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3232 DOMENICA 21 AGOSTO 2016
LEGNANO
LEGNANESE
Le “teste quadrate” sono le pro-
tagoniste di un’insolita mostra
allestita all’interno del munici-
piodiNerviano.Nelchiostrodel-
l’ex Monastero degli Olivetani
sarà visitabile fino a martedì 30
di questo mese un’esposizione
fotografica intitolata “Al paes di
cò quadar”, organizzata dal fo-
toclub La Rotondina, che racco-
glieleimmaginideiluoghipiùsi-
gnificativi del paese. Le “teste
quadrate” o “co quadar” sono
appunto i cittadini di Nerviano
secondo un soprannome che gli
altri abitanti dei Comuni vicini
hanno affibbiato loro. Il nomi-
gnolo deriverebbe dalla forma
geometricadelmonumentosim-
bolodiNerviano,cioèlaTorreci-
vica, ex Torre Littoria, sul Sem-
pione. Questo edificio, visibile
anche da lontano, ha portato al
soprannome che indica una
mentalità del cittadino medio
nervianese molto legata alle
proprie idee ma anche poco ela-
stica.
Il paese delle teste quadrate
Cosìcrollaunmonumento
Lapalazzinalibertydell’exBernocchiinpienodegrado.Eneisotterraneiilcaveauchiusodal1971
Oltre un secolo di storia rischia ancora una volta di pol-
verizzarsi a causa dell’incuria e della burocrazia. Succede
in corso Garibaldi, dove la palazzina liberty dell’ex tin-
toria Bernocchi, autentico monumento di archeologia in-
dustriale, cade ormai a pezzi. Finito il tempo delle occu-
pazioni abusive, dei vecchi capannoni rimane oggi poco o
nulla visto che sono stati demoliti dopo una serie di disa-
strosi incendi dovuti per lo più a bivacchi dei clandestini
chelìavevanotrovatorifugio.Resiste,manonsisaancora
per quanto, l’edificio (risalente ai primi del ‘900) dove un
tempo avevano sede la direzione e gli uffici. Arrivarci è
semplicepassandodallatodelSempione:bastasuperareil
ponticello sull’Olona e ci si trova immersi nella vegeta-
zione spontanea cresciuta a dismisura negli ultimi anni,
effimera barriera prima di trovarsi davanti a un’apertura
lungo uno dei muri. All’interno locali del tutto fatiscenti:
pareti scrostate dall’umidità, calcinacci, parquet divelti
per essere probabilmente usati come legna da ardere da
parte degli abusivi. Ma nonostante lo sfacelo restano vi-
sibili i segni di quello che un tempo doveva essere un au-
tentico gioiello architettonico: resti di stucchi sui soffitti e
attorno alle porte, segni di pitture con motivi floreali so-
pravvissuti a improvvide ritinteggiature, e poi l’elegante
androne con la scala che sale fino al terzo piano: corrima-
no e ringhiere sono state portate via chissà da chi, così co-
me tutti i caloriferi. La sorpresa arriva dallo scantinato: si
apre una porta e ci si trova di fronte a quello che era il ca-
veau dell’azienda, chiuso da una pesante porta blindata da
45 anni. Cosa ci sia dentro nessuno lo sa, probabilmente
vecchi documenti. Possibile che una città dalle grandi tra-
dizioni industriali e operaie come Legnano non riesca a
mantenere in vita un luogo del genere?
Anni fa, durante l’amministrazione Vitali, dall’opposi-
zione venne la proposta di creare proprio nella palazzina
Bernocchi un museo sulla storia industriale locale: fu ri-
sposto, in sintesi, che l’area era privata e dunque il Comu-
ne aveva le mani legate. Oggi però la questione si ripro-
pone in un contesto cittadino dove la sensibilità verso il
recupero della memoria storica è forse mutata: lo testimo-
nianoisuccessidellevisiteorganizzateall’exManifattura
einaltriluoghisimbolodiquellachefulaManchesterd’I-
talia. La revisione del Pgt potrebbe essere in questo senso
l’ultima occasione. L’assessore al Territorio, Antonio
Ferrè, ha spiegato che si va verso un piano di recupero
misto residenziale-commerciale con il vincolo di salvare
la palazzina uffici e di destinarla ad altri usi. «Ma la prio-
rità - ha rimarcato l’assessore - in questo momento è la
messa in sicurezza delle sponde dell’Olona che in quel
tratto non hanno ancora goduto di lavori e che sono il pri-
mo passo verso ogni recupero». La burocrazia anche in
questo caso peraltro non aiuta visto che il comparto è fra-
zionato in più proprietà.
Da ultima c’è infine una questione “morale” che è sul tap-
peto da anni, ma anche in questo caso tutto rimane incom-
prensibilmente fermo: la lapide che ricorda i lavoratori
dellaBernocchicadutinellaGrandeGuerrainauguratanel
1924 su uno dei muri esterni della palazzina. Oggi non si
vedeneppure,tantoèavvoltadallavegetazioneinfestante.
Il sindaco Alberto Centinaio pare abbia adesso intenzio-
ne di scrivere alla proprietà e di chiedere la possibilità di
rimuoverla e di collocarla in un luogo più consono. Nella
speranza un giorno di rimetterla al suo posto una volta re-
staurato l’edificio. Un sogno? Per ora resta il degrado.
Luca Nazari
Così si presenta oggi la palazzina dell’ex tintoria
Bernocchi di corso Garibaldi. A lato un’immagine
degli interni e qui sopra la porta blindata del caveau
che si trova nei sotterranei
(l.c.) C’è un precedente che merita di essere ricor-
dato, ed è quello della ex tessitura Agosti di via
Mazzini. Quando nel luglio 2001 le ruspe abbat-
terono la penultima ciminiera della città (adesso
resta solo quella della Manifattura), l’ex dipenden-
te Tonino Finotti iniziò una battaglia per salvare
almeno le due lapidi di marmo che si trovavano
all’ingresso: una era dedicata ai fondatori dell’a-
zienda, Ettore e Romolo Agosti, l’altra ai dipen-
denti caduti nella Grande guerra, a quelli vittime
del lavoro e ai deportati nel campo di concentra-
mento nazista di Mauthausen. Fondata nel 1900,
la tessitura Agosti arrivò a occupare fino a 750 di-
pendenti. Dopo il fallimento, avvenuto nel 1968, i
titolari furono arrestati per bancarotta. Nel 2003 Fi-
notti ottenne dalla giunta di Maurizio Cozzi di far
posizionare le due lapidi nel giardino pubblico rea-
lizzato tra la massicciata della ferrovia e tra le pa-
lazzine costruite al posto della vecchia fabbrica.
Le lapidi sono ancora lì, anche se nessuno le può
leggere perché il giardino non è mai stato aperto.
LelapididegliAgosti
IL PRECEDENTE
Quarantacinque anni di dibattito inutile
Gli uffici della ex Tessitura Bernocchi furono
abbandonati in fretta e furia poco meno di 45
anni fa, il 2 dicembre 1971. Dal 25 agosto i di-
pendenti in sciopero (che in tutto erano 1.400)
avevano occupato lo stabilimento, la speranza
era quella di aiutare la proprietà nella trattativa
per ottenere da Roma i finanziamenti che
avrebbero potuto evitare il fallimento. I soldi
non arrivarono, dopo mesi drammatici lo sta-
bilimento fu sgomberato e iniziarono i sac-
cheggi. Allora l’area della ex Tessitura fu di-
visa in tre parti: quella più a nord fu acquisita
dalla Tintoria Mottana (poi a sua volta liqui-
data nel 2005), quella centrale fu affittata a di-
verse aziende (oggi ospita ad esempio il Bir-
rificio Legnanese), quella più a sud, compren-
dente la palazzina degli uffici, restò abbando-
nata a sé stessa. L’edificio, realizzato nei primi
anni del Novecento era stato rivisitato nel Do-
poguerra, quando erano stati coperti gli affre-
schi e aggiornati gli impianti. Ma non aveva
perso il suo fascino, che non era poi molto di-
verso da quello che ancora oggi caratterizza
PalazzoMalinvernioPalazzoPensotti,inpiaz-
za Monumento. Per questo già vent’anni fa
l’allorasindacoMarcoTurriavevachiestoal-
la Sovrintendenza ai beni architettonici di por-
re un vincolo di tutela sull’edificio. La richie-
sta fu inviata il 22 maggio 1996, ma la Sovrin-
tendenza non rispose mai. Ci riprovò nel 1999
lagiuntadiMaurizioCozzi,cheperònonebbe
migliore fortuna. Poi nella notte tra il 16 e il 17
giugno 2003 un incendio appiccato da alcuni
abusivi mandò in fumo 3 mila metri quadrati di
capannone, Cozzi rispose ordinando al messa
in sicurezza dell’area. Il che comportò l’abbat-
timento dei capannoni distrutti, ma anche del
ponte coperto che li collegava alla palazzina
degli uffici.
Da allora non è cambiato molto. Recentemente
dei carotaggi hanno dimostrato che l’area ha
bisogno di essere bonificata, l’idea dell’ammi-
nistrazione di Alberto Centinaio non è poi di-
versa da quella che aveva la giunta di Lorenzo
Vitali. La palazzina storica andrebbe salva-
guardata (come avevano detto a loro tempo
Cozzi e Turri), per il resto bisognerebbe met-
tere in sicurezza l’Olona, abbattere tutto e co-
struire nuovi edifici a destinazione d’uso mi-
sta, un po’ residenziale e un po’ commerciale.
Le incognite però sono molte: il mercato del-
l’edilizia in città è ancora in crisi (un esempio è
l’intervento alle ex fonderie Tosi di via Ros-
sini, che non decolla), inoltre proprio per via
dell’interventosull’Olona,dellabonificaedel-
la tutela della palazzina storica qui un interven-
to risulterebbe meno conveniente che altrove.
Mentre la città continua a discutere, il pur re-
sistente edificio comincia a mostrare segni di
cedimento. Nei giorni scorsi Centinaio ha
emesso un’ordinanza di messa in sicurezza,
entro i primi di settembre la proprietà dovrà
provvedere a impedire l’accesso all’area. Così
almeno quando gli uffici cominceranno a ca-
dere a pezzi, nessuno si farà male.
Luigi Crespi

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Allegato tecnico Plis - Parco dei Mulini - 2011
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Laprealpina 21 08 2016 cosi crolla un monumento

  • 1. 3232 DOMENICA 21 AGOSTO 2016 LEGNANO LEGNANESE Le “teste quadrate” sono le pro- tagoniste di un’insolita mostra allestita all’interno del munici- piodiNerviano.Nelchiostrodel- l’ex Monastero degli Olivetani sarà visitabile fino a martedì 30 di questo mese un’esposizione fotografica intitolata “Al paes di cò quadar”, organizzata dal fo- toclub La Rotondina, che racco- glieleimmaginideiluoghipiùsi- gnificativi del paese. Le “teste quadrate” o “co quadar” sono appunto i cittadini di Nerviano secondo un soprannome che gli altri abitanti dei Comuni vicini hanno affibbiato loro. Il nomi- gnolo deriverebbe dalla forma geometricadelmonumentosim- bolodiNerviano,cioèlaTorreci- vica, ex Torre Littoria, sul Sem- pione. Questo edificio, visibile anche da lontano, ha portato al soprannome che indica una mentalità del cittadino medio nervianese molto legata alle proprie idee ma anche poco ela- stica. Il paese delle teste quadrate Cosìcrollaunmonumento Lapalazzinalibertydell’exBernocchiinpienodegrado.Eneisotterraneiilcaveauchiusodal1971 Oltre un secolo di storia rischia ancora una volta di pol- verizzarsi a causa dell’incuria e della burocrazia. Succede in corso Garibaldi, dove la palazzina liberty dell’ex tin- toria Bernocchi, autentico monumento di archeologia in- dustriale, cade ormai a pezzi. Finito il tempo delle occu- pazioni abusive, dei vecchi capannoni rimane oggi poco o nulla visto che sono stati demoliti dopo una serie di disa- strosi incendi dovuti per lo più a bivacchi dei clandestini chelìavevanotrovatorifugio.Resiste,manonsisaancora per quanto, l’edificio (risalente ai primi del ‘900) dove un tempo avevano sede la direzione e gli uffici. Arrivarci è semplicepassandodallatodelSempione:bastasuperareil ponticello sull’Olona e ci si trova immersi nella vegeta- zione spontanea cresciuta a dismisura negli ultimi anni, effimera barriera prima di trovarsi davanti a un’apertura lungo uno dei muri. All’interno locali del tutto fatiscenti: pareti scrostate dall’umidità, calcinacci, parquet divelti per essere probabilmente usati come legna da ardere da parte degli abusivi. Ma nonostante lo sfacelo restano vi- sibili i segni di quello che un tempo doveva essere un au- tentico gioiello architettonico: resti di stucchi sui soffitti e attorno alle porte, segni di pitture con motivi floreali so- pravvissuti a improvvide ritinteggiature, e poi l’elegante androne con la scala che sale fino al terzo piano: corrima- no e ringhiere sono state portate via chissà da chi, così co- me tutti i caloriferi. La sorpresa arriva dallo scantinato: si apre una porta e ci si trova di fronte a quello che era il ca- veau dell’azienda, chiuso da una pesante porta blindata da 45 anni. Cosa ci sia dentro nessuno lo sa, probabilmente vecchi documenti. Possibile che una città dalle grandi tra- dizioni industriali e operaie come Legnano non riesca a mantenere in vita un luogo del genere? Anni fa, durante l’amministrazione Vitali, dall’opposi- zione venne la proposta di creare proprio nella palazzina Bernocchi un museo sulla storia industriale locale: fu ri- sposto, in sintesi, che l’area era privata e dunque il Comu- ne aveva le mani legate. Oggi però la questione si ripro- pone in un contesto cittadino dove la sensibilità verso il recupero della memoria storica è forse mutata: lo testimo- nianoisuccessidellevisiteorganizzateall’exManifattura einaltriluoghisimbolodiquellachefulaManchesterd’I- talia. La revisione del Pgt potrebbe essere in questo senso l’ultima occasione. L’assessore al Territorio, Antonio Ferrè, ha spiegato che si va verso un piano di recupero misto residenziale-commerciale con il vincolo di salvare la palazzina uffici e di destinarla ad altri usi. «Ma la prio- rità - ha rimarcato l’assessore - in questo momento è la messa in sicurezza delle sponde dell’Olona che in quel tratto non hanno ancora goduto di lavori e che sono il pri- mo passo verso ogni recupero». La burocrazia anche in questo caso peraltro non aiuta visto che il comparto è fra- zionato in più proprietà. Da ultima c’è infine una questione “morale” che è sul tap- peto da anni, ma anche in questo caso tutto rimane incom- prensibilmente fermo: la lapide che ricorda i lavoratori dellaBernocchicadutinellaGrandeGuerrainauguratanel 1924 su uno dei muri esterni della palazzina. Oggi non si vedeneppure,tantoèavvoltadallavegetazioneinfestante. Il sindaco Alberto Centinaio pare abbia adesso intenzio- ne di scrivere alla proprietà e di chiedere la possibilità di rimuoverla e di collocarla in un luogo più consono. Nella speranza un giorno di rimetterla al suo posto una volta re- staurato l’edificio. Un sogno? Per ora resta il degrado. Luca Nazari Così si presenta oggi la palazzina dell’ex tintoria Bernocchi di corso Garibaldi. A lato un’immagine degli interni e qui sopra la porta blindata del caveau che si trova nei sotterranei (l.c.) C’è un precedente che merita di essere ricor- dato, ed è quello della ex tessitura Agosti di via Mazzini. Quando nel luglio 2001 le ruspe abbat- terono la penultima ciminiera della città (adesso resta solo quella della Manifattura), l’ex dipenden- te Tonino Finotti iniziò una battaglia per salvare almeno le due lapidi di marmo che si trovavano all’ingresso: una era dedicata ai fondatori dell’a- zienda, Ettore e Romolo Agosti, l’altra ai dipen- denti caduti nella Grande guerra, a quelli vittime del lavoro e ai deportati nel campo di concentra- mento nazista di Mauthausen. Fondata nel 1900, la tessitura Agosti arrivò a occupare fino a 750 di- pendenti. Dopo il fallimento, avvenuto nel 1968, i titolari furono arrestati per bancarotta. Nel 2003 Fi- notti ottenne dalla giunta di Maurizio Cozzi di far posizionare le due lapidi nel giardino pubblico rea- lizzato tra la massicciata della ferrovia e tra le pa- lazzine costruite al posto della vecchia fabbrica. Le lapidi sono ancora lì, anche se nessuno le può leggere perché il giardino non è mai stato aperto. LelapididegliAgosti IL PRECEDENTE Quarantacinque anni di dibattito inutile Gli uffici della ex Tessitura Bernocchi furono abbandonati in fretta e furia poco meno di 45 anni fa, il 2 dicembre 1971. Dal 25 agosto i di- pendenti in sciopero (che in tutto erano 1.400) avevano occupato lo stabilimento, la speranza era quella di aiutare la proprietà nella trattativa per ottenere da Roma i finanziamenti che avrebbero potuto evitare il fallimento. I soldi non arrivarono, dopo mesi drammatici lo sta- bilimento fu sgomberato e iniziarono i sac- cheggi. Allora l’area della ex Tessitura fu di- visa in tre parti: quella più a nord fu acquisita dalla Tintoria Mottana (poi a sua volta liqui- data nel 2005), quella centrale fu affittata a di- verse aziende (oggi ospita ad esempio il Bir- rificio Legnanese), quella più a sud, compren- dente la palazzina degli uffici, restò abbando- nata a sé stessa. L’edificio, realizzato nei primi anni del Novecento era stato rivisitato nel Do- poguerra, quando erano stati coperti gli affre- schi e aggiornati gli impianti. Ma non aveva perso il suo fascino, che non era poi molto di- verso da quello che ancora oggi caratterizza PalazzoMalinvernioPalazzoPensotti,inpiaz- za Monumento. Per questo già vent’anni fa l’allorasindacoMarcoTurriavevachiestoal- la Sovrintendenza ai beni architettonici di por- re un vincolo di tutela sull’edificio. La richie- sta fu inviata il 22 maggio 1996, ma la Sovrin- tendenza non rispose mai. Ci riprovò nel 1999 lagiuntadiMaurizioCozzi,cheperònonebbe migliore fortuna. Poi nella notte tra il 16 e il 17 giugno 2003 un incendio appiccato da alcuni abusivi mandò in fumo 3 mila metri quadrati di capannone, Cozzi rispose ordinando al messa in sicurezza dell’area. Il che comportò l’abbat- timento dei capannoni distrutti, ma anche del ponte coperto che li collegava alla palazzina degli uffici. Da allora non è cambiato molto. Recentemente dei carotaggi hanno dimostrato che l’area ha bisogno di essere bonificata, l’idea dell’ammi- nistrazione di Alberto Centinaio non è poi di- versa da quella che aveva la giunta di Lorenzo Vitali. La palazzina storica andrebbe salva- guardata (come avevano detto a loro tempo Cozzi e Turri), per il resto bisognerebbe met- tere in sicurezza l’Olona, abbattere tutto e co- struire nuovi edifici a destinazione d’uso mi- sta, un po’ residenziale e un po’ commerciale. Le incognite però sono molte: il mercato del- l’edilizia in città è ancora in crisi (un esempio è l’intervento alle ex fonderie Tosi di via Ros- sini, che non decolla), inoltre proprio per via dell’interventosull’Olona,dellabonificaedel- la tutela della palazzina storica qui un interven- to risulterebbe meno conveniente che altrove. Mentre la città continua a discutere, il pur re- sistente edificio comincia a mostrare segni di cedimento. Nei giorni scorsi Centinaio ha emesso un’ordinanza di messa in sicurezza, entro i primi di settembre la proprietà dovrà provvedere a impedire l’accesso all’area. Così almeno quando gli uffici cominceranno a ca- dere a pezzi, nessuno si farà male. Luigi Crespi