SlideShare a Scribd company logo
COMMISSIONE EUROPEA
PROVINCIA DI VICENZA
URB-AL
RETE 2
“LA CONSERVAZIONE
DEI CONTESTI STORICI URBANI”
DOCUMENTO DI BASE
PREMESSA
Codesto documento, in quanto ha l’obbiettivo di preparare il Seminario del 15-16
maggio 1998 e di stabilire le condizioni della formazione di gruppi omogenei di lavoro
interessati a elaborare progetti comuni, vuole servire sostanzialmente come un
Diagramma Concettuale che consenta di esplorare le distinte aree (Europa - America
Latina) della conservazione dei contesti storici urbani per individuare, quindi,
problematiche e problemi omologhi e, al tempo stesso, prefigurare strumenti operativi di
intervento.
Bisogna, però, in via preliminare e di principio, che siano chiare due esigenze: se
non altro come ipotesi di lavoro d’ordine, insieme, metodologico e pratico.
La prima è complessa e articolata e potremmo esporLa come segue.
I contesti storici si debbono intendere sia come la testimonianza di valori irripetibili
che occorre conservare, sia come parte di una struttura urbana che cambia e cresce nel
tempo. Possono, dunque, essere visualizzati come dimensione “archeologica” ma anche
come momento di una attualità presente con cui intessono una trama fitta di relazioni. E’
necessario , quindi, scartare ogni tentazione o tendenza che continui a farci ragionare
nella logica dei “monumenti isolati” anche quando questi si raggruppino in zone di
valore patrimoniale.
Si debbono, insomma, assumere, i contesti storici, come immobili o insieme di
immobili senza che sia ostacolata la percezione delle loro correlazioni con un tutto.
L’ampliamento che in Europa ha avuto il campo di interesse per il patrimonio, con
la sua transizione dall’edificio indipendente al monumento con il suo contorno urbano e,
di questo passo, all’interezza delle parti antiche delle città per - eventualmente -
ampliarsi alla dimensione del territorio e alla totalità dei riferimenti culturalmente
significativi, deve costituire un punto fermo di carattere generale, estendendo
ulteriormente la nozione degli aspetti temporali, spaziali e di significato del patrimonio
e oltrepassando la stessa specificità dei problemi di conservazione per giungere al quid
del contenuto e dell’impatto politico rappresentato dalla difesa della qualità della vita
cittadina. L’idea di conservazione deve, in conseguenza, sottintendere una concezione
del restauro come recupero dell’opera d’arte o del documento storico in quanto cultura
della costruzione a difesa sociale e in quanto “motore” dialettico della permanenza e del
cambiamento delle città.
Ciò comporta che si dovrà operare alla luce di una nuova mentalità cittadina, da
parte degli “attori” tecnici e politici, che colga nella qualità della vita un momento
fondamentale dello sviluppo della comunità e della città; che consideri, di conseguenza,
i contesti storici una componente indispensabile per l’appunto della qualità di vita, e che
li valorizzi in termini economici e produttivi.
Se in Europa, “... la definizione di patrimonio è passata dall’essere ‘bene culturale’
negli anni ’60, poi ‘bene economico’ negli anni ’70 e bisogna intenderlo oggigiorno
come ‘bene produttivo’...”, è necessario allora prevedere, nelle due regioni
(Europa - America Latina) della cooperazione internazionale URB-AL, “un uso
cosciente, razionalizzato e pertanto generalizzato dei valori storici nelle operazioni di
progettazione urbana a qualsiasi scala di intervento”, intendendo il progetto come
strumento di investimenti (business plan); sviluppo e produttività, come strumento di
consensi: in un contesto di interessi molteplici ed estendendo una visione unica o chiusa
di città. Non può che essere evitata, in tal modo, la ripetizione di vecchi errori nella
salvaguardia del patrimonio, così da escludere proposte o azioni (in verità, tanto
generalizzate in alcune città latino-americane, ma riscontrabili anche in città europee)
che recuperano facciate senza migliorare il complesso degli immobili che si trovano
dietro ad esse, e così da prevenire, in uguale misura, i programmi di restituzione fisica
svincolati da quelli della vita complessiva delle città. Non debbono essere avanzati
programmi di facciate senza edifici, né di edifici senza vita comunitaria.
URB-AL deve insistere nella difesa di quei progetti di pianificazione che tengano
come elemento centrale gli abitanti dei contesti storici, considerando che è l’essere
umano che asserisce il proprio valore, in primo luogo, come patrimonio del mondo.
Pertanto, la premessa di base dei progetti da approvare dovrà consistere nella
trasformazione degli attori sociali di questi contesti in partecipanti attivi con ogni
propria prospettiva culturale, in ogni fase del progetto e nelle appropriate forme di
organizzazione sociale.
2
Da un simile cambiamento di mentalità, dovrebbero scaturire elementi di stimolo
dell’organizzazione istituzionale in funzione della abilitazione degli agenti che
intervengono nella salvaguardia del patrimonio, dati sulla creazione di strumenti
amministrativi e sulla loro conoscenza e diffusione. Non debbono essere dimenticate,
infatti, specialmente a tale riguardo, le nuove opportunità che si aprono per la
salvaguardia del patrimonio . Per esempio, l’inserimento nei progetti di investimento
sociale e decentralizzazione come importanti generatori di impiego per mano d’opera
non qualificata; come opportunità per educare e abilitare, sul mercato del lavoro, a
mestieri che corrono il rischio di estinzione; come riattivatori della domanda per risorse
e materiali locali; come stimolatori alla creazione di piccole e medie imprese individuali
e collettive di edilizia tradizionale. Non v’è dubbio , quindi, intorno all’importanza di
conoscere ogni iniziativa presa nel senso auspicato per convincere i governi dei paesi
delle reti URB-AL della opportunità di applicare risorse sociali e di sviluppo nella
protezione e promozione dei contesti storici. Inoltre, alla luce delle opportunità sopra
indicate, va ricordato come sia possibile attingere ai diversi “fondi di investimento
sociali” che la Banca Mondiale concede a diversi Paesi . Nell’ottica di sifatta prospettiva
, non sarebbe da trascurare, allora, la redazione di un inventario dei preventivi e dei
fondi di investimento sociale e decentralizzato predisposti e stanziati nella Comunità
Europea e in America Latina, assieme ad un repertorio di agenzie e di funzionari
responsabili della definizione e operatività di quelle iniziative, e organizzare un
programma di sensibilizzazione e convincimento tramite la presentazione dei progetti
comuni elaborati dalla Rete 2 di URB-AL (ma già il documento che l’ha promossa ) alle
agenzie e funzionari corrispondenti.
In altri termini, sarebbe possibile, così, proporre e costituire alleanze di
finanziamento che sfruttino le risorse di sussidio (abbastanza modeste) previste da URB-
AL per promuovere, come fonte capitale, programmi di investimento pagati da quei
fondi di finalità sociale, controllandone gli stadi di avanzamento, così da fare di URB-
AL anche un “consiglio di consulenza di investimento sociale” gratuito per la gestione
dei fondi in questione e , allo stesso tempo, un “avvallo tecnico” per i progetti presentati
dalle Comunità. La seconda esigenza nasce dal dato di fatto costituito dal vincolo pratico
esistente tra la Rete 2 e le altre Reti di URB-AL, che può consentire di trasformare i temi
ad essi propri in sottocategorie di analisi e lavoro per la Rete 2. Tenendone il debito
conto, sarebbe possibile, da una parte capire meglio i contesti storici come episodi
integranti del complesso delle città, come aspetti da considerare all’interno della
complessità di interrelazioni della struttura urbana; d’altra parte, si potrebbero anche
fornire, in quest’ottica concettuale, i nodi di collegamento di lavoro concreto con le altri
reti che articolano URB-AL . E’, allora, il caso di ipotizzare almeno sei sottotemi
impliciti nella Rete 2, ma con un ordine differente da quello che compare nel
programma di URB-AL.
3
Vale la pena, quindi, riprendendo uno spunto già indicato enunciando la prima
esigenza preliminare, di sottolineare come la creazione e la operatività della Rete 2, allo
stesso modo delle altre sette di URB-AL, affronti un problema simile a quello
riscontrato dalla Banca Mondiale e da altre agenzie finanziarie internazionali, nella
definizione ed attivazione di nuovi strumenti di appoggio allo sviluppo sociale.
Il ciclo tradizionale per i progetti di investimento, con il suo tragitto lineare di
identificazione, preparazione, valutazione, esecuzione e valutazione, presuppone la
possibilità di definire in modo indivisibile e in anticipo i progetti suscettibili di una
realizzazione in un periodo di tempo fisso, tenendo conto che la soluzione ai problemi
dello sviluppo si conosce, o si può arrivare a conoscere, durante la preparazione del
progetto. Del resto, un tale procedimento ha funzionato sinora, - e, ai nostri fini,
potrebbe costituire un salto di qualità - per grandi progetti di infrastruttura e di
ingegneria, mentre si riscontra che è più difficile trovare appoggio a programmi sociali
che cerchino di favorire un cambiamento di mentalità e di comportamento in quanto
decentralizzazione e partecipazione delle comunità. In altri termini, la seconda esigenza
preliminare qui sopra esposta, obbedisce ad un intento di stabilire processi
affidabili nel disegno e nel finanziamento dei progetti, ipotizzandone una struttura
aperta su linee di appoggio sociale, economica nella preparazione e nella conduzione del
programma e capace di favorire i migliori risultati e successi, contribuendo, tra l’altro,
a ridurre il rischio del finanziamento per la Provincia di Vicenza e per l’Unione
Europea.
PARTE PRIMA
Problemi e ambiti prioritari della Rete
Nella consapevolezza della duplice esigenza esposta nelle pagine precedenti - e in
particolare, per quanto si riferisce alla coscienza nuova di patrimonio culturale e
contesto storico urbano -, il Diagramma Concettuale su cui, nell’occasione del
Seminario del 15/16 maggio 1998 a Vicenza, dovrà svolgersi la discussione ma su cui,
preventivamente, dovranno orientarsi, per le discussioni e per la proposta di progetti
comuni, gli aderenti alla Rete 2 prescelti, si articola in funzione e in obbedienza (pur
nella consapevolezza di peculiarità diverse ma raggruppabili sotto un esponente
omologo) al un preciso intento di costruire i lineamenti di un modello urbano efficiente.
Conviene, anzitutto, procedere tenendo conto, come si è premesso, delle
intersezioni della Rete 2 con le altre Reti URB-AL.
4
1. Problemi e politiche sociali (collegamento con la Rete 5).
1) Patrimonio di élite: la difesa del patrimonio non è solo impegno e attività
delle classi sociali più agiate ma un tema che interessa la cittadinanza in generale.
2) Città e comunità: la città è sempre stata la più complessa e la più fedele
espressione e rappresentazione di una comunità. In essa si plasmano e si plasma e si
impalca il sistema dinamico delle relazioni che compongono il tessuto sociale. Città
costruita e comunità, morfologia urbana e tessuto sociale sono realtà non separabili.
3) Identità e memoria sociale: nel patrimonio culturale si esprime e si
manifesta l’identità di un popolo; pertanto, tale espressione di memoria collettiva, non
solo è un bene socialmente utile e redditizio, ma la sua conservazione costituisce un
diritto inalienabile della comunità.
4) Redditività sociale: alle ultime mode, che colgono nella redditività
finanziaria l’unica via di investimento privato e pubblico, va opposta la
valorizzazione di criteri alternativi nella identificazione e nella distribuzione delle
risorse economiche. Il patrimonio storico deve, insomma, essere difeso in un modo
più realistico e comprensivo, che tenga conto del contesto sociale ampio del suo
consistere contro il tasso interno di ritorno degli investimenti immobiliari individuali.
5) Uso sociale e comunitario: vi è una irriducibile distinzione tra l’auto
gestione economica degli edifici e la loro reintegrazione nella vita sociale; l’utilità
economica degli immobili si dilata e si garantisce attraverso il suo riciclaggio con
l’occupazione sociale e la partecipazione della comunità.
6) Tessuto sociale e sua trasformazione attraverso il tempo: la trama dei tessuti
sociali, che sostengono le città in generale, e il patrimonio storico in particolare si
modificano con il passare del tempo. Tra i diversi fattori, i modi di migrazione e le
forme di vita apportate da questi movimenti umani nei distinti quartieri delle città che
ne vengono investiti, costituiscono un momento imprescindibile per la elaborazione di
qualsivoglia intervento di conservazione (immigrazioni e insediamenti urbani in
Europa dal Medio-Oriente dall’Africa e dall’Asia; emigrazioni e insediamenti mobili
dall’Europa e dall’Asia in America-Latina).
7) Etnosviluppo: il concetto di etnosviluppo o sviluppo che sorge da visioni
particolari dal mondo importate dai fenomeni migratori, rafforza identità culturali. Le
conoscenze e le consuetudini tradizionali non possono non stabilire relazioni nuove
nella vita quotidiana, nell’ambiente, nell’amministrazione delle risorse, nella difesa
della salute come nelle festività o nei riti, nelle tradizioni linguistiche letterarie e,
persino, gastronomiche.
5
2. Problemi e politiche economiche( collegamento con la Rete 4).
8) Economia urbana : la realtà dell’economia urbana attuale nei contesti storici
delle città, deve essere documentata, analizzata e confrontata, così da consentire una
descrizione, valutazione e proiezione probabile delle situazioni economiche . Sarebbe
assai utili disporre di un rapporto annuale relativo alla situazione economica del
patrimonio urbano nelle città includenti i contesti storici importanti simile, nello
spirito, al rapporto sulle economie nazionali che realizza la Banca Mondiale.
9) Teorie economiche: quali impatti l’applicazione delle teorie economiche in
voga esercitano sui contesti storici? Sembra, in realtà, che l’applicazione dei principi
di redditività finanziaria, la liberalizzazione dei mercati e la ritrazione delle azione
dirette di governo, abbiano ridotto ancor più la percezione, di per se stessa
tradizionalmente abbastanza stretta, dell’importanza del patrimonio da parte dei
governi e degli investitori. L’analisi classica dei rientri finanziari sul capitale investito,
in epoche di speculazione e scarsa disponibilità di risorse, determina una sorta di
concorrenza sleale a vantaggio di una ricerca di profitti nelle borse valori o
utilizzando nuovi e sofisticati strumenti finanziari. Una comprensione chiara,
essenziale ma sensata delle variabili economiche implicite nei contesti storici potrà
permettere, forse, di elaborare un modello urbano del patrimonio storico con cui
valutare gli impatti delle differenti mode teoriche e pratiche dell’economia. Debbono
quindi essere colte, studiate e indicate le relazioni tra posizioni economiche e mercato
immobiliare; tra neoliberismo e non costruzione; tra speculazioni finanziarie e
sviluppo urbano; tra risparmio “interno” versus risparmio finanziario; ecc..
10) Mercati immobiliari: condizione importante del nostro lavoro è individuare
le zone di pressione di crescita e trasformazione; documentare gli usi del suolo più
ricercati; monitorare e misurare i progetti di investimento immobiliare; registrare,
tramite lo studio dei permessi di costruzione, i principali agenti immobiliari. E,
ancora, conoscere e confrontare i sistemi immobiliari, le tendenze del mercato e
dell’industria dell’edilizia.
11) Redditività economica: è apparentemente paradossale constatare come, in
periodi di crisi economica, la riduzione della pressione dello sviluppo protegga
involontariamente il patrimonio storico costruito, mentre, in tempi di abbondanza e
crescita, lo si distrugge coscientemente per sostituirlo con nuove e più “attraenti”
costruzioni. Ma deve emergere, con enfasi e ripetutamente, che è più economico
recuperare che fare un’opera nuova; che saranno sempre più alti i costi del
rinnovamento integrale o della sostituzione; che la pressione a sostituire proviene da
una domanda di maggior densità dello spazio urbano e che esistono, tuttavia,
alternative capaci di soddisfare e attuare tale domanda senza che ciò comporti la
distruzione dei contesti storici.
6
12) Patrimonio come alternativa di sviluppo: il patrimonio culturale costituisce
un’autentica alternativa di sviluppo che si può attivare e utilizzare per generare
ricchezza e impiego; allo stesso tempo rappresenta, in quanto espressione di identità
sociale, una delle nuove bandiere politiche di mobilitazione cittadina comuni ad ogni
livello sociale. Del resto, già si maneggiano incentivi tesi a legare lo sviluppo
economico alla riaffermazione culturale e all’avanzamento del capitale sociale
costituito dagli “indigeni” e dai “nulla tenenti”.
13) Nuovi usi e nuove entrate: varie città europee e latino-americane hanno
ormai ben colta la possibilità di ottenere entrate di valuta pregiata da turismo e cultura
e in esse compaiono, in quanto includano contesti storici, nuove attività economiche.
Il turismo culturale, insomma, presenta una continua crescita di profitti rispetto alla
media delle attività turistiche in generale. Tuttavia l’affluenza a luoghi, la cui
principale attrattiva sono l’armonia e la qualità estetica, comporta un’alterazione delle
condizioni tradizionali di vita con la perdita conseguente della memoria sociale e con
il rischio della stessa distruzione delle caratteristiche originarie inconfondibili che
sollecitano il movimento turistico.
14) Strumenti economici per lo sfruttamento del patrimonio costruito: una
istanza fondamentale dovrebbe riguardare la possibilità di conoscere se siano stati
approntati ( e come, per metterli a confronto) strumenti di analisi e sintesi in funzione
di investimenti economici nei contesti storici. Per esempio: procedure di valutazione
di immobili storici, studi di fattibilità per interventi di recupero, ricerche tecnico-
economiche, stima e valutazione finanziaria di procedimenti di recupero e intervento,
metodologie e schemi per preventivi, banche dati di costi parametrici di costruzione
per tipologie e per regione, coefficienti di recupero.
3. Democrazia e governo (collegamento con la Rete 3).
15) Democrazia e risorse non rinnovabili: la difesa dei valori storici come
risorse non rinnovabili di proprietà comune , le rende queste ultime simili, per tale
aspetto, al patrimonio ecologico.
16) Aspetti politici dei contesti storici: la difesa dei valori storici come
rappresentazione di identità e come bandiera ‘politica’ non può che avere rilevanza
per tutte le differenti classi sociali.
17) Democrazia e spazio fisico: i principi della democrazia sono insiti, né
possono non essere attivi, nella struttura fisico-sociale della città o nell’accesso agli
spazi urbani.
18) Democrazia e gestione: gli stessi principi debbono valere
nell’amministrazione della città o nell’accesso alla gestione degli aspetti urbani dei
contesti storici.
7
19) Partecipazione sociale nelle sfere privata e pubblica: le condizioni di
partecipazione sociale nella protezione, amministrazione e promozione di valori che
sono allo stesso tempo privati e pubblici, non debbono essere in alcun caso
discriminatori.
20) Movimenti di popolazione urbana: occorre valutare con attenzione i
movimenti di popolazione urbana entro i contesti storici e le trasformazioni derivate
dalla occupazione di questi contesti da parte di diversi gruppi sociali; gli spostamenti
e le migrazioni urbane interne dei suddetti gruppi sociali; la loro lotta eventuale per
l’occupazione dei contesti in questione; la loro difesa dei ‘territori conquistati’; lo
spostamento coatto o l’espulsione dei gruppi a più basso reddito.
4. Legislazione e progettazione (collegamento con la Rete 7).
21) Legislazione, autorità e giurisdizione: gli strumenti legislativi e normativi
definiscono e delimitano il campo d’azione della difesa del patrimonio storico, così
come fissano anche le regole del gioco per gli interventi su di esso. E’ necessario far
conoscere, per confrontarle, le fonti legislative internazionali, nazionali, regionali e
comunali, individuandone e indicandone le aree di effettiva competenza; le loro
conseguenze, incongruenze o i vuoti che lasciano aperti; le norme parallele o
complementari; le istituzioni incaricate della loro applicazione; la loro interrelazione
con gli altri strumenti normativi coinvolgenti l’amministrazione complessiva della
realtà urbana.
22) Regolamenti, norme e strumenti di progettazione urbana: allo stesso modo,
è altamente raccomandabile uno sforzo di compilare, valutare e diffondere le
ordinanze e le modalità di progettazione, promozione e controllo, di possesso della
terra, di uso del suolo, di licenze di costruzione; i sistemi di vigilanza della
costruzione; i “criteri di tutela” ai quali debbono sottostare gli attori sociali che
gestiscono il patrimonio costruito.
23) nuovi strumenti: converrebbe studiare la possibilità di elaborare e proporre
inediti strumenti finanziari, fiscali, di promozione sociali: o, in altri termini, esplorare
la possibilità di costruire meccanismi alternativi in grado di modificare gli
investimenti immobiliari tradizionali.
5. Trasporto e accessibilità (collegamento con la rete 8)
24) Viabilità: i contesti storici, per la cronologia della loro costruzione o
composizione, sono caratterizzati da trame non pensate per la circolazione delle
automobili e dei bus. Come vi entrano questi veicoli? Fino a dove ne è consentito il
transito? Quando se ne impedisce la circolazione per mantenere o creare le zone
pedonali? Uno scambio di esperienze su questa materia, non potrà che essere
8
fruttifero e dovrebbe permettere di ricercare adeguati accorgimenti per diminuire,
sotto la pressione dello sviluppo, un tale impatto negativo sulla conservazione e
promozione del patrimonio culturale.
25) Posti macchina e parcheggi: dove parcheggiano le auto private? Nel caso in
cui esistano, come sono integrati funzionalmente e visivamente i parcheggi nei
contesti storici? In quale rapporto e attraverso quali collegamenti viari, entro la traccia
storica, si collocano i parcheggi? Qual è la loro ubicazione e volumetria? Come è
sfruttata la loro potenzialità di generare entrate utilizzabili in funzione della
conservazione del patrimonio? Una volta di più, si tratta di un problema la cui
soluzione potrebbe costituire un modello ‘esportabile’ e applicabile sul piano
generalizzato.
6. Sicurezza cittadina (collegamento con la rete 1)
a) Deterioramento fisico e deterioramento sociale: non si sottolineerà mai
abbastanza come il deterioramento fisico dei contesti storici si accompagni, molto
spesso se non quasi sempre, ad un deterioramento sociale percepibile soprattutto
nell’aumento della criminalità e nella perdita della sicurezza. Ed è, questo, un circolo
vizioso che rende ancora più difficili le azioni di recupero, non solo del tessuto sociale
ma anche dei contesti urbani con il loro patrimonio storico. Di tale circolo vizioso
sarebbe opportuno, pertanto, conoscere e valutare le variabili entità e conseguenze (si
veda il documento elaborato dal Municipio di Santiago del Cile in preparazione del
primo Seminario Internazionale “Rete 1”, 10-11 novembre 1997, diffuso via internet
il 3 marzo 1998).
Individuate, così, le intersezioni tra la Rete 2 e altre Reti del Programma URB-AL
(dalla consapevolezza delle quali non possono prescindere l’individuazione e la
definizione di progetti comuni ) è dato, sempre nella prospettiva dei progetti comuni e in
coerenza con la metodologia privilegiata e tesa ad impostare il Documento di Base nei
termini di un Diagramma Concettuale, elencare gli aspetti, più immediatamente
riducibili al campo specifico, tematico e tecnico, della Rete 2 : la conservazione, cioè, in
termini materiali, dei contesti storici. Si tratta di una sequenza di momenti
imprescindibili e connessi che si elencano qui di seguito nei modi di quesiti su cui gli
aderenti alla Rete 2 dovranno riflettere e ai quali dovranno fornire risposte, sia pure
essenziali, beninteso in rapporto alla realtà particolare del contesto urbano che ciascuno
di essi rappresenterà al Seminario.
26) Localizzazione. Posto che i contesti storici urbani sono localizzati
generalmente nei migliori spazi della città e in situazioni privilegiate derivate
dall’antichità delle loro occupazioni: l’ubicazione del centro storico quali problemi
9
urbani genera, causati dalla congestione, per quel che concerne l’accesso viario
nell’infrastruttura più antica? Per altro riguardo, il centro storico dispone di una
dotazione più completa di servizi ?
27) Struttura urbana. Quali sono le relazioni funzionali e formali tra la
città e il suo Hinterland (Provinciale e Regionale)? Ne è già stata colta e definita
una visione complessiva e articolata in vista dello sviluppo e della trasformazione
della città nel tempo? Quanto al rapporto tra spazio pubblico e spazio privato, ne
sono stati identificati gli aspetti morfologici e strutturali? E’ lo spazio pubblico, alla
fin dei conti, la componente principale del contesto storico?
28) Lottizzazione e proprietà fondiaria. E’ stato effettuato, è in corso, è
stato programmato, ovvero il problema ancora non è stato posto, uno studio
dettagliato della struttura catastale e delle forme di proprietà così da fornire una
base per comprendere i contesti storici come un tutto morfologico e non come una
scenografia di facciate? E’, infatti, evidente che solo quando siano state definite le
linee per la costruzione di una simile banca dati si potranno condurre studi
comparativi e si potrà sfruttare questo tipo di informazioni per la costituzione di
nuovi sistemi catastali organici e di informazione geografica (GIS: Geographic
Information Service) che generano altresì introiti locali.
29) Usi del suolo: densità e intensità. E’ stata realizzata, e/o sono stati
documentati, progettati e valutati gli usi del suolo, le densità di occupazione che la
comunità realizza nella struttura urbana e nella morfologia catastale e
immobiliare? La conservazione dei contesti storici richiede, in effetti, un
importante livello di dettaglio, attento ai singoli monumenti ma anche al tessuto
sociale ‘costruito’, così che costituirebbe la informazione geografica (GIS)
sopramenzionata come rappresentazione di tale tessuto e ne favorirebbe
standardizzazione .
30) Viabilità e trasporto. Il contesto storico costituisce il centro delle reti
viarie e di trasporto?
31) Infrastrutture ed impianti. Esiste un sistema efficiente di reti di
infrastruttura urbana? Una porzione importante dei servizi urbani si concentra nei
contesti storici? Si tratta, da questo punto di vista di zone servite e senza carenze?
32) Tipologie spaziali e strutturali. Sono state effettuate e programmate e -
in caso affermativo - come , indagini sul rapporto tra partiture architettoniche e
impianti strutturali degli episodi edilizi dei contesti storici? Il restauro
dell’impianto strutturale originario è stato concepito come recupero dell’ordine
spaziale in cui è stato costruito l’edificio storico? Sono avvenuti progressi nelle
teorie e nella normativa strutturale? Sono stati individuati, nelle zone a rischio,
nuovi coefficienti di disegno antisismico e nuove modalità tali da garantire stabilità
e sicurezza? E’ evidente, infatti, che i progressi nella conoscenza strutturale
10
possono avere un impatto sugli edifici storici, negativo a posteriori per la loro stessa
permanenza nel tempo, quando si impongano condizioni addizionali estranee alla
loro concezione originaria.
33) Procedimenti di costruzione. Sono state identificate e analizzate le
tipologie costruttive e dei materiali? Sono stati salvaguardati, o restano comunque
recuperabili, la produzione tradizionale e il mantenimento di mestieri e modi di
lavoro? Sono previsti sussidi per la loro sopravvivenza e possibile esportazione?
Esistono scuole laboratorio, nuovi modi di abilitazione professionale delle risorse
umane, formazione di corporazioni? E, ancora. Esistono, o se ne sollecita la
creazione, nuove ditte per la produzione di materiali scomparsi dal mercato? E’
stata effettuata una diagnosi, o se ne prevede l’effettuazione e con quali criteri,
delle patologie degli edifici storici e tradizionali? Si è provveduto alla descrizione e
classificazione dei problemi più tipici con l’aiuto di tali diagnosi? Per ciò che
concerne le nuove tecnologie e i nuovi materiali, quali risposte sono state fornite al
problema di integrare agli edifici storici installazioni elettromeccaniche e sanitarie
obbedienti alle esigenze attuali nonché al problema di integrare in essi nuovi
materiali e processi costruttivi?
34) Tecniche di conservazione. A quali principi e concetti teorici del
restauro si è fatto ricorso, anche tenendo conto che la normatività concreta si
presenta deficiente, restrittiva e non esplicita, e crea pertanto la difficoltà di
recuperare, con conseguente aggravio dei costi? Se sono state adottate nuove
tecnologie di restauro, è stata considerata la possibile incognita del loro
comportamento nel tempo? In rapporto alle teorie di restauro eventualmente
adottate, ne è stato considerato l’impatto sulle attività professionali? Nella scelta
dei materiali, si sono privilegiati requisiti di qualità e si sono utilizzati scambi di
esperienze?
35) Progetto e nuovi interventi. Piuttosto che quesiti, a quest’ultimo
riguardo, conviene elencare una serie di raccomandazioni, che, comunque, possono
essere assunte anche come domande: una risposta alle quali sarebbe di grande
utilità orientativa. Posto che restano inseparabili memoria e progetto, contesto ed
intervento, limiti e libertà, principi inalienabili della conservazione consistono in:
36) validità espressiva e compositiva negli interventi di riuso;
37) valutazione critica del recupero che includa variazioni
nell’organizzazione originaria della distribuzione degli spazi;
38) coscienza del recupero futuro del nuovo e della ‘attualità’ del recupero
dell’esistente alle basi di ogni metodologia di intervento progettuale e sistematico
per il contesto urbano storico;
11
39) rilevamento diagnostico; rappresentazioni grafiche convenzionali ;
norme e tipi omogenei per disegni e rilevamenti;
40) classificazione tipologica degli interventi: manutenzione ordinaria e
straordinaria, restauro e risanamento per la conservazione, restaurazione
edilizia;
41) definizione di Master Format specifiche criteri di sistemazione delle
componenti edili, organizzazione di banche dati.
PARTE SECONDA
ESPERIENZE IN EUROPA E IN AMERICA LATINA
Uno schieramento circostanziato dei dati di documentazione sulle esperienze più
importanti compiute in Europa e in America Latina per la conservazione dei contesti
storici urbani, significherebbe un inerte elenco compilativo di operazioni ben note e
documentate da una bibliografia il cui dossier, quanto più possibile completo e però ben
articolato, il coordinamento della Rete 2 si propone di allestire e informatizzare presso
la Provincia di Vicenza. Basti, frattanto, pensare alla mole di incontri, dibattiti,
convegni, seminari, che, soltanto nel 1997 e sotto l’egida dell’UNESCO-ICOMOS, si
sono svolti nelle due aeree che ci interessano. A titolo esemplificativo basterà ricordare
l’atelier internazionale di Vienna (14/19 ottobre) su “Gli interventi moderni sulle
costruzioni storiche; al colloquio di Mons (16/18 ottobre) su “Le strutture negli edifici
patrimoniali europei”, preparatorio del convegno internazionale sul façadisme che si
terrà a Parigi dal 2 al 4 dicembre di quest’anno; all’incontro di Oslo nel gennaio di
quest’anno sulle problematiche della “ricostruzione autentica” degli edifici storici e ai
lavori preliminari alla conferenza, prevista a Stoccolma dal 14/15 settembre di questo
anno, su “Città storiche un patrimonio per il futuro”. E ancora si ricordi la notevole
attività argentina, attraverso conferenze , seminari e giornate di studio sui temi
“Politiche culturali e patrimonio della città”, su “La giurisprudenza e il patrimonio
culturale “ (Buenos Aires-Rosario, giugno/novembre 1997) ovvero brasiliana con il
seminario “Le vie delle conservazione. Differenti usi del patrimonio”; l’iniziativa
concordata tra l’Università Centrale dell’Ecuador e l’Università di Valladolid su “Città
civilizzate: organizzazione di una città durevole”; il progetto interuniversitario di ricerca
e di studio “Quiroga” nell’ambito del Programma Alfa della Comunità Europea ,
coinvolgente le università di Granada, di Coimbra, di Cà Foscari di Venezia, Javeriana di
Bogotà, Autonoma di Messico. Nella prospettiva dell’organizzazione del Seminario del
15-16 maggio 1998, si ritiene più utile, al fine della identificazione dei sottotemi per
12
l’assemblaggio di progetti comuni, estrapolare dal coacervo delle esperienze avvenute e
registrate, soprattutto nodi problematici e caratterizzanti, così da consentire agli aderenti
l’identificazione dei lineamenti di convergenze possibili e autenticamente operative.
EUROPA
Su piano generale le esperienze compiute sottendono il peso determinante dei
propositi, accolti dalla “Carta di Atene”, di Gustavo Giovannoni che, sin dal 1931,
insisteva sull’opportunità di “estendere a zone intere i principi nuovi della definizione e
del valore dei monumenti”. In effetti, egli proponeva di “applicare ad insiemi di
costruzioni le misure conservatrici che potrebbero essere rivolte all’opera isolata,
creando pertanto le condizioni dell’estensione all’ambiente dei criteri di conservazione
già riservate ai monumenti importanti”. Da allora, è possibile constatare che un vasto
dibattito di analisi, di riflessioni, di propositi, ha animato gli specialisti e i responsabili
della gestione degli spazi urbani, per sfociare in una teorizzazione, ormai generalmente
accolta, via via tradotta in diverse “carte” tra le quali resta punto di riferimento la “Carta
di Venezia”. Ne conseguiva, per la maggior parte dei Paesi dell’Europa, l’elaborazione
di testi legislativi a carattere eminentemente conservativo, che sono stati verificati da
processi di applicazione molto elaborati, sia sul piano della gestione che del controllo.
Fa sicuramente piacere poter constatare che la maggior parte delle città, che possiedono
un centro antico e insomma un patrimonio monumentale di rilevanza storica, da una
parte hanno sentito la preoccupazione di proteggerlo, e dall’altra hanno conosciuto una
somma di interventi i quali hanno permesso di assicurarne una buona conservazione,
come pure di conseguire una valorizzazione delle architetture che lo costituiscono.
Purtuttavia, è inevitabile prendere atto di un certo persistere di processi logoranti le
città, di un malessere creato dall’incoerenza fra la proposta estetica del restauro e la
effettiva riutilizzazione del contesto recuperato da parte della popolazione residente.
“Siamo al cospetto, in parecchi casi, di una certa ipocrisia che, nel rispetto di una
volontà affermata di preservazione , la traduce paradossalmente in azioni di
sconvolgimento sociale, attraverso una serie di modifiche che comportano la
progressiva dimenticanza del dato originario”. E si tratta della espulsione, di fatto, della
popolazione già residente e radicata nel contesto storico da quest’ultimo con la riduzione
di esso a funzioni di uso terziario ; ovvero, della liquidazione di attività tradizionali di
tipo artigianale in senso lato (le quali, esse stesse , pur costituiscono patrimonio storico e
culturale oltre che nodi di connettivo sociale) per sostituirle con servizi riservati ad un
uso turistico, sempre più massiccio e oppressivo del contesto recuperato. In effetti, una
attenta analisi consente di ammettere che è stato possibile evitare la scomparsa dei centri
storici (ovviamente, quelli risparmiati dai disastri e dalle cancellazioni spettanti alla
tragedia della Seconda Guerra Mondiale: ciò che ha aperto e mantiene domande
problematiche che qui non ci pertengono), ma, dopo le fasi di teorizzazione ed una
buona e notevole azione sperimentale, dobbiamo ammettere che occorre riagganciare
13
l’attività di conservazione dei contesti urbani storici attraverso il pieno coinvolgimento
di chi vi abita, non tanto per ciò che concerne gli aspetti patrimoniali ed estetici che si
presentano e si rendono apprezzabili per la loro stessa evidenza, ma per ciò che riguarda
la partecipazione delle comunità nella difesa attiva, come presenza concreta e coinvolta,
del loro bene culturale, pur utilizzandolo direttamente e confortevolmente, sebbene nel
rispetto che gli si deve. Se l’oggetto ‘monumento’, per il fatto che costituisce il risultato
dell’arte, può essere gestito solamente dagli specialisti, lo spazio contestuale e
patrimoniale- in altri termini, i contesti storici urbani- è frutto di una cultura che deve e
può essere partecipata collettivamente e che non deve essere riserva di caccia
privilegiata o sterilizzata dalla mera protezione degli specialisti, per venire poi
consegnata a usi terziari o di rappresentanza e alla pressione devastante di operazioni
speculative o dei flussi turistici incontrollati, con tutto ciò che ne deriva anche sul piano
della mobilità (circolazione dei veicoli di qualsiasi tipo; parcheggi; ecc.). Con un
ulteriore problema , sebbene di altro livello, e che consiste nella formulazione eventuale
di provvedimenti e azioni di finanziamento del recupero degli edifici storici di proprietà
privata, provvedimenti e azioni i quali, troppo spesso, appaiano variabili, incerti,
lacunosi o, addirittura, contraddittori. E’ qui l’aspetto nuovo del compito della Rete 2 di
URB-AL e, dunque, già del Seminario del 15/16 maggio 1998, il quale dovrebbe
permettere di censire esperienze, per porre in atto metodi di conservazione più ampi ed
efficaci in Europa e per fissare punti di riferimento per l’America Latina.
Dalle sperimentazioni europee che sono state analizzate, si delineano tre sottotemi
principali:
42) la nozione di conservazione, appare necessaria per contrastare e
controbilanciare la legge inesorabile della alterazione cui sottostanno i contesti storici e
gli episodi che li compongono. E si tratta dell’usura del tempo, di incursioni del “gusto”
delle epoche che si succedono, dell’instabilità dei suoli, di devastazioni belliche, di
imprevedibili incidenti o , semplicemente, della alterabilità dei materiali.
43) la manutenzione dell’opera architettonica , che è un bene culturale che deve
essere tramandato in obbedienza a regole e metodi di intervento obbedienti alla nozione
dell’autenticità, ma senza trascurare le conseguenze, i contenuti e i riscontri sociali della
riabilitazione.
44) Una integrazione completa: quello delle nuove costruzioni e degli abitanti,
sembra essere l’apporto concettuale di oggi, così da consentire le funzioni nuove della
città in un rapporto armonioso tra la vita sociale e i valori culturali del contesto storico
urbano.
Il problema della conservazione ha dovuto, e deve, dunque, confrontarsi con fattori
che trascendono quelli più elementari ed evidenti dell’usura quali sopra abbiamo
individuato, e spettano più precisamente e immediatamente all’attualità del nostro
14
presente: l’inquinamento atmosferico o sonoro, l’invasione delle folle turistiche e la
presenza di una mobilità inflazionata nuocciono alle città e rappresentano, oggi, gli
agenti di degradazione più ostili e rilevanti. Per quanto riguarda l’automobile, numerose
città riducono il suo uso ed arrivano persino a vietarlo come è accaduto a Napoli,
Perugia, Toledo, mentre a Bologna si è svolto addirittura un primo referendum sulla
restrizione della circolazione delle autovetture private nel centro. Altre città regolano la
gestione dei veicoli privati grazie a parcheggi esterni al contesto storico come Evora,
Orvieto e Spoleto.
Si tratta di esperienze o esperimenti che meritano attenzione.
In effetti, il nodo della questione consiste nella necessità di svincolare dalla
presenza delle autovetture i ‘luoghi eccezionali’, tenendo conto che ciò, nel momento in
cui cautela la conservazione del patrimonio storico, migliora la qualità della vita sia dei
cittadini residenti nei contesti storici sia dei visitatori. In Europa, come si è visto, sono
stati effettuati tentativi apprezzabili, mentre è allo studio una metodologia omogenea e
generalizzabile consistente nelle seguenti fasi di impegno: studio di mobilità;
programma di rieducazione del traffico o di interdizione; sistema informatizzato di
gestione; trasporto misto pubblico e privato (minibus per le vie strette, parcheggi
integrati, funicolari, ecc.); società di trasporto e gestione dell’insieme del traffico.
Altro problema individuato e - in certi casi - concretamente affrontato in Europa (e
si vedono gli “atti” del Simposio di Strasburgo del giugno 1991) riguarda la
manutenzione dell’esistente conservato attraverso la qualità e la qualifica delle imprese
chiamate e utilizzate a realizzarla. In altri termini, la tendenza delle politiche europee in
favore della conservazione del patrimonio, con l’allargamento dei campi di protezione
che ne deriva e la ricerca della qualità per quanto concerne i risultati punta ad assumere
l’intervento di uomini, artigiani ed imprese capaci di praticare le tecniche antiche
proprie dei particolarismi culturali di ogni regione . Così, in Europa, attraverso
l’identificazione sistematica della qualifica delle imprese e degli artigiani in verità molto
vari e non sempre efficaci, si profila un impegno apprezzabile nello studio della
fattibilità di un sistema di riconoscimento di qualifica garantito dal controllo e
dall’approvazione degli organismi nazionali dei vari Paesi.
Tuttavia, bisogna sempre tenere conto del divario, che si continua a constatare in
varie occasioni, tra la elaborazione di progetti e di piani sicuramente illuminati e validi e
la effettiva applicazione di essi; la distanza, che si continua ad avvertire, tra
l’affermazione di principi e la loro concreta realizzazione; l’assenza, frequente, di
volontà politica determinata e, non da ultimo, l’inquinamento etico della corruzione nei
quadri politici e amministrativi (si pensi alle inevitabili ma eloquenti azioni della
Magistratura, non solo in Italia, nello spirito delle “mani pulite”)
Resta, per concludere questa prima parte sintetica sullo “stato della questione” in
ambito europeo, da segnalare la vasta produzione di “piani regolatori “ che sottendono
15
risposta alle urgenze sopra elencate, nel momento stesso in cui configurano modalità di
sviluppo sostenibile: ma che, non di rado, restano inapplicati o vengono stravolti e
snaturati dal gioco perverso delle “varianti”.
A puro titolo, comunque, di esemplificazione di aspetti positivi dell’impegno
europeo sui contesti storici urbani - in vista di possibili punti di riferimento e di
esperienza significativa per l’America Latina - potremmo ricordare, per quanto riguarda
la Francia, la predisposizione di un piano si salvaguardia e di rivalutazione (PSMV),
costituito sulla legge del 4 agosto 1962, che sinora ne ha visto l’applicazione in ben 80
città. Si tratta di un strumento costituito da un meccanismo che connette l’inventario
patrimoniale, urbano, sociale, economico ed architettonico a procedimenti di
delimitazione dei settori e a una ‘lettura’ estremamente sofisticata dei valori urbani ed
architettonici in funzione del riconoscimento delle parti ‘malate’ per ritrovare e
discernere i trattamenti più adeguati. Se il caso di Bayonne è, da questo punto di vista,
particolarmente significativo anche per quel che riguarda le modalità di identificazione
delle fonti di finanziamento (defiscalizzazione e sovvenzione ai proprietari degli
immobili con il concorso congiunto di Comune, Regione, Stato), altre sperimentazioni
francesi meritano menzione per iniziative che, alla loro volta, rispondono ad alcune
esigenze fondamentali avanzate in questo Documento di Base. Potremmo menzionare, a
Bordeaux, il recupero dei lastricati viari del XVII° secolo, occultati dal bitume nel
1968, attraverso la coniugazione di un rigoroso studio storico dei lavori seicenteschi con
uno studio geologico rivolto al ritrovamento dei giacimenti originari delle pietre e con
uno studio di mercato destinato a imprenditori e proprietari di cave. Inoltre, è da
segnalare lo sforzo, spettante a Marsiglia, di vitalizzare il patrimonio culturale del centro
storico, dopo il suo recupero materiale, anche sollecitando il ritorno di attività
economiche tradizionale e promuovendo azioni sociali capaci di favorire il ritorno degli
abitanti che il contesto storico avevano abbandonato. In Svizzera, appare molto
significativo il confronto stabilito tra ‘antichi’ e ‘moderni’ attraverso un dialogo e,
quindi, una collaborazione congiunta tra i conservatori e gli architetti. A Basilea, grazie
alla creazione di un clima culturale favorevole, possiamo constatare, in tal modo, la
pertinenza delle inserzioni di architetture moderne di qualità nel contesto urbano antico.
In Portogallo, particolarmente interessante appare la tensione, a Lisbona, a curare
l’insalubrità delle costruzioni antiche per restituirle più confortevoli a chi le abitava, ma
rinunziando all’ambizione di un piano globale e procedendo per operazioni pilota di
quartiere.
In Spagna, scontato il valore esemplare dei ‘casi’ di Barcellona e Siviglia, conviene
segnalare come l’approccio integrato, per la protezione del suo patrimonio urbano,
condotto dalla città di Toledo, appartenente al patrimonio dell’Umanità (dove l’insieme
delle misure è stato oggetto di una vasta procedura di consultazioni con gli abitanti, sulla
base di un inventario del patrimonio, di una diagnosi ed elenco dei rischi di ogni genere,
su una normativa di sicurezza, su uno studio della mobilità pedonale, su un piano di
16
investimenti) si sia tradotto in un eccellente progetto di rivitalizzazione del quale si
attende, ora, una compiuta realizzazione la quale smentisca ogni inquietudine intorno al
rischio di quella distanza tra qualità del progetto ed efficienza operativa che, dianzi, si è
denunciata.
In Belgio, sono forse i contesti storici urbani della Vallonia che hanno conosciuto
operazioni conservative particolarmente interessanti, soprattutto grazie alla
rifunzionalizzazione di strutture edilizie vecchie o antiche e grazie ad una strategia
urbana basata sulla consapevolezza della presenza dell’uomo e sulla affermazione del
valore pedagogico del patrimonio culturale. Si tratta della cosiddetta ‘urbanitetctura’, la
quale si oppone alle ragioni del funzionalismo primario e alle tendenze a riconoscere
nella eredità del passato un bene meramente produttivo (Liegi, Namur e, specialmente,
Mons).
Anche in Olanda (e si consideri il caso emblematico di Niemegue), appare vivace
l’attenzione ad accordare, armoniosamente e sul piano della qualità, le nuove costruzioni
alla presenza inalienabile dei contesti storici sulla base di una griglia di 14 criteri volta a
garantire l’obiettività del giudizio intorno alla concessione di licenze costruttive.
In Grecia, il peso della turistizzazione dei centri storici e dei contesti monumentali,
ha pesato e pesa molto gravemente sui processi del recupero così determinando esiti che
negano troppo spesso una autentica rivitalizzazione, estraniandone, in buona misura, la
componente sociale costituita dalla popolazione residente (Atene; Iraklion; ecc.).
In Italia, infine, ad esperienze tuttaffatto esemplari (valgano, per tutte, quelle di
Bologna e di Siena - ma anche Vicenza - dove risultano corretti ed efficaci il recupero e
la rivitalizzazione sociale dei centri e dei contesti storici, non meno che l’applicazione
rigorosa di piani regolatori di sviluppo), sono da contrapporre situazioni, riconoscibili
soprattutto nei grandi e minori Comuni del Sud, dove si presentano anomalie scatenanti
problemi i quali riproducono sconnessioni tipiche, e che indicheremo più avanti, di gran
parte delle città dell’America Latina (Napoli, con lo scollamento tra centro storico e
crescita caotica e a macchia d’olio di periferie carenti spesso dei più elementari servizi;
Bari, con il degrado criminale del centro storico; Palermo, che assomma, aggravate da
lacune o settorialità di conservazione, le deficienza delle due precedenti città).
Il caso di Venezia è del tutto particolare e, proprio per questo, merita qualche
attenta riflessione, giacché, tra l’altro vi sorprendiamo vistosamente negati i principi che
si sono enunciati nella prima parte di questo Documento di Base. E’ sul singolo
monumento, infatti, che, anche grazie a cospicui interventi finanziari di Istituzioni
straniere, si concentra lo sforzo della conservazione e del restauro, mentre il contesto
storico in cui quel monumento si colloca - ed è contesto non costituito solo dal centro
insulare veneziano propriamente detto o inteso, ma dalla totalità del sistema ecologico e
culturale lagunare - è lasciato al degrado, se non alla rovina, con la emorragia
progressiva e drammatica della popolazione residente (123.000 unità nel 1966; 72.000,
17
nel 1996), con la inevitabile scomparsa di attività artigianali tradizionali non competitive
rispetto al turismo. Ed è proprio quest’ultimo che determina la subordinazione sempre
più pressante, capillare e caotica del mal inteso centro storico alle sue ragioni. Si noti
che siamo al cospetto di un movimento turistico di massa che non ha confronto in alcuna
città del mondo (11 milioni di unità nel 1997), ed è turismo tanto più insistente quanto
più “banale” e “banalizzante”, sicché, come è stato ben annotato, “quando (le sue
ondate) si ritirano, lasciano detriti, ma anche molta ricchezza diffusa, assorbita e goduta
individualmente”: non, quindi socialmente; né valutabile in termini di corretta
“economia dei beni culturali” giacché, come ben denuncia Isabella Scaramuzzi, manca
qualsiasi bilancio trasparente ed esaustivo che sondi la relazione, fondante e
fondamentale, dell’ospitalità con il patrimonio edilizio, storico, insediativo, artistico e
culturale” del sistema urbano Venezia. In ultima analisi, allora, ignoriamo la quantità, di
sicuro prevalente se non addirittura esclusiva, del profitto che perviene a pochi in
seguito agli interventi conservativi e restaurativi e/o in seguito allo spreco di un
patrimonio che dovrebbe costituire il “bene” di un generalizzato vantaggio sociale.
Nel frattempo, Venezia diventa sempre “più povera in termini di articolazione di
funzioni e di attività; di dinamiche sociali ed economiche; di significati e di spessore
culturale”. A ben guardare, allora e tutto ciò considerato, Venezia, città unica e singolare
ma - per definizione e per eccellenza - “contesto storico urbano”, costituisce una sorta di
paradigma, di modello esemplare, di “laboratorio”, dei problemi di una efficace
“conservazione attiva”, sia per la macroscopica evidenza che essi vi assumono, sia,
anche e però, per ciò che concerne l’enorme produzione di analisi, di proposte, di
progetti, pure sul piano legislativo, nella prospettiva di azioni concrete purtroppo quasi
sempre rimaste sospese.
AMERICA LATINA
Nelle regioni e città europee - ancora - si è diffusa, o si va diffondendo, una
sensibilità, che ha trovato, o vien trovando, strumenti operativi e attuazioni concrete, per
“gli standard urbani”, per una liberazione di spazi nelle città industriali tradizionali, per
un uso correlato dei vari punti urbani in piccola scala e a distanza, per un ordine delle
rete di comunicazione fisica e non fisica tra i centri urbani, per un uso maggiore del
suolo a causa della dispersione della produzione e di una selezione di densità basse
risultante da modelli abitativi non centralizzati, per l’importanza conferita ai
microambienti, per il recupero e la salvaguardia delle caratteristiche intangibili dei centri
urbani visti come risorse ed elementi di qualità sociale e di crescita umana ma anche
come simboli. Sembra di constatare, per codesti riguardi, anche se talora piuttosto sul
piano progettuale o intenzionale che della realizzazione effettiva, una tendenza al
transito dalla cultura dell’espansione alla cultura della trasformazione urbana.
18
Viceversa, in America Latina, le città - in generale - si possono considerare
‘recenti’, anche quelle con importante origine storica, giacché la loro matrice consiste
nella sovrapposizione culturale di una città di nuova fondazione sulle città delle culture
indigene, o al nuovo popolamento di territori vergini ( anche Brasilia o Curitiba, ad
esempio, si asseriscono come contesto storico): oltre al fatto che, d’altro canto, la loro
crescita tumultuosamente espansiva (e si tratta di un fattore assolutamente tipico e
connotante) è quasi sempre posteriore alla fine della seconda guerra mondiale. Le
caratterizzano, pertanto, severe diseguaglianze spaziali nella distribuzione della
ricchezza e nello sviluppo socio- economico. In esse, esistono enorme disparità - di
amplificazione rurale ed urbana, interregionale ed interurbana - ai livelli del reddito
personale, delle opportunità di educazione e di impiego, della deficienza dei servizi
urbani, che ha continuato ad aumentare anche nelle fasi di crescita economica.
L’altissima disparità di possibilità di reddito tra campagna e città ha provocato, come
agente tuttaffatto preponderante, l’abbandono delle zone rurali e le enormi migrazioni
verso i centri urbani con quella conseguente crescita smisurata che si è denunciata.
La percezione originale del ruolo creativo, innovatore e modernizzatore delle
grandi città nello sviluppo nazionale - come era accaduto, al momento debito, con la
politica che dava priorità alla crescita di Città del Messico - si intende adesso, in termini
di relazione essenzialmente sfruttatrice dell’Hinterland che si presenta inoperante per
raggiungere i traguardi di uno sviluppo generale. In termini spaziali, le risorse si
concentrano su un numero ridotto di grandi città a spese di centri minori e delle aree
rurali.
Come risposta a questa forte tendenza di concentrazione, le città dell’America
latina continuano ad espandersi, ed è realistico pensare che continueranno ad espandersi
ancora per molto tempo. In esse, poi, si polarizza sempre più la differenza tra centro e
periferia, con i problemi che una simile situazione genera: spostamento delle classi più
agiate dal centro in cui sono accumulati i contesti storici (o distruzione di questi per
sostituirvi strutture edilizie di “modernizzazione” funzionario terziatrio: Retiro a Buenos
Aires; Cordoba; ecc.), degrado urbano, rovinoso deterioramento fisico (i quartieri
retrostanti al Malecon a La Havana; centro storico di Quito; “El Cartuctho”, piuttosto
che la Candelaria la quale manifesta qualche ripresa, a Bogotà; la “Ciudadela” e l’area
portuale e ferroviaria a Montevideo: dove però, è in atto un energico, e intelligente e
impeccabile sforzo di recupero; ecc.) e problemi economici per l’appunto nel centro;
crescita incontrollata a esponente geometrico e in modi di “tugurizaciòn” delle
abitazioni (Lima, Quito, Rio de Janeiro, Sao Paulo), ai bordi della città e in campagna,
incremento dei costi di dotazione di infrastrutture, congestione dei servizi esistenti.
Tuttavia, i costi di crescita nella periferia sono sempre maggiori dei costi di
addensamento nei centri urbani, e questa è una ragione sostanziale che dovrebbe
giustificare economicamente la difesa dei centri storici nel momento in cui vi si
generano pressioni di sviluppo che interessano direttamente la loro permanenza
19
garantendo in tal modo la conservazione e la perpetuazione possibili del loro valore
culturale. E’ chiaro, però , che l’azione politica per spostare gli investimenti da aree che
gli investitori ritengono ‘attraenti’, postula una analisi economica e una progettazione
sofisticata, nonchè la capacità di una considerevole coordinazione amministrativa e un
grado di appoggio politico che molti governi trovano difficile da raggiungere. Si tratta di
un punto fondamentale visto che abbiamo considerato che esistono in America Latina
professionalità in grado di dirigere correttamente e autonomamente la conservazione e il
recupero dei contesti storici e soprattutto di progettare la rivitalizzazione degli stessi
nella prospettiva di una loro rendita sociale.
In alcuni casi, tanto in Europa come in America Latina, si avverte precaria e
difficile una prospettiva di recupero se si fa caso al disinteresse degli organi politici
amministrativi di governo proiettati a realizzare, nelle forme più radicali, un imperterrito
implacabile programma neo liberistico.
Vi sono altri indizi di connotazione peculiare della condizione urbana in America
Latina. Ne indichiamo, qui di seguito, alcuni particolarmente vistosi.
Anzitutto, la perdita della ecologia e del paesaggio urbano nei contesti storici,
quando essi, come si è visto non siano addirittura spazzati via e, magari salvando un
singolo monumento che vien reso a tali condizioni “insignificante”, sostituiti da una
modernizzazione edilizia intollerabile. Per esempio, la scomparsa degli alberi e della
vegetazione nel cuore degli isolati della città di Antigua, Guatemala, come risultato della
ostinazione a mantenere alterate le facciate senza controllo della costruzione interna, in
un contesto di forte pressione economica motivata dall’incremento conferito allo
sviluppo di nuove abitazioni fruibili dal turismo portatore di valuta pregiata. Vale la
pena, al riguardo, riflettere sui casi esemplari rappresentati dal “recupero” di Cartagena
de Indias e, sovrattutto, del “Pelurinho” di Salvador de Bahia.
Poi, il dato di fatto per cui in alcune città latino-americane, con le crisi economiche
dei due decenni scorsi, si è incrementata la perdita della nozione di spazio pubblico: in
tal modo, con il pretesto della sicurezza contro il crimine, le classi agiate hanno
‘barricato’ i loro quartieri, limitato l’accesso e interrotto il libero transito dei cittadini,
nel momento in cui un intento distorto di generare impieghi ha finito per difendere
l’occupazione anche illegale di piazze e di strade favorendo un commercio informale ed
ambulante ed abusivo, oltre che paurosi disordini di circolazione e mobilità.
Dobbiamo, tuttavia, prendere atto positivamente che, per se stesso, l’accesso
individuale e di massa ai contesti storici, sia all’interno di una città sia nella collocazione
regionale, potrebbe mantenerli vivi e, se correttamente organizzato e gestito, contribuire
ad accendervi una vita sociale ed economica abbastanza sana: lo studio di questo
fenomeno dovrebbe, dunque, aiutare a trovare in esso alcune delle condizioni per
conservarli e promuoverli. A titolo di esempio eloquente di una tale situazione, vale il
caso di La Habana (su cui pesa, peraltro, il drammatico problema sopra accennato). Un
20
circuito di due autobus in percorso permanente dal Castillo de la Real Fuerza e San
Salvador de la Punta alle fortezze del Morro e della Cabana, integrato da una traversata
in lancia alla bocca della baia, incrementa notevolmente la percezione ‘di vicinanza’ del
luogo e l’affluenza di visitatori.
Vi è un altro dato sul quale è opportuno riflettere e che riguarda iniziative assunte
in alcuni Paesi dell’America Latina, le quali possono incontrare situazioni europee anche
e soprattutto in vista di progetti comuni.
Per esempio, il “sistema di trasferimento di potenziale di sviluppo” predisposto dal
Centro Storico di Città del Messico, il quale sfrutta commercialmente la bassa densità di
uso del suolo del contesto storico, grazie al permesso concesso ai proprietari di vendere,
mediante una borsa amministrata dal Governo locale, i possibili appartamenti o lo spazio
non costruito che si trova attorno al monumento e che costituirebbe il motivo di
maggiore tentazione per la sua demolizione e sfruttamento immobiliare. Accade, così,
che quest’area virtuale, non sfruttata direttamente dal monumento e denominata
“potenziale di sviluppo”, possa essere acquistata da un promotore che desideri costruire,
in un’altra parte della città e a condizioni di densità maggiore di quella segnata dal piano
di sviluppo nella zona di presenza del monumento. Così operando, la pressione per un
ulteriore sviluppo urbano viene a coincidere con la difesa dei contesti storici e si
generano, senza costo, vantaggi economici per i due proprietari: quello che vende e
quello che compra.
Vale la pena, infine, annotare, in vista del reperimento di risorse a sostegno di
iniziative latino-americane per la conservazione dei contesti storici - risorse che amplino
le disponibilità messe a disposizione dall’Unione Europea nel quadro del Programma
URB-AL - che potrebbe essere quanto mai positivo (come si è annotato e insistito più
indietro) procedere alla identificazione di gruppi di “attori” rilevanti attraverso una
riunione di rappresentanti delle Istituzioni interessate alla difesa e alla preservazione del
patrimonio culturale, per uno scambio di informazioni su progetti di largo respiro. Si
pensi solo, all’accordo concluso dal Getty Conservation Institute di Los Angeles con i
Paesi di Messico, Guatemala, Belize, El Salvador e Honduras, con il direttore esecutivo
del Programma Mundo Maya (una Agenzia intergovernativa di promozione turistica) e
con l’UNESCO.
Prof. Lionello Puppi
Arch. Jean Pierre Errath
Prof. Arch. Alfonso Govela
21

More Related Content

Viewers also liked

Muka depan content
Muka depan contentMuka depan content
Muka depan contentmohd admee
 
Indigo solar ppt
Indigo solar pptIndigo solar ppt
Indigo solar ppt
Hari Kishore Reddy
 
Fys paper on college sports
Fys paper on college sportsFys paper on college sports
Fys paper on college sports
jbohanna
 
Library media policies 2011 2012
Library media policies 2011 2012Library media policies 2011 2012
Library media policies 2011 2012
springstout1
 
08 trade and_payments
08 trade and_payments08 trade and_payments
08 trade and_payments
prettytluxe
 
Commercial Dossier in English
Commercial Dossier in EnglishCommercial Dossier in English
Commercial Dossier in English
Rocío Gómez
 
Caption story fys
Caption story fysCaption story fys
Caption story fys
jbohanna
 
Maslow
MaslowMaslow
Maslow
olebogile
 
History of the PHILIPPINE Internet
History of the PHILIPPINE InternetHistory of the PHILIPPINE Internet
History of the PHILIPPINE Internet
Miguel Perez
 
To Study the power supply of the Assembly Shop
To Study the power supply of the Assembly ShopTo Study the power supply of the Assembly Shop
To Study the power supply of the Assembly Shop
Abhishek Roy
 
Tutorial kufi bola
Tutorial kufi bolaTutorial kufi bola
Tutorial kufi bolaZehn Dalta
 
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
Zizie Unly
 
Increasing comprehension
Increasing comprehensionIncreasing comprehension
Increasing comprehension
Erika Worden
 
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIAPEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
mohd admee
 

Viewers also liked (14)

Muka depan content
Muka depan contentMuka depan content
Muka depan content
 
Indigo solar ppt
Indigo solar pptIndigo solar ppt
Indigo solar ppt
 
Fys paper on college sports
Fys paper on college sportsFys paper on college sports
Fys paper on college sports
 
Library media policies 2011 2012
Library media policies 2011 2012Library media policies 2011 2012
Library media policies 2011 2012
 
08 trade and_payments
08 trade and_payments08 trade and_payments
08 trade and_payments
 
Commercial Dossier in English
Commercial Dossier in EnglishCommercial Dossier in English
Commercial Dossier in English
 
Caption story fys
Caption story fysCaption story fys
Caption story fys
 
Maslow
MaslowMaslow
Maslow
 
History of the PHILIPPINE Internet
History of the PHILIPPINE InternetHistory of the PHILIPPINE Internet
History of the PHILIPPINE Internet
 
To Study the power supply of the Assembly Shop
To Study the power supply of the Assembly ShopTo Study the power supply of the Assembly Shop
To Study the power supply of the Assembly Shop
 
Tutorial kufi bola
Tutorial kufi bolaTutorial kufi bola
Tutorial kufi bola
 
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
PRODUCT OREO GORENG (ENTREPRENEURSHIP ASSIGNMENT)
 
Increasing comprehension
Increasing comprehensionIncreasing comprehension
Increasing comprehension
 
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIAPEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
PEMBANGUNAN POLITIK DAN EKONOMI SEHARUSNYA MENZAHIRKAN JATI DIRI ACUAN MALAYSIA
 

Similar to 30_2006511648_R2-db-ita

Libro bianco per l'Esquilini
Libro bianco per l'EsquiliniLibro bianco per l'Esquilini
Libro bianco per l'Esquilini
mauvet52
 
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
Marialuisa Palumbo
 
Nodo Marconi
Nodo MarconiNodo Marconi
Nodo Marconi
Marialuisa Palumbo
 
Caserma ruffo
Caserma ruffoCaserma ruffo
Caserma ruffo
Marialuisa Palumbo
 
Programma Spazzafumo
Programma SpazzafumoProgramma Spazzafumo
Programma Spazzafumo
Marco Orlandi
 
Firenze premio pa-sostenibile-2018_def
Firenze premio pa-sostenibile-2018_defFirenze premio pa-sostenibile-2018_def
Firenze premio pa-sostenibile-2018_def
smartcityplan
 
Firenze premio pa-sostenibile-2018
Firenze premio pa-sostenibile-2018Firenze premio pa-sostenibile-2018
Firenze premio pa-sostenibile-2018
smartcityplan
 
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINOPremio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
RaffaellaFesta
 
Premio pa sostenibile e resiliente 2021 template word
Premio pa sostenibile e resiliente 2021   template wordPremio pa sostenibile e resiliente 2021   template word
Premio pa sostenibile e resiliente 2021 template word
RaffaellaFesta
 
Masterplan Cavallerizza Reale Torino
Masterplan Cavallerizza Reale TorinoMasterplan Cavallerizza Reale Torino
Masterplan Cavallerizza Reale Torino
Quotidiano Piemontese
 
Premio pa sostenibile-2018-rice
Premio pa sostenibile-2018-ricePremio pa sostenibile-2018-rice
Premio pa sostenibile-2018-rice
Serena Pelagallo
 
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneriRisposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
Comune di Pordenone
 
Programma rid
Programma ridProgramma rid
Programma rid
Giuseppe Sapere
 
Programma rid
Programma ridProgramma rid
Programma rid
Giuseppe Sapere
 
Protocollo E-S-P
Protocollo E-S-PProtocollo E-S-P
Protocollo E-S-P
Paolo Senigagliesi
 
Una visione del futuro di Livorno
Una visione del futuro di LivornoUna visione del futuro di Livorno
Una visione del futuro di Livorno
Simurg_Ricerche
 
Linee programmatiche rinascita 2014
Linee programmatiche rinascita 2014Linee programmatiche rinascita 2014
Linee programmatiche rinascita 2014
cassanoweb
 
Linee programmatiche rinascita
Linee programmatiche rinascitaLinee programmatiche rinascita
Linee programmatiche rinascita
cassanoweb
 
Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale
Strategie di rigenerazione del patrimonio industrialeStrategie di rigenerazione del patrimonio industriale
Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale
Roberto Moretto
 

Similar to 30_2006511648_R2-db-ita (20)

Libro bianco per l'Esquilini
Libro bianco per l'EsquiliniLibro bianco per l'Esquilini
Libro bianco per l'Esquilini
 
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
Torsapienza. Una esperienza di progettazione condivisa tra Inarch, Acer e Com...
 
Nodo Marconi
Nodo MarconiNodo Marconi
Nodo Marconi
 
Caserma ruffo
Caserma ruffoCaserma ruffo
Caserma ruffo
 
Programma Spazzafumo
Programma SpazzafumoProgramma Spazzafumo
Programma Spazzafumo
 
Firenze premio pa-sostenibile-2018_def
Firenze premio pa-sostenibile-2018_defFirenze premio pa-sostenibile-2018_def
Firenze premio pa-sostenibile-2018_def
 
Firenze premio pa-sostenibile-2018
Firenze premio pa-sostenibile-2018Firenze premio pa-sostenibile-2018
Firenze premio pa-sostenibile-2018
 
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINOPremio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
Premio pa sostenibile e resiliente 2021_PROVINCIA DI AVELLINO
 
Premio pa sostenibile e resiliente 2021 template word
Premio pa sostenibile e resiliente 2021   template wordPremio pa sostenibile e resiliente 2021   template word
Premio pa sostenibile e resiliente 2021 template word
 
Masterplan Cavallerizza Reale Torino
Masterplan Cavallerizza Reale TorinoMasterplan Cavallerizza Reale Torino
Masterplan Cavallerizza Reale Torino
 
Facilitazione
FacilitazioneFacilitazione
Facilitazione
 
Premio pa sostenibile-2018-rice
Premio pa sostenibile-2018-ricePremio pa sostenibile-2018-rice
Premio pa sostenibile-2018-rice
 
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneriRisposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
Risposta alle osservazioni degli Ordini degli architetti e degli ingegneri
 
Programma rid
Programma ridProgramma rid
Programma rid
 
Programma rid
Programma ridProgramma rid
Programma rid
 
Protocollo E-S-P
Protocollo E-S-PProtocollo E-S-P
Protocollo E-S-P
 
Una visione del futuro di Livorno
Una visione del futuro di LivornoUna visione del futuro di Livorno
Una visione del futuro di Livorno
 
Linee programmatiche rinascita 2014
Linee programmatiche rinascita 2014Linee programmatiche rinascita 2014
Linee programmatiche rinascita 2014
 
Linee programmatiche rinascita
Linee programmatiche rinascitaLinee programmatiche rinascita
Linee programmatiche rinascita
 
Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale
Strategie di rigenerazione del patrimonio industrialeStrategie di rigenerazione del patrimonio industriale
Strategie di rigenerazione del patrimonio industriale
 

30_2006511648_R2-db-ita

  • 1. COMMISSIONE EUROPEA PROVINCIA DI VICENZA URB-AL RETE 2 “LA CONSERVAZIONE DEI CONTESTI STORICI URBANI” DOCUMENTO DI BASE PREMESSA Codesto documento, in quanto ha l’obbiettivo di preparare il Seminario del 15-16 maggio 1998 e di stabilire le condizioni della formazione di gruppi omogenei di lavoro interessati a elaborare progetti comuni, vuole servire sostanzialmente come un Diagramma Concettuale che consenta di esplorare le distinte aree (Europa - America Latina) della conservazione dei contesti storici urbani per individuare, quindi, problematiche e problemi omologhi e, al tempo stesso, prefigurare strumenti operativi di intervento. Bisogna, però, in via preliminare e di principio, che siano chiare due esigenze: se non altro come ipotesi di lavoro d’ordine, insieme, metodologico e pratico. La prima è complessa e articolata e potremmo esporLa come segue. I contesti storici si debbono intendere sia come la testimonianza di valori irripetibili che occorre conservare, sia come parte di una struttura urbana che cambia e cresce nel tempo. Possono, dunque, essere visualizzati come dimensione “archeologica” ma anche come momento di una attualità presente con cui intessono una trama fitta di relazioni. E’ necessario , quindi, scartare ogni tentazione o tendenza che continui a farci ragionare nella logica dei “monumenti isolati” anche quando questi si raggruppino in zone di valore patrimoniale. Si debbono, insomma, assumere, i contesti storici, come immobili o insieme di immobili senza che sia ostacolata la percezione delle loro correlazioni con un tutto.
  • 2. L’ampliamento che in Europa ha avuto il campo di interesse per il patrimonio, con la sua transizione dall’edificio indipendente al monumento con il suo contorno urbano e, di questo passo, all’interezza delle parti antiche delle città per - eventualmente - ampliarsi alla dimensione del territorio e alla totalità dei riferimenti culturalmente significativi, deve costituire un punto fermo di carattere generale, estendendo ulteriormente la nozione degli aspetti temporali, spaziali e di significato del patrimonio e oltrepassando la stessa specificità dei problemi di conservazione per giungere al quid del contenuto e dell’impatto politico rappresentato dalla difesa della qualità della vita cittadina. L’idea di conservazione deve, in conseguenza, sottintendere una concezione del restauro come recupero dell’opera d’arte o del documento storico in quanto cultura della costruzione a difesa sociale e in quanto “motore” dialettico della permanenza e del cambiamento delle città. Ciò comporta che si dovrà operare alla luce di una nuova mentalità cittadina, da parte degli “attori” tecnici e politici, che colga nella qualità della vita un momento fondamentale dello sviluppo della comunità e della città; che consideri, di conseguenza, i contesti storici una componente indispensabile per l’appunto della qualità di vita, e che li valorizzi in termini economici e produttivi. Se in Europa, “... la definizione di patrimonio è passata dall’essere ‘bene culturale’ negli anni ’60, poi ‘bene economico’ negli anni ’70 e bisogna intenderlo oggigiorno come ‘bene produttivo’...”, è necessario allora prevedere, nelle due regioni (Europa - America Latina) della cooperazione internazionale URB-AL, “un uso cosciente, razionalizzato e pertanto generalizzato dei valori storici nelle operazioni di progettazione urbana a qualsiasi scala di intervento”, intendendo il progetto come strumento di investimenti (business plan); sviluppo e produttività, come strumento di consensi: in un contesto di interessi molteplici ed estendendo una visione unica o chiusa di città. Non può che essere evitata, in tal modo, la ripetizione di vecchi errori nella salvaguardia del patrimonio, così da escludere proposte o azioni (in verità, tanto generalizzate in alcune città latino-americane, ma riscontrabili anche in città europee) che recuperano facciate senza migliorare il complesso degli immobili che si trovano dietro ad esse, e così da prevenire, in uguale misura, i programmi di restituzione fisica svincolati da quelli della vita complessiva delle città. Non debbono essere avanzati programmi di facciate senza edifici, né di edifici senza vita comunitaria. URB-AL deve insistere nella difesa di quei progetti di pianificazione che tengano come elemento centrale gli abitanti dei contesti storici, considerando che è l’essere umano che asserisce il proprio valore, in primo luogo, come patrimonio del mondo. Pertanto, la premessa di base dei progetti da approvare dovrà consistere nella trasformazione degli attori sociali di questi contesti in partecipanti attivi con ogni propria prospettiva culturale, in ogni fase del progetto e nelle appropriate forme di organizzazione sociale. 2
  • 3. Da un simile cambiamento di mentalità, dovrebbero scaturire elementi di stimolo dell’organizzazione istituzionale in funzione della abilitazione degli agenti che intervengono nella salvaguardia del patrimonio, dati sulla creazione di strumenti amministrativi e sulla loro conoscenza e diffusione. Non debbono essere dimenticate, infatti, specialmente a tale riguardo, le nuove opportunità che si aprono per la salvaguardia del patrimonio . Per esempio, l’inserimento nei progetti di investimento sociale e decentralizzazione come importanti generatori di impiego per mano d’opera non qualificata; come opportunità per educare e abilitare, sul mercato del lavoro, a mestieri che corrono il rischio di estinzione; come riattivatori della domanda per risorse e materiali locali; come stimolatori alla creazione di piccole e medie imprese individuali e collettive di edilizia tradizionale. Non v’è dubbio , quindi, intorno all’importanza di conoscere ogni iniziativa presa nel senso auspicato per convincere i governi dei paesi delle reti URB-AL della opportunità di applicare risorse sociali e di sviluppo nella protezione e promozione dei contesti storici. Inoltre, alla luce delle opportunità sopra indicate, va ricordato come sia possibile attingere ai diversi “fondi di investimento sociali” che la Banca Mondiale concede a diversi Paesi . Nell’ottica di sifatta prospettiva , non sarebbe da trascurare, allora, la redazione di un inventario dei preventivi e dei fondi di investimento sociale e decentralizzato predisposti e stanziati nella Comunità Europea e in America Latina, assieme ad un repertorio di agenzie e di funzionari responsabili della definizione e operatività di quelle iniziative, e organizzare un programma di sensibilizzazione e convincimento tramite la presentazione dei progetti comuni elaborati dalla Rete 2 di URB-AL (ma già il documento che l’ha promossa ) alle agenzie e funzionari corrispondenti. In altri termini, sarebbe possibile, così, proporre e costituire alleanze di finanziamento che sfruttino le risorse di sussidio (abbastanza modeste) previste da URB- AL per promuovere, come fonte capitale, programmi di investimento pagati da quei fondi di finalità sociale, controllandone gli stadi di avanzamento, così da fare di URB- AL anche un “consiglio di consulenza di investimento sociale” gratuito per la gestione dei fondi in questione e , allo stesso tempo, un “avvallo tecnico” per i progetti presentati dalle Comunità. La seconda esigenza nasce dal dato di fatto costituito dal vincolo pratico esistente tra la Rete 2 e le altre Reti di URB-AL, che può consentire di trasformare i temi ad essi propri in sottocategorie di analisi e lavoro per la Rete 2. Tenendone il debito conto, sarebbe possibile, da una parte capire meglio i contesti storici come episodi integranti del complesso delle città, come aspetti da considerare all’interno della complessità di interrelazioni della struttura urbana; d’altra parte, si potrebbero anche fornire, in quest’ottica concettuale, i nodi di collegamento di lavoro concreto con le altri reti che articolano URB-AL . E’, allora, il caso di ipotizzare almeno sei sottotemi impliciti nella Rete 2, ma con un ordine differente da quello che compare nel programma di URB-AL. 3
  • 4. Vale la pena, quindi, riprendendo uno spunto già indicato enunciando la prima esigenza preliminare, di sottolineare come la creazione e la operatività della Rete 2, allo stesso modo delle altre sette di URB-AL, affronti un problema simile a quello riscontrato dalla Banca Mondiale e da altre agenzie finanziarie internazionali, nella definizione ed attivazione di nuovi strumenti di appoggio allo sviluppo sociale. Il ciclo tradizionale per i progetti di investimento, con il suo tragitto lineare di identificazione, preparazione, valutazione, esecuzione e valutazione, presuppone la possibilità di definire in modo indivisibile e in anticipo i progetti suscettibili di una realizzazione in un periodo di tempo fisso, tenendo conto che la soluzione ai problemi dello sviluppo si conosce, o si può arrivare a conoscere, durante la preparazione del progetto. Del resto, un tale procedimento ha funzionato sinora, - e, ai nostri fini, potrebbe costituire un salto di qualità - per grandi progetti di infrastruttura e di ingegneria, mentre si riscontra che è più difficile trovare appoggio a programmi sociali che cerchino di favorire un cambiamento di mentalità e di comportamento in quanto decentralizzazione e partecipazione delle comunità. In altri termini, la seconda esigenza preliminare qui sopra esposta, obbedisce ad un intento di stabilire processi affidabili nel disegno e nel finanziamento dei progetti, ipotizzandone una struttura aperta su linee di appoggio sociale, economica nella preparazione e nella conduzione del programma e capace di favorire i migliori risultati e successi, contribuendo, tra l’altro, a ridurre il rischio del finanziamento per la Provincia di Vicenza e per l’Unione Europea. PARTE PRIMA Problemi e ambiti prioritari della Rete Nella consapevolezza della duplice esigenza esposta nelle pagine precedenti - e in particolare, per quanto si riferisce alla coscienza nuova di patrimonio culturale e contesto storico urbano -, il Diagramma Concettuale su cui, nell’occasione del Seminario del 15/16 maggio 1998 a Vicenza, dovrà svolgersi la discussione ma su cui, preventivamente, dovranno orientarsi, per le discussioni e per la proposta di progetti comuni, gli aderenti alla Rete 2 prescelti, si articola in funzione e in obbedienza (pur nella consapevolezza di peculiarità diverse ma raggruppabili sotto un esponente omologo) al un preciso intento di costruire i lineamenti di un modello urbano efficiente. Conviene, anzitutto, procedere tenendo conto, come si è premesso, delle intersezioni della Rete 2 con le altre Reti URB-AL. 4
  • 5. 1. Problemi e politiche sociali (collegamento con la Rete 5). 1) Patrimonio di élite: la difesa del patrimonio non è solo impegno e attività delle classi sociali più agiate ma un tema che interessa la cittadinanza in generale. 2) Città e comunità: la città è sempre stata la più complessa e la più fedele espressione e rappresentazione di una comunità. In essa si plasmano e si plasma e si impalca il sistema dinamico delle relazioni che compongono il tessuto sociale. Città costruita e comunità, morfologia urbana e tessuto sociale sono realtà non separabili. 3) Identità e memoria sociale: nel patrimonio culturale si esprime e si manifesta l’identità di un popolo; pertanto, tale espressione di memoria collettiva, non solo è un bene socialmente utile e redditizio, ma la sua conservazione costituisce un diritto inalienabile della comunità. 4) Redditività sociale: alle ultime mode, che colgono nella redditività finanziaria l’unica via di investimento privato e pubblico, va opposta la valorizzazione di criteri alternativi nella identificazione e nella distribuzione delle risorse economiche. Il patrimonio storico deve, insomma, essere difeso in un modo più realistico e comprensivo, che tenga conto del contesto sociale ampio del suo consistere contro il tasso interno di ritorno degli investimenti immobiliari individuali. 5) Uso sociale e comunitario: vi è una irriducibile distinzione tra l’auto gestione economica degli edifici e la loro reintegrazione nella vita sociale; l’utilità economica degli immobili si dilata e si garantisce attraverso il suo riciclaggio con l’occupazione sociale e la partecipazione della comunità. 6) Tessuto sociale e sua trasformazione attraverso il tempo: la trama dei tessuti sociali, che sostengono le città in generale, e il patrimonio storico in particolare si modificano con il passare del tempo. Tra i diversi fattori, i modi di migrazione e le forme di vita apportate da questi movimenti umani nei distinti quartieri delle città che ne vengono investiti, costituiscono un momento imprescindibile per la elaborazione di qualsivoglia intervento di conservazione (immigrazioni e insediamenti urbani in Europa dal Medio-Oriente dall’Africa e dall’Asia; emigrazioni e insediamenti mobili dall’Europa e dall’Asia in America-Latina). 7) Etnosviluppo: il concetto di etnosviluppo o sviluppo che sorge da visioni particolari dal mondo importate dai fenomeni migratori, rafforza identità culturali. Le conoscenze e le consuetudini tradizionali non possono non stabilire relazioni nuove nella vita quotidiana, nell’ambiente, nell’amministrazione delle risorse, nella difesa della salute come nelle festività o nei riti, nelle tradizioni linguistiche letterarie e, persino, gastronomiche. 5
  • 6. 2. Problemi e politiche economiche( collegamento con la Rete 4). 8) Economia urbana : la realtà dell’economia urbana attuale nei contesti storici delle città, deve essere documentata, analizzata e confrontata, così da consentire una descrizione, valutazione e proiezione probabile delle situazioni economiche . Sarebbe assai utili disporre di un rapporto annuale relativo alla situazione economica del patrimonio urbano nelle città includenti i contesti storici importanti simile, nello spirito, al rapporto sulle economie nazionali che realizza la Banca Mondiale. 9) Teorie economiche: quali impatti l’applicazione delle teorie economiche in voga esercitano sui contesti storici? Sembra, in realtà, che l’applicazione dei principi di redditività finanziaria, la liberalizzazione dei mercati e la ritrazione delle azione dirette di governo, abbiano ridotto ancor più la percezione, di per se stessa tradizionalmente abbastanza stretta, dell’importanza del patrimonio da parte dei governi e degli investitori. L’analisi classica dei rientri finanziari sul capitale investito, in epoche di speculazione e scarsa disponibilità di risorse, determina una sorta di concorrenza sleale a vantaggio di una ricerca di profitti nelle borse valori o utilizzando nuovi e sofisticati strumenti finanziari. Una comprensione chiara, essenziale ma sensata delle variabili economiche implicite nei contesti storici potrà permettere, forse, di elaborare un modello urbano del patrimonio storico con cui valutare gli impatti delle differenti mode teoriche e pratiche dell’economia. Debbono quindi essere colte, studiate e indicate le relazioni tra posizioni economiche e mercato immobiliare; tra neoliberismo e non costruzione; tra speculazioni finanziarie e sviluppo urbano; tra risparmio “interno” versus risparmio finanziario; ecc.. 10) Mercati immobiliari: condizione importante del nostro lavoro è individuare le zone di pressione di crescita e trasformazione; documentare gli usi del suolo più ricercati; monitorare e misurare i progetti di investimento immobiliare; registrare, tramite lo studio dei permessi di costruzione, i principali agenti immobiliari. E, ancora, conoscere e confrontare i sistemi immobiliari, le tendenze del mercato e dell’industria dell’edilizia. 11) Redditività economica: è apparentemente paradossale constatare come, in periodi di crisi economica, la riduzione della pressione dello sviluppo protegga involontariamente il patrimonio storico costruito, mentre, in tempi di abbondanza e crescita, lo si distrugge coscientemente per sostituirlo con nuove e più “attraenti” costruzioni. Ma deve emergere, con enfasi e ripetutamente, che è più economico recuperare che fare un’opera nuova; che saranno sempre più alti i costi del rinnovamento integrale o della sostituzione; che la pressione a sostituire proviene da una domanda di maggior densità dello spazio urbano e che esistono, tuttavia, alternative capaci di soddisfare e attuare tale domanda senza che ciò comporti la distruzione dei contesti storici. 6
  • 7. 12) Patrimonio come alternativa di sviluppo: il patrimonio culturale costituisce un’autentica alternativa di sviluppo che si può attivare e utilizzare per generare ricchezza e impiego; allo stesso tempo rappresenta, in quanto espressione di identità sociale, una delle nuove bandiere politiche di mobilitazione cittadina comuni ad ogni livello sociale. Del resto, già si maneggiano incentivi tesi a legare lo sviluppo economico alla riaffermazione culturale e all’avanzamento del capitale sociale costituito dagli “indigeni” e dai “nulla tenenti”. 13) Nuovi usi e nuove entrate: varie città europee e latino-americane hanno ormai ben colta la possibilità di ottenere entrate di valuta pregiata da turismo e cultura e in esse compaiono, in quanto includano contesti storici, nuove attività economiche. Il turismo culturale, insomma, presenta una continua crescita di profitti rispetto alla media delle attività turistiche in generale. Tuttavia l’affluenza a luoghi, la cui principale attrattiva sono l’armonia e la qualità estetica, comporta un’alterazione delle condizioni tradizionali di vita con la perdita conseguente della memoria sociale e con il rischio della stessa distruzione delle caratteristiche originarie inconfondibili che sollecitano il movimento turistico. 14) Strumenti economici per lo sfruttamento del patrimonio costruito: una istanza fondamentale dovrebbe riguardare la possibilità di conoscere se siano stati approntati ( e come, per metterli a confronto) strumenti di analisi e sintesi in funzione di investimenti economici nei contesti storici. Per esempio: procedure di valutazione di immobili storici, studi di fattibilità per interventi di recupero, ricerche tecnico- economiche, stima e valutazione finanziaria di procedimenti di recupero e intervento, metodologie e schemi per preventivi, banche dati di costi parametrici di costruzione per tipologie e per regione, coefficienti di recupero. 3. Democrazia e governo (collegamento con la Rete 3). 15) Democrazia e risorse non rinnovabili: la difesa dei valori storici come risorse non rinnovabili di proprietà comune , le rende queste ultime simili, per tale aspetto, al patrimonio ecologico. 16) Aspetti politici dei contesti storici: la difesa dei valori storici come rappresentazione di identità e come bandiera ‘politica’ non può che avere rilevanza per tutte le differenti classi sociali. 17) Democrazia e spazio fisico: i principi della democrazia sono insiti, né possono non essere attivi, nella struttura fisico-sociale della città o nell’accesso agli spazi urbani. 18) Democrazia e gestione: gli stessi principi debbono valere nell’amministrazione della città o nell’accesso alla gestione degli aspetti urbani dei contesti storici. 7
  • 8. 19) Partecipazione sociale nelle sfere privata e pubblica: le condizioni di partecipazione sociale nella protezione, amministrazione e promozione di valori che sono allo stesso tempo privati e pubblici, non debbono essere in alcun caso discriminatori. 20) Movimenti di popolazione urbana: occorre valutare con attenzione i movimenti di popolazione urbana entro i contesti storici e le trasformazioni derivate dalla occupazione di questi contesti da parte di diversi gruppi sociali; gli spostamenti e le migrazioni urbane interne dei suddetti gruppi sociali; la loro lotta eventuale per l’occupazione dei contesti in questione; la loro difesa dei ‘territori conquistati’; lo spostamento coatto o l’espulsione dei gruppi a più basso reddito. 4. Legislazione e progettazione (collegamento con la Rete 7). 21) Legislazione, autorità e giurisdizione: gli strumenti legislativi e normativi definiscono e delimitano il campo d’azione della difesa del patrimonio storico, così come fissano anche le regole del gioco per gli interventi su di esso. E’ necessario far conoscere, per confrontarle, le fonti legislative internazionali, nazionali, regionali e comunali, individuandone e indicandone le aree di effettiva competenza; le loro conseguenze, incongruenze o i vuoti che lasciano aperti; le norme parallele o complementari; le istituzioni incaricate della loro applicazione; la loro interrelazione con gli altri strumenti normativi coinvolgenti l’amministrazione complessiva della realtà urbana. 22) Regolamenti, norme e strumenti di progettazione urbana: allo stesso modo, è altamente raccomandabile uno sforzo di compilare, valutare e diffondere le ordinanze e le modalità di progettazione, promozione e controllo, di possesso della terra, di uso del suolo, di licenze di costruzione; i sistemi di vigilanza della costruzione; i “criteri di tutela” ai quali debbono sottostare gli attori sociali che gestiscono il patrimonio costruito. 23) nuovi strumenti: converrebbe studiare la possibilità di elaborare e proporre inediti strumenti finanziari, fiscali, di promozione sociali: o, in altri termini, esplorare la possibilità di costruire meccanismi alternativi in grado di modificare gli investimenti immobiliari tradizionali. 5. Trasporto e accessibilità (collegamento con la rete 8) 24) Viabilità: i contesti storici, per la cronologia della loro costruzione o composizione, sono caratterizzati da trame non pensate per la circolazione delle automobili e dei bus. Come vi entrano questi veicoli? Fino a dove ne è consentito il transito? Quando se ne impedisce la circolazione per mantenere o creare le zone pedonali? Uno scambio di esperienze su questa materia, non potrà che essere 8
  • 9. fruttifero e dovrebbe permettere di ricercare adeguati accorgimenti per diminuire, sotto la pressione dello sviluppo, un tale impatto negativo sulla conservazione e promozione del patrimonio culturale. 25) Posti macchina e parcheggi: dove parcheggiano le auto private? Nel caso in cui esistano, come sono integrati funzionalmente e visivamente i parcheggi nei contesti storici? In quale rapporto e attraverso quali collegamenti viari, entro la traccia storica, si collocano i parcheggi? Qual è la loro ubicazione e volumetria? Come è sfruttata la loro potenzialità di generare entrate utilizzabili in funzione della conservazione del patrimonio? Una volta di più, si tratta di un problema la cui soluzione potrebbe costituire un modello ‘esportabile’ e applicabile sul piano generalizzato. 6. Sicurezza cittadina (collegamento con la rete 1) a) Deterioramento fisico e deterioramento sociale: non si sottolineerà mai abbastanza come il deterioramento fisico dei contesti storici si accompagni, molto spesso se non quasi sempre, ad un deterioramento sociale percepibile soprattutto nell’aumento della criminalità e nella perdita della sicurezza. Ed è, questo, un circolo vizioso che rende ancora più difficili le azioni di recupero, non solo del tessuto sociale ma anche dei contesti urbani con il loro patrimonio storico. Di tale circolo vizioso sarebbe opportuno, pertanto, conoscere e valutare le variabili entità e conseguenze (si veda il documento elaborato dal Municipio di Santiago del Cile in preparazione del primo Seminario Internazionale “Rete 1”, 10-11 novembre 1997, diffuso via internet il 3 marzo 1998). Individuate, così, le intersezioni tra la Rete 2 e altre Reti del Programma URB-AL (dalla consapevolezza delle quali non possono prescindere l’individuazione e la definizione di progetti comuni ) è dato, sempre nella prospettiva dei progetti comuni e in coerenza con la metodologia privilegiata e tesa ad impostare il Documento di Base nei termini di un Diagramma Concettuale, elencare gli aspetti, più immediatamente riducibili al campo specifico, tematico e tecnico, della Rete 2 : la conservazione, cioè, in termini materiali, dei contesti storici. Si tratta di una sequenza di momenti imprescindibili e connessi che si elencano qui di seguito nei modi di quesiti su cui gli aderenti alla Rete 2 dovranno riflettere e ai quali dovranno fornire risposte, sia pure essenziali, beninteso in rapporto alla realtà particolare del contesto urbano che ciascuno di essi rappresenterà al Seminario. 26) Localizzazione. Posto che i contesti storici urbani sono localizzati generalmente nei migliori spazi della città e in situazioni privilegiate derivate dall’antichità delle loro occupazioni: l’ubicazione del centro storico quali problemi 9
  • 10. urbani genera, causati dalla congestione, per quel che concerne l’accesso viario nell’infrastruttura più antica? Per altro riguardo, il centro storico dispone di una dotazione più completa di servizi ? 27) Struttura urbana. Quali sono le relazioni funzionali e formali tra la città e il suo Hinterland (Provinciale e Regionale)? Ne è già stata colta e definita una visione complessiva e articolata in vista dello sviluppo e della trasformazione della città nel tempo? Quanto al rapporto tra spazio pubblico e spazio privato, ne sono stati identificati gli aspetti morfologici e strutturali? E’ lo spazio pubblico, alla fin dei conti, la componente principale del contesto storico? 28) Lottizzazione e proprietà fondiaria. E’ stato effettuato, è in corso, è stato programmato, ovvero il problema ancora non è stato posto, uno studio dettagliato della struttura catastale e delle forme di proprietà così da fornire una base per comprendere i contesti storici come un tutto morfologico e non come una scenografia di facciate? E’, infatti, evidente che solo quando siano state definite le linee per la costruzione di una simile banca dati si potranno condurre studi comparativi e si potrà sfruttare questo tipo di informazioni per la costituzione di nuovi sistemi catastali organici e di informazione geografica (GIS: Geographic Information Service) che generano altresì introiti locali. 29) Usi del suolo: densità e intensità. E’ stata realizzata, e/o sono stati documentati, progettati e valutati gli usi del suolo, le densità di occupazione che la comunità realizza nella struttura urbana e nella morfologia catastale e immobiliare? La conservazione dei contesti storici richiede, in effetti, un importante livello di dettaglio, attento ai singoli monumenti ma anche al tessuto sociale ‘costruito’, così che costituirebbe la informazione geografica (GIS) sopramenzionata come rappresentazione di tale tessuto e ne favorirebbe standardizzazione . 30) Viabilità e trasporto. Il contesto storico costituisce il centro delle reti viarie e di trasporto? 31) Infrastrutture ed impianti. Esiste un sistema efficiente di reti di infrastruttura urbana? Una porzione importante dei servizi urbani si concentra nei contesti storici? Si tratta, da questo punto di vista di zone servite e senza carenze? 32) Tipologie spaziali e strutturali. Sono state effettuate e programmate e - in caso affermativo - come , indagini sul rapporto tra partiture architettoniche e impianti strutturali degli episodi edilizi dei contesti storici? Il restauro dell’impianto strutturale originario è stato concepito come recupero dell’ordine spaziale in cui è stato costruito l’edificio storico? Sono avvenuti progressi nelle teorie e nella normativa strutturale? Sono stati individuati, nelle zone a rischio, nuovi coefficienti di disegno antisismico e nuove modalità tali da garantire stabilità e sicurezza? E’ evidente, infatti, che i progressi nella conoscenza strutturale 10
  • 11. possono avere un impatto sugli edifici storici, negativo a posteriori per la loro stessa permanenza nel tempo, quando si impongano condizioni addizionali estranee alla loro concezione originaria. 33) Procedimenti di costruzione. Sono state identificate e analizzate le tipologie costruttive e dei materiali? Sono stati salvaguardati, o restano comunque recuperabili, la produzione tradizionale e il mantenimento di mestieri e modi di lavoro? Sono previsti sussidi per la loro sopravvivenza e possibile esportazione? Esistono scuole laboratorio, nuovi modi di abilitazione professionale delle risorse umane, formazione di corporazioni? E, ancora. Esistono, o se ne sollecita la creazione, nuove ditte per la produzione di materiali scomparsi dal mercato? E’ stata effettuata una diagnosi, o se ne prevede l’effettuazione e con quali criteri, delle patologie degli edifici storici e tradizionali? Si è provveduto alla descrizione e classificazione dei problemi più tipici con l’aiuto di tali diagnosi? Per ciò che concerne le nuove tecnologie e i nuovi materiali, quali risposte sono state fornite al problema di integrare agli edifici storici installazioni elettromeccaniche e sanitarie obbedienti alle esigenze attuali nonché al problema di integrare in essi nuovi materiali e processi costruttivi? 34) Tecniche di conservazione. A quali principi e concetti teorici del restauro si è fatto ricorso, anche tenendo conto che la normatività concreta si presenta deficiente, restrittiva e non esplicita, e crea pertanto la difficoltà di recuperare, con conseguente aggravio dei costi? Se sono state adottate nuove tecnologie di restauro, è stata considerata la possibile incognita del loro comportamento nel tempo? In rapporto alle teorie di restauro eventualmente adottate, ne è stato considerato l’impatto sulle attività professionali? Nella scelta dei materiali, si sono privilegiati requisiti di qualità e si sono utilizzati scambi di esperienze? 35) Progetto e nuovi interventi. Piuttosto che quesiti, a quest’ultimo riguardo, conviene elencare una serie di raccomandazioni, che, comunque, possono essere assunte anche come domande: una risposta alle quali sarebbe di grande utilità orientativa. Posto che restano inseparabili memoria e progetto, contesto ed intervento, limiti e libertà, principi inalienabili della conservazione consistono in: 36) validità espressiva e compositiva negli interventi di riuso; 37) valutazione critica del recupero che includa variazioni nell’organizzazione originaria della distribuzione degli spazi; 38) coscienza del recupero futuro del nuovo e della ‘attualità’ del recupero dell’esistente alle basi di ogni metodologia di intervento progettuale e sistematico per il contesto urbano storico; 11
  • 12. 39) rilevamento diagnostico; rappresentazioni grafiche convenzionali ; norme e tipi omogenei per disegni e rilevamenti; 40) classificazione tipologica degli interventi: manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento per la conservazione, restaurazione edilizia; 41) definizione di Master Format specifiche criteri di sistemazione delle componenti edili, organizzazione di banche dati. PARTE SECONDA ESPERIENZE IN EUROPA E IN AMERICA LATINA Uno schieramento circostanziato dei dati di documentazione sulle esperienze più importanti compiute in Europa e in America Latina per la conservazione dei contesti storici urbani, significherebbe un inerte elenco compilativo di operazioni ben note e documentate da una bibliografia il cui dossier, quanto più possibile completo e però ben articolato, il coordinamento della Rete 2 si propone di allestire e informatizzare presso la Provincia di Vicenza. Basti, frattanto, pensare alla mole di incontri, dibattiti, convegni, seminari, che, soltanto nel 1997 e sotto l’egida dell’UNESCO-ICOMOS, si sono svolti nelle due aeree che ci interessano. A titolo esemplificativo basterà ricordare l’atelier internazionale di Vienna (14/19 ottobre) su “Gli interventi moderni sulle costruzioni storiche; al colloquio di Mons (16/18 ottobre) su “Le strutture negli edifici patrimoniali europei”, preparatorio del convegno internazionale sul façadisme che si terrà a Parigi dal 2 al 4 dicembre di quest’anno; all’incontro di Oslo nel gennaio di quest’anno sulle problematiche della “ricostruzione autentica” degli edifici storici e ai lavori preliminari alla conferenza, prevista a Stoccolma dal 14/15 settembre di questo anno, su “Città storiche un patrimonio per il futuro”. E ancora si ricordi la notevole attività argentina, attraverso conferenze , seminari e giornate di studio sui temi “Politiche culturali e patrimonio della città”, su “La giurisprudenza e il patrimonio culturale “ (Buenos Aires-Rosario, giugno/novembre 1997) ovvero brasiliana con il seminario “Le vie delle conservazione. Differenti usi del patrimonio”; l’iniziativa concordata tra l’Università Centrale dell’Ecuador e l’Università di Valladolid su “Città civilizzate: organizzazione di una città durevole”; il progetto interuniversitario di ricerca e di studio “Quiroga” nell’ambito del Programma Alfa della Comunità Europea , coinvolgente le università di Granada, di Coimbra, di Cà Foscari di Venezia, Javeriana di Bogotà, Autonoma di Messico. Nella prospettiva dell’organizzazione del Seminario del 15-16 maggio 1998, si ritiene più utile, al fine della identificazione dei sottotemi per 12
  • 13. l’assemblaggio di progetti comuni, estrapolare dal coacervo delle esperienze avvenute e registrate, soprattutto nodi problematici e caratterizzanti, così da consentire agli aderenti l’identificazione dei lineamenti di convergenze possibili e autenticamente operative. EUROPA Su piano generale le esperienze compiute sottendono il peso determinante dei propositi, accolti dalla “Carta di Atene”, di Gustavo Giovannoni che, sin dal 1931, insisteva sull’opportunità di “estendere a zone intere i principi nuovi della definizione e del valore dei monumenti”. In effetti, egli proponeva di “applicare ad insiemi di costruzioni le misure conservatrici che potrebbero essere rivolte all’opera isolata, creando pertanto le condizioni dell’estensione all’ambiente dei criteri di conservazione già riservate ai monumenti importanti”. Da allora, è possibile constatare che un vasto dibattito di analisi, di riflessioni, di propositi, ha animato gli specialisti e i responsabili della gestione degli spazi urbani, per sfociare in una teorizzazione, ormai generalmente accolta, via via tradotta in diverse “carte” tra le quali resta punto di riferimento la “Carta di Venezia”. Ne conseguiva, per la maggior parte dei Paesi dell’Europa, l’elaborazione di testi legislativi a carattere eminentemente conservativo, che sono stati verificati da processi di applicazione molto elaborati, sia sul piano della gestione che del controllo. Fa sicuramente piacere poter constatare che la maggior parte delle città, che possiedono un centro antico e insomma un patrimonio monumentale di rilevanza storica, da una parte hanno sentito la preoccupazione di proteggerlo, e dall’altra hanno conosciuto una somma di interventi i quali hanno permesso di assicurarne una buona conservazione, come pure di conseguire una valorizzazione delle architetture che lo costituiscono. Purtuttavia, è inevitabile prendere atto di un certo persistere di processi logoranti le città, di un malessere creato dall’incoerenza fra la proposta estetica del restauro e la effettiva riutilizzazione del contesto recuperato da parte della popolazione residente. “Siamo al cospetto, in parecchi casi, di una certa ipocrisia che, nel rispetto di una volontà affermata di preservazione , la traduce paradossalmente in azioni di sconvolgimento sociale, attraverso una serie di modifiche che comportano la progressiva dimenticanza del dato originario”. E si tratta della espulsione, di fatto, della popolazione già residente e radicata nel contesto storico da quest’ultimo con la riduzione di esso a funzioni di uso terziario ; ovvero, della liquidazione di attività tradizionali di tipo artigianale in senso lato (le quali, esse stesse , pur costituiscono patrimonio storico e culturale oltre che nodi di connettivo sociale) per sostituirle con servizi riservati ad un uso turistico, sempre più massiccio e oppressivo del contesto recuperato. In effetti, una attenta analisi consente di ammettere che è stato possibile evitare la scomparsa dei centri storici (ovviamente, quelli risparmiati dai disastri e dalle cancellazioni spettanti alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale: ciò che ha aperto e mantiene domande problematiche che qui non ci pertengono), ma, dopo le fasi di teorizzazione ed una buona e notevole azione sperimentale, dobbiamo ammettere che occorre riagganciare 13
  • 14. l’attività di conservazione dei contesti urbani storici attraverso il pieno coinvolgimento di chi vi abita, non tanto per ciò che concerne gli aspetti patrimoniali ed estetici che si presentano e si rendono apprezzabili per la loro stessa evidenza, ma per ciò che riguarda la partecipazione delle comunità nella difesa attiva, come presenza concreta e coinvolta, del loro bene culturale, pur utilizzandolo direttamente e confortevolmente, sebbene nel rispetto che gli si deve. Se l’oggetto ‘monumento’, per il fatto che costituisce il risultato dell’arte, può essere gestito solamente dagli specialisti, lo spazio contestuale e patrimoniale- in altri termini, i contesti storici urbani- è frutto di una cultura che deve e può essere partecipata collettivamente e che non deve essere riserva di caccia privilegiata o sterilizzata dalla mera protezione degli specialisti, per venire poi consegnata a usi terziari o di rappresentanza e alla pressione devastante di operazioni speculative o dei flussi turistici incontrollati, con tutto ciò che ne deriva anche sul piano della mobilità (circolazione dei veicoli di qualsiasi tipo; parcheggi; ecc.). Con un ulteriore problema , sebbene di altro livello, e che consiste nella formulazione eventuale di provvedimenti e azioni di finanziamento del recupero degli edifici storici di proprietà privata, provvedimenti e azioni i quali, troppo spesso, appaiano variabili, incerti, lacunosi o, addirittura, contraddittori. E’ qui l’aspetto nuovo del compito della Rete 2 di URB-AL e, dunque, già del Seminario del 15/16 maggio 1998, il quale dovrebbe permettere di censire esperienze, per porre in atto metodi di conservazione più ampi ed efficaci in Europa e per fissare punti di riferimento per l’America Latina. Dalle sperimentazioni europee che sono state analizzate, si delineano tre sottotemi principali: 42) la nozione di conservazione, appare necessaria per contrastare e controbilanciare la legge inesorabile della alterazione cui sottostanno i contesti storici e gli episodi che li compongono. E si tratta dell’usura del tempo, di incursioni del “gusto” delle epoche che si succedono, dell’instabilità dei suoli, di devastazioni belliche, di imprevedibili incidenti o , semplicemente, della alterabilità dei materiali. 43) la manutenzione dell’opera architettonica , che è un bene culturale che deve essere tramandato in obbedienza a regole e metodi di intervento obbedienti alla nozione dell’autenticità, ma senza trascurare le conseguenze, i contenuti e i riscontri sociali della riabilitazione. 44) Una integrazione completa: quello delle nuove costruzioni e degli abitanti, sembra essere l’apporto concettuale di oggi, così da consentire le funzioni nuove della città in un rapporto armonioso tra la vita sociale e i valori culturali del contesto storico urbano. Il problema della conservazione ha dovuto, e deve, dunque, confrontarsi con fattori che trascendono quelli più elementari ed evidenti dell’usura quali sopra abbiamo individuato, e spettano più precisamente e immediatamente all’attualità del nostro 14
  • 15. presente: l’inquinamento atmosferico o sonoro, l’invasione delle folle turistiche e la presenza di una mobilità inflazionata nuocciono alle città e rappresentano, oggi, gli agenti di degradazione più ostili e rilevanti. Per quanto riguarda l’automobile, numerose città riducono il suo uso ed arrivano persino a vietarlo come è accaduto a Napoli, Perugia, Toledo, mentre a Bologna si è svolto addirittura un primo referendum sulla restrizione della circolazione delle autovetture private nel centro. Altre città regolano la gestione dei veicoli privati grazie a parcheggi esterni al contesto storico come Evora, Orvieto e Spoleto. Si tratta di esperienze o esperimenti che meritano attenzione. In effetti, il nodo della questione consiste nella necessità di svincolare dalla presenza delle autovetture i ‘luoghi eccezionali’, tenendo conto che ciò, nel momento in cui cautela la conservazione del patrimonio storico, migliora la qualità della vita sia dei cittadini residenti nei contesti storici sia dei visitatori. In Europa, come si è visto, sono stati effettuati tentativi apprezzabili, mentre è allo studio una metodologia omogenea e generalizzabile consistente nelle seguenti fasi di impegno: studio di mobilità; programma di rieducazione del traffico o di interdizione; sistema informatizzato di gestione; trasporto misto pubblico e privato (minibus per le vie strette, parcheggi integrati, funicolari, ecc.); società di trasporto e gestione dell’insieme del traffico. Altro problema individuato e - in certi casi - concretamente affrontato in Europa (e si vedono gli “atti” del Simposio di Strasburgo del giugno 1991) riguarda la manutenzione dell’esistente conservato attraverso la qualità e la qualifica delle imprese chiamate e utilizzate a realizzarla. In altri termini, la tendenza delle politiche europee in favore della conservazione del patrimonio, con l’allargamento dei campi di protezione che ne deriva e la ricerca della qualità per quanto concerne i risultati punta ad assumere l’intervento di uomini, artigiani ed imprese capaci di praticare le tecniche antiche proprie dei particolarismi culturali di ogni regione . Così, in Europa, attraverso l’identificazione sistematica della qualifica delle imprese e degli artigiani in verità molto vari e non sempre efficaci, si profila un impegno apprezzabile nello studio della fattibilità di un sistema di riconoscimento di qualifica garantito dal controllo e dall’approvazione degli organismi nazionali dei vari Paesi. Tuttavia, bisogna sempre tenere conto del divario, che si continua a constatare in varie occasioni, tra la elaborazione di progetti e di piani sicuramente illuminati e validi e la effettiva applicazione di essi; la distanza, che si continua ad avvertire, tra l’affermazione di principi e la loro concreta realizzazione; l’assenza, frequente, di volontà politica determinata e, non da ultimo, l’inquinamento etico della corruzione nei quadri politici e amministrativi (si pensi alle inevitabili ma eloquenti azioni della Magistratura, non solo in Italia, nello spirito delle “mani pulite”) Resta, per concludere questa prima parte sintetica sullo “stato della questione” in ambito europeo, da segnalare la vasta produzione di “piani regolatori “ che sottendono 15
  • 16. risposta alle urgenze sopra elencate, nel momento stesso in cui configurano modalità di sviluppo sostenibile: ma che, non di rado, restano inapplicati o vengono stravolti e snaturati dal gioco perverso delle “varianti”. A puro titolo, comunque, di esemplificazione di aspetti positivi dell’impegno europeo sui contesti storici urbani - in vista di possibili punti di riferimento e di esperienza significativa per l’America Latina - potremmo ricordare, per quanto riguarda la Francia, la predisposizione di un piano si salvaguardia e di rivalutazione (PSMV), costituito sulla legge del 4 agosto 1962, che sinora ne ha visto l’applicazione in ben 80 città. Si tratta di un strumento costituito da un meccanismo che connette l’inventario patrimoniale, urbano, sociale, economico ed architettonico a procedimenti di delimitazione dei settori e a una ‘lettura’ estremamente sofisticata dei valori urbani ed architettonici in funzione del riconoscimento delle parti ‘malate’ per ritrovare e discernere i trattamenti più adeguati. Se il caso di Bayonne è, da questo punto di vista, particolarmente significativo anche per quel che riguarda le modalità di identificazione delle fonti di finanziamento (defiscalizzazione e sovvenzione ai proprietari degli immobili con il concorso congiunto di Comune, Regione, Stato), altre sperimentazioni francesi meritano menzione per iniziative che, alla loro volta, rispondono ad alcune esigenze fondamentali avanzate in questo Documento di Base. Potremmo menzionare, a Bordeaux, il recupero dei lastricati viari del XVII° secolo, occultati dal bitume nel 1968, attraverso la coniugazione di un rigoroso studio storico dei lavori seicenteschi con uno studio geologico rivolto al ritrovamento dei giacimenti originari delle pietre e con uno studio di mercato destinato a imprenditori e proprietari di cave. Inoltre, è da segnalare lo sforzo, spettante a Marsiglia, di vitalizzare il patrimonio culturale del centro storico, dopo il suo recupero materiale, anche sollecitando il ritorno di attività economiche tradizionale e promuovendo azioni sociali capaci di favorire il ritorno degli abitanti che il contesto storico avevano abbandonato. In Svizzera, appare molto significativo il confronto stabilito tra ‘antichi’ e ‘moderni’ attraverso un dialogo e, quindi, una collaborazione congiunta tra i conservatori e gli architetti. A Basilea, grazie alla creazione di un clima culturale favorevole, possiamo constatare, in tal modo, la pertinenza delle inserzioni di architetture moderne di qualità nel contesto urbano antico. In Portogallo, particolarmente interessante appare la tensione, a Lisbona, a curare l’insalubrità delle costruzioni antiche per restituirle più confortevoli a chi le abitava, ma rinunziando all’ambizione di un piano globale e procedendo per operazioni pilota di quartiere. In Spagna, scontato il valore esemplare dei ‘casi’ di Barcellona e Siviglia, conviene segnalare come l’approccio integrato, per la protezione del suo patrimonio urbano, condotto dalla città di Toledo, appartenente al patrimonio dell’Umanità (dove l’insieme delle misure è stato oggetto di una vasta procedura di consultazioni con gli abitanti, sulla base di un inventario del patrimonio, di una diagnosi ed elenco dei rischi di ogni genere, su una normativa di sicurezza, su uno studio della mobilità pedonale, su un piano di 16
  • 17. investimenti) si sia tradotto in un eccellente progetto di rivitalizzazione del quale si attende, ora, una compiuta realizzazione la quale smentisca ogni inquietudine intorno al rischio di quella distanza tra qualità del progetto ed efficienza operativa che, dianzi, si è denunciata. In Belgio, sono forse i contesti storici urbani della Vallonia che hanno conosciuto operazioni conservative particolarmente interessanti, soprattutto grazie alla rifunzionalizzazione di strutture edilizie vecchie o antiche e grazie ad una strategia urbana basata sulla consapevolezza della presenza dell’uomo e sulla affermazione del valore pedagogico del patrimonio culturale. Si tratta della cosiddetta ‘urbanitetctura’, la quale si oppone alle ragioni del funzionalismo primario e alle tendenze a riconoscere nella eredità del passato un bene meramente produttivo (Liegi, Namur e, specialmente, Mons). Anche in Olanda (e si consideri il caso emblematico di Niemegue), appare vivace l’attenzione ad accordare, armoniosamente e sul piano della qualità, le nuove costruzioni alla presenza inalienabile dei contesti storici sulla base di una griglia di 14 criteri volta a garantire l’obiettività del giudizio intorno alla concessione di licenze costruttive. In Grecia, il peso della turistizzazione dei centri storici e dei contesti monumentali, ha pesato e pesa molto gravemente sui processi del recupero così determinando esiti che negano troppo spesso una autentica rivitalizzazione, estraniandone, in buona misura, la componente sociale costituita dalla popolazione residente (Atene; Iraklion; ecc.). In Italia, infine, ad esperienze tuttaffatto esemplari (valgano, per tutte, quelle di Bologna e di Siena - ma anche Vicenza - dove risultano corretti ed efficaci il recupero e la rivitalizzazione sociale dei centri e dei contesti storici, non meno che l’applicazione rigorosa di piani regolatori di sviluppo), sono da contrapporre situazioni, riconoscibili soprattutto nei grandi e minori Comuni del Sud, dove si presentano anomalie scatenanti problemi i quali riproducono sconnessioni tipiche, e che indicheremo più avanti, di gran parte delle città dell’America Latina (Napoli, con lo scollamento tra centro storico e crescita caotica e a macchia d’olio di periferie carenti spesso dei più elementari servizi; Bari, con il degrado criminale del centro storico; Palermo, che assomma, aggravate da lacune o settorialità di conservazione, le deficienza delle due precedenti città). Il caso di Venezia è del tutto particolare e, proprio per questo, merita qualche attenta riflessione, giacché, tra l’altro vi sorprendiamo vistosamente negati i principi che si sono enunciati nella prima parte di questo Documento di Base. E’ sul singolo monumento, infatti, che, anche grazie a cospicui interventi finanziari di Istituzioni straniere, si concentra lo sforzo della conservazione e del restauro, mentre il contesto storico in cui quel monumento si colloca - ed è contesto non costituito solo dal centro insulare veneziano propriamente detto o inteso, ma dalla totalità del sistema ecologico e culturale lagunare - è lasciato al degrado, se non alla rovina, con la emorragia progressiva e drammatica della popolazione residente (123.000 unità nel 1966; 72.000, 17
  • 18. nel 1996), con la inevitabile scomparsa di attività artigianali tradizionali non competitive rispetto al turismo. Ed è proprio quest’ultimo che determina la subordinazione sempre più pressante, capillare e caotica del mal inteso centro storico alle sue ragioni. Si noti che siamo al cospetto di un movimento turistico di massa che non ha confronto in alcuna città del mondo (11 milioni di unità nel 1997), ed è turismo tanto più insistente quanto più “banale” e “banalizzante”, sicché, come è stato ben annotato, “quando (le sue ondate) si ritirano, lasciano detriti, ma anche molta ricchezza diffusa, assorbita e goduta individualmente”: non, quindi socialmente; né valutabile in termini di corretta “economia dei beni culturali” giacché, come ben denuncia Isabella Scaramuzzi, manca qualsiasi bilancio trasparente ed esaustivo che sondi la relazione, fondante e fondamentale, dell’ospitalità con il patrimonio edilizio, storico, insediativo, artistico e culturale” del sistema urbano Venezia. In ultima analisi, allora, ignoriamo la quantità, di sicuro prevalente se non addirittura esclusiva, del profitto che perviene a pochi in seguito agli interventi conservativi e restaurativi e/o in seguito allo spreco di un patrimonio che dovrebbe costituire il “bene” di un generalizzato vantaggio sociale. Nel frattempo, Venezia diventa sempre “più povera in termini di articolazione di funzioni e di attività; di dinamiche sociali ed economiche; di significati e di spessore culturale”. A ben guardare, allora e tutto ciò considerato, Venezia, città unica e singolare ma - per definizione e per eccellenza - “contesto storico urbano”, costituisce una sorta di paradigma, di modello esemplare, di “laboratorio”, dei problemi di una efficace “conservazione attiva”, sia per la macroscopica evidenza che essi vi assumono, sia, anche e però, per ciò che concerne l’enorme produzione di analisi, di proposte, di progetti, pure sul piano legislativo, nella prospettiva di azioni concrete purtroppo quasi sempre rimaste sospese. AMERICA LATINA Nelle regioni e città europee - ancora - si è diffusa, o si va diffondendo, una sensibilità, che ha trovato, o vien trovando, strumenti operativi e attuazioni concrete, per “gli standard urbani”, per una liberazione di spazi nelle città industriali tradizionali, per un uso correlato dei vari punti urbani in piccola scala e a distanza, per un ordine delle rete di comunicazione fisica e non fisica tra i centri urbani, per un uso maggiore del suolo a causa della dispersione della produzione e di una selezione di densità basse risultante da modelli abitativi non centralizzati, per l’importanza conferita ai microambienti, per il recupero e la salvaguardia delle caratteristiche intangibili dei centri urbani visti come risorse ed elementi di qualità sociale e di crescita umana ma anche come simboli. Sembra di constatare, per codesti riguardi, anche se talora piuttosto sul piano progettuale o intenzionale che della realizzazione effettiva, una tendenza al transito dalla cultura dell’espansione alla cultura della trasformazione urbana. 18
  • 19. Viceversa, in America Latina, le città - in generale - si possono considerare ‘recenti’, anche quelle con importante origine storica, giacché la loro matrice consiste nella sovrapposizione culturale di una città di nuova fondazione sulle città delle culture indigene, o al nuovo popolamento di territori vergini ( anche Brasilia o Curitiba, ad esempio, si asseriscono come contesto storico): oltre al fatto che, d’altro canto, la loro crescita tumultuosamente espansiva (e si tratta di un fattore assolutamente tipico e connotante) è quasi sempre posteriore alla fine della seconda guerra mondiale. Le caratterizzano, pertanto, severe diseguaglianze spaziali nella distribuzione della ricchezza e nello sviluppo socio- economico. In esse, esistono enorme disparità - di amplificazione rurale ed urbana, interregionale ed interurbana - ai livelli del reddito personale, delle opportunità di educazione e di impiego, della deficienza dei servizi urbani, che ha continuato ad aumentare anche nelle fasi di crescita economica. L’altissima disparità di possibilità di reddito tra campagna e città ha provocato, come agente tuttaffatto preponderante, l’abbandono delle zone rurali e le enormi migrazioni verso i centri urbani con quella conseguente crescita smisurata che si è denunciata. La percezione originale del ruolo creativo, innovatore e modernizzatore delle grandi città nello sviluppo nazionale - come era accaduto, al momento debito, con la politica che dava priorità alla crescita di Città del Messico - si intende adesso, in termini di relazione essenzialmente sfruttatrice dell’Hinterland che si presenta inoperante per raggiungere i traguardi di uno sviluppo generale. In termini spaziali, le risorse si concentrano su un numero ridotto di grandi città a spese di centri minori e delle aree rurali. Come risposta a questa forte tendenza di concentrazione, le città dell’America latina continuano ad espandersi, ed è realistico pensare che continueranno ad espandersi ancora per molto tempo. In esse, poi, si polarizza sempre più la differenza tra centro e periferia, con i problemi che una simile situazione genera: spostamento delle classi più agiate dal centro in cui sono accumulati i contesti storici (o distruzione di questi per sostituirvi strutture edilizie di “modernizzazione” funzionario terziatrio: Retiro a Buenos Aires; Cordoba; ecc.), degrado urbano, rovinoso deterioramento fisico (i quartieri retrostanti al Malecon a La Havana; centro storico di Quito; “El Cartuctho”, piuttosto che la Candelaria la quale manifesta qualche ripresa, a Bogotà; la “Ciudadela” e l’area portuale e ferroviaria a Montevideo: dove però, è in atto un energico, e intelligente e impeccabile sforzo di recupero; ecc.) e problemi economici per l’appunto nel centro; crescita incontrollata a esponente geometrico e in modi di “tugurizaciòn” delle abitazioni (Lima, Quito, Rio de Janeiro, Sao Paulo), ai bordi della città e in campagna, incremento dei costi di dotazione di infrastrutture, congestione dei servizi esistenti. Tuttavia, i costi di crescita nella periferia sono sempre maggiori dei costi di addensamento nei centri urbani, e questa è una ragione sostanziale che dovrebbe giustificare economicamente la difesa dei centri storici nel momento in cui vi si generano pressioni di sviluppo che interessano direttamente la loro permanenza 19
  • 20. garantendo in tal modo la conservazione e la perpetuazione possibili del loro valore culturale. E’ chiaro, però , che l’azione politica per spostare gli investimenti da aree che gli investitori ritengono ‘attraenti’, postula una analisi economica e una progettazione sofisticata, nonchè la capacità di una considerevole coordinazione amministrativa e un grado di appoggio politico che molti governi trovano difficile da raggiungere. Si tratta di un punto fondamentale visto che abbiamo considerato che esistono in America Latina professionalità in grado di dirigere correttamente e autonomamente la conservazione e il recupero dei contesti storici e soprattutto di progettare la rivitalizzazione degli stessi nella prospettiva di una loro rendita sociale. In alcuni casi, tanto in Europa come in America Latina, si avverte precaria e difficile una prospettiva di recupero se si fa caso al disinteresse degli organi politici amministrativi di governo proiettati a realizzare, nelle forme più radicali, un imperterrito implacabile programma neo liberistico. Vi sono altri indizi di connotazione peculiare della condizione urbana in America Latina. Ne indichiamo, qui di seguito, alcuni particolarmente vistosi. Anzitutto, la perdita della ecologia e del paesaggio urbano nei contesti storici, quando essi, come si è visto non siano addirittura spazzati via e, magari salvando un singolo monumento che vien reso a tali condizioni “insignificante”, sostituiti da una modernizzazione edilizia intollerabile. Per esempio, la scomparsa degli alberi e della vegetazione nel cuore degli isolati della città di Antigua, Guatemala, come risultato della ostinazione a mantenere alterate le facciate senza controllo della costruzione interna, in un contesto di forte pressione economica motivata dall’incremento conferito allo sviluppo di nuove abitazioni fruibili dal turismo portatore di valuta pregiata. Vale la pena, al riguardo, riflettere sui casi esemplari rappresentati dal “recupero” di Cartagena de Indias e, sovrattutto, del “Pelurinho” di Salvador de Bahia. Poi, il dato di fatto per cui in alcune città latino-americane, con le crisi economiche dei due decenni scorsi, si è incrementata la perdita della nozione di spazio pubblico: in tal modo, con il pretesto della sicurezza contro il crimine, le classi agiate hanno ‘barricato’ i loro quartieri, limitato l’accesso e interrotto il libero transito dei cittadini, nel momento in cui un intento distorto di generare impieghi ha finito per difendere l’occupazione anche illegale di piazze e di strade favorendo un commercio informale ed ambulante ed abusivo, oltre che paurosi disordini di circolazione e mobilità. Dobbiamo, tuttavia, prendere atto positivamente che, per se stesso, l’accesso individuale e di massa ai contesti storici, sia all’interno di una città sia nella collocazione regionale, potrebbe mantenerli vivi e, se correttamente organizzato e gestito, contribuire ad accendervi una vita sociale ed economica abbastanza sana: lo studio di questo fenomeno dovrebbe, dunque, aiutare a trovare in esso alcune delle condizioni per conservarli e promuoverli. A titolo di esempio eloquente di una tale situazione, vale il caso di La Habana (su cui pesa, peraltro, il drammatico problema sopra accennato). Un 20
  • 21. circuito di due autobus in percorso permanente dal Castillo de la Real Fuerza e San Salvador de la Punta alle fortezze del Morro e della Cabana, integrato da una traversata in lancia alla bocca della baia, incrementa notevolmente la percezione ‘di vicinanza’ del luogo e l’affluenza di visitatori. Vi è un altro dato sul quale è opportuno riflettere e che riguarda iniziative assunte in alcuni Paesi dell’America Latina, le quali possono incontrare situazioni europee anche e soprattutto in vista di progetti comuni. Per esempio, il “sistema di trasferimento di potenziale di sviluppo” predisposto dal Centro Storico di Città del Messico, il quale sfrutta commercialmente la bassa densità di uso del suolo del contesto storico, grazie al permesso concesso ai proprietari di vendere, mediante una borsa amministrata dal Governo locale, i possibili appartamenti o lo spazio non costruito che si trova attorno al monumento e che costituirebbe il motivo di maggiore tentazione per la sua demolizione e sfruttamento immobiliare. Accade, così, che quest’area virtuale, non sfruttata direttamente dal monumento e denominata “potenziale di sviluppo”, possa essere acquistata da un promotore che desideri costruire, in un’altra parte della città e a condizioni di densità maggiore di quella segnata dal piano di sviluppo nella zona di presenza del monumento. Così operando, la pressione per un ulteriore sviluppo urbano viene a coincidere con la difesa dei contesti storici e si generano, senza costo, vantaggi economici per i due proprietari: quello che vende e quello che compra. Vale la pena, infine, annotare, in vista del reperimento di risorse a sostegno di iniziative latino-americane per la conservazione dei contesti storici - risorse che amplino le disponibilità messe a disposizione dall’Unione Europea nel quadro del Programma URB-AL - che potrebbe essere quanto mai positivo (come si è annotato e insistito più indietro) procedere alla identificazione di gruppi di “attori” rilevanti attraverso una riunione di rappresentanti delle Istituzioni interessate alla difesa e alla preservazione del patrimonio culturale, per uno scambio di informazioni su progetti di largo respiro. Si pensi solo, all’accordo concluso dal Getty Conservation Institute di Los Angeles con i Paesi di Messico, Guatemala, Belize, El Salvador e Honduras, con il direttore esecutivo del Programma Mundo Maya (una Agenzia intergovernativa di promozione turistica) e con l’UNESCO. Prof. Lionello Puppi Arch. Jean Pierre Errath Prof. Arch. Alfonso Govela 21