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Parma, 15 Dicembre 2009
Comunicazione e
Linguaggio nei
Disturbi dello
Sviluppo
Dott.ssa Erica Santelli
Disturbo Autistico
L’Autismo è definito come una Sindrome
comportamentale causata da un disordine dello
sviluppo biologicamente determinato, con
esordio nei primi tre anni di vita (SINPIA, 2005).
Interessando tutto lo sviluppo mentale, non è un
vero e proprio disturbo infantile, essendo meglio
definibile come disturbo dello sviluppo,
caratterizzato da sintomi anche molto differenti
nelle diverse fasce di età (Frith, 1989).
Diagnosi
Criteri comportamentali per la diagnosi di Autismo:
• DSM-IV-TR (APA, 2001)
• ICD 10 (OMS, 1995)
Entrambi i manuali includono il Disturbo Autistico
in una più ampia famiglia diagnostica (nel DSM IV-
TR: Disturbi Generalizzati dello Sviluppo; nell’ICD
10: Sindromi da Alterazione Globale dello
Sviluppo Psicologico) comprendente disturbi che
implicano una distorsione dello sviluppo che
riguarda la comunicazione verbale e non-verbale, le
capacità sociali e l’attività immaginativa.
Categoria nosografica
Nel DSM-IV-TR:
Disturbo Autistico (F84.0);
Disturbo di Rett (F84.2);
Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza (F84.3);
Disturbo di Asperger (F84.5);
Disturbo Generalizzato dello Sviluppo NAS (F84.9).
Nell’ICD 10:
Autismo Infantile (F84.0);
Autismo Atipico (F84.1);
Sindrome di Rett (F84.2);
Sindrome Disintegrativa dell’Infanzia di altro tipo (F84.3);
Sindrome Iperattiva associata a RM e Movimenti Stereotipati (F84.4);
Sindrome di Asperger (F84.5);
Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F84.8);
Sindrome NS da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F84.9).
Sintomi
Il Disturbo Autistico si manifesta con un pattern
specifico di sintomi riconducibili in particolar modo
a tre aree:
• Interazione sociale reciproca;
• Comunicazione e linguaggio;
• Modelli di comportamento, interessi e attività.
CRITERIO A.
Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da
(1), e una ciascuna da (2) e (3):
(1)
Compromissione qualitativa dell'interazione sociale,
manifestata con almeno 2 dei seguenti:
a. marcata compromissione nell'uso di svariati
comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto,
l'espressione mimica, le posture corporee e i gesti, che
regolano l'interazione sociale;
b. incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate
al livello di sviluppo;
c. mancanza di ricerca spontanea della condivisione di
gioie, interessi o obiettivi con altre persone;
d. mancanza di reciprocità sociale o emotiva.
CRITERIO A.
Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da
(1), e una ciascuna da (2) e (3):
(2)
Compromissione qualitativa della comunicazione come
manifestato da almeno 1 dei seguenti:
a. ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio
parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso
attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti
o mimica);
b. in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione
della capacità di iniziare o sostenere una conversazione;
c. uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio
eccentrico;
d. mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di
giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo.
CRITERIO A.
Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da
(1), e una ciascuna da (2) e (3):
(3)
Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti,
ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno 1
dei seguenti:
a. dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti
e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione;
b. sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali
specifici;
c. manierismi motori stereotipati e ripetitivi;
d. persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
CRITERIO B.
Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una
delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni:
1) interazione sociale;
2) linguaggio usato nella comunicazione sociale;
3) gioco simbolico o di immaginazione.
CRITERIO C.
L’anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di
Rett o al Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
(Diagnosi Differenziale).
Compr. qualit. dell’interazione sociale
L’interazione sociale è definibile come quella
caratteristica propria del genere umano di
condividere emozioni, interessi, attività.
Nei soggetti con Autismo, tale caratteristica è
seriamente compromessa durante tutto il ciclo
vitale e, conseguentemente, risultano atipici alle
diverse età i comportamenti ad essa correlati, come
lo sguardo, il sorriso sociale, l’attenzione e
l’emozione congiunta, la risposta al nome, i
comportamenti atti a richiedere la partecipazione
dell’altro, l’intenzionalità comunicativa.
Compr. qualit. dell’interazione sociale
Questa compromissione deve essere osservata dal
punto di vista qualitativo, vale a dire che è
necessario non limitarsi a considerare la semplice
presenza/assenza di un comportamento, quanto
piuttosto è importante tenere conto del reale
piacere da parte del soggetto di condividere con
l’altro esperienze, affetti ed interessi.
Le diverse modalità con cui può esprimersi hanno
portato ad individuare tre profili (Wing, 1988):
inaccessibili, passivi, attivi-ma-bizzarri.
Compr. qualit. della comunicazione
Tale criterio, anche se fa esplicito riferimento alla
comunicazione, si riferisce in realtà a due distinte
aree funzionali:
la capacità di comprendere e utilizzare i codici
comunicativi (verbali e non) che permettono
all’individuo di entrare in un interscambio;
la capacità di accedere a giochi di finzione,
ovvero di riproporre in chiave ludica situazioni
sociali vissute e mentalmente rielaborate.
Compr. qualit. della comunicazione
Le modalità attraverso le quali il deficit viene
espresso a livello comportamentale possono variare
nel corso dello sviluppo: dal mancato uso del
linguaggio, alla disattenzione nei confronti del
linguaggio degli altri, ad un generale
disinvestimento nel linguaggio verbale non
compensato da modalità alternative di
comunicazione, come gesti o mimica.
Compr. qualit. della comunicazione
Dopo il sesto anno di vita, circa il 50% dei soggetti
riesce ad accedere al linguaggio verbale.
Tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato
(gergolalie, ecolalia, inversioni, stereotipie,
argomenti, difficoltà pragmatiche) e si osserva una
scarsa coordinazione tra gesti, linguaggio corporeo
ed espressioni (Cerbai et al. 2003).
Sul versante della comprensione, gli autistici
mostrano difficoltà a comprendere forme
linguistiche diverse dalla forma letterale, come il
linguaggio figurato o le espressioni ironiche.
Compr. qualit. del gioco
È bene ricordare che il gioco di finzione, anche
normalmente, non segue un carattere del tutto-o-
nulla, ma presenta nel corso dello sviluppo una
complessità progressivamente crescente. Pertanto,
anche nell’Autismo il fatto che un bambino di 2 anni
non faccia giochi di finzione non significa
necessariamente che anche a 5 anni non li
mostrerà. È vero, tuttavia, che un’attività di questo
genere resterà sempre atipica, in quanto
ipostrutturata, limitata a poche azioni riprodotte in
modo meccanico e ripetitivo e priva di un reale
piacere di condivisione (SINPIA, 2005).
Comportamento, interessi e attività
Sono inclusi in questo criterio tutti quei movimenti,
gesti e/o azioni, che per la loro frequenza e la scarsa
aderenza al contesto assumono la caratteristica di
comportamenti atipici e bizzarri.
I punti (a) (dedizione assorbente) e (d) (interesse
per parti di oggetti) sembrano esprimere un’atipia
comune: il bambino presenta un interesse
assorbente e perseverante che può riguardare
diversi aspetti della realtà, dalla raccolta di stimoli
provenienti dal proprio corpo, all’osservazione di
particolari oggetti ed eventi, all’esecuzione di
determinate attivit.
Comportamento, interessi e attività
Nel punto (b) (sottomissione a routine) rientra la
ritualizzazione di alcune abituali routine quotidiane
che devono svolgersi secondo sequenze rigide ed
immutabili. Questo bisogno di immutabilità spesso
si presenta anche nelle modalità di gioco, nella
disposizione degli oggetti, nei percorsi da seguire.
Due aspetti che caratterizzano questi
comportamenti sono l’abilità del bambino di
cogliere anche minime variazioni del set percettivo
e le reazioni di profondo disagio che manifesta
quando ciò avviene.
Comportamento, interessi e attività
Nel punto (c) rientrano i manierismi motori
ripetitivi e stereotipati. È bene però ricordare che
non sono patognomonici, in quanto si riscontrano in
diverse altre situazioni psicopatologiche non
autistiche (es. nel ritardo mentale).
Come detto anche per le due precedenti aree
sintomatologiche, le atipie degli interessi e delle
attività accompagnano il soggetto nel corso di tutto
il suo ciclo vitale, ma con modalità di espressione
variabili (SINPIA, 2005).
Altri Sintomi
Altri aspetti comportamentali e di funzionamento
neuoropsicologico peculiari, anche se non inclusi
tra i criteri necessari per la diagnosi, possono
essere (SINPIA, 2005):
Abnorme risposta agli stimoli sensoriali: possono essere
presenti anomalie nella percezione di stimoli di diversa
natura (uditivi, visivi, tattili, gustativi, olfattivi e dolorifici)
che possono determinare comportamenti che vanno dalla
totale assenza di reazioni alle reazioni di panico immotivate.
Condotte autolesive: possono essere presenti condotte di
autoaggressività di vario genere e dalla pericolosità variabile
(es. battere il capo, graffiarsi, mordersi etc.).
Altri Sintomi
Presenza di isolette di abilità: possono essere osservate
abilità particolari in alcuni settori come ad esempio la
discriminazione visiva, la memoria per le date ed i numeri, la
capacità di leggere velocemente (spesso senza comprensione).
Ritardo Mentale: secondo uno studio di Volkmar e colleghi
(2004), circa il 50% dei soggetti presenta un ritardo cognitivo;
questo dato è molto controverso ed in fase di studio.
Epilessia: Cohen e Volkmar (2004) indicano che circa il 30-
40% dei soggetti con Autismo presenta condizioni di Epilessia;
nella maggior parte dei casi però le crisi non hanno
caratteristiche tali da poterle collocare in un quadro
sindromico vero e proprio.
Valutazioni
L’eterogeneità della sintomatologia rende
necessario un percorso diagnostico corredato
dall’uso di strumenti riconosciuti a livello
internazionale per mettere in luce gli aspetti
comportamentali necessari per produrre una
conclusione diagnostica.
È altresì utile che l’equipe valutativa sia
multidisciplinare e prenda in considerazione molti
aspetti prima di formulare una conclusione.
Anamnesi:
anamnesi familiare (es. consanguineità, malattie genetiche,
condizioni patologiche, familiarità per disturbi come Autismo
o DPS, DSL, RM, Schizofrenia, DOC);
informazioni relative a gravidanza, parto ed epoca neonatale
(anche se questi fattori non sembrano porsi come
eziopatogenetici, un’attenta ricostruzione può permettere di
valutare l’eventuale presenza di segni indicativi di una
patologia intrinseca del feto es. ridotto accrescimento, basso
peso alla nascita, difficoltà di adattamento nell’immediato);
informazioni relative al primo sviluppo (es. ritmo sonno-
veglia, umore, cammino, prime parole, sviluppo sociale);
storia medica del bambino (es. allergie, convulsioni, diagnosi);
quadro comportamentale attuale e abilità di adattamento del
bambino al suo ambiente (es. cosa preoccupa i genitori, com’è
esordito ed evoluto il disturbo, regressioni).
Esame obiettivo neurologico e indagini
strumentali e di laboratorio:
esame obiettivo (per ricercare segni e sintomi di condizioni
patologiche associate all’Autismo, come X-fragile o sclerosi
tuberosa; è utile la misurazione di alcuni parametri auxologici
e l’osservazione di eventuali dismorfismi);
esame neurologico (per osservare la presenza di sintomi
maggiori come spasticità, paralisi, distonie e di sintomi minori
come asimmetrie, strabismo, goffaggine motoria
generalizzata);
indagini strumentali e di laboratorio (da effettuarsi a seconda
del quadro clinico emergente, dell’anamnesi raccolta e della
storia clinica ed evolutiva; possono rivelarsi necessarie
indagini audiometriche, genetiche, metaboliche, EEG, neuro-
immagini, indagini specifiche per escludere altre patologie).
Valutazione diagnostica
Childhood Autism Rating Scale (CARS)
(Schopler et al. 1988)
A partire dai 24 mesi, prende in considerazione 15 aree (Relazioni
Interpersonali; Imitazione; Risposte Emotive; Utilizzo del Corpo;
Gioco ed Utilizzo degli Oggetti; Adattamento ai Cambiamenti;
Risposte Visive; Risposte Uditive; Recettori di Prossimità; Ansia;
Comunicazione Verbale; Comunicazione Non Verbale; Livello di
Attività; Funzionamento Cognitivo; Impressione Generale).
Ad ogni area viene attribuito un punteggio variabile da 1 (nella
norma) a 4 (gravemente anomalo), compresi i mezzi punti, ricavato
considerando peculiarità, durata, frequenza e intensità.
La somma consente di ottenere un punteggio che deve essere
confrontato con i cut-off: 30 per i bambini e 27 per gli adulti.
Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)
(Lord et al., 2000; Tancredi et al., 2005)
Valutazione osservativa semi-strutturata utilizzabile per valutare
quasi tutti i soggetti con sospetto di Autismo o DPS, dai bambini
averbali (età mentale minimo 18 mesi e cronologica minimo 2 anni),
agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione (l’unico gruppo cui
non si rivolge è quello degli adolescenti/adulti non verbali).
La scala propone quattro moduli di valutazione in funzione del
livello di comunicazione verbale e dell’età cronologica del soggetto.
Dopo aver proposto al soggetto le attività caratterizzanti il modulo
prescelto, vengono siglate alcune voci riconducibili a: Linguaggio e
Comunicazione, Interazione Sociale Reciproca, Gioco/Immaginazione
e Creatività, Comportamenti Stereotipati e Interessi Ristretti.
I punteggi possibili vanno da 0 (normale) a 3 (anormale).
Solo i punteggi attribuiti ad alcune voci critiche delle prime due aree
vengono impiegati nell’algoritmo diagnostico.
Linguaggio e Comunicazione
ADOS - 1
Livello generale di linguaggio non ecolalico
Frequenza di produzioni vocali dirette agli altri
Intonazione delle vocalizzazioni o delle verbalizzazioni
Ecolalia immediata
Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate
Uso del corpo dell’altro per comunicare
Indicare
Gesti
Linguaggio e Comunicazione
ADOS - 2
Livello generale di linguaggio non ecolalico
Quantità di aperture sociali/mantenimento dell’attenzione
Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo
Ecolalia immediata
Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate
Conversazione
Indicare
Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi
Linguaggio e Comunicazione
ADOS - 3
Livello generale di linguaggio non ecolalico
Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo
Ecolalia immediata
Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate
Offre informazioni
Chiede informazioni
Resoconto di eventi
Conversazione
Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi
Linguaggio e Comunicazione
ADOS - 4
Livello generale di linguaggio non ecolalico
Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo
Ecolalia immediata
Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate
Offre informazioni
Chiede informazioni
Resoconto di eventi
Conversazione
Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi
Gesti efatici o emotivi
Autism Diagnostic Interview – Revised (ADI-R)
(Lord et al., 1994; Faggioli et al., 2005)
L’ADI-R è un’intervista semi-strutturata per genitori di soggetti
con sospetto di Autismo o DPS con un’età cronologica variabile dalla
prima infanzia all’età adulta ma un’età mentale superiore ai 2 anni.
Raccolta di informazioni (tra i 4 ed i 5 anni) rispetto a: Linguaggio e
Comunicazione, Interazione Sociale Reciproca, Comportamenti
Stereotipati ed Interessi Ristretti. L’intervista si articola in 93
domande suddivise in 9 aree (Background; Domande Introduttive;
Primo sviluppo; Acquisizione e Perdita di Linguaggio/Altre capacità;
Funzionamento del Linguaggio e della Comunicazione; Sviluppo
Sociale e Gioco; Interessi e Comportamenti; Comportamenti Generali;
Considerazioni Conclusive).
Ogni item può ricevere un punteggio da 0 (non è/era presente) a 3
(vi è una chiara anomalia); compresi alcuni punteggi speciali.
Attraverso appositi algoritmi, è possibile formulare la diagnosi o
pianificare l’intervento.
Valutazione del profilo funzionale
Psycho-Educational Profile 3 (PEP 3)
(Schopler et al., 2004; Villa e Micheli, 2006)
Il PEP3 è uno strumento utilissimo al fine di valutare i punti di forza
e di debolezza dei soggetti dai 2 ai 7 anni e mezzo con Autismo,
Disturbi Pervasivi o gravi deficit della comunicazione.
Prevede dieci subtest di performance, dei quali sei di sviluppo
(Cognitivo Verbale/Preverbale; Linguaggio Espressivo; Linguaggio
Ricettivo; Motricità Fine; Motricità Globale; Imitazione Visuo-
Motoria) e quattro relativi ai comportamenti disadattivi
(Espressione Emotiva; Reciprocità Sociale; Comportamenti Motori
Caratteristici; Comportamenti Verbali Caratteristici).
Alle prove di osservazione diretta è affiancato un Questionario da
compilare con i genitori, composto da tre subtest (Comportamenti
Problema; Autonomia Personale; Comportamento Adattivo) e due
sezioni per la stima del livello attuale di sviluppo ed il grado di
problemi presentati in diverse categorie diagnostiche.
Ai subtest di sviluppo è possibile attribuire i punteggi: riuscito = 2;
non riuscito = 0; emergente = 1. Ai subtest dei comportamenti è
possibile attribuire i punteggi: appropriato = 2; medio = 1; grave = 0,
mentre al Questionario Genitori vengono attribuiti i punteggi di 0, 1 e
2 in base alla problematicità del comportamento.
I punteggi grezzi vengono poi sommati e convertiti in età di sviluppo
(bambini americani a sviluppo tipico), ranghi percentili e livelli
adattivi (bambini americani con Autismo o patologie dello spettro).
Adult/Adolescent Psycho-Educational Profile
(Mesibov et al., 1988)
L’AAPEP è l’estensione del PEP, applicabile ad adolescenti e adulti.
Prevede tre contesti di valutazione: osservazione diretta, famiglia,
contesto scolastico e/o lavorativo. Per ognuna delle tre scale
vengono prese in considerazione sei aree di funzionamento: Abilità
Professionali, Funzionamento Autonomo, Abilità Ricreative,
Comportamento Professionale, Comunicazione Funzionale,
Comportamento Interpersonale.
Il tipo di valutazione che si attribuisce agli item è analogo a quello del
PEP 3 (riuscito, emergente e non riuscito).
Un importante vantaggio di questo tipo di strumento è la possibilità
di confrontare le tre scale: ciò che l’esaminatore ha osservato, ciò
che riportano i genitori e gli insegnati, i colleghi o gli operatori.
Altre valutazioni
Le valutazioni del livello cognitivo e delle abilità
linguistiche sono importanti per la diagnosi
differenziale, la formulazione del progetto
educativo e per previsioni di carattere prognostico.
Valutazione cognitiva: non solo la definizione di un
Quoziente, ma anche la descrizione di un profilo di
funzionamento.
Esame del linguaggio: tutti gli aspetti del
funzionamento linguistico, dalla fonologia alla
pragmatica, in produzione e comprensione.
Diagnosi Differenziale
Ritardo Mentale. L’associazione è ancora in via di
studio, ma da un punto di vista descrittivo si
dovrebbe tenere presente che nel Ritardo,
generalmente, le abilità sociali e comunicative (non
necessariamente verbali) sono conservate ed in
linea con il livello generale di sviluppo cognitivo.
Ipoacusia. Bambini con problemi uditivi possono
mettere in atto comportamenti che mimano
l’Autismo. Solitamente, però, nell’ipoacusia sono
conservati l’interesse per le persone e l’intento
comunicativo e si osserva lo sviluppo di modalità
comunicative alternative al linguaggio (es. gesti).
Sindrome di Landau-Kleffner. Questa forma
particolare di epilessia è accompagnata da un’afasia
acquisita che potrebbe far pensare ad un Autismo
regressivo. In realtà, non si osservano i
comportamenti della triade ed è presente un quadro
elettroencefalografico caratteristico.
Disturbi Specifici di Linguaggio. Situazioni di
grave deficit nella comprensione possono
accompagnarsi a disinteresse verso persone e
linguaggio ed isolamento, soprattutto nei primi 3
anni di vita; tuttavia, le abilità sociali e l’intento
comunicativo dovrebbero essere conservati.
Schizofrenia. In alcuni casi può manifestarsi in
bambini anche molto piccoli (Very Early Onset
Schizophrenia), ma la storia di questo disturbo è
differente da quella dell’Autismo poichè insorge, di
solito, dopo un periodo di sviluppo tipico e si
complica precocemente con fenomeni produttivi
(es. deliri e allucinazioni).
Mutismo Selettivo. Questo disturbo tipicamente si
manifesta solo in alcuni contesti (es. scuola),
mentre in altri è assente (es. famiglia) e non
presenta atipie negli interessi, nei comportamenti o
nelle abilità sociali.
Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Nei casi di
Autismo a più alto funzionamento cognitivo i
ragazzi possono sviluppare rituali e routine anche
molto simili a quelli tipici delle patologie ansiose,
ma la differenza centrale con i Disturbi Ossessivo-
Compulsivi rimane la presenza di atipie socio-
comunicative e relazionali peculiari.
Disturbo Reattivo dell’Attaccamento. Nei bambini
che hanno vissuto storie di abuso e abbandono
possono manifestarsi comportamenti stereotipati,
isolamento sociale e deficit comunicativi che
solitamente però regrediscono all’inserimento del
bambino in un ambiente più adatto.
Disturbo Schizoide di Personalità. In questo tipo
di patologia la tendenza all’isolamento si manifesta
solo in alcuni contesti, mentre in altri i pazienti
sono in grado di mettere in atto comportamenti
socio-relazionali del tutto adeguati.
Disturbo Evitante di Personalità. Nel Disturbo
Evitante il ritiro dalle relazioni sociali è
determinato dall’ansia nel contatto con gli altri in
situazioni sociali.
Diagnosi Precoce
Da dati di ricerche recenti emerge che già all’età di
2 anni può essere possibile formulare una diagnosi
di Autismo con un buon margine di precisione e
sicurezza (Charman e Baird, 2002).
CHAT (Checklist for Autism in Toddlers) (Baron-
Cohen et al., 1992): somministrabile a bambini di
18 mesi, 14 item (5 del Pediatra e 9 dei genitori).
M-CHAT (Modified CHAT) (Robins et al., 2001):
somministrabile a 24 mesi, 23 item ai quali i
genitori devono dare una risposta dicotomica.
Epidemiologia
Non è stata rilevata nessuna prevalenza geografica,
etnica o socio-culturale per il Disturbo Autistico.
È presente invece un’importante prevalenza
rispetto al genere (maschi:femmine di 3:1 o 4:1).
Negli ultimi decenni si è notata una considerevole
modificazione nei risultati ottenuti con gli studi
sulla prevalenza: 1 caso per 1.000 (Fombonne,
2003). Questo dato indica una prevalenza 3/4 volte
maggiore di quella stimata 30 anni fa.
Le basi psicologiche
Kanner (1944) riteneva che i genitori dei bambini
con Autismo fossero freddi e ossessivi, anche se era
convinto che questa modalità distaccata non fosse
la sola causa della patologia, ma che si combinasse
con una predisposizione organica.
Bruno Bettelheim (1967) riteneva che il bambino
autistico avesse sperimentato dei genitori rifiutanti
e che, nello stesso tempo, egli fosse capace di
percepirne i sentimenti negativi. Così si era
costruito una fortezza vuota per difendersi dalla
sofferenza e dalle delusioni.
Ferster (1961) sostenne che la mancanza di
attenzione da parte dei genitori, specialmente della
madre, impediva lo stabilirsi di quelle associazioni
che potevano conferire agli esseri umani la funzione
di rinforzatori sociali, inducendo il bambino a
rinchiudersi in se stesso, in un mondo individuale e
fatto di solitudine.
Dagli anni Settanta tutte queste teorie sono state
abbandonate sulla base di importanti evidenze
sperimentali che hanno dimostrato come i genitori
di bambini autistici non siano differenti da quelli di
bambini non autistici (Cox et al., 1975).
Al momento attuale possiamo quindi dire che le
cause dell’Autismo sono a tutt’oggi sconosciute.
È definito come una sindrome comportamentale
biologicamente, e non psicologicamente,
determinata, ad eziologia non ancora nota.
Modello sequenziale eziopatogenetico (Rapin,
2004): Eziologia (fattori alla base dello sviluppo
della patologia), Anatomia patologica (strutture
neuroanatomiche e sistemi neurotrasmettitoriali),
Patogenesi (funzionamento neuropsicologico
anomalo e comportamento), Sintomatologia
(studio delle compromissioni comportamentali).
Eziologia
Fattori di rischio perinatali.
Non sono emersi legami tra affezioni mediche interessanti la
madre in gravidanza, problemi durante il parto e Autismo.
Fattori perinatali avversi, come ritardo della nascita, ritardo
della respirazione o convulsioni neonatali, possono combinarsi
in una catena causale a fattori ambientali, costituzionali e
genetici, per dar luogo ad esiti vari (Frith, 1989).
Tra i fattori ambientali che potrebbero interagire con un
particolare assetto genetico pre-esistente durante la vita
intrauterina il più studiato è rappresentato dall’esposizione
della madre a pesticidi di uso domestico durante il secondo
trimestre di gravidanza (Hertz-Picciotto, 2008).
Eziologia
Infezioni virali e disfunzioni immunologiche.
Non ci sono evidenze che meccanismi immunologici o
qualsivoglia tipo di vaccinazione possano contribuire allo
sviluppo della sintomatologia (Parker et al., 2004).
Genetica.
Concordanza dal 60 al 91% monozigoti (Bailey et al., 1995).
Associazione tra alcune manifestazioni comportamentali e
cognitive caratteristiche dei DPS e alterazioni genetiche note.
Non si ritiene che possa esistere il gene dell’Autismo (Muhle
et al., 2004) (vari cromosomi 2, 7, 13, 14, 15, 16 e 17).
Anatomia patologica
Anomalie morfologiche: dal livello di citologia
neuronale (riduzione del numero e della grandezza)
fino a quello di intere regioni cerebrali, quali per
esempio: cervelletto, lobi frontali, sistema limbico,
corpo calloso, corpi mammillari, tronco
dell’encefalo, gangli della base; assotigliamento
diffuso della corteccia cerebrale.
Sistemi neurotrasmettitoriali: anomalie
quantitative e qualitative nei sistemi fronto-striatali
(coinvolgenti serotonina, dopamina, ossitocina e
vasopressina) di natura aspecifica.
Patogenesi
La teoria Socio-Affettiva: empatia non inferenziale o
intersoggettività primaria (Hobson, 1993).
La teoria della Teoria della Mente: comprendere come nella
mente nostra e altrui esistano stati mentali e come il
comportamento degli esseri umani si possa interpretare sulla
base di tali stati. (Baron-Cohen et al., 1985).
La teoria della Coerenza Centrale: incapacità a sintetizzare
in un tutto dotato di significato le informazioni pluri-sensoriali
e parziali provenienti dall’ambiente (Frith, 1989).
La Teoria delle Funzioni Esecutive: formulare mentalmente
un piano d‘azione, inibire risposte impulsive, essere attenti ai
feed-back, spostare in modo flessibile l’attenzione (Pennington
e Ozonoff, 1996).
Prognosi
A differenza di quanto si riteneva un tempo, i
bambini con diagnosi di Autismo possono
apprendere molte cose.
Le ricerche scientifiche e gli studi di follow-up
sembrano attribuire il maggior ruolo di fattori
prognostici al livello di funzionamento cognitivo e
allo sviluppo del linguaggio verbale (Howlin et al.,
2004). L’evoluzione sembra migliore nei casi in cui
il QI (almeno alle prove non-verbali) sia intorno ai
70 e il linguaggio verbale, in comprensione e
produzione, compaia e si sviluppi non dopo i 5 anni.
Trattamento
Considerare un progetto che si sviluppi nell’intero
arco di vita e che sia mirato al raggiungimento della
migliore qualità della vita possibile per l’individuo e
la sua famiglia:
non esiste un intervento che vada bene per tutti
i soggetti;
non esiste un intervento che vada bene per tutte
le età;
non esiste un intervento che risponda a tutte le
esigenze.
Le esperienze condotte a livello nazionale ed
internazionale indicano che l’intervento deve:
svilupparsi in prospettiva diacronica (presa in carico con
obiettivi a medio e lungo termine);
tenere conto anche di una dimensione sincronica, (momenti
di coordinamento dei vari interventi);
prevedere il coinvolgimento costante dei genitori e delle
figure che compongono gli ambienti di vita;
ciò che è possibile (punti di forza e di debolezza) e del ciò che
è utile (in quella fase di sviluppo);
essere flessibile, scegliere la o le strategie migliori per il loro
raggiungimento e mantenimento;
momenti di verifica e controllo nei quali valutare se le
strategie stanno conducendo agli obiettivi prefissati.
Approcci comportamentali
La filosofia di fondo di questi approcci è l’Analisi del
Comportamento Applicata (Applied Behaviour
Analysis – ABA), traduzione operativa dei principi
della Behaviour Analysis.
L’obiettivo di questi modelli è la modificazione del
comportamento attraverso la modificazione delle
relazioni tra esso e l’ambiente (A, B, C e contesto).
Interventi tradizionali. Loovas (1979; 1981)
Interventi neo-comportamentali. (es. Incidental
Learning) (Prizant e Wetherby, 1998).
Approcci evolutivi o interattivi
In quest’ottica è centrale la considerazione della
dimensione emozionale e relazionale nel lavoro
con il bambino al fine di favorire la promozione
dell’iniziativa spontanea e della partecipazione alle
attività. L’ambiente non è più concepito come
distraente o come uno spazio fisico da modificare al
fine di ottenere cambiamenti nel comportamento,
ma assume di per sè una valenza terapeutica.
Denver Model (Rogers et al., 2000), il DIR
(Greenspan e Wieder, 1999) e la TED (Lelord et al.,
1978; Barthelemy at al., 1995).
Modelli di presa in carico
Quando parliamo di modelli di presa in carico
facciamo riferimento non solo ad un insieme di
tecniche e strategie organizzate in un quadro
concettuale e teorico ma, più in generale, a modelli
operativi di gestione e organizzazione dei Servizi.
Treatment and Education of Autistic and Communication
Handicapped Children (TEACCH) – University of North Carolina
(Schopler et al., 1980; 1983).
Denver Model – University of Colorado (Rogers et al., 2000)
Developmental Intervention Model (DIR) – George Washington
University (Greenspan e Wieder, 1999)
Theapie d’Echange et Developpement (TED) – Universitè Fran
is Rabelais, Tours (Lelord et al., 1978; Barthelemy at al., 1995).
La Comunicazione e il Linguaggio nei
bambini affetti da Autismo
L’area della Comunicazione e del Linguaggio nei
bambini affetti da Autismo è compromessa a vari
livelli e con gravità notevolmente variabile
interindividualmente ma anche nello stesso
soggetto, longitudinalmente (Surian e Siegal, 2009;
Vivanti e Congiu, 2009).
assenza di linguaggio nel 20-50% dei casi (Lord e
Spence, 2006) o ritardo nel suo sviluppo (es.
prime parole intorno ai 38 mesi) (Howlin, 2003);
difficoltà nella processazione delle informazioni
verbali (es. percezione e discriminazione uditiva e
comprensione del linguaggio) (SINPIA, 2005);
sviluppo fonetico-fonologico che può essere
deficitario, ma generalmente in linea con il livello
cognitivo generale (Tager-Flusberg, 2007);
sviluppo morfo-sintattico pressochè preservato e
generalmente coerente con il livello cognitivo
globale (Frith, 1989);
sviluppo lessicale inizialmente ritardato, poi in
linea con lo sviluppo tipico soprattutto per i soggetti
HF (Jarrold et al., 1997), ma caratterizzato da
peculiarità come uso di termini non convenzionali o
di termini convenzionali in modo non
convenzionale (linguaggio gergale, idiosincratico o
stereotipato) e difficoltà nell’uso di termini riferiti a
stati mentali (Baron-Cohen et al., 1997);
difficoltà nell’area pragmatica (es. rispettare il
turno di conversazione, rimanere in argomento,
considerare l’uditorio ed i suoi feed-back, fornire
messaggi non ambigui e avere la capacità
disambiguare messaggi ambigui, fornire la quantità
giusta di informazioni etc.) (Walenski et al., 2006);
alterazione degli aspetti soprasegmentali
(prosodia, intonazione, intensità della voce, ritmo
dell’eloquio etc.) (SINPIA, 2005);
deficit di comprensione del linguaggio verbale e
mancata responsività agli stimoli verbali (Boucher
et al., 2008; Tager-Flusberg, 1981);
alcune anomalie caratteristiche (es. ecolalia
immediata o differita, inversione pronominale)
(SINPIA, 2005).
Il trattamento logopedico dei bambini
con Autismo
Anche il lavoro logopedico sul linguaggio e sulla
comunicazione trae notevole beneficio dall’utilizzo
delle strategie dell’educazione strutturata (es.
strutturazione dello spazio, del tempo e dei
materiali, utilizzo degli ausili visivi, impiego di
rinforzo e aiuti, obiettivo della generalizzazione,
controllo dei comportamenti problematici).
Le difficoltà specifiche nelle diverse aree di
linguaggio (fonetica, fonologica, lessicale, semantica
e morfosintattica) vengono affrontate in modi e in
tempi che variano a seconda delle caratteristiche
del disturbo e del bambino e, in generale, le
strategie e gli obiettivi di trattamento sono gli stessi
della riabilitazione dei bambini con DSL.
Il primo settore di lavoro è quello dei prerequisiti
della comunicazione, sovrapponibile quindi,
almeno in parte, al lavoro svolto dagli Educatori
sulle abilità di intersoggettività, intenzionalità
comunicativa, attenzione, emozione e divertimento
condivisi, contatto oculare, imitazione, turno,
indicazione, primi gesti comunicativi condivisi.
In un secondo momento, il percorso riabilitativo si
focalizza sull’integrazione della percezione
uditiva come prerequisito al lavoro sulla
comprensione e sulla produzione verbale.
Quando il bambino ha acquisito i pre-requisiti
minimi della comunicazione ed ha portato a
termine con successo il training uditivo ci si
propone di lavorare e potenziare le capacità di
comprensione e produzione di messaggi verbali
funzionali (comunicazione referenziale).
Una volta acquisite tutte queste competenze in un
contesto di terapia individuale è utile promuovere il
lavoro in gruppo per favorire lo sviluppo delle
abilità conversazionali.
I problemi di comportamento.
Un sistema di comunicazione insufficiente o una
comprensione del linguaggio anomala possono
condurre le persone con Autismo, anche se con un
buon funzionamento cognitivo, ad esprimere le
proprie necessità o difficoltà attraverso
comportamenti non adeguati (Schopler, 1995).
La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente, la
chiarezza, la concretezza dei messaggi e
l’insegnamento di modalità di comunicazione
(verbali, gestuali, per immagini) sono le condizioni
utili per evitare i comportamenti problema.

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  • 1. Parma, 15 Dicembre 2009 Comunicazione e Linguaggio nei Disturbi dello Sviluppo Dott.ssa Erica Santelli
  • 2. Disturbo Autistico L’Autismo è definito come una Sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita (SINPIA, 2005). Interessando tutto lo sviluppo mentale, non è un vero e proprio disturbo infantile, essendo meglio definibile come disturbo dello sviluppo, caratterizzato da sintomi anche molto differenti nelle diverse fasce di età (Frith, 1989).
  • 3. Diagnosi Criteri comportamentali per la diagnosi di Autismo: • DSM-IV-TR (APA, 2001) • ICD 10 (OMS, 1995) Entrambi i manuali includono il Disturbo Autistico in una più ampia famiglia diagnostica (nel DSM IV- TR: Disturbi Generalizzati dello Sviluppo; nell’ICD 10: Sindromi da Alterazione Globale dello Sviluppo Psicologico) comprendente disturbi che implicano una distorsione dello sviluppo che riguarda la comunicazione verbale e non-verbale, le capacità sociali e l’attività immaginativa.
  • 4. Categoria nosografica Nel DSM-IV-TR: Disturbo Autistico (F84.0); Disturbo di Rett (F84.2); Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza (F84.3); Disturbo di Asperger (F84.5); Disturbo Generalizzato dello Sviluppo NAS (F84.9). Nell’ICD 10: Autismo Infantile (F84.0); Autismo Atipico (F84.1); Sindrome di Rett (F84.2); Sindrome Disintegrativa dell’Infanzia di altro tipo (F84.3); Sindrome Iperattiva associata a RM e Movimenti Stereotipati (F84.4); Sindrome di Asperger (F84.5); Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F84.8); Sindrome NS da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F84.9).
  • 5. Sintomi Il Disturbo Autistico si manifesta con un pattern specifico di sintomi riconducibili in particolar modo a tre aree: • Interazione sociale reciproca; • Comunicazione e linguaggio; • Modelli di comportamento, interessi e attività.
  • 6. CRITERIO A. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e una ciascuna da (2) e (3): (1) Compromissione qualitativa dell'interazione sociale, manifestata con almeno 2 dei seguenti: a. marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee e i gesti, che regolano l'interazione sociale; b. incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo; c. mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone; d. mancanza di reciprocità sociale o emotiva.
  • 7. CRITERIO A. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e una ciascuna da (2) e (3): (2) Compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno 1 dei seguenti: a. ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica); b. in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione; c. uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico; d. mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo.
  • 8. CRITERIO A. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e una ciascuna da (2) e (3): (3) Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno 1 dei seguenti: a. dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione; b. sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici; c. manierismi motori stereotipati e ripetitivi; d. persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
  • 9. CRITERIO B. Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni: 1) interazione sociale; 2) linguaggio usato nella comunicazione sociale; 3) gioco simbolico o di immaginazione. CRITERIO C. L’anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza (Diagnosi Differenziale).
  • 10. Compr. qualit. dell’interazione sociale L’interazione sociale è definibile come quella caratteristica propria del genere umano di condividere emozioni, interessi, attività. Nei soggetti con Autismo, tale caratteristica è seriamente compromessa durante tutto il ciclo vitale e, conseguentemente, risultano atipici alle diverse età i comportamenti ad essa correlati, come lo sguardo, il sorriso sociale, l’attenzione e l’emozione congiunta, la risposta al nome, i comportamenti atti a richiedere la partecipazione dell’altro, l’intenzionalità comunicativa.
  • 11. Compr. qualit. dell’interazione sociale Questa compromissione deve essere osservata dal punto di vista qualitativo, vale a dire che è necessario non limitarsi a considerare la semplice presenza/assenza di un comportamento, quanto piuttosto è importante tenere conto del reale piacere da parte del soggetto di condividere con l’altro esperienze, affetti ed interessi. Le diverse modalità con cui può esprimersi hanno portato ad individuare tre profili (Wing, 1988): inaccessibili, passivi, attivi-ma-bizzarri.
  • 12. Compr. qualit. della comunicazione Tale criterio, anche se fa esplicito riferimento alla comunicazione, si riferisce in realtà a due distinte aree funzionali: la capacità di comprendere e utilizzare i codici comunicativi (verbali e non) che permettono all’individuo di entrare in un interscambio; la capacità di accedere a giochi di finzione, ovvero di riproporre in chiave ludica situazioni sociali vissute e mentalmente rielaborate.
  • 13. Compr. qualit. della comunicazione Le modalità attraverso le quali il deficit viene espresso a livello comportamentale possono variare nel corso dello sviluppo: dal mancato uso del linguaggio, alla disattenzione nei confronti del linguaggio degli altri, ad un generale disinvestimento nel linguaggio verbale non compensato da modalità alternative di comunicazione, come gesti o mimica.
  • 14. Compr. qualit. della comunicazione Dopo il sesto anno di vita, circa il 50% dei soggetti riesce ad accedere al linguaggio verbale. Tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato (gergolalie, ecolalia, inversioni, stereotipie, argomenti, difficoltà pragmatiche) e si osserva una scarsa coordinazione tra gesti, linguaggio corporeo ed espressioni (Cerbai et al. 2003). Sul versante della comprensione, gli autistici mostrano difficoltà a comprendere forme linguistiche diverse dalla forma letterale, come il linguaggio figurato o le espressioni ironiche.
  • 15. Compr. qualit. del gioco È bene ricordare che il gioco di finzione, anche normalmente, non segue un carattere del tutto-o- nulla, ma presenta nel corso dello sviluppo una complessità progressivamente crescente. Pertanto, anche nell’Autismo il fatto che un bambino di 2 anni non faccia giochi di finzione non significa necessariamente che anche a 5 anni non li mostrerà. È vero, tuttavia, che un’attività di questo genere resterà sempre atipica, in quanto ipostrutturata, limitata a poche azioni riprodotte in modo meccanico e ripetitivo e priva di un reale piacere di condivisione (SINPIA, 2005).
  • 16. Comportamento, interessi e attività Sono inclusi in questo criterio tutti quei movimenti, gesti e/o azioni, che per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto assumono la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri. I punti (a) (dedizione assorbente) e (d) (interesse per parti di oggetti) sembrano esprimere un’atipia comune: il bambino presenta un interesse assorbente e perseverante che può riguardare diversi aspetti della realtà, dalla raccolta di stimoli provenienti dal proprio corpo, all’osservazione di particolari oggetti ed eventi, all’esecuzione di determinate attivit.
  • 17. Comportamento, interessi e attività Nel punto (b) (sottomissione a routine) rientra la ritualizzazione di alcune abituali routine quotidiane che devono svolgersi secondo sequenze rigide ed immutabili. Questo bisogno di immutabilità spesso si presenta anche nelle modalità di gioco, nella disposizione degli oggetti, nei percorsi da seguire. Due aspetti che caratterizzano questi comportamenti sono l’abilità del bambino di cogliere anche minime variazioni del set percettivo e le reazioni di profondo disagio che manifesta quando ciò avviene.
  • 18. Comportamento, interessi e attività Nel punto (c) rientrano i manierismi motori ripetitivi e stereotipati. È bene però ricordare che non sono patognomonici, in quanto si riscontrano in diverse altre situazioni psicopatologiche non autistiche (es. nel ritardo mentale). Come detto anche per le due precedenti aree sintomatologiche, le atipie degli interessi e delle attività accompagnano il soggetto nel corso di tutto il suo ciclo vitale, ma con modalità di espressione variabili (SINPIA, 2005).
  • 19. Altri Sintomi Altri aspetti comportamentali e di funzionamento neuoropsicologico peculiari, anche se non inclusi tra i criteri necessari per la diagnosi, possono essere (SINPIA, 2005): Abnorme risposta agli stimoli sensoriali: possono essere presenti anomalie nella percezione di stimoli di diversa natura (uditivi, visivi, tattili, gustativi, olfattivi e dolorifici) che possono determinare comportamenti che vanno dalla totale assenza di reazioni alle reazioni di panico immotivate. Condotte autolesive: possono essere presenti condotte di autoaggressività di vario genere e dalla pericolosità variabile (es. battere il capo, graffiarsi, mordersi etc.).
  • 20. Altri Sintomi Presenza di isolette di abilità: possono essere osservate abilità particolari in alcuni settori come ad esempio la discriminazione visiva, la memoria per le date ed i numeri, la capacità di leggere velocemente (spesso senza comprensione). Ritardo Mentale: secondo uno studio di Volkmar e colleghi (2004), circa il 50% dei soggetti presenta un ritardo cognitivo; questo dato è molto controverso ed in fase di studio. Epilessia: Cohen e Volkmar (2004) indicano che circa il 30- 40% dei soggetti con Autismo presenta condizioni di Epilessia; nella maggior parte dei casi però le crisi non hanno caratteristiche tali da poterle collocare in un quadro sindromico vero e proprio.
  • 21. Valutazioni L’eterogeneità della sintomatologia rende necessario un percorso diagnostico corredato dall’uso di strumenti riconosciuti a livello internazionale per mettere in luce gli aspetti comportamentali necessari per produrre una conclusione diagnostica. È altresì utile che l’equipe valutativa sia multidisciplinare e prenda in considerazione molti aspetti prima di formulare una conclusione.
  • 22. Anamnesi: anamnesi familiare (es. consanguineità, malattie genetiche, condizioni patologiche, familiarità per disturbi come Autismo o DPS, DSL, RM, Schizofrenia, DOC); informazioni relative a gravidanza, parto ed epoca neonatale (anche se questi fattori non sembrano porsi come eziopatogenetici, un’attenta ricostruzione può permettere di valutare l’eventuale presenza di segni indicativi di una patologia intrinseca del feto es. ridotto accrescimento, basso peso alla nascita, difficoltà di adattamento nell’immediato); informazioni relative al primo sviluppo (es. ritmo sonno- veglia, umore, cammino, prime parole, sviluppo sociale); storia medica del bambino (es. allergie, convulsioni, diagnosi); quadro comportamentale attuale e abilità di adattamento del bambino al suo ambiente (es. cosa preoccupa i genitori, com’è esordito ed evoluto il disturbo, regressioni).
  • 23. Esame obiettivo neurologico e indagini strumentali e di laboratorio: esame obiettivo (per ricercare segni e sintomi di condizioni patologiche associate all’Autismo, come X-fragile o sclerosi tuberosa; è utile la misurazione di alcuni parametri auxologici e l’osservazione di eventuali dismorfismi); esame neurologico (per osservare la presenza di sintomi maggiori come spasticità, paralisi, distonie e di sintomi minori come asimmetrie, strabismo, goffaggine motoria generalizzata); indagini strumentali e di laboratorio (da effettuarsi a seconda del quadro clinico emergente, dell’anamnesi raccolta e della storia clinica ed evolutiva; possono rivelarsi necessarie indagini audiometriche, genetiche, metaboliche, EEG, neuro- immagini, indagini specifiche per escludere altre patologie).
  • 24. Valutazione diagnostica Childhood Autism Rating Scale (CARS) (Schopler et al. 1988) A partire dai 24 mesi, prende in considerazione 15 aree (Relazioni Interpersonali; Imitazione; Risposte Emotive; Utilizzo del Corpo; Gioco ed Utilizzo degli Oggetti; Adattamento ai Cambiamenti; Risposte Visive; Risposte Uditive; Recettori di Prossimità; Ansia; Comunicazione Verbale; Comunicazione Non Verbale; Livello di Attività; Funzionamento Cognitivo; Impressione Generale). Ad ogni area viene attribuito un punteggio variabile da 1 (nella norma) a 4 (gravemente anomalo), compresi i mezzi punti, ricavato considerando peculiarità, durata, frequenza e intensità. La somma consente di ottenere un punteggio che deve essere confrontato con i cut-off: 30 per i bambini e 27 per gli adulti.
  • 25. Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 2000; Tancredi et al., 2005) Valutazione osservativa semi-strutturata utilizzabile per valutare quasi tutti i soggetti con sospetto di Autismo o DPS, dai bambini averbali (età mentale minimo 18 mesi e cronologica minimo 2 anni), agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione (l’unico gruppo cui non si rivolge è quello degli adolescenti/adulti non verbali). La scala propone quattro moduli di valutazione in funzione del livello di comunicazione verbale e dell’età cronologica del soggetto. Dopo aver proposto al soggetto le attività caratterizzanti il modulo prescelto, vengono siglate alcune voci riconducibili a: Linguaggio e Comunicazione, Interazione Sociale Reciproca, Gioco/Immaginazione e Creatività, Comportamenti Stereotipati e Interessi Ristretti. I punteggi possibili vanno da 0 (normale) a 3 (anormale). Solo i punteggi attribuiti ad alcune voci critiche delle prime due aree vengono impiegati nell’algoritmo diagnostico.
  • 26. Linguaggio e Comunicazione ADOS - 1 Livello generale di linguaggio non ecolalico Frequenza di produzioni vocali dirette agli altri Intonazione delle vocalizzazioni o delle verbalizzazioni Ecolalia immediata Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate Uso del corpo dell’altro per comunicare Indicare Gesti
  • 27. Linguaggio e Comunicazione ADOS - 2 Livello generale di linguaggio non ecolalico Quantità di aperture sociali/mantenimento dell’attenzione Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo Ecolalia immediata Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate Conversazione Indicare Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi
  • 28. Linguaggio e Comunicazione ADOS - 3 Livello generale di linguaggio non ecolalico Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo Ecolalia immediata Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate Offre informazioni Chiede informazioni Resoconto di eventi Conversazione Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi
  • 29. Linguaggio e Comunicazione ADOS - 4 Livello generale di linguaggio non ecolalico Anomalie nell’eloquio associate all’Autismo Ecolalia immediata Uso di parole/frasi idiosincratiche/stereotipate Offre informazioni Chiede informazioni Resoconto di eventi Conversazione Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali e informativi Gesti efatici o emotivi
  • 30. Autism Diagnostic Interview – Revised (ADI-R) (Lord et al., 1994; Faggioli et al., 2005) L’ADI-R è un’intervista semi-strutturata per genitori di soggetti con sospetto di Autismo o DPS con un’età cronologica variabile dalla prima infanzia all’età adulta ma un’età mentale superiore ai 2 anni. Raccolta di informazioni (tra i 4 ed i 5 anni) rispetto a: Linguaggio e Comunicazione, Interazione Sociale Reciproca, Comportamenti Stereotipati ed Interessi Ristretti. L’intervista si articola in 93 domande suddivise in 9 aree (Background; Domande Introduttive; Primo sviluppo; Acquisizione e Perdita di Linguaggio/Altre capacità; Funzionamento del Linguaggio e della Comunicazione; Sviluppo Sociale e Gioco; Interessi e Comportamenti; Comportamenti Generali; Considerazioni Conclusive). Ogni item può ricevere un punteggio da 0 (non è/era presente) a 3 (vi è una chiara anomalia); compresi alcuni punteggi speciali. Attraverso appositi algoritmi, è possibile formulare la diagnosi o pianificare l’intervento.
  • 31. Valutazione del profilo funzionale Psycho-Educational Profile 3 (PEP 3) (Schopler et al., 2004; Villa e Micheli, 2006) Il PEP3 è uno strumento utilissimo al fine di valutare i punti di forza e di debolezza dei soggetti dai 2 ai 7 anni e mezzo con Autismo, Disturbi Pervasivi o gravi deficit della comunicazione. Prevede dieci subtest di performance, dei quali sei di sviluppo (Cognitivo Verbale/Preverbale; Linguaggio Espressivo; Linguaggio Ricettivo; Motricità Fine; Motricità Globale; Imitazione Visuo- Motoria) e quattro relativi ai comportamenti disadattivi (Espressione Emotiva; Reciprocità Sociale; Comportamenti Motori Caratteristici; Comportamenti Verbali Caratteristici).
  • 32. Alle prove di osservazione diretta è affiancato un Questionario da compilare con i genitori, composto da tre subtest (Comportamenti Problema; Autonomia Personale; Comportamento Adattivo) e due sezioni per la stima del livello attuale di sviluppo ed il grado di problemi presentati in diverse categorie diagnostiche. Ai subtest di sviluppo è possibile attribuire i punteggi: riuscito = 2; non riuscito = 0; emergente = 1. Ai subtest dei comportamenti è possibile attribuire i punteggi: appropriato = 2; medio = 1; grave = 0, mentre al Questionario Genitori vengono attribuiti i punteggi di 0, 1 e 2 in base alla problematicità del comportamento. I punteggi grezzi vengono poi sommati e convertiti in età di sviluppo (bambini americani a sviluppo tipico), ranghi percentili e livelli adattivi (bambini americani con Autismo o patologie dello spettro).
  • 33. Adult/Adolescent Psycho-Educational Profile (Mesibov et al., 1988) L’AAPEP è l’estensione del PEP, applicabile ad adolescenti e adulti. Prevede tre contesti di valutazione: osservazione diretta, famiglia, contesto scolastico e/o lavorativo. Per ognuna delle tre scale vengono prese in considerazione sei aree di funzionamento: Abilità Professionali, Funzionamento Autonomo, Abilità Ricreative, Comportamento Professionale, Comunicazione Funzionale, Comportamento Interpersonale. Il tipo di valutazione che si attribuisce agli item è analogo a quello del PEP 3 (riuscito, emergente e non riuscito). Un importante vantaggio di questo tipo di strumento è la possibilità di confrontare le tre scale: ciò che l’esaminatore ha osservato, ciò che riportano i genitori e gli insegnati, i colleghi o gli operatori.
  • 34. Altre valutazioni Le valutazioni del livello cognitivo e delle abilità linguistiche sono importanti per la diagnosi differenziale, la formulazione del progetto educativo e per previsioni di carattere prognostico. Valutazione cognitiva: non solo la definizione di un Quoziente, ma anche la descrizione di un profilo di funzionamento. Esame del linguaggio: tutti gli aspetti del funzionamento linguistico, dalla fonologia alla pragmatica, in produzione e comprensione.
  • 35. Diagnosi Differenziale Ritardo Mentale. L’associazione è ancora in via di studio, ma da un punto di vista descrittivo si dovrebbe tenere presente che nel Ritardo, generalmente, le abilità sociali e comunicative (non necessariamente verbali) sono conservate ed in linea con il livello generale di sviluppo cognitivo. Ipoacusia. Bambini con problemi uditivi possono mettere in atto comportamenti che mimano l’Autismo. Solitamente, però, nell’ipoacusia sono conservati l’interesse per le persone e l’intento comunicativo e si osserva lo sviluppo di modalità comunicative alternative al linguaggio (es. gesti).
  • 36. Sindrome di Landau-Kleffner. Questa forma particolare di epilessia è accompagnata da un’afasia acquisita che potrebbe far pensare ad un Autismo regressivo. In realtà, non si osservano i comportamenti della triade ed è presente un quadro elettroencefalografico caratteristico. Disturbi Specifici di Linguaggio. Situazioni di grave deficit nella comprensione possono accompagnarsi a disinteresse verso persone e linguaggio ed isolamento, soprattutto nei primi 3 anni di vita; tuttavia, le abilità sociali e l’intento comunicativo dovrebbero essere conservati.
  • 37. Schizofrenia. In alcuni casi può manifestarsi in bambini anche molto piccoli (Very Early Onset Schizophrenia), ma la storia di questo disturbo è differente da quella dell’Autismo poichè insorge, di solito, dopo un periodo di sviluppo tipico e si complica precocemente con fenomeni produttivi (es. deliri e allucinazioni). Mutismo Selettivo. Questo disturbo tipicamente si manifesta solo in alcuni contesti (es. scuola), mentre in altri è assente (es. famiglia) e non presenta atipie negli interessi, nei comportamenti o nelle abilità sociali.
  • 38. Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Nei casi di Autismo a più alto funzionamento cognitivo i ragazzi possono sviluppare rituali e routine anche molto simili a quelli tipici delle patologie ansiose, ma la differenza centrale con i Disturbi Ossessivo- Compulsivi rimane la presenza di atipie socio- comunicative e relazionali peculiari. Disturbo Reattivo dell’Attaccamento. Nei bambini che hanno vissuto storie di abuso e abbandono possono manifestarsi comportamenti stereotipati, isolamento sociale e deficit comunicativi che solitamente però regrediscono all’inserimento del bambino in un ambiente più adatto.
  • 39. Disturbo Schizoide di Personalità. In questo tipo di patologia la tendenza all’isolamento si manifesta solo in alcuni contesti, mentre in altri i pazienti sono in grado di mettere in atto comportamenti socio-relazionali del tutto adeguati. Disturbo Evitante di Personalità. Nel Disturbo Evitante il ritiro dalle relazioni sociali è determinato dall’ansia nel contatto con gli altri in situazioni sociali.
  • 40. Diagnosi Precoce Da dati di ricerche recenti emerge che già all’età di 2 anni può essere possibile formulare una diagnosi di Autismo con un buon margine di precisione e sicurezza (Charman e Baird, 2002). CHAT (Checklist for Autism in Toddlers) (Baron- Cohen et al., 1992): somministrabile a bambini di 18 mesi, 14 item (5 del Pediatra e 9 dei genitori). M-CHAT (Modified CHAT) (Robins et al., 2001): somministrabile a 24 mesi, 23 item ai quali i genitori devono dare una risposta dicotomica.
  • 41. Epidemiologia Non è stata rilevata nessuna prevalenza geografica, etnica o socio-culturale per il Disturbo Autistico. È presente invece un’importante prevalenza rispetto al genere (maschi:femmine di 3:1 o 4:1). Negli ultimi decenni si è notata una considerevole modificazione nei risultati ottenuti con gli studi sulla prevalenza: 1 caso per 1.000 (Fombonne, 2003). Questo dato indica una prevalenza 3/4 volte maggiore di quella stimata 30 anni fa.
  • 42. Le basi psicologiche Kanner (1944) riteneva che i genitori dei bambini con Autismo fossero freddi e ossessivi, anche se era convinto che questa modalità distaccata non fosse la sola causa della patologia, ma che si combinasse con una predisposizione organica. Bruno Bettelheim (1967) riteneva che il bambino autistico avesse sperimentato dei genitori rifiutanti e che, nello stesso tempo, egli fosse capace di percepirne i sentimenti negativi. Così si era costruito una fortezza vuota per difendersi dalla sofferenza e dalle delusioni.
  • 43. Ferster (1961) sostenne che la mancanza di attenzione da parte dei genitori, specialmente della madre, impediva lo stabilirsi di quelle associazioni che potevano conferire agli esseri umani la funzione di rinforzatori sociali, inducendo il bambino a rinchiudersi in se stesso, in un mondo individuale e fatto di solitudine. Dagli anni Settanta tutte queste teorie sono state abbandonate sulla base di importanti evidenze sperimentali che hanno dimostrato come i genitori di bambini autistici non siano differenti da quelli di bambini non autistici (Cox et al., 1975).
  • 44. Al momento attuale possiamo quindi dire che le cause dell’Autismo sono a tutt’oggi sconosciute. È definito come una sindrome comportamentale biologicamente, e non psicologicamente, determinata, ad eziologia non ancora nota. Modello sequenziale eziopatogenetico (Rapin, 2004): Eziologia (fattori alla base dello sviluppo della patologia), Anatomia patologica (strutture neuroanatomiche e sistemi neurotrasmettitoriali), Patogenesi (funzionamento neuropsicologico anomalo e comportamento), Sintomatologia (studio delle compromissioni comportamentali).
  • 45. Eziologia Fattori di rischio perinatali. Non sono emersi legami tra affezioni mediche interessanti la madre in gravidanza, problemi durante il parto e Autismo. Fattori perinatali avversi, come ritardo della nascita, ritardo della respirazione o convulsioni neonatali, possono combinarsi in una catena causale a fattori ambientali, costituzionali e genetici, per dar luogo ad esiti vari (Frith, 1989). Tra i fattori ambientali che potrebbero interagire con un particolare assetto genetico pre-esistente durante la vita intrauterina il più studiato è rappresentato dall’esposizione della madre a pesticidi di uso domestico durante il secondo trimestre di gravidanza (Hertz-Picciotto, 2008).
  • 46. Eziologia Infezioni virali e disfunzioni immunologiche. Non ci sono evidenze che meccanismi immunologici o qualsivoglia tipo di vaccinazione possano contribuire allo sviluppo della sintomatologia (Parker et al., 2004). Genetica. Concordanza dal 60 al 91% monozigoti (Bailey et al., 1995). Associazione tra alcune manifestazioni comportamentali e cognitive caratteristiche dei DPS e alterazioni genetiche note. Non si ritiene che possa esistere il gene dell’Autismo (Muhle et al., 2004) (vari cromosomi 2, 7, 13, 14, 15, 16 e 17).
  • 47. Anatomia patologica Anomalie morfologiche: dal livello di citologia neuronale (riduzione del numero e della grandezza) fino a quello di intere regioni cerebrali, quali per esempio: cervelletto, lobi frontali, sistema limbico, corpo calloso, corpi mammillari, tronco dell’encefalo, gangli della base; assotigliamento diffuso della corteccia cerebrale. Sistemi neurotrasmettitoriali: anomalie quantitative e qualitative nei sistemi fronto-striatali (coinvolgenti serotonina, dopamina, ossitocina e vasopressina) di natura aspecifica.
  • 48. Patogenesi La teoria Socio-Affettiva: empatia non inferenziale o intersoggettività primaria (Hobson, 1993). La teoria della Teoria della Mente: comprendere come nella mente nostra e altrui esistano stati mentali e come il comportamento degli esseri umani si possa interpretare sulla base di tali stati. (Baron-Cohen et al., 1985). La teoria della Coerenza Centrale: incapacità a sintetizzare in un tutto dotato di significato le informazioni pluri-sensoriali e parziali provenienti dall’ambiente (Frith, 1989). La Teoria delle Funzioni Esecutive: formulare mentalmente un piano d‘azione, inibire risposte impulsive, essere attenti ai feed-back, spostare in modo flessibile l’attenzione (Pennington e Ozonoff, 1996).
  • 49. Prognosi A differenza di quanto si riteneva un tempo, i bambini con diagnosi di Autismo possono apprendere molte cose. Le ricerche scientifiche e gli studi di follow-up sembrano attribuire il maggior ruolo di fattori prognostici al livello di funzionamento cognitivo e allo sviluppo del linguaggio verbale (Howlin et al., 2004). L’evoluzione sembra migliore nei casi in cui il QI (almeno alle prove non-verbali) sia intorno ai 70 e il linguaggio verbale, in comprensione e produzione, compaia e si sviluppi non dopo i 5 anni.
  • 50. Trattamento Considerare un progetto che si sviluppi nell’intero arco di vita e che sia mirato al raggiungimento della migliore qualità della vita possibile per l’individuo e la sua famiglia: non esiste un intervento che vada bene per tutti i soggetti; non esiste un intervento che vada bene per tutte le età; non esiste un intervento che risponda a tutte le esigenze.
  • 51. Le esperienze condotte a livello nazionale ed internazionale indicano che l’intervento deve: svilupparsi in prospettiva diacronica (presa in carico con obiettivi a medio e lungo termine); tenere conto anche di una dimensione sincronica, (momenti di coordinamento dei vari interventi); prevedere il coinvolgimento costante dei genitori e delle figure che compongono gli ambienti di vita; ciò che è possibile (punti di forza e di debolezza) e del ciò che è utile (in quella fase di sviluppo); essere flessibile, scegliere la o le strategie migliori per il loro raggiungimento e mantenimento; momenti di verifica e controllo nei quali valutare se le strategie stanno conducendo agli obiettivi prefissati.
  • 52. Approcci comportamentali La filosofia di fondo di questi approcci è l’Analisi del Comportamento Applicata (Applied Behaviour Analysis – ABA), traduzione operativa dei principi della Behaviour Analysis. L’obiettivo di questi modelli è la modificazione del comportamento attraverso la modificazione delle relazioni tra esso e l’ambiente (A, B, C e contesto). Interventi tradizionali. Loovas (1979; 1981) Interventi neo-comportamentali. (es. Incidental Learning) (Prizant e Wetherby, 1998).
  • 53. Approcci evolutivi o interattivi In quest’ottica è centrale la considerazione della dimensione emozionale e relazionale nel lavoro con il bambino al fine di favorire la promozione dell’iniziativa spontanea e della partecipazione alle attività. L’ambiente non è più concepito come distraente o come uno spazio fisico da modificare al fine di ottenere cambiamenti nel comportamento, ma assume di per sè una valenza terapeutica. Denver Model (Rogers et al., 2000), il DIR (Greenspan e Wieder, 1999) e la TED (Lelord et al., 1978; Barthelemy at al., 1995).
  • 54. Modelli di presa in carico Quando parliamo di modelli di presa in carico facciamo riferimento non solo ad un insieme di tecniche e strategie organizzate in un quadro concettuale e teorico ma, più in generale, a modelli operativi di gestione e organizzazione dei Servizi. Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children (TEACCH) – University of North Carolina (Schopler et al., 1980; 1983). Denver Model – University of Colorado (Rogers et al., 2000) Developmental Intervention Model (DIR) – George Washington University (Greenspan e Wieder, 1999) Theapie d’Echange et Developpement (TED) – Universitè Fran is Rabelais, Tours (Lelord et al., 1978; Barthelemy at al., 1995).
  • 55. La Comunicazione e il Linguaggio nei bambini affetti da Autismo L’area della Comunicazione e del Linguaggio nei bambini affetti da Autismo è compromessa a vari livelli e con gravità notevolmente variabile interindividualmente ma anche nello stesso soggetto, longitudinalmente (Surian e Siegal, 2009; Vivanti e Congiu, 2009).
  • 56. assenza di linguaggio nel 20-50% dei casi (Lord e Spence, 2006) o ritardo nel suo sviluppo (es. prime parole intorno ai 38 mesi) (Howlin, 2003); difficoltà nella processazione delle informazioni verbali (es. percezione e discriminazione uditiva e comprensione del linguaggio) (SINPIA, 2005); sviluppo fonetico-fonologico che può essere deficitario, ma generalmente in linea con il livello cognitivo generale (Tager-Flusberg, 2007); sviluppo morfo-sintattico pressochè preservato e generalmente coerente con il livello cognitivo globale (Frith, 1989);
  • 57. sviluppo lessicale inizialmente ritardato, poi in linea con lo sviluppo tipico soprattutto per i soggetti HF (Jarrold et al., 1997), ma caratterizzato da peculiarità come uso di termini non convenzionali o di termini convenzionali in modo non convenzionale (linguaggio gergale, idiosincratico o stereotipato) e difficoltà nell’uso di termini riferiti a stati mentali (Baron-Cohen et al., 1997); difficoltà nell’area pragmatica (es. rispettare il turno di conversazione, rimanere in argomento, considerare l’uditorio ed i suoi feed-back, fornire messaggi non ambigui e avere la capacità disambiguare messaggi ambigui, fornire la quantità giusta di informazioni etc.) (Walenski et al., 2006);
  • 58. alterazione degli aspetti soprasegmentali (prosodia, intonazione, intensità della voce, ritmo dell’eloquio etc.) (SINPIA, 2005); deficit di comprensione del linguaggio verbale e mancata responsività agli stimoli verbali (Boucher et al., 2008; Tager-Flusberg, 1981); alcune anomalie caratteristiche (es. ecolalia immediata o differita, inversione pronominale) (SINPIA, 2005).
  • 59. Il trattamento logopedico dei bambini con Autismo Anche il lavoro logopedico sul linguaggio e sulla comunicazione trae notevole beneficio dall’utilizzo delle strategie dell’educazione strutturata (es. strutturazione dello spazio, del tempo e dei materiali, utilizzo degli ausili visivi, impiego di rinforzo e aiuti, obiettivo della generalizzazione, controllo dei comportamenti problematici).
  • 60. Le difficoltà specifiche nelle diverse aree di linguaggio (fonetica, fonologica, lessicale, semantica e morfosintattica) vengono affrontate in modi e in tempi che variano a seconda delle caratteristiche del disturbo e del bambino e, in generale, le strategie e gli obiettivi di trattamento sono gli stessi della riabilitazione dei bambini con DSL. Il primo settore di lavoro è quello dei prerequisiti della comunicazione, sovrapponibile quindi, almeno in parte, al lavoro svolto dagli Educatori sulle abilità di intersoggettività, intenzionalità comunicativa, attenzione, emozione e divertimento condivisi, contatto oculare, imitazione, turno, indicazione, primi gesti comunicativi condivisi.
  • 61. In un secondo momento, il percorso riabilitativo si focalizza sull’integrazione della percezione uditiva come prerequisito al lavoro sulla comprensione e sulla produzione verbale. Quando il bambino ha acquisito i pre-requisiti minimi della comunicazione ed ha portato a termine con successo il training uditivo ci si propone di lavorare e potenziare le capacità di comprensione e produzione di messaggi verbali funzionali (comunicazione referenziale). Una volta acquisite tutte queste competenze in un contesto di terapia individuale è utile promuovere il lavoro in gruppo per favorire lo sviluppo delle abilità conversazionali.
  • 62. I problemi di comportamento. Un sistema di comunicazione insufficiente o una comprensione del linguaggio anomala possono condurre le persone con Autismo, anche se con un buon funzionamento cognitivo, ad esprimere le proprie necessità o difficoltà attraverso comportamenti non adeguati (Schopler, 1995). La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente, la chiarezza, la concretezza dei messaggi e l’insegnamento di modalità di comunicazione (verbali, gestuali, per immagini) sono le condizioni utili per evitare i comportamenti problema.