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Sigmund Freud
“TEORIE SESSUALI DEI BAMBINI” (1908)
Giacomo B. Contri
LETTURA E COMMENTO DEL TESTO FREUDIANO
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Nota ai testi
Il testo di Freud qui riprodotto, Teorie sessuali dei bambini (1908), è tratto dal
vol. 5 dell’edizione delle Opere di S.Freud, Boringhieri, Torino 1985, pp. 447 – 465,
nella traduzione di Emilio A. Panaitescu. Si sono conservate solo le note al piede del-
la pagina di Freud, omettendo le note di edizione.
“Lettura e commento del testo di Freud Teorie sessuali dei bambini (1908)”, è la
trascrizione dell’intervento di Giacomo B. Contri nella seconda seduta del seminario
di Il lavoro Psicoanalitico 1995 – 1996 “Perché Freud ha ragione. Freudiani dopo
Lacan”. Il testo integrale di questo seminario, a cura di Glauco Genga, è disponibile
in versione .*PDF sul sito di Studim Cartello, www.studiumcartello.it, e sul sito
www.associazionesalus.it . Il testo che presentiamo è stato emendato da alcuni errori
di ortografia e ritoccato nella punteggiatura.
Confidiamo che la riproposizione della “Lettura e commento” di Contri unita
insieme al testo di Freud, al di là di un’operazione di semplice “copia-
incolla”produca, come è stato per noi, un nuovo effetto di senso rispetto a quanto
sembrava già acquisito. La lettura dei due testi riuniti riattizza lo scandalo più inve-
terato: che l’inizio è del pensiero individuale, non preceduto, non pre-determinato,
non pre-formato da alcuna Struttura; e che il soggetto imputabile della nascita del
pensiero − sotto la spinta dell’ “urgenza vitale” − è il bambino.
Lo scritto di Freud sulle Teorie sessuali infantili porta la data del dicembre
1908, la stessa del caso del piccolo Hans. Stiamo dunque per celebrare (febbraio
2005) il centenario del caso che ha rivelato al mondo che il bambino pensa: il caso
freudiano del piccolo Hans Graf.
M.M.
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Sigmund Freud
Teorie sessuali dei bambini
(1908)
Il materiale su cui la seguente esposizione si basa deriva da diver-
se fonti. Anzitutto dall'osservazione diretta di ciò che i bambini dicono
e fanno, in secondo luogo dalle comunicazioni di nevrotici adulti, i
quali durante un trattamento psicoanalitico raccontano ciò che ricor-
dano coscientemente della loro infanzia, e in terzo luogo dalle conclu-
sioni, dalle costruzioni e dai ricordi inconsci trasferiti nella coscienza
che si ottengono dalla psicoanalisi dei nevrotici.
Che la prima di queste tre fonti non abbia di per sé sola fornito
tutto quello che c'è da sapere, lo si deve all'atteggiamento adottato da-
gli adulti nei confronti della vita sessuale infantile; poiché ai bambini
non viene attribuita alcuna attività sessuale, non viene fatto alcuno
sforzo per osservarla, mentre d'altra parte le manifestazioni di tale at-
tività che meriterebbero attenzione vengono represse. La possibilità di
attingere alla fonte più genuina e più copiosa è pertanto assai limita-
ta. Ciò che si ottiene dalle comunicazioni non influenzate che adulti
fanno dei propri ricordi d'infanzia coscienti soggiace in grandissima
misura all'obiezione di poter essere contraffatto nello sguardo retro-
spettivo, e dovrà inoltre venir valutato tenendo conto del fatto che
quelli che se ne rendono garanti sono divenuti nevrotici. Quanto al
materiale che può venir attinto alla terza fonte, esso soggiace a tutte
le contestazioni che solitamente vengono accampate contro l'attendi-
bilità della psicoanalisi e la certezza delle conclusioni che ne discen-
dono; la fondatezza di un tale giudizio non può pertanto venir presa in
esame qui; mi limiterò ad assicurare che colui che conosce ed esercita
la tecnica psicoanalitica acquista piena fiducia nei risultati di questa.
Non posso rispondere della completezza dei miei risultati, ma sol-
tanto dello scrupolo che ho messo nel cercare di ottenerli.
Un problema difficile è decidere in quale misura ciò che qui viene
detto sui bambini in generale possa applicarsi a tutti i bambini, cioè a
ogni bambino singolo. Il peso dell'educazione e la diversa intensità
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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della pulsione sessuale rendono indubbiamente possibili nel com-
portamento sessuale del bambino notevoli variazioni individuali, e in-
fluiscono in particolar modo sul primo manifestarsi nel tempo
dell'interesse sessuale del bambino. Non ho quindi articolato la mia
esposizione secondo epoche successive dell'infanzia, ma ho raccolto
insieme ciò che nei diversi bambini si fa valere ora prima ora più tar-
di. Sono convinto che nessun bambino — nella misura in cui è men-
talmente normale o anche soltanto dotato di ragione — può evitare di
occuparsi dei problemi sessuali negli anni precedenti la pubertà.
Non faccio gran conto dell'obiezione che i nevrotici costituiscono
una categoria di persone a parte, caratterizzata da una predisposizio-
ne degenerativa, sicché non sarebbe consentito arguir nulla dalla loro
infanzia a proposito di quella di altri. I nevrotici sono uomini come gli
altri, non possono venir nettamente separati dai normali, e nella loro
infanzia non è sempre facile distinguerli da quelli che in seguito re-
stano sani. Uno dei risultati più validi delle nostre ricerche psicoanali-
tiche è che le loro nevrosi non hanno un contenuto psichico
particolare, tale cioè da caratterizzarli a esclusione di altri, ma che es-
si invece, come dice C. G. Jung, soffrono degli stessi complessi con
cui anche noi, persone sane, siamo alle prese. La differenza sta solo
nel fatto che i sani riescono a padroneggiare tali complessi senza
danni notevoli e dimostrabili in pratica, laddove invece nei nervosi la
repressione di tali complessi riesce solo a prezzo di costose formazioni
sostitutive, cioè in pratica non riesce. Nell'infanzia i nervosi sono ov-
viamente assai più vicini ai normali che durante il resto della vita, e
quindi non riesco a scorgere un errore di metodo nell'uso di comuni-
cazioni fatte da nevrotici sulla loro infanzia al fine di trarre conclusio-
ni per analogia sulla vita dei bambini normali. Considerato poi che
molto spesso i futuri nevrotici sono costituzionalmente caratterizzati
da una pulsione sessuale particolarmente forte e da una tendenza alla
maturazione e alla manifestazione precoce di quella pulsione, essi ci
consentono di individuare molte cose dell'attività sessuale infantile in
modo più penetrante e chiaro di quanto non sarebbe possibile alla
nostra capacità di osservazione — pur sempre ottusa — nel caso degli
altri bambini. Il reale valore di queste comunicazioni di nevrotici adul-
ti potrà tuttavia essere apprezzato soltanto quando, sull'esempio di
Havelock Ellis, avremo ritenuto di dover raccogliere anche i ricordi
d'infanzia di adulti sani.
A causa dell'inclemenza di circostanze esterne non meno che in-
terne, i resoconti che seguiranno fanno riferimento in prevalenza allo
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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sviluppo sessuale di un sesso solo, quello maschile. Ma non v'è ragio-
ne che il valore di una raccolta come quella che qui tento sia mera-
mente descrittivo. La conoscenza delle teorie sessuali dei bambini,
nella forma che assumono nel loro pensiero, può essere interessante
in diverse direzioni, sorprendentemente perfino aiuta a comprendere i
miti e le fiabe. Essa rimane indispensabile per giungere a capire le ne-
vrosi stesse, nel cui ambito queste teorie fanciullesche sono ancora
valide e acquistano un influsso determinante sulla forma via via as-
sunta dai sintomi.
Se, dopo aver rinunciato alla nostra corporeità, potessimo, puri
esseri pensanti, guardare con occhi nuovi le cose di questa terra, ad
esempio da un altro pianeta, nulla colpirebbe forse maggiormente la
nostra attenzione dell'esistenza fra gli esseri umani di due sessi, i
quali, pur simili in tante cose, dimostrano la loro diversità attraverso i
contrassegni più esteriori. Ora non sembra che anche i bambini scel-
gano come punto di partenza delle loro ricerche sui problemi sessuali
questo dato di fatto fondamentale. Dal momento che conoscono il pa-
dre e la madre fin da quando ricordano qualcosa della loro vita, ne
accettano l'esistenza come una realtà che non richiede ulteriori inda-
gini; e allo stesso modo si comporta il maschietto nei confronti di una
sorellina da cui lo separi la piccola differenza di età di uno o due anni.
La sete di sapere dei bambini non si desta a questo riguardo spon-
taneamente, quasi per un bisogno innato di causalità, ma solo sotto il
pungolo delle pulsioni egoistiche che li dominano, allorquando — for-
se. dopo il compimento del secondo anno di vita — si trovano messi di
fronte all'arrivo di un nuovo venuto. Quanto ai bambini la cui casa
non è visitata da altre nascite, essi sono in grado di trasferirsi in que-
sta situazione basandosi sulle osservazioni da loro fatte in altre case.
Il venir meno, direttamente sperimentato o giustamente temuto,
delle premure da parte dei genitori, il presentimento di dovere d'ora
in poi spartire per sempre ogni possesso con il nuovo venuto hanno
per effetto di risvegliare la vita emotiva del bambino e ne acuiscono la
capacità di pensare. Il bambino più grandicello manifesta palese osti-
lità nei confronti del rivale, ostilità che trova sfogo nel rude giudizio
dato del medesimo, o in desideri come quello che “la cicogna se lo
possa riprendere”, e porta a volte persino a piccoli attentati all'essere
indifeso che giace nella culla. Un maggiore divario di età indebolisce
di solito l'espressione di tale ostilità primaria; anzi in età più tarda,
qualora manchino fratelli o sorelle, può prendere il sopravvento il de-
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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siderio di avere un compagno di giuochi, come quelli che il bambino
ha potuto osservare altrove.
Sotto la spinta di questi sentimenti e di queste apprensioni il
bambino giunge a occuparsi del primo grandioso problema della vita e
si pone la domanda da dove vengano i bambini, la quale senza dubbio
in principio era piuttosto “da dove venisse quel particolare bambino
che lo disturba”. L'eco di questa prima enigmatica domanda appare
percepibile in innumerevoli enigmi del mito e della leggenda; come o-
gni ricerca, questo problema e un prodotto dell'urgenza vitale, quasi
che al pensiero fosse affidato il compito di prevenire il ripetersi di e-
venti a tal punto temuti. Supponiamo tuttavia che il Pensiero del
bambino tosto si liberi da questa sua urgenza e prosegua nelle sue
operazioni come pulsione di ricerca indipendente. Se il bambino non è
già troppo intimidito sceglie prima o poi il cammino più breve, quello
cioè di pretendere una risposta dai genitori o dalle persone che di lui
si occupano, i quali ai suoi occhi rappresentano la fonte del sapere.
Questo metodo tuttavia fallisce. Il bambino riceve o una risposta eva-
siva o un rimprovero per la sua curiosità, oppure viene messo a tacere
con quel significativo ragguaglio mitologico che nei paesi tedeschi
suona così: “La cicogna porta i bambini dopo essere andata a tirarli
fuori dall'acqua.” Ho motivo di ritenere che un numero di bambini as-
sai più grande di quello che i genitori non suppongano è insoddisfatto
di questa soluzione e solleva contro di essa vigorosi dubbi, anche se
non sempre apertamente ammessi. So di un bambino di tre anni il
quale, dopo aver ottenuto quella spiegazione, con terrore della sua go-
vernante scomparve e fu ritrovato sulla riva del grande stagno adia-
cente al castello in cui abitava. Era corso fin lì per osservare i bambini
nell'acqua. So di un altro il quale non riusciva a esprimere la propria
esitante incredulità se non affermando di sapere meglio come stanno
le cose: non sarebbe la cicogna a portare i bambini, ma... l'airone. Da
molte comunicazioni risulta, a mio avviso, che i bambini rifiutano di
credere alla teoria della cicogna e che a partire da questo primo in-
ganno e ripulsa alimentano in sé una sfiducia nei confronti degli a-
dulti, acquistano il sospetto di qualcosa di proibito il cui accesso è
loro precluso dai “grandi”, e coprono pertanto di segretezza le loro ul-
teriori indagini. In tal modo tuttavia hanno anche l'occasione di vivere
per la prima volta un “conflitto psichico”; dal momento che possibili
spiegazioni per cui avvertono una preferenza di natura pulsionale, e
che però non sono “giuste” agli occhi dei grandi, vengono a contrap-
porsi a spiegazioni sostenute dall'autorità dei “grandi”, senza per que-
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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sto risultare loro accette. Da tale conflitto psichico può ben presto ori-
ginarsi una “scissione psichica”; la spiegazione connessa con l’ “essere
buoni”, ma altresì con la sospensione della riflessione, diventa quella
dominante, cosciente; l'altra spiegazione, per la quale il lavoro esplo-
rativo ha nel frattempo fornito nuove prove, cui tuttavia non è consen-
tito di essere valide, diventa quella repressa, “inconscia”. Viene in tal
modo a costituirsi il “complesso nucleare” della nevrosi.
L'analisi di un bambino di cinque anni, iniziata dal padre e tra-
smessami perché la pubblicassi, mi ha di recente fornito la prova in-
confutabile della giustezza di un convincimento sulle cui tracce mi
avevano portato da tempo le psicoanalisi di adulti. So adesso che il
cambiamento apportato dalla gravidanza alla madre non sfugge
all’occhio acuto del bambino e che quest'ultimo dopo un po' è otti-
mamente in grado di stabilire l'esatta connessione tra l'accresciuta
mole del corpo della madre e la comparsa del bambino. Nel caso men-
zionato il bambino aveva tre anni e mezzo quando gli nacque la sorel-
lina, e quattro anni e nove mesi quando lasciò indovinare, attraverso
le più inconfondibili allusioni, di saperne di più. Questa conoscenza
precoce viene tuttavia sempre tenuta segreta e successivamente, in
corrispondenza delle ulteriori vicende dell'esplorazione sessuale del
fanciullo, rimossa e dimenticata.
La “favola della cicogna” non fa quindi parte delle teorie sessuali
infantili; al contrario, osservando gli animali, che così poco nascondo-
no la loro vita sessuale e ai quali egli si sente così affine, il bambino
sempre meno ci crede. Con la conoscenza, da lui raggiunta in modo
autonomo, del fatto che i bambini crescono nel corpo della madre, egli
sarebbe sulla giusta strada per risolvere il problema che per primo ha
messo a prova il suo potere di pensare. Continuando tuttavia ad an-
dare avanti, egli trova un impedimento in una ignoranza `cui non gli è
possibile rimediare e in false teorie che gli vengono imposte dallo stato
della sua sessualità.
Queste false teorie sessuali, che ora prenderò in esame, presenta-
no tutte una caratteristica assai singolare. Pur essendo grottescamen-
te fuori strada, ciascuna di esse contiene una parte di schietta verità,
analoghe in questo ai tentativi, considerati “geniali”, fatti dagli adulti
per risolvere i più ardui problemi che l'universo pone all'intelletto u-
mano. Quello che in tali teorie vi è di corretto e di azzeccato, si spiega
per il fatto che esse hanno origine nelle componenti della pulsione
sessuale che sono attive già nell'organismo del bambino: tali supposi-
zioni scaturiscono infatti non da un arbitrio psichico o da impressioni
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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casuali, ma dalle necessità della costituzione psicosessuale, ed è per
questo che possiamo parlare di teorie sessuali dei bambini tipiche e
che troviamo, in tutti i bambini la cui vita sessuale è a noi accessibile,
le stesse opinioni erronee.
La prima di queste teorie si riallaccia alla mancata osservazione,
da noi indicata all'inizio come caratteristica del bambino, delle diffe-
renze tra i sessi. Essa consiste nell'attribuire a tutti gli esseri umani,
incluse le femmine, un pene, come quello che il maschietto conosce
dal proprio corpo. Proprio nella costituzione sessuale che dobbiamo
riconoscere come quella “normale”, già nell'infanzia il pene è la zona
erogena principale, l'oggetto sessuale autoerotico più importante. Lo-
gicamente quindi la stima in cui e tenuto si rispecchia nell'incapacità
di immaginare una persona a sé simile che sia priva di questa fonda-
mentale parte costitutiva. Quando il maschietto vede i genitali di una
sorellina, ciò che egli dice mostra che il suo pregiudizio è già abba-
stanza forte da falsarne la percezione; egli non osserva in qualche
modo la mancanza del membro, ma dice invariabilmente, come per
consolare e rettificare: “Il... è però ancora piccolo; solo quando lei sarà
più grande, crescerà.” La rappresentazione della donna provvista di
pene ritorna anche in seguito nei sogni dell'adulto; nello stato di ecci-
tamento sessuale notturno egli butta a terra una donna, la denuda e
si prepara al coito, allorché la vista del membro ben sviluppato al po-
sto dei genitali femminili pone termine al sogno e all'eccitamento. I
numerosi ermafroditi dell'antichità classica riproducono fedelmente
questa rappresentazione che è di tutti nel periodo dell'infanzia; è pos-
sibile osservare che essa non riesce ingrata alla maggior parte delle
persone normali, laddove le formazioni di fatto ermafroditiche dei ge-
nitali che la natura consente destano quasi sempre il più grande ri-
brezzo.
Se tale rappresentazione della donna provvista di pene si “fissa”
nel bambino, se resiste a tutti gli influssi della vita successiva e rende
il maschio incapace di rinunciare alla presenza del pene nel proprio
oggetto sessuale, l'individuo è destinato a divenire, ferma restando la
normalità della sua vita sessuale sotto altri aspetti, un omosessuale, a
cercare i propri oggetti sessuali fra i maschi che per altre caratteristi-
che somatiche e psichiche gli ricordano la donna. La donna reale, cosi
come successivamente viene da lui conosciuta, gli rimane un oggetto
sessuale impossibile, dal momento che è priva dell'attrattiva sessuale
essenziale; anzi, se correlativa a un'altra impressione della sua vita
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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infantile, può divenirgli ripugnante. Il bambino dominato principal-
mente dall'eccitamento del pene abitualmente si procura piacere sti-
molandolo con la mano; allora viene colto sul fatto dai genitori o da
chi si prende cura di lui e spaventato con la minaccia che gli verrà ta-
gliato il membro. L'effetto di tale “minaccia di evirazione”, straordina-
riamente profondo e durevole, è proporzionato al valore che egli
attribuisce a questa parte del corpo. Leggende e miti attestano lo
sconvolgimento della sua vita emotiva, l'orrore che si riallaccia al
complesso di evirazione, il quale verrà anche più tardi ricordato dalla
coscienza con la ripugnanza che si merita. I genitali femminili — scor-
ti successivamente e interpretati come l'effetto di una mutilazione —
richiamano alla memoria questa minaccia, destando nell'omosessuale
orrore anziché piacere. Questa reazione non può più in alcun modo
venir modificata quando l'omosessuale apprende dalla scienza che la
supposizione del bimbo per cui anche la donna sarebbe in possesso di
un pene non è tanto lontana dal vero. L'anatomia ha riconosciuto al-
l'interno delle pudende femminili, nel clitoride, l'organo omologo al
pene; e la fisiologia dei processi sessuali ha potuto aggiungere che
questo piccolo pene destinato a non crescere si comporta di fatto nel-
l'infanzia della donna come un vero e proprio pene, talché esso divie-
ne la sede di eccitamenti che inducono a toccarlo, la sua eccitabilità
conferisce all'attività sessuale della bimba carattere maschile, ed è
necessario che sopravvenga la rimozione negli anni della pubertà per-
ché, scomparsa questa sessualità maschile, venga fuori la donna. Il
fatto che in molte donne la funzione sessuale si atrofizzi, o perché il
tenace persistere di tale eccitabilità clitoridea le rende insensibili nel
coito, o perché la rimozione sopravviene in misura eccessiva al punto
da venir parzialmente compensata da formazioni isteriche sostitutive,
non dà torto alla teoria sessuale infantile per cui la donna possiede
come l'uomo un pene.
È facile osservare che la femminuccia condivide pienamente il pa-
rere del fratello. Essa sviluppa per questa parte del corpo del maschio
un grande interesse, che non tarda tuttavia a essere retto dall'invidia,
Si sente in svantaggio, fa tentativi di urinare nella posizione che il
possesso del grosso pene consente al maschio, e quando manifesta il
desiderio: “Mi piacerebbe essere un maschio”, sappiamo a quale man-
canza tale desiderio deve portare rimedio.
Se il bambino potesse tener dietro a ciò cui allude l'eccitamento
del pene, si porterebbe assai più vicino alla, soluzione del suo pro-
blema. Che il bambino cresca nel corpo della madre non è evidente-
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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mente una spiegazione sufficiente. Come vi arriva? Cosa dà inizio al
suo sviluppo? Che il padre c'entri per qualche verso è probabile; egli
afferma infatti che il bambino è anche il suo bambino. 1D'altronde an-
che il pene svolge certamente la sua parte in questi processi misterio-
si; ne è prova il fatto che, a tutto questo lavorio del pensiero, il pene si
eccita. Con questo eccitamento sono collegati impulsi di cui il bambi-
no non riesce a rendersi conto, oscuri impulsi a un fare violento, a
penetrare, a mandare in frantumi, ad aprire in qualche, luogo un bu-
co. Quando però il bambino appare in tal modo sulla miglior via per
postulare l'esistenza della vagina e considerare la penetrazione della
madre a opera del pene paterno come quell'atto che dà origine al
bambino nel corpo della madre, a questo punto l'indagine s'interrom-
pe lasciandolo perplesso. Gli si para infatti di fronte la teoria secondo
cui la madre possiede un pene come un maschio e l'esistenza della
cavità che accoglie il pene gli rimane nascosta. È facile supporre che il
fallimento di questo sforzo di pensiero faciliti il rigetto e la dimenti-
canza dello sforzo stesso. Questo rimuginare e dubitare diviene, tutta-
via, esemplare per ogni ulteriore lavoro mentale volto a risolvere dei
problemi, e il primo insuccesso ha un effetto paralizzante su tutti i
tempi avvenire.
Il fatto di non conoscere la vagina consente inoltre al bambino di
credere anche nella seconda delle sue teorie sessuali. Se il bambino
cresce nel corpo della madre e ne viene poi espulso, ciò può avvenire
soltanto attraverso l'unico percorso disponibile costituito dall'apertura
anale. Il bambino deve venir evacuato come un escremento, come feci.
Nella fanciullezza, allorché questo stesso problema diviene oggetto
della riflessione solitaria o della discussione tra due fanciulli, i rag-
guagli forniti sono presumibilmente che il bambino esce dall'ombelico
che si apre, o che viene estratto dal ventre dopo che questo è stato ta-
gliato, come accade al lupo nella favola di Cappuccetto Rosso: tali teo-
rie vengono sostenute ad alta voce e poi ricordate anche
coscientemente, esse non contengono più nulla di indecente. Quegli
stessi fanciulli hanno ormai completamente dimenticato di avere da
piccoli creduto a un'altra teoria sulla nascita, cui ora si oppone la ri-
mozione, sopravvenuta nel frattempo, delle componenti sessuali anali.
Allora l'evacuazione era qualcosa di cui nella stanza dei bambini si
1 Vedi a questo riguardo l’ Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (1908) [Il
caso del piccolo Hans].
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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poteva parlare senza timore e il bambino non era ancora così lontano
dalle proprie inclinazioni costituzionalmente coprofile; non era in al-
cun modo degradante venire al mondo come un mucchio di feci che il
disgusto non aveva ancora condannato. La teoria cloacale, esatta nel
caso di tanti animali,' era la più ovvia e la sola che potesse imporsi
come probabile al bambino piccolo.
Stando così le cose, era soltanto logico che il bambino non ammet-
tesse il doloroso privilegio della donna di partorire bambini. Se i bam-
bini vengono partoriti attraverso l'ano, l'uomo può partorire non meno
della donna. Il maschietto può quindi anche fantasticare di mettere
lui stesso al mondo dei bambini, senza che per questo occorra incol-
parlo di inclinazioni femminili. Egli si limita in tal modo a manifestare
il suo erotismo anale ancora desto.
Quando la teoria cloacale si mantiene nella coscienza durante la
fanciullezza, cosa che a volte avviene, essa porta con sé anche una so-
luzione, a dire il vero non più primaria, del problema relativo all'origi-
ne dei bambini. Le cose si svolgono come nella favola: si mangia una
data cosa e se ne riceve un bambino. La, „malattia mentale fa poi rivi-
vere la teoria infantile della nascita. La maniaca conduce, ad esempio,
il medico che la visita a un mucchietto di feci depositato in un angolo
della sua cella e gli dice ridendo: “Questo è il bambino che oggi ho
partorito.”
La terza fra le teorie sessuali tipiche si ha nei bambini quando
questi, per una delle occasioni che possono capitare in ogni casa, di-
ventano testimoni del rapporto sessuale tra i genitori, che tuttavia so-
no in grado di percepire soltanto in modo assai incompleto. Quale che
sia comunque la parte di esso che cade sotto la loro osservazione —
che si tratti della reciproca posizione delle due persone o di rumori o
di talune circostanze accessorie — essi giungono sempre a una stessa
concezione, che potremmo chiamare concezione sadistica del coito.
Essi vedono cioè in esso qualcosa che la parte più forte infligge con la
violenza a quella più debole e lo paragonano — soprattutto i maschi
— a una zuffa simile a quelle che essi conoscono dalle loro esperienze
di bambini e cui peraltro non manca di frammischiarsi l'eccitamento
sessuale. Non ho potuto stabilire che i bambini, osservando ciò che
avviene tra i genitori, vi riconoscano il pezzo occorrente per la soluzio-
ne del problema della nascita; più spesso, si direbbe che questo nesso
venga da loro misconosciuto, proprio perché hanno dato dell'atto d'a-
more una simile interpretazione in termini di atto di violenza. Ma il
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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fatto che essi capiscano le cose in questo modo dà l'impressione di per
sé che si tratti di un ritorno di quell'oscuro impulso all'agire crudele
che si riallacciava, in occasione della prima riflessione sull'enigma
dell'origine dei bambini, all'eccitamento del pene. Non deve nemmeno
venir esclusa la possibilità che quel medesimo impulso sadico preco-
ce, che era stato sul punto di portare alla scoperta del coito, si sia
prodotto sotto l'influsso di oscurissimi ricordi dell'amplesso tra i geni-
tori, il cui materiale era stato dal bambino assorbito quando ancora
nei primi anni di vita condivideva la camera da letto con i genitori,
senza che allora venisse impiegato.2
La teoria sadistica del coito che, da sola, conduce in errore, laddo-
ve invece avrebbe potuto fornire una verifica, è ancora una volta l'e-
spressione di una delle componenti sessuali innate (che nel singolo
bambino può essere più o meno accentuata) e pertanto fino a un certo
punto è nel giusto; essa infatti parzialmente scopre quella che è l'es-
senza dell'atto sessuale e la “lotta dei sessi” che lo precede. Non di ra-
do il bambino è anche in condizione di portar sostegno a questa sua
concezione, attraverso percezioni accidentali che egli comprende in
parte rettamente, in parte ancora una volta in modo falso o addirittu-
ra rovesciato. In molti matrimoni la donna di fatto invariabilmente ri-
calcitra all'amplesso maritale, apportatore per lei, invece del piacere,
del rischio di una nuova gravidanza, e la madre può quindi dare al
bambino ritenuto dormente (o che finge di dormire) un'impressione
che non può essere interpretata altrimenti che come un difendersi
contro un atto di violenza. Altre volte l'intero matrimonio offre all'at-
tento bambino lo spettacolo di un'incessante lite, espressa in parole
sonanti e in gesti ostili; il bambino non ha quindi bisogno di meravi-
gliarsi se questa lite si prolunga anche durante la notte e alla fine vie-
ne conclusa con gli stessi metodi che egli suole impiegare nei rapporti
con i suoi fratelli o compagni di giuoco.
Il bambino vede inoltre confermata la sua concezione anche quan-
do scopre tracce di sangue nel letto o sulla biancheria della madre.
Queste sono per lui una prova del fatto che durante la notte ha avuto
nuovamente luogo un simile assalto del padre alla madre, laddove noi
interpreteremmo questa medesima traccia recente di sangue piuttosto
come l'indizio di una pausa nei rapporti sessuali. Più d'una volta l'al-
2 Nel libro autobiografico Monsieur Nicolas, pubblicato nel 1794, Restif de la Bre-
tonne conferma questo malinteso sadistico sul coito, nel racconto di un'impressione
da lui avuta nel suo quarto anno di vita.
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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trimenti inspiegabile “orrore per il sangue” dei nervosi trova la propria
spiegazione in questo nesso. L'errore del bambino copre anche questa
volta un frammento di verità; in talune ben note circostanze la traccia
di sangue viene infatti senz'altro giudicata come segno del fatto che il
rapporto sessuale ha avuto inizio.
Attinente in modo meno diretto all'insolubile problema della pro-
venienza dei bambini, anche quello della natura e del contenuto dello
stato che ha nome “essere sposati” occupa la mente del bambino, ed
egli risponde a questo interrogativo diversamente secondo che in lui si
sia verificata o no la coincidenza di percezioni casuali concernenti i
genitori con pulsioni proprie che hanno mantenuto un colorito piace-
vole. Ciò che appare comune a tutte queste risposte è che egli si ri-
promette dall'essere sposato un piacevole soddisfacimento e vi
suppone una noncuranza nei riguardi del pudore. La concezione, che
ho trovato più di frequente, è che “orinano l'uno davanti all'altra”; una
variante, che sembra accennare simbolicamente a una conoscenza
più estesa, è che “il marito orina nel vaso da notte della moglie”. Altre
volte il senso del matrimonio è posto nel fatto che “ci si mostra a vi-
cenda il didietro” (senza provare vergogna). In un caso in cui l'educa-
zione era riuscita a differire di un tempo particolarmente lungo la
conoscenza sessuale, una ragazza di quattordici anni che già aveva
cominciato ad avere le mestruazioni si fece, in base alle sue letture,
l'idea che l'essere sposati consista in un “miscuglio del sangue”, e,
poiché sua sorella non aveva ancora i suoi cicli, l'impudica cercò di
assalire una visitatrice che aveva confessato di avere proprio allora i
mestrui, al fine di costringerla a questo “miscuglio di sangue”.
Le opinioni infantili sulla natura del matrimonio, che non di rado
vengono mantenute dal ricordo cosciente, hanno grande importanza
per la sintomatologia della successiva malattia nevrotica. Esse si e-
sprimono dapprima nei giuochi dei bambini, in cui l'uno fa con l'altro
ciò che per lui costituisce l'essere sposati; più tardi, poi, il desiderio di
essere sposato può scegliersi la forma di espressione infantile, mani-
festandosi in una fobia, che è in un primo momento irriconoscibile, o
in un corrispondente sintomo.3
3 I giuochi più significativi per le future nevrosi sono il “giuoco del dottore” e quello
“del papà e della mamma”.
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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Sarebbero queste le più importanti teorie sessuali del bambino che
siano, insieme, tipiche, prodotte negli anni della seconda infanzia e
sorte spontaneamente, sotto il solo influsso delle componenti pulsio-
nali del sesso. So di non essere riuscito né a presentare un materiale
completo né a costruire una connessione priva di lacune con la rima-
nente vita dei bambini. Posso qui aggiungere alcune singole osserva-
zioni supplementari, di cui altrimenti ogni persona informata
sentirebbe la mancanza.
Così ad esempio, la significativa teoria secondo la quale si può a-
vere un bambino per mezzo di un bacio, tradisce ovviamente il pre-
dominio della zona erogena orale. In base alla mia esperienza, questa
teoria è esclusivamente femminile e assume talora carattere patogeno
in fanciulle la cui indagine sessuale ha subito nell'infanzia le più forti
inibizioni.
Una delle mie pazienti è giunta attraverso un'osservazione casuale
alla teoria della couvade, che notoriamente presso taluni popoli è un
costume generale e che probabilmente ha lo scopo di opporsi ai dubbi
mai sufficientemente messi a tacere relativi alla paternità. Poiché uno
zio piuttosto bizzarro rimase in casa per giorni interi dopo la nascita
del proprio bambino e ricevette i visitatori in veste da camera, essa ne
concluse che entrambi i genitori concorrono alla nascita e che devono
andare a letto insieme.
L'informazione sessuale raggiunge i fanciulli intorno al decimo o
undicesimo anno di vita. Un fanciullo, cresciuto in condizioni sociali
meno inibite o che ha avuto più fortunate occasioni di osservare, co-
munica agli altri quello che sa; in tal modo infatti può sentirsi maturo
e superiore. Quello che i bambini in tal modo apprendono è perlopiù
esatto; viene cioè loro rivelata l'esistenza della vagina e il fine di que-
sta. Per il resto, tuttavia, queste spiegazioni che essi ricevono l'uno
dall'altro contengono non di rado del falso, residui delle anteriori teo-
rie sessuali infantili. Quasi mai sono complete ed esaurienti ai fini
della soluzione dell'antichissimo problema. Come in precedenza l'i-
gnoranza riguardo alla vagina, così ora quella riguardo al seme osta-
cola la comprensione dell'intero contesto. Il bambino non può
indovinare che dal membro maschile viene emessa anche una sostan-
za diversa dall'urina, e talora una “innocente fanciulla” si mostra sde-
gnata perfino nella notte di nozze per il fatto che il marito “orina in
lei”. A queste informazioni ottenute negli anni della prepubertà si rial-
laccia un rinnovato slancio dell'esplorazione sessuale del bambino;
ma le teorie che i fanciulli ora producono non hanno più la tipica e o-
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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riginaria impronta, che era caratteristica di quelle primarie piccolo-
infantili, allorquando le componenti sessuali infantili potevano senza
inibizioni e cambiamenti trovare espressione in teorie. I successivi
sforzi di pensiero intesi a risolvere l'enigma sessuale non mi sono
sembrati meritevoli di essere raccolti; essi inoltre possono in misura
assai limitata pretendere ancora a un significato patogeno. La loro
molteplicità dipende naturalmente in primo luogo dalla natura della
spiegazione ottenuta; la loro importanza tuttavia sta piuttosto nel fat-
to che ridestano le tracce divenute inconsce di quel primo periodo del-
l'interesse sessuale, di modo che non di rado ad esse si riallaccia
un'attività sessuale masturbatoria e parte dell'affrancamento emotivo
dai genitori. Donde il verdetto di condanna degli educatori, secondo
cui una spiegazione del genere “corromperebbe” in questi anni i bam-
bini.
Alcuni pochi esempi possono indicare quali elementi entrano spes-
so a far parte di queste tarde congetture sulla vita sessuale su cui si
soffermano i fanciulli. Una fanciulla ha udito dalle compagne di scuo-
la che il marito dà alla moglie un uovo, che questa cova nel suo corpo.
Un ragazzo, che ha udito anch'egli dell'uovo, identifica, quest' “uovo”
con ciò che volgarmente viene chiamato allo stesso modo, vale a dire
con il testicolo, e si rompe la testa per sapere come in tal caso il con-
tenuto dello scroto possa di continuo rinnovarsi. Raramente le spiega-
zioni sono esaurienti al punto da prevenire sostanziali incertezze sui
fatti sessuali. Le ragazze possono, ad esempio, giungere ad aspettarsi
che il rapporto sessuale abbia luogo una volta sola, ma che allora in
compenso abbia una durata lunghissima, ventiquattr'ore, e che da
questa volta sola provengano l'uno dopo l'altro tutti i bambini. Si po-
trebbe pensare che queste fanciulle abbiano acquistato conoscenza
del processo di riproduzione tipico di certi insetti; questa supposizione
non trova però conferma e la teoria appare come una creazione auto-
noma. Altre fanciulle non tengono conto del periodo di gestazione —
della vita nel corpo della madre — e suppongono che il bambino venga
al mondo subito dopo la notte del primo rapporto. Marcel Prévost è
partito da quest'errore fanciullesco per trarne una divertente storiella
in una delle sue Lettere di donne. Il tema di questa tarda esplorazione
sessuale dei bambini o degli adolescenti rimasti allo stadio di bimbi è
difficile da trattare compiutamente e forse in genere non privo d'im-
portanza, ma è più lontano dal mio interesse. Devo soltanto ancora ri-
levare che in questa materia vengono dai bambini dette molte cose
Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908)
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inesatte, il cui fine è di contraddire una conoscenza più antica, mi-
gliore, ma divenuta inconscia e rimossa.
Anche il modo in cui i bambini reagiscono alle informazioni che ri-
cevono ha il suo significato. In alcuni la rimozione sessuale si è spinta
tanto oltre che non vogliono ascoltare nulla, e questi riescono anche a
rimanere fino in tarda età ignari, apparentemente ignari almeno, fin-
ché nella psicoanalisi dei nevrotici non viene alla luce il sapere che
trae origine dalla seconda infanzia. So anche di due ragazzi fra i dieci
e i tredici anni i quali prestarono sì ascolto alla spiegazione sessuale,
ma la rifiutarono dando all'uomo che se ne era reso garante la se-
guente risposta: “Può darsi che tuo padre e altre persone facciano
qualcosa del genere, ma so di certo che mio padre non lo farebbe
mai.” Per molteplice che possa essere questo successivo comporta-
mento dei bambini nei confronti del soddisfacimento della curiosità
sessuale, per gli anni dell'infanzia vera e propria possiamo comunque
supporre un comportamento assolutamente uniforme e credere che in
quegli anni tutti hanno aspirato col massimo zelo a sapere quello che
i genitori fanno insieme, in modo che poi ci siano dei bambini.
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“TEORIE SESSUALI DEI BAMBINI” (1908)
LETTURA E COMMENTO DEL TESTO FREUDIANO
di Giacomo B. Contri
Nello scorso incontro si è detto che si sarebbe lavorato scegliendo
testi, leggendoli insieme e commentandoli: scelta e commento uniti in
funzione del criterio di individuare i testi e commentarli in due sensi:
1) sceglierli come quelli che meglio ci consentono di dimostrare,
non solo sostenere, l’aver ragione di Freud;
2) scegliere quei testi che contengono all’interno dello scritto di
Freud stesso una discussione, ossia in cui è Freud stesso a chiedersi
se lui ha ragione.
E infatti avevo proposto l’altra volta per primo Teorie sessuali dei
bambini (1908), perché è uno di quei testi in cui è Freud stesso, in un
tempo successivo, a dire che ci ha ripensato e non è più tanto convin-
to di ciò che ha scritto.
Per il prossimo incontro di Il Lavoro Psicoanalitico suggerisco la let-
tura di L’acquisizione del fuoco (1931) e Pulsioni e loro destini (1915).
Ma anche per la lettura di Freud varrebbe la pena di adottare un si-
stema che ho sempre asserito che è la scelta a caso.
Quanto a Teorie sessuali dei bambini, è inutile dire che teoria e
pensiero elaborante, per noi sono la stessa cosa. Associate subito que-
sta parola: “teoria”, a teorie elaborate di una attività pensante, quindi
di un soggetto pensante, di un io grammaticale pensante o meglio un
io grammaticale riconoscibile come autore della teoria costruita. Si
tratta di teorie.
La parola teorie è usata da Freud in modo serio, specialmente alla
sua epoca: l’idea di teoria appartiene all’epoca già fine ‘800, ma in
quest’epoca l’affermarsi della parola teoria non è un affermarsi banale,
anche se noi oggi usiamo la parola teoria in modo lasco, rilassato,
come dicesse poco. Freud sceglie la parola teoria in modo scandaloso
perché dice che anche i bambini fanno teorie, in un’epoca in cui la
parola teoria è una parola rilevante nel mondo della scienza. Dal testo:
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Ai bambini non viene attribuita alcuna attività sessuale.
Ho una nota a margine che aggiunge l’aggettivo teorica ad attività.
L’insieme del testo giustifica questa osservazione:
Uno dei risultati più validi delle nostre ricerche psicoanalitiche è che le
loro nevrosi non hanno un contenuto psichico particolare.
“Le loro nevrosi”: è un lapsus di Freud o del traduttore, perché sem-
bra riferito a “le ricerche psicoanalitiche”. Ma di solito Freud non face-
va lapsus di questa specie. L’affermazione che le nevrosi non hanno
un contenuto psichico particolare è importante: provate a sostituire
l’aggettivo psichico con la parola pensiero, teorico: il contenuto di pen-
siero della psicopatologia non è un contenuto diverso da quello della
normalità. Quindi la psicopatologia non riguarda il contenuto teorico.
Se da bambino ho pensato che io sono nato o che i bambini nascono
perché papà e mamma si sono dati la mano, come in un caso esami-
nato oggi con Marcello Battiston, il contenuto della teoria è falso, ma
in ogni caso non patologico. In più, questo contenuto dice che è stato
necessario un lavoro teorico al fine di poter concepire la generazione.
La conclusione complessiva di Freud è che affinché vi sia generazione
e non solo un’idea della generazione, occorre che vi sia una teoria del
generare e Freud ha ragione. La condotta reale effettiva – dice Freud –
passa per una mediazione teorica. Sarà la mia teoria sessuale infanti-
le e la sua vicissitudine quando sarò adulto che mi consentirà di ave-
re o non avere rapporti con l’altro sesso, di generare o non generare.
Ho detto così il momento astrattivo, costruttivo, teorico, condizione
della pratica, in questo caso della vita sessuale stessa. Noi caratteriz-
ziamo la psicosi come assenza della teoria adeguata a rendere conce-
pibile il rapporto con l’altro sesso.
Se, dopo aver rinunciato alla nostra corporeità, potessimo, puri esseri
pensanti,
− già qui non è Cartesio. Questa frase equivale a dire che, solo che
non si rinunci soggettivamente alla corporeità, corpo e pensiero sono
in buone relazioni. Occorre dunque un passaggio patologico per arri-
vare a doversi porre il problema di quali sono i rapporti fra pensiero e
corpo; senza patologia non occorre porre il problema dei rapporti pen-
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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siero-corpo. Anzitutto tali rapporti sono. È importantissimo questo, è
l’anti-cartesianesimo di Freud −
guardare con occhi nuovi le cose di questa terra, ad esempio da un altro
pianeta, nulla colpirebbe forse maggiormente la nostra attenzione
dell’esistenza fra gli esseri umani di due sessi.
Già qui abbiamo Freud, perché non starebbe a dire che colpirebbe:
venendo da un altro pianeta uno si aspetterebbe anche le cose più
bizzarre come noi quando abbiamo fatto dei film sui marziani. Fino
all’osservazione puramente empirica che c’è un sesso maschile e c’è
un sesso femminile, un extra-galattico che arrivasse fin qui non sa-
rebbe affatto stupito: sarebbe solo una stranezza entomologica come
tante altre. Qui Freud sta già osservando che non è l’osservazione bio-
logica ciò che stupirebbe l’extra-terrestre.
Ora non sembra che anche i bambini scelgano come punto di partenza
delle loro ricerche sui problemi sessuali questo dato di fatto fondamenta-
le. Dal momento che conoscono il padre e la madre fin da quando ricor-
dano qualcosa della loro vita, ne accettano l’esistenza come una realtà
che non richiede ulteriori indagini; e allo stesso modo si comporta il ma-
schietto nei confronti di una sorellina da cui lo separi la piccola differen-
za di età di uno o due anni. La sete di sapere dei bambini non si desta a
questo riguardo spontaneamente, quasi per un bisogno innato di causa-
lità
− questa è un’affermazione forte di Freud, tanto è vero che quando ar-
riva la grande traditrice di Freud che è Melanie Klein, si inventa che
c’è la pulsione epistemofilica che si oppone in linea diretta a questa
frase di Freud. La pulsione epistemofilica dice che il bambino ha il bi-
sogno innato di causalità −
ma solo sotto il pungolo delle pulsioni egoistiche
− dove egoistico qui significa semplicemente che ha un Io che è inte-
ressato a come gli va la vita e a che la vita gli vada bene. Proseguendo
la lettura, queste vicende, quali che siano le vicende successe in mez-
zo, la sorellina o la nascita di un nuovo bambino, dice Freud:
ne acuiscono la capacità di pensare.
Lo riprendiamo al Corso domani, sul rapporto pensiero-università.
Poi Freud ritorna per un momento sul pensiero del rivale. Fra i passi
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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che un giorno dovremmo scegliere, sarà uno dei passi tardivi in cui
Freud fa delle concessioni al pensiero della rivalità e dell’aggressività.
Però già qui ammette l’idea di un’ostilità primaria; ecco un capitolo
sul quale ritornare a suo tempo.
Sotto la spinta di questi sentimenti e di queste apprensioni il bambino
giunge a occuparsi del primo grandioso problema della vita e si pone la
domanda da dove vengano i bambini.
Allora, si tratta di sapere se Freud è idiota o no a chiamare questa
domanda “grandioso problema della vita” e subito dopo la descrive
come “enigmatica domanda”, ossia se siamo di fronte a un caso di
sentimentalismo freudiano che cerca di immaginarsi quali siano i
pensieri dei bambini e soprattutto immaginarsi che ce ne siano piut-
tosto che non essercene nessuno. Ancora una volta il contrapposto di
Melanie Klein per la quale di pensieri non ce n’è assolutamente nes-
suno.
Come ogni ricerca, questo problema è un prodotto dell’urgenza vitale,
− e qui non è ancora determinata quale sia l’urgenza vitale e perché
mai ci sarebbe una tale urgenza vitale. In ogni caso urgenza vitale si-
gnifica che c’è un’urgenza vitale che per noi per ora è un’incognita,
che presiede alla capacità di pensare e che fa sorgere queste domanda
qualificata come “grandiosa” ed “enigmatica”. O ha torto o ha ragione
a dire che si sta occupando di pensieri non solo seri, ma reali. Anche
perché non sta trattando una questione infantile, sta trattando una
questione che nasce nel bambino e che resta grandiosa ed enigmatica
per l’esistenza di chiunque, grande o piccino. Inoltre, il collocarla co-
me Frage, come domanda grandiosa ed enigmatica è parlare come
parlano alcuni filosofi antichi e moderni, che ci sono alcune Fragen,
alcune questioni fondamentali e primarie, ossia che non sta facendo
della psicologia infantile. Questo passaggio è capitale. Freud avrebbe
torto se stesse facendo quella che si dice psicologia dell’età evolutiva.
E infatti nella nota abbiamo già la produzione di una catastrofe: “La
parte che ha l’ “urgenza vitale” nello “sviluppo psichico”. Ciò che so-
steniamo è che non c’entra nulla lo sviluppo psichico. Freud sta di-
cendo che è una questione fondamentale dell’umanità, come sarebbe
la questione dell’essere o ogni altra questione fondamentale.
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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Quindi, il nostro dire: “Freud ha ragione”, e dunque l’alternativa:
“Freud ha torto”, riguarda un punto come questo: non si tratta di una
questione della psicologia infantile, ma di una questione fondamenta-
le in qualsiasi tempo della vita e quindi anche di una questione senza
tempo, non è una tappa della vita. Una volta dicevamo che l’infanzia
per Freud è terminus a quo e non tappa. Che là sia cominciata la que-
stione, non significa che in quel lasso di tempo ci si è occupati di cose
in fondo inutili, semplici gradini iniziali di ciò che verrà elaborato in
un tempo successivo, dove quella questione sarà abbandonata.4
Freud dice che la questione non sarà mai abbandonata. E notate co-
me è questione di pensiero: si tratta di capacità di pensare. È addirit-
tura un linguaggio kantiano: la capacità di pensare, la capacità di
desiderare, la capacità di giudicare. Questi termini di Freud si pongo-
no al medesimo livello −
quasi che al pensiero fosse affidato il compito di prevenire il ripetersi di
eventi a tal punto temuti. Supponiamo tuttavia che il pensiero del bam-
bino tosto si liberi da questa sua urgenza e prosegua nelle sue operazio-
ni come compulsione di ricerca indipendente.
Qui commenterei soltanto che questa “compulsione di ricerca in-
dipendente” non è la compulsione epistemofilica, ma il pensiero ha
cominciato a lavorare per suo conto. Noi potremmo anche dire “com-
pulsione di ricerca indipendente”: è uguale a “Io costituito”.
Se il bambino non è già troppo intimidito,
− su questo punto noi da anni siamo meno timidi di Freud e questa
frase noi la trasformiamo in “se il bambino non è già troppo malato”.
Mi piacerebbe di stare traducendo dal tedesco; il traduttore ha tradot-
to con “intimidito” e può darsi che sia così, ma mi piacerebbe vedere −
sceglie prima o poi il cammino più breve, quello cioè di pretendere una
risposta dai genitori o dalle persone che di lui si occupano, i quali ai suoi
occhi rappresentano la fonte del sapere. Questo metodo tuttavia fallisce.
Il bambino riceve o una risposta evasiva o un rimprovero per la sua cu-
riosità.
4 Questo è l’unico punto dove il testo, che riportiamo qui di seguito, ha avuto biso-
gno di una revisione: “È là che è cominciata la questione, non è in quella zona del
tempo che ci si è occupati di queste in fondo inutili o soltanto gradini iniziali di ciò
che verrà in un tempo successivo che abbandonerà quella questione.” (N.d.C)
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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Il rimprovero per la curiosità equivale all’ingiuria, all’offesa, al
trauma, alla parola “tu non pensi”, “il tuo pensiero non ha valore” e
successivamente diventerà: “il pensiero non ha valore”. L’abbiamo
chiamato anche esautorazione, inabilitazione. Poi parla di capacità di
pensare, di inabilitazione della capacità di pensare, esautorazione del-
la facoltà. Vedete come la stessa psicologia della facoltà di cui abbia-
mo parlato tante volte era addirittura incapace di parlare del pensiero
come facoltà. Le facoltà c’erano tutte, ma non c’era la facoltà di pen-
sare. Quindi la psicologia delle facoltà dei vecchi tempi antichi era del
tutto irrilevante. Freud si sta occupando di una facoltà, di una capa-
cità che nessuna psicologia della facoltà ha mai preso in considera-
zione.
Allora delusione, non soddisfazione dell’intelletto infantile da parte
delle risposte. Abbiamo anche detto giudizio infantile, perché questa
insoddisfazione corrisponde a un giudizio: “io domando e tu non sei
all’altezza di rispondermi”. Tu, padre e madre, ti comporti come
l’analista che sta zitto. Attenzione: l’analista che sta zitto, se sta zitto
per principio fa semplicemente la figura del papà e della mamma che
non sanno rispondere. Non è una regola tecnica il silenzio. Questo è
molto tipico di un non analizzato: il silenzio viene praticato da alcuni
analisti come se facesse parte della tecnica, e non è assolutamente ve-
ro: è che il silenzio in analisi è la medesima cosa che aspettare davan-
ti al semaforo: l’analista si muove solo quando il semaforo diventa
verde, ossia quando nel lavorare l’analizzando arriva a un verde, ossia
che c’è un’occasione per l’analista per intervenire. È l’unica ragione.
Se c’è qualcosa che non fa parte della tecnica analitica, è il silenzio.
Come tale nell’analisi, l’analista è attore, agente esattamente come il
paziente. Poi qui Freud parla della cicogna. E il bambino che va a ve-
dere nello stagno per vedere i bambini che la cicogna porterebbe, e
torna dicendo che non è la cicogna a portare i bambini, ma l’airone,
sfotte i suoi genitori.
Da molte comunicazioni risulta, a mio avviso, che i bambini rifiutano di
credere alla teoria della cicogna e che a partire da questo primo inganno
− sottolineiamo la parola inganno perché a mio parere è descrittiva-
mente legittima: si tratta effettivamente di inganno, ossia di atto lesivo
compiuto sull’intelletto del bambino. Per questo la parola trauma è
adeguata. Il trauma non è sessuale, ma intellettuale. I sessi non han-
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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no il minimo potere di esercitare alcun trauma. Dicendo questo mi ri-
ferisco al dibattito da cui Freud non è completamente uscito
sull’essere la vicenda primitiva stata reale o soltanto fantastica. È
l’incertezza di Freud medesimo sull’avere i fatti sessuali medesimi un
potere traumatico oppure no. La nostra conclusione è che non hanno
potere traumatico: non c’è nulla del reale osservabile che come tale
abbia potere traumatico di nessuna specie. È l’inganno, il trauma, in
quanto l’inganno priva della capacità di pensare. E l’angoscia stessa
un giorno sarà il segnale dell’incapacità di pensare. Poiché la capacità
di pensare è condizione legale dell’agire, l’angoscia segnala questa in-
capacità di arrivare a termine −
inganno e ripulsa alimentano in sé una sfiducia nei confronti degli adulti
− e ogni adulto osserva che un bel giorno il suo bimbo smette di par-
largli come gli parlava con tanta fiducia l’anno prima. Il che mostra il
realismo della condotta del bambino: se non ho motivo di fiducia per-
ché andare avanti come se mi fidassi? Quindi il ritiro della fiducia è
una condotta perfettamente realistica −
acquistano il sospetto di qualcosa di proibito
− parola da riprendere, proibito, perché la gran parte degli analisti già
tanti decenni fa interpretavano il proibito come la proibizione ufficiale,
la repressione, il non bene. Si tratta di qualcosa di diverso −
il cui accesso è loro precluso dai “grandi”, e coprono pertanto di segre-
tezza le loro ulteriori indagini. In tal modo tuttavia hanno anche
l’occasione di vivere per la prima volta un “conflitto psichico”, dal mo-
mento che possibili spiegazioni per cui avvertono una preferenza di na-
tura pulsionale, e che però non sono “giuste” agli occhi dei grandi,
vengono a contrapporsi a spiegazioni sostenute dall’autorità dei “grandi”.
Il complesso nucleare di cui parla qui, poi complesso edipico, lo
vediamo nascere come conseguenza di un errore prodotto da un in-
ganno e da un inganno che a sua volta risale a una incapacità di pen-
sare da parte dei genitori.
Nel caso menzionato il bambino aveva tre anni e mezzo quando gli nac-
que la sorellina, e quattro anni e nove mesi quando lasciò indovinare, at-
traverso le più inconfondibili allusioni, di saperne di più.
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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Ossia fa sapere che aveva capacità di pensare.
Questa conoscenza precoce viene tuttavia sempre tenuta segreta e suc-
cessivamente, in corrispondenza delle ulteriori vicende dell’esplorazione
sessuale del fanciullo, rimossa e dimenticata.
Quante volte abbiamo detto che il bambino nel dialogo con la ma-
dre fa sapere che ha pensato tutto quello che c’era da pensare, non
solo sapere osservativamente, ma anche con costruzioni e deduzioni,
ossia con lavoro del pensiero. La risposta della madre al bambino gli
dirà che il suo pensiero non vale nulla, che le sue costruzioni e dedu-
zioni sono delle “bambinaggini”: lo esautora. A partire
dall’esautorazione, il bambino non pensa più. Ed è a partire dal non
pensare più che si ammala. È sempre stata questa la ricostruzione del
trauma, peraltro compiuta da Freud nel caso del piccolo Hans.
La “favola della cicogna” non fa quindi parte delle teorie sessuali infantili.
È molto bravo Freud in questo punto, dato che sta parlando in un’
epoca in cui a nessuno veniva in mente di pensare intorno a questi
argomenti. Oggi noi facciamo parte di un’epoca in cui la cosa è ancora
peggiorata, e non migliorata. Almeno l’epoca di Freud era un’epoca di
relativa ingenuità. Quando dice che la favola della cicogna non fa par-
te delle teorie sessuali infantili, dice una cosa importantissima in
quell’apparente ovvietà di certi passaggi come questo. Perché è rile-
vante che non torni alla favola della cicogna? Perché la favola della ci-
cogna è o una teoria naturalistica – e Freud dice che le teorie infantili
non sono teorie naturalistiche, come nascere sotto i cavoli – né teorie
di carattere magico; quindi nell’elaborare teorie sessuali Freud,
nell’escludere la favola della cicogna, esclude che si tratti di teorie
scientifiche o parascientifiche, o di teorie di natura magico-
miracolosa, ma insiste che si tratta di teorie razionali. L’importante è
non essere scientifici secondo l’ordine delle scienze della natura. Ma
se non sono teorie scientifiche o magiche, di che teorie si tratta, qual è
la loro natura? E in seguito dice che si tratta di teorie riguardanti le
condizioni dei rapporti fra l’uomo e la donna. Notate, non anzitutto dei
rapporti sessuali, ma dei rapporti, di come fa a stabilirsi un rapporto.
In un’accezione del giuridico che non è quella del tribunale dello Sta-
to, diciamo che sono teorie giuridiche, di come un rapporto possa
porsi.
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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Con la conoscenza, da lui raggiunta in modo autonomo, del fatto che i
bambini crescono nel corpo della madre, egli sarebbe sulla giusta strada
per risolvere il problema che per primo ha messo a prova il suo potere di
pensare. Continuando tuttavia ad andare avanti, egli trova un impedi-
mento in una ignoranza cui non gli è possibile rimediare e in false teorie
che gli vengono imposte dallo stato della sua sessualità.
Io farei il nesso fra queste due frasi coordinate dalla e, le metterei
in rapporto di subordinazione logica: l’ignoranza del bambino è il ri-
sultato di una falsa teoria imposta.
Queste false teorie sessuali, che ora prenderò in esame, presentano tutte
una caratteristica assai singolare. Pur essendo grottescamente fuori
strada, ciascuna di esse contiene una parte schietta di verità, analoghe
in questo ai tentativi, considerati “geniali”, fatti dagli adulti per risolvere
i più ardui problemi che l’universo pone all’intelletto umano.
Più avanti:
se il bambino potesse tener dietro a ciò cui allude l’eccitamento del pene,
si porterebbe assai più vicino alla soluzione del suo problema. Che il
bambino cresca nel corpo della madre non è evidentemente una spiega-
zione sufficiente. Come vi arriva? Cosa dà inizio al suo sviluppo? Che il
padre c’entri per qualche verso è probabile; egli afferma infatti che il
bambino è anche il suo bambino.
Pensate che salto di civiltà fra la pagina che stiamo leggendo e
l’educazione sessuale nelle scuole: è una cosa da selvaggi. È assolu-
tamente selvaggia l’idea di educazione sessuale, perché è la censura
totale che il bambino ha già cominciato a pensare intorno a tutto que-
sto. Ci si mette a insegnare che il papà fa così, la mamma fa cosà e
nascono i bambini. È molto peggio che i selvaggi, c’è qualcosa di cri-
minale, perché è un atto censorio non solo di questa pagina, ma di
questa pagina in quanto questa pagina è reale in ogni bambino che
viene al mondo.
D’altronde anche il pene svolge certamente la sua parte in questi proces-
si misteriosi;
− laddove misterioso, se si trattasse di spiegare che il papà fa così e la
mamma fa cosà, la natura fa il suo corso… misterioso è l’educazione
sessuale. L’interessante è il chiedersi “ma dov’è il misterioso” per il
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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bambino, dato che una volta usciti dai soliti fumi sappiamo che nes-
sun bambino è specialmente eccitato dal fatto di venire informato di
come va il mondo. Date a qualsiasi bambino le riviste più porno sulla
faccia della terra e, alla lettera, non farà una piega −
ne è prova il fatto che, a tutto questo lavorio di pensiero, il pene si eccita.
Interessante osservazione, perché non sta affatto alludendo ai fan-
tasmi. Fra lavoro del pensiero, capacità di pensare e fantasma non c’è
rapporto. Non è obbligatorio che ci sia opposizione, perché il fanta-
sma, l’abbiamo sempre detto, è una cosa normale. Già risulta ovvio se
correttamente si traduce la parola Phantasie dal tedesco, che in ita-
liano si dice fantasia e non fantasma, perché fantasma come quelli del
castello anche in tedesco si dice Gespenst. In italiano si è tradotto fan-
tasma, che vuol dire anche il fantasma del castello, là dove in tedesco
non ci si sognerebbe mai di usare la parola fantasma (anche se gli
psicoanalisti tedeschi dicono Phantasmata). Freud ha usato la parola
fantasia. Questo slittamento linguistico contribuisce alla confusione.
Il lavoro di fantasia è un lavoro di pensiero come altri, un lavoro
normale. La fantasia o fantasma patologico sta e sta solo nella fissa-
zione, nell’essere diventata unica. Di patologico c’è solo la fissazione
nella fantasia, il totalitarismo di quei due o tre fantasmi. Mentre il la-
voro di fantasia è il lavoro normale di pensiero. In ogni caso il lavorio
di pensiero non è il fantasma, ma il fantasma è soltanto uno dei pos-
sibili prodotti del pensiero.
Con questo eccitamento sono collegati impulsi
− ancora una volta noi vediamo la genesi dell’eccitamento: non è affat-
to, dice Freud, una genesi naturalistica; c’è di mezzo il passaggio in-
termedio del lavoro di pensiero. È quello che nella nostra teoria è β, è
il corpo che diventa fonte dell’eccitamento; dopo essere stato eccitato
dall’esterno diventa esso stesso (fonte)5 di eccitamento via elaborazio-
ne. E poi è esattamente ciò su cui si fonda la pornografia, perché la
pornografia dice: se tu non sai pensare un qualche prodotto del pensa-
re te lo fornisco io. È una sostituzione del lavoro che a partire dal sin-
golo è diverso dal lavoro pornografico, offre un sostituto del pensiero
5 Nel testo è omessa la parola “fonte” (N.d.C.).
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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27
come prodotto finito senza passaggio per l’elaborazione propria, ossia
quello che qui è chiamato lavorìo −
di cui il bambino non riesce a rendersi conto, oscuri impulsi a un fare
violento, a penetrare, a mandare in frantumi,
− questo è un argomento che affronteremo leggendo Pulsioni e loro de-
stini. Il quesito è: ma perché proprio Freud, che è riuscito a inventarsi
la pulsione, legge di moto – fonte-oggetto-spinta-meta –, poi in Pulsioni
e loro destini allorché deve occuparsi di quali sono i destini riesce a
concepire solo la rimozione, il sadismo-masochismo, e la sublimazio-
ne, ossia qualcosa che è patologico? È così difficile concepire il destino
normale della pulsione? È uno dei problemi di Freud, senza alcun
dubbio, il quale simultaneamente continua a sostenere che la norma-
lità non è una chimera e che l’Io è uno solo, etc.
Stiamo arrivando al termine di quello che mi pareva buono com-
mentare −
ad aprire in qualche luogo un buco.
Sottolineiamo la parola buco: è qui che il nostro banale pensiero,
quando è banale, diventa (…)
Quando però il bambino appare in tal modo sulla miglior via per postu-
lare l’esistenza della vagina e considerare la penetrazione della madre a
opera del pene paterno come quell’atto che dà origine al bambino nel
corpo della madre, a questo punto l’indagine si interrompe lasciandolo
perplesso. Gli si para infatti di fronte la teoria secondo cui la madre pos-
siede un pene come un maschio
− sottolineate questo punto. È un’altra teoria la sua nemica.
L’obiezione alla teoria del corretto lavorare infantile è un’altra teoria,
con il connotato menzognero di questo falso. Non tutte le teorie false
sono menzognere. La risposta della mamma al piccolo Hans, al quale
dice di essere costituita sessualmente come un uomo, oppone alla te-
oria correttissima del bambino un’altra teoria che è falsa: gli mente e
gli si para di fronte. Il bambino cede: è il giudizio del bambino che ce-
de. Non è il bambino che si inventa la fase fallica: è una obiezione fal-
sa venutagli dall’esterno. Gli viene imposta la teoria che anche la
donna sarebbe costituita come l’uomo. Nell’espressione “gli si para di
fronte”, anche nel modo blando di tradurre Freud che abbiamo da noi,
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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28
almeno qui l’espressione è rimasta intatta: “gli si para di fronte”. E an-
che qui abbiamo l’idea che c’è un conflitto che parte dall’esterno. Co-
me dicevamo una volta, il conflitto psichico è una rielaborazione
propria del conflitto esterno in modo che in qualche modo i conti tor-
nino ancora. Perché è importante che il conflitto psichico è una riela-
borazione pur sempre nel principio di piacere? Perché se così non
fosse, la teoria – per esempio della madre del piccolo Hans che gli si
para di fronte – farebbe di lui uno psicotico, mentre per fortuna ne fa
solo un nevrotico e peraltro infantile, quindi non un vero nevrotico.
Altrimenti avrebbe fatto di lui uno psicotico, ossia che è impossibile
ogni idea di rapporto sessuale −
e l’esistenza della cavità che accoglie il pene gli rimane nascosta.
Ricordo che ero andato a vedere: questo nascosto in tedesco è un-
deck, “non scoperto”: una scoperta che aveva già fatto o che era pron-
to a fare. Quindi, la teoria che gli si para di fronte è un caso di
rinnegamento, di respingimento di una conclusione già raggiunta dal
pensiero infantile. Per questo abbiamo detto che l’agire patogeno
dell’altro è sempre perverso. È la psicopatologia non clinica nell’altro a
occasionare la patologia clinica in me, o nel piccolo Hans. È ciò che di
perverso c’è in mio padre e mia madre che farà di me un nevrotico.
Non è ciò che c’è di nevrotico in mio padre e mia madre che farà di me
un nevrotico.
È facile supporre che il fallimento di questo sforzo di pensiero faciliti il
rigetto e la dimenticanza dello sforzo stesso.
È la vera rimozione. L’oggetto della rimozione non è l’esperienza ta-
le o tal’altra, come tutti i film che sono stati fatti sulla psicoanalisi,
come quello il cui protagonista ha ucciso il fratellino buttandolo sulla
cancellata, o Marnie che ha visto la mamma con il marinaio e lei ha
ucciso il marinaio e poi dimentica…6 L’oggetto della rimozione è il mio
pensiero stesso, è la facoltà di pensare che ho avuto in un primo tem-
po −
Questo rimuginare e dubitare diviene, tuttavia, esemplare per ogni ulte-
riore lavoro mentale volto a risolvere dei problemi,
6 Il riferimento è a due celeberrimi films di A. Hitchcock, Io ti salverò e Marnie
(N.d.C.).
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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29
− e questo è il tema di domani. Notate che Freud dice: “dei problemi”,
non dice “i problemi dei poveri bambini con i sessi”. Dice che diventa
“esemplare per ogni ulteriore lavoro mentale volto a risolvere dei pro-
blemi”: Freud sta parlando di una parte del lavoro scientifico e filoso-
fico e mentale −
e il primo insuccesso ha un effetto paralizzante su tutti i tempi a venire.
Il lavoro di pensiero del bambino non ha nulla a che vedere con il
riuscire a concepire che la mamma è costituita anatomicamente in un
modo e il papà in un altro: è addirittura risibile. Non c’è nulla per ri-
tenere che la mente infantile avrebbe una difficoltà a concepire il pene
e la vagina. Allora, il buco di cui si tratta è un buco che non ha a che
vedere con la costituzione della donna, ma di converso una volta che
questo buco non verrà concepito – chiamiamola anche via, via di pen-
siero per riuscire a concepire il rapporto – una volta che questo buco
che non c’entra con l’anatomia non sarà concepito, il pensiero infanti-
le arriverà persino a rinnegare il buco anatomico. E siamo al delirio,
alla psicosi, alla perversione. Leggete il tardivo articolo di Freud sulla
scissione dell’Io.
Perciò il lavoro del pensiero è il lavoro a concepire quale sia la via,
il canale, il passaggio attraverso cui il rapporto si ha. Come via intel-
lettuale e legale: deve concepire qual è la norma del rapporto – ecco il
buco – attraverso cui è intelligente nella sua forma ingenua il pensiero
infantile, perché se il pensiero infantile deve fare questo lavorìo per
concepire la possibilità del rapporto, significa che al bambino non
passa neppure per la mente che siccome il maschio è maschio e la
femmina è femmina, allora si congiungeranno. Questa assurda idea,
addirittura, almeno all’inizio, non l’ha mai sfiorato. Se si trova obbli-
gato a inventarsi in quale maniera potrebbe mai accadere che il papà
e la mamma si colleghino in un certo modo, il bambino già parte dal
passo corretto: che deve essere un passaggio umano, non un passag-
gio biologico, causale. Non c’è sessuotropismo. Il pensiero delirante
del sessuotropismo, che i sessi si attraggono, è un pensiero che al
bambino non pertiene. È solo l’adulto che delirerà il sessuotropismo.
Autentico delirio in senso clinico: lo ritroviamo poi anche in clinica. Lo
ritroviamo nella forma pornografica della realtà virtuale, che è un deli-
rio espresso in forma tecnologica: che i sessi si attrarrebbero per loro
natura, condizione naturale.
Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano
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30
Già il bambino parte dall’idea che perché i sessi si congiungano
deve essere accaduto qualcosa di umano che ha comportato un lavoro
di pensiero: ossia il porsi di un soggetto in ordine a un altro soggetto.
Quando noi insistiamo a dire che c’è stato un primo pensiero, questo
è uno dei passi di Freud che ci permette di dire che Freud ha ragione.
Freud è l’unico pensatore non solo contemporaneo, ma nella storia
dell’umanità, ad asserire che, fuori dei problemi filosofici, del fonda-
mento e dell’originario e del primario, c’è stato un primo pensiero e
questo primo pensiero è individuale. Poi il primo pensiero è contrasta-
to, gli si para contro qualcosa, ma se c’è un primo, il primo è un pen-
siero ed è un pensiero che è avvenuto nella vita individuale attraverso
un lavorìo di pensiero. Perciò in tutto il pensiero moderno, Freud è
l’unico che dà un contenuto all’aggettivo primo. È l’unico caso di qual-
cuno che dà un contenuto storico, empirico, individuale,
all’asserzione che è esistito un primo: questo primo non è l’originario,
non è l’Ur-, non è il pre- di qualche cosa, ma questo primo è un pen-
siero che è stato effettivamente pensato da qualcuno e che era un
pensiero corretto e motivato non da un’interna esigenza del pensiero,
ma da un’urgenza e la parola urgenza perde la sua vaghezza solo se si
pensa a cosa significa urgenza: l’urgenza può essere solo o evitare un
pericolo o raggiungere uno scopo. Dunque un’urgenza è occasionata
da un motivo attuale e presente.
La riflessione di Freud non ha nulla a che vedere con la riflessione
e filosofica e psicologica sull’originario. Sarà il post-freudismo a but-
tarsi sull’originario, il kleinismo a inventarsi che esistono degli stati
originari, ossia pre-pensiero: censori del pensiero. Melanie Klein è es-
sa stessa patogena per il fatto che deve rinnegare il pensiero esatta-
mente come la teoria della madre che si para di fronte al pensiero del
bambino, facendogli ostacolo.

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  • 1. Sigmund Freud “TEORIE SESSUALI DEI BAMBINI” (1908) Giacomo B. Contri LETTURA E COMMENTO DEL TESTO FREUDIANO
  • 2. 2 Nota ai testi Il testo di Freud qui riprodotto, Teorie sessuali dei bambini (1908), è tratto dal vol. 5 dell’edizione delle Opere di S.Freud, Boringhieri, Torino 1985, pp. 447 – 465, nella traduzione di Emilio A. Panaitescu. Si sono conservate solo le note al piede del- la pagina di Freud, omettendo le note di edizione. “Lettura e commento del testo di Freud Teorie sessuali dei bambini (1908)”, è la trascrizione dell’intervento di Giacomo B. Contri nella seconda seduta del seminario di Il lavoro Psicoanalitico 1995 – 1996 “Perché Freud ha ragione. Freudiani dopo Lacan”. Il testo integrale di questo seminario, a cura di Glauco Genga, è disponibile in versione .*PDF sul sito di Studim Cartello, www.studiumcartello.it, e sul sito www.associazionesalus.it . Il testo che presentiamo è stato emendato da alcuni errori di ortografia e ritoccato nella punteggiatura. Confidiamo che la riproposizione della “Lettura e commento” di Contri unita insieme al testo di Freud, al di là di un’operazione di semplice “copia- incolla”produca, come è stato per noi, un nuovo effetto di senso rispetto a quanto sembrava già acquisito. La lettura dei due testi riuniti riattizza lo scandalo più inve- terato: che l’inizio è del pensiero individuale, non preceduto, non pre-determinato, non pre-formato da alcuna Struttura; e che il soggetto imputabile della nascita del pensiero − sotto la spinta dell’ “urgenza vitale” − è il bambino. Lo scritto di Freud sulle Teorie sessuali infantili porta la data del dicembre 1908, la stessa del caso del piccolo Hans. Stiamo dunque per celebrare (febbraio 2005) il centenario del caso che ha rivelato al mondo che il bambino pensa: il caso freudiano del piccolo Hans Graf. M.M.
  • 3. 3 Sigmund Freud Teorie sessuali dei bambini (1908) Il materiale su cui la seguente esposizione si basa deriva da diver- se fonti. Anzitutto dall'osservazione diretta di ciò che i bambini dicono e fanno, in secondo luogo dalle comunicazioni di nevrotici adulti, i quali durante un trattamento psicoanalitico raccontano ciò che ricor- dano coscientemente della loro infanzia, e in terzo luogo dalle conclu- sioni, dalle costruzioni e dai ricordi inconsci trasferiti nella coscienza che si ottengono dalla psicoanalisi dei nevrotici. Che la prima di queste tre fonti non abbia di per sé sola fornito tutto quello che c'è da sapere, lo si deve all'atteggiamento adottato da- gli adulti nei confronti della vita sessuale infantile; poiché ai bambini non viene attribuita alcuna attività sessuale, non viene fatto alcuno sforzo per osservarla, mentre d'altra parte le manifestazioni di tale at- tività che meriterebbero attenzione vengono represse. La possibilità di attingere alla fonte più genuina e più copiosa è pertanto assai limita- ta. Ciò che si ottiene dalle comunicazioni non influenzate che adulti fanno dei propri ricordi d'infanzia coscienti soggiace in grandissima misura all'obiezione di poter essere contraffatto nello sguardo retro- spettivo, e dovrà inoltre venir valutato tenendo conto del fatto che quelli che se ne rendono garanti sono divenuti nevrotici. Quanto al materiale che può venir attinto alla terza fonte, esso soggiace a tutte le contestazioni che solitamente vengono accampate contro l'attendi- bilità della psicoanalisi e la certezza delle conclusioni che ne discen- dono; la fondatezza di un tale giudizio non può pertanto venir presa in esame qui; mi limiterò ad assicurare che colui che conosce ed esercita la tecnica psicoanalitica acquista piena fiducia nei risultati di questa. Non posso rispondere della completezza dei miei risultati, ma sol- tanto dello scrupolo che ho messo nel cercare di ottenerli. Un problema difficile è decidere in quale misura ciò che qui viene detto sui bambini in generale possa applicarsi a tutti i bambini, cioè a ogni bambino singolo. Il peso dell'educazione e la diversa intensità
  • 4. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it della pulsione sessuale rendono indubbiamente possibili nel com- portamento sessuale del bambino notevoli variazioni individuali, e in- fluiscono in particolar modo sul primo manifestarsi nel tempo dell'interesse sessuale del bambino. Non ho quindi articolato la mia esposizione secondo epoche successive dell'infanzia, ma ho raccolto insieme ciò che nei diversi bambini si fa valere ora prima ora più tar- di. Sono convinto che nessun bambino — nella misura in cui è men- talmente normale o anche soltanto dotato di ragione — può evitare di occuparsi dei problemi sessuali negli anni precedenti la pubertà. Non faccio gran conto dell'obiezione che i nevrotici costituiscono una categoria di persone a parte, caratterizzata da una predisposizio- ne degenerativa, sicché non sarebbe consentito arguir nulla dalla loro infanzia a proposito di quella di altri. I nevrotici sono uomini come gli altri, non possono venir nettamente separati dai normali, e nella loro infanzia non è sempre facile distinguerli da quelli che in seguito re- stano sani. Uno dei risultati più validi delle nostre ricerche psicoanali- tiche è che le loro nevrosi non hanno un contenuto psichico particolare, tale cioè da caratterizzarli a esclusione di altri, ma che es- si invece, come dice C. G. Jung, soffrono degli stessi complessi con cui anche noi, persone sane, siamo alle prese. La differenza sta solo nel fatto che i sani riescono a padroneggiare tali complessi senza danni notevoli e dimostrabili in pratica, laddove invece nei nervosi la repressione di tali complessi riesce solo a prezzo di costose formazioni sostitutive, cioè in pratica non riesce. Nell'infanzia i nervosi sono ov- viamente assai più vicini ai normali che durante il resto della vita, e quindi non riesco a scorgere un errore di metodo nell'uso di comuni- cazioni fatte da nevrotici sulla loro infanzia al fine di trarre conclusio- ni per analogia sulla vita dei bambini normali. Considerato poi che molto spesso i futuri nevrotici sono costituzionalmente caratterizzati da una pulsione sessuale particolarmente forte e da una tendenza alla maturazione e alla manifestazione precoce di quella pulsione, essi ci consentono di individuare molte cose dell'attività sessuale infantile in modo più penetrante e chiaro di quanto non sarebbe possibile alla nostra capacità di osservazione — pur sempre ottusa — nel caso degli altri bambini. Il reale valore di queste comunicazioni di nevrotici adul- ti potrà tuttavia essere apprezzato soltanto quando, sull'esempio di Havelock Ellis, avremo ritenuto di dover raccogliere anche i ricordi d'infanzia di adulti sani. A causa dell'inclemenza di circostanze esterne non meno che in- terne, i resoconti che seguiranno fanno riferimento in prevalenza allo
  • 5. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 5 sviluppo sessuale di un sesso solo, quello maschile. Ma non v'è ragio- ne che il valore di una raccolta come quella che qui tento sia mera- mente descrittivo. La conoscenza delle teorie sessuali dei bambini, nella forma che assumono nel loro pensiero, può essere interessante in diverse direzioni, sorprendentemente perfino aiuta a comprendere i miti e le fiabe. Essa rimane indispensabile per giungere a capire le ne- vrosi stesse, nel cui ambito queste teorie fanciullesche sono ancora valide e acquistano un influsso determinante sulla forma via via as- sunta dai sintomi. Se, dopo aver rinunciato alla nostra corporeità, potessimo, puri esseri pensanti, guardare con occhi nuovi le cose di questa terra, ad esempio da un altro pianeta, nulla colpirebbe forse maggiormente la nostra attenzione dell'esistenza fra gli esseri umani di due sessi, i quali, pur simili in tante cose, dimostrano la loro diversità attraverso i contrassegni più esteriori. Ora non sembra che anche i bambini scel- gano come punto di partenza delle loro ricerche sui problemi sessuali questo dato di fatto fondamentale. Dal momento che conoscono il pa- dre e la madre fin da quando ricordano qualcosa della loro vita, ne accettano l'esistenza come una realtà che non richiede ulteriori inda- gini; e allo stesso modo si comporta il maschietto nei confronti di una sorellina da cui lo separi la piccola differenza di età di uno o due anni. La sete di sapere dei bambini non si desta a questo riguardo spon- taneamente, quasi per un bisogno innato di causalità, ma solo sotto il pungolo delle pulsioni egoistiche che li dominano, allorquando — for- se. dopo il compimento del secondo anno di vita — si trovano messi di fronte all'arrivo di un nuovo venuto. Quanto ai bambini la cui casa non è visitata da altre nascite, essi sono in grado di trasferirsi in que- sta situazione basandosi sulle osservazioni da loro fatte in altre case. Il venir meno, direttamente sperimentato o giustamente temuto, delle premure da parte dei genitori, il presentimento di dovere d'ora in poi spartire per sempre ogni possesso con il nuovo venuto hanno per effetto di risvegliare la vita emotiva del bambino e ne acuiscono la capacità di pensare. Il bambino più grandicello manifesta palese osti- lità nei confronti del rivale, ostilità che trova sfogo nel rude giudizio dato del medesimo, o in desideri come quello che “la cicogna se lo possa riprendere”, e porta a volte persino a piccoli attentati all'essere indifeso che giace nella culla. Un maggiore divario di età indebolisce di solito l'espressione di tale ostilità primaria; anzi in età più tarda, qualora manchino fratelli o sorelle, può prendere il sopravvento il de-
  • 6. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 6 siderio di avere un compagno di giuochi, come quelli che il bambino ha potuto osservare altrove. Sotto la spinta di questi sentimenti e di queste apprensioni il bambino giunge a occuparsi del primo grandioso problema della vita e si pone la domanda da dove vengano i bambini, la quale senza dubbio in principio era piuttosto “da dove venisse quel particolare bambino che lo disturba”. L'eco di questa prima enigmatica domanda appare percepibile in innumerevoli enigmi del mito e della leggenda; come o- gni ricerca, questo problema e un prodotto dell'urgenza vitale, quasi che al pensiero fosse affidato il compito di prevenire il ripetersi di e- venti a tal punto temuti. Supponiamo tuttavia che il Pensiero del bambino tosto si liberi da questa sua urgenza e prosegua nelle sue operazioni come pulsione di ricerca indipendente. Se il bambino non è già troppo intimidito sceglie prima o poi il cammino più breve, quello cioè di pretendere una risposta dai genitori o dalle persone che di lui si occupano, i quali ai suoi occhi rappresentano la fonte del sapere. Questo metodo tuttavia fallisce. Il bambino riceve o una risposta eva- siva o un rimprovero per la sua curiosità, oppure viene messo a tacere con quel significativo ragguaglio mitologico che nei paesi tedeschi suona così: “La cicogna porta i bambini dopo essere andata a tirarli fuori dall'acqua.” Ho motivo di ritenere che un numero di bambini as- sai più grande di quello che i genitori non suppongano è insoddisfatto di questa soluzione e solleva contro di essa vigorosi dubbi, anche se non sempre apertamente ammessi. So di un bambino di tre anni il quale, dopo aver ottenuto quella spiegazione, con terrore della sua go- vernante scomparve e fu ritrovato sulla riva del grande stagno adia- cente al castello in cui abitava. Era corso fin lì per osservare i bambini nell'acqua. So di un altro il quale non riusciva a esprimere la propria esitante incredulità se non affermando di sapere meglio come stanno le cose: non sarebbe la cicogna a portare i bambini, ma... l'airone. Da molte comunicazioni risulta, a mio avviso, che i bambini rifiutano di credere alla teoria della cicogna e che a partire da questo primo in- ganno e ripulsa alimentano in sé una sfiducia nei confronti degli a- dulti, acquistano il sospetto di qualcosa di proibito il cui accesso è loro precluso dai “grandi”, e coprono pertanto di segretezza le loro ul- teriori indagini. In tal modo tuttavia hanno anche l'occasione di vivere per la prima volta un “conflitto psichico”; dal momento che possibili spiegazioni per cui avvertono una preferenza di natura pulsionale, e che però non sono “giuste” agli occhi dei grandi, vengono a contrap- porsi a spiegazioni sostenute dall'autorità dei “grandi”, senza per que-
  • 7. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 7 sto risultare loro accette. Da tale conflitto psichico può ben presto ori- ginarsi una “scissione psichica”; la spiegazione connessa con l’ “essere buoni”, ma altresì con la sospensione della riflessione, diventa quella dominante, cosciente; l'altra spiegazione, per la quale il lavoro esplo- rativo ha nel frattempo fornito nuove prove, cui tuttavia non è consen- tito di essere valide, diventa quella repressa, “inconscia”. Viene in tal modo a costituirsi il “complesso nucleare” della nevrosi. L'analisi di un bambino di cinque anni, iniziata dal padre e tra- smessami perché la pubblicassi, mi ha di recente fornito la prova in- confutabile della giustezza di un convincimento sulle cui tracce mi avevano portato da tempo le psicoanalisi di adulti. So adesso che il cambiamento apportato dalla gravidanza alla madre non sfugge all’occhio acuto del bambino e che quest'ultimo dopo un po' è otti- mamente in grado di stabilire l'esatta connessione tra l'accresciuta mole del corpo della madre e la comparsa del bambino. Nel caso men- zionato il bambino aveva tre anni e mezzo quando gli nacque la sorel- lina, e quattro anni e nove mesi quando lasciò indovinare, attraverso le più inconfondibili allusioni, di saperne di più. Questa conoscenza precoce viene tuttavia sempre tenuta segreta e successivamente, in corrispondenza delle ulteriori vicende dell'esplorazione sessuale del fanciullo, rimossa e dimenticata. La “favola della cicogna” non fa quindi parte delle teorie sessuali infantili; al contrario, osservando gli animali, che così poco nascondo- no la loro vita sessuale e ai quali egli si sente così affine, il bambino sempre meno ci crede. Con la conoscenza, da lui raggiunta in modo autonomo, del fatto che i bambini crescono nel corpo della madre, egli sarebbe sulla giusta strada per risolvere il problema che per primo ha messo a prova il suo potere di pensare. Continuando tuttavia ad an- dare avanti, egli trova un impedimento in una ignoranza `cui non gli è possibile rimediare e in false teorie che gli vengono imposte dallo stato della sua sessualità. Queste false teorie sessuali, che ora prenderò in esame, presenta- no tutte una caratteristica assai singolare. Pur essendo grottescamen- te fuori strada, ciascuna di esse contiene una parte di schietta verità, analoghe in questo ai tentativi, considerati “geniali”, fatti dagli adulti per risolvere i più ardui problemi che l'universo pone all'intelletto u- mano. Quello che in tali teorie vi è di corretto e di azzeccato, si spiega per il fatto che esse hanno origine nelle componenti della pulsione sessuale che sono attive già nell'organismo del bambino: tali supposi- zioni scaturiscono infatti non da un arbitrio psichico o da impressioni
  • 8. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 8 casuali, ma dalle necessità della costituzione psicosessuale, ed è per questo che possiamo parlare di teorie sessuali dei bambini tipiche e che troviamo, in tutti i bambini la cui vita sessuale è a noi accessibile, le stesse opinioni erronee. La prima di queste teorie si riallaccia alla mancata osservazione, da noi indicata all'inizio come caratteristica del bambino, delle diffe- renze tra i sessi. Essa consiste nell'attribuire a tutti gli esseri umani, incluse le femmine, un pene, come quello che il maschietto conosce dal proprio corpo. Proprio nella costituzione sessuale che dobbiamo riconoscere come quella “normale”, già nell'infanzia il pene è la zona erogena principale, l'oggetto sessuale autoerotico più importante. Lo- gicamente quindi la stima in cui e tenuto si rispecchia nell'incapacità di immaginare una persona a sé simile che sia priva di questa fonda- mentale parte costitutiva. Quando il maschietto vede i genitali di una sorellina, ciò che egli dice mostra che il suo pregiudizio è già abba- stanza forte da falsarne la percezione; egli non osserva in qualche modo la mancanza del membro, ma dice invariabilmente, come per consolare e rettificare: “Il... è però ancora piccolo; solo quando lei sarà più grande, crescerà.” La rappresentazione della donna provvista di pene ritorna anche in seguito nei sogni dell'adulto; nello stato di ecci- tamento sessuale notturno egli butta a terra una donna, la denuda e si prepara al coito, allorché la vista del membro ben sviluppato al po- sto dei genitali femminili pone termine al sogno e all'eccitamento. I numerosi ermafroditi dell'antichità classica riproducono fedelmente questa rappresentazione che è di tutti nel periodo dell'infanzia; è pos- sibile osservare che essa non riesce ingrata alla maggior parte delle persone normali, laddove le formazioni di fatto ermafroditiche dei ge- nitali che la natura consente destano quasi sempre il più grande ri- brezzo. Se tale rappresentazione della donna provvista di pene si “fissa” nel bambino, se resiste a tutti gli influssi della vita successiva e rende il maschio incapace di rinunciare alla presenza del pene nel proprio oggetto sessuale, l'individuo è destinato a divenire, ferma restando la normalità della sua vita sessuale sotto altri aspetti, un omosessuale, a cercare i propri oggetti sessuali fra i maschi che per altre caratteristi- che somatiche e psichiche gli ricordano la donna. La donna reale, cosi come successivamente viene da lui conosciuta, gli rimane un oggetto sessuale impossibile, dal momento che è priva dell'attrattiva sessuale essenziale; anzi, se correlativa a un'altra impressione della sua vita
  • 9. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 9 infantile, può divenirgli ripugnante. Il bambino dominato principal- mente dall'eccitamento del pene abitualmente si procura piacere sti- molandolo con la mano; allora viene colto sul fatto dai genitori o da chi si prende cura di lui e spaventato con la minaccia che gli verrà ta- gliato il membro. L'effetto di tale “minaccia di evirazione”, straordina- riamente profondo e durevole, è proporzionato al valore che egli attribuisce a questa parte del corpo. Leggende e miti attestano lo sconvolgimento della sua vita emotiva, l'orrore che si riallaccia al complesso di evirazione, il quale verrà anche più tardi ricordato dalla coscienza con la ripugnanza che si merita. I genitali femminili — scor- ti successivamente e interpretati come l'effetto di una mutilazione — richiamano alla memoria questa minaccia, destando nell'omosessuale orrore anziché piacere. Questa reazione non può più in alcun modo venir modificata quando l'omosessuale apprende dalla scienza che la supposizione del bimbo per cui anche la donna sarebbe in possesso di un pene non è tanto lontana dal vero. L'anatomia ha riconosciuto al- l'interno delle pudende femminili, nel clitoride, l'organo omologo al pene; e la fisiologia dei processi sessuali ha potuto aggiungere che questo piccolo pene destinato a non crescere si comporta di fatto nel- l'infanzia della donna come un vero e proprio pene, talché esso divie- ne la sede di eccitamenti che inducono a toccarlo, la sua eccitabilità conferisce all'attività sessuale della bimba carattere maschile, ed è necessario che sopravvenga la rimozione negli anni della pubertà per- ché, scomparsa questa sessualità maschile, venga fuori la donna. Il fatto che in molte donne la funzione sessuale si atrofizzi, o perché il tenace persistere di tale eccitabilità clitoridea le rende insensibili nel coito, o perché la rimozione sopravviene in misura eccessiva al punto da venir parzialmente compensata da formazioni isteriche sostitutive, non dà torto alla teoria sessuale infantile per cui la donna possiede come l'uomo un pene. È facile osservare che la femminuccia condivide pienamente il pa- rere del fratello. Essa sviluppa per questa parte del corpo del maschio un grande interesse, che non tarda tuttavia a essere retto dall'invidia, Si sente in svantaggio, fa tentativi di urinare nella posizione che il possesso del grosso pene consente al maschio, e quando manifesta il desiderio: “Mi piacerebbe essere un maschio”, sappiamo a quale man- canza tale desiderio deve portare rimedio. Se il bambino potesse tener dietro a ciò cui allude l'eccitamento del pene, si porterebbe assai più vicino alla, soluzione del suo pro- blema. Che il bambino cresca nel corpo della madre non è evidente-
  • 10. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 10 mente una spiegazione sufficiente. Come vi arriva? Cosa dà inizio al suo sviluppo? Che il padre c'entri per qualche verso è probabile; egli afferma infatti che il bambino è anche il suo bambino. 1D'altronde an- che il pene svolge certamente la sua parte in questi processi misterio- si; ne è prova il fatto che, a tutto questo lavorio del pensiero, il pene si eccita. Con questo eccitamento sono collegati impulsi di cui il bambi- no non riesce a rendersi conto, oscuri impulsi a un fare violento, a penetrare, a mandare in frantumi, ad aprire in qualche, luogo un bu- co. Quando però il bambino appare in tal modo sulla miglior via per postulare l'esistenza della vagina e considerare la penetrazione della madre a opera del pene paterno come quell'atto che dà origine al bambino nel corpo della madre, a questo punto l'indagine s'interrom- pe lasciandolo perplesso. Gli si para infatti di fronte la teoria secondo cui la madre possiede un pene come un maschio e l'esistenza della cavità che accoglie il pene gli rimane nascosta. È facile supporre che il fallimento di questo sforzo di pensiero faciliti il rigetto e la dimenti- canza dello sforzo stesso. Questo rimuginare e dubitare diviene, tutta- via, esemplare per ogni ulteriore lavoro mentale volto a risolvere dei problemi, e il primo insuccesso ha un effetto paralizzante su tutti i tempi avvenire. Il fatto di non conoscere la vagina consente inoltre al bambino di credere anche nella seconda delle sue teorie sessuali. Se il bambino cresce nel corpo della madre e ne viene poi espulso, ciò può avvenire soltanto attraverso l'unico percorso disponibile costituito dall'apertura anale. Il bambino deve venir evacuato come un escremento, come feci. Nella fanciullezza, allorché questo stesso problema diviene oggetto della riflessione solitaria o della discussione tra due fanciulli, i rag- guagli forniti sono presumibilmente che il bambino esce dall'ombelico che si apre, o che viene estratto dal ventre dopo che questo è stato ta- gliato, come accade al lupo nella favola di Cappuccetto Rosso: tali teo- rie vengono sostenute ad alta voce e poi ricordate anche coscientemente, esse non contengono più nulla di indecente. Quegli stessi fanciulli hanno ormai completamente dimenticato di avere da piccoli creduto a un'altra teoria sulla nascita, cui ora si oppone la ri- mozione, sopravvenuta nel frattempo, delle componenti sessuali anali. Allora l'evacuazione era qualcosa di cui nella stanza dei bambini si 1 Vedi a questo riguardo l’ Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (1908) [Il caso del piccolo Hans].
  • 11. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 11 poteva parlare senza timore e il bambino non era ancora così lontano dalle proprie inclinazioni costituzionalmente coprofile; non era in al- cun modo degradante venire al mondo come un mucchio di feci che il disgusto non aveva ancora condannato. La teoria cloacale, esatta nel caso di tanti animali,' era la più ovvia e la sola che potesse imporsi come probabile al bambino piccolo. Stando così le cose, era soltanto logico che il bambino non ammet- tesse il doloroso privilegio della donna di partorire bambini. Se i bam- bini vengono partoriti attraverso l'ano, l'uomo può partorire non meno della donna. Il maschietto può quindi anche fantasticare di mettere lui stesso al mondo dei bambini, senza che per questo occorra incol- parlo di inclinazioni femminili. Egli si limita in tal modo a manifestare il suo erotismo anale ancora desto. Quando la teoria cloacale si mantiene nella coscienza durante la fanciullezza, cosa che a volte avviene, essa porta con sé anche una so- luzione, a dire il vero non più primaria, del problema relativo all'origi- ne dei bambini. Le cose si svolgono come nella favola: si mangia una data cosa e se ne riceve un bambino. La, „malattia mentale fa poi rivi- vere la teoria infantile della nascita. La maniaca conduce, ad esempio, il medico che la visita a un mucchietto di feci depositato in un angolo della sua cella e gli dice ridendo: “Questo è il bambino che oggi ho partorito.” La terza fra le teorie sessuali tipiche si ha nei bambini quando questi, per una delle occasioni che possono capitare in ogni casa, di- ventano testimoni del rapporto sessuale tra i genitori, che tuttavia so- no in grado di percepire soltanto in modo assai incompleto. Quale che sia comunque la parte di esso che cade sotto la loro osservazione — che si tratti della reciproca posizione delle due persone o di rumori o di talune circostanze accessorie — essi giungono sempre a una stessa concezione, che potremmo chiamare concezione sadistica del coito. Essi vedono cioè in esso qualcosa che la parte più forte infligge con la violenza a quella più debole e lo paragonano — soprattutto i maschi — a una zuffa simile a quelle che essi conoscono dalle loro esperienze di bambini e cui peraltro non manca di frammischiarsi l'eccitamento sessuale. Non ho potuto stabilire che i bambini, osservando ciò che avviene tra i genitori, vi riconoscano il pezzo occorrente per la soluzio- ne del problema della nascita; più spesso, si direbbe che questo nesso venga da loro misconosciuto, proprio perché hanno dato dell'atto d'a- more una simile interpretazione in termini di atto di violenza. Ma il
  • 12. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 12 fatto che essi capiscano le cose in questo modo dà l'impressione di per sé che si tratti di un ritorno di quell'oscuro impulso all'agire crudele che si riallacciava, in occasione della prima riflessione sull'enigma dell'origine dei bambini, all'eccitamento del pene. Non deve nemmeno venir esclusa la possibilità che quel medesimo impulso sadico preco- ce, che era stato sul punto di portare alla scoperta del coito, si sia prodotto sotto l'influsso di oscurissimi ricordi dell'amplesso tra i geni- tori, il cui materiale era stato dal bambino assorbito quando ancora nei primi anni di vita condivideva la camera da letto con i genitori, senza che allora venisse impiegato.2 La teoria sadistica del coito che, da sola, conduce in errore, laddo- ve invece avrebbe potuto fornire una verifica, è ancora una volta l'e- spressione di una delle componenti sessuali innate (che nel singolo bambino può essere più o meno accentuata) e pertanto fino a un certo punto è nel giusto; essa infatti parzialmente scopre quella che è l'es- senza dell'atto sessuale e la “lotta dei sessi” che lo precede. Non di ra- do il bambino è anche in condizione di portar sostegno a questa sua concezione, attraverso percezioni accidentali che egli comprende in parte rettamente, in parte ancora una volta in modo falso o addirittu- ra rovesciato. In molti matrimoni la donna di fatto invariabilmente ri- calcitra all'amplesso maritale, apportatore per lei, invece del piacere, del rischio di una nuova gravidanza, e la madre può quindi dare al bambino ritenuto dormente (o che finge di dormire) un'impressione che non può essere interpretata altrimenti che come un difendersi contro un atto di violenza. Altre volte l'intero matrimonio offre all'at- tento bambino lo spettacolo di un'incessante lite, espressa in parole sonanti e in gesti ostili; il bambino non ha quindi bisogno di meravi- gliarsi se questa lite si prolunga anche durante la notte e alla fine vie- ne conclusa con gli stessi metodi che egli suole impiegare nei rapporti con i suoi fratelli o compagni di giuoco. Il bambino vede inoltre confermata la sua concezione anche quan- do scopre tracce di sangue nel letto o sulla biancheria della madre. Queste sono per lui una prova del fatto che durante la notte ha avuto nuovamente luogo un simile assalto del padre alla madre, laddove noi interpreteremmo questa medesima traccia recente di sangue piuttosto come l'indizio di una pausa nei rapporti sessuali. Più d'una volta l'al- 2 Nel libro autobiografico Monsieur Nicolas, pubblicato nel 1794, Restif de la Bre- tonne conferma questo malinteso sadistico sul coito, nel racconto di un'impressione da lui avuta nel suo quarto anno di vita.
  • 13. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 13 trimenti inspiegabile “orrore per il sangue” dei nervosi trova la propria spiegazione in questo nesso. L'errore del bambino copre anche questa volta un frammento di verità; in talune ben note circostanze la traccia di sangue viene infatti senz'altro giudicata come segno del fatto che il rapporto sessuale ha avuto inizio. Attinente in modo meno diretto all'insolubile problema della pro- venienza dei bambini, anche quello della natura e del contenuto dello stato che ha nome “essere sposati” occupa la mente del bambino, ed egli risponde a questo interrogativo diversamente secondo che in lui si sia verificata o no la coincidenza di percezioni casuali concernenti i genitori con pulsioni proprie che hanno mantenuto un colorito piace- vole. Ciò che appare comune a tutte queste risposte è che egli si ri- promette dall'essere sposato un piacevole soddisfacimento e vi suppone una noncuranza nei riguardi del pudore. La concezione, che ho trovato più di frequente, è che “orinano l'uno davanti all'altra”; una variante, che sembra accennare simbolicamente a una conoscenza più estesa, è che “il marito orina nel vaso da notte della moglie”. Altre volte il senso del matrimonio è posto nel fatto che “ci si mostra a vi- cenda il didietro” (senza provare vergogna). In un caso in cui l'educa- zione era riuscita a differire di un tempo particolarmente lungo la conoscenza sessuale, una ragazza di quattordici anni che già aveva cominciato ad avere le mestruazioni si fece, in base alle sue letture, l'idea che l'essere sposati consista in un “miscuglio del sangue”, e, poiché sua sorella non aveva ancora i suoi cicli, l'impudica cercò di assalire una visitatrice che aveva confessato di avere proprio allora i mestrui, al fine di costringerla a questo “miscuglio di sangue”. Le opinioni infantili sulla natura del matrimonio, che non di rado vengono mantenute dal ricordo cosciente, hanno grande importanza per la sintomatologia della successiva malattia nevrotica. Esse si e- sprimono dapprima nei giuochi dei bambini, in cui l'uno fa con l'altro ciò che per lui costituisce l'essere sposati; più tardi, poi, il desiderio di essere sposato può scegliersi la forma di espressione infantile, mani- festandosi in una fobia, che è in un primo momento irriconoscibile, o in un corrispondente sintomo.3 3 I giuochi più significativi per le future nevrosi sono il “giuoco del dottore” e quello “del papà e della mamma”.
  • 14. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 14 Sarebbero queste le più importanti teorie sessuali del bambino che siano, insieme, tipiche, prodotte negli anni della seconda infanzia e sorte spontaneamente, sotto il solo influsso delle componenti pulsio- nali del sesso. So di non essere riuscito né a presentare un materiale completo né a costruire una connessione priva di lacune con la rima- nente vita dei bambini. Posso qui aggiungere alcune singole osserva- zioni supplementari, di cui altrimenti ogni persona informata sentirebbe la mancanza. Così ad esempio, la significativa teoria secondo la quale si può a- vere un bambino per mezzo di un bacio, tradisce ovviamente il pre- dominio della zona erogena orale. In base alla mia esperienza, questa teoria è esclusivamente femminile e assume talora carattere patogeno in fanciulle la cui indagine sessuale ha subito nell'infanzia le più forti inibizioni. Una delle mie pazienti è giunta attraverso un'osservazione casuale alla teoria della couvade, che notoriamente presso taluni popoli è un costume generale e che probabilmente ha lo scopo di opporsi ai dubbi mai sufficientemente messi a tacere relativi alla paternità. Poiché uno zio piuttosto bizzarro rimase in casa per giorni interi dopo la nascita del proprio bambino e ricevette i visitatori in veste da camera, essa ne concluse che entrambi i genitori concorrono alla nascita e che devono andare a letto insieme. L'informazione sessuale raggiunge i fanciulli intorno al decimo o undicesimo anno di vita. Un fanciullo, cresciuto in condizioni sociali meno inibite o che ha avuto più fortunate occasioni di osservare, co- munica agli altri quello che sa; in tal modo infatti può sentirsi maturo e superiore. Quello che i bambini in tal modo apprendono è perlopiù esatto; viene cioè loro rivelata l'esistenza della vagina e il fine di que- sta. Per il resto, tuttavia, queste spiegazioni che essi ricevono l'uno dall'altro contengono non di rado del falso, residui delle anteriori teo- rie sessuali infantili. Quasi mai sono complete ed esaurienti ai fini della soluzione dell'antichissimo problema. Come in precedenza l'i- gnoranza riguardo alla vagina, così ora quella riguardo al seme osta- cola la comprensione dell'intero contesto. Il bambino non può indovinare che dal membro maschile viene emessa anche una sostan- za diversa dall'urina, e talora una “innocente fanciulla” si mostra sde- gnata perfino nella notte di nozze per il fatto che il marito “orina in lei”. A queste informazioni ottenute negli anni della prepubertà si rial- laccia un rinnovato slancio dell'esplorazione sessuale del bambino; ma le teorie che i fanciulli ora producono non hanno più la tipica e o-
  • 15. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 15 riginaria impronta, che era caratteristica di quelle primarie piccolo- infantili, allorquando le componenti sessuali infantili potevano senza inibizioni e cambiamenti trovare espressione in teorie. I successivi sforzi di pensiero intesi a risolvere l'enigma sessuale non mi sono sembrati meritevoli di essere raccolti; essi inoltre possono in misura assai limitata pretendere ancora a un significato patogeno. La loro molteplicità dipende naturalmente in primo luogo dalla natura della spiegazione ottenuta; la loro importanza tuttavia sta piuttosto nel fat- to che ridestano le tracce divenute inconsce di quel primo periodo del- l'interesse sessuale, di modo che non di rado ad esse si riallaccia un'attività sessuale masturbatoria e parte dell'affrancamento emotivo dai genitori. Donde il verdetto di condanna degli educatori, secondo cui una spiegazione del genere “corromperebbe” in questi anni i bam- bini. Alcuni pochi esempi possono indicare quali elementi entrano spes- so a far parte di queste tarde congetture sulla vita sessuale su cui si soffermano i fanciulli. Una fanciulla ha udito dalle compagne di scuo- la che il marito dà alla moglie un uovo, che questa cova nel suo corpo. Un ragazzo, che ha udito anch'egli dell'uovo, identifica, quest' “uovo” con ciò che volgarmente viene chiamato allo stesso modo, vale a dire con il testicolo, e si rompe la testa per sapere come in tal caso il con- tenuto dello scroto possa di continuo rinnovarsi. Raramente le spiega- zioni sono esaurienti al punto da prevenire sostanziali incertezze sui fatti sessuali. Le ragazze possono, ad esempio, giungere ad aspettarsi che il rapporto sessuale abbia luogo una volta sola, ma che allora in compenso abbia una durata lunghissima, ventiquattr'ore, e che da questa volta sola provengano l'uno dopo l'altro tutti i bambini. Si po- trebbe pensare che queste fanciulle abbiano acquistato conoscenza del processo di riproduzione tipico di certi insetti; questa supposizione non trova però conferma e la teoria appare come una creazione auto- noma. Altre fanciulle non tengono conto del periodo di gestazione — della vita nel corpo della madre — e suppongono che il bambino venga al mondo subito dopo la notte del primo rapporto. Marcel Prévost è partito da quest'errore fanciullesco per trarne una divertente storiella in una delle sue Lettere di donne. Il tema di questa tarda esplorazione sessuale dei bambini o degli adolescenti rimasti allo stadio di bimbi è difficile da trattare compiutamente e forse in genere non privo d'im- portanza, ma è più lontano dal mio interesse. Devo soltanto ancora ri- levare che in questa materia vengono dai bambini dette molte cose
  • 16. Sigmund Freud, Teorie sessuali dei bambini (1908) www.associazionesalus.it 16 inesatte, il cui fine è di contraddire una conoscenza più antica, mi- gliore, ma divenuta inconscia e rimossa. Anche il modo in cui i bambini reagiscono alle informazioni che ri- cevono ha il suo significato. In alcuni la rimozione sessuale si è spinta tanto oltre che non vogliono ascoltare nulla, e questi riescono anche a rimanere fino in tarda età ignari, apparentemente ignari almeno, fin- ché nella psicoanalisi dei nevrotici non viene alla luce il sapere che trae origine dalla seconda infanzia. So anche di due ragazzi fra i dieci e i tredici anni i quali prestarono sì ascolto alla spiegazione sessuale, ma la rifiutarono dando all'uomo che se ne era reso garante la se- guente risposta: “Può darsi che tuo padre e altre persone facciano qualcosa del genere, ma so di certo che mio padre non lo farebbe mai.” Per molteplice che possa essere questo successivo comporta- mento dei bambini nei confronti del soddisfacimento della curiosità sessuale, per gli anni dell'infanzia vera e propria possiamo comunque supporre un comportamento assolutamente uniforme e credere che in quegli anni tutti hanno aspirato col massimo zelo a sapere quello che i genitori fanno insieme, in modo che poi ci siano dei bambini.
  • 17. 17 “TEORIE SESSUALI DEI BAMBINI” (1908) LETTURA E COMMENTO DEL TESTO FREUDIANO di Giacomo B. Contri Nello scorso incontro si è detto che si sarebbe lavorato scegliendo testi, leggendoli insieme e commentandoli: scelta e commento uniti in funzione del criterio di individuare i testi e commentarli in due sensi: 1) sceglierli come quelli che meglio ci consentono di dimostrare, non solo sostenere, l’aver ragione di Freud; 2) scegliere quei testi che contengono all’interno dello scritto di Freud stesso una discussione, ossia in cui è Freud stesso a chiedersi se lui ha ragione. E infatti avevo proposto l’altra volta per primo Teorie sessuali dei bambini (1908), perché è uno di quei testi in cui è Freud stesso, in un tempo successivo, a dire che ci ha ripensato e non è più tanto convin- to di ciò che ha scritto. Per il prossimo incontro di Il Lavoro Psicoanalitico suggerisco la let- tura di L’acquisizione del fuoco (1931) e Pulsioni e loro destini (1915). Ma anche per la lettura di Freud varrebbe la pena di adottare un si- stema che ho sempre asserito che è la scelta a caso. Quanto a Teorie sessuali dei bambini, è inutile dire che teoria e pensiero elaborante, per noi sono la stessa cosa. Associate subito que- sta parola: “teoria”, a teorie elaborate di una attività pensante, quindi di un soggetto pensante, di un io grammaticale pensante o meglio un io grammaticale riconoscibile come autore della teoria costruita. Si tratta di teorie. La parola teorie è usata da Freud in modo serio, specialmente alla sua epoca: l’idea di teoria appartiene all’epoca già fine ‘800, ma in quest’epoca l’affermarsi della parola teoria non è un affermarsi banale, anche se noi oggi usiamo la parola teoria in modo lasco, rilassato, come dicesse poco. Freud sceglie la parola teoria in modo scandaloso perché dice che anche i bambini fanno teorie, in un’epoca in cui la parola teoria è una parola rilevante nel mondo della scienza. Dal testo:
  • 18. www.associazionesalus.it 18 Ai bambini non viene attribuita alcuna attività sessuale. Ho una nota a margine che aggiunge l’aggettivo teorica ad attività. L’insieme del testo giustifica questa osservazione: Uno dei risultati più validi delle nostre ricerche psicoanalitiche è che le loro nevrosi non hanno un contenuto psichico particolare. “Le loro nevrosi”: è un lapsus di Freud o del traduttore, perché sem- bra riferito a “le ricerche psicoanalitiche”. Ma di solito Freud non face- va lapsus di questa specie. L’affermazione che le nevrosi non hanno un contenuto psichico particolare è importante: provate a sostituire l’aggettivo psichico con la parola pensiero, teorico: il contenuto di pen- siero della psicopatologia non è un contenuto diverso da quello della normalità. Quindi la psicopatologia non riguarda il contenuto teorico. Se da bambino ho pensato che io sono nato o che i bambini nascono perché papà e mamma si sono dati la mano, come in un caso esami- nato oggi con Marcello Battiston, il contenuto della teoria è falso, ma in ogni caso non patologico. In più, questo contenuto dice che è stato necessario un lavoro teorico al fine di poter concepire la generazione. La conclusione complessiva di Freud è che affinché vi sia generazione e non solo un’idea della generazione, occorre che vi sia una teoria del generare e Freud ha ragione. La condotta reale effettiva – dice Freud – passa per una mediazione teorica. Sarà la mia teoria sessuale infanti- le e la sua vicissitudine quando sarò adulto che mi consentirà di ave- re o non avere rapporti con l’altro sesso, di generare o non generare. Ho detto così il momento astrattivo, costruttivo, teorico, condizione della pratica, in questo caso della vita sessuale stessa. Noi caratteriz- ziamo la psicosi come assenza della teoria adeguata a rendere conce- pibile il rapporto con l’altro sesso. Se, dopo aver rinunciato alla nostra corporeità, potessimo, puri esseri pensanti, − già qui non è Cartesio. Questa frase equivale a dire che, solo che non si rinunci soggettivamente alla corporeità, corpo e pensiero sono in buone relazioni. Occorre dunque un passaggio patologico per arri- vare a doversi porre il problema di quali sono i rapporti fra pensiero e corpo; senza patologia non occorre porre il problema dei rapporti pen-
  • 19. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 19 siero-corpo. Anzitutto tali rapporti sono. È importantissimo questo, è l’anti-cartesianesimo di Freud − guardare con occhi nuovi le cose di questa terra, ad esempio da un altro pianeta, nulla colpirebbe forse maggiormente la nostra attenzione dell’esistenza fra gli esseri umani di due sessi. Già qui abbiamo Freud, perché non starebbe a dire che colpirebbe: venendo da un altro pianeta uno si aspetterebbe anche le cose più bizzarre come noi quando abbiamo fatto dei film sui marziani. Fino all’osservazione puramente empirica che c’è un sesso maschile e c’è un sesso femminile, un extra-galattico che arrivasse fin qui non sa- rebbe affatto stupito: sarebbe solo una stranezza entomologica come tante altre. Qui Freud sta già osservando che non è l’osservazione bio- logica ciò che stupirebbe l’extra-terrestre. Ora non sembra che anche i bambini scelgano come punto di partenza delle loro ricerche sui problemi sessuali questo dato di fatto fondamenta- le. Dal momento che conoscono il padre e la madre fin da quando ricor- dano qualcosa della loro vita, ne accettano l’esistenza come una realtà che non richiede ulteriori indagini; e allo stesso modo si comporta il ma- schietto nei confronti di una sorellina da cui lo separi la piccola differen- za di età di uno o due anni. La sete di sapere dei bambini non si desta a questo riguardo spontaneamente, quasi per un bisogno innato di causa- lità − questa è un’affermazione forte di Freud, tanto è vero che quando ar- riva la grande traditrice di Freud che è Melanie Klein, si inventa che c’è la pulsione epistemofilica che si oppone in linea diretta a questa frase di Freud. La pulsione epistemofilica dice che il bambino ha il bi- sogno innato di causalità − ma solo sotto il pungolo delle pulsioni egoistiche − dove egoistico qui significa semplicemente che ha un Io che è inte- ressato a come gli va la vita e a che la vita gli vada bene. Proseguendo la lettura, queste vicende, quali che siano le vicende successe in mez- zo, la sorellina o la nascita di un nuovo bambino, dice Freud: ne acuiscono la capacità di pensare. Lo riprendiamo al Corso domani, sul rapporto pensiero-università. Poi Freud ritorna per un momento sul pensiero del rivale. Fra i passi
  • 20. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 20 che un giorno dovremmo scegliere, sarà uno dei passi tardivi in cui Freud fa delle concessioni al pensiero della rivalità e dell’aggressività. Però già qui ammette l’idea di un’ostilità primaria; ecco un capitolo sul quale ritornare a suo tempo. Sotto la spinta di questi sentimenti e di queste apprensioni il bambino giunge a occuparsi del primo grandioso problema della vita e si pone la domanda da dove vengano i bambini. Allora, si tratta di sapere se Freud è idiota o no a chiamare questa domanda “grandioso problema della vita” e subito dopo la descrive come “enigmatica domanda”, ossia se siamo di fronte a un caso di sentimentalismo freudiano che cerca di immaginarsi quali siano i pensieri dei bambini e soprattutto immaginarsi che ce ne siano piut- tosto che non essercene nessuno. Ancora una volta il contrapposto di Melanie Klein per la quale di pensieri non ce n’è assolutamente nes- suno. Come ogni ricerca, questo problema è un prodotto dell’urgenza vitale, − e qui non è ancora determinata quale sia l’urgenza vitale e perché mai ci sarebbe una tale urgenza vitale. In ogni caso urgenza vitale si- gnifica che c’è un’urgenza vitale che per noi per ora è un’incognita, che presiede alla capacità di pensare e che fa sorgere queste domanda qualificata come “grandiosa” ed “enigmatica”. O ha torto o ha ragione a dire che si sta occupando di pensieri non solo seri, ma reali. Anche perché non sta trattando una questione infantile, sta trattando una questione che nasce nel bambino e che resta grandiosa ed enigmatica per l’esistenza di chiunque, grande o piccino. Inoltre, il collocarla co- me Frage, come domanda grandiosa ed enigmatica è parlare come parlano alcuni filosofi antichi e moderni, che ci sono alcune Fragen, alcune questioni fondamentali e primarie, ossia che non sta facendo della psicologia infantile. Questo passaggio è capitale. Freud avrebbe torto se stesse facendo quella che si dice psicologia dell’età evolutiva. E infatti nella nota abbiamo già la produzione di una catastrofe: “La parte che ha l’ “urgenza vitale” nello “sviluppo psichico”. Ciò che so- steniamo è che non c’entra nulla lo sviluppo psichico. Freud sta di- cendo che è una questione fondamentale dell’umanità, come sarebbe la questione dell’essere o ogni altra questione fondamentale.
  • 21. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 21 Quindi, il nostro dire: “Freud ha ragione”, e dunque l’alternativa: “Freud ha torto”, riguarda un punto come questo: non si tratta di una questione della psicologia infantile, ma di una questione fondamenta- le in qualsiasi tempo della vita e quindi anche di una questione senza tempo, non è una tappa della vita. Una volta dicevamo che l’infanzia per Freud è terminus a quo e non tappa. Che là sia cominciata la que- stione, non significa che in quel lasso di tempo ci si è occupati di cose in fondo inutili, semplici gradini iniziali di ciò che verrà elaborato in un tempo successivo, dove quella questione sarà abbandonata.4 Freud dice che la questione non sarà mai abbandonata. E notate co- me è questione di pensiero: si tratta di capacità di pensare. È addirit- tura un linguaggio kantiano: la capacità di pensare, la capacità di desiderare, la capacità di giudicare. Questi termini di Freud si pongo- no al medesimo livello − quasi che al pensiero fosse affidato il compito di prevenire il ripetersi di eventi a tal punto temuti. Supponiamo tuttavia che il pensiero del bam- bino tosto si liberi da questa sua urgenza e prosegua nelle sue operazio- ni come compulsione di ricerca indipendente. Qui commenterei soltanto che questa “compulsione di ricerca in- dipendente” non è la compulsione epistemofilica, ma il pensiero ha cominciato a lavorare per suo conto. Noi potremmo anche dire “com- pulsione di ricerca indipendente”: è uguale a “Io costituito”. Se il bambino non è già troppo intimidito, − su questo punto noi da anni siamo meno timidi di Freud e questa frase noi la trasformiamo in “se il bambino non è già troppo malato”. Mi piacerebbe di stare traducendo dal tedesco; il traduttore ha tradot- to con “intimidito” e può darsi che sia così, ma mi piacerebbe vedere − sceglie prima o poi il cammino più breve, quello cioè di pretendere una risposta dai genitori o dalle persone che di lui si occupano, i quali ai suoi occhi rappresentano la fonte del sapere. Questo metodo tuttavia fallisce. Il bambino riceve o una risposta evasiva o un rimprovero per la sua cu- riosità. 4 Questo è l’unico punto dove il testo, che riportiamo qui di seguito, ha avuto biso- gno di una revisione: “È là che è cominciata la questione, non è in quella zona del tempo che ci si è occupati di queste in fondo inutili o soltanto gradini iniziali di ciò che verrà in un tempo successivo che abbandonerà quella questione.” (N.d.C)
  • 22. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 22 Il rimprovero per la curiosità equivale all’ingiuria, all’offesa, al trauma, alla parola “tu non pensi”, “il tuo pensiero non ha valore” e successivamente diventerà: “il pensiero non ha valore”. L’abbiamo chiamato anche esautorazione, inabilitazione. Poi parla di capacità di pensare, di inabilitazione della capacità di pensare, esautorazione del- la facoltà. Vedete come la stessa psicologia della facoltà di cui abbia- mo parlato tante volte era addirittura incapace di parlare del pensiero come facoltà. Le facoltà c’erano tutte, ma non c’era la facoltà di pen- sare. Quindi la psicologia delle facoltà dei vecchi tempi antichi era del tutto irrilevante. Freud si sta occupando di una facoltà, di una capa- cità che nessuna psicologia della facoltà ha mai preso in considera- zione. Allora delusione, non soddisfazione dell’intelletto infantile da parte delle risposte. Abbiamo anche detto giudizio infantile, perché questa insoddisfazione corrisponde a un giudizio: “io domando e tu non sei all’altezza di rispondermi”. Tu, padre e madre, ti comporti come l’analista che sta zitto. Attenzione: l’analista che sta zitto, se sta zitto per principio fa semplicemente la figura del papà e della mamma che non sanno rispondere. Non è una regola tecnica il silenzio. Questo è molto tipico di un non analizzato: il silenzio viene praticato da alcuni analisti come se facesse parte della tecnica, e non è assolutamente ve- ro: è che il silenzio in analisi è la medesima cosa che aspettare davan- ti al semaforo: l’analista si muove solo quando il semaforo diventa verde, ossia quando nel lavorare l’analizzando arriva a un verde, ossia che c’è un’occasione per l’analista per intervenire. È l’unica ragione. Se c’è qualcosa che non fa parte della tecnica analitica, è il silenzio. Come tale nell’analisi, l’analista è attore, agente esattamente come il paziente. Poi qui Freud parla della cicogna. E il bambino che va a ve- dere nello stagno per vedere i bambini che la cicogna porterebbe, e torna dicendo che non è la cicogna a portare i bambini, ma l’airone, sfotte i suoi genitori. Da molte comunicazioni risulta, a mio avviso, che i bambini rifiutano di credere alla teoria della cicogna e che a partire da questo primo inganno − sottolineiamo la parola inganno perché a mio parere è descrittiva- mente legittima: si tratta effettivamente di inganno, ossia di atto lesivo compiuto sull’intelletto del bambino. Per questo la parola trauma è adeguata. Il trauma non è sessuale, ma intellettuale. I sessi non han-
  • 23. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 23 no il minimo potere di esercitare alcun trauma. Dicendo questo mi ri- ferisco al dibattito da cui Freud non è completamente uscito sull’essere la vicenda primitiva stata reale o soltanto fantastica. È l’incertezza di Freud medesimo sull’avere i fatti sessuali medesimi un potere traumatico oppure no. La nostra conclusione è che non hanno potere traumatico: non c’è nulla del reale osservabile che come tale abbia potere traumatico di nessuna specie. È l’inganno, il trauma, in quanto l’inganno priva della capacità di pensare. E l’angoscia stessa un giorno sarà il segnale dell’incapacità di pensare. Poiché la capacità di pensare è condizione legale dell’agire, l’angoscia segnala questa in- capacità di arrivare a termine − inganno e ripulsa alimentano in sé una sfiducia nei confronti degli adulti − e ogni adulto osserva che un bel giorno il suo bimbo smette di par- largli come gli parlava con tanta fiducia l’anno prima. Il che mostra il realismo della condotta del bambino: se non ho motivo di fiducia per- ché andare avanti come se mi fidassi? Quindi il ritiro della fiducia è una condotta perfettamente realistica − acquistano il sospetto di qualcosa di proibito − parola da riprendere, proibito, perché la gran parte degli analisti già tanti decenni fa interpretavano il proibito come la proibizione ufficiale, la repressione, il non bene. Si tratta di qualcosa di diverso − il cui accesso è loro precluso dai “grandi”, e coprono pertanto di segre- tezza le loro ulteriori indagini. In tal modo tuttavia hanno anche l’occasione di vivere per la prima volta un “conflitto psichico”, dal mo- mento che possibili spiegazioni per cui avvertono una preferenza di na- tura pulsionale, e che però non sono “giuste” agli occhi dei grandi, vengono a contrapporsi a spiegazioni sostenute dall’autorità dei “grandi”. Il complesso nucleare di cui parla qui, poi complesso edipico, lo vediamo nascere come conseguenza di un errore prodotto da un in- ganno e da un inganno che a sua volta risale a una incapacità di pen- sare da parte dei genitori. Nel caso menzionato il bambino aveva tre anni e mezzo quando gli nac- que la sorellina, e quattro anni e nove mesi quando lasciò indovinare, at- traverso le più inconfondibili allusioni, di saperne di più.
  • 24. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 24 Ossia fa sapere che aveva capacità di pensare. Questa conoscenza precoce viene tuttavia sempre tenuta segreta e suc- cessivamente, in corrispondenza delle ulteriori vicende dell’esplorazione sessuale del fanciullo, rimossa e dimenticata. Quante volte abbiamo detto che il bambino nel dialogo con la ma- dre fa sapere che ha pensato tutto quello che c’era da pensare, non solo sapere osservativamente, ma anche con costruzioni e deduzioni, ossia con lavoro del pensiero. La risposta della madre al bambino gli dirà che il suo pensiero non vale nulla, che le sue costruzioni e dedu- zioni sono delle “bambinaggini”: lo esautora. A partire dall’esautorazione, il bambino non pensa più. Ed è a partire dal non pensare più che si ammala. È sempre stata questa la ricostruzione del trauma, peraltro compiuta da Freud nel caso del piccolo Hans. La “favola della cicogna” non fa quindi parte delle teorie sessuali infantili. È molto bravo Freud in questo punto, dato che sta parlando in un’ epoca in cui a nessuno veniva in mente di pensare intorno a questi argomenti. Oggi noi facciamo parte di un’epoca in cui la cosa è ancora peggiorata, e non migliorata. Almeno l’epoca di Freud era un’epoca di relativa ingenuità. Quando dice che la favola della cicogna non fa par- te delle teorie sessuali infantili, dice una cosa importantissima in quell’apparente ovvietà di certi passaggi come questo. Perché è rile- vante che non torni alla favola della cicogna? Perché la favola della ci- cogna è o una teoria naturalistica – e Freud dice che le teorie infantili non sono teorie naturalistiche, come nascere sotto i cavoli – né teorie di carattere magico; quindi nell’elaborare teorie sessuali Freud, nell’escludere la favola della cicogna, esclude che si tratti di teorie scientifiche o parascientifiche, o di teorie di natura magico- miracolosa, ma insiste che si tratta di teorie razionali. L’importante è non essere scientifici secondo l’ordine delle scienze della natura. Ma se non sono teorie scientifiche o magiche, di che teorie si tratta, qual è la loro natura? E in seguito dice che si tratta di teorie riguardanti le condizioni dei rapporti fra l’uomo e la donna. Notate, non anzitutto dei rapporti sessuali, ma dei rapporti, di come fa a stabilirsi un rapporto. In un’accezione del giuridico che non è quella del tribunale dello Sta- to, diciamo che sono teorie giuridiche, di come un rapporto possa porsi.
  • 25. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 25 Con la conoscenza, da lui raggiunta in modo autonomo, del fatto che i bambini crescono nel corpo della madre, egli sarebbe sulla giusta strada per risolvere il problema che per primo ha messo a prova il suo potere di pensare. Continuando tuttavia ad andare avanti, egli trova un impedi- mento in una ignoranza cui non gli è possibile rimediare e in false teorie che gli vengono imposte dallo stato della sua sessualità. Io farei il nesso fra queste due frasi coordinate dalla e, le metterei in rapporto di subordinazione logica: l’ignoranza del bambino è il ri- sultato di una falsa teoria imposta. Queste false teorie sessuali, che ora prenderò in esame, presentano tutte una caratteristica assai singolare. Pur essendo grottescamente fuori strada, ciascuna di esse contiene una parte schietta di verità, analoghe in questo ai tentativi, considerati “geniali”, fatti dagli adulti per risolvere i più ardui problemi che l’universo pone all’intelletto umano. Più avanti: se il bambino potesse tener dietro a ciò cui allude l’eccitamento del pene, si porterebbe assai più vicino alla soluzione del suo problema. Che il bambino cresca nel corpo della madre non è evidentemente una spiega- zione sufficiente. Come vi arriva? Cosa dà inizio al suo sviluppo? Che il padre c’entri per qualche verso è probabile; egli afferma infatti che il bambino è anche il suo bambino. Pensate che salto di civiltà fra la pagina che stiamo leggendo e l’educazione sessuale nelle scuole: è una cosa da selvaggi. È assolu- tamente selvaggia l’idea di educazione sessuale, perché è la censura totale che il bambino ha già cominciato a pensare intorno a tutto que- sto. Ci si mette a insegnare che il papà fa così, la mamma fa cosà e nascono i bambini. È molto peggio che i selvaggi, c’è qualcosa di cri- minale, perché è un atto censorio non solo di questa pagina, ma di questa pagina in quanto questa pagina è reale in ogni bambino che viene al mondo. D’altronde anche il pene svolge certamente la sua parte in questi proces- si misteriosi; − laddove misterioso, se si trattasse di spiegare che il papà fa così e la mamma fa cosà, la natura fa il suo corso… misterioso è l’educazione sessuale. L’interessante è il chiedersi “ma dov’è il misterioso” per il
  • 26. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 26 bambino, dato che una volta usciti dai soliti fumi sappiamo che nes- sun bambino è specialmente eccitato dal fatto di venire informato di come va il mondo. Date a qualsiasi bambino le riviste più porno sulla faccia della terra e, alla lettera, non farà una piega − ne è prova il fatto che, a tutto questo lavorio di pensiero, il pene si eccita. Interessante osservazione, perché non sta affatto alludendo ai fan- tasmi. Fra lavoro del pensiero, capacità di pensare e fantasma non c’è rapporto. Non è obbligatorio che ci sia opposizione, perché il fanta- sma, l’abbiamo sempre detto, è una cosa normale. Già risulta ovvio se correttamente si traduce la parola Phantasie dal tedesco, che in ita- liano si dice fantasia e non fantasma, perché fantasma come quelli del castello anche in tedesco si dice Gespenst. In italiano si è tradotto fan- tasma, che vuol dire anche il fantasma del castello, là dove in tedesco non ci si sognerebbe mai di usare la parola fantasma (anche se gli psicoanalisti tedeschi dicono Phantasmata). Freud ha usato la parola fantasia. Questo slittamento linguistico contribuisce alla confusione. Il lavoro di fantasia è un lavoro di pensiero come altri, un lavoro normale. La fantasia o fantasma patologico sta e sta solo nella fissa- zione, nell’essere diventata unica. Di patologico c’è solo la fissazione nella fantasia, il totalitarismo di quei due o tre fantasmi. Mentre il la- voro di fantasia è il lavoro normale di pensiero. In ogni caso il lavorio di pensiero non è il fantasma, ma il fantasma è soltanto uno dei pos- sibili prodotti del pensiero. Con questo eccitamento sono collegati impulsi − ancora una volta noi vediamo la genesi dell’eccitamento: non è affat- to, dice Freud, una genesi naturalistica; c’è di mezzo il passaggio in- termedio del lavoro di pensiero. È quello che nella nostra teoria è β, è il corpo che diventa fonte dell’eccitamento; dopo essere stato eccitato dall’esterno diventa esso stesso (fonte)5 di eccitamento via elaborazio- ne. E poi è esattamente ciò su cui si fonda la pornografia, perché la pornografia dice: se tu non sai pensare un qualche prodotto del pensa- re te lo fornisco io. È una sostituzione del lavoro che a partire dal sin- golo è diverso dal lavoro pornografico, offre un sostituto del pensiero 5 Nel testo è omessa la parola “fonte” (N.d.C.).
  • 27. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 27 come prodotto finito senza passaggio per l’elaborazione propria, ossia quello che qui è chiamato lavorìo − di cui il bambino non riesce a rendersi conto, oscuri impulsi a un fare violento, a penetrare, a mandare in frantumi, − questo è un argomento che affronteremo leggendo Pulsioni e loro de- stini. Il quesito è: ma perché proprio Freud, che è riuscito a inventarsi la pulsione, legge di moto – fonte-oggetto-spinta-meta –, poi in Pulsioni e loro destini allorché deve occuparsi di quali sono i destini riesce a concepire solo la rimozione, il sadismo-masochismo, e la sublimazio- ne, ossia qualcosa che è patologico? È così difficile concepire il destino normale della pulsione? È uno dei problemi di Freud, senza alcun dubbio, il quale simultaneamente continua a sostenere che la norma- lità non è una chimera e che l’Io è uno solo, etc. Stiamo arrivando al termine di quello che mi pareva buono com- mentare − ad aprire in qualche luogo un buco. Sottolineiamo la parola buco: è qui che il nostro banale pensiero, quando è banale, diventa (…) Quando però il bambino appare in tal modo sulla miglior via per postu- lare l’esistenza della vagina e considerare la penetrazione della madre a opera del pene paterno come quell’atto che dà origine al bambino nel corpo della madre, a questo punto l’indagine si interrompe lasciandolo perplesso. Gli si para infatti di fronte la teoria secondo cui la madre pos- siede un pene come un maschio − sottolineate questo punto. È un’altra teoria la sua nemica. L’obiezione alla teoria del corretto lavorare infantile è un’altra teoria, con il connotato menzognero di questo falso. Non tutte le teorie false sono menzognere. La risposta della mamma al piccolo Hans, al quale dice di essere costituita sessualmente come un uomo, oppone alla te- oria correttissima del bambino un’altra teoria che è falsa: gli mente e gli si para di fronte. Il bambino cede: è il giudizio del bambino che ce- de. Non è il bambino che si inventa la fase fallica: è una obiezione fal- sa venutagli dall’esterno. Gli viene imposta la teoria che anche la donna sarebbe costituita come l’uomo. Nell’espressione “gli si para di fronte”, anche nel modo blando di tradurre Freud che abbiamo da noi,
  • 28. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 28 almeno qui l’espressione è rimasta intatta: “gli si para di fronte”. E an- che qui abbiamo l’idea che c’è un conflitto che parte dall’esterno. Co- me dicevamo una volta, il conflitto psichico è una rielaborazione propria del conflitto esterno in modo che in qualche modo i conti tor- nino ancora. Perché è importante che il conflitto psichico è una riela- borazione pur sempre nel principio di piacere? Perché se così non fosse, la teoria – per esempio della madre del piccolo Hans che gli si para di fronte – farebbe di lui uno psicotico, mentre per fortuna ne fa solo un nevrotico e peraltro infantile, quindi non un vero nevrotico. Altrimenti avrebbe fatto di lui uno psicotico, ossia che è impossibile ogni idea di rapporto sessuale − e l’esistenza della cavità che accoglie il pene gli rimane nascosta. Ricordo che ero andato a vedere: questo nascosto in tedesco è un- deck, “non scoperto”: una scoperta che aveva già fatto o che era pron- to a fare. Quindi, la teoria che gli si para di fronte è un caso di rinnegamento, di respingimento di una conclusione già raggiunta dal pensiero infantile. Per questo abbiamo detto che l’agire patogeno dell’altro è sempre perverso. È la psicopatologia non clinica nell’altro a occasionare la patologia clinica in me, o nel piccolo Hans. È ciò che di perverso c’è in mio padre e mia madre che farà di me un nevrotico. Non è ciò che c’è di nevrotico in mio padre e mia madre che farà di me un nevrotico. È facile supporre che il fallimento di questo sforzo di pensiero faciliti il rigetto e la dimenticanza dello sforzo stesso. È la vera rimozione. L’oggetto della rimozione non è l’esperienza ta- le o tal’altra, come tutti i film che sono stati fatti sulla psicoanalisi, come quello il cui protagonista ha ucciso il fratellino buttandolo sulla cancellata, o Marnie che ha visto la mamma con il marinaio e lei ha ucciso il marinaio e poi dimentica…6 L’oggetto della rimozione è il mio pensiero stesso, è la facoltà di pensare che ho avuto in un primo tem- po − Questo rimuginare e dubitare diviene, tuttavia, esemplare per ogni ulte- riore lavoro mentale volto a risolvere dei problemi, 6 Il riferimento è a due celeberrimi films di A. Hitchcock, Io ti salverò e Marnie (N.d.C.).
  • 29. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 29 − e questo è il tema di domani. Notate che Freud dice: “dei problemi”, non dice “i problemi dei poveri bambini con i sessi”. Dice che diventa “esemplare per ogni ulteriore lavoro mentale volto a risolvere dei pro- blemi”: Freud sta parlando di una parte del lavoro scientifico e filoso- fico e mentale − e il primo insuccesso ha un effetto paralizzante su tutti i tempi a venire. Il lavoro di pensiero del bambino non ha nulla a che vedere con il riuscire a concepire che la mamma è costituita anatomicamente in un modo e il papà in un altro: è addirittura risibile. Non c’è nulla per ri- tenere che la mente infantile avrebbe una difficoltà a concepire il pene e la vagina. Allora, il buco di cui si tratta è un buco che non ha a che vedere con la costituzione della donna, ma di converso una volta che questo buco non verrà concepito – chiamiamola anche via, via di pen- siero per riuscire a concepire il rapporto – una volta che questo buco che non c’entra con l’anatomia non sarà concepito, il pensiero infanti- le arriverà persino a rinnegare il buco anatomico. E siamo al delirio, alla psicosi, alla perversione. Leggete il tardivo articolo di Freud sulla scissione dell’Io. Perciò il lavoro del pensiero è il lavoro a concepire quale sia la via, il canale, il passaggio attraverso cui il rapporto si ha. Come via intel- lettuale e legale: deve concepire qual è la norma del rapporto – ecco il buco – attraverso cui è intelligente nella sua forma ingenua il pensiero infantile, perché se il pensiero infantile deve fare questo lavorìo per concepire la possibilità del rapporto, significa che al bambino non passa neppure per la mente che siccome il maschio è maschio e la femmina è femmina, allora si congiungeranno. Questa assurda idea, addirittura, almeno all’inizio, non l’ha mai sfiorato. Se si trova obbli- gato a inventarsi in quale maniera potrebbe mai accadere che il papà e la mamma si colleghino in un certo modo, il bambino già parte dal passo corretto: che deve essere un passaggio umano, non un passag- gio biologico, causale. Non c’è sessuotropismo. Il pensiero delirante del sessuotropismo, che i sessi si attraggono, è un pensiero che al bambino non pertiene. È solo l’adulto che delirerà il sessuotropismo. Autentico delirio in senso clinico: lo ritroviamo poi anche in clinica. Lo ritroviamo nella forma pornografica della realtà virtuale, che è un deli- rio espresso in forma tecnologica: che i sessi si attrarrebbero per loro natura, condizione naturale.
  • 30. Giacomo B. Contri, Lettura e commento del testo freudiano www.associazionesalus.it 30 Già il bambino parte dall’idea che perché i sessi si congiungano deve essere accaduto qualcosa di umano che ha comportato un lavoro di pensiero: ossia il porsi di un soggetto in ordine a un altro soggetto. Quando noi insistiamo a dire che c’è stato un primo pensiero, questo è uno dei passi di Freud che ci permette di dire che Freud ha ragione. Freud è l’unico pensatore non solo contemporaneo, ma nella storia dell’umanità, ad asserire che, fuori dei problemi filosofici, del fonda- mento e dell’originario e del primario, c’è stato un primo pensiero e questo primo pensiero è individuale. Poi il primo pensiero è contrasta- to, gli si para contro qualcosa, ma se c’è un primo, il primo è un pen- siero ed è un pensiero che è avvenuto nella vita individuale attraverso un lavorìo di pensiero. Perciò in tutto il pensiero moderno, Freud è l’unico che dà un contenuto all’aggettivo primo. È l’unico caso di qual- cuno che dà un contenuto storico, empirico, individuale, all’asserzione che è esistito un primo: questo primo non è l’originario, non è l’Ur-, non è il pre- di qualche cosa, ma questo primo è un pen- siero che è stato effettivamente pensato da qualcuno e che era un pensiero corretto e motivato non da un’interna esigenza del pensiero, ma da un’urgenza e la parola urgenza perde la sua vaghezza solo se si pensa a cosa significa urgenza: l’urgenza può essere solo o evitare un pericolo o raggiungere uno scopo. Dunque un’urgenza è occasionata da un motivo attuale e presente. La riflessione di Freud non ha nulla a che vedere con la riflessione e filosofica e psicologica sull’originario. Sarà il post-freudismo a but- tarsi sull’originario, il kleinismo a inventarsi che esistono degli stati originari, ossia pre-pensiero: censori del pensiero. Melanie Klein è es- sa stessa patogena per il fatto che deve rinnegare il pensiero esatta- mente come la teoria della madre che si para di fronte al pensiero del bambino, facendogli ostacolo.