1. “è la confluenza del
lavoro di alcuni
importanti architetti
che dal 1980 ad oggi
hanno adottato
approcci simili che
hanno avuto come
risultato forme molto
simili”.
Deconstructivist
Architecture,
a cura di Philip
Johnson e Mark
Wigley,
MoMA, 1988
4. <<I believe the projects in the Deconstructivist Architecture
exhibition at MOMA mark a different sensibility, one in
which the dream of pure form has been disturbed. Form is
no longer simply pure, it has become contaminated...
The roof-top re-modelling by Coop Himmelblau is a form
distorted by some alien organism, a roving, disruptive
animal breaking through the corner. Some twisted counter-
relief infects the octagonal box... the roof splits, shears and
buckles.
Deconstructivist Architecture seeks the unfamiliar within
the familiar, it displaces the context rather than acquiesces
to it. The projects in the exhibition do not ignore the
context, they are not unti-contextural. Rather, each makes
a very specific intervention in which elements of the
context become defamiliarised.>>
5. << The work in this exhibition is neither a projection into
the future nor simply a historicist remembrance of the past.
Rather, it attempts to get under the skin of the living
tradition, irritating it from within. Deconstructivist
architecture locates the frontiers, the limits of architecture
coiled up in everyday forms. It finds new territory within old
objects...
the projects are radical precisely because they do not play
in the sanctuaries of drawing, of theory or sculpture. They
inhabit the realm of building.
Each is buildable; each aim at building.
The structure is shaken but does not collapse. It is just
pushed to the point where it becomes unsettling...
frightening.>>
8. << This is not a new style. The projects don't even
share an aesthetic. What they share is the fact that each
produces an unsettling object by exploiting the hidden
potential of Modernism.
They all produce a devious architecture, a slippery
architecture that slides uncontrollably from the familiar
into the unfamiliar, promoting an uncanny sense of the
alien hidden within the familia, an architecture, finally,
which form distorts itself.>>
Mark Wigley, Deconstruction. Omnibus Volume, 1989
9. <<“Decostruzione. L’atto del decostruire… Scomporre il
costrutto delle parole in una frase”. “Smontare le parti di
un tutto”. “Decostruirsi… perdere la propria
costruzione”.>>
Jacques Derrida, “Lettera a un amico giapponese”, in
Rivista di estetica, 1984
10. <<Quando scopersi quella che ora si chiama ‘architettura
decostruttivista’, mi interessava il fatto che questi architetti
decostruivano gli aspetti essenziali della tradizione e
criticavano tutto ciò che subordinava l’architettura a
qualcos’altro – per esempio al valore dell’utile, del bello o
dell’abitabile – non per costruire qualcos’altro che fosse
inutile, brutto o inabitabile, ma per liberare l’architettura da
tutti questi obiettivi esterni… E non per ricostruire
un’architettura pura ed originale – ma al contrario per
mettere l’architettura in rapporto cn altri media e altre arti,
per contaminare l’architettura….>>
Jacques Derrida, intervista con Christopher Norris,
Architectural Design, 1989
11. <<Nel loro tormentato interrogarsi sui confini tra dentro e
fuori, sopra e sotto, presente e futuro, le immagini
decostruzioniste danno corpo a un dialogo dissonante col
contesto in cui sono inserite, del quale forniscono una
sorta di rilettura critica. Ciò differenzia il decostruzionismo
da quella corrente architettonica (regionalista,
contestualista, minimalista) che, in relazione
all’internazionalismo omologante del modernismo,
accentua il proprio riferimento alle specificità dei luoghi
nelle scelte morfologiche, tipologiche, nell’uso dei materiali,
eccetera, quasi a ritrovare in questo rapporto una sorta di
forza originaria o di verginità dell’atto progettuale>>
Bianca Bottero, Decostruzione in architettura e filosofia,
1991
12. - La questione della funzione
- La questione forma/spazialità
- La questione della tecnica
- La città contemporanea versus centri
storici, icone e memorie urbane
13.
14.
15. <<Il 28 novembre 1947 Artaud dichiara guerra agli organi…
“perché, legatemi se volte, ma non c’è nulla che sia più inutile
di un organo”. Si tratta di una sperimentazione che non è solo
radiofonica ma anche biologica, politica, e attira su di sé
censura e repressione. Corpus e Socius, politica e
sperimentazione. Non vi lasceranno sperimentare nel vostro
cantuccio…
Ci rendiamo conto a poco a poco, che il CsO non è per nulla il
contrario degli organi. I suoi nemici non sono gli organi, ma
questa organizzazione degli organi che si chiama organismo…
L’organismo non è assolutamente il corpo, il CsO, ma uno
strato sul CsO, cioè un fenomeno di accumulazione, di
coagulazione, di sedimentazione, che gli impone forme,
funzioni, collegamenti, organizzazioni dominanti e
gerarchizzate…>>
G.Deleuze, F.Guattari, Come farsi un corpo senza organi?, 1980
22. A specific aim: to
prove that it is
possible to construct
a complex
architectural
organization without
resorting to traditional
rules of composition,
hierarchy and order.
23. The principle of
superimposition of
three autonomous
systems of points,
lines and surfaces
was developed by
rejecting the totalizing
synthesis of objective
constraints evident in
the majority of large-
scale projects... the
parc became
architecture against
itself: a dis-
integration.
24. Another goal: to
displace the
traditional opposition
between program and
architecture, and to
deconstruct
architecture by
dismantling its
conventions, by using
concepts derived from
both architecture and
from elsewhere - from
cinema, literary
criticism and other
displines.
26. “Pranzare (funzione) nella Rotonda (forma) non è lo
stesso che leggere o nuotare al suo interno. In questo
caso tutte le relazioni gerarchiche tra forma e funzione
cessano di esistere. Queste improbabili combinazioni di
eventi e spazi sono state caricate di proprietà
sovversive, così esse hanno sfidato sia la funzione sia lo
spazio.”
Bernard Tschumi, Architecture and Disjunction, 1996
27. “Ero rimasto affascinato dal détournment delle strade di
Parigi durante gli eventi del Maggio, e avevo cominciato
a pensare simili forme di ‘uso improprio’ in molte grandi
città del mondo. In tali centri, a seguito della
concentrazione del potere economico, ogni azione
programmata o spontanea poteva assumere
immediatamente una dimensione imprevedibile.”
Bernard Tschumi, Architecture and Disjunction, 1996
28. “L’ultimo piacere dell’architettura è quell’impossibile
momento in cui un gesto architettonico portato
all’eccesso rivela le tracce della ragione e l’immediata
esperienza dello spazio.”
Bernard Tschumi, Architecture and Disjunction, 1996
32. 1969, Kennet Frampton
cura un simposio al
Museum of Modern Art
di New York con
Eisenman, John Hejduk,
Michael Graves,
Gwathmey & Siegel,
Richard Meier.
1972, pubblicazione del
volume Five Architects
33.
34. "Questo libro è il lavoro di due
architetti. Nessuno dei due può
essere definito uno storico o un
critico dell'architettura. Il lavoro
di entrambi può essere visto
come un tentativo di dislocare
le architetture di ciascuno dalle
specifiche condizioni storiche"
Peter Eisenman
"Giuseppe Terragni:
trasformazioni, scomposizioni,
critiche"
Quodlibet, 2005
35. "Un simile approccio comincia a suggerire le rilevanza di quella
che tipicamente viene liquidata come analisi puramente formale.
Comincia a suggerire la rilevanza di strategie formali viste come
parte di un'idea più problematica dell'approccio critico”
"tale lettura non si limita a produrre un testo come un tessuto di
tracce o un processo nel tempo; la particolare natura di questo
testo si può vedere come critica della storia di tutti i sistemi di
lettura stabili"
"Tutto quello che hai scritto su Terragni non contiene altro che la
spiegazione delle ragioni dei tuoi progetti" Francesco Dal Co
36. Casa del Fascio. Diagramma
assonometrico che mostra un
centro implicito quale risultato
dell'intersezione di quattro
piano. Diagramma
assonometrico che mostra un
centro implicito quale risultato
della relazione tra vuoto e
pieno. Diagramma
assonometrico che mostra
l'articolazione di quattro angoli
in un vuoto cubico tale da
avere angoli dominanti e un
centro recessivo. Diagramma
assonometrico che mostra
angoli pieni dominanti e un
vuoto centrale.
88. “Il Manhattanismo è la solo ideologia urbanistica che,
sin dal proprio concepimento, si sia alimentata degli
splendori e delle miserie della condizione
metropolitana – l’iper-densità – senza mai perdere la
fiducia in essa quale fondamento per un’auspicabile
cultura moderna. L’architettura di Manhattan è un
paradigma per lo sfruttamento della congestione.
La formulazione retroattiva del programma di
Manhattan è un’operazione polemica.”
89. “Essa pone in evidenza una serie di strategie, teoremi
e conquiste che non conferisce soltanto una logica e
una struttura al passato sviluppo della città, ma la cui
ininterrotta validità costituisce un argomento a favore di
una seconda ondata di Manhattanismo, questa volta
come dottrina esplicita, capace di trascendere le
proprie origini insulari per rivendicare un ruolo tra le
teroie urbanistiche contemporanee.
Prendendo Manhattan come guida questo libro
rappresenta un progetto per una ‘Cultura della
congestione’.”
Rem Koolhaas, Delirious New York, 1978
90.
91.
92.
93.
94. “L’Oma si è impegnato nella conservazione e nel riesame
della tradizione del cosiddetto ‘funzionalismo’ quale lo
illustrarono Leonidov, Melnikov, Mies a Berlino, Wright nella
Broadacre City, Hood nel Rockfeller Center: una campagna
tesa a conquistare il territorio dell’immaginazione
programmatica, in cui l’architettura potesse prendere parte
direttamente alla formazione dei contenuti di una cultura
fondata sulla densità, sulla tecnologia e su una definitiva
instabilità sociale.”
La nostra ‘nuova sobrietà’, in S,M,L,XL
95. Abitazioni in
Kochstrasse e
Friedrichstrasse, con
l’inserimento di altri
progetti moderni: in alto,
palazzo dell’Unione dei
lavoratori di Mendelson,
al centro, progetto
urbano di Hilberseimer,
in basso, il grattacielo di
vetro di Mies van der
Rohe, Berlino, 1980
98. “Laddove il parco tradizionale è una replica della natura dotata di
quel minimo di attrezzature necessarie per il diletto del pubblico,
il programma in questione presenta un’autentica foresta di
strumenti sociali, attrezzata con un minimo di elementi naturali.
(…) In considerazione di questi continui rimaneggiamenti,
anziché pensare in termini di design conviene proporre un
metodo che coniughi specificità architettonica e indeterminatezza
programmatica. In altri termini, concepiamo il progetto come una
strategia piuttosto che come un design...
(…) si tratta di stabilire come si possa, a partire da una
congestione orizzontale, progettare un condensatore sociale alla
scala di un parco.
Quale primo intervento, l’intero sito viene suddiviso in fasce
parallele (…). Questa disposizione a fasce richiama il
funzionamento del grattacielo, i cui piani sovrapposti accolgono
eventi programmatici diversi ma costituiscono nondimeno un
tutto che trascende la somma delle parti.”Parco della Villette, in S,M,L,XL
106. “Immaginare l’ultima biblioteca proprio quando la rivoluzione
elettronica si avvia a rimettere in causa ogni precedente
fondamento può sembrare una scommessa. (…) Ma il
maggiore interesse del programma risiede soprattutto
nell’indicare l’estrema funzione dell’architettura di fronte
all’atomizzazione elettronica: quella di creare spazi simbolici
che rispondano alla persistente esigenza di collettività.(…)
La biblioteca è interpretata come un blocco di informazione,
in cui sono immagazzinate tutte le forme di memoria: libri,
dischi ottici, microschede, programmi computerizzati… Gli
spazi pubblici vi sono dunque definiti come altrettanti vuoti
edilizi aperti nel blocco dell’informazione. Ognuno di essi si
presenta come una sorta di embrione sospeso nella distesa
dei magazzini e dotato di una propria placenta tecnologica”
La Biblioteca di Francia, in S,M,L,XL
195. Attraverso l’interconnessione tra circolazione interna e
percorsi pubblici, e l’alternanza tra cavità e spazi aperti
l’edificio condivide la sua dimensione pubblica con la città.
Allineandosi lungo l’asse del mare ed allungando le
braccia verso lo stadio di Sant’Elia, si integra inoltre
perfettamente nel contesto che lo ospita.
Il nuovo museo ricorda una concrezione corallina - vuota
all’interno, dalla superficie resistente e porosa – in grado di
accogliere, in un continuo scambio osmotico con
l’atmosfera esterna, attività culturali in un ambiente vivo e
dinamico.
La connessione tra i diversi percorsi che attraversano
l’edificio dà forma ad una struttura fluida, all’interno della
quale sono possibili diverse configurazioni.
196.
197. “L’erosione che forma una enorme cavità all’interno
della struttura articola il volume in una successione di
spazi aperti, luoghi di ritrovo ed installazioni d’arte
contemporanea. Tali spazi, visibili da differenti punti di
osservazione, consentono la reciproca percezione ed
il dialogo estetico tra l’arte nuragica e contemporanea.
La cavità interna consente la formazione di due
rivestimenti ininterrotti, l’uno contenuto nell’altro.”