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News 45/A/2016
Lunedì, 7 Novembre 2016
Seveso III, da 18 novembre regole su consultazione Piano emergenza esterna.
Via dal 18 novembre 2016 alle regole sulla consultazione del pubblico nell’ambito
del Piano di emergenza esterna ai sensi della disciplina sugli impianti a rischio di
incidente rilevante (Seveso III) ex Dlgs. 105/2015.
Con il Dm 29 settembre 2016, n. 200 il Ministero dell’ambiente ai sensi dell’articolo 21
del Dlgs. 105/2015 ha definito le modalità con cui il Prefetto nell’ambito della
predisposizione del Piano di emergenza esterna, provvede, in tandem col Comune
o i Comuni interessati alla consultazione della popolazione. Il Piano di emergenza
esterna è previsto sia per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante di “soglia
superiore” sia per quelli di “soglia inferiore”, al fine di limitare gli effetti dannosi
derivanti da incidenti rilevanti ed è redatto dal Prefetto d’intesa con le Regioni e
con gli Enti locali interessati.
Ai fini di consentire la consultazione della popolazione il Prefetto mette a disposizione
del pubblico le informazioni su descrizione e caratteristiche dell’area interessata
dalla pianificazione o dalla sperimentazione; natura dei rischi; azioni possibili o
previste per la mitigazione e la riduzione degli effetti e delle conseguenze di un
incidente; Autorità pubbliche coinvolte; fasi e relativo cronoprogramma della
pianificazione o della sperimentazione; le azioni previste dal piano di emergenza
esterna concernenti il sistema degli allarmi in emergenza e le relative misure di
autoprotezione da adottare. (Articolo di Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it
Bonifiche, nesso causalità tra condotta e danno.
Non si può configurare in capo al proletario di un sito contaminato un obbligo di
bonifica se non viene accertato un nesso di causalità che escluda un’eventuale
responsabilità oggettiva.
Il Consiglio di Stato con sentenza 5 ottobre 2016, n.4119 ha ribadito che ai sensi degli
articoli 242 e 244 del Dlgs. 152/2006 quando si riscontra un fenomeno di potenziale
contaminazione di un sito, la P.a. può imporre un obbligo di bonifica soltanto ai
soggetti responsabili dell’inquinamento, accertando il nesso di causalità esistente tra
l’inquinamento verificatosi ed il comportamento commissivo od omissivo del
soggetto. Il nesso va accertato attraverso un’accurata istruttoria, non potendosi
configurare una responsabilità oggettiva in capo al proprietario del sito solo in
ragione di tale qualità.
Nel caso di specie, l’azienda laziale imputata per discarica abusiva sul proprio
terreno è stata ritenuta responsabile, non solo in quanto proprietaria dell’area ma
proprio perché il nesso causale necessario era stato accertato. (Articolo di
Costanza Kenda).
Il Burkina Faso abbandona il cotone OGM di Monsanto: raccolto record.
Basta cotone OGM: fibre troppo corte e pessima qualità. Chiesti danni per 74
miliardi di euro.
La raccolta di cotone nel Burkina Faso, uscito da poco una dittatura trentennale
appoggiata dall’Occidente, era in crisi e con un prodotto di scarsa qualità e alla
fine i produttori di cotone burkinabé hanno avuto un’idea: farla finita con le sementi
OGM del cotone BT di Monsanto e la cosa ha funzionato splendidamente. Non solo
il raccolto è stato ottimo, ma il prodotto è di eccellente qualità, si vende bene e ad
un maggior costo.
Insomma è stato un ritorno indietro, salvifico, al tempo del Burkina Faso socialista di
Thomas Sankara.
Infatti, come spiega Axel Leclerq su Positvr, “Il matrimonio tra Monsanto e Burkina
Faso risale al 2009. A quell’epoca questo Paese (che è annoverato tra i più poveri
del nostro pianeta) aveva posto tutte le sue speranze nel cotone OGM dalle
promesse straordinarie: meno lavoro, più rendimenti, più profitti. Grasso modo,
Monsanto voleva cambiare la vita del Paese”. Ma i produttori di cotone molto
presto hanno capito che c’era qualcosa che non funzionava: il cotone BT Ogm non
era di buona qualità e si vendeva male. Alla fine è arrivato il divorzio dalla
multinazionale degli Ogm appena acquisita dalla Bayer.
Monsanto risponde che in Burkina Faso è stata fatto un “cattivo utilizzo del
prodotto”, ma gli agricoltori burkinabé non rimpiangono il cotone Ogm e sono
convinti che il ritorno alle sementi tradizionali sarà seguito dagli altri produttori
africani. Bruttissime notizie per Monsanto/Bayer che guarda all’Africa come la terra
promessa degli Ogm: la spettacolare marcia indietro del Burkina Faso ha avuto un
clamoroso successo e in molti pensano di cacciare Monsanto dai loro campi per
tornare al cotone non OGM.
La fibra del cotone BT Monsanto è troppo corta e la lunghezza della fibra è il primo
criterio di qualità del cotone, quindi i produttori burkinabé hanno pagato
duramente sul mercato la fiducia riposta nelle promesse del governo golpista e nella
Monsanto. Ora il nuovo governo nato dalla rivoluzione e dalle elezioni democratiche
chiede addirittura un risarcimento alla multinazionale degli OGM e l’Association
interprofessionnelle du coton du Burkina (Aicb) quantifica il danno subito in 50
miliardi di franchi Cfa, circa 74 milioni di euro.
E’ dal 2012 che il calo di qualità del cotone OGM si è fatto sentire con il calo delle
entrate delle compagnie cotoniere: il cotone burkinabè perdeva colpi sul mercato
mondiale rispetto agli altri cotoni dell’Africa occidentale, ma per le compagnie
cotoniere burkinabè era difficile rinunciare dall’oggi al domain al cotone BT che era
diventato popolare tra gli agricoltori perché richiedeva meno pesticidi e che
all’inizio sembrava aver aumentato sensibilmente i rendimenti, cosa che era
piaciuta molto ai contadini meno formati professionalmente.
Quando sono cominciate le difficoltà, Monsanto si era impegnata a rivedere le sue
sementi, ma senza grande successo. Anno dopo anno le compagnie cotoniere
hanno quindi richiesto sempre meno il cotone OGM, che ormai si coltivava nell’80%
del territorio destinato a cotone. Quest’anno è stato chiesto agli agricoltori di non
piantare cotone transgenico e di seminare quello tradizionale.
Il nuovo direttore generale della Sofitex, una delle principali compagnie cotoniere,
ha fatto il bilancio di danni prodotti dal cotone BT della Monsanto: da 20 a 30
franchi Cfa in meno per libbra di cotone, un danno non solo economico, mache n
morale e di immagine per il cotone burkinabè, l’oro bianco del Paese, la seconda
risorsa del Burkina Faso dopo l’oro vero, ha perso la sua reputazione.
Per questo l’Aicb, dopo trattative discrete con Monsanto, ora reclama apertamente
risarcimenti multimilionari in euro. L’Aicb ricorda che la ragione principale per la
quale è stato adottato il cotone Ogm era la lotta ai bruchi ch distruggevano i
raccolti, ma «Otto anni dopo, il Burkina Faso attualmente incontra problemi con
questa speculazione, perché essendo corta la lunghezza della fibra gli stakeholder
non sono più molto interessati».
Insomma, le promesse del cotone Ogm di evitare i maggiori danni alle coltivazioni
prodotte dagli insetti diventati resistenti ai pesticidi, accrescere la produzione,
diminuire la quantità di insetticidi sparsi e i costi di produzione e la fatica nei campi,
le ragioni che hanno portato ufficialmente il governo a dare il via libera a Monsanto,
si sono trasformate negfli anni in perdite finanziarie e in un abbassamento della
qulità del cotone, fino a che, l’Aicb non ha inviato a Monsanto un memorandum e,
10 mesi dopo, si sono tenuti a Ouagadougou diversi incontri tra cotonieri Burkinabé
e la multinazionale che non ha mostrato di recepire le ragioni dell’Aicb che,
appoggiata dal nuovo governo, ha quindi deciso di produrre il 100% di cotone
tradizionale nella stagione 2016/2017.
La Sofitex, che ha un bel po’ di colpe in questo disastro, non se le assume e avverte
furbescamente che «Il ritorno al cotone convenzionale non è un rifiuto del cotone
OGM, ancor meno della partnership con Monsanto, ma piuttosto un ripiegamento
tattico, vale a dire “tornare indietro per saltare meglio”, attendando che il marchio
Monsanto continui le ricerche in collaborazione con l’Inera in vista di migliorare la
lunghezza della fibra del cotone GM che attualmente è controversa sul mercato
mondiale e che comporta delle perdite enormi per la filiera cotoniera del Burkina
Faso».
Ma sarà molto difficile che gli agricoltori Burkinabè, che, visto pur in una situazione
ambientale e climatica difficile, si godono un raccolto mai visto credano ancora
alle promesse di Monsanto e dei suoi complici burkinabé. Infatti è la stessa Sofitex
ad ammettere che «Il ritorno alla coltura del cotone geneticamente modificato di
Monsanto o di qualsiasi altro marchio che sviluppi delle tecnologie similari potrà
essere preso in considerazione dall’Association interprofessionnelle du coton du
Burkina (Aicb) solo quando saranno attuati i lavori di recupero delle caratteristiche
del label coton burkinabé». Cosa che, come hanno dimostrato i fatti, sembra
impossibile con il “metodo” Monsanto, che forse ha meno amici nel Burkina Faso
dove è tornata la democrazia.
Fonte: greenreport.it
Rifiuti. Riempimenti dei vuoti di estrazione.
TAR Lazio (LT) Sez. I n. 567 del 22 settembre 2016
L’art. 10 comma 3 del D.lgs n. 117/2008 di attuazione dell’art. 10 par. 2 della Direttiva
2006/21 è applicabile solo alle operazioni di smaltimento di rifiuti nei vuoti dell’attività
estrattiva. Diversamente, i riempimenti dei vuoti di estrazione ai fini del ripristino
ambientale effettuati utilizzando dei rifiuti in sostituzione di materie prime, laddove i
primi abbiano le caratteristiche idonee a sostituire queste ultime senza che ciò sia
causa di un aumento degli impatti sulla salute e sull’ambiente, non costituiscono
attività di smaltimento di rifiuti ma operazioni di recupero e, pertanto, non sono
sottoposti alle previsioni della direttiva sulle discariche, bensì a quelle delle direttive
2008/98/CE e 2006/21/CE.
Fonte: lexambiente.it
Aria. Modifica di impianto e delega di funzioni.
Cass. Sez. III n. 43246 del 13 ottobre 2016 (Ud 13 lug 2016)
Pres. Andreazza Est. Gai Ric. Contin
L’art. 10 comma 3 del D.lgs n. 117/2008 di attuazione dell’art. 10 par. 2 della Direttiva
2006/21 è applicabile solo alle operazioni di smaltimento di rifiuti nei vuoti dell’attività
estrattiva. Diversamente, i riempimenti dei vuoti di estrazione ai fini del ripristino
ambientale effettuati utilizzando dei rifiuti in sostituzione di materie prime, laddove i
primi abbiano le caratteristiche idonee a sostituire queste ultime senza che ciò sia
causa di un aumento degli impatti sulla salute e sull’ambiente, non costituiscono
attività di smaltimento di rifiuti ma operazioni di recupero e, pertanto, non sono
sottoposti alle previsioni della direttiva sulle discariche, bensì a quelle delle direttive
2008/98/CE e 2006/21/CE.
Fonte: lexambiente.it
Veicoli fuori uso, consegna a soggetto non autorizzato è reato ambientale.
Il proprietario che priva un veicolo della targa di immatricolazione e lo destina ad un
centro di raccolta non munito delle prescritte autorizzazioni, commette il reato di
gestione non autorizzata di rifiuti.
La Corte di Cassazione (sentenza 44357/2016) ha perciò confermato, nel merito, la
condanna per lo smaltimento abusivo di autoveicolo (articolo 256, comma 1, Dlgs.
152/2006) inflitta dal Tribunale di Ravenna al titolare di un’impresa il quale, dopo
aver ceduto a terzi le parti di un veicolo aziendale aventi un qualche valore
commerciale, aveva consegnato la parte restante (carrozzeria e telaio) a un
soggetto non abilitato a gestire rifiuti non pericolosi.
Nel caso specifico la Suprema Corte ha dovuto comunque annullare senza rinvio la
sentenza di condanna avendo rilevato l’estinzione del reato per prescrizione (illecito
accertato il 26 ottobre 2009). (Articolo di Alessandro Geremei).
Fonte: reteambiente.it
Traffico illecito rifiuti, rinvio a giudizio fa scattare interdizione antimafia.
La provvisoria esclusione di un’impresa dalla ‘white list’ ai sensi della normativa
antimafia scatta anche per il rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti senza la
prova di effettiva infiltrazione mafiosa.
Il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2016, n. 4555 ha rigettato le doglianze
di un’impresa che si era vista escludere dalla Prefettura dalla lista delle imprese
“magia free” (“white list”) ex Dlgs. 159/2011 (Codica antimafia) poiché le era stata
applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività
imprenditoriale e il titolare era stato rinviato a giudizio per traffico illecito di rifiuti ex
articolo 260, Dlgs. 152/2006. Il ricorrente lamentava l’assenza di indagini concrete
per verificare l’effettiva infiltrazione mafiosa.
Per i Giudici tali eventi sono condizioni sufficienti per fare scattare in via cautelare
l’interdittiva antimafia senza che la P.a. debba effettivamente verificare se
l’infiltrazione sia avvenuta in concreto. Infatti il reato ex articolo 260 del Dlgs.
152/2006 è tra i delitti richiamati dall’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di
procedura penale per i quali ai sensi del Codice antimafia scatta in automatico
l’informativa antimafia senza bisogno di ulteriori approfondimenti. (Articolo di
Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it
Traffico illecito rifiuti, rinvio a giudizio fa scattare interdizione antimafia.
La provvisoria esclusione di un’impresa dalla ‘white list’ ai sensi della normativa
antimafia scatta anche per il rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti senza la
prova di effettiva infiltrazione mafiosa.
Il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2016, n. 4555 ha rigettato le doglianze
di un’impresa che si era vista escludere dalla Prefettura dalla lista delle imprese
“magia free” (“white list”) ex Dlgs. 159/2011 (Codica antimafia) poiché le era stata
applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività
imprenditoriale e il titolare era stato rinviato a giudizio per traffico illecito di rifiuti ex
articolo 260, Dlgs. 152/2006. Il ricorrente lamentava l’assenza di indagini concrete
per verificare l’effettiva infiltrazione mafiosa.
Per i Giudici tali eventi sono condizioni sufficienti per fare scattare in via cautelare
l’interdittiva antimafia senza che la P.a. debba effettivamente verificare se
l’infiltrazione sia avvenuta in concreto. Infatti il reato ex articolo 260 del Dlgs.
152/2006 è tra i delitti richiamati dall’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di
procedura penale per i quali ai sensi del Codice antimafia scatta in automatico
l’informativa antimafia senza bisogno di ulteriori approfondimenti. (Articolo di
Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it

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  • 1. News 45/A/2016 Lunedì, 7 Novembre 2016 Seveso III, da 18 novembre regole su consultazione Piano emergenza esterna. Via dal 18 novembre 2016 alle regole sulla consultazione del pubblico nell’ambito del Piano di emergenza esterna ai sensi della disciplina sugli impianti a rischio di incidente rilevante (Seveso III) ex Dlgs. 105/2015. Con il Dm 29 settembre 2016, n. 200 il Ministero dell’ambiente ai sensi dell’articolo 21 del Dlgs. 105/2015 ha definito le modalità con cui il Prefetto nell’ambito della predisposizione del Piano di emergenza esterna, provvede, in tandem col Comune o i Comuni interessati alla consultazione della popolazione. Il Piano di emergenza esterna è previsto sia per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante di “soglia superiore” sia per quelli di “soglia inferiore”, al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti ed è redatto dal Prefetto d’intesa con le Regioni e con gli Enti locali interessati. Ai fini di consentire la consultazione della popolazione il Prefetto mette a disposizione del pubblico le informazioni su descrizione e caratteristiche dell’area interessata dalla pianificazione o dalla sperimentazione; natura dei rischi; azioni possibili o previste per la mitigazione e la riduzione degli effetti e delle conseguenze di un incidente; Autorità pubbliche coinvolte; fasi e relativo cronoprogramma della pianificazione o della sperimentazione; le azioni previste dal piano di emergenza esterna concernenti il sistema degli allarmi in emergenza e le relative misure di autoprotezione da adottare. (Articolo di Francesco Petrucci) Fonte: reteambiente.it Bonifiche, nesso causalità tra condotta e danno. Non si può configurare in capo al proletario di un sito contaminato un obbligo di bonifica se non viene accertato un nesso di causalità che escluda un’eventuale responsabilità oggettiva. Il Consiglio di Stato con sentenza 5 ottobre 2016, n.4119 ha ribadito che ai sensi degli articoli 242 e 244 del Dlgs. 152/2006 quando si riscontra un fenomeno di potenziale
  • 2. contaminazione di un sito, la P.a. può imporre un obbligo di bonifica soltanto ai soggetti responsabili dell’inquinamento, accertando il nesso di causalità esistente tra l’inquinamento verificatosi ed il comportamento commissivo od omissivo del soggetto. Il nesso va accertato attraverso un’accurata istruttoria, non potendosi configurare una responsabilità oggettiva in capo al proprietario del sito solo in ragione di tale qualità. Nel caso di specie, l’azienda laziale imputata per discarica abusiva sul proprio terreno è stata ritenuta responsabile, non solo in quanto proprietaria dell’area ma proprio perché il nesso causale necessario era stato accertato. (Articolo di Costanza Kenda). Il Burkina Faso abbandona il cotone OGM di Monsanto: raccolto record. Basta cotone OGM: fibre troppo corte e pessima qualità. Chiesti danni per 74 miliardi di euro. La raccolta di cotone nel Burkina Faso, uscito da poco una dittatura trentennale appoggiata dall’Occidente, era in crisi e con un prodotto di scarsa qualità e alla fine i produttori di cotone burkinabé hanno avuto un’idea: farla finita con le sementi OGM del cotone BT di Monsanto e la cosa ha funzionato splendidamente. Non solo il raccolto è stato ottimo, ma il prodotto è di eccellente qualità, si vende bene e ad un maggior costo. Insomma è stato un ritorno indietro, salvifico, al tempo del Burkina Faso socialista di Thomas Sankara. Infatti, come spiega Axel Leclerq su Positvr, “Il matrimonio tra Monsanto e Burkina Faso risale al 2009. A quell’epoca questo Paese (che è annoverato tra i più poveri del nostro pianeta) aveva posto tutte le sue speranze nel cotone OGM dalle promesse straordinarie: meno lavoro, più rendimenti, più profitti. Grasso modo, Monsanto voleva cambiare la vita del Paese”. Ma i produttori di cotone molto presto hanno capito che c’era qualcosa che non funzionava: il cotone BT Ogm non era di buona qualità e si vendeva male. Alla fine è arrivato il divorzio dalla multinazionale degli Ogm appena acquisita dalla Bayer. Monsanto risponde che in Burkina Faso è stata fatto un “cattivo utilizzo del prodotto”, ma gli agricoltori burkinabé non rimpiangono il cotone Ogm e sono convinti che il ritorno alle sementi tradizionali sarà seguito dagli altri produttori africani. Bruttissime notizie per Monsanto/Bayer che guarda all’Africa come la terra promessa degli Ogm: la spettacolare marcia indietro del Burkina Faso ha avuto un
  • 3. clamoroso successo e in molti pensano di cacciare Monsanto dai loro campi per tornare al cotone non OGM. La fibra del cotone BT Monsanto è troppo corta e la lunghezza della fibra è il primo criterio di qualità del cotone, quindi i produttori burkinabé hanno pagato duramente sul mercato la fiducia riposta nelle promesse del governo golpista e nella Monsanto. Ora il nuovo governo nato dalla rivoluzione e dalle elezioni democratiche chiede addirittura un risarcimento alla multinazionale degli OGM e l’Association interprofessionnelle du coton du Burkina (Aicb) quantifica il danno subito in 50 miliardi di franchi Cfa, circa 74 milioni di euro. E’ dal 2012 che il calo di qualità del cotone OGM si è fatto sentire con il calo delle entrate delle compagnie cotoniere: il cotone burkinabè perdeva colpi sul mercato mondiale rispetto agli altri cotoni dell’Africa occidentale, ma per le compagnie cotoniere burkinabè era difficile rinunciare dall’oggi al domain al cotone BT che era diventato popolare tra gli agricoltori perché richiedeva meno pesticidi e che all’inizio sembrava aver aumentato sensibilmente i rendimenti, cosa che era piaciuta molto ai contadini meno formati professionalmente. Quando sono cominciate le difficoltà, Monsanto si era impegnata a rivedere le sue sementi, ma senza grande successo. Anno dopo anno le compagnie cotoniere hanno quindi richiesto sempre meno il cotone OGM, che ormai si coltivava nell’80% del territorio destinato a cotone. Quest’anno è stato chiesto agli agricoltori di non piantare cotone transgenico e di seminare quello tradizionale. Il nuovo direttore generale della Sofitex, una delle principali compagnie cotoniere, ha fatto il bilancio di danni prodotti dal cotone BT della Monsanto: da 20 a 30 franchi Cfa in meno per libbra di cotone, un danno non solo economico, mache n morale e di immagine per il cotone burkinabè, l’oro bianco del Paese, la seconda risorsa del Burkina Faso dopo l’oro vero, ha perso la sua reputazione. Per questo l’Aicb, dopo trattative discrete con Monsanto, ora reclama apertamente risarcimenti multimilionari in euro. L’Aicb ricorda che la ragione principale per la quale è stato adottato il cotone Ogm era la lotta ai bruchi ch distruggevano i raccolti, ma «Otto anni dopo, il Burkina Faso attualmente incontra problemi con questa speculazione, perché essendo corta la lunghezza della fibra gli stakeholder non sono più molto interessati». Insomma, le promesse del cotone Ogm di evitare i maggiori danni alle coltivazioni prodotte dagli insetti diventati resistenti ai pesticidi, accrescere la produzione, diminuire la quantità di insetticidi sparsi e i costi di produzione e la fatica nei campi, le ragioni che hanno portato ufficialmente il governo a dare il via libera a Monsanto, si sono trasformate negfli anni in perdite finanziarie e in un abbassamento della
  • 4. qulità del cotone, fino a che, l’Aicb non ha inviato a Monsanto un memorandum e, 10 mesi dopo, si sono tenuti a Ouagadougou diversi incontri tra cotonieri Burkinabé e la multinazionale che non ha mostrato di recepire le ragioni dell’Aicb che, appoggiata dal nuovo governo, ha quindi deciso di produrre il 100% di cotone tradizionale nella stagione 2016/2017. La Sofitex, che ha un bel po’ di colpe in questo disastro, non se le assume e avverte furbescamente che «Il ritorno al cotone convenzionale non è un rifiuto del cotone OGM, ancor meno della partnership con Monsanto, ma piuttosto un ripiegamento tattico, vale a dire “tornare indietro per saltare meglio”, attendando che il marchio Monsanto continui le ricerche in collaborazione con l’Inera in vista di migliorare la lunghezza della fibra del cotone GM che attualmente è controversa sul mercato mondiale e che comporta delle perdite enormi per la filiera cotoniera del Burkina Faso». Ma sarà molto difficile che gli agricoltori Burkinabè, che, visto pur in una situazione ambientale e climatica difficile, si godono un raccolto mai visto credano ancora alle promesse di Monsanto e dei suoi complici burkinabé. Infatti è la stessa Sofitex ad ammettere che «Il ritorno alla coltura del cotone geneticamente modificato di Monsanto o di qualsiasi altro marchio che sviluppi delle tecnologie similari potrà essere preso in considerazione dall’Association interprofessionnelle du coton du Burkina (Aicb) solo quando saranno attuati i lavori di recupero delle caratteristiche del label coton burkinabé». Cosa che, come hanno dimostrato i fatti, sembra impossibile con il “metodo” Monsanto, che forse ha meno amici nel Burkina Faso dove è tornata la democrazia. Fonte: greenreport.it Rifiuti. Riempimenti dei vuoti di estrazione. TAR Lazio (LT) Sez. I n. 567 del 22 settembre 2016 L’art. 10 comma 3 del D.lgs n. 117/2008 di attuazione dell’art. 10 par. 2 della Direttiva 2006/21 è applicabile solo alle operazioni di smaltimento di rifiuti nei vuoti dell’attività estrattiva. Diversamente, i riempimenti dei vuoti di estrazione ai fini del ripristino ambientale effettuati utilizzando dei rifiuti in sostituzione di materie prime, laddove i primi abbiano le caratteristiche idonee a sostituire queste ultime senza che ciò sia causa di un aumento degli impatti sulla salute e sull’ambiente, non costituiscono attività di smaltimento di rifiuti ma operazioni di recupero e, pertanto, non sono sottoposti alle previsioni della direttiva sulle discariche, bensì a quelle delle direttive
  • 5. 2008/98/CE e 2006/21/CE. Fonte: lexambiente.it Aria. Modifica di impianto e delega di funzioni. Cass. Sez. III n. 43246 del 13 ottobre 2016 (Ud 13 lug 2016) Pres. Andreazza Est. Gai Ric. Contin L’art. 10 comma 3 del D.lgs n. 117/2008 di attuazione dell’art. 10 par. 2 della Direttiva 2006/21 è applicabile solo alle operazioni di smaltimento di rifiuti nei vuoti dell’attività estrattiva. Diversamente, i riempimenti dei vuoti di estrazione ai fini del ripristino ambientale effettuati utilizzando dei rifiuti in sostituzione di materie prime, laddove i primi abbiano le caratteristiche idonee a sostituire queste ultime senza che ciò sia causa di un aumento degli impatti sulla salute e sull’ambiente, non costituiscono attività di smaltimento di rifiuti ma operazioni di recupero e, pertanto, non sono sottoposti alle previsioni della direttiva sulle discariche, bensì a quelle delle direttive 2008/98/CE e 2006/21/CE. Fonte: lexambiente.it Veicoli fuori uso, consegna a soggetto non autorizzato è reato ambientale. Il proprietario che priva un veicolo della targa di immatricolazione e lo destina ad un centro di raccolta non munito delle prescritte autorizzazioni, commette il reato di gestione non autorizzata di rifiuti. La Corte di Cassazione (sentenza 44357/2016) ha perciò confermato, nel merito, la condanna per lo smaltimento abusivo di autoveicolo (articolo 256, comma 1, Dlgs. 152/2006) inflitta dal Tribunale di Ravenna al titolare di un’impresa il quale, dopo aver ceduto a terzi le parti di un veicolo aziendale aventi un qualche valore commerciale, aveva consegnato la parte restante (carrozzeria e telaio) a un soggetto non abilitato a gestire rifiuti non pericolosi. Nel caso specifico la Suprema Corte ha dovuto comunque annullare senza rinvio la sentenza di condanna avendo rilevato l’estinzione del reato per prescrizione (illecito accertato il 26 ottobre 2009). (Articolo di Alessandro Geremei). Fonte: reteambiente.it
  • 6. Traffico illecito rifiuti, rinvio a giudizio fa scattare interdizione antimafia. La provvisoria esclusione di un’impresa dalla ‘white list’ ai sensi della normativa antimafia scatta anche per il rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti senza la prova di effettiva infiltrazione mafiosa. Il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2016, n. 4555 ha rigettato le doglianze di un’impresa che si era vista escludere dalla Prefettura dalla lista delle imprese “magia free” (“white list”) ex Dlgs. 159/2011 (Codica antimafia) poiché le era stata applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e il titolare era stato rinviato a giudizio per traffico illecito di rifiuti ex articolo 260, Dlgs. 152/2006. Il ricorrente lamentava l’assenza di indagini concrete per verificare l’effettiva infiltrazione mafiosa. Per i Giudici tali eventi sono condizioni sufficienti per fare scattare in via cautelare l’interdittiva antimafia senza che la P.a. debba effettivamente verificare se l’infiltrazione sia avvenuta in concreto. Infatti il reato ex articolo 260 del Dlgs. 152/2006 è tra i delitti richiamati dall’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale per i quali ai sensi del Codice antimafia scatta in automatico l’informativa antimafia senza bisogno di ulteriori approfondimenti. (Articolo di Francesco Petrucci) Fonte: reteambiente.it
  • 7. Traffico illecito rifiuti, rinvio a giudizio fa scattare interdizione antimafia. La provvisoria esclusione di un’impresa dalla ‘white list’ ai sensi della normativa antimafia scatta anche per il rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti senza la prova di effettiva infiltrazione mafiosa. Il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2016, n. 4555 ha rigettato le doglianze di un’impresa che si era vista escludere dalla Prefettura dalla lista delle imprese “magia free” (“white list”) ex Dlgs. 159/2011 (Codica antimafia) poiché le era stata applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e il titolare era stato rinviato a giudizio per traffico illecito di rifiuti ex articolo 260, Dlgs. 152/2006. Il ricorrente lamentava l’assenza di indagini concrete per verificare l’effettiva infiltrazione mafiosa. Per i Giudici tali eventi sono condizioni sufficienti per fare scattare in via cautelare l’interdittiva antimafia senza che la P.a. debba effettivamente verificare se l’infiltrazione sia avvenuta in concreto. Infatti il reato ex articolo 260 del Dlgs. 152/2006 è tra i delitti richiamati dall’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale per i quali ai sensi del Codice antimafia scatta in automatico l’informativa antimafia senza bisogno di ulteriori approfondimenti. (Articolo di Francesco Petrucci) Fonte: reteambiente.it