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IL PROGETTO “CASA DI ELIA”
UN CAMBIO DI PARADIGMA NELLA COMUNITA’
              TERAPEUTICA
“Negli anni si è fatta esperienza, ma nello
stesso tempo i cambiamenti del contesto si
sono susseguiti a grande velocità e quello
che ieri valeva e sembrava finalmente
funzionare, oggi, di fronte a nuove situazioni
e a nuovi bisogni, sembra divenuto
inefficace. In questo campo, aperto a tante
interferenze, la ricerca è davvero difficile” pg
17-18 dalla prefazione di Luigi Ciotti al
libro di Maurizio Coletti e Leopoldo Grosso
“La Comunità Terapeutica per persone
tossicodipendenti”
 Ed. Gruppo Abele 2011
“Casa di Elia” non ha rappresentato un
semplice progetto iniziato nel 2006 che si è
sviluppato negli anni ma rappresenta un
cambiamento          di  paradigma      nella
concezione di Casa di Lodesana dei
percorsi terapeutici e della Comunità
Terapeutica.
Il processo sviluppatosi intorno al progetto
Casa di Elia, con un pensiero artigiano,
come lo chiama R. Sennett, che ha
intrecciato riflessivamente agire e pensare ci
ha portato ad affermare che ci stiamo
muovendo non verso un nuovo progetto ma
verso un cambio di paradigma.
Cambiamento di paradigma è l'espressione coniata da
Thomas S. Kuhn nella sua importante opera
La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) per
descrivere un cambiamento nelle assunzioni basilari
all'interno di una teoria scientifica dominante. Altri hanno
poi applicato il concetto di cambiamento di paradigma
alle scienze sociali, allo studio delle religioni…
Alcuni "casi classici" di cambiamento di paradigma
kuhniano sono:
Il passaggio dal sistema tolemaico al
sistema copernicano.
Il passaggio alla teoria della relatività einsteiniana.
Lo sviluppo della fisica quantistica, che ridefinì la
fisica classica.
Il passaggio dal creazionismo alla teoria dell'evoluzione
Per introdurre la descrizione del
 cambio di paradigma vediamo
   brevemente la genesi e le
 caratteristiche fondamentali
         del progetto

     Il nome del progetto

        Elia: il profeta
Combatte da solo contro i 450 profeti di Baal
 e li sconfigge. Nella sua aggressività non
si accorge dei suoi lati ombra e della sua
  immagine unilaterale di Dio. Finchè Elia
può vivere il suo lato maschile si sente forte.
   Ma non appena il lato femminile gli si fa
 incontro nella figura della regina Gezabele
     tutta la sua fiducia in sé stesso crolla.
 Fugge e nel deserto e nel silenzio trova
   sé stesso dopo aver attraversato una
          profonda fase depressiva.
Trova anche una nuova immagine di Dio,
non più il Dio potente che stermina i suoi
  avversari con il fuoco della sua ira, ma
     un dio mite e delicato che gli si fa
   incontro nella voce lieve del vento. Il
  profeta di fuoco non è più il profeta del
 fuoco che distrugge ma che riscalda gli
uomini, che da sempre anelano al fuoco.
   Senza l’incontro con i suoi lati ombra
l’uomo corre il rischio di distruggere con
la sua forza le persone anziché edificarle
               e incoraggiarle.
Il progetto CASA DI ELIA
Il progetto “Casa di Elia” avviato dall’Associazione
      “Gruppo Amici” si configura come “luoghi
               dell’accompagnamento”.
   Tre presupposti consideriamo fondamentali e
         basilari rispetto al piano di intervento:
     1) Abitazione: necessità dell’identificazione
dell’individuo con un ambiente di vita, un contesto
       in grado di soddisfare i bisogni primari di
          sicurezza, protezione, accoglienza.
   2) Socialità/lavoro: presenza di elementi per
          favorire e mantenere un processo di
                      socializzazione
        3) Affettività: ricchezza delle relazioni
    interpersonali in cui il soggetto sperimenta la
                propria fase esistenziale.
Il Progetto “Casa di Elia”, è attivo dal 2006.

 E’ realizzato dall’ “Associazione “Gruppo Amici
  - Casa di Lodesana” in collaborazione con la
    Casa Famiglia Associazione ONLUS “San
 Cristoforo – un pezzo di strada insieme”, con
l’Associazione “Talita Kum” di Salsomaggiore
    Terme e la Parrocchia di san Giuliano in
                Diocesi di Fidenza.

                        I luoghi
 Le case: la dimensione è quella di appartamenti
 inseriti in contesti con caratteristiche diverse ma
tutti accomunati dalla presenza di una significativa
                   rete di relazioni.
La città di Parma
La città di Salsomaggiore
Le colline di Cangelasio nei
 pressi di Salsomaggiore
La piccola frazione di san Giuliano
“Casa di Elia” è un intervento psicoeducativo integrato
in forma residenziale pensato per soggetti:
1) con problematiche complesse a livello individuale o
sul piano familiare-relazionale.
2) con una storia caratterizzata da numerosi ingressi in
strutture terapeutiche o dalla difficoltà nel sostenere
un percorso comunitario “tradizionale”.
3) con un buon livello di risorse, competenze ed abilità,
che comunque abbisognino di un percorso terapeutico
residenziale breve e di un reinserimento graduale.
4) che a fronte di una ricaduta abbisognano di una
breve pausa in un contesto terapeutico finalizzato al
rientro in tempi brevi nella società anche con la
possibilità di mantenere l’attività lavorativa
5) che presentano nuove forme di dipendenza, in
particolare GAP (fase sperimentale)
L’accesso al progetto Casa di Elia è successivo
     alla definizione di un progetto riabilitativo
individualizzato concordato con il Servizio inviante
                    e con l’utente

Il percorso propone un coinvolgimento costante
 (incontri familiari, gruppi familiari), ove possibile,
 della famiglia (d’origine e acquisita) considerata
 come collaboratore fondamentale al trattamento.
L’intervento psicoeducativo segue una prospettiva
                sistemico-relazionale

   L’integrazione con i Ser.t. e con i Servizi
 coinvolti, l’approccio di rete e di comunità è
        costitutivo di questo intervento.
Teorie di base e modello interpretativo su cui poggia
l'intervento proposto
Dai seguenti riferimenti teorici derivano i concetti base del
modello di comprensione e di intervento di Lodesana
Area psicodinamica
Approccio basato sulla mentalizzazione, regolazione
delle emozioni, sviluppo del sé (Fonagy, Bateman,
Allen…) che rielabora le correnti psicodinamiche
soprattutto di area anglosassone (Klein, Bion, Winnicott,
Gabbard, Kernberg, Mc Williams…) Teoria dell’
attaccamento : Bowlby, Holmes
Fornari: analisi istituzionale, codici affettivi
Analisi Transazionale: nella rilettura di Fornari e nella
versione della terapia ridecisionale per quanto concerne
l’integrazione di alcuni elementi provenienti dallo
psicodramma classico
Area junghiana (Neumann , Zoja, Mazzarella)
Area lacaniana: i lavori di Recalcati, Giglio
MODELLO DIALETTICO-
      COMPORTAMENTALE
 Linehan, Korslund (strategie di
    validazione e cambiamento,
gerarchia degli obiettivi, gruppi di
    skills training: minfulness,
    regolazione delle emozioni,
efficacia interpersonale, tolleranza
   angoscia sofferenza mentale)
DBT Dialectical Behavior Therapy

  La DBT viene spesso indicata come uno dei
    trattamenti di elezione per pazienti BPD e
                   tossicodipendenti
        E’ un trattamento evidence based
     In sintesi la teoria biosociale della DBT
sostiene che Il BPD è un disturbo pervasivo del
 sistema di regolazione emozionale, risultato di
  una specifica predisposizione individuale alla
        malattia (fattori genetico-biologici) in
    associazione con un ambiente di sviluppo
                      invalidante
DBT: EQUILIBRIO TRA CAMBIAMENTO E
                    ACCETTAZIONE

   CAMBIAMENTO                                    ACCETTAZIONE

   irriverenza                                               reciprocità


                 Problem
                 solving                       validazione




Consultazione                   dialettica
                                                              Intervento
col paziente                                                  ambientale
                           Consultazione del
                                team
SKILLS TRAINING


   Regolazione
   delle emozioni                                           Mindfulness




                 cambiamento                 accettazione




Efficacia                  autoregolazione
                                                               Tolleranza
interpersonale
                                                               allo stress
Modello interpersonale
Benjamin in particolare la TRI (terapia ricostruttiva
interpersonale rivolta al lavoro con i casi difficili)
Modelli sistemici
Principi base di terapia della famiglia (doppio
legame, triangolazioni, genogramma…)
Modelli cognitivisti
I lavori di Semerari, Dimaggio, Lorenzini Sassaroli
per l’approccio cognitivo al paziente grave, il
rapporto tra metacognizione e relazione
terapeutica
Greenberg per quanto riguarda i processi del
cambiamento emozionale e la direttività orientata
al processo
Colloquio intenzionale (Ivey) e motivazionale
Mindfulness (Kabat Zinn, Siegel) ma anche
logoterapia (Frankl)
Psicologia di comunità (Rappaport, Amerio…):
per quanto riguarda Comunità Terapeutica
reinserimento e territorio
Aspetti biologici: connessione tra biologia-
buyologia-biopotere (Foucault)
Riferimenti di area sociologica, filosofica
Circa il apporto td-società (legami nella società
liquida): Bauman (modernità liquida), Magatti
(capitalismo tecno-nichilista), Donati (sociologia
relazionale)
Elaborazioni relative al welfare di comunità,
community care (Folgheraiter…)
Riferimenti di ambito teologico
Drewermann per un’approccio di psicologia del profondo
applicato alle scritture ebraico cristiane. Interresse per la
presenza nei racconti religiosi, miti, fiabe… di temi
archetipici che attraverso un linguaggio narrativo e
simbolico descrivono il percorso di individuazione
(Esodo, viaggio di Tobia, viaggio di Ulisse e di Dante,
Ramayana…), immagini di trasformazione e concetti alla
base del nostro modello (base sicura, costanza d’oggetto,
presenza-assenza, guaritore ferito-feritore che guarisce)


I RIFERIMENTI PER LE DINAMICHE ORGANIZZATIVE
Il modello socio analitico (organizzazione visibile e
organizzazione nascosta)
La leadership situazionale focalizzata al lavoro di
squadra e al “lavoro di gruppo”
In modo specifico per il progetto “Casa di
 Elia” nell’ambito dei riferimenti complessivi
  sono stati considerati in modo specifico:

     LA “PSICOLOGIA ECOLOGICA”
 Tale approccio considera la salute come il
     prodotto dell’interdipendenza fra
        l’individuo e i sottosistemi
dell’ecosistema (famiglia, comunità, cultura
e ambiente fisico e sociale) d’appartenenza.
IL CONCETTO DI “PRESA IN CARICO AMBIENTALE”

 La relazione di aiuto interpersonale risulta insufficiente se
       non si accompagna anche a una presa in carico
       ambientale, possibile attraverso un lavoro di rete.
      Una rete “povera” è fattore di rischio per problemi
 psicologico-emotivi e relazionali, mentre una rete “ricca”
   favorisce il benessere. Risulta quindi evidente come il
lavoro socio-educativo, ai fini della promozione del maggior
benessere possibile, debba porsi l'obiettivo di migliorare le
              reti e cioè i vari aspetti delle stesse.
 La cornice della comunità, intesa come rete dinamica di
  rapporti e relazioni dialettiche tra individuo, gruppi, livelli
     sociali, rappresenta quindi il contesto fondamentale
  all’interno del quale l’attività degli individui si esplica ed il
     cambiamento sociale diviene possibile. (Wiesenfeld
                              [1986]).
EMPOWERMENT E “NARRAZIONI” ALTERNATVE

Operare adottando un simile spettro di visioni della persona
e del contesto sociale significa spostare lo sguardo, il
“focus” della propria attenzione dalla patologia alla salute;
il che significa promuovere le competenze sociali e
individuali per incrementare il benessere. Detto
altrimenti si tratta di far leva sulle abilità degli individui e
della comunità e non sui loro “deficit”. Una simile
operazione viene emblematicamente sintetizzata nella
nozione di “empowerment”.
Procedere con interventi di “empowerment” significa non
“curare” qualcuno che è visto come un malato, ma piuttosto
attivare risorse e competenze, accrescere nei soggetti
individuali e collettivi le loro qualità positive e quanto il
contesto offre a livello materiale e simbolico per agire sulle
situazioni e modificarle.
Ciò significa contribuire al cambiamento sociale
 aiutando le persone a scoprire, creare e rendere
 disponibili l’uno per l’altro narrazioni alternative
  Il progetto “Casa di Elia”, “cresce” all’interno di
una pratica sociale orientata alla community care.

  Con questo termine, riprendendo Folgheraiter,
 non si intende la cura delle istituzioni formali
nella comunità, ma una rete di interventi che si
basano sull’incontro creativo e collaborativi fra
 soggetti primari (associazioni locali, famiglie,
vicinato) e servizi organizzati (sia pubblici che
    privati) mediante relazioni di reciproca
                    sinergia.
Si intende progettare gli interventi educativi
  integrando l’intervento professionale e
strutturato (operatori professionali, colloqui,
     gruppi, psicoeducativi, gruppi di skills
     training, supervisione casi ed équipe)
 mediante apporti informali, valorizzando
   prima di tutto le relazioni che si possono
     vivere in un ambiente normale, ossia
quotidiano, sempre più reale, improntato allo
stile di vita famigliare, all’imparare, appunto,
           vivendo (“living learning”).
La sfida che si intende perseguire è quella
di promuovere l’integrazione dei soggetti
 ritenuti più deboli attraverso una rete di
sostegno sociale e umano portato avanti
     da tutta una comunità che se ne fa
  carico. Si vuole superare pertanto una
     concezione ghettizzante, o peggio
 ancora segregante, del recupero sociale
      e sottolineare come tali processi
     favoriscono la costruzione di una
comunità vitale in una circolarità virtuosa
tra inclusione e coesione sociale. Ciò che
 si intende attivare è un recupero sociale in
Questo ha richiesto e richiede un
         incremento e un supplemento di
   professionalità e competenze rispetto al
       tradizionale modello della CT. Si è
approfondito l’aspetto dell’organizzazione e
   dei sistemi come elementi curanti, di
 come governare un sistema complesso
  in modo che sia curante e non patogeno,
  quale modello organizzativo adeguato per
 facilitare un sistema complesso di relazioni
   tra soggetti e organizzazioni, formale e
                    informale.
IL CAMBIO DI PARADIGMA
1) Da un paradigma lineare Comunità Terapeutica-
Reinserimento ad un paradigma di network point-
     to-point basato su hub medio-piccoli

    Con il termine hub and spoke si intende un
   modello di sviluppo della rete delle compagnie
 aeree costituito da uno scalo dove si concentrano
la maggior parte dei voli. Solitamente questo scalo
  è anche la base (o una delle basi) di armamento
                  della linea aerea.
Il modello hub and spoke si è sviluppato negli USA
           in seguito alla deregulation nell'
            aviazione civile commerciale.
Recentemente si va delineando una tendenza,
                  specialmente tra le
 compagnie aeree a basso costo, nello sviluppo di
 network "point to point", tra aeroporti secondari.
   Inoltre è errato associare la strategia "point to
   point" al "low cost". Ad esempio, nello sviluppo
 delle linee aeree a basso costo europee (EasyJet
  e Ryanair in primis) si nota come al crescere dei
 collegamenti point to point, si rende necessario la
  creazione di "basi" logistiche. È forse giusto dire
che le low cost prediligono un modello di network
   point-to-point basato su hub medio-piccoli
                       multipli.
L´hub & spoke nei servizi sanitari fa
    riferimento alla modalità di produzione e
   distribuzione dell’assistenza ospedaliera
       secondo il principio delle reti cliniche
       integrate (modello “HUB & SPOKE”:
 letteralmente: mozzo e raggi) che prevede
       la concentrazione della casistica più
complessa, o che necessita di più complessi
   sistemi produttivi, in un numero limitato di
        centri (HUB). L’attività degli HUB è
fortemente integrata, attraverso connessioni
  funzionali, con quella dei centri ospedalieri
                 periferici (SPOKE).
Da un PARADIGMA LINEARE
 Comunità Terapeutica-Reinserimento…



COMUNITA’
TERAPEUTICA
                               REINSERIMENTO
…ad un paradigma… che coniugando hub and
          spoke e point-to-point
…ad un paradigma di network point-to-point basato
            su un hub medio-piccolo




da un paradigma lineare centrato sulla Comunità
Terapeutica ad un PARADIGMA RETICOLARE
         COMPLESSO E SISTEMICO
2) Una concezione del lavoro svolto in
  Comunità Terapeutica come un momento
    del percorso mentre il “Reinserimento”
 assume un significato sempre maggiore a
differenza del in passato in cui non era visto
           come un momento centrale
   3) Il percorso in ct non si esaurisce in un
   momento definito che è la comunità. La
costruzione della relazione, dell’holding è un
 momento decisivo che non si può ridurre al
        momento comunitario. L’obiettivo
 terapeutico è quello di favorire lo sviluppo
         della capacità di chiedere aiuto
4) Abbiamo cercato di costruire un sistema che
  ha l’idea della recidiva al suo centro pur non
     escludendo la possibilità di guarigione ma
calibrando gli obiettivi a partire dal confrontarsi con
       una “malattia cronica ad andamento
   recidivante” (definizione OMS 1977). In tale
      prospettiva la ricaduta, per soggetti che
  abbisognano di un trattamento residenziale, e
  quindi con una severità della dipendenza è da
      considerarsi un elemento probabile. Il
   trattamento deve quindi essere focalizzato
  sulla prevenzione delle ricadute e su di una
loro rielaborazione in termini di apprendimento
               quando si verificano.
5) A partire dal confronto con i dati di realtà
abbiamo dovuto ripensare l’intervento della
CT (senza oscillare tra senso di onnipotenza
e di impotenza) con una nuova attenzione
al sociale, al territorio, con un agire
terapeutico che includesse il territorio e una
ridefinizione degli obiettivi in termini di
qualità della vita superando una logica
“dipendenza         versus        guarigione
completa/restituito     ad    integrum”che
operava secondo una rigida modalità on/
off.
6) Considerando gli effetti iatrogeni e
  cronicizzanti della residenzialità la Ct,
come elemento di estraniazione della realtà,
 è vista positivamente solo nel momento
    in cui si favorisce la possibilità di
costruire il rapporto con la realtà e quindi
   le resilienze, la capacità di chiedere
      aiuto, relazioni a cui rivolgersi.
 Nell’esperienza di lavoro sul territorio con i
 percorsi del progetto “Casa di Elia” durante
    questi anni si è altresì confermata la
     necessità di un momento ad alta
     intensità (Comunità terapeutica).
7) Tale paradigma concepisce lo sviluppo
dell’integrazione con il Ser.T. e con il territorio
come l’elemento di specializzazione strategico
che deve essere introdotto (cioè specializzazione
concepita come sistemi ad alta integrazione).

8) In tempi di crisi socio-economica, scarsità di
risorse, di liste d’attesa, problemi complessi
abbiamo cercato di lavorare in una prospettiva di
ottimizzazione e razionalizzazione, per un modello
che coniugasse trattamenti seri e contenimento
dei costi, una buona performance del rapporto
efficienza/efficacia.
9) Passaggio da un modello lineare
centrato sulla Comunità Terapeutica
ad un modello reticolare complesso
e sistemico basato sulla flessibilità e
sulla dinamicità articolato in un’ottica
di intensità di cura (in cui la CT
rappresenta il momento ad alta
intensità e il progetto “Casa di Elia”
quello a bassa intensità ed alta
integrazione)       e        continuità
assistenziale
10) Questo ha significato uscire dallo schema CT
e Reinserimento. Si è passati dalla CT ai
Percorsi Terapeutici. Al centro non è più la CT
all’interno della quale doveva essere realizzato il
percorso terapeutico. AL CENTRO SI TROVA IL
PERCORSO                          TERAPEUTICO
INDIVIDUALIZZATO che può essere elaborato
avvalendosi di una serie di strumenti tra cui la
CT con alcuni o tutti i suoi moduli terapeutici.

11) Il nuovo paradigma in cui Casa di Elia si
inserisce significa la possibilità di articolare
maggiormente ed in modo innovativo i percorsi
terapeutici potendo combinare un’ampia
gamma di possibilità e di moduli terapeutici
differenziati.
12) Il cambio di paradigma è in continuità
con 30 anni di presenza sul territorio
caratterizzati da un fedeltà creativa alle
nostre radici, da un confronto con le
trasformazioni sociali in atto nel rispetto
della nostra storia e del “know how”
sviluppato in questo anni.
13) Il pieno inserimento dei percorsi nel territorio,
   in un’ottica di osmosi e di scambio con il
                     territorio.

Questo non solo come opportunità terapeutica
  ma anche nella prospettiva di un processo
     culturale volto a far si che i territori si
riapproprino e si interroghino a partire da una
tra le figure della clinica più diffuse nella società
    postmoderna che secondo vari autori è un
   sintomo e una metafora del disagio della
 nostra società (ombra collettiva dove i legami
     vanno evaporando e si parla di morte del
  prossimo) contrastando una accomodante
              delega agli specialisti.
14) Un’evidenza empirica dell’interesse che ha
  riscontrato l’impegnativo lavoro svolto in questi
     ultimi anni è rappresentato a nostro avviso
dall’interesse e dall’utilizzo dimostrato dai Ser.t per
                   questo approccio.


15) La maggiore articolazione dei percorsi prevede
    un lavoro di assesment particolarmente
            accurato e processuale
16) L’affermazione cambio di paradigma è in
 relazione alle profonde trasformazioni sociali
che ad es. hanno portato Aldo Bonomi a parlare di
“apocalisse culturale” (De Martino) di un cambio di
       codice (dal paradigma capitale-lavoro al
    paradigma flussi-luoghi con tutte le sfide che
      questo pone al welfare universalistico e le
riflessioni nella prospettiva di un welfare societario
                    e di comunità)
L’esperienza di un numero significativo di
     casi clinici è un primo elemento che
 conferma l’idea che più l’organizzazione si
adatta ai bisogni dell’utenza più aumentano i
                     risultati.

Tale paradigma necessita di una adeguata
 presenza e formazione di operatori con
  funzione di case e care manager per la
 continuità assistenziale e relazionale nei
     passaggi tra le diverse strutture.
Questo approccio vuole inserirsi nella linea dello
scriba divenuto discepolo del regno dei cieli che è
  simile a un padrone di casa che estrae dal suo
         tesoro nova et vetera (Mt13,52).

  Una prospettiva di “ragione poetica” come la
    definisce la grande filosofa spagnola Maria
  Zambrano cioè una ragione, una razionalità un
sapere delicato, dell’anima in costante dialogo con
    scienza, filosofia, politica, poesia e mistica.
   Oppure nella prospettiva proposta da uno dei
grandi pionieri del dialogo indo-cristiano, il monaco
 camaldolese Bede Griffiths, che nella sua opera
propone un costante dialogo tra scienza psicologia
                      e mistica.
Un approccio volto quindi non solo al
 contrasto della droga, necessario
 ma non sufficiente, ma al contrasto
  di quella deriva nichilistica della
parola ridotta a chiacchera e a numero
 che, come afferma Maria Zambrano,
rappresenta la più grande insidia per
           la DEMOCRAZIA

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Progetto Casa d'Elia

  • 1. IL PROGETTO “CASA DI ELIA” UN CAMBIO DI PARADIGMA NELLA COMUNITA’ TERAPEUTICA
  • 2. “Negli anni si è fatta esperienza, ma nello stesso tempo i cambiamenti del contesto si sono susseguiti a grande velocità e quello che ieri valeva e sembrava finalmente funzionare, oggi, di fronte a nuove situazioni e a nuovi bisogni, sembra divenuto inefficace. In questo campo, aperto a tante interferenze, la ricerca è davvero difficile” pg 17-18 dalla prefazione di Luigi Ciotti al libro di Maurizio Coletti e Leopoldo Grosso “La Comunità Terapeutica per persone tossicodipendenti” Ed. Gruppo Abele 2011
  • 3. “Casa di Elia” non ha rappresentato un semplice progetto iniziato nel 2006 che si è sviluppato negli anni ma rappresenta un cambiamento di paradigma nella concezione di Casa di Lodesana dei percorsi terapeutici e della Comunità Terapeutica. Il processo sviluppatosi intorno al progetto Casa di Elia, con un pensiero artigiano, come lo chiama R. Sennett, che ha intrecciato riflessivamente agire e pensare ci ha portato ad affermare che ci stiamo muovendo non verso un nuovo progetto ma verso un cambio di paradigma.
  • 4. Cambiamento di paradigma è l'espressione coniata da Thomas S. Kuhn nella sua importante opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) per descrivere un cambiamento nelle assunzioni basilari all'interno di una teoria scientifica dominante. Altri hanno poi applicato il concetto di cambiamento di paradigma alle scienze sociali, allo studio delle religioni… Alcuni "casi classici" di cambiamento di paradigma kuhniano sono: Il passaggio dal sistema tolemaico al sistema copernicano. Il passaggio alla teoria della relatività einsteiniana. Lo sviluppo della fisica quantistica, che ridefinì la fisica classica. Il passaggio dal creazionismo alla teoria dell'evoluzione
  • 5. Per introdurre la descrizione del cambio di paradigma vediamo brevemente la genesi e le caratteristiche fondamentali del progetto Il nome del progetto Elia: il profeta
  • 6. Combatte da solo contro i 450 profeti di Baal e li sconfigge. Nella sua aggressività non si accorge dei suoi lati ombra e della sua immagine unilaterale di Dio. Finchè Elia può vivere il suo lato maschile si sente forte. Ma non appena il lato femminile gli si fa incontro nella figura della regina Gezabele tutta la sua fiducia in sé stesso crolla. Fugge e nel deserto e nel silenzio trova sé stesso dopo aver attraversato una profonda fase depressiva.
  • 7. Trova anche una nuova immagine di Dio, non più il Dio potente che stermina i suoi avversari con il fuoco della sua ira, ma un dio mite e delicato che gli si fa incontro nella voce lieve del vento. Il profeta di fuoco non è più il profeta del fuoco che distrugge ma che riscalda gli uomini, che da sempre anelano al fuoco. Senza l’incontro con i suoi lati ombra l’uomo corre il rischio di distruggere con la sua forza le persone anziché edificarle e incoraggiarle.
  • 8. Il progetto CASA DI ELIA Il progetto “Casa di Elia” avviato dall’Associazione “Gruppo Amici” si configura come “luoghi dell’accompagnamento”. Tre presupposti consideriamo fondamentali e basilari rispetto al piano di intervento: 1) Abitazione: necessità dell’identificazione dell’individuo con un ambiente di vita, un contesto in grado di soddisfare i bisogni primari di sicurezza, protezione, accoglienza. 2) Socialità/lavoro: presenza di elementi per favorire e mantenere un processo di socializzazione 3) Affettività: ricchezza delle relazioni interpersonali in cui il soggetto sperimenta la propria fase esistenziale.
  • 9. Il Progetto “Casa di Elia”, è attivo dal 2006. E’ realizzato dall’ “Associazione “Gruppo Amici - Casa di Lodesana” in collaborazione con la Casa Famiglia Associazione ONLUS “San Cristoforo – un pezzo di strada insieme”, con l’Associazione “Talita Kum” di Salsomaggiore Terme e la Parrocchia di san Giuliano in Diocesi di Fidenza. I luoghi Le case: la dimensione è quella di appartamenti inseriti in contesti con caratteristiche diverse ma tutti accomunati dalla presenza di una significativa rete di relazioni.
  • 10. La città di Parma
  • 11. La città di Salsomaggiore
  • 12. Le colline di Cangelasio nei pressi di Salsomaggiore
  • 13. La piccola frazione di san Giuliano
  • 14. “Casa di Elia” è un intervento psicoeducativo integrato in forma residenziale pensato per soggetti: 1) con problematiche complesse a livello individuale o sul piano familiare-relazionale. 2) con una storia caratterizzata da numerosi ingressi in strutture terapeutiche o dalla difficoltà nel sostenere un percorso comunitario “tradizionale”. 3) con un buon livello di risorse, competenze ed abilità, che comunque abbisognino di un percorso terapeutico residenziale breve e di un reinserimento graduale. 4) che a fronte di una ricaduta abbisognano di una breve pausa in un contesto terapeutico finalizzato al rientro in tempi brevi nella società anche con la possibilità di mantenere l’attività lavorativa 5) che presentano nuove forme di dipendenza, in particolare GAP (fase sperimentale)
  • 15. L’accesso al progetto Casa di Elia è successivo alla definizione di un progetto riabilitativo individualizzato concordato con il Servizio inviante e con l’utente Il percorso propone un coinvolgimento costante (incontri familiari, gruppi familiari), ove possibile, della famiglia (d’origine e acquisita) considerata come collaboratore fondamentale al trattamento. L’intervento psicoeducativo segue una prospettiva sistemico-relazionale L’integrazione con i Ser.t. e con i Servizi coinvolti, l’approccio di rete e di comunità è costitutivo di questo intervento.
  • 16. Teorie di base e modello interpretativo su cui poggia l'intervento proposto Dai seguenti riferimenti teorici derivano i concetti base del modello di comprensione e di intervento di Lodesana Area psicodinamica Approccio basato sulla mentalizzazione, regolazione delle emozioni, sviluppo del sé (Fonagy, Bateman, Allen…) che rielabora le correnti psicodinamiche soprattutto di area anglosassone (Klein, Bion, Winnicott, Gabbard, Kernberg, Mc Williams…) Teoria dell’ attaccamento : Bowlby, Holmes Fornari: analisi istituzionale, codici affettivi Analisi Transazionale: nella rilettura di Fornari e nella versione della terapia ridecisionale per quanto concerne l’integrazione di alcuni elementi provenienti dallo psicodramma classico Area junghiana (Neumann , Zoja, Mazzarella) Area lacaniana: i lavori di Recalcati, Giglio
  • 17. MODELLO DIALETTICO- COMPORTAMENTALE Linehan, Korslund (strategie di validazione e cambiamento, gerarchia degli obiettivi, gruppi di skills training: minfulness, regolazione delle emozioni, efficacia interpersonale, tolleranza angoscia sofferenza mentale)
  • 18. DBT Dialectical Behavior Therapy La DBT viene spesso indicata come uno dei trattamenti di elezione per pazienti BPD e tossicodipendenti E’ un trattamento evidence based In sintesi la teoria biosociale della DBT sostiene che Il BPD è un disturbo pervasivo del sistema di regolazione emozionale, risultato di una specifica predisposizione individuale alla malattia (fattori genetico-biologici) in associazione con un ambiente di sviluppo invalidante
  • 19. DBT: EQUILIBRIO TRA CAMBIAMENTO E ACCETTAZIONE CAMBIAMENTO ACCETTAZIONE irriverenza reciprocità Problem solving validazione Consultazione dialettica Intervento col paziente ambientale Consultazione del team
  • 20. SKILLS TRAINING Regolazione delle emozioni Mindfulness cambiamento accettazione Efficacia autoregolazione Tolleranza interpersonale allo stress
  • 21. Modello interpersonale Benjamin in particolare la TRI (terapia ricostruttiva interpersonale rivolta al lavoro con i casi difficili) Modelli sistemici Principi base di terapia della famiglia (doppio legame, triangolazioni, genogramma…) Modelli cognitivisti I lavori di Semerari, Dimaggio, Lorenzini Sassaroli per l’approccio cognitivo al paziente grave, il rapporto tra metacognizione e relazione terapeutica Greenberg per quanto riguarda i processi del cambiamento emozionale e la direttività orientata al processo Colloquio intenzionale (Ivey) e motivazionale
  • 22. Mindfulness (Kabat Zinn, Siegel) ma anche logoterapia (Frankl) Psicologia di comunità (Rappaport, Amerio…): per quanto riguarda Comunità Terapeutica reinserimento e territorio Aspetti biologici: connessione tra biologia- buyologia-biopotere (Foucault) Riferimenti di area sociologica, filosofica Circa il apporto td-società (legami nella società liquida): Bauman (modernità liquida), Magatti (capitalismo tecno-nichilista), Donati (sociologia relazionale) Elaborazioni relative al welfare di comunità, community care (Folgheraiter…)
  • 23. Riferimenti di ambito teologico Drewermann per un’approccio di psicologia del profondo applicato alle scritture ebraico cristiane. Interresse per la presenza nei racconti religiosi, miti, fiabe… di temi archetipici che attraverso un linguaggio narrativo e simbolico descrivono il percorso di individuazione (Esodo, viaggio di Tobia, viaggio di Ulisse e di Dante, Ramayana…), immagini di trasformazione e concetti alla base del nostro modello (base sicura, costanza d’oggetto, presenza-assenza, guaritore ferito-feritore che guarisce) I RIFERIMENTI PER LE DINAMICHE ORGANIZZATIVE Il modello socio analitico (organizzazione visibile e organizzazione nascosta) La leadership situazionale focalizzata al lavoro di squadra e al “lavoro di gruppo”
  • 24. In modo specifico per il progetto “Casa di Elia” nell’ambito dei riferimenti complessivi sono stati considerati in modo specifico: LA “PSICOLOGIA ECOLOGICA” Tale approccio considera la salute come il prodotto dell’interdipendenza fra l’individuo e i sottosistemi dell’ecosistema (famiglia, comunità, cultura e ambiente fisico e sociale) d’appartenenza.
  • 25. IL CONCETTO DI “PRESA IN CARICO AMBIENTALE” La relazione di aiuto interpersonale risulta insufficiente se non si accompagna anche a una presa in carico ambientale, possibile attraverso un lavoro di rete. Una rete “povera” è fattore di rischio per problemi psicologico-emotivi e relazionali, mentre una rete “ricca” favorisce il benessere. Risulta quindi evidente come il lavoro socio-educativo, ai fini della promozione del maggior benessere possibile, debba porsi l'obiettivo di migliorare le reti e cioè i vari aspetti delle stesse. La cornice della comunità, intesa come rete dinamica di rapporti e relazioni dialettiche tra individuo, gruppi, livelli sociali, rappresenta quindi il contesto fondamentale all’interno del quale l’attività degli individui si esplica ed il cambiamento sociale diviene possibile. (Wiesenfeld [1986]).
  • 26. EMPOWERMENT E “NARRAZIONI” ALTERNATVE Operare adottando un simile spettro di visioni della persona e del contesto sociale significa spostare lo sguardo, il “focus” della propria attenzione dalla patologia alla salute; il che significa promuovere le competenze sociali e individuali per incrementare il benessere. Detto altrimenti si tratta di far leva sulle abilità degli individui e della comunità e non sui loro “deficit”. Una simile operazione viene emblematicamente sintetizzata nella nozione di “empowerment”. Procedere con interventi di “empowerment” significa non “curare” qualcuno che è visto come un malato, ma piuttosto attivare risorse e competenze, accrescere nei soggetti individuali e collettivi le loro qualità positive e quanto il contesto offre a livello materiale e simbolico per agire sulle situazioni e modificarle.
  • 27. Ciò significa contribuire al cambiamento sociale aiutando le persone a scoprire, creare e rendere disponibili l’uno per l’altro narrazioni alternative Il progetto “Casa di Elia”, “cresce” all’interno di una pratica sociale orientata alla community care. Con questo termine, riprendendo Folgheraiter, non si intende la cura delle istituzioni formali nella comunità, ma una rete di interventi che si basano sull’incontro creativo e collaborativi fra soggetti primari (associazioni locali, famiglie, vicinato) e servizi organizzati (sia pubblici che privati) mediante relazioni di reciproca sinergia.
  • 28. Si intende progettare gli interventi educativi integrando l’intervento professionale e strutturato (operatori professionali, colloqui, gruppi, psicoeducativi, gruppi di skills training, supervisione casi ed équipe) mediante apporti informali, valorizzando prima di tutto le relazioni che si possono vivere in un ambiente normale, ossia quotidiano, sempre più reale, improntato allo stile di vita famigliare, all’imparare, appunto, vivendo (“living learning”).
  • 29. La sfida che si intende perseguire è quella di promuovere l’integrazione dei soggetti ritenuti più deboli attraverso una rete di sostegno sociale e umano portato avanti da tutta una comunità che se ne fa carico. Si vuole superare pertanto una concezione ghettizzante, o peggio ancora segregante, del recupero sociale e sottolineare come tali processi favoriscono la costruzione di una comunità vitale in una circolarità virtuosa tra inclusione e coesione sociale. Ciò che si intende attivare è un recupero sociale in
  • 30. Questo ha richiesto e richiede un incremento e un supplemento di professionalità e competenze rispetto al tradizionale modello della CT. Si è approfondito l’aspetto dell’organizzazione e dei sistemi come elementi curanti, di come governare un sistema complesso in modo che sia curante e non patogeno, quale modello organizzativo adeguato per facilitare un sistema complesso di relazioni tra soggetti e organizzazioni, formale e informale.
  • 31. IL CAMBIO DI PARADIGMA 1) Da un paradigma lineare Comunità Terapeutica- Reinserimento ad un paradigma di network point- to-point basato su hub medio-piccoli Con il termine hub and spoke si intende un modello di sviluppo della rete delle compagnie aeree costituito da uno scalo dove si concentrano la maggior parte dei voli. Solitamente questo scalo è anche la base (o una delle basi) di armamento della linea aerea. Il modello hub and spoke si è sviluppato negli USA in seguito alla deregulation nell' aviazione civile commerciale.
  • 32. Recentemente si va delineando una tendenza, specialmente tra le compagnie aeree a basso costo, nello sviluppo di network "point to point", tra aeroporti secondari. Inoltre è errato associare la strategia "point to point" al "low cost". Ad esempio, nello sviluppo delle linee aeree a basso costo europee (EasyJet e Ryanair in primis) si nota come al crescere dei collegamenti point to point, si rende necessario la creazione di "basi" logistiche. È forse giusto dire che le low cost prediligono un modello di network point-to-point basato su hub medio-piccoli multipli.
  • 33. L´hub & spoke nei servizi sanitari fa riferimento alla modalità di produzione e distribuzione dell’assistenza ospedaliera secondo il principio delle reti cliniche integrate (modello “HUB & SPOKE”: letteralmente: mozzo e raggi) che prevede la concentrazione della casistica più complessa, o che necessita di più complessi sistemi produttivi, in un numero limitato di centri (HUB). L’attività degli HUB è fortemente integrata, attraverso connessioni funzionali, con quella dei centri ospedalieri periferici (SPOKE).
  • 34. Da un PARADIGMA LINEARE Comunità Terapeutica-Reinserimento… COMUNITA’ TERAPEUTICA REINSERIMENTO
  • 35. …ad un paradigma… che coniugando hub and spoke e point-to-point
  • 36. …ad un paradigma di network point-to-point basato su un hub medio-piccolo da un paradigma lineare centrato sulla Comunità Terapeutica ad un PARADIGMA RETICOLARE COMPLESSO E SISTEMICO
  • 37. 2) Una concezione del lavoro svolto in Comunità Terapeutica come un momento del percorso mentre il “Reinserimento” assume un significato sempre maggiore a differenza del in passato in cui non era visto come un momento centrale 3) Il percorso in ct non si esaurisce in un momento definito che è la comunità. La costruzione della relazione, dell’holding è un momento decisivo che non si può ridurre al momento comunitario. L’obiettivo terapeutico è quello di favorire lo sviluppo della capacità di chiedere aiuto
  • 38. 4) Abbiamo cercato di costruire un sistema che ha l’idea della recidiva al suo centro pur non escludendo la possibilità di guarigione ma calibrando gli obiettivi a partire dal confrontarsi con una “malattia cronica ad andamento recidivante” (definizione OMS 1977). In tale prospettiva la ricaduta, per soggetti che abbisognano di un trattamento residenziale, e quindi con una severità della dipendenza è da considerarsi un elemento probabile. Il trattamento deve quindi essere focalizzato sulla prevenzione delle ricadute e su di una loro rielaborazione in termini di apprendimento quando si verificano.
  • 39. 5) A partire dal confronto con i dati di realtà abbiamo dovuto ripensare l’intervento della CT (senza oscillare tra senso di onnipotenza e di impotenza) con una nuova attenzione al sociale, al territorio, con un agire terapeutico che includesse il territorio e una ridefinizione degli obiettivi in termini di qualità della vita superando una logica “dipendenza versus guarigione completa/restituito ad integrum”che operava secondo una rigida modalità on/ off.
  • 40. 6) Considerando gli effetti iatrogeni e cronicizzanti della residenzialità la Ct, come elemento di estraniazione della realtà, è vista positivamente solo nel momento in cui si favorisce la possibilità di costruire il rapporto con la realtà e quindi le resilienze, la capacità di chiedere aiuto, relazioni a cui rivolgersi. Nell’esperienza di lavoro sul territorio con i percorsi del progetto “Casa di Elia” durante questi anni si è altresì confermata la necessità di un momento ad alta intensità (Comunità terapeutica).
  • 41. 7) Tale paradigma concepisce lo sviluppo dell’integrazione con il Ser.T. e con il territorio come l’elemento di specializzazione strategico che deve essere introdotto (cioè specializzazione concepita come sistemi ad alta integrazione). 8) In tempi di crisi socio-economica, scarsità di risorse, di liste d’attesa, problemi complessi abbiamo cercato di lavorare in una prospettiva di ottimizzazione e razionalizzazione, per un modello che coniugasse trattamenti seri e contenimento dei costi, una buona performance del rapporto efficienza/efficacia.
  • 42. 9) Passaggio da un modello lineare centrato sulla Comunità Terapeutica ad un modello reticolare complesso e sistemico basato sulla flessibilità e sulla dinamicità articolato in un’ottica di intensità di cura (in cui la CT rappresenta il momento ad alta intensità e il progetto “Casa di Elia” quello a bassa intensità ed alta integrazione) e continuità assistenziale
  • 43. 10) Questo ha significato uscire dallo schema CT e Reinserimento. Si è passati dalla CT ai Percorsi Terapeutici. Al centro non è più la CT all’interno della quale doveva essere realizzato il percorso terapeutico. AL CENTRO SI TROVA IL PERCORSO TERAPEUTICO INDIVIDUALIZZATO che può essere elaborato avvalendosi di una serie di strumenti tra cui la CT con alcuni o tutti i suoi moduli terapeutici. 11) Il nuovo paradigma in cui Casa di Elia si inserisce significa la possibilità di articolare maggiormente ed in modo innovativo i percorsi terapeutici potendo combinare un’ampia gamma di possibilità e di moduli terapeutici differenziati.
  • 44. 12) Il cambio di paradigma è in continuità con 30 anni di presenza sul territorio caratterizzati da un fedeltà creativa alle nostre radici, da un confronto con le trasformazioni sociali in atto nel rispetto della nostra storia e del “know how” sviluppato in questo anni.
  • 45. 13) Il pieno inserimento dei percorsi nel territorio, in un’ottica di osmosi e di scambio con il territorio. Questo non solo come opportunità terapeutica ma anche nella prospettiva di un processo culturale volto a far si che i territori si riapproprino e si interroghino a partire da una tra le figure della clinica più diffuse nella società postmoderna che secondo vari autori è un sintomo e una metafora del disagio della nostra società (ombra collettiva dove i legami vanno evaporando e si parla di morte del prossimo) contrastando una accomodante delega agli specialisti.
  • 46. 14) Un’evidenza empirica dell’interesse che ha riscontrato l’impegnativo lavoro svolto in questi ultimi anni è rappresentato a nostro avviso dall’interesse e dall’utilizzo dimostrato dai Ser.t per questo approccio. 15) La maggiore articolazione dei percorsi prevede un lavoro di assesment particolarmente accurato e processuale
  • 47. 16) L’affermazione cambio di paradigma è in relazione alle profonde trasformazioni sociali che ad es. hanno portato Aldo Bonomi a parlare di “apocalisse culturale” (De Martino) di un cambio di codice (dal paradigma capitale-lavoro al paradigma flussi-luoghi con tutte le sfide che questo pone al welfare universalistico e le riflessioni nella prospettiva di un welfare societario e di comunità)
  • 48. L’esperienza di un numero significativo di casi clinici è un primo elemento che conferma l’idea che più l’organizzazione si adatta ai bisogni dell’utenza più aumentano i risultati. Tale paradigma necessita di una adeguata presenza e formazione di operatori con funzione di case e care manager per la continuità assistenziale e relazionale nei passaggi tra le diverse strutture.
  • 49. Questo approccio vuole inserirsi nella linea dello scriba divenuto discepolo del regno dei cieli che è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro nova et vetera (Mt13,52). Una prospettiva di “ragione poetica” come la definisce la grande filosofa spagnola Maria Zambrano cioè una ragione, una razionalità un sapere delicato, dell’anima in costante dialogo con scienza, filosofia, politica, poesia e mistica. Oppure nella prospettiva proposta da uno dei grandi pionieri del dialogo indo-cristiano, il monaco camaldolese Bede Griffiths, che nella sua opera propone un costante dialogo tra scienza psicologia e mistica.
  • 50. Un approccio volto quindi non solo al contrasto della droga, necessario ma non sufficiente, ma al contrasto di quella deriva nichilistica della parola ridotta a chiacchera e a numero che, come afferma Maria Zambrano, rappresenta la più grande insidia per la DEMOCRAZIA