Giorgio Ferraresi - Territorio Bene Comune Intervento al Congresso della Società dei Territorialisti/e Fonte http://produrreterritorio.wordpress.com/2012/01/27/territorio-bene-comune/ferraresi_intervento-congresso/
2016 Another way to talk about planning. Technologies and environment are the...Luca Marescotti
Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking at the territory, from roman Florence to the Italian word "urbanistica". Perchè nel titolo del corso QUALITÀ DEGLI AMBIENTI INSEDIATIVI - PROGETTAZIONE ECOLOGICA PER LA QUALITÀ AMBIENTALE compare “progettazione” e non “pianificazione”? Le lezioni seguono il libro di testo: Luca Marescotti, Città Tecnologie Ambiente. Le tecnologie per la sostenibilità e la protezione ambientale. Nelle diapositive sono riportati estratti del testo Nelle lezioni tratteremo della RICERCA DI RELAZIONI TRA GLI ELEMENTI DEL TERRITORIO, attraverso le analisi (GIS, elaborazioni statistiche) a supporto della pianificazione. Nella formazione della conoscenza scientifica dell’urbanistica è necessario riflettere sulle modalità con cui altre discipline leggono territorio e ambiente; bisogna essere consci che per superare il riduzionismo e per approntare una visione generale nella scienza e nelle teorie, si dovrà aprire la discussione sul controllo delle risorse territoriali, sull’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, sull’armonia delle strategie nella ripartizione delle competenze. Tutto questo per offrire un approccio pragmatico e tecnologico alla produzione del territorio e alla protezione ambientale.
2016 I fondamenti dell'urbanistica. Parte prima: antichità e modernità.Luca Marescotti
L’organizzazione del territorio è oggetto di azioni politiche, rispecchia determinati rapporti sociali, implica ordinanze, leggi, decreti, richiede risorse e richiama investimenti. La forma dell’organizzazione territoriale costituisce solo uno schema, senza vita e senza significato, se non viene riempita da questi contenuti. L'urbanistica riguarda tutta l’organizzazione del territorio e non solo la città le pietre e i mattoni; il paesaggio attuale è composto da opere antiche di secoli, insediamenti e strade, monti disboscati e terre bonificate. La suddivisione modulare del territorio fatta dai Romani permane ancora nell’organizzazione di certe campagne, testimoniando un passato lontano di ben duemila anni. Tuttavia, anche quella certa forma di organizzazione del territorio è testimonianza, ma non ovviamente permanenza e imposizione, di quell’ordine
sociale.
Per una cultura politecnica nelI'urbanistica. le tecnologie di processo (leggi, piani, valutazione strategica e altre tecnologie di controllo, programmazione delle attuazioni) e tecnologie di prodotto (le condizioni generali, le infrastrutture, le opere pubbliche, gli insediamenti).
2016 Another way to talk about planning. Technologies and environment are the...Luca Marescotti
Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking at the territory, from roman Florence to the Italian word "urbanistica". Perchè nel titolo del corso QUALITÀ DEGLI AMBIENTI INSEDIATIVI - PROGETTAZIONE ECOLOGICA PER LA QUALITÀ AMBIENTALE compare “progettazione” e non “pianificazione”? Le lezioni seguono il libro di testo: Luca Marescotti, Città Tecnologie Ambiente. Le tecnologie per la sostenibilità e la protezione ambientale. Nelle diapositive sono riportati estratti del testo Nelle lezioni tratteremo della RICERCA DI RELAZIONI TRA GLI ELEMENTI DEL TERRITORIO, attraverso le analisi (GIS, elaborazioni statistiche) a supporto della pianificazione. Nella formazione della conoscenza scientifica dell’urbanistica è necessario riflettere sulle modalità con cui altre discipline leggono territorio e ambiente; bisogna essere consci che per superare il riduzionismo e per approntare una visione generale nella scienza e nelle teorie, si dovrà aprire la discussione sul controllo delle risorse territoriali, sull’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, sull’armonia delle strategie nella ripartizione delle competenze. Tutto questo per offrire un approccio pragmatico e tecnologico alla produzione del territorio e alla protezione ambientale.
2016 I fondamenti dell'urbanistica. Parte prima: antichità e modernità.Luca Marescotti
L’organizzazione del territorio è oggetto di azioni politiche, rispecchia determinati rapporti sociali, implica ordinanze, leggi, decreti, richiede risorse e richiama investimenti. La forma dell’organizzazione territoriale costituisce solo uno schema, senza vita e senza significato, se non viene riempita da questi contenuti. L'urbanistica riguarda tutta l’organizzazione del territorio e non solo la città le pietre e i mattoni; il paesaggio attuale è composto da opere antiche di secoli, insediamenti e strade, monti disboscati e terre bonificate. La suddivisione modulare del territorio fatta dai Romani permane ancora nell’organizzazione di certe campagne, testimoniando un passato lontano di ben duemila anni. Tuttavia, anche quella certa forma di organizzazione del territorio è testimonianza, ma non ovviamente permanenza e imposizione, di quell’ordine
sociale.
Per una cultura politecnica nelI'urbanistica. le tecnologie di processo (leggi, piani, valutazione strategica e altre tecnologie di controllo, programmazione delle attuazioni) e tecnologie di prodotto (le condizioni generali, le infrastrutture, le opere pubbliche, gli insediamenti).
Ecologia e urbanistica, sistemi per governare sistemi complessi socio-ecologi...Luca Marescotti
“Strane storie” per avviarci alle conclusioni vuol dire “sveglia!, guarda il mondo intorno a te e reagisci! Tu sai che cosa puoi fare!”.
L'inizio riguarda la società come una mente collettiva, un sistema sociale capace di andare oltre ai paradigmi convenzionali della politica, dei partiti e dell'anarchia, richiamando responsabilità, ascolto e partecipazione. Le tre caratteristiche fondamentali sono la conoscenza condivisa, la condivisione delle strategie e la cooperazione.
Conoscenza, coordinamento e cooperazione sono le strade da integrare in una maturazione del concetto di democrazia.
2016 Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking a...Luca Marescotti
Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking at the territory, from roman Florence to the Italian word "urbanistica". Le lezioni seguono il libro di testo: Luca Marescotti, Urbanistica. Fondamenti e teoria e nelle diapositive sono riportati estratti del testo. La vita nelle città è esperienza urbana: l'abitare su questa terra è vivere in pace assieme agli “altri” e aver cura della terra: questa è l'esperienza ambientale. Io sono l'altro! FIRENZE, per esempio, della Firenze romana ricostruisco il disegno il suo orientamento rispetto alla centuriazione, ma qual era l'esperienza urbana dei cittadini di quell'insediamento che sarebbe diventato Firenze? Dalla carta non traggo nessuna spiegazione! Il piano urbanistico si riassumeva nella rete stradale, nelle zone da demolire, ma l'esperienza umana riguarda i cittadini. DI LORO RESTANO POCHE TRACCE. SPESSO LE LORO STORIE NON TROVARONO VOCI PER NARRARLE. Il 40% delle terre emerse è stato modificato dagli esseri umani, anche se solo lo 0,6% è suolo artificiale. Il paesaggio è nello stesso tempo prodotto (ambiente costruito) e registro/archivio delle azioni umane.
2016 Science and urban planning theory. Learning from ecology and reality Luca Marescotti
[revised: slide 10 has been changed]
2016 Science and urban planning theory. Learning from ecology and reality.
Il contesto dell'urbanistica è fornito dall'analisi degli squilibri dell'urbanisimo mondiale e dalla discussine sui limiti dello sviluppo o della crescita demografica. La costruzione di una teoria in ambito ecologico privilegia le analisi della capacità di carico di una regione, dei fattori limitanti la crescita di una popolazione (anche umana), del metabolismo urbano e dell'impronta ecologica, esplicitando i legami tra i metodi. Il caso degli studi sull'impronta ecologica di Londra è utile per vedere quattro aspetti: l'esigenza di protocolli trasparenti, la questione etica della responsabilità disciplinare e politica, i rapporti con la politica, le scelte in condizioni di incertezza.
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...Marialuisa Palumbo
La proposta del sindaco Marino e dell'assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
La visione del Sindaco Marino e dell’Assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
Alberto Magnaghi - Dalla partecipazione all’autogoverno della comunità locale...Marco Garoffolo
Caricato PDF per condividerlo con i Social per il progetto di www.salviamoilpaesaggio.net trovate l'originale
http://www.societadeiterritorialisti.it/images/DOCUMENTI/100615_amagnaghi_saggio_dd_per_sdt.pdf
La proposta del sindaco Marino e dell'assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
0 Capture leads on your content Ways to get more views Share Twitter ...Pd Massafra
Il Pd di Massafra mette on line e a confronto i due elaborati relativi al quadro interpretativo del PUG di Massafra e quello di Manfredonia. Le parti evidenziate in giallo sono le parti diverse tra il Quadro interpretativo del Comune di Massafra e quello del Comune di Manfredonia. Buona lettura !
Flavia Barca Una cultura contemporanea per il bene comune 2015Flavia Barca
È arrivato il momento di identificare una visione sul rapporto tra cultura, paesaggio e futuro, ovvero un progetto pubblico sul futuro delle città e dei territori che passi attraverso il riuso dei nostri beni e spazi e attraverso lo sviluppo di nuova arte, quindi la creazione di spazi che promuovano la creatività e l’innovazione. Insomma è arrivato il momento di elaborare un progetto contemporaneo.
Valutazione di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 | ReportBTO Educational
Valutazione di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 | Report
Argomento trattato dall'[EX] Assessore alle CulturE, Spazi Museali ed espositivi, Toponomastica, Beni comuni, Partecipazione democratica e Consulte della Città di Palermo Adham Darawsha
https://scientificwte.it/rewind-2019/
https://scientificwte.it/event/la-citta/
https://scientificwte.it
Ecologia e urbanistica, sistemi per governare sistemi complessi socio-ecologi...Luca Marescotti
“Strane storie” per avviarci alle conclusioni vuol dire “sveglia!, guarda il mondo intorno a te e reagisci! Tu sai che cosa puoi fare!”.
L'inizio riguarda la società come una mente collettiva, un sistema sociale capace di andare oltre ai paradigmi convenzionali della politica, dei partiti e dell'anarchia, richiamando responsabilità, ascolto e partecipazione. Le tre caratteristiche fondamentali sono la conoscenza condivisa, la condivisione delle strategie e la cooperazione.
Conoscenza, coordinamento e cooperazione sono le strade da integrare in una maturazione del concetto di democrazia.
2016 Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking a...Luca Marescotti
Urbanistica, per iniziare! On the begin of a talk on planning looking at the territory, from roman Florence to the Italian word "urbanistica". Le lezioni seguono il libro di testo: Luca Marescotti, Urbanistica. Fondamenti e teoria e nelle diapositive sono riportati estratti del testo. La vita nelle città è esperienza urbana: l'abitare su questa terra è vivere in pace assieme agli “altri” e aver cura della terra: questa è l'esperienza ambientale. Io sono l'altro! FIRENZE, per esempio, della Firenze romana ricostruisco il disegno il suo orientamento rispetto alla centuriazione, ma qual era l'esperienza urbana dei cittadini di quell'insediamento che sarebbe diventato Firenze? Dalla carta non traggo nessuna spiegazione! Il piano urbanistico si riassumeva nella rete stradale, nelle zone da demolire, ma l'esperienza umana riguarda i cittadini. DI LORO RESTANO POCHE TRACCE. SPESSO LE LORO STORIE NON TROVARONO VOCI PER NARRARLE. Il 40% delle terre emerse è stato modificato dagli esseri umani, anche se solo lo 0,6% è suolo artificiale. Il paesaggio è nello stesso tempo prodotto (ambiente costruito) e registro/archivio delle azioni umane.
2016 Science and urban planning theory. Learning from ecology and reality Luca Marescotti
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2016 Science and urban planning theory. Learning from ecology and reality.
Il contesto dell'urbanistica è fornito dall'analisi degli squilibri dell'urbanisimo mondiale e dalla discussine sui limiti dello sviluppo o della crescita demografica. La costruzione di una teoria in ambito ecologico privilegia le analisi della capacità di carico di una regione, dei fattori limitanti la crescita di una popolazione (anche umana), del metabolismo urbano e dell'impronta ecologica, esplicitando i legami tra i metodi. Il caso degli studi sull'impronta ecologica di Londra è utile per vedere quattro aspetti: l'esigenza di protocolli trasparenti, la questione etica della responsabilità disciplinare e politica, i rapporti con la politica, le scelte in condizioni di incertezza.
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...Marialuisa Palumbo
La proposta del sindaco Marino e dell'assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
La visione del Sindaco Marino e dell’Assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
Alberto Magnaghi - Dalla partecipazione all’autogoverno della comunità locale...Marco Garoffolo
Caricato PDF per condividerlo con i Social per il progetto di www.salviamoilpaesaggio.net trovate l'originale
http://www.societadeiterritorialisti.it/images/DOCUMENTI/100615_amagnaghi_saggio_dd_per_sdt.pdf
La proposta del sindaco Marino e dell'assessore Caudo di una politica urbana basata sulla rigenerazione dell’esistente attraverso operazioni attente tanto alle grandi questioni ambientali (dalla riduzione del consumo di suolo allo sviluppo di pratiche di sostenibilità e resilienza) quanto alle esigenze sociali (alla reale composizione della domanda abitativa), ha trovato nell’INARCH Lazio un interlocutore interessato non solo a sostenere la diffusione e discussione di questi temi, ma pronto a lavorare insieme all’amministrazione ed agli imprenditori per renderli concreti.
Nasce così l’idea di un laboratorio di progettazione che, sulla base di una collaborazione operativa con l’Acer, e in dialogo con l’Assessorato, elabori progetti pilota sulle principali tipologie di “rigenerazione”, per verificarne scenari di sostenibilità architettonica, sociale ed ambientale, nonché di fattibilità economica e procedurale.
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Il Pd di Massafra mette on line e a confronto i due elaborati relativi al quadro interpretativo del PUG di Massafra e quello di Manfredonia. Le parti evidenziate in giallo sono le parti diverse tra il Quadro interpretativo del Comune di Massafra e quello del Comune di Manfredonia. Buona lettura !
Flavia Barca Una cultura contemporanea per il bene comune 2015Flavia Barca
È arrivato il momento di identificare una visione sul rapporto tra cultura, paesaggio e futuro, ovvero un progetto pubblico sul futuro delle città e dei territori che passi attraverso il riuso dei nostri beni e spazi e attraverso lo sviluppo di nuova arte, quindi la creazione di spazi che promuovano la creatività e l’innovazione. Insomma è arrivato il momento di elaborare un progetto contemporaneo.
Valutazione di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 | ReportBTO Educational
Valutazione di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 | Report
Argomento trattato dall'[EX] Assessore alle CulturE, Spazi Museali ed espositivi, Toponomastica, Beni comuni, Partecipazione democratica e Consulte della Città di Palermo Adham Darawsha
https://scientificwte.it/rewind-2019/
https://scientificwte.it/event/la-citta/
https://scientificwte.it
Design, Comunità, Territorio (18/10/2006 @ Politecnico di Milano)Massimo Menichinelli
La mia prima lezione, tenuta al Laboratorio di Sintesi Finale Uomo<>Product Design<>Territorio, Politecnico di Milano, Facoltà del Design, A.A. 2006/2007
Valorizzazione economica di una risorsa culturale esperienzialeMara Passuello
experience goods: beni culturali esperienziali, creatività e innovazione che attraverso lo scambio e il dialogo fanno da driver ad uno dei benefici per la comunità più complesso e completo che è la qualità sociale.
Italian history of historic centres urban regeneration VIVA_EAST
A brief history of approaches, methods and techniques of urban regeneration of historic centres related to their territories: the Italian case
Presented during the VIVA EAST Thematic Seminar on "Methodology for Urban Planning and Design of minor Historic Centres Territorial Cultural Systems, Bari, Italy, Oct. 2012
Appunti di urbanistica per il Real Estate introduzione alla disciplinaGiulioMarchetti3
La presente nota didattica ha lo scopo di introdurre, con riferimento alla realtà italiana, alcuni aspetti fondanti della disciplina urbanistica relativi alla struttura normativa e strumentale di base.
L’iniziativa di realizzare questa breve dispensa a fini didattici, muove dal gentile invito dell’istituto salesiano Villa Sora di Frascati (RM) a svolgere una lezione in materia urbanistica rivolta ai propri studenti liceali.
PROGETTAZIONE ED IMPLEMENTAZIONE DI STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DI RETI COMP...Marco Garoffolo
Tesi Cirnigliaro Giulio su Progettazione Ed Implementazione Di Strumenti Per La Valutazione Di Reti Complesse Con Proprietà Scale-free.
Barabasi Albert
Interazione, innovazione e collaborazione sono i principi base della Social Innovation, sapientemente riproposti e rielaborati all’interno del testo Il libro bianco dell’innovazione sociale scritto da Robin Murray, Julie Caulier Grice e Geoff Mulgan e curato per l’edizione italiana da Alex Giordano e Adam Arvidsson.
Con un chiaro approccio realistico, dimenticando le teorie e le formule da manuale, il testo vi propone nient’altro che un’attenta e cosciente osservazione dei meccanismi odierni, filtrando il tutto con un forte senso critico volto alla praticità delle soluzioni.
Non si tratta dunque di rimpastare modelli passati e pochi affini alle attuali dinamiche socio- economiche, ma si tratta di una chiara esortazione all’impiego delle risorse di cui noi tutti siamo detentori: dalla sfida per la riduzione delle emissioni di Co2, alla lotta alla povertà fino alla salvaguardia per la salute delle persone.
Murray, Grice e Geoff dalle pagine dell’opera definiscono la Social Innovation come un fenomeno che parte dal basso, dalla società moderna virata dalla spinta dirompente della nuova generazione, fatta di giovani caparbi ed entusiasti, pronti a mettersi in gioco . La Social Innovation dunque è un fenomeno irruente e spontaneo che non impone soluzioni astratte ma nuove e concrete possibilità per il miglioramento degli obiettivi mondiali. Dopo il crollo dei vecchi dogmi sociali , divenuti ormai obsoleti, la società mondiale si è trovata a fare i conti con una repentina decadenza dell’intero apparato socio- economico. Per effetto domino, ciò ha portato ad un consequenziale compromissione del lineare andamento del mercato, ad un incremento vertiginoso dei costi e infine alla necessità di reinventarsi.
La sfida che lancia la Social Innovation è quella di riprendersi gli spazi e di attribuirgli nuovi segmenti di esistenza, rielaborando i vecchi modelli.
Fonte http://www.societing.org/wp-content/uploads/Open-Book.pdf
Comunicazione, Potere e Contropotere nella network societyMarco Garoffolo
Il presente articolo formula una serie di fondate ipotesi sull’interazione tra comunicazione e
rapporti di potere nel contesto tecnologico che caratterizza la network society, o “società in rete”.
Partendo da un corpus selezionato di studi sulla comunicazione e da una serie di case study ed
esempi, si giunge alla conclusione che i media siano divenuti lo spazio sociale ove il potere viene
deliberato. Mostrando il legame diretto tra politica, politica dei media, politica dello scandalo e crisi
della legittimità politica in una prospettiva globale. E avanzando l’idea che lo sviluppo di reti di
comunicazione interattiva orizzontale ha favorito l’affermazione di una nuova forma di
comunicazione, la mass self-communication (comunicazione individuale di massa), attraverso
Internet e le reti di comunicazione wireless. In un tale contesto, politiche insurrezionali e
movimenti sociali sono in grado di intervenire con maggiore efficacia nel nuovo spazio di
comunicazione. Sul quale, però, hanno investito anche i media ufficiali o corporate media e la
politica mainstream. Tutto ciò si è tradotto nella convergenza tra mass media e reti di
comunicazione orizzontale. E, più in generale, in uno storico spostamento della sfera pubblica
dall’universo istituzionale al nuovo spazio di comunicazione.
Fonte http://www.caffeeuropa.it/socinrete/castells.pdf
Non è facile immaginare una società in cui l'organizzazione industriale sia equilibrata e compensata da modi di produzione complementari, distinti e ad alto rendimento. Siamo talmente deformati dalle abitudini industriali che non osiamo più scrutare il campo del possibile, e l'idea di rinunciare alla produzione di massa di tutti gli articoli e servizi è per noi come un ritorno alle catene del passato o al mito del buon selvaggio. Ma se vogliamo ampliare il nostro angolo di visuale, adeguandolo alle dimensioni della realtà, dobbiamo ammettere che non esiste un unico modo di utilizzare le scoperte scientifiche, ma per lo meno due, tra loro antinomici.
C'è un uso della scoperta che conduce alla specializzazione dei compiti, alla istituzionalizzazione dei valori, alla centralizzazione del potere: l'uomo diviene l'accessorio della megamacchina, un ingranaggio della burocrazia. Ma c'è un secondo modo di mettere a frutto I invenzione, che accresce il potere e il sapere di ognuno, consentendo a ognuno di esercitare la propria creatività senza per questo negare lo stesso spazio d'iniziativa e di produttività agli altri.
Se vogliamo poter dire qualcosa sul mondo futuro, disegnare i contorni di una società a venire che non sia iperindustriale, dobbiamo riconoscere l'esistenza di scale e limiti naturali. L'equilibrio della vita si dispiega in varie dimensioni; fragile e complesso, non oltrepassa certi limiti. Esistono delle soglie che non si possono superare. La macchina non ha soppresso la schiavitù umana, ma le ha dato una diversa configurazione. Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione, e comincia la grande reclusione. Occorre individuare esattamente dove si trova, per ogni componente dell'equilibrio globale, questo limite critico. Sarà allora possibile articolare in modo nuovo la millenaria triade dell'uomo, dello strumento e della società. Chiamo società conviviale una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato a un corpo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale è la società in cui prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni.
Fonte http://periferiesurbanes.org/wp-content/uploads/2010/08/La-Convivialit%C3%A0.pdf
A RFID web-based infotracing system for the artisanal Italian cheese quality ...Marco Garoffolo
The aim of this study is the integration of an electronic tracing system with a non-destructive quality analysis system for single product of a typical Italian cheese, prepared with buffalo milk and called “Caciottina massaggiata di Amaseno”, a typical diary product of Lazio Region. The tracing and quality information are combined on a web platform to obtain a complete procedure to develop what we define as an “infotracing system”. Quality analyses (chemical, sensorial and spectrophotometric) were carried out on a total of 23 cheese wheels (8 with TAGs) and for three cheese maturation classes (3, 6 or 9 months after production). Two typologies of RFID tags were tested. Results were screened by Partial Least Squares regressions (PLS) on reflectance values for the prediction of chemical content, while classifica- tion of cheese maturation classes (3, 6 or 9 months) was carried out by Partial Least Squares Discriminant Analysis (PLSDA) on reflectance values. The RFID system turned out as effective, reliable and compatible with the production process tool. A good estimation of maturation degree by spectral and chemical analysis was obtained. Moreover an infotracing web-based system was designed to acquire and link basic information that can be made available to the final consumer or to different food chain actors before or after purchasing, using the RFID code to identify the single and specific cheese product. The projected web-based tracing system could improve the products commerce by increasing the information trans- parency for the consumer.
Con un fatturato di oltre 43 miliardi di euro nel 2013, l’Italia è la terza potenza agricola dell’Unione Europa. A dirlo è Eurostat, che ha da poco diffuso l’edizione 2015 del dossier “Agriculture, forestry and fishery statistics”, un rapporto che descrive non solo la produzione agricola, ma anche l’allevamento, la diffusione delle coltivazioni biologiche e l’inquinamento prodotto da questi settori.
Sul fronte del fatturato a primeggiare è la Francia, che nel 2013 ha sfiorato i 57 miliardi di euro, quindi c’è la Germania con 46,2 miliardi e, come detto, l’Italia. È però interessante notare come siano stati raggiunti questi risultati: Parigi e Berlino, infatti, ci sono arrivati coltivando una superficie maggiore di territorio rispetto a quello italiano e dando lavoro a meno persone. In Francia sono destinati a coltivazione e pascolo qualcosa come 27,7 milioni di ettari di territorio, il dato più alto di tutta l’Unione, sui quali lavorano 725mila persone. Mentre sono 523mila i “contadini” tedeschi, che coltivano una superficie pari a poco meno di 17 milioni di ettari. Tra Trento e Palermo, invece, sono 12 milioni gli ettari utilizzati in agricoltura. E gli occupati raggiungono quota 817mila, il terzo valore più alto dell’UE dopo quelli di Polonia e Romania.
Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di bresciaMarco Garoffolo
In passato, l’importante ruolo svolto dalla coltivazione dei cereali minori (orzo, segale, grano saraceno, frumento ecc.) in zone di montagna - nel rifornimento di farine per il sostentamento delle popolazioni alpine - ha garantito per molti anni la gestione del
territorio. Le colture minori sono specie “antiche”, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana, oltre a occupare una posizione strategica
nell’origine delle attuali forme coltivate. Purtroppo, dopo gli anni Cinquanta, la coltivazione dei cereali minori nelle zone di montagna è progressivamente calata, lasciando
spazio a colture più remunerative o, peggio ancora, all’abbandono. Tale evoluzione ha portato un cambiamento del paesaggio: là dove i campi sono pianeggianti sono
stati mantenuti a seminativo o a prato stabile; ma dove le caratteristiche pedologiche e strutturali (terreni poco fertili e con molto scheletro, pendenza elevata, difficoltà di accesso,
appezzamenti poco meccanizzabili) il terreno una volta seminato a segale o frumento ha lasciato il posto al rimboschimento delle superfici. Questo ha comportato un abbassamento della diversificazione visiva del paesaggio, con un impoverimento della
biodiversità vegetale e animale. I cereali minori possono essere definiti come piante rustiche, tolleranti a stress ambientali,
capaci di dare una produzione economicamente valida anche in condizioni di modesta fertilità del terreno. Hanno spesso pregevoli caratteristiche qualitative e nutrizionali, che ne fanno ingredienti principali in preparazioni dietetiche e salutistiche, in gradevoli
preparazioni culinarie attorno alle quali si muovono tradizioni popolari e usanze.
http://www.saporidivallecamonica.it/uploads/docs/512b37a2aade4.pdf
L’industria dei brevetti sta prendendo il controllo sul nostro cibo?Marco Garoffolo
L'industria dei brevetti svende il futuro del nostro cibo!
http://www.semirurali.net/modul…/wfdownloads/singlefile.php…
Per chi lo avesse perso l'anno scorso la Rete Semi Rurali ha tradotto in italiano il rapporto sui brevetti che concernono le sementi a cura della coalizione internazionale No patents on Seeds! Lo spunto per il rapporto nasce dal fatto che l'Epo -Ufficio Europeo per i Brevetti- ha concesso migliaia di brevetti su vegetali e sementi, con un numero crescente di brevetti concessi su piante e sementi ottenuti con metodi di miglioramento genetico convenzionali. Dagli anni '80, in Europa, sono stati concessi 2.400 brevetti su vegetali e 1.400 brevetti su animali. 7.500 brevetti su vegetali e 5.000 su animali sono in attesa di concessione. L'Epo ha già concesso più di 120 brevetti su vegetali ottenuti con metodi convenzionali di miglioramento genetico e circa 1000 altre richieste sono in attesa di concessione. Spesso la portata di questi brevetti è molto ampia e prende in considerazione intere filiere, dalla produzione al consumo.
Milano ha finalmente la sua Food Policy alla cui elaborazione anche tu hai contribuito!
Nella seduta del 5 ottobre scorso il Consiglio Comunale ha infatti approvato il Milan Urban Food Policy Pact e le Linee di Indirizzo della Food Policy di Milano 2015-2020
Il documento individua 4 aree prioritarie emerse nel corso del processo di consultazione della Food Policy:
1) Garantire cibo sano per tutti
2) Promuovere la sostenibilità del sistema alimentare
3) Educare al cibo
4) Lottare contro gli sprechi.
Per ognuna di queste priorità il documento suggerisce una serie di azioni concrete, tra queste favorire l'accesso al cibo sano e all'acqua potabile anche alle fasce più deboli, promuovere l'agricoltura urbana e il cibo locale, sostenere le filiere alimentari corte, aumentare la consapevolezza sugli sprechi con campagne mirate.
Per favorire la diffusione di queste linee di indirizzo il piano istituisce il Consiglio Metropolitano del Cibo, lo strumento attraverso il quale continuare a coinvolgere gli attori del sistema alimentare di Milano e i cittadini sui progetti della Food Policy.
Il testo della delibera è disponibile sul sito della Food Policy di Milano a questo link
Il Consiglio comunale ha anche approvato il Milan Urban Food Policy Pact che sarà firmato da più di 100 città il 15 ottobre prossimo e presentato il 16 ottobre al Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki -moon .
Con questo, e rimandandovi alle future comunicazioni in merito alla Food Policy, cogliamo anche l'occasione per invitarvi al "Feeding the 5000" il pranzo per 5000 persone cucinato con cibo recuperato che avrà luogo Sabato 17 ottobre dalle 12,00 alle 15,00 in Piazza Castello, con il fine di sensibilizzare la popolazione alla lotta contro gli sprechi alimentari.
fonte
http://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2015/10/CC-n.-25-del-5.10.2015.pdf
Dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo un dossier, realizzato con la collaborazione grafica di Andrea Rosellini e Margherita Brunori, che ricostruisce con efficacissime infografiche la storia dei cibi che finiscono nei nostri piatti e soprattutto svela quali sono le multinazionali che gestiscono il nostri alimenti interessandosi non certo di salute, qualità, ambiente e meno che mai di sovranità alimentare, ma solo ed esclusivamente badando al loro profitto.
Fonte http://expodeipopoli.it/wp-content/uploads/2015/07/i_padroni_del_nostro_ciboalta.pdf
Rapporto Coop 2015
Potremmo abbozzare il titolo del film prendendo in prestito un tema caro ai sociologi: «La fine del ceto medio». Superando definitivamente la «cetomedizzazione» della società, definizione cara a Giuseppe De Rita che negli anni Novanta la coniò per descrivere la crescita di una piccola borghesia del nord-est basata sulla «fabbrichetta» con simpatie leghiste. Nel tradizionale rapporto Coop sui consumi, diffuso oggi a Milano, emerge uno spaccato sociale interessante perché s’intravede per la prima volta un’Italia dinamica dopo sette anni di Grande Crisi seppur estremamente polarizzata su diverse dicotomie: giovani-vecchi, nord-sud, occupati-disoccupati, uomini-donne. Presto per parlare di scenario sudamericano dove le differenze si acuiscono invece che ridursi grazie allo Stato sociale, eppure la tendenza dei consumi rileva come la spesa al carrello diminuisce nonostante una clamorosa flessione dei prezzi al dettaglio operata da tutti i marchi della grande distribuzione. La cartina di tornasole della sparizione del ceto medio sta tutta nel declino del modello dell’ipermercato: store con grandi metrature all’interno di grossi centri commerciali nella cosiddetta cintura urbana....
Fonte
http://www.corriere.it/economia/15_settembre_03/ecco-l-italia-bipolare-consumi-singhiozzo-db924372-5234-11e5-aea2-071d869373e1.shtml
Exploring the production capacity of rooftop gardens (RTGs) in urban agricult...Marco Garoffolo
Exploring the production capacity of rooftop gardens (RTGs)
in urban agriculture: the potential impact on food and nutrition
security, biodiversity and other ecosystem services
in the city of Bologna
Francesco Orsini & Daniela Gasperi & Livia Marchetti &
Chiara Piovene & Stefano Draghetti & Solange Ramazzotti &
Giovanni Bazzocchi & Giorgio Gianquinto
This document provides an introduction to Alexander Chayanov's book "The Theory of Peasant Co-operatives". It summarizes that Chayanov predicted aspects of Stalin's collectivization program and offered an alternative model of agricultural development based on peasant co-operatives. The book argues that different forms of farming organization need to be combined for co-operatives to succeed. Although written in the 1920s, the concepts are still relevant today for discussions around smallholders, informal economies, and Soviet agricultural restructuring.
This document discusses alternative trade networks and social movements in the food sector. It argues that alternative networks, like organic, fair trade, and local food networks, aim to change power relationships in society by introducing social and environmental values into business. These networks empower participants by reducing costs and risks as the networks develop closed feedback loops and routines between producers, consumers, retailers and other actors. The networks gain power as they become "black boxes" represented by shared symbols like labels. Once established, the networks can either integrate further into conventional systems or help launch new alternative networks, influencing the dominant economic logic.
n che modo consumatori
consapevoli possono
contribuire allo sviluppo
sostenibile?
Un’analisi a partire dal
consumo alimentare.
Gianluca Brunori, Adanella Rossi,
Francesca Guidi, Alessandra Lari
1. TESTO SUL CONGRESSO FONDATIVO DELLA SOCIETÀ DEI TERRITORIALISTI/E
_______________________________________________________________________
Contributo di introduzione al dibattito finale, 2° giornata (rielaborazione):
G. Ferraresi
Territorio Bene Comune: un tema generale sotteso ai diversi assi
tematici del congresso
Elementi per la definizione di un approccio territorialista al “comune”
1) Rilevanza del tema del “comune” e fondamenti territorialisti
Questo contributo riprende ed interpreta le indicazioni del Comitato dei Garanti precedente il
congresso, che ha stabilito di esplicitare il “Territorio Bene comune” come “tema generale
condiviso”, riconoscendolo come sotteso ai temi delle commissioni; proponendo quindi di
assumerlo come “titolo” del Congresso e suggerendo anche di ricondurre a questo tema la
discussione nei dibattiti previsti alla fine delle due sessioni tematiche dell’evento.
Si accoglie quindi l’invito, cercando di fornire elementi alla discussione sui “bei comuni”
secondo un approccio territorialista. Partendo dai materiali delle commissioni tematiche (o
comunque tenendoli presenti); soprattutto quelli delle ultime due presentate prima di questo
dibattito, in particolare i temi della commissione “Paesaggio e nuove alleanze
città/campagna”, avendo attivamente partecipato (io ed il “gruppo di Milano”) a quei lavori,
peraltro particolarmente pertinenti alla questione dei beni comuni.
Si può iniziare dal riconoscere la rilevanza del tema.
La questione dei beni comuni (e del “comune” più in generale) è, nell’attuale contesto
nazionale ed internazionale, un nodo critico centrale in ogni percorso “alternativo” di uscita
dallo stato di crisi del sistema dominante di organizzazione economica, civile e territoriale;
tema radicale e pervasivo nei diversi mondi teorici e di pratica sociale, soggetto a molte
visioni ed interpretazioni anche assai differenziate.
Si può anche dar conto, ma non in questa sede, di questo panorama complesso e dei
movimenti in atto, delle ricerche e dei testi. (1)
Ma si tratta anche di individuare un centro, gli elementi essenziali e prioritari in cui
riconoscere e mettere in campo il “comune”, data la tendenza in atto a dilatarlo e ad
attribuirlo ad ogni bene immateriale e materiale utile all’umanità che si vuol sottrarre alla
rapina proprietaria (acqua, energia, beni naturali, culturali, cognitivi…); il che è proponibile
ma spesso produce “un uso inflattivo” (2) del termine “comune” che può diluirne il senso e
depotenziarne i processi possibili di difesa e valorizzazione.
E’ qui (premettendo, in estrema sintesi, in due punti/chiave, ciò che si verrà dipanando di
seguito) che l’approccio territorialista ed i suoi fondamenti possono fornire un contributo
1
Data la centralità della questione sarebbe opportuno che la “Società dei territorialisti/e” si dotasse di una
bibliografia strutturata sui “beni comuni” ; e facesse oggetto dell’ “Osservatorio” proposto movimenti, processi
sociali ed istituzionali e centri di ricerca sul tema. Elementi significativi di questi quadri sono già in buona
parte disponibili nei numerosi studi pubblicati
2
S. Rodotà ha utilizzato questa espressione a proposito dei beni comuni e manifestato preoccupazione per
questa possibile deriva in articoli o interventi pubblici
1
2. rilevante per dare “corpo comune” al “comune”, assegnare senso strategico e figurare
scenario alla trasformazione che sui beni comuni si può fondare.
Questo quando si propone di:
• considerare il territorio come bene comune fondamentale, dove beni inalienabili
materiali ed immateriali insieme siano oggetto di riconoscimento, disponibilità e
valorizzazione socialmente determinate, sottraendoli alla condizione di
appropriazione privata / trasformazione in forma di merci
• assumere, reciprocamente il “comune” che nasce da questa opzione come cuore del
riemergere del valore territoriale e come fonte di una strategia di alternativa
economica e civile.
I beni comuni quindi come ”fondamento e esito” di un processo di valorizzazione del
territorio, del nostro mondo di vita. (3)
Un fondamentale contributo alla concezione del “comune” è contenuto ‘in nuce’ nei primi
elementi essenziali della ricerca territorialista, anche se implicito, espresso in altri termini,
(essenzialmente attorno al concetto di “patrimonio territoriale” ); un contributo che d’altra
parte sta divenendo sguardo esplicito sui beni comuni e proposta strutturata negli sviluppi più
recenti del territorialismo, nei lavori in corso e nei progetti in prospettiva (su questo si torna
più avanti): ma qui è anche essenziale il riferimento ai fondamenti.
Nelle radici del territorialismo sta infatti una concezione del territorio come soggetto vivente e
complesso, fondato su una continua interazione tra sistema ambientale (geosfera,
biosfera,…), sistema insediativo e sistema antropico delle altre molteplici azioni umane
(culturali/sociali, economiche, politiche, forme civili, denominazioni, assegnazioni di senso)
prodotto dalla plurimillenaria “opera di territorializzazione”, una “continua riconfigurazione
della complessità”.
Si costituisce così un “patrimonio” territoriale che appunto non è un dato ma un “costrutto”
che non esiste in natura (e la natura del territorio è essenzialmente natura seconda,
trasformata): una “cogenerazione” tra i diversi sistemi dell’habitat umano.
Ed il territorio non è puro spazio, è “luogo” (“spazio dotato di caratteri distintivi”) e “luogo di
luoghi”, basato su differenze, su diversi “valori “territoriali”.
Questa concezione di patrimonio/territorio è una “proto-figura” fondamentale del “bene
comune”, bene condiviso “nel quale” si vive costruendolo, i cui valori sono essenziali alla
vita, inalienabili.
La questione del “comune” si apre drammaticamente quando questa costruzione territoriale
si degrada o viene sommersa, subisce catastrofi; come nella fase storica che ancora viviamo
dalla rivoluzione industriale in poi, che va considerata anche a partire dai suoi fondamenti
lontani nella rivoluzione scientifica e tecnologia e nella razionalità che l’accompagna: una
fase di accelerazione insostenibile che destruttura la complessità del territorio e la fertilità del
suo patrimonio; sino alla diffusione urbana endemica ed omnicomprensiva del post-fordismo,
alla sua crisi per bulimia.
3
“ I beni comuni come fondamento ed esito della valorizzazione del territorio” è il titolo di un seminario di
dottorato, a mia cura, più avanti citato (cfr nota 6)
2
3. 2) La storica partizione proprietaria del territorio dei beni comuni e le controtendenze
in atto
In questo processo quindi, si può ben richiamare, in sede storica, un largo riconoscimento
della centralità del territorio come luogo e corpo fondamentale dei beni comuni e come posta
in gioco nel conflitto tra la loro affermazione e la loro erosione e misconoscimento.
E ora, nella attualità, il riemergere del tema del “bene comune territorio” come cuore di
molteplici pratiche e movimenti.
E’ riconosciuto infatti in molti degli studi sulla formazione del “moderno” (e soprattutto nelle
storie della nascita dell’urbanistica e della pianificazione del territorio) (4) come proprio la
liquidazione dei “commons” sia stato un nodo essenziale nella costruzione del codice della
modernità, nel suo modello vincente,
Il lungo processo di dominanza dell’urbano e della produzione seriale, storicamente inizia nel
settecento inglese (con radici precedenti) con le azioni di “enclosure”, le recinzioni e
privatizzazioni delle terre comuni; per tradursi poi in un processo strutturale di distruzione
progressiva del “territorio come soggetto vivo e complesso” che muove dalla dissoluzione del
suo essere “bene comune”.
Mentre, all’opposto, si manifestano ora percorsi sociali in atto di apertura di un nuovo ciclo
della valorizzazione territoriale, fondato sulla espressione delle qualità e dei caratteri propri
dei territori locali; e ciò coincide con un processo di riappropriazione sociale dell’uso del
territorio (anche oltre i movimenti su singoli beni socialmente rilevanti, primo fra tutti l’acqua).
Processi infatti di tale natura sono rappresentati in particolare e con evidenza (nel loro
pratico agire concreto e nella loro possibile estensione strategica) dall’emergere di elementi
di una neoagricoltura in rapporto con una nuova domanda sociale e nuovi stili di vita.
Produzione e consumo di beni primari (cibo e non solo) di qualità locale ed ambientale in
processi di scambio diretto e solidale; elementi quindi di sovranità alimentare e gestione dei
cicli ambientali che generano consapevolezza e fruizione attiva del territorio: patti tra abitanti
e contadini, scenari di relazioni strutturali tra urbano e rurale.
Processi che, rilevanti in sé, esprimono anche componenti paradigmatiche, indicazioni che
riguardano anche le altre economie (cognitive e della produzione secondaria), altre modalità
di “sviluppo” e nuove forme civili e sociali.
Operando su “neoruralità” e scambio equo dei suoi prodotti, questi processi esprimono una
prima chiara controtendenza (una sorta di avanguardia) rispetto alla liquidazione storica del
‘bene comune territorio’ che dalla recinzione delle terre comuni aveva avuto inizio ( i
‘commons’, ricordiamo, erano territori agricoli).
E sono questi processi ad accompagnare, stimolare e dare dimensione di progetto in
campo ad alcuni rilevanti sviluppi della ricerca in corso che si era sopra annunciata come
focalizzazione dell’approccio territorialista sui beni comuni oltre i fondamenti.
Tracciati di ricerca che hanno come fuoco proprio il nuovo e antico ruolo dell’agricoltura
individuato come passaggio critico e nodo fondamentale della alternativa al modello
dell’urbanesimo in crisi.
4
Si richiama fra tutti il testo forse più noto: L . Benevolo, “Le origini dell’urbanistica moderna” , Laterza,
Bari, 1963 che alle “enclosures” delle terre comuni dedica l’incipit del suo piccolo prezioso libro.
3
4. 3) Gli sviluppi della ricerca territorialista: l’attività primaria come produzione di
valore territoriale e generazione del “territorio bene comune”
Questa focalizzazione dell’attenzione sull’attività primaria nel senso suddetto si sviluppa
attorno ad un ambito di ricerca (un PRIN sui “Parchi agricoli” ) che coinvolge gran parte della
scuola territorialista, nelle quattro sedi di Firenze, Milano, Genova e Palermo, e che porta alla
pubblicazione attorno al 2009 di quattro testi di sede; una ricerca che in realtà si dilata a
quella tematica più generale della attività primaria, della sua storia, della sua capacità
generativa di territorio, che può ritornare in campo in questa fase di crisi dell’urbanesimo.
Un interesse che in generale già in parte intersecava il percorso territorialista ma che in
particolare aveva già prodotto un filone di studi specifico a Milano sul ruolo dell’agricoltura,
ridefinendo il concetto di “parco” del funzionalismo e introducendo “il coltivare” come cura e
coltura del territorio, attività fondamentale di costruzione di ambiente e territorio. (5)
Uno sviluppo corale della ricerca che a Milano assume una particolare continuità e densità
sul tema della neoruralità.
Raccolgo allora una seconda sollecitazione espressa nella preparazione del congresso, e da
A. Magnaghi in particolare: mettere sul tavolo del congresso (anche materialmente) i propri
testi di frontiera; è quello che faccio proponendo qui riferimenti a miei/nostri materiali “vivi”,
che intersecano ora la ricerca in corso a Milano su un contesto rilevante di questi studi ed
esperienze sociali (la neoagricoltura nella città diffusa), utili a cogliere elementi innovativi,
passaggi critici e nodali del discorso territorialista sui beni comuni.
Mi riferisco al testo da me curato (con scritti del gruppo milanese di ricerca PRIN)
“Produrre e scambiare valore territoriale”, che è il prodotto base del percorso di ricerca in
quel contesto, e contiene elementi teorici fondativi e materiali analitici e di progetto; ma
anche al “Manifesto della neoruralità”, che ho indicato come sintesi ed “enunciazione” del
nostro lavoro e che tra l’altro è stato proposto come materiale base nella commissione di
questo congresso “Paesaggio e nuove alleanze città campagna”. Qualche riferimento faccio
pure ad un seminario dottorale che ho tenuto l’anno scorso attorno ai temi del valore
territoriale e beni comuni (una nota tratta da questo in cartella del convegno). (6)
Gli elementi essenziali di questo percorso di ricerca espressi in questi materiali si possono
ripercorrere qui di seguito nella sintetica articolazione per punti del “Manifesto della
5
G. Ferraresi, A. Rossi, “Il parco come cura e coltura del territorio”, grafo, Brescia, 1993
6
- G. Ferraresi (cura di) “Produrre e scambiare valore territoriale. Dalla città diffusa allo scenario di forma
urbis et agri”, Alinea, Firenze, 2009. Nella copertina del volume sono riportati i titoli degli altri tre testi di sede
della ricerca PRIN sui Parchi agricoli.
- il Manifesto della neoruralità è pubblicato sulla rivista “Il progetto sostenibile”, n. 29, 2011, pg 30/35 con il
titolo: G. Ferraresi, “La rigenerazione del territorio; un manifesto della neoruralità”.
- I seminari dottorali richiamati nel testo riguardano un ciclo curato da chi scrive al Politecnico di Milano nel
2010: “ Valore territoriale, beni comuni e attività primaria di rigenerazione di territorio” ; da uno dei tre
seminari, intitolato: “I beni comuni come fondamento ed esito della valorizzazione del territorio” sono stati
tratti i materiali di presentazione dello stesso seminario, inseriti nella cartella del congresso SdT.
La presentazione del testo “Produrre e scambiare..”, del ”Manifesto…”, ed i materiali dei seminari, sono
reperibili sul sito del Laboratorio LPE del politecnico di Milano 7 DiAP: http://produrreterritorio.wordpress.com
alle voci “pubblicazioni” , “seminari dottorali / seminario11/12 dic. 2009”, e “documenti” .
Gli stessi testi e materiali sono reperibili (insieme ad altri proposti per il lavoro della commissione) anche sul
sito della Società dei Territorialisti/e: http://www.societadeiterritorialisti.it alla voce “commissioni” >
“tematiche” >” 5) paesaggio e nuove alleanze città campagna”; o in parte anche alla voce “materiali” >
“articoli e recensioni”.
4
5. neoruralita”, in una sorta di abstract (7), per necessità di brevità in questa sede ma non
tradendo il senso generale della ricerca e delle pratiche ad essa intrecciate.
Il ruolo storico dell’agricoltura
Riferendoci al concetto di territorio come soggetto vivente complesso…., prodotto dalla
millenaria opera di territorializzazione (si rimanda alla definizione proposta all’inizio di queste
note), si riconosce che l’agricoltura è stata essenzialmente nei secoli l’attività umana che ha
costruito i territorio in questa sua viva complessità; e che il tempo lungo della stratificazione
del territorio è dispiegato secondo il respiro ed il ritmo lento della attività primaria.
Una costruzione fondativa (primaria anche in tal senso), matrice , generatrice del territorio
storico e della stessa città, del “bene comune territoriale”.
La liquidazione del rurale nella modernità
Il modello dell’urbanesimo industrialista e poi post-fordista dei secoli recenti ha però
un cuore amaro e porta un peccato originale che è la base della sua insostenibilità: nasce
e si sviluppa denegando e degenerando questa fondamentale attività primaria di sostegno
alla vita dell’uomo, di governo dei cicli ambientali e di generazione del territorio, sino al
genocidio radicale del mondo rurale. I commons, si è detto, ma più in generale il territorio
rurale che produce beni per la vita. E’ questa la radice profonda della riduzione del
territorio a merce ed a spazio funzionale alla produzione ed allo scambio di cose intese
come merci.
Il riemergere dell’attività primaria come matrice di futuro: la svolta ecologica ed
antropologica
Ora questa attività primaria si ripropone al centro della storia nel profondo della crisi di
questo modello, ove la via di uscita si rivela sempre più chiaramente come la
riassegnazione di un primato ai mondi di vita ed alla loro forma e razionalità: una ragione
comunicativa, non lineare, contestuale all’ambiente mondo in cui si vive, orientata alla
cura, che si contrappone alla ragione strumentale dominante il modello imperante in crisi.
L’antico ruolo dell’agricoltura, nella sua azione complessa e generativa, si declina ora al
futuro attraverso una interpretazione creativa/attiva e progettuale del punto di vista
ecologico che assume quella ragione di mondi vitali; e mediante l’apparire di processi
sociali che sperimentano la trasformazione di economie, culture e forme sociali
assumendo quell’orizzonte di cura in processi solidali e cooperativi.
Si tratta di una insorgente rivoluzione ecologica ed antropologica:
- quella svolta interpretativa rispetto al pensiero ecologico che percorre il mondo non
intende più la sostenibilità solo come limite e “compensazione” di un modello dato,
ma come una matrice ecologica primaria di nuova ricchezza e benessere fondate
sul valore territoriale generato dalla biodiversità e diversità culturale locale (beni
comuni territoriali)
- e quella antropologia di nuove volizioni sociali e di stili di vita sui temi della
sovranità alimentare (che si è precedentemente osservata come “innesco di queste
ricerche”) “produce il comune” nelle loro relazioni solidali.
Territorio agricolo e città, “forma urbis et agri”
Queste matrici implicano un altro progetto di territorio e città, contrapponendosi alla
bulimia dell’urbano e alla dominanza del valore immobiliare fondata sulla recinzione
7
Si riprende infatti in parte proprio il testo dell’abstract della pubblicazione del “Manifesto della neoruralità”
su “Il progetto sostenibile” citato (cfr. nota 6)
5
6. proprietaria del suolo merce; riconfigurano una nuova relazione tra urbano e rurale che
rimette in campo il rurale e crea un rapporto tra soggetti territoriali complessi ed entrambi
vivi. Un sistema unitario ricomposto da una alleanza non diseguale: anche in questo senso
un “comune”. (8)
Il riferimento a questi materiali è utile perché il percorso proposto non soltanto riprende in
mano il capo del filo (la formazione e distruzione del territorio agricolo comune) da cui è
proceduta la storia della negazione del “comune”, ma anche perchè ne propone un esito
come “progetto positivo”
Non solo va all’origine di un processo ma lo interpreta e ne ripropone il senso ; coglie gli
elementi genetici della costruzione del territorio nell’attività primaria, ne legge la crisi nel
modello dominante nella nostra epoca; e ne riconosce invece il ruolo essenziale nell’uscita
potenziale da questa crisi, un ruolo ancora una volta generativo, un nuovo inizio nella
costruzione di un altro progetto di territorio.
In questo si esprime un lavoro di fondazione teorica su territorio e beni comuni , ma si
assume anche la pratica vivente di questo progetto nascente (l’antropologia del progetto
appunto), che permette di cogliere i codici di queste esperienze, di discuterli e di riproporli in
termini più consolidati, definendo regole di una socioeconomia e di un progetto di territorio.
Si propone quindi una base “territorialista ” strutturata e densa da cui muovere per nutrire
una relazione attiva e creativa con il mondo dei beni comuni.
4) Alcune fertili indicazioni finali per il dibattito e la ricerca ulteriore sui beni comuni e
sui loro processi di valorizzazione
Dal percorso della ricerca territorialista qui tracciato e dai suoi contributi teorici e di linee
progettuali si possono richiamare alcuni punti trattati per estrarre indicazioni utili alla
chiarificazione di questioni aperte o nodi critici sui beni comuni ed alla costruzione di esiti
operanti.
Riassuntivamente, su pochi punti essenziali che sono proposti al dibattito in questa sede ed
ai fronti della ricerca e dei movimenti in campo.
La diversa natura dei beni comuni e la loro relazione nel territorio come esito
strategico
L’approccio territorialista consente di portare ad una attiva relazione i differenti beni comuni,
di risolvere in particolare la difficoltà di trattare la doppia natura del “comune”, tra beni
“materiali“ (terra, acqua, energia, cibo, materie prime e seconde, insediamenti storici) e quelli
“immateriali” (saperi, culture, patrimoni cognitivi).
Non sembra sostenibile una riduzione solo materialista /naturalista o all’opposto solo
culturalista dei beni comuni, che formano invece insieme il territorio, bene comune
complesso.
Come si è detto all’inizio si tratta di dare “corpo comune territoriale al comune”. Ci si conduce
così a riconoscere il comune nel nostro ambiente di vita, nel contesto che si è costruito nel
tempo. Ed a costruire la consapevolezza che lì sta la sostanza del conflitto radicale contro la
8
Per designare questa figura unitaria / relazionale tra due soggetti, si è usato (nel testo “Produrre e
scambiare valore territoriale” citato, cfr nota 6) la dizione latina “forma urbis et agri” che significa in latino
appunto “forma” ma anche “struttura”, “sistema”.
6
7. predazione proprietaria e la mercificazione ed il campo di un progetto alternativo generale
fondato sui beni comuni.
I movimenti su singoli beni comuni basilari (sull’acqua, sull’energia, sui saperi) sono passaggi
fondamentali ma conducono a questo nodo.
Il carattere sociale e relazionale dei beni comuni
Si è considerato più volte in queste ricerche il territorio come un “costrutto”, co-prodotto,
dall’azione antropica; e questo non solo contesta la concezione “naturalista” (come detto) del
“comune” ma evidenzia anche che i processi sociali in campo sono elemento costitutivo del
bene comune.
Lo stesso “patrimonio territoriale” non è un bene “dato” in sé (spesso sommerso, degradato
o collassato) ma “diviene” bene comune mediante azioni di riconoscimento,
consapevolezza, responsabilità, operatività. Un ”comune” che ha quindi una natura attiva e
relazionale (interattiva), e corrisponde ad un processo sociale di costruzione / ricostruzione
che risiede nelle “tracce di comunità” (9) operanti, nei processi cooperativi, in particolare nelle
relazioni di scambio solidale fondati su “patti” ed alleanze che si sono già sottolineate.
Da riconoscimento e difesa a valorizzazione dei beni comuni: elementi di progetto
socioeconomico e territoriale come alternativa al consumo di suolo
Si vuole inoltre sottolineare che i processi di scambio solidale tra neoagricoltura e nuovi stili
di vita (anche come paradigma più generale) sono processi di valorizzazione, non solo di
difesa di un bene comune territorio. Si fondano sul riconoscimento e la riattivazione di un
valore territoriale, un valore aggiunto locale, qualitativo. È la “vis progettuale” di cui si è
trattato in queste ricerche e che nasce dai beni comuni; un’altra produzione di ricchezza e
un progetto di territorio fondato sull’alleanza città campagna.
Questo progettualità appare sempre più rilevante rispetto alla questione del consumo di
suolo, che rimane debole sinché è solo indagine, denuncia, tentativo di normazione, di
vincolo a “difesa” dal drammatico consumo. E’ essenziale che si vada oltre e che si metta in
campo l’alternativa valoriale: una neoruralità come paradigma di altra economia.
Il “comune” oltre il pubblico ed il privato nella valorizzazione del territorio; il locale e
gli enti locali, il municipalismo
Un altro contributo potenzialmente fertile dell’approccio territorialista riguarda l’ulteriore
approfondimento del rapporto tra pubblico /privato e “comune”.
I processi di produzione e scambio di valore territoriale, che si sono qui osservati in ordine
soprattutto alla neoagricoltura, prescindono dal “pubblico” nella loro fondazione del
“comune”. Vedono infatti in campo attori privati anche se spesso associati in reti (nel caso
delle filiere corte alimentari: produttori e consumatori che assumono responsabilità comuni in
un rapporto diretto, “deintermediato”) e operano nel mercato (ridefinendone comunque la
natura solidale ed il modo del “fair trade”, a volte introducendo anche una diversa “ragione di
scambio”, un’altra moneta). Il “comune” che viene costruito ha quindi radice sociale e non
pubblica (almeno nei processo bottom /up, ma non solo).
E d’altra parte questi processi prescindono spesso anche dalla proprietà della terra da parte
dei produttori, quando questa non impedisce l’uso agricolo appropriato (quando la proprietà
non diviene merce posseduta per altri fini antagonisti, come quelli immobiliari o per la
produzione omologata delle ‘commodities’ dell’agroindustria); e cioè quando si abbia agibilità
sociale del territorio per i processi solidali e pattizi (sovranità non solo alimentare, anche
territoriale in questo senso).
9
A. Bagnasco, “Tracce di comunità”, Il mulino, Bologna, 1999. Nel testo Bagnasco propone di evitare il
ricorso facile e diffuso al termine “comunità”, spesso ideologico, parascientifico; ma ne rispetta e trova utile il
valore evocativo, riconoscendone ”tracce” diverse ma concretamente presenti nei fenomeni sociali.
7
8. Quindi in realtà la costruzione del “comune” in un contesto di beni complessi si pone
effettivamente oltre il pubblico ed privato; lo si evince, oltre che nella fondazione teorica,
anche nella pratica sperimentale.
Tutto ciò implica però il pubblico (quasi sempre, ed in diverse fasi del processo): una
coerente azione di supporto, organizzazione, legittimazione anche legislativa e normativa dei
suddetti processi sociali da parte delle istituzioni, essenzialmente enti locali (importante il
ruolo del municipalismo nelle esperienze trattate, quando si considera che la formazione del
valore nelle neoeconomie nasce dal locale, come ben chiarisce il percorso territorialista sullo
“sviluppo locale come alternativa strategica”).
E si esprime in generale l’esigenza di “oltrepassare la soglia” della sola costruzione sociale
attivando politiche pubbliche che paiono spesso essenziali per giungere a produrre
spostamenti strategici verso economie e forme civili e territoriali fondate sul “comune”.
Una rivisitazione ed un rilancio delle reti municipali che assumano come fuoco politiche per
la difesa e valorizzazione del “territorio bene comune” appaiono altamente auspicabili.
L’entrata in campo del “pubblico” (così riconfigurato nel ruolo) risulta pertanto rilevante e
determinante anche se non è necessariamente nella genesi del processo di produzione del
“comune”.
Questo comunque mette in discussione le cosiddette azioni di sussidiarietà, in realtà spesso
giustificative di processi di privatizzazione (la delega al privato sociale) piuttosto che di
socializzazione.
Ed il ruolo del pubblico diventa necessariamente diretto come alternativa ai processi di
privatizzazione di beni basilari a fini di profitto e alla gestione speculativa dei beni basilari
come l’acqua e le risorse energetiche.
8