il municipio. Nel frattempo l'attentatore Cabrìnovic aveva saltato il parapetto per affrettarsi giù lungo la scarpata e passare sull'altra riva del fiume, ma fu arrestato prima che raggiungesse l'acqua. Quando la colonna di vetture si rimise in moto, il conte Harrach restò in piedi sul predellino di quella delle Altezze Reali per proteggerle col suo corpo. La cerimonia al municipio fu assai penosa perché l'arciduca apostrofò il borgomastro dicendo: "Davvero una bella accoglienza! Si visita la sua città e si viene accolti con un lancio di bombe!" Dopo l'incontro si risalì nelle auto e la colonna si rimise in movimento. L'autista sbagliò strada. sintesi&cultura |24 ottobre 2015 2
  • 3. Si fermò qualche istante, quanto bastò all'assassino Gavrilo Princip, là appostato, per sparare due colpi precisi. Dopo di che la colonna ripartì. Ufficiali e poliziotti si erano precipitati con le sciabole sguainate contro l'attentatore, rannicchiato per terra. Le lame si ostacolavano grottescamente sopra di lui, per cui quello, di fatto, non riportò ferite. La duchessa colpita per prima, senza reazione, era ricaduta sul petto del marito di cui furono intese le parole "Sofia mia, non morirmi. Per i nostri bambini!". Poi ammutì anche lui avendogli la pallottola tranciato la carotide e provocato un travaso di sangue che lo soffocò. CANZONE (Marcia Reale AU, coro muto?) LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) La reazione del mondo, delle cancellerie, dei palazzi austriaci non è immediata. Passano ben 25 giorni dall'attentato prima che il Consiglio dei Ministri austroungarico, dopo aver sentito il parere autorevole del kaiser tedesco Guglielmo II, inoltri a Belgrado un ultimatum che impone l’accettazione incondizionata entro 48 ore di numerose rigide clausole, inaccettabili nella sostanza e per i tempi di risposta. Ora la morte di Francesco Ferdinando è diventata l'occasione per il Governo di Vienna per violare la sovranità della Serbia. E il nemico che l'Austria Ungheria si appresta a combattere è principalmente la propaganda antiaustriaca: in quell'area balcanica questa aveva quale obiettivo il distacco dei popoli slavi dall'Impero per costituire una nuova nazione guidata dalla Serbia. LETTORE D (con tono ufficiale) L’Imperiale e Regio Governo chiede che il Governo Serbo pubblichi nella prima pagina del suo organo ufficiale del 26 Luglio 1914 la seguente dichiarazione: “Il Governo Reale Serbo condanna la propaganda diretta contro l’Austria-Ungheria e soprattutto si dispiace sinceramente delle terribili conseguenze di queste azioni criminali. Il Governo Reale Serbo si impegnerà: A sopprimere qualsiasi pubblicazione che inciti all’odio e al disprezzo nei confronti della monarchia austro-ungarica;  A sciogliere immediatamente tutte le associazioni serbe coinvolte in attività di propaganda contro la monarchia austro-ungarica;  A eliminare dalla pubblica istruzione qualunque cosa induca a fomentare la propaganda contro l’Austria-Ungheria;  A espellere dall’apparato militare e dalla pubblica amministrazione i funzionari colpevoli di propaganda contro la monarchia austro-ungarica;  Ad accettare la collaborazione in Serbia di rappresentanti del governo austro-ungarico per la soppressione dei movimenti sovversivi;  Ad adottare misure giudiziarie contro i complici del complotto del 28 giugno. Delegati del governo austro-ungarico prenderanno parte all’indagine." L’Imperiale e Regio Governo aspetta la risposta per sabato 25 luglio alle ore 18, al più tardi. sintesi&cultura |24 ottobre 2015 3
  • 4. LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) Alle tre del pomeriggio del 25 luglio la Serbia comunica invece di non accettare le condizioni dell'ultimatum. Tre giorni dopo, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. Adesso quei colpi di pistola semiautomatica che uccisero Francesco Ferdinando riecheggiano in tutta Europa e danno inizio ad una follia nei 12 mesi successivi portò le nazioni europee a trascinarsi l'un l'altra nel baratro della guerra. L'Europa che sembrava aver trovato un proprio equilibrio, improvvisamente scopre sotto la cenere le braci di antichi rancori e di ambizioni politiche e territoriali che covavano dalle guerre di metà Ottocento e così Nazioni confinanti colgono l'occasione per rinfocolare rivalse mai del tutto sopite. Vengono strappati accordi firmati pochi anni prima tra governi legittimi e addirittura Nazioni che erano rimaste neutrali vengono invase. CANZONE LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) E anche in Italia dal luglio 1914 a 23 maggio 1915 ci si schiera contro o a favore della guerra. Dentro e fuori il Parlamento. La nostra giovane nazione che si sentiva incompleta vede nella guerra l'occasione per entrare a far parte dei grandi, dei paesi che contano davvero... E gli Italiani? Per il popolo la guerra era da sempre un evento inevitabile. La principale invocazione che, per secoli e secoli, aveva elevato a Dio era sempre la stessa: A peste, fame et bello, libera nos Domine Nessuno allora intendeva la pace non come un'alternativa alla guerra, la pace era semplicemente un periodo tra due guerre. L'idea di andare in guerra non era così spaventosa e si sapeva che non c'era il modo di evitarlo. Le parole che Gabriele d'Annunzio pronunciò il 5 maggio 1915 presso lo scoglio di Quarto, da dove 55 anni prima erano partiti i Mille, non sembravano blasfeme, ma caricavano gli animi. Il "Vate" non aveva paura ad usare un tono evangelico e arriva a paragonare gli italiani al popolo di Dio e se stesso addirittura a Cristo. LETTORE D (con tono mooolto solenne) O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere. Beati quelli che hanno vent'anni, una mente casta, un corpo temprato, una madre animosa. Beati quelli che, aspettando e confidando, non dissiparono la loro forza, ma la custodirono nella disciplina del guerriero. Beati quelli che, avendo nel petto un odio radicato, se lo strapperanno con le lor proprie mani. Beati quelli che, avendo ieri gridato contro l'evento, accetteranno in silenzio l'alta necessità e non più vorranno essere gli ultimi ma i primi. Beati i giovani che sono affamati e assetati di gloria, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante dolore. Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d'Italia sintesi&cultura |24 ottobre 2015 4
  • 5. CANZONE LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato) Il 23 maggio 1915, l’Italia dichiara guerra all’Impero austro-ungarico. Si apre un nuovo fronte. Il 24 maggio l’Italia entra in guerra. I nove mesi trascorsi dall’inizio del conflitto mondiale, che aveva visto affrontarsi l’Impero austro-ungarico e la Serbia, non erano bastati allo Stato Maggiore italiano per comprendere quali fossero le caratteristiche tattiche di questo nuovo conflitto. Era l’inizio di una guerra che tutti immaginavano breve, da concludersi sicuramente entro l’autunno. Dal Passo dello Stelvio attraverso cime alpine e dolomitiche il fronte lungo più di 600 chilometri raggiunge il mare seguendo la valle dell’Isonzo: in questo scenario, tra altipiani carsici e deboli rilievi, si combatterono le 11 battaglie dell’Isonzo che poco fecero progredire il fronte e anche sulle nostre linee prese piede una lunga ed estenuante guerra di posizione. CANZONE (canti in treno?) LETTORE B (fa il controcanto al lettore A e pone dubbi, tono più colloquiale...) Tutti hanno un loro racconto della guerra, le donne che videro partire i mariti, i figli, i fratelli, i compari. I bambini che troppe volte non rividero il volto del loro padre. Vi voglio far ascoltare le parole di due uomini, due militari. Il primo nel 1916 aveva 34 anni, era nato vicino a Vedelago, aveva un'osteria a Castelfranco e venne mandato a combattere sul Carso. Il secondo nel 1916 aveva 17 anni di più, era nato in Piemonte e faceva il generale e venne incaricato di comandare l'Esercito Italiano. Il primo si chiama Giuseppe Pozzobon e ci ha lasciato un commovente diario. Il secondo si chiama Luigi Cadorna e nel suo "libretto rosso"ci racconta la guerra come un insieme di norme da rispettare. Parole lontane anni luce. Eppure è la stessa guerra. Lettore C (Pozzobon) Il giorno in cui fui chiamato alle armi per mobilitazione, fu il 24 ottobre 1915, ove mi presentai al Distretto militare di Treviso, mi hanno trattenuto collà sino il giorno 9 novembre, e sono stato vestito in quel fratempo in borghese, perché hanno dovuto farmi fare un vestito appositamente per me, che in magazzino non ne avevano della mia misura. Quindi vestito della divisa militare, mi hanno spedito a Mantova, al Deposito rifornimento uomini, e mi hanno trattenuta la sino il giorno 30 novembre, il quale in questi 20 giorni, passai due volte la visita per idonietà, perché ero troppo pesante per le fatiche di guerra, ma riconosciutomi robusto di fisico e corporatura, mi fecero idoneo, e quindi dovetti partire per il fronte. Dolorosa fu la partenza, ma nello stesso tempo partii con vera energia per diffendere la nostra bella Patria. Dunque la sera del 30 Novembre 1915 mi fecero montare su un carro buoi, cioè uno di quelli vagoni che sta scritto cavalli otto, uomini 40, mi spedittero diretto a Palmanova. Lettore D (Cadorna) sintesi&cultura |24 ottobre 2015 5
  • 6. Poiché la vittoria è determinata dalla demoralizzazione dell’avversario, conseguir questa equivale a raggiungere lo scopo supremo della battaglia. I mezzi sono due: la superiorità del fuoco e l’irresistibile movimento in avanti. Di essi il secondo è il principale. Vincere è andare avanti. Lettore C (Pozzobon) Il primo dell’anno 1916 abbiamo dovuto andare in trincea, alla distanza del nemico, circa 25 metri, si arrivava con le bombe a mano. Pioveva, e ho dovuto mettermi in un bucco che non era sufficiente neppure per un piccolo, ma con la pazienza è venuto giorno, e poi mi sono accomodato alla meglio, e la abbiamo passato otto giorni, veniva sempre qualche bomba, e grande fucileria di notte, e di giorno l’artiglieria non cessava mai, ma insomma non abbiamo avuto tanti mallani Il giorno 2 alla sera appenna scuro, bisogna andare di corvè, per dar da mangiare ai nostri compagni, che si trovavano nella linee avvanzate, cioè circa 21 metri dai Tonietti, dunque di bel nuovo ho dovuto viaggiare su e giù per il monte tutta la notte. La notte era scura, le pallottole fischiavano da tutte le parti, rischio sempre di andare a precipizio. Fortunatamente passai anche questa, però tornai stanco da non avere più fenosomia da uomo, e di nuovo sul mio bucco, che vita di strapazzo! Andove è la civiltà di far fare questa vita da orsi ai uomini, Dio mio fate cessare questo maccello, e questo disordine. Il giorno 3 continua il strapazzo della vita, e il pericolo da un momento all’altro a passare all’altro mondo. Oh sposa mia! Cosa diresti se vedessi il tuo beppino in queste condizioni, tu immagginerai, ma non puoi farti un’idea quanto si soffre. Alla sera pareva la fine del mondo la nostra Artiglieria bombarda Tolmino, la sua contrabatte e si vendica con le nostre linee massacrando la povera fanteria, io di nuovo di corvè e bisogna andare, morti ma avanti. CANZONE LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato) Un esercito in guerra aveva bisogno di armi, di un’industria attiva, ma anche di uomini. Allo sforzo compiuto dallo Stato Maggiore italiano per coordinare i vari aspetti materiali legati al nuovo modo di combattere non sempre corrispose una corretta comprensione delle necessità dei 6 milioni di soldati che parteciparono a questa guerra, una massa di contadini trasformati in soldati e allontanati per anni dalle loro terre, dalle loro case, dai loro affetti. Lettore D (Cadorna) Il procedimento dell’attacco frontale contro posizioni preparate a difesa è, nelle sue linee fondamentali, quello stesso fin qui delineato parlando dell’attacco in genere. Esso assume solo una maggiore lentezza… Bisognerà procedere in modo sistematico, con metodo e senza impazienze. Un attacco potrà avere la durata anche di molti giorni. Lettore C (Pozzobon) Il giorno 14 siamo in trincea l’artiglieria nemica comincia tirrarmi alle ore otto del mattino e continua tutto il giorno, un po bombe poi granate e poi Sdrapel, cera un panico fra di noi non si sapeva più d’andove venivano, e andove poter salvarsi, ma è innutile cercare il posto buono, se viene bisogna prenderla… sintesi&cultura |24 ottobre 2015 6
  • 7. Lettore D (Cadorna) Coordinamento dell’azione delle mitragliatrici con quella della fanteria. Iniziatasi l’avanzata della fanteria nella zona delle medie distanze (1000-600 metri) le mitragliatrici, manifestandosene l’opportunità, entrano in azione, senza però consumar troppe munizioni. Lettore C (Pozzobon) Il giorno 15 sempre di vedetta alla mitragliatrice, pioggia continua e cannonate, Dio ha voluto che nessuno di queste mi ha colpito che brutta posizione! Se si salva la pelle è un miracolo, siamo presi di fronte, di fianco e di dietro, senza avere la soddisfazione di poter diffendersi o ripararsi, questa è la capacità dei nostri comandanti. CANZONE Lettore C (Pozzobon) Questi giorni aspetto la licenza invernale, nessun altro incidente mi è toccato, il giorno 12 febbraio il furiere mi chiama e mi domanda andove smonto per andar a casa, potete immaginarvi la consolazione, alle ore una e mezza p.m. presi la licenza, e tutto contento presi la via di Udine, e alle ore 5 e mezza partii per Castelfranco con la Tradotta R. N°. 5, arrivato a Treviso alle ore 10, ho dovuto aspettare fino a mezzanotte la Tradotta R.N.°1 che passa per Castelfranco, e sono arrivato a casa alle ore due del mattino. Trovai mia moglie che mi aspettava, bevuto un paio di uova fresche, e un paio di bicchieri di bianco, poi andiedi a riposare tranquillamente nel mio letto affianco della mia cara sposa. Passata la licenza di giorni 15 tranquillamente, mangiando e bevendo assieme con la mia sposa, dolorosa è stata la partenza. Dunque il 29 Febbraio di mattino, dispiacente ho dovuto lasciare la mia giovine sposa, e il mio bel esercizio, indossare la divisa militare, prendere il treno per raggiungere il mio reggimento. LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato) In trincea trascorse la vita di un’intera generazione di uomini e di ragazzi brutalmente ingoiati dalla ferocia degli assalti. Erano sostenuti dalla fede, dalle rare e scarne lettere dei familiari, dalla speranza di non essere dimenticati da amici e parenti e da quel sentimento di fratellanza che legava fortemente i soldati stretti nel comune, infelice e assurdo, destino. Lettore D (Cadorna) Una delle caratteristiche più salienti dell’odierno campo di battaglia è rappresentato dal senso di vuoto che in esso domina: poco si vede, ma si è colpiti, il più delle volte ignorando da quale direzione e distanza il fuoco provenga. Per vincere il naturale sgomento che deriva dall’ignorare d’onde provengano le minacce e le offese, per schermirsi e colpire alla propria volta non veduti, occorre saper vedere non esponendosi alla vista. Lettore C (Pozzobon) Quella sera stessa mio compagno Trentin Luigi da Postioma (un caro ragazzo) è morto da una scheggia di granata, la prima notte che faceva di trincea dopo di essere tornati dalla licenza: povero ragazzo! Il dopo mezzogiorno del giorno 9 Marzo, l’artiglieria nemica bombarda la baracca ove mi trovavo, avrà tirrato più di 30 granate, li eravamo tutti uno sopra l’altro che si aspettava da un momento all’altro la morte. sintesi&cultura |24 ottobre 2015 7
  • 8. Fortunatamente Iddio a voluto che nessuna delle granate lanciate dal nemico centrò la baracca e siamo rimasti tutti salvi per miracolo. Appena fatto scuro abbiamo preso la nostra roba, e siamo andati in una casa dentro Volzana andove doveva venire la mia compagnia quando tornava dalla trincea. Da la ho saputo che tre soldati della mia compagnia erano morti e due feriti, poveri ragazzi! ed i suoi genitori che gli aspettano a casa, e quanti che vanno finire così in questa disastrosa guerra, eppure bisogna rassegnarsi. Andati in questa casa, è venuta giù la compagnia, e allora con i miei compagni abbiamo mangiato, e poi per terra, come i maiali abbiamo riposato. Io sono stato in quella baracca due giorni, in quei giorni, pioveva sempre, poveri ragazzi in trincea sempre sotto l’acqua, chi mai può immaginarsi che noi facciamo questa vita, se non si prova, non si crede. Io dico il vero se in questo momento mi vedessero i nostri cari morirebbero dal creppacuore. CANZONE LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato) La trincea, elemento fondamentale della guerra di posizione, divenne il punto focale di un intero ed articolato mondo. Diverso e nettamente separato da quello civile. Questa nuova realtà creatasi attorno al soldato necessitava di tutto per sostenersi e funzionare: dalle cucine da campo alle strutture sanitarie, dagli uffici postali ai mezzi di trasporto e di comunicazione. Anche il soldato finì per essere considerato alla stregua del materiale bellico, come la prima e principale arma da gettare nella fornace della guerra. Lettore D (Cadorna) L’esperienza della guerra in corso dimostra che la conquista di posizioni nemiche anche fortemente rafforzate non offre difficoltà insormontabili; la difficoltà maggiore, che occorre saper superare, è invece quella di poter conservare il terreno conquistato, perché il nemico può ancora contrattaccare con impeto. Lettore C (Pozzobon) Il giorno 17 lo passai sempre chiuso come il solito, e sempre con la paura che arrivasse qualche pillola, intanto sto leggendo notizie della mia sposa e suocero che sono abbastanza buone, intanto si stravia un po il pensiero. Stavammo ad aspettare il rancio, era verso notte, invece si scatena un forte contrattacco all’improvviso, il 65° Fanteria ha dovuto abbandonare la trincea e anche ne hanno fatto molti prigionieri, dunque l’ordine a noi del 67° Fanteria di andare ad occupare le trincee perdute. Ormai non si poteva più capire d’andove venivano le pallottole, eppure bisogna andare lo stesso altrimenti venivano gli austriaci…. Qui ora è il difficile entrare nella trincea che dentro ci sono i Tonietti, e anche sono in molti siamo di fronte a un numero molto più grande di noi, per darvi un’idea noi saremo stati una cinquantenna in quel punto, loro invece saranno stati per lo meno duecento. Dunque abbiamo tentato il colpo, compatti al grido di Savoia, dentro noi, e fuori loro è stato un momento. Il giorno 18 siamo ancora qui nella trincea senza poter muoversi e parlare a bassa voce perché il nemico mi sentiva, eravammo appena 15 metri da loro, riguardo poi mangiare non se ne parla qui nessuno me ne può portare digiuno di quarantotto ore sicure e poi stasera verrà? sintesi&cultura |24 ottobre 2015 8
  • 9. CANZONE LETTORE A (con tono oggettivo ma pacato) Nelle trincee, dislocate in un fronte ampio e topograficamente vario, era necessario far giungere il rancio quotidiano, operazione spesso tecnicamente difficile, ma ovviamente fondamentale per consentire la sopravvivenza e l'efficienza del soldato. Nelle retrovie venivano contemplate meno calorie, nelle prime linee venivano distribuiti alcolici, soprattutto prima degli attacchi. In alta montagna erano previsti supplementi di lardo, pancetta e latte condensato. Le razioni variavano a seconda della stagione, della località e della disponibilità delle scorte. La qualità e la quantità del cibo destinato alle truppe, come quello per i civili, si modificò col protrarsi della guerra. La trincea era il luogo della vita, della sopravvivenza, ma era anche il luogo della morte. E tra le cause di morte, le ferite da scheggia furono le più diffuse. Determinanti per raggiungere il numero spaventoso di morti in questa guerra furono le tante "malattie da trincea" e l'epidemia influenzale, nota come "spagnola". Virus e batteri che trovarono un terreno fertile negli uomini e donne stremati dalle durissime condizioni di vita della trincea e dalle privazioni a cui anche i civili furono sottoposti. Lettore C (Pozzobon) Il giorno 10 nulla di straordinario, soltanto il rancio è venuto a ora tarda, perché i muli non hanno potuto venire, che l’artiglieria nemica batteva la strada, allora via i soldati a spalle per poter mangiare, perché in queste posizioni non si mangia che una volta ogni 24 ore , per fortuna ne abbiamo avuto poco e anche freddo. Le fatiche di guerra sono già fatiche dure, ma almeno si avesse la comodità di mangiare a suo comodo, invece si mangia di notte sotto le pallottole e granate, con di tutto sulla gavetta, mosche peli d’ogni speccie. Quando finirà questa vitaccia? Se il Supremo mi da la grazia andrò a casa con la mia sposa che nulla mi manca, se i Tonietti non mi uccidono verrà anche quel giorno tanto desiderato. E il rancio andove è? che da 36 ore non si mangia, ma intanto l’ordine è di andare di vedetta, e per mangiare un’altra volta. Finalmente arriva un po di roba tanto per cavarsela, ed è tutto freddo e noi tutti gellati che si avrebbe bisogno di roba calda, invece la roba calda me la getta i Tonietti, bisogna provare per credere, poi per consolarci ogni tanto portano giù morti o feriti. Povera gioventù quanti soccombono per capricci degli altri. LETTORE B «Fra poco sarai sottoposto a nuova visita medica ed i casi sono due: o ti fanno non idoneo o ti fanno idoneo; se ti fanno non idoneo te ne freghi; se ti fanno idoneo i casi sono due: o ti mettono in armi speciali od in fanteria; se ti mettono in armi speciali te ne freghi; se ti mettono in fanteria i casi sono due: o ti mandano in zona di guerra o ti mandano in territorio di pace; se ti mandano in territorio di pace te ne freghi; se ti mandano in zona di guerra i casi sono due: o ti mettono ai servizi speciali o ti mandano in trincea; se ti mettono ai servizi speciali te ne freghi; se ti mandano in trincea i casi sono due: o sei ferito leggermente o sei ferito gravemente; se sei ferito leggermente te ne freghi; se sei ferito gravemente i casi sono due: o vai all'altro mondo o guarisci; se guarisci te ne freghi; se vai all'altro mondo i casi sono due: o vai in paradiso o vai all'inferno; se vai in paradiso te ne freghi; se vai all'inferno i casi sono due: o trovi Cecco Beppe o non lo trovi; se non lo trovi te ne freghi; se lo trovi i casi sono due: o lui impicca te o tu impicchi lui; se tu impicchi lui te ne freghi; se lui impicca te, requie all'animaccia tua». sintesi&cultura |24 ottobre 2015 9
  • 10. Lettore C (Pozzobon) Con 164 giorni di prima linea si può sperare poco di bene, i miei compagni spuzzano da salvatico, sono sporchi come maiali, pieni di pedocchi, in che stato, povera gioventù! Il nostro governo daccordo con gli alleati vogliono la guerra fino alla vittoria nostra, ma io dico che quei che parlano così, se venissero soltanto 24 ore qui, cambierebbero opinione, dunque noi non siamo figli di Genitori, o padri di famiglia come loro? Poi dicono che è civiltà, quanti figlioletti che patiscono e che patiranno per la perdita del propio padre, a me mi sembra che barbarie più di così non possono esistere, è ora di smetterla, ovvero sarebbe stato meglio di non averla cominciata, ora del passato non ce più rimedio, dunque procurate o grandi superbi di farla finita una volta per sempre, vergognatevi! LETTRICE? La guerra che verrà, di Bertolt Brecht La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. sintesi&cultura |24 ottobre 2015 10