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Il sistema di giustizia minorile e il
minore autore di reato
IL CONCETTO DI IMPUTABILITA’
Prima di entrare nel merito, appare importante
ricordare che il sistema penale minorile italiano si
costruisce intorno al concetto di imputabilità:per
poter procedere penalmente nei confronti di un
minore è necessario che questi sia imputabile,
ovvero che sia stata valutata la capacità del minore
per essere dichiarato responsabile di un reato e
essere sottoposto a una pena.
PRINCIPIO DI IMPUTABILITA’
L’art. 97 del codice penale indica che il minore
infraquattordicenne non è mai imputabile.
L’art. 98 del codice penale indica che "è imputabile
chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva
compiuto 14 anni ma non ancora i 18, se aveva
capacità di intendere e di volere."
Quindi, ai sensi dell’art. 98 del c.p., per i minori dai
14 ai 17 anni la capacità di intendere e di volere in
relazione al reato compiuto deve essere sempre
accertata, mentre per gli adulti autori di reato è
presunta.
AUTORITA’ GIUDIZIARIE
COMPETENTI
In ambito penale, il TM è l’organo competente a
decidere sulla responsabilità penale di un
minorenne. In sintesi:
il Tribunale per i Minorenni è competente per i
reati commessi dai minori degli anni diciotto;
il Tribunale per i Minorenni e il Magistrato di
sorveglianza per i minorenni esercitano le loro
competenze fino al compimento del 25° anno di
età del ragazzo (che ha commesso il reato da
minorenne);
il Tribunale per i Minorenni è un organo collegiale
specializzato, in quanto composto da quattro
giudici: due togati e due onorari, scelti tra i cultori
delle scienze umane (biologia, psichiatria,
antropologia criminale, pedagogia, psicologia).
Accanto a quella penale, la competenza del TM
riguarda ogni questione relativa alla tutela dei
minori anche in ambito civile e amministrativo.

In ambito civile di competenza del TM si
possono distinguere:
i provvedimenti relativi ai figli naturali (es.
riconoscimento di figlio naturale, dichiarazione di
paternità, tutela del minore, attribuzione di
cognome);
l’autorizzazione al matrimonio per i minori tra i 16
e i 18 anni, che può essere concessa, in deroga
al principio secondo cui non ci si può sposare
prima della maggiore età, solo quando esistano
gravi motivi che rendono opportuno il matrimonio
e sia comprovata la maturità psico-fisica del
minore;
i provvedimenti in materia di limitazione o
privazione della potestà genitoriale e di ordine di
allontanamento dalla casa familiare per i genitori
con una condotta che sia pregiudizievole per i
figli;
i provvedimenti attinenti i procedimenti di
adozione nazionale e internazionale (Legge n.
184 del 1983 come modificata dalla legge n.
1412 del 2001 e dalla legge n. 476 del 1998) e di
adozione in casi speciali.
In ambito amministrativo la legge prevede
la predisposizione di alcuni strumenti di protezione dei minori a rischio sociale
per evitare la possibilità che il minore sia implicato in situazioni di rilevanza penale.
Tali misure, volte a controllare la condotta del minore anche se contro di lui non pende
alcun procedimento penale, possono essere adottate dal TM quando il minore provi, con
la propria condotta, alcune irregolarità caratteriali. Le misure in questione possono
essere fatte cessare in qualsiasi momento.
le competenze dei vari organi giudiziari.
●

●

●

Procura della
Repubblica
presso il
Tribunale per i
minorenni
Pubblico
Ministero P.M
Tribunale di
Sorveglianza

●

●

●

Tribunale per i
Minorenni T.M.

Giudice per le
Indagini Preliminari
– G.I.P.
Giudice
nell’Udienza
Preliminare G.U.P.

●

Corte
d’Appello C.d.A.

Collegio
giudicante
le competenze dei vari organi giudiziari.
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i
minorenni
●

E’ l’Ufficio del Pubblico Ministero minorile. Organo
inquirente, è titolare dell’azione penale che esercita
nei confronti dei minorenni imputati di reato (fascia
di età 14-18 anni al momento del fatto-reato),
nonché delle iniziative nei procedimenti civili
(adottabilità, de potestate, cioè relativi ai rapporti
con esercenti la potestà genitoriale), a tutela dei
minori, nonché i cosiddetti “amministrativi”
riguardanti i minori per eventuale applicazione di
misure rieducative
Tribunale per i Minorenni - T.M.
E’ un organo giudiziario ordinario di primo grado,
specializzato e a composizione mista, formato cioè
da giudici professionali (detti anche “giudici togati”) e
da giudici onorari (detti anche “componenti privati”),
ossia esperti delle tematiche minorili, presente nei 29
capoluoghi di distretto di Corte d’Appello. Ha funzioni
di giudice di primo grado per tutti gli affari penali e
per i procedimenti civili (adottabilità, de potestate,
cioè relativi ai rapporti con esercenti la potestà
genitoriale), a tutela dei minori, nonché i cosiddetti
“amministrativi” riguardanti i minori per eventuale
applicazione di misure rieducative
Corte d’Appello - C.d.A.
La Corte d’Appello è un organo giudiziario di
secondo grado, che giudica in forma collegiale sulle
decisioni emesse dal Tribunale di primo grado
(Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario).
In essa vi è una sezione specializzata per i
minorenni, anch’essa a composizione mista (tre
consiglieri togati affiancati da due consiglieri onorari),
che tratta gli appelli contro i provvedimenti in materia
civile e penale dei Tribunali per i minorenni.
Pubblico Ministero - P.M.
E’ un magistrato della Procura della Repubblica che svolge le indagini e sostiene
l’accusa a seguito della commissione di reati. Le sue funzioni sono: conduzione delle
indagini e, in caso ci siamo elementi per sostenere l’accusa, formulazione
dell’imputazione e richiesta di rinvio a giudizio. In campo civile ha funzioni inquirenti a
tutela dei minori.
Giudice per le Indagini Preliminari - G.I.P.
E’unmagistrato che decide su singole questioni che riguardano la fase delle indagini
preliminari e assume prove non rinviabili al dibattimento.
Il G.I.P. minorile ha principalmente due funzioni: pronuncia dei primi provvedimenti
relativi alla libertà personale e decisione di non luogo a procedere per irrilevanza del
fatto.
Giudice nell’Udienza Preliminare - G.U.P.
In ambito minorile è un organo collegiale composto da un giudice togato e due (un
uomo e una donna) giudici onorari. Formalmente il P.M. minorile cita il/la minorenne
davanti al G.U.P. minorile chiedendone il rinvio a giudizio dibattimentale davanti al
T.M. In udienza preliminare i procedimenti possono anche essere definiti con rito
abbreviato (che prevede di regola una decisione allo stato degli atti, con uno sconto
di un terzo di pena in caso di condanna) e, in taluni casi, con la condanna a sanzioni
sostitutive (libertà controllata e semidetenzione)
Magistrato di Sorveglianza
E’ un magistrato che ha il compito di vigilare sull’esecuzione delle
condanne e delle misure di sicurezza, di autorizzare permessi e
licenze ai detenuti e difissare le modalità di esecuzione delle sanzioni
sostitutive (libertà controllata, semidetenzione).
Il magistrato di sorveglianza minorile ha competenza nei confronti dei
condannati per reati commessi durante la minore età fino al
compimento dei 25 anni.
Tribunale di Sorveglianza
E’ una delle funzioni dello stesso Tribunale per i minorenni, nella
composizione collegiale di due giudici togati e due onorari. Provvede in
particolare, in ordine alla misure alternative alla detenzione
(affidamento in prova al Servizio Sociale, detenzione domiciliare,
semilibertà).
Collegio giudicante
Nel procedimento penale minorile le decisioni possono essere prese, a seconda
della fase del procedimento, oltre che da un giudice monocratico (G.I.P.) da un
organo collegiale: in udienza preliminare il Collegio è composto da un giudice togato
e da due giudici onorari (un uomo e una donna); in udienza dibattimentale il Collegio
è composto da due giudici togati e da due giudici onorari (un uomo e una donna).
Nelle altre materie (civile e amministrativa) la composizione del Collegio giudicante è
di due giudici togati e due giudici onorari (un uomo e una donna). Il giudice togato è
un magistrato e in ambito penale non può essere la medesima persona nelle fasi di
indagine preliminare e di udienza preliminare di uno stesso procedimento. Il giudice
onorario è un esperto delle tematiche minorili, definito “cittadino benemerito
dell’assistenza sociale, cultore della biologia, psichiatria, antropologia criminale,
pedagogia o psicologia” ai sensi dell’art.2 R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404 e successive
modifiche, che abbia compiuto 30 anni”. Viene nominato dal Consiglio Superiore
della Magistratura per un mandato di tre anni rinnovabile per due volte.
IL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER I MINORENNI
Il D.P.R.488 del 1988 intitolato “Approvazione delle disposizioni sul processo penale
a carico di imputati minorenni” stabilisce che le disposizioni in esso contenute si
osservano nei procedimenti a carico di minorenni e che, per quanto in esso non
previsto, si applicano quelle del codice di procedura penale (art.1).
Con il codice di procedura penale si intende garantire una modalità processuale che
riconosca che il processo penale minorile sia un evento delicato e importante nella
vita del minore che deve essere adeguato alle esigenze di una personalità in fase
evolutiva: ciò determina la previsione di un processo che, pur mantenendo le
garanzie del processo penale ordinario, limita, per quanto possibile, gli effetti dannosi
che il contatto con il circuito penale necessariamente determina sul soggetto
coinvolto. Viene così a delinearsi un sistema di giustizia differenziato, con il
passaggio del minore da oggetto di protezione a soggetto titolare di diritti specifici,
che necessitano di specifica tutela: per la prima volta, nel nostro ordinamento, il
D.P.R. parla esplicitamente di interesse del minore, esigenze educative e tutela del
minore.
principio di
a

deguatezza

princ
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minim
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principi che ispirano l’operato del sistema della
Giustizia minorile

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de

il principio di autoselettività
del processo penale
principio di adeguatezza

Il processo penale minorile deve adeguarsi, sia nella sua concezione
generale, sia nella sua applicazione concreta, alla personalità del
minore e alle sue esigenze educative, in quanto deve essere teso alla
reintegrazione del minore nella società. Il processo penale, quindi,
come sede di verifica del possibile disagio del ragazzo, deve tendere a
restituire il soggetto alla normalità della vita sociale, evitando gli
interventi che possano destrutturarne la personalità. Ciò comporta la
necessità che tutti i soggetti coinvolti nel processo debbano tenere
conto delle caratteristiche di personalità del ragazzo e delle sue
esigenze educative, che devono essere i parametri a cui commisurare
le scelte da adottare in sede processuale.
Art. 1 del D.P.R. 448/88 - Il processo deve avere finalità educative e
responsabilizzanti. Infatti il giudice ha il compito di illustrare il significato
del processo, i contenuti, le ragioni, anche etico-sociali delle decisioni.
principio di minima offensività

Con tale principio viene generalmente evidenziata l’esigenza di
tenere in considerazione come il contatto del minore con il
sistema penale possa creare rischi allo sviluppo armonico della
sua personalità e comprometterne l’immagine anche sociale con
conseguente pericolo di marginalità. Ciò comporta il vincolo per i
giudici e gli operatori di preoccuparsi nelle loro decisioni di non
interrompere i processi educativi in atto evitando il più possibile
l’ingresso del minore nel circuito penale consentendogli per
quanto possibile di usufruire di strumenti alternativi.
principio di minima offensività
Operativamente, obiettivo di tale principio è quello di favorire una rapida uscita del minore dal circuito
penale non interrompendo i processi educativi in atto attraverso misure quali:
●

●

●

●

●

(art.32 del D.P.R. 448/88) Perdono giudiziale: quando si presume che il minorenne si asterrà dal
commettere ulteriori reati. Già previsto dall’art.19 del R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404.
(art.27 del D.P.R. 448/88) Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto: si applica quando il reato è
tenue, occasionale e l’ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe le esigenze educative del
minore. Il giudice, su richiesta del P.M., può applicare una misura di sicurezza.
(art.20 del D.P.R. 448/88) Prescrizioni. Il Giudice può impartire, nell’ambito delle misure cautelari, regole
di condotta inerenti attività di studio, lavoro o altre attività utili alla sua educazione, con contemporaneo
affidamento del minore al controllo e all'assistenza dei Servizi minorili dell'Amministrazione della
Giustizia
(art.21 del D.P.R. 448/88) Permanenza in casa. Il giudice può prescrivere la misura cautelare non
detentiva della permanenza in casa, che prevede l’obbligo per il minore di stare presso l'abitazione
familiare o altro luogo di privata dimora, con ampia discrezionalità da parte del giudice in ordine alle
esigenze di studio o di lavoro o altre attività utili all'educazione del minore, con compiti di vigilanza
attribuiti al genitore o alle persone nella cui abitazione è disposta la permanenza.
(art. 28 del D.P.R. 448/88) Sospensione del processo e messa alla prova. Il giudice, sentite le parti, può
disporre la sospensione del processo e la messa alla prova per un periodo non superiore a tre anni
quando ritiene di dover valutare la personalità del minore sulla base di un progetto di intervento
elaborato dai Servizi Sociali del Dipartimento Giustizia Minorile in collaborazione con i Servizi Sociali
dell’Ente locale al quale il minorenne deve dare la propria adesione e che, in genere, prevede il
coinvolgimento della famiglia del minore e del contesto sociale - scuola, ente di formazione, datore di
lavoro. Questo istituto giuridico si rifà all'impianto filosofico della probation inglese .
principio di destigmatizzazione

Sempre al fine di evitare al minore il pregiudizio alla sua immagine che
può derivargli dal contatto con il processo penale, l’ordinamento tende
a garantire la tutela della riservatezza e dell’anonimato rispetto alla
società esterna. Ciò avviene attraverso varie modalità quali, in
particolare:
il divieto per i mezzi di comunicazione di massa di diffondere le
immagini e le informazioni sull’identità del minore;
lo svolgimento del processo senza la presenza del pubblico, in deroga
al principio generale della pubblicità del processo penale (c.d.
processo a porte chiuse). Tale disposizione può essere derogata solo
su richiesta espressa del minore, che abbia già compiuto i sedici anni,
e nel suo esclusivo interesse;
la possibilità di cancellazione dei precedenti giudiziari dal casellario
giudiziale al compimento del diciottesimo anno d’età.
principio di residualità della detenzione

In base a tale principio l’ordinamento prevede strumenti adeguati
affinché la carcerazione sia l’ultima e residuale misura da applicarsi
(extrema ratio). Sono state a tal fine previste misure completamente
nuove tese a responsabilizzare un minore e a ridurre l’impatto
costrittivo ed afflittivo di modo che la carcerazione (sia cautelare sia
quale esecuzione della pena) sia limitata al caso in cui vi siano
insopprimibili preoccupazioni di difesa sociale altrimenti non tutelabili.
(Art.22 del D.P.R. 448/88) Questo principio trova applicazione in
misure, qualila Comunità. Il giudice può ordinare il collocamento del
minore in comunità, misura cautelare di livello intermedio tra la
permanenza in casa e la custodia in carcere, ove sono rilevanti le
iniziative di ri-socializzazione e re-inserimento sociale attivate dagli enti
locali e dal privato sociale
il principio di autoselettività del processo penale

Tale principio tende a garantire il primato delle esperienze educative
del minore sulla stessa prosecuzione del processo penale che viene
pertanto, in un certo senso, ad “autolimitarsi”. Sulla base delle
informazioni raccolte con riferimento alla personalità, la famiglia e
l’ambiente di vita del minore, oltre che sul reato, il processo può
chiudersi con la dichiarazione di “irrilevanza del fatto”. Sempre nella
stessa ottica il processo può essere sospeso per dare avvio a un
percorso operativo che sostituisce il giudizio processuale attraverso la
c.d. messa alla prova, intesa appunto quale programma finalizzato ad
approfondire le conoscenze sulla personalità del minore e mettere alla
prova le capacità di cambiamento e di recupero.
in tale contesto appare evidente l’importanza dei Servizi Sociali,
sia dipendenti dal Ministero della Giustizia che dagli Enti Locali,
ai quali il D.P.R. 448/88 attribuisce fondamentali compiti di partecipazione e
collaborazione volti ad integrare
l’attività giurisdizionali
LE MISURE DI SICUREZZA

Il D.P.R. stabilisce anche quali siano le misure di sicurezza applicabili
al minore ossia: la libertà vigilata e il riformatorio giudiziario (art.36) [2].
Va sottolineato come il legislatore abbia dedicato un ampio spazio alle
misure di sicurezza, con l’intenzione non di mutarne gli aspetti
sostanziali rispetto a quelle applicabili ai maggiori di età, bensì di
ridisciplinarne gli aspetti esecutivi, adattandoli alle esigenze educative
del minore.
(art.36 del D.P.R. 448/88) Sono applicabili ai minorenni non imputabili
ai sensi degli artt.97 e 98 c.p. (per non aver compiuto gli anni 14 o per
“incapacità di intendere e di volere”, cosiddetta immaturità) autori di
reato e ai minorenni condannati;
nei confronti di minorenni la libertà vigilata è eseguita nelle forme
previste dall’art. 20 e 21 del D.P.R. 448/1988 e la misura del
riformatorio giudiziario è applicata soltanto per i delitti previsti dall’art.
23 ed è eseguita nelle forme dell’art. 22 del D.P.R. 448/1988 .
ALCUNE FORME DI TUTELA GARANTITE DALLA LEGGE
LA TUTELA PERSONALE DAI MEDIA
L’art.13 del D.P.R. 448/88 prevede una particolare tutela per i minori sottoposti a
procedimenti penali e recita testualmente “Sono vietate la pubblicazione e la
divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire
l’identificazione del minorenne comunque coinvolto nel procedimenti. La disposizione
precedente non si applica dopo l’inizio del dibattimento se il tribunale procede in udienza
pubblica”.
DIMINUENTE DELLA MINORE ETA’
L’art.98 c.p., prevede che nella determinazione della pena si tenga conto della
diminuente della minore età, in misura non eccedente un terzo, come previsto dall’art. 65
del codice penale.
PERMESSI PREMIO PER I MINORENNI
Ai sensi del comma 2, dell’art. 30 ter della legge 354/1975 (ordinamento penitenziario) ai
condannati per la minore età possono essere concessi permessi premio della durata non
superiore a 20 giorni ciascuno (anziché 15 giorni per gli adulti), per un totale di 60 giorni
per ciascun anno di espiazione di pena (anziché 45 giorni per gli adulti)
VITTO GIORNALIERO PER I MINORENNI
L’art.11, comma 3, del D.P.R. 230/2000 “Regolamento di esecuzione” prevede che ai
minorenni detenuti siano somministrati giornalmente 4 pasti intervallati, anziché i 3
previsti per gli adulti.
In occasione del Ramadan i minori detenuti, nel rispetto della fede religiosa di ciascuno,
possono consumare i pasti prima dell’alba e dopo il tramonto ed è consentito sostituire le
pietanze a base di carne suina previste nelle tabelle vittuarie.
DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO
In virtù del decentramento amministrativo sono state demandate alle Regioni e agli Enti locali
competenze e funzioni precedentemente appartenenti alla Giustizia Minorile e,
conseguentemente, sono state trasferite a tali Amministrazione le relative risorse finanziarie.
trasferimento alle Regioni delle funzioni socio-assistenziali e dell’assistenza scolastica” D.P.R.
24 luglio 1977, n.616;
trasferimento alle Regioni in materia di formazione professionale- Legge 21 dicembre 1978, n.
845;
disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità per l’infanzia e l’adolescenza - Legge 28
agosto 1997, n.285;
linee guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti
dell’Autorità Giudiziaria redatto dalla Commissione Nazionale Consultiva e di coordinamento
per i rapporti con le Regioni, gli Enti Locali e il Volontariato a marzo 2008;
linee guida in materia di formazione professionale e lavoro per le persone soggette a
provvedimenti penali redatte dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti
giudiziari il 3 aprile 2009;
legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, legge 8
novembre 2000, n.328;
istituzione del Dipartimento Giustizia Minorile - D.P.R. 6 marzo 2001, n.55
decentramento di funzioni e risorse alle Regioni e agli Enti Locali - Legge costituzionale del 18
ottobre 2001, n. 3;
riforma sanità penitenziaria - Trasferimento dell’assistenza sanitaria in ambito penitenziario al
Servizio Sanitario Nazionale ovvero delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse
finanziarie, delle attrezzature e dei beni strumentale. L’assistenza sanitaria viene assicurata
attraverso le ASL - D.P.C.M. 1° aprile 2008 e D.lvo 230/1999.
D. P. R. 22.09.1988, n° 448
Disposizioni sul processo penale a
carico di imputati minorenni

http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?
urn:nir:stato:decreto.presidente.repub
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  • 1. Il sistema di giustizia minorile e il minore autore di reato IL CONCETTO DI IMPUTABILITA’ Prima di entrare nel merito, appare importante ricordare che il sistema penale minorile italiano si costruisce intorno al concetto di imputabilità:per poter procedere penalmente nei confronti di un minore è necessario che questi sia imputabile, ovvero che sia stata valutata la capacità del minore per essere dichiarato responsabile di un reato e essere sottoposto a una pena.
  • 2. PRINCIPIO DI IMPUTABILITA’ L’art. 97 del codice penale indica che il minore infraquattordicenne non è mai imputabile. L’art. 98 del codice penale indica che "è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni ma non ancora i 18, se aveva capacità di intendere e di volere." Quindi, ai sensi dell’art. 98 del c.p., per i minori dai 14 ai 17 anni la capacità di intendere e di volere in relazione al reato compiuto deve essere sempre accertata, mentre per gli adulti autori di reato è presunta.
  • 3. AUTORITA’ GIUDIZIARIE COMPETENTI In ambito penale, il TM è l’organo competente a decidere sulla responsabilità penale di un minorenne. In sintesi: il Tribunale per i Minorenni è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto; il Tribunale per i Minorenni e il Magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le loro competenze fino al compimento del 25° anno di età del ragazzo (che ha commesso il reato da minorenne); il Tribunale per i Minorenni è un organo collegiale specializzato, in quanto composto da quattro giudici: due togati e due onorari, scelti tra i cultori delle scienze umane (biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia, psicologia). Accanto a quella penale, la competenza del TM riguarda ogni questione relativa alla tutela dei minori anche in ambito civile e amministrativo. In ambito civile di competenza del TM si possono distinguere: i provvedimenti relativi ai figli naturali (es. riconoscimento di figlio naturale, dichiarazione di paternità, tutela del minore, attribuzione di cognome); l’autorizzazione al matrimonio per i minori tra i 16 e i 18 anni, che può essere concessa, in deroga al principio secondo cui non ci si può sposare prima della maggiore età, solo quando esistano gravi motivi che rendono opportuno il matrimonio e sia comprovata la maturità psico-fisica del minore; i provvedimenti in materia di limitazione o privazione della potestà genitoriale e di ordine di allontanamento dalla casa familiare per i genitori con una condotta che sia pregiudizievole per i figli; i provvedimenti attinenti i procedimenti di adozione nazionale e internazionale (Legge n. 184 del 1983 come modificata dalla legge n. 1412 del 2001 e dalla legge n. 476 del 1998) e di adozione in casi speciali.
  • 4. In ambito amministrativo la legge prevede la predisposizione di alcuni strumenti di protezione dei minori a rischio sociale per evitare la possibilità che il minore sia implicato in situazioni di rilevanza penale. Tali misure, volte a controllare la condotta del minore anche se contro di lui non pende alcun procedimento penale, possono essere adottate dal TM quando il minore provi, con la propria condotta, alcune irregolarità caratteriali. Le misure in questione possono essere fatte cessare in qualsiasi momento.
  • 5. le competenze dei vari organi giudiziari. ● ● ● Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni Pubblico Ministero P.M Tribunale di Sorveglianza ● ● ● Tribunale per i Minorenni T.M. Giudice per le Indagini Preliminari – G.I.P. Giudice nell’Udienza Preliminare G.U.P. ● Corte d’Appello C.d.A. Collegio giudicante
  • 6. le competenze dei vari organi giudiziari. Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni ● E’ l’Ufficio del Pubblico Ministero minorile. Organo inquirente, è titolare dell’azione penale che esercita nei confronti dei minorenni imputati di reato (fascia di età 14-18 anni al momento del fatto-reato), nonché delle iniziative nei procedimenti civili (adottabilità, de potestate, cioè relativi ai rapporti con esercenti la potestà genitoriale), a tutela dei minori, nonché i cosiddetti “amministrativi” riguardanti i minori per eventuale applicazione di misure rieducative
  • 7. Tribunale per i Minorenni - T.M. E’ un organo giudiziario ordinario di primo grado, specializzato e a composizione mista, formato cioè da giudici professionali (detti anche “giudici togati”) e da giudici onorari (detti anche “componenti privati”), ossia esperti delle tematiche minorili, presente nei 29 capoluoghi di distretto di Corte d’Appello. Ha funzioni di giudice di primo grado per tutti gli affari penali e per i procedimenti civili (adottabilità, de potestate, cioè relativi ai rapporti con esercenti la potestà genitoriale), a tutela dei minori, nonché i cosiddetti “amministrativi” riguardanti i minori per eventuale applicazione di misure rieducative
  • 8. Corte d’Appello - C.d.A. La Corte d’Appello è un organo giudiziario di secondo grado, che giudica in forma collegiale sulle decisioni emesse dal Tribunale di primo grado (Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario). In essa vi è una sezione specializzata per i minorenni, anch’essa a composizione mista (tre consiglieri togati affiancati da due consiglieri onorari), che tratta gli appelli contro i provvedimenti in materia civile e penale dei Tribunali per i minorenni.
  • 9. Pubblico Ministero - P.M. E’ un magistrato della Procura della Repubblica che svolge le indagini e sostiene l’accusa a seguito della commissione di reati. Le sue funzioni sono: conduzione delle indagini e, in caso ci siamo elementi per sostenere l’accusa, formulazione dell’imputazione e richiesta di rinvio a giudizio. In campo civile ha funzioni inquirenti a tutela dei minori. Giudice per le Indagini Preliminari - G.I.P. E’unmagistrato che decide su singole questioni che riguardano la fase delle indagini preliminari e assume prove non rinviabili al dibattimento. Il G.I.P. minorile ha principalmente due funzioni: pronuncia dei primi provvedimenti relativi alla libertà personale e decisione di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Giudice nell’Udienza Preliminare - G.U.P. In ambito minorile è un organo collegiale composto da un giudice togato e due (un uomo e una donna) giudici onorari. Formalmente il P.M. minorile cita il/la minorenne davanti al G.U.P. minorile chiedendone il rinvio a giudizio dibattimentale davanti al T.M. In udienza preliminare i procedimenti possono anche essere definiti con rito abbreviato (che prevede di regola una decisione allo stato degli atti, con uno sconto di un terzo di pena in caso di condanna) e, in taluni casi, con la condanna a sanzioni sostitutive (libertà controllata e semidetenzione)
  • 10. Magistrato di Sorveglianza E’ un magistrato che ha il compito di vigilare sull’esecuzione delle condanne e delle misure di sicurezza, di autorizzare permessi e licenze ai detenuti e difissare le modalità di esecuzione delle sanzioni sostitutive (libertà controllata, semidetenzione). Il magistrato di sorveglianza minorile ha competenza nei confronti dei condannati per reati commessi durante la minore età fino al compimento dei 25 anni. Tribunale di Sorveglianza E’ una delle funzioni dello stesso Tribunale per i minorenni, nella composizione collegiale di due giudici togati e due onorari. Provvede in particolare, in ordine alla misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al Servizio Sociale, detenzione domiciliare, semilibertà).
  • 11. Collegio giudicante Nel procedimento penale minorile le decisioni possono essere prese, a seconda della fase del procedimento, oltre che da un giudice monocratico (G.I.P.) da un organo collegiale: in udienza preliminare il Collegio è composto da un giudice togato e da due giudici onorari (un uomo e una donna); in udienza dibattimentale il Collegio è composto da due giudici togati e da due giudici onorari (un uomo e una donna). Nelle altre materie (civile e amministrativa) la composizione del Collegio giudicante è di due giudici togati e due giudici onorari (un uomo e una donna). Il giudice togato è un magistrato e in ambito penale non può essere la medesima persona nelle fasi di indagine preliminare e di udienza preliminare di uno stesso procedimento. Il giudice onorario è un esperto delle tematiche minorili, definito “cittadino benemerito dell’assistenza sociale, cultore della biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia o psicologia” ai sensi dell’art.2 R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404 e successive modifiche, che abbia compiuto 30 anni”. Viene nominato dal Consiglio Superiore della Magistratura per un mandato di tre anni rinnovabile per due volte.
  • 12. IL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER I MINORENNI Il D.P.R.488 del 1988 intitolato “Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni” stabilisce che le disposizioni in esso contenute si osservano nei procedimenti a carico di minorenni e che, per quanto in esso non previsto, si applicano quelle del codice di procedura penale (art.1). Con il codice di procedura penale si intende garantire una modalità processuale che riconosca che il processo penale minorile sia un evento delicato e importante nella vita del minore che deve essere adeguato alle esigenze di una personalità in fase evolutiva: ciò determina la previsione di un processo che, pur mantenendo le garanzie del processo penale ordinario, limita, per quanto possibile, gli effetti dannosi che il contatto con il circuito penale necessariamente determina sul soggetto coinvolto. Viene così a delinearsi un sistema di giustizia differenziato, con il passaggio del minore da oggetto di protezione a soggetto titolare di diritti specifici, che necessitano di specifica tutela: per la prima volta, nel nostro ordinamento, il D.P.R. parla esplicitamente di interesse del minore, esigenze educative e tutela del minore.
  • 13. principio di a deguatezza princ ipio d i minim a off ensiv ità principi che ispirano l’operato del sistema della Giustizia minorile p de di r rinc lla es ip de idu io te ali nz tà io ne di ione o ipi zzaz c rin ati p m g st i de il principio di autoselettività del processo penale
  • 14. principio di adeguatezza Il processo penale minorile deve adeguarsi, sia nella sua concezione generale, sia nella sua applicazione concreta, alla personalità del minore e alle sue esigenze educative, in quanto deve essere teso alla reintegrazione del minore nella società. Il processo penale, quindi, come sede di verifica del possibile disagio del ragazzo, deve tendere a restituire il soggetto alla normalità della vita sociale, evitando gli interventi che possano destrutturarne la personalità. Ciò comporta la necessità che tutti i soggetti coinvolti nel processo debbano tenere conto delle caratteristiche di personalità del ragazzo e delle sue esigenze educative, che devono essere i parametri a cui commisurare le scelte da adottare in sede processuale. Art. 1 del D.P.R. 448/88 - Il processo deve avere finalità educative e responsabilizzanti. Infatti il giudice ha il compito di illustrare il significato del processo, i contenuti, le ragioni, anche etico-sociali delle decisioni.
  • 15. principio di minima offensività Con tale principio viene generalmente evidenziata l’esigenza di tenere in considerazione come il contatto del minore con il sistema penale possa creare rischi allo sviluppo armonico della sua personalità e comprometterne l’immagine anche sociale con conseguente pericolo di marginalità. Ciò comporta il vincolo per i giudici e gli operatori di preoccuparsi nelle loro decisioni di non interrompere i processi educativi in atto evitando il più possibile l’ingresso del minore nel circuito penale consentendogli per quanto possibile di usufruire di strumenti alternativi.
  • 16. principio di minima offensività Operativamente, obiettivo di tale principio è quello di favorire una rapida uscita del minore dal circuito penale non interrompendo i processi educativi in atto attraverso misure quali: ● ● ● ● ● (art.32 del D.P.R. 448/88) Perdono giudiziale: quando si presume che il minorenne si asterrà dal commettere ulteriori reati. Già previsto dall’art.19 del R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404. (art.27 del D.P.R. 448/88) Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto: si applica quando il reato è tenue, occasionale e l’ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe le esigenze educative del minore. Il giudice, su richiesta del P.M., può applicare una misura di sicurezza. (art.20 del D.P.R. 448/88) Prescrizioni. Il Giudice può impartire, nell’ambito delle misure cautelari, regole di condotta inerenti attività di studio, lavoro o altre attività utili alla sua educazione, con contemporaneo affidamento del minore al controllo e all'assistenza dei Servizi minorili dell'Amministrazione della Giustizia (art.21 del D.P.R. 448/88) Permanenza in casa. Il giudice può prescrivere la misura cautelare non detentiva della permanenza in casa, che prevede l’obbligo per il minore di stare presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora, con ampia discrezionalità da parte del giudice in ordine alle esigenze di studio o di lavoro o altre attività utili all'educazione del minore, con compiti di vigilanza attribuiti al genitore o alle persone nella cui abitazione è disposta la permanenza. (art. 28 del D.P.R. 448/88) Sospensione del processo e messa alla prova. Il giudice, sentite le parti, può disporre la sospensione del processo e la messa alla prova per un periodo non superiore a tre anni quando ritiene di dover valutare la personalità del minore sulla base di un progetto di intervento elaborato dai Servizi Sociali del Dipartimento Giustizia Minorile in collaborazione con i Servizi Sociali dell’Ente locale al quale il minorenne deve dare la propria adesione e che, in genere, prevede il coinvolgimento della famiglia del minore e del contesto sociale - scuola, ente di formazione, datore di lavoro. Questo istituto giuridico si rifà all'impianto filosofico della probation inglese .
  • 17. principio di destigmatizzazione Sempre al fine di evitare al minore il pregiudizio alla sua immagine che può derivargli dal contatto con il processo penale, l’ordinamento tende a garantire la tutela della riservatezza e dell’anonimato rispetto alla società esterna. Ciò avviene attraverso varie modalità quali, in particolare: il divieto per i mezzi di comunicazione di massa di diffondere le immagini e le informazioni sull’identità del minore; lo svolgimento del processo senza la presenza del pubblico, in deroga al principio generale della pubblicità del processo penale (c.d. processo a porte chiuse). Tale disposizione può essere derogata solo su richiesta espressa del minore, che abbia già compiuto i sedici anni, e nel suo esclusivo interesse; la possibilità di cancellazione dei precedenti giudiziari dal casellario giudiziale al compimento del diciottesimo anno d’età.
  • 18. principio di residualità della detenzione In base a tale principio l’ordinamento prevede strumenti adeguati affinché la carcerazione sia l’ultima e residuale misura da applicarsi (extrema ratio). Sono state a tal fine previste misure completamente nuove tese a responsabilizzare un minore e a ridurre l’impatto costrittivo ed afflittivo di modo che la carcerazione (sia cautelare sia quale esecuzione della pena) sia limitata al caso in cui vi siano insopprimibili preoccupazioni di difesa sociale altrimenti non tutelabili. (Art.22 del D.P.R. 448/88) Questo principio trova applicazione in misure, qualila Comunità. Il giudice può ordinare il collocamento del minore in comunità, misura cautelare di livello intermedio tra la permanenza in casa e la custodia in carcere, ove sono rilevanti le iniziative di ri-socializzazione e re-inserimento sociale attivate dagli enti locali e dal privato sociale
  • 19. il principio di autoselettività del processo penale Tale principio tende a garantire il primato delle esperienze educative del minore sulla stessa prosecuzione del processo penale che viene pertanto, in un certo senso, ad “autolimitarsi”. Sulla base delle informazioni raccolte con riferimento alla personalità, la famiglia e l’ambiente di vita del minore, oltre che sul reato, il processo può chiudersi con la dichiarazione di “irrilevanza del fatto”. Sempre nella stessa ottica il processo può essere sospeso per dare avvio a un percorso operativo che sostituisce il giudizio processuale attraverso la c.d. messa alla prova, intesa appunto quale programma finalizzato ad approfondire le conoscenze sulla personalità del minore e mettere alla prova le capacità di cambiamento e di recupero. in tale contesto appare evidente l’importanza dei Servizi Sociali, sia dipendenti dal Ministero della Giustizia che dagli Enti Locali, ai quali il D.P.R. 448/88 attribuisce fondamentali compiti di partecipazione e collaborazione volti ad integrare l’attività giurisdizionali
  • 20. LE MISURE DI SICUREZZA Il D.P.R. stabilisce anche quali siano le misure di sicurezza applicabili al minore ossia: la libertà vigilata e il riformatorio giudiziario (art.36) [2]. Va sottolineato come il legislatore abbia dedicato un ampio spazio alle misure di sicurezza, con l’intenzione non di mutarne gli aspetti sostanziali rispetto a quelle applicabili ai maggiori di età, bensì di ridisciplinarne gli aspetti esecutivi, adattandoli alle esigenze educative del minore. (art.36 del D.P.R. 448/88) Sono applicabili ai minorenni non imputabili ai sensi degli artt.97 e 98 c.p. (per non aver compiuto gli anni 14 o per “incapacità di intendere e di volere”, cosiddetta immaturità) autori di reato e ai minorenni condannati; nei confronti di minorenni la libertà vigilata è eseguita nelle forme previste dall’art. 20 e 21 del D.P.R. 448/1988 e la misura del riformatorio giudiziario è applicata soltanto per i delitti previsti dall’art. 23 ed è eseguita nelle forme dell’art. 22 del D.P.R. 448/1988 .
  • 21. ALCUNE FORME DI TUTELA GARANTITE DALLA LEGGE LA TUTELA PERSONALE DAI MEDIA L’art.13 del D.P.R. 448/88 prevede una particolare tutela per i minori sottoposti a procedimenti penali e recita testualmente “Sono vietate la pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne comunque coinvolto nel procedimenti. La disposizione precedente non si applica dopo l’inizio del dibattimento se il tribunale procede in udienza pubblica”. DIMINUENTE DELLA MINORE ETA’ L’art.98 c.p., prevede che nella determinazione della pena si tenga conto della diminuente della minore età, in misura non eccedente un terzo, come previsto dall’art. 65 del codice penale. PERMESSI PREMIO PER I MINORENNI Ai sensi del comma 2, dell’art. 30 ter della legge 354/1975 (ordinamento penitenziario) ai condannati per la minore età possono essere concessi permessi premio della durata non superiore a 20 giorni ciascuno (anziché 15 giorni per gli adulti), per un totale di 60 giorni per ciascun anno di espiazione di pena (anziché 45 giorni per gli adulti) VITTO GIORNALIERO PER I MINORENNI L’art.11, comma 3, del D.P.R. 230/2000 “Regolamento di esecuzione” prevede che ai minorenni detenuti siano somministrati giornalmente 4 pasti intervallati, anziché i 3 previsti per gli adulti. In occasione del Ramadan i minori detenuti, nel rispetto della fede religiosa di ciascuno, possono consumare i pasti prima dell’alba e dopo il tramonto ed è consentito sostituire le pietanze a base di carne suina previste nelle tabelle vittuarie.
  • 22. DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO In virtù del decentramento amministrativo sono state demandate alle Regioni e agli Enti locali competenze e funzioni precedentemente appartenenti alla Giustizia Minorile e, conseguentemente, sono state trasferite a tali Amministrazione le relative risorse finanziarie. trasferimento alle Regioni delle funzioni socio-assistenziali e dell’assistenza scolastica” D.P.R. 24 luglio 1977, n.616; trasferimento alle Regioni in materia di formazione professionale- Legge 21 dicembre 1978, n. 845; disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità per l’infanzia e l’adolescenza - Legge 28 agosto 1997, n.285; linee guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria redatto dalla Commissione Nazionale Consultiva e di coordinamento per i rapporti con le Regioni, gli Enti Locali e il Volontariato a marzo 2008; linee guida in materia di formazione professionale e lavoro per le persone soggette a provvedimenti penali redatte dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari il 3 aprile 2009; legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, legge 8 novembre 2000, n.328; istituzione del Dipartimento Giustizia Minorile - D.P.R. 6 marzo 2001, n.55 decentramento di funzioni e risorse alle Regioni e agli Enti Locali - Legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3; riforma sanità penitenziaria - Trasferimento dell’assistenza sanitaria in ambito penitenziario al Servizio Sanitario Nazionale ovvero delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie, delle attrezzature e dei beni strumentale. L’assistenza sanitaria viene assicurata attraverso le ASL - D.P.C.M. 1° aprile 2008 e D.lvo 230/1999.
  • 23. D. P. R. 22.09.1988, n° 448 Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls? urn:nir:stato:decreto.presidente.repub blica:1988-22-09;448!vig=