1. Ogm trovati nel latte delle mucche
Contaminata la filiera del parmigiano
L’allarme è di Greenpeace: «Le bestie ogni giorno mangiano soia ogm della Monsanto che finiscono
così sulle nostre tavole». A rischio la denominazione DOP, che ha fatto la fortuna di questo prodotto
di Sabina Morandi
l giorno dopo la presa di
posizione del ministro
Pecoraro Scanio che ha
bloccato in extremis un de-
creto che avrebbe autoriz-
zato nuove sperimentazio-
ni di piante transgeniche in
campo aperto, ecco che gli
ogm si fanno rivedere pro-
prio in uno dei prodotti più
tipici del Made in Italy, quel
parmigiano reggiano che
tutti ci copiano, in teoria
prodotto solo con il latte di
mucche “che si sa quello
che mangiano” come recita
lo spot televisivo. A saperlo
meglio di tutti, però, sem-
bra sia Greenpeace che ieri
ha presentato un allarman-
te rapporto sulla questione:
parechenellattedellebovi-
ne siano state trovate tracce
degli organismi genetica-
mente modificati contenuti
nei mangimi, prevalente-
menteabasedisoia.L’orga-
nizzazione ambientalista,
che ha creato un apposito
sito internet ( HYPERLINK
”http://www.parmigia-
NOgm.it” www.parmigia-
NOgm.it) dopo avere solle-
citato più volte il Consorzio
dei produttori a fare qual-
cosa senza ottenere rispo-
sta, ha deciso di lanciare
unacampagnaperspingere
i produttori ad affrontare il
problema. Campagna che
ha subito incontrato l’ade-
sione bipartisan – o bipar-
misan, com’è stato detto ie-
ri in conferenza stampa –
I
dei due ex ministri Ronchi e
Alemanno. Il problema, co-
me si può leggere sul sito, è
che «Il Parmigiano-Reggia-
no si fa con il latte. E il latte
viene dalle mucche. Fin qui
nulladinuovo.Mailpuntoè
che le mucche del Consor-
zio del Parmigiano Reggia-
no mangiano ogni giorno
soia ogm della Monsanto.
Gli organismi genetica-
mente modificati contami-
nano, in questo modo, la fi-
liera di produzione e, dai la-
boratori della Monsanto,
arrivanospeditisullenostre
tavole».
Ecco dunque avverarsi ciò
che ambientalisti, associa-
zioni di consumatori e pro-
duttori di biologico paven-
tavano da tempo: al rischio
di contaminazioni acciden-
tali dovute alla vicinanza
delle coltivazioni speri-
mentali si sono aggiunge le
contaminazioni in certo
qual modo volute – non dai
produttori italiani ma dal-
l’agrobusiness statunitense
che ha fatto di tutto per te-
nere mescolate le sementi
ogm con quelle naturali per
non rovinarsi un mercato
sempre più diffidente nei
confrontidellenuovetrova-
te biotech. Dopo anni di
questa pratica, e dopo esse-
re stata pizzicata più volte
dalleautoritàportualiavio-
lare il divieto di importare
soia transgenica nel nostro
territorio, ecco che alla fine
gli ogm sono riusciti a con-
taminare proprio una delle
nostre filiere più pregiate.
Bisogna sottolineare che
una valutazione delle con-
seguenze sanitarie di un’a-
limentazioneabaseditran-
sgenico è ancora di là da ve-
nire visto che né gli organi-
smi di controllo né le com-
pagnie biotech hanno an-
cora effettuato studi sul
lungo periodo, anche se cir-
colano in rete numerosi
rapporti ben poco rassicu-
ranti. È sicuro però che le
conseguenze economiche
possono essere molto gravi
perché rischiano di minare
alla base la credibilità dei
prodotti DOP, sui quali,
com’è noto, si basa la fortu-
na del nostro export ali-
mentare. Non è un caso, in-
fatti, che alcuni produttori
abbiano già cominciato ad
organizzarsi in proprio – e
senza nessun aiuto da parte
dello Stato, anzi – per certi-
ficare tutto il percorso dei
propri prodotti: Greenpea-
ce cita il caso della fontina
della Valle D’Aosta, delle
latterie dell’Alto Adige che
sono ogm free dal 2001 e del
latte della Coop, che ha im-
boccato la stessa strada nel
2004. Seguirà a ruota l’ini-
ziativa delle Marche, regio-
ne in cui, dal settembre
prossimo, si troverà solo
lattefrescoogmfree.
La tracciabilità dell’intera
filiera comporta ovviamen-
te dei costi ma niente affat-
to proibitivi. Il segreto è
quello di impiegare foraggi
provenienti dall’Unione
EuropeaoppuredalParanà,
stato brasiliano che in con-
trotendenza rispetto a Lula
ha tenuto pulite le sue terre
dalle sementi genetica-
mente modificate respin-
gendo al mittente quelle
statunitensi. Proprio per
questo Greenpeace ha in-
tenzione di lanciare una
campagna “buona”, che af-
fianchi alle solite azioni di
sensibilizzazione e di
email-bombing(unacasca-
ta di lettere da spedire al
Consorzio di Tutela) un se-
rio aiuto per affrontare una
situazione problematica
ma facilmente risolvibile
«prima di tutto perché stia-
moparlandodiquantitàac-
cessibilichepossonoessere
facilmente sostituite rivol-
gendosi a produttori vir-
tuosi» spiega Federica Fer-
rario, responsabile della
campagna. Se è vero che il
fabbisogno generale di soia
nelle filiere zootecniche
DOP italiane si aggira sui
3,122 milioni di tonnellate,
la frazione di competenza
del parmigiano non supera
le 200mila tonnellate, se-
condo quanto elaborato da
Nomisma. «Questo signifi-
ca» scrive Greenpeace «che
sarebbero sufficienti
200mila tonnellate annue
di soia certificata non-ogm
per assicurare la salvaguar-
dia del Parmigiano Reggia-
no sui mercati internazio-
nali».
Per aggirare la soia Mon-
santo Greenpeace suggeri-
sce di rivolgersi a fornitori
brasiliani di soia certificata
non-ogm (la lista con tanto
di recapiti è pubblicata on
line) oppure cominciare a
pensareafontiproteicheal-
ternative tipicamente euro-
pee come il favino, il lupino
dolce, i semi di pisello e l’er-
ba medica, come facevano i
nostrinonni.Perché,senon
sono le preoccupazioni sa-
nitarie o quelle ambientali,
il no agli ogm dovrebbe es-
sere motivato almeno dalla
volontà di salvaguardare un
settore produttivo che dà
lavoro a 4.414 aziende agri-
cole, con 270mila mucche
impegnate a fornire latte ai
caseifici. Si tratta di un giro
d’affaridituttorispetto:808
milioni di euro solo per la
produzione del 2005 ven-
dutanel2006,il16percento
della quale è stata esportata
sulmercatointernazionale.
UN DEPOSITO DELLE
FORME DI
PARMIGIANO
REGGIANO A REGGIO
EMILIA
FOTO IBERPRESS
ACCANTO, UN
ALLEVAMENTO DI
MUCCHE
di Lorenzo Tondo
eraunavolta,inSicilia,
unlupochestavanella
parte alta di un rivo. Da quel
fiume sgorgavano ogni anno
7 miliardi di metri cubi d’ac-
qua, quasi il triplo del fabbi-
sogno calcolato in 2 miliardi
e 482 milioni di metri cubi.
Nella parte bassa stava un
agnello assetato. Il lupo di-
sponeva a suo piacimento se
fare bere o meno l’agnello ed
ogni pretesto era buono per
negareorazionarel’accesso.
Questarivisitazionesiciliana
diFedrononèsolounafavo-
la. È ciò che accade in Sicilia
sul fronte dell’emergenza
idrica.
Negli invasi siciliani c’è una
disponibilitàingradodiassi-
curare 250 litri d’acqua gior-
nalieri ad ogni abitante dei
comuni capoluoghi di pro-
vinciae210intuttiglialtrico-
muni.Moltodipiù,adesem-
pio, della provincia di Reggio
Emilia, dove la disponibilità
d’acquaèdi133litrialgiorno
perogniabitante.Mamentre
nel capoluogo romagnolo
l’acqua viene erogata ogni
giorno per 24 ore, nella pro-
vincia di Agrigento l’acqua
arrivaognitresettimane.
Le radici del problema non
sono solo di carattere politi-
co, ma, come ogni sorta di
bene pubblico nell’isola, il
problema è anche di natura
criminale. Tutto cominciò
’C
con la costituzione dello Sta-
to unitario. In Sicilia non c’è
stata una pubblicizzazione
delle acque. La mafia ci mise
lemanienonletolsepiù.Alle
fontid’acquavenneimposto
il controllo privato, esercita-
to dai guardiani, i “funtane-
ri”, uomini di Cosa Nostra.
Legatiallamafiaeranoanche
gli affittuari e gli intermedia-
ri.
Da allora l’acqua verrà quin-
di rivenduta, consensual-
mente, ai comuni o ad altri
privatiapesod’oro.
Nei piani regolatori degli ac-
quedotti figuravano spesso
solounapartedeipozzidelle
province. Non venivano in-
clusi invece i pozzi più ricchi
diacquagestitidallefamiglie
mafiose.
Le aziende idriche private,
nel ricercare nuove falde,
hannoappositamentetrivel-
lato per anni nelle zone più
povere d’acqua, lasciando
intatte le zone più ricche, di
proprietà dei clan mafiosi.
Ragion per cui, oggi, i sicilia-
ni, sono costretti ad acqui-
stare l’acqua pubblica dai
privatiacostialtissimi.
La Regione non sembra cu-
rarsi della situazione, essen-
dotroppoimpegnataasven-
dere la gestione idrica delle
province ai privati. Il 14 giu-
gno scorso è stata la volta di
Palermo, la cui gestione idri-
ca è adesso nelle mani di
un’azienda privata che ha
sottoscritto con il presidente
della provincia Musotto un
contratto trentennale, non
curantedelleprotestedeicit-
tadini. L’acqua agrigentina,
trapaneseenissenaègiàpri-
vatizzata. Presto sarà il turno
di Siracusa e poi via via le al-
tre.Haresistitoinvecelapro-
vinciadiRagusa,doveimovi-
menti ed i comitati contro la
privatizzazione dell’acqua
sono riusciti a bloccarne la
svendita. Il segretario della
Fp Cgil Sicilia Teodoro La
Monica sta conducendo la
lotta per la ripubblicizzazio-
nedell’acquanell’isola:«Pre-
senteremo una petizione in
parlamento. Abbiamo già
raccolto 40mila firme. Spe-
riamo di bloccare questo
scempio».
Il rischio di infiltrazioni ma-
fiose è alto. Le gare d’appalto
sono poco controllate e ac-
caparrarsilagestionedeiser-
vizi diventa un gioco da ra-
gazzi per Cosa Nostra. «Il ri-
schiodiinfiltrazionemafiosa
inSiciliaèforteogniqualvol-
ta si decide di appaltare un
servizio. –continuaLaMoni-
ca – Se poi è un privato, il pe-
ricolo è ancora più forte per-
chépiùesenteaicontrolli».Il
procuratorenazionalePietro
Grassofacevanotarecomela
mafia, in Sicilia, riesca ad ot-
tenere il 96% degli appalti
dell’isola, grazie soprattutto
alla complicità delle ammi-
nistrazioni.
Cosa Nostra non si limita so-
lo alla gestione dei pozzi, ma
è presente anche negli ap-
palti per la costruzione e per
lamanutenzionedelledighe.
In Sicilia sono state costruite
50dighe.Tutterealizzategra-
zie ai finanziamenti pubbli-
ci. Furono il prodotto delle
lottedeigrandimovimentidi
massa contadini degli anni
’40. Oggi, di queste 50 dighe,
44nonsonostateancoracol-
laudate o non funzionano
correttamente.
L’esempio più eclatante è
quello della diga di Ancipa,
che dovrebbe assicurare l’e-
rogazione di acqua a Calta-
nissettaedEnna.L’Ancipaha
uninvasodi34milionidime-
tri cubi d’acqua, ma ne può
contenere soltanto 10. La di-
ga è in stato di decomposi-
zioneepresentacrepedatut-
te le parti. Non è quindi un
caso se nelle province di Cal-
tanissetta ed Enna l’acqua
vieneerogataogni10giorni.
Altroproblemaèquellodelle
reti colabrodo. Arrivano a
perdere il 50% dell’acqua
erogata durante il suo per-
corso per raggiungere i rubi-
netti dei siciliani. Calcolare
l’acqua persa è poi impossi-
bile, essendo i contatori
troppo vecchi o mal funzio-
nanti.
Il termometro, in Sicilia, nel-
le prossime settimane, po-
trebbesfiorarei43gradi,pro-
sciugando la pochissima ac-
qua contenuta nelle dighe.
Edeccoalloracheentranoin
gioco i privati con le loro au-
tobotti a pagamento. Quelli
sìchearrivanodicorsa.
Francesca, 50 anni, impiega-
ta al comune di Sciacca, una
delle città più colpite dall’e-
mergenza idrica, ci ha fatto
ormai l’abitudine a vivere
senza acqua: «Qui arriva un
giorno sì e un giorno no. Sia-
mo costretti a chiamare l’au-
tobotte 4 volte alla settima-
na.Inestatepoilasituazione
peggiora. - continua France-
sca - Non abbiamo una ci-
sterna privata, ma la dividia-
moconcontuttiipalazzidel-
la zona. Io, per precauzione,
conservo sempre dei bidoni
pieni di acqua. Non si sa
mai...».
LoscempioprivatisticoinSi-
cilia ha un nome: si chiama
Galli. È una legge del 1994,
peggiorata dalla Regione Si-
ciliaconundecretodel2001,
che favorisce la privatizza-
zionedellagestioneidrica,in
base a ”criteri di efficienza,
efficacia e di economicità”.
All’iniziodel2001,inunasua
relazione, l’ex-commissario
regionale per le acque ed ex-
generale dei carabinieri Ro-
bertoJucci,provòacambiar-
la.Jucciproposel’istituzione
di un’Authority per la sovrin-
tendenzadellaquestioneac-
qua,cheavrebbegestitouni-
tariamente le dighe, le con-
dotte di adduzione e gli im-
pianticomunali.Peccatoche
dopo quella relazione Jucci
vennespeditoacasaelacari-
ca di commissario per le ac-
quepassòalpresidentedella
Regione Totò ”Vasa-vasa”
Cuffaro. Il suo vice era il Re
Mida Felice Crosta, manager
disuccessoeattualmentedi-
rettore generale dell’Agenzia
acque e rifiuti con uno sti-
pendio di 1.500 euro al gior-
no.Gliespertiammoniscono
che l’estate siciliana sarà più
nera del solito. I cittadini già
lo avvertono. Mentre Crosta,
dall’alto del rivo, in un’inter-
vista al Giornale di Sicilia,
rassicura tutti, definendo la
situazione”nonallarmante”.
SOPRA, UN AUTOBOTTE RIFORNISCE UN BAR DI PALERMO
STUDIOCAMERA/INFOPHOTO
E UN LAGO PROSCIUGATO BROGIONI/CONTRASTO
Con gli invasi si
assicurano 210 litri al
giorno ad abitante.
Molto di più della
provincia di Reggio
Emilia
Per aggirare la soia
Monsanto
Greenpeace
suggerisce di
rivolgersi a fornitori
brasiliani di soia
certificata non-ogm
Non c’è ancora una
valutazione delle
conseguenze
sanitarie di
un’alimentazione a
base ogm, ma ci sono
rapporti preoccupanti
Pietro Grasso:
«La mafia ottiene il
96% degli appalti
grazie soprattutto
alla complicità delle
amministrazioni»
Appaltata la gestione idrica di Palermo, Agrigento, Trapani, Enna. Ma a Ragusa resta pubblica
Totò Cuffaro svende l’acqua ai privati
Ecco perché in Sicilia l’“oro blu” c’è ma non si vede
Liberazione
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venerdì 22 giugno 20076q