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testi
T14
2. Il poema cavalleresco
Luigi Pulci
1
1-8
E si vedevano tante spade e
mani (mane è plurale di un
arcaico “mana” ed è un cam-
biamento fonetico come il suc-
cessivo urle), tante lance cadere
sopra la resta e si sentivano
strane urla come se fosse un
mare in tempesta. Tutto il gior-
no le campane suonarono senza
sosta (tempelloron), ma non si
sapeva chi le suonasse e se i
rintocchi erano a morto o a fe-
sta; c’erano sempre tuoni sordi
con fulmini, ma senza pioggia (a
secco) e nelle selve rimbombava
l’eco (Ecco: personificazione).
2. resta: ferro posto sul lato de-
stro della corazza e che serve per
appoggiare la lancia in posizione
di assalto.
7. baleni a secco: sono i bagliori
delle armi.
9-16
E la battaglia si svolgeva sulla
terra e per aria, perché Astarotte
e Farferello cercavano di acciuf-
fare le anime dei saraceni morti
in battaglia, ne tenevano sem-
pre un mazzo per i capelli e se li
contendevano con litigi e spesso
si sentiva il nome di qualcuno di
quelli: «Lascia costui a me e lo
porto da Belzebù». L’altro dice-
va: «È morto Marsilio?»
10-11. Astarotte…Farferello: i
due diavoli Astarotte e Farfe-
rello, per incantesimo del mago
Malagigi, sono entrati nel corpo
dei cavalli di Rinaldo e di Ricciar-
detto, per portare i due paladini a
Roncisvalle in aiuto di Orlando.
17-24
(Marsilio) ci farà aspettare un bel
po’ prima che muoia. Appena Ri-
naldo gli avrà sbiancato (forbito:
pulito) la faccia (che è di colorito
scuro) noi portiamo all’Inferno
la sua anima e la sua pellaccia.
O Cielo, tu sembri meravigliato
(confuso) questa volta! O batta-
glia feroce come quella di Roma
o di Troia! Questa certamente va
al di là dei modi di combattere
cui si è abituati al mondo. Il sole
sembrava di un fuoco sanguigno
e l’aria di un colore scuro.
21. qual Roma o Troia: Roma sac-
cheggiata dai Goti nel 410 e Troia
incendiata dai Greci, nel 1250 a.C.
A Roncisvalle si consuma il sacrificio di Orlando e di altri combattenti, caduti in un’imboscata
in seguito al tradimento di Gano di Maganza.
Le ottave che presentiamo, tratte dal penultimo canto, descrivono una fase accesa della bat-
taglia, in cui i paladini mettono in fuga l’esercito nemico (guidati da Marsilio, re di Saragozza,
alleato di Gano), ma muoiono quasi tutti sul campo.
Riportiamo le ottave 50-57 del cantare XXVII. La forma metrica: ottave di endecasillabi che
rimano secondo lo schema ABABABCC.
E’si vedeva tante spade e mane,
tante lance cader sopra la resta,
e’ si sentia tante urle e cose strane
che si poteva il mar dire in tempesta.
Tutto il dì tempelloron le campane
sanza saper chi suoni a morto o festa;
sempre tuon sordi con baleni a secco
e per le selve rimbombar poi Ecco.
E’ si sentiva in terra e in aria zuffa,
perché Astarotte, non ti dico come,
e Farferello ognun l’anime ciuffa:
e’ n’avean sempre un mazzo per le chiome,
e facean pur la più strana baruffa,
e spesso fu d’alcun sentito il nome:
«Lascia a me il tale: a Belzebù lo porto».
L’altro diceva: «È Marsilio ancor morto?
E’ ci farà stentar prima che muoia.
Non gli ha Rinaldo ancor forbito il muso,
che noi portian giù l’anima e le cuoia?»
O Ciel, tu par’ questa volta confuso!
O battaglia crudel, qual Roma o Troia!
Questa è certo più là che al mondano uso.
Il sol pareva di fuoco sanguigno,
e così l’aire d’un color maligno.
5
10
15
20
Luigi Pulci
Morgante
Roncisvalle
a cura di F. Agano, Ricciardi,
Milano Napoli, 1955
14
Percorso I generi
2. Il poema cavalleresco
Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201]
Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
L’Umanesimo e il Rinascimento
I generi: Trattatistica, poema cavalleresco, poesia, prosa, teatro
2
Credo ch’egli era più bello a vedere
certo gli abissi, il dì, che Runcisvalle:
ch’e’ saracin cadevon come pere
e Squarciaferro gli portava a balle;
tanto che tutte l’infernal bufere
occupan questi, ogni roccia, ogni calle
e le bolge e gli spaldi e le meschite,
e tutta in festa è la città di Dite.
Lucifero avea aperte tante bocche
che pareva quel giorno i corbacchini
alla imbeccata, e trangugiava a ciocche
l’anime, che piovean, de’ saracini,
che par che neve monachina fiocche
come cade la manna a’ pesciolini:
non domandar se raccoglieva i bioccoli
e se ne fece gozzi d’anitroccoli!
E’ si faceva tante chiarentane
che ciò ch’io dico è, disopra, una zacchera
(e non dura la festa mademane,
crai e poscrai e poscrigno e posquacchera,
come spesso alla vigna le Romane);
e chi sonava tamburo, e chi nacchera,
baldosa e cicutrenna e zufoletti,
e tutti affusolati gli scambietti.
E Runcisvalle pareva un tegame
dove fussi di sangue un gran mortito,
di capi e di peducci e d’altro ossame
un certo guazzabuglio ribollito,
che pareva d’inferno il bulicame
25
30
35
40
45
50
25-32
Credo che quel giorno (il dì)
fosse più bello a vedersi l’in-
ferno (gli abissi) piuttosto che
Roncisvalle: i saraceni cadevano
come pere e Squarciaferro (un
altro diavolo) li scaricava giù a
mucchi; tanto che questi (i sa-
raceni) occupavano tutti i luoghi
dell’inferno e le loro bufere, ogni
roccia, ogni sentiero e le bolge,
le mura (gli spaldi) e gli edifici
a forma di moschee (meschite,
edifici con torri che cingono la
parte più bassa dell’inferno) e
tutta la città di Dite è in festa.
32. Dite: nell’Olimpo degli dèi
pagani è il dio dell’Oltretomba e
il suo nome designa in genere il
regno dei morti. Le mura della cit-
tà di Dite sono, nella Commedia,
la parte più profonda dell’Inferno
dove sono condannati i peccati
più gravi. Qui le espressioni di de-
rivazione dantesca sono filtrate
da forza comico-grottesca.
33-40
Lucifero aveva tante bocche
spalancate da sembrare una
nidiata di piccoli corvi (corbac-
chini) quando sono imbeccati,
e trangugiava a grappoli (a
ciocche) le anime dei saraceni
che piovevano come neve scura,
simile all’abito dei monaci (neve
monachina), così come cade
la manna verso i pesci: non
chiedermi (o lettore) se Lucifero
raccoglieva tutti i fiocchi (cioè le
anime) e se ne ingozzava come
fanno gli anatroccoli (che hanno
sempre il gozzo pieno).
37. neve monachina: le anime
nella discesa si colorano di colo-
re scuro che tende al marrone
bruciato.
38. manna: farfalla che vola a
pelo d’acqua.
41-48
E all’Inferno si facevano tanti
balli montanari (chiarentane),
che al confronto quello che dico
di sopra è una cosa da nulla (zac-
chera), e la festa non durava sta-
mattina, domani e dopodomani
e il giorno dopo e il giorno ancora
dopo, come quella che si celebra-
va a Roma durante la vendem-
mia, e chi suonava il tamburo, chi
le nacchere, chi la baldosa (stru-
mento a corda), chi la zampogna
(cicutrenna) e i flauti e i passi di
danza (gli scambietti) avevano
l’agilità di un fuso.
41. chiarentane: balli tipici della
Carinzia.
44. mademane… posquacchera:
Mademane (stamattina, da mane
+ de mane); crai (domani, dal la-
tino cras), dopodomani (poscrai),
il terzo giorno dopo domani (po-
scrigno), e il giorno dopo ancora
(posquacchera); quest’ultimo è
un neologismo inventato da Pulci,
che richiama la parola napoleta-
na “squacquerate”, indicante il
gorgoglio dell’acqua che bolle. Il
senso della frase è che la festa
all’inferno dura in eterno.
49-56
E Roncisvalle sembrava un
tegame nel quale ci fosse un
grande spezzatino (mortito)
annegato nel sangue, fatto di
teste e di zampe e di altre ossa,
uno stracotto che sembrava
il lago di sangue ribollente
dell’Inferno (bulicame), che
neanche davanti a Nesso era
di minor livello; e sembra che il
vento faccia ruotare in aria certi
spruzzi di sangue con mulinelli
(nodi) e turbini (gruppi).
53. bulicame: Nel canto XII
dell’Inferno Dante chiama bulica-
me la pozza di sangue bollente
in cui sono immersi i peccatori di
omicidio e atti di violenza.
54. Nesso: compare nel XII canto
dell’Inferno dantesco come tra-
ghettatore del Flegetonte, fiume
infernale, color sangue, dove sono
puniti i violenti.
Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201]
Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
testi
T14
55
60
che innanzi a Nesso non fusse sparito;
e ’l vento par certi sprazzi avviluppi
di sangue in aria con nodi e con gruppi.
La battaglia era tutta paonazza,
sì che il Mar Rosso pareva in travaglio,
ch’ognun per parer vivo, si diguazza:
e’ si poteva gittar lo scandaglio
per tutto, in modo nel sangue si guazza,
e poi guardar, come e’ suol l’ammiraglio
ovver nocchier se cognosce la sonda,
ché della valle trabocca ogni sponda.
57-64
Il luogo della battaglia era
talmente rosso di sangue
(paonazza) da sembrare
il Mar Rosso in tempesta
(travaglio), così che ognuno
per sembrare vivo si rivolto-
lava nel sangue: si sarebbe
potuto gettare lo scanda-
glio dappertutto, tanto si
sguazzava nel sangue, e poi
osservarlo come fa l’am-
miraglio o il nocchiere della
nave, se sa usare la sonda,
poiché tutta la valle traboc-
ca (di sangue).
Immagini grottesche
La guerra santa si trasforma in una bolgia infernale, con i demoni che afferrano per
i capelli le anime dei saraceni, se le contendono, le accatastano a sacchi e saltellano
per la gran felicità. Il poeta raffigura il campo di battaglia e i resti dei cadaveri con la
mostruosa immagine gastronomica del tegame ribollente dove si sta cuocendo uno
smisurato spezzatino.
Varietà di toni e gusto dell’eccesso
Questa è una tra le pagine più espressive del poema, per la tonalità epica, comico-
grottesca e tragica insieme. I diversi registri e toni narrativi delle ottave, il gusto
dell’eccesso e del provocatorio rovesciamento di ciò che è serio, confermano le scelte
poetiche dell’autore, contrario a schematismi e autoritarismi, agli antipodi rispetto
al canone classicista della regolarità e dell’armonia.
Nella prima ottava l’andamento epico dà spazio alla descrizione e la fantasia del
poeta si abbandona all’esagerazione (tante spade, tante lance, tante urla). Nelle ottave
successive emerge la tendenza al grottesco e allo smisurato: alla descrizione dei diavoli
in festa si unisce quella delle bocche spalancate di Lucifero che si ingozza di anime. Lo
stesso gusto iperbolico compare nel paragone stravagante tra il campo di battaglia e il
«tegame», ma qui l’intento è comico-grottesco, per far divertire il lettore con uno spetta-
colo fantasmagorico. L’insistenza macabro-grottesca fornisce, infine, un quadro tragico
ancora affidato alla esagerazione: si sarebbe potuto gettare lo scandaglio per misurare
quell’oceano di sangue, così profondo che tutta la vallata di Roncisvalle ne trabocca.
Invenzione linguistica
La sintassi è semplice e prevale la coordinazione tipica del racconto popolare. L’estro
bizzarro del poeta dà vita a immagini stridenti (La battaglia era tutta paonazza, / sì che
il Mar Rosso pareva in travaglio... / ovver nocchier se cognosce la sonda). Accanto a versi
chiari e privi di ambiguità ne compaiono altri in cui parole dei dialetti meridionali
di derivazione latina (crai e poscrai e poscrigno) e altre inventate (posquacchera) non
hanno alcuna logica, fino al limite del nonsenso.
ANALISI
E COMMENTO
1. Il ribaltamento dell’eroismo epico. Ripensa all’importanza della battaglia di Ronci-
svalle nella tradizione epica carolingia, poi spiega il ribaltamento operato al riguardo
da Pulci.
2. La funzione dell’iperbole. Rintraccia tre esempi di iperbole e spiegale nel contesto
in cui sono collocate.
LAVORIAMO
SUL TESTO
2. Il poema cavalleresco
Luigi Pulci
3
Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201]
Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
487
Il poema e il poemetto Matteo Maria Boiardo
T7.12
I
GENERI
-
TESTI
Quattrocento
L’Orlando innamorato
Il poema di Boiardo attinge alla tradizione dei cantari
cavallereschi, in cui si era già attuata la fusione tra i ma-
teriali provenienti dal ciclo carolingio e quelli del ciclo
arturiano. Boiardo si muove liberamente in questo va-
sto repertorio di personaggi, storie e situazioni, e vi ag-
giunge elementi di propria invenzione, fino a creare
una trama fittissima e intricata, che non è possibile
riassumere. Il motore principale delle vicende è Angeli-
ca (personaggio creato da Boiardo), una bellissima
principessa che dal Catai (Cina) giunge alla corte di
Carlo Magno con lo scopo di gettare lo scompiglio tra i
cavalieri cristiani facendoli innamorare e rivaleggiare.
Tra i presi nei suoi lacci è il paladino Orlando, che nel-
la tradizione precedente era un eroe casto e fedele alla
sposa: è questa la novità che dà il titolo al poema e che
Boiardo vanta nel proemio (T7.12). Da qui una serie
movimentata e interminabile di avventure, prodezze e
magie.
Matteo Maria Boiardo
METRO: ottave.
1-2. Signori... nove:
nobili signori e cava-
lieri che vi riunite
(adunati) per udire
cose piacevoli (diletto-
se) e nuove.
6. alta: nobile. mira-
bil prove: stupende
imprese. Nella tradi-
zione dei romanzi
cortesi la «prova» era
l’impresa eccezionale
in cui il cavaliere di-
mostrava il proprio
valore.
7. franco: valoroso.
9. Non vi par... me-
raviglioso: non vi
sembri troppo strano,
signori; già è un
rinforzo della nega-
zione.
11-12. ché... subiu-
gato: perché chiun-
que, anche il più co-
raggioso nel mondo,
è vinto da Amore, del
tutto soggiogato.
14. maglia: armatura
di maglia di ferro.
brando: spada.
15-16. né altra...
presa: e nessun’altra
potenza può mai di-
fendersi in modo da
non essere alla fine
sconfitta e presa pri-
gioniera da Amore.
18. Turpino... nasco-
se: anche Turpino la
tenne nascosta, non
divulgò questa parte
della sua cronaca.
Turpino è l’arcivesco-
vo al seguito dei pala-
dini di Carlo Magno,
che secondo la tradi-
zione dei romanzi ca-
vallereschi avrebbe
scritto tutte le impre-
se dei paladini. Boiar-
do finge di ispirarsi a
una parte del libro di
Turpino sconosciuta
fino ad allora.
Matteo Maria
Boiardo
ORLANDO
INNAMORATO
(Libro I, Canto I, ot-
tave 1-3, a cura di R.
Bruscagli, Einaudi,
Torino, 1995)
T7.12
S
Signori e cavallier che ve adunati
per odir cose dilettose e nove,
stati attenti e quïeti, ed ascoltati
la bella istoria che ’l mio canto muove;
5 e vedereti i gesti smisurati,
l’alta fatica e le mirabil prove
che fece il franco Orlando per amore
nel tempo del re Carlo imperatore.
Non vi par già, signor, meraviglioso
10 odir cantar de Orlando inamorato,
ché qualunche nel mondo è più orgoglioso,
è da Amor vinto, al tutto subiugato;
né forte braccio, né ardire animoso,
né scudo o maglia, né brando affilato,
15 né altra possanza può mai far diffesa,
che al fin non sia da Amor battuta e presa.
Questa novella è nota a poca gente,
perché Turpino istesso la nascose,
Nelle ottave che fanno da introduzione al
poema, Boiardo si rivolge al suo pubblico,
i nobili della corte di Ferrara, fingendo di
recitare il testo davanti a loro, come face-
vano i canterini popolari.
Il proemio dell’Orlando innamorato
Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento
488 Quattrocento I GENERI - TESTI
7
credendo forse a quel conte valente
20 esser le sue scritture dispettose,
poi che contra ad Amor pur fu perdente
colui che vinse tutte l’altre cose:
dico di Orlando, il cavalliero adatto.
Non più parole ormai, veniamo al fatto.
19-20. credendo...
dispettose: forse per-
ché temeva che il suo
libro (le sue scritture)
avrebbe danneggiato
(esser... dispettose) la
fama di quel conte
valoroso.
23. adatto: agile, ben
fatto.
d
I temi
Nell’introdurre il suo poema, Boiardo vuole soprat-
tutto suscitare nei lettori l’aspettativa di un racconto
avvincente: «cose dilettose e nove», «la bella istoria»,
«le mirabil prove». La sua storia, tiene a sottolineare,
è nuova, diversa da quelle che conoscevano i lettori
di poemi cavallereschi: Orlando, da sempre rappre-
sentato come un cavaliere austero, tutto dedito alla
fede e alla patria, comparirà nelle imprese che fece
«per amore». Una novità sconvolgente, tale da ri-
chiedere una giustificazione teorica, ispirata alla tra-
dizione dell’amor cortese (seconda ottava).
Il proemio si compone di un appello al pubblico, del-
l’indicazione dell’argomento trattato e della fonte uti-
lizzata dal poeta. L’appello al pubblico è frequente nel
poema, soprattutto all’inizio dei canti, in accordo con
la tradizione dei cantari popolari; ma il pubblico
ideale di Boiardo non è più la «buona gente» a cui si
rivolgevano i canterini di piazza, è la corte signorile.
Confronti
Per comprendere meglio a quale pubblico si rivolga
Boiardo, si può leggere la seconda ottava del Canto
XIII del secondo libro:
A voi piace de odir l’alta prodezza
de’ cavalieri antiqui ed onorati,
e ’l piacer vostro vien da gentilezza,
però che a quel valor ve assomigliati.
Chi virtute non ha, quella non prezza;
ma voi, che qua de intorno me ascoltati,
seti de onore e de virtù la gloria,
però vi piace odir la bella istoria.
Da questo passo ricavate i valori su cui si fonda la
consonanza che Boiardo stabilisce tra il proprio pub-
blico ideale e la materia del suo canto.
Per spiegare come Orlando sia stato soggiogato
dall’amore (vv. 11-16), Boiardo si rifà alla stessa teo-
ria tradizionale dell’amor cortese che Dante aveva
evocato nel primo discorso di Francesca (Inf., V, vv.
100-107). È facile individuare i versi di Dante che
sono richiamati più da vicino da Boiardo, e dire che
cosa li accomuna.
?
?
dialogo con il testo
Francesco del Cossa
Venere trionfa su Marte
incatenato ai suoi piedi
(ca 1470, affresco,
Ferrara, Palazzo
Schifanoia, salone dei
Mesi, Aprile)
Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento
94 unità 3
L. de’ Medici
Chi desidera essere felice approfitti del presente, perché non si sa che
cosa gli potrà accadere domani: con questo ritornello, che invita a
godere giorno per giorno delle gioie della vita, Lorenzo de’ Medici chiude
ogni strofa della sua canzone in cui esalta la giovinezza, con i suoi
amori, le sue gioie, i suoi momenti spensierati.
Scritto negli ultimi anni della vita del Magnifico, questo canto composto
per la festa del carnevale del 1490 e destinato ad accompagnare il corteo
(trionfo) delle maschere mitologiche, esprime la dolorosa consapevolezza
della brevità della vita e dello scorrere senza sosta del tempo.
Metro: ballata di ottonari, con ripresa XYYX e strofe con schema ABABBYYX.
Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia1
!
Chi vuol esser lieto, sia2
:
di doman non c’è certezza.
5 Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti3
:
perché4
’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Trionfo di Bacco e Arianna
Lorenzo de’ Medici nasce a Firenze nel 1449 da Piero di Cosimo, signore della città.
Amante fin da giovane della letteratura e delle arti, una volta arrivato al potere riunisce
attorno a sé una vasta corte di intellettuali, artisti e poeti. È filosofo e poeta anch’egli
e scrive molte opere in volgare, di contenuto assai vario: testi per rappresentazioni sa-
cre, rime d’amore e liriche destinate a essere cantate con accompagnamento musica-
le. Lorenzo de’ Medici è inoltre un abile stratega e, con la politica dell’equilibrio, riesce
a destreggiarsi nella complessa situazione politica italiana, caratterizzata da una forte fram-
mentazione e instabilità.
Alla sua morte, nel 1492, si rompe il precario equilibrio di cui egli era artefice e la nostra
penisola diviene preda delle incursioni straniere, perdendo la sua autonomia.
1si fugge tuttavia: fugge
continuamente, senza
sosta.
2sia: lo faccia adesso.
3ardenti: innamorati.
4perché: poiché.
Lorenzo de’ Medici
Protagoniste di questo “trionfo” sono alcune figure della mitologia classica, utilizzate dall’autore
per esprimere i temi centrali del componimento.
Bacco, dio del vino, secondo la mitologia sposò Arianna, figlia di Minosse, rapita e
abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso, dove Bacco la trovò.
I satiri erano esseri mitologici dall’aspetto per metà umano per metà caprino che abitavano i
boschi. Sileno era l’anziano satiro che allevò il dio Bacco.
Le ninfe erano, invece, divinità femminili che custodivano i boschi e le acque.
Il re Mida, mitico sovrano della Frigia, bramoso di accumulare ricchezze sempre più grandi,
aveva ricevuto da Bacco un dono: trasformava in oro tutto ciò che toccava. Ben presto si
accorse della pericolosità di ciò che aveva desiderato e ottenuto: trasformando in oro anche il
cibo che tentava di mangiare, finì col morire denutrito.
La letteratura a corte 95
Queste ninfe ed altre genti
10 sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
15 per caverne e per boschetti
han lor posto5
cento agguati;
or da Bacco riscaldati6
,
ballon, salton7
tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
20 di doman non c’è certezza.
Queste ninfe, anche hanno caro8
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate9
;
25 ora insieme mescolate
suonon, canton10
tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Questa soma11
, che vien drieto12
30 sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro13
e lieto,
già di carni e d’anni pieno14
;
se non può star ritto15
, almeno
ride e gode tuttavia.
35 Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
40 s’altri poi non si contenta16
?
Che dolcezza17
vuoi che senta
chi ha sete18
tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
45 Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi19
;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieti ognun20
, femmine e maschi.
5han lor posto: hanno
teso loro [alle ninfe].
6riscaldati: resi più arditi
dal vino (da Bacco).
7ballon, salton: ballano,
saltano.
8hanno caro: provano
piacere.
9non può… e ingrate:
soltanto le persone rozze
e incapaci di apprezzare
la vita possono resistere
all’amore (fare a Amor
riparo).
10suonon, canton:
suonano, cantano.
11soma: peso, corpo
pesante.
12drieto: dietro.
13ebbro: ubriaco.
14già… pieno: già grasso e
vecchio.
15star ritto: reggersi in
piedi [perché è vecchio,
grasso e ubriaco].
16E che giova…
contenta?: a che serve
avere tante ricchezze se
una persona (s’altri) non è
comunque soddisfatta?
17dolcezza: felicità, gioia.
18sete: di ricchezza.
19di doman... si paschi:
nessuno speri troppo nel
domani, nessuno si nutra
di illusioni.
20ognun: tutti.
96 unità 3
Ogni tristo pensier caschi21
:
50 facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
55 Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c’ha a esser, convien sia22
.
Chi vuol esser lieto, sia:
60 di doman non c’è certezza.
(Lorenzo de’ Medici, Scritti scelti, Utet)
21caschi: venga meno,
scompaia.
22ciò… sia: bisogna che
avvenga ciò che deve
accadere.
Trionfo di Bacco e Arianna
L. de’ Medici
I temi
1 Qual è, secondo l’autore, il valore della ricchez-
za?
2 Quali caratteristiche della giovinezza emergono dal-
la lettura della canzone di Lorenzo de’ Medici?
3 Quale immagine dell’amore è espressa dall’au-
tore?
4 Rintraccia e sottolinea nel testo i versi con cui
Lorenzo de’ Medici si rivolge direttamente al let-
tore/ascoltatore, poi spiega, con parole tue, il si-
gnificato del suo messaggio.
I personaggi
5 Individua il valore simbolico dei personaggi del-
la canzone completando l’elenco che segue.
re Mida: La vana e pericolosa ricerca delle ricchezze ma-
teriali.
Bacco e Arianna: .........................................................
satiri ...........................................................................
ninfe: ...........................................................................
Sileno: .........................................................................
..............................................................................
La struttura
6 Individua le affermazioni vere e riscrivi in forma corretta quelle che ritieni errate.
L’affermazione corretta è...
La canzone è composta da 7 strofe precedute La canzone è composta da 7 strofe precedute da
da un ritornello di 2 versi. un ritornello di 4 versi.
Gli ultimi due versi del ritornello aprono ogni strofa ........................................................................................
della canzone. ........................................................................................
Lo schema delle rime varia di strofa in strofa. ........................................................................................
I versi sono ottonari, cioè composti da 8 sillabe. ........................................................................................
Tutte le strofe, eccetto il ritornello iniziale, sono ........................................................................................
composte da 8 versi. ........................................................................................

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  • 1. testi T14 2. Il poema cavalleresco Luigi Pulci 1 1-8 E si vedevano tante spade e mani (mane è plurale di un arcaico “mana” ed è un cam- biamento fonetico come il suc- cessivo urle), tante lance cadere sopra la resta e si sentivano strane urla come se fosse un mare in tempesta. Tutto il gior- no le campane suonarono senza sosta (tempelloron), ma non si sapeva chi le suonasse e se i rintocchi erano a morto o a fe- sta; c’erano sempre tuoni sordi con fulmini, ma senza pioggia (a secco) e nelle selve rimbombava l’eco (Ecco: personificazione). 2. resta: ferro posto sul lato de- stro della corazza e che serve per appoggiare la lancia in posizione di assalto. 7. baleni a secco: sono i bagliori delle armi. 9-16 E la battaglia si svolgeva sulla terra e per aria, perché Astarotte e Farferello cercavano di acciuf- fare le anime dei saraceni morti in battaglia, ne tenevano sem- pre un mazzo per i capelli e se li contendevano con litigi e spesso si sentiva il nome di qualcuno di quelli: «Lascia costui a me e lo porto da Belzebù». L’altro dice- va: «È morto Marsilio?» 10-11. Astarotte…Farferello: i due diavoli Astarotte e Farfe- rello, per incantesimo del mago Malagigi, sono entrati nel corpo dei cavalli di Rinaldo e di Ricciar- detto, per portare i due paladini a Roncisvalle in aiuto di Orlando. 17-24 (Marsilio) ci farà aspettare un bel po’ prima che muoia. Appena Ri- naldo gli avrà sbiancato (forbito: pulito) la faccia (che è di colorito scuro) noi portiamo all’Inferno la sua anima e la sua pellaccia. O Cielo, tu sembri meravigliato (confuso) questa volta! O batta- glia feroce come quella di Roma o di Troia! Questa certamente va al di là dei modi di combattere cui si è abituati al mondo. Il sole sembrava di un fuoco sanguigno e l’aria di un colore scuro. 21. qual Roma o Troia: Roma sac- cheggiata dai Goti nel 410 e Troia incendiata dai Greci, nel 1250 a.C. A Roncisvalle si consuma il sacrificio di Orlando e di altri combattenti, caduti in un’imboscata in seguito al tradimento di Gano di Maganza. Le ottave che presentiamo, tratte dal penultimo canto, descrivono una fase accesa della bat- taglia, in cui i paladini mettono in fuga l’esercito nemico (guidati da Marsilio, re di Saragozza, alleato di Gano), ma muoiono quasi tutti sul campo. Riportiamo le ottave 50-57 del cantare XXVII. La forma metrica: ottave di endecasillabi che rimano secondo lo schema ABABABCC. E’si vedeva tante spade e mane, tante lance cader sopra la resta, e’ si sentia tante urle e cose strane che si poteva il mar dire in tempesta. Tutto il dì tempelloron le campane sanza saper chi suoni a morto o festa; sempre tuon sordi con baleni a secco e per le selve rimbombar poi Ecco. E’ si sentiva in terra e in aria zuffa, perché Astarotte, non ti dico come, e Farferello ognun l’anime ciuffa: e’ n’avean sempre un mazzo per le chiome, e facean pur la più strana baruffa, e spesso fu d’alcun sentito il nome: «Lascia a me il tale: a Belzebù lo porto». L’altro diceva: «È Marsilio ancor morto? E’ ci farà stentar prima che muoia. Non gli ha Rinaldo ancor forbito il muso, che noi portian giù l’anima e le cuoia?» O Ciel, tu par’ questa volta confuso! O battaglia crudel, qual Roma o Troia! Questa è certo più là che al mondano uso. Il sol pareva di fuoco sanguigno, e così l’aire d’un color maligno. 5 10 15 20 Luigi Pulci Morgante Roncisvalle a cura di F. Agano, Ricciardi, Milano Napoli, 1955 14 Percorso I generi 2. Il poema cavalleresco Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201] Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
  • 2. L’Umanesimo e il Rinascimento I generi: Trattatistica, poema cavalleresco, poesia, prosa, teatro 2 Credo ch’egli era più bello a vedere certo gli abissi, il dì, che Runcisvalle: ch’e’ saracin cadevon come pere e Squarciaferro gli portava a balle; tanto che tutte l’infernal bufere occupan questi, ogni roccia, ogni calle e le bolge e gli spaldi e le meschite, e tutta in festa è la città di Dite. Lucifero avea aperte tante bocche che pareva quel giorno i corbacchini alla imbeccata, e trangugiava a ciocche l’anime, che piovean, de’ saracini, che par che neve monachina fiocche come cade la manna a’ pesciolini: non domandar se raccoglieva i bioccoli e se ne fece gozzi d’anitroccoli! E’ si faceva tante chiarentane che ciò ch’io dico è, disopra, una zacchera (e non dura la festa mademane, crai e poscrai e poscrigno e posquacchera, come spesso alla vigna le Romane); e chi sonava tamburo, e chi nacchera, baldosa e cicutrenna e zufoletti, e tutti affusolati gli scambietti. E Runcisvalle pareva un tegame dove fussi di sangue un gran mortito, di capi e di peducci e d’altro ossame un certo guazzabuglio ribollito, che pareva d’inferno il bulicame 25 30 35 40 45 50 25-32 Credo che quel giorno (il dì) fosse più bello a vedersi l’in- ferno (gli abissi) piuttosto che Roncisvalle: i saraceni cadevano come pere e Squarciaferro (un altro diavolo) li scaricava giù a mucchi; tanto che questi (i sa- raceni) occupavano tutti i luoghi dell’inferno e le loro bufere, ogni roccia, ogni sentiero e le bolge, le mura (gli spaldi) e gli edifici a forma di moschee (meschite, edifici con torri che cingono la parte più bassa dell’inferno) e tutta la città di Dite è in festa. 32. Dite: nell’Olimpo degli dèi pagani è il dio dell’Oltretomba e il suo nome designa in genere il regno dei morti. Le mura della cit- tà di Dite sono, nella Commedia, la parte più profonda dell’Inferno dove sono condannati i peccati più gravi. Qui le espressioni di de- rivazione dantesca sono filtrate da forza comico-grottesca. 33-40 Lucifero aveva tante bocche spalancate da sembrare una nidiata di piccoli corvi (corbac- chini) quando sono imbeccati, e trangugiava a grappoli (a ciocche) le anime dei saraceni che piovevano come neve scura, simile all’abito dei monaci (neve monachina), così come cade la manna verso i pesci: non chiedermi (o lettore) se Lucifero raccoglieva tutti i fiocchi (cioè le anime) e se ne ingozzava come fanno gli anatroccoli (che hanno sempre il gozzo pieno). 37. neve monachina: le anime nella discesa si colorano di colo- re scuro che tende al marrone bruciato. 38. manna: farfalla che vola a pelo d’acqua. 41-48 E all’Inferno si facevano tanti balli montanari (chiarentane), che al confronto quello che dico di sopra è una cosa da nulla (zac- chera), e la festa non durava sta- mattina, domani e dopodomani e il giorno dopo e il giorno ancora dopo, come quella che si celebra- va a Roma durante la vendem- mia, e chi suonava il tamburo, chi le nacchere, chi la baldosa (stru- mento a corda), chi la zampogna (cicutrenna) e i flauti e i passi di danza (gli scambietti) avevano l’agilità di un fuso. 41. chiarentane: balli tipici della Carinzia. 44. mademane… posquacchera: Mademane (stamattina, da mane + de mane); crai (domani, dal la- tino cras), dopodomani (poscrai), il terzo giorno dopo domani (po- scrigno), e il giorno dopo ancora (posquacchera); quest’ultimo è un neologismo inventato da Pulci, che richiama la parola napoleta- na “squacquerate”, indicante il gorgoglio dell’acqua che bolle. Il senso della frase è che la festa all’inferno dura in eterno. 49-56 E Roncisvalle sembrava un tegame nel quale ci fosse un grande spezzatino (mortito) annegato nel sangue, fatto di teste e di zampe e di altre ossa, uno stracotto che sembrava il lago di sangue ribollente dell’Inferno (bulicame), che neanche davanti a Nesso era di minor livello; e sembra che il vento faccia ruotare in aria certi spruzzi di sangue con mulinelli (nodi) e turbini (gruppi). 53. bulicame: Nel canto XII dell’Inferno Dante chiama bulica- me la pozza di sangue bollente in cui sono immersi i peccatori di omicidio e atti di violenza. 54. Nesso: compare nel XII canto dell’Inferno dantesco come tra- ghettatore del Flegetonte, fiume infernale, color sangue, dove sono puniti i violenti. Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201] Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
  • 3. testi T14 55 60 che innanzi a Nesso non fusse sparito; e ’l vento par certi sprazzi avviluppi di sangue in aria con nodi e con gruppi. La battaglia era tutta paonazza, sì che il Mar Rosso pareva in travaglio, ch’ognun per parer vivo, si diguazza: e’ si poteva gittar lo scandaglio per tutto, in modo nel sangue si guazza, e poi guardar, come e’ suol l’ammiraglio ovver nocchier se cognosce la sonda, ché della valle trabocca ogni sponda. 57-64 Il luogo della battaglia era talmente rosso di sangue (paonazza) da sembrare il Mar Rosso in tempesta (travaglio), così che ognuno per sembrare vivo si rivolto- lava nel sangue: si sarebbe potuto gettare lo scanda- glio dappertutto, tanto si sguazzava nel sangue, e poi osservarlo come fa l’am- miraglio o il nocchiere della nave, se sa usare la sonda, poiché tutta la valle traboc- ca (di sangue). Immagini grottesche La guerra santa si trasforma in una bolgia infernale, con i demoni che afferrano per i capelli le anime dei saraceni, se le contendono, le accatastano a sacchi e saltellano per la gran felicità. Il poeta raffigura il campo di battaglia e i resti dei cadaveri con la mostruosa immagine gastronomica del tegame ribollente dove si sta cuocendo uno smisurato spezzatino. Varietà di toni e gusto dell’eccesso Questa è una tra le pagine più espressive del poema, per la tonalità epica, comico- grottesca e tragica insieme. I diversi registri e toni narrativi delle ottave, il gusto dell’eccesso e del provocatorio rovesciamento di ciò che è serio, confermano le scelte poetiche dell’autore, contrario a schematismi e autoritarismi, agli antipodi rispetto al canone classicista della regolarità e dell’armonia. Nella prima ottava l’andamento epico dà spazio alla descrizione e la fantasia del poeta si abbandona all’esagerazione (tante spade, tante lance, tante urla). Nelle ottave successive emerge la tendenza al grottesco e allo smisurato: alla descrizione dei diavoli in festa si unisce quella delle bocche spalancate di Lucifero che si ingozza di anime. Lo stesso gusto iperbolico compare nel paragone stravagante tra il campo di battaglia e il «tegame», ma qui l’intento è comico-grottesco, per far divertire il lettore con uno spetta- colo fantasmagorico. L’insistenza macabro-grottesca fornisce, infine, un quadro tragico ancora affidato alla esagerazione: si sarebbe potuto gettare lo scandaglio per misurare quell’oceano di sangue, così profondo che tutta la vallata di Roncisvalle ne trabocca. Invenzione linguistica La sintassi è semplice e prevale la coordinazione tipica del racconto popolare. L’estro bizzarro del poeta dà vita a immagini stridenti (La battaglia era tutta paonazza, / sì che il Mar Rosso pareva in travaglio... / ovver nocchier se cognosce la sonda). Accanto a versi chiari e privi di ambiguità ne compaiono altri in cui parole dei dialetti meridionali di derivazione latina (crai e poscrai e poscrigno) e altre inventate (posquacchera) non hanno alcuna logica, fino al limite del nonsenso. ANALISI E COMMENTO 1. Il ribaltamento dell’eroismo epico. Ripensa all’importanza della battaglia di Ronci- svalle nella tradizione epica carolingia, poi spiega il ribaltamento operato al riguardo da Pulci. 2. La funzione dell’iperbole. Rintraccia tre esempi di iperbole e spiegale nel contesto in cui sono collocate. LAVORIAMO SUL TESTO 2. Il poema cavalleresco Luigi Pulci 3 Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna [6201] Questo file è un’estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011
  • 4. 487 Il poema e il poemetto Matteo Maria Boiardo T7.12 I GENERI - TESTI Quattrocento L’Orlando innamorato Il poema di Boiardo attinge alla tradizione dei cantari cavallereschi, in cui si era già attuata la fusione tra i ma- teriali provenienti dal ciclo carolingio e quelli del ciclo arturiano. Boiardo si muove liberamente in questo va- sto repertorio di personaggi, storie e situazioni, e vi ag- giunge elementi di propria invenzione, fino a creare una trama fittissima e intricata, che non è possibile riassumere. Il motore principale delle vicende è Angeli- ca (personaggio creato da Boiardo), una bellissima principessa che dal Catai (Cina) giunge alla corte di Carlo Magno con lo scopo di gettare lo scompiglio tra i cavalieri cristiani facendoli innamorare e rivaleggiare. Tra i presi nei suoi lacci è il paladino Orlando, che nel- la tradizione precedente era un eroe casto e fedele alla sposa: è questa la novità che dà il titolo al poema e che Boiardo vanta nel proemio (T7.12). Da qui una serie movimentata e interminabile di avventure, prodezze e magie. Matteo Maria Boiardo METRO: ottave. 1-2. Signori... nove: nobili signori e cava- lieri che vi riunite (adunati) per udire cose piacevoli (diletto- se) e nuove. 6. alta: nobile. mira- bil prove: stupende imprese. Nella tradi- zione dei romanzi cortesi la «prova» era l’impresa eccezionale in cui il cavaliere di- mostrava il proprio valore. 7. franco: valoroso. 9. Non vi par... me- raviglioso: non vi sembri troppo strano, signori; già è un rinforzo della nega- zione. 11-12. ché... subiu- gato: perché chiun- que, anche il più co- raggioso nel mondo, è vinto da Amore, del tutto soggiogato. 14. maglia: armatura di maglia di ferro. brando: spada. 15-16. né altra... presa: e nessun’altra potenza può mai di- fendersi in modo da non essere alla fine sconfitta e presa pri- gioniera da Amore. 18. Turpino... nasco- se: anche Turpino la tenne nascosta, non divulgò questa parte della sua cronaca. Turpino è l’arcivesco- vo al seguito dei pala- dini di Carlo Magno, che secondo la tradi- zione dei romanzi ca- vallereschi avrebbe scritto tutte le impre- se dei paladini. Boiar- do finge di ispirarsi a una parte del libro di Turpino sconosciuta fino ad allora. Matteo Maria Boiardo ORLANDO INNAMORATO (Libro I, Canto I, ot- tave 1-3, a cura di R. Bruscagli, Einaudi, Torino, 1995) T7.12 S Signori e cavallier che ve adunati per odir cose dilettose e nove, stati attenti e quïeti, ed ascoltati la bella istoria che ’l mio canto muove; 5 e vedereti i gesti smisurati, l’alta fatica e le mirabil prove che fece il franco Orlando per amore nel tempo del re Carlo imperatore. Non vi par già, signor, meraviglioso 10 odir cantar de Orlando inamorato, ché qualunche nel mondo è più orgoglioso, è da Amor vinto, al tutto subiugato; né forte braccio, né ardire animoso, né scudo o maglia, né brando affilato, 15 né altra possanza può mai far diffesa, che al fin non sia da Amor battuta e presa. Questa novella è nota a poca gente, perché Turpino istesso la nascose, Nelle ottave che fanno da introduzione al poema, Boiardo si rivolge al suo pubblico, i nobili della corte di Ferrara, fingendo di recitare il testo davanti a loro, come face- vano i canterini popolari. Il proemio dell’Orlando innamorato Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento
  • 5. 488 Quattrocento I GENERI - TESTI 7 credendo forse a quel conte valente 20 esser le sue scritture dispettose, poi che contra ad Amor pur fu perdente colui che vinse tutte l’altre cose: dico di Orlando, il cavalliero adatto. Non più parole ormai, veniamo al fatto. 19-20. credendo... dispettose: forse per- ché temeva che il suo libro (le sue scritture) avrebbe danneggiato (esser... dispettose) la fama di quel conte valoroso. 23. adatto: agile, ben fatto. d I temi Nell’introdurre il suo poema, Boiardo vuole soprat- tutto suscitare nei lettori l’aspettativa di un racconto avvincente: «cose dilettose e nove», «la bella istoria», «le mirabil prove». La sua storia, tiene a sottolineare, è nuova, diversa da quelle che conoscevano i lettori di poemi cavallereschi: Orlando, da sempre rappre- sentato come un cavaliere austero, tutto dedito alla fede e alla patria, comparirà nelle imprese che fece «per amore». Una novità sconvolgente, tale da ri- chiedere una giustificazione teorica, ispirata alla tra- dizione dell’amor cortese (seconda ottava). Il proemio si compone di un appello al pubblico, del- l’indicazione dell’argomento trattato e della fonte uti- lizzata dal poeta. L’appello al pubblico è frequente nel poema, soprattutto all’inizio dei canti, in accordo con la tradizione dei cantari popolari; ma il pubblico ideale di Boiardo non è più la «buona gente» a cui si rivolgevano i canterini di piazza, è la corte signorile. Confronti Per comprendere meglio a quale pubblico si rivolga Boiardo, si può leggere la seconda ottava del Canto XIII del secondo libro: A voi piace de odir l’alta prodezza de’ cavalieri antiqui ed onorati, e ’l piacer vostro vien da gentilezza, però che a quel valor ve assomigliati. Chi virtute non ha, quella non prezza; ma voi, che qua de intorno me ascoltati, seti de onore e de virtù la gloria, però vi piace odir la bella istoria. Da questo passo ricavate i valori su cui si fonda la consonanza che Boiardo stabilisce tra il proprio pub- blico ideale e la materia del suo canto. Per spiegare come Orlando sia stato soggiogato dall’amore (vv. 11-16), Boiardo si rifà alla stessa teo- ria tradizionale dell’amor cortese che Dante aveva evocato nel primo discorso di Francesca (Inf., V, vv. 100-107). È facile individuare i versi di Dante che sono richiamati più da vicino da Boiardo, e dire che cosa li accomuna. ? ? dialogo con il testo Francesco del Cossa Venere trionfa su Marte incatenato ai suoi piedi (ca 1470, affresco, Ferrara, Palazzo Schifanoia, salone dei Mesi, Aprile) Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento
  • 6. 94 unità 3 L. de’ Medici Chi desidera essere felice approfitti del presente, perché non si sa che cosa gli potrà accadere domani: con questo ritornello, che invita a godere giorno per giorno delle gioie della vita, Lorenzo de’ Medici chiude ogni strofa della sua canzone in cui esalta la giovinezza, con i suoi amori, le sue gioie, i suoi momenti spensierati. Scritto negli ultimi anni della vita del Magnifico, questo canto composto per la festa del carnevale del 1490 e destinato ad accompagnare il corteo (trionfo) delle maschere mitologiche, esprime la dolorosa consapevolezza della brevità della vita e dello scorrere senza sosta del tempo. Metro: ballata di ottonari, con ripresa XYYX e strofe con schema ABABBYYX. Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia1 ! Chi vuol esser lieto, sia2 : di doman non c’è certezza. 5 Quest’è Bacco e Arianna, belli, e l’un dell’altro ardenti3 : perché4 ’l tempo fugge e inganna, sempre insieme stan contenti. Trionfo di Bacco e Arianna Lorenzo de’ Medici nasce a Firenze nel 1449 da Piero di Cosimo, signore della città. Amante fin da giovane della letteratura e delle arti, una volta arrivato al potere riunisce attorno a sé una vasta corte di intellettuali, artisti e poeti. È filosofo e poeta anch’egli e scrive molte opere in volgare, di contenuto assai vario: testi per rappresentazioni sa- cre, rime d’amore e liriche destinate a essere cantate con accompagnamento musica- le. Lorenzo de’ Medici è inoltre un abile stratega e, con la politica dell’equilibrio, riesce a destreggiarsi nella complessa situazione politica italiana, caratterizzata da una forte fram- mentazione e instabilità. Alla sua morte, nel 1492, si rompe il precario equilibrio di cui egli era artefice e la nostra penisola diviene preda delle incursioni straniere, perdendo la sua autonomia. 1si fugge tuttavia: fugge continuamente, senza sosta. 2sia: lo faccia adesso. 3ardenti: innamorati. 4perché: poiché. Lorenzo de’ Medici Protagoniste di questo “trionfo” sono alcune figure della mitologia classica, utilizzate dall’autore per esprimere i temi centrali del componimento. Bacco, dio del vino, secondo la mitologia sposò Arianna, figlia di Minosse, rapita e abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso, dove Bacco la trovò. I satiri erano esseri mitologici dall’aspetto per metà umano per metà caprino che abitavano i boschi. Sileno era l’anziano satiro che allevò il dio Bacco. Le ninfe erano, invece, divinità femminili che custodivano i boschi e le acque. Il re Mida, mitico sovrano della Frigia, bramoso di accumulare ricchezze sempre più grandi, aveva ricevuto da Bacco un dono: trasformava in oro tutto ciò che toccava. Ben presto si accorse della pericolosità di ciò che aveva desiderato e ottenuto: trasformando in oro anche il cibo che tentava di mangiare, finì col morire denutrito.
  • 7. La letteratura a corte 95 Queste ninfe ed altre genti 10 sono allegre tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Questi lieti satiretti, delle ninfe innamorati, 15 per caverne e per boschetti han lor posto5 cento agguati; or da Bacco riscaldati6 , ballon, salton7 tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: 20 di doman non c’è certezza. Queste ninfe, anche hanno caro8 da lor essere ingannate: non può fare a Amor riparo, se non gente rozze e ingrate9 ; 25 ora insieme mescolate suonon, canton10 tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Questa soma11 , che vien drieto12 30 sopra l’asino, è Sileno: così vecchio è ebbro13 e lieto, già di carni e d’anni pieno14 ; se non può star ritto15 , almeno ride e gode tuttavia. 35 Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Mida vien drieto a costoro: ciò che tocca, oro diventa. E che giova aver tesoro, 40 s’altri poi non si contenta16 ? Che dolcezza17 vuoi che senta chi ha sete18 tuttavia? Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. 45 Ciascun apra ben gli orecchi, di doman nessun si paschi19 ; oggi sian, giovani e vecchi, lieti ognun20 , femmine e maschi. 5han lor posto: hanno teso loro [alle ninfe]. 6riscaldati: resi più arditi dal vino (da Bacco). 7ballon, salton: ballano, saltano. 8hanno caro: provano piacere. 9non può… e ingrate: soltanto le persone rozze e incapaci di apprezzare la vita possono resistere all’amore (fare a Amor riparo). 10suonon, canton: suonano, cantano. 11soma: peso, corpo pesante. 12drieto: dietro. 13ebbro: ubriaco. 14già… pieno: già grasso e vecchio. 15star ritto: reggersi in piedi [perché è vecchio, grasso e ubriaco]. 16E che giova… contenta?: a che serve avere tante ricchezze se una persona (s’altri) non è comunque soddisfatta? 17dolcezza: felicità, gioia. 18sete: di ricchezza. 19di doman... si paschi: nessuno speri troppo nel domani, nessuno si nutra di illusioni. 20ognun: tutti.
  • 8. 96 unità 3 Ogni tristo pensier caschi21 : 50 facciam festa tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Donne e giovinetti amanti, viva Bacco e viva Amore! 55 Ciascun suoni, balli e canti! Arda di dolcezza il core! Non fatica, non dolore! Ciò c’ha a esser, convien sia22 . Chi vuol esser lieto, sia: 60 di doman non c’è certezza. (Lorenzo de’ Medici, Scritti scelti, Utet) 21caschi: venga meno, scompaia. 22ciò… sia: bisogna che avvenga ciò che deve accadere. Trionfo di Bacco e Arianna L. de’ Medici I temi 1 Qual è, secondo l’autore, il valore della ricchez- za? 2 Quali caratteristiche della giovinezza emergono dal- la lettura della canzone di Lorenzo de’ Medici? 3 Quale immagine dell’amore è espressa dall’au- tore? 4 Rintraccia e sottolinea nel testo i versi con cui Lorenzo de’ Medici si rivolge direttamente al let- tore/ascoltatore, poi spiega, con parole tue, il si- gnificato del suo messaggio. I personaggi 5 Individua il valore simbolico dei personaggi del- la canzone completando l’elenco che segue. re Mida: La vana e pericolosa ricerca delle ricchezze ma- teriali. Bacco e Arianna: ......................................................... satiri ........................................................................... ninfe: ........................................................................... Sileno: ......................................................................... .............................................................................. La struttura 6 Individua le affermazioni vere e riscrivi in forma corretta quelle che ritieni errate. L’affermazione corretta è... La canzone è composta da 7 strofe precedute La canzone è composta da 7 strofe precedute da da un ritornello di 2 versi. un ritornello di 4 versi. Gli ultimi due versi del ritornello aprono ogni strofa ........................................................................................ della canzone. ........................................................................................ Lo schema delle rime varia di strofa in strofa. ........................................................................................ I versi sono ottonari, cioè composti da 8 sillabe. ........................................................................................ Tutte le strofe, eccetto il ritornello iniziale, sono ........................................................................................ composte da 8 versi. ........................................................................................